Il contributo intende far luce sulla storia di villa Turri a Scandicci, residenza un tempo di nob... more Il contributo intende far luce sulla storia di villa Turri a Scandicci, residenza un tempo di nobili famiglie toscane come gli Antinori, i Baldovinetti e i Turri
Ad alcune considerazioni introduttive riguardanti la devozione dei senesi nei confronti della fig... more Ad alcune considerazioni introduttive riguardanti la devozione dei senesi nei confronti della figura del beato Ambrogio Sansedoni (1220-1286) segue un breve resoconto sulla storia edilizia della dimora appartenente alla sua famiglia, fino ad arrivare all’ampliamento del quarto decennio del XVIII secolo. Il palazzo gotico, prospettante su Piazza del Campo, fra il 1692 ed il 1697, si era arricchito di una cappella dedicata al beato, definendo in tal modo uno degli ambienti più rappresentativi del gusto barocco fiorentino a Siena. Il mecenatismo di Rutilio Sansedoni (1648-1716) trovò degni continuatori con i nipoti Ambrogio (1674-1757) ed Orazio (1680-1751), che, fra il 1725 ed il 1733, abbellirono il “quartiere della Cappella” attraverso gli affreschi dei fratelli Melani, nuovi arredi e opere di arte sacra. Inoltre, dal 1733, vollero accorpare alcuni edifici contigui, e definire un nuovo corpo di fabbrica ammodernando le preesistenze secondo i canoni dell’epoca che prevedevano ambienti spaziosi, riccamente dipinti e stuccati; per questo venne incaricato Ferdinando Ruggieri, architetto granducale. A lui i Sansedoni commissionarono anche la progettazione di una nuova teca che contenesse la più importante reliquia del beato, la mascella di Ambrogio (posseduta fin dal 1692), e per la cui realizzazione si rivolsero al maestro orafo tedesco Adriano Haffner, operante a Firenze. L’opera, caratteristica del gusto tardo barocco, era del tipo ad ostensorio in bronzo dorato, con grosso cristallo di rocca al centro, e vide la luce nel 1734. In questo modo i Sansedoni vennero a creare un ricco manufatto, adeguato al più importante oggetto di devozione presente nel loro palazzo, il quale stava in quegli anni assumendo una connotazione sontuosa e monumentale.
In questo testo si porta a conoscenza di un esempio di consolidamento statico settecentesco attua... more In questo testo si porta a conoscenza di un esempio di consolidamento statico settecentesco attuato dall'architetto Bernardino Ciurini in un edificio medievale a Siena: casa Dati Squarcialupi
Con questo articolo si rende nota l'intenzione della famiglia Sansedoni di realizzare un portico ... more Con questo articolo si rende nota l'intenzione della famiglia Sansedoni di realizzare un portico su Piazza del Campo a Siena nel secondo decennio del Settecento, davanti al loro palazzo, coinvolgendo alcuni illustri architetti toiscani come Antonio Maria Ferri e Iacomo Franchini.
L’appartenenza all’Ordine dei Cavalieri di Malta da parte di Orazio Sansedoni e di suo nipote Fra... more L’appartenenza all’Ordine dei Cavalieri di Malta da parte di Orazio Sansedoni e di suo nipote Francesco, spinse tali nobili senesi a commissionare al pittore fiorentino Giovanni Domenico Ferretti, nel 1750, i ritratti di due governatori turchi, il conte di Bonneval e il pascià Mustafà, dipinti poi copiati da Francesco Gambacciani. La scoperta in una collezione privata di un ‘Ritratto del conte di Bonneval’, firmato dall’artista fiorentina Violante Siries Cerroti ed eseguito nello stesso giro di mesi in cui vennero compiute le tele sopracitate, si deve riferire alla stessa committenza. Il presente contributo infatti documenta il legame continuativo della pittrice con la famiglia Sansedoni, e dimostra l’importanza di un’opera che ha spiccate affinità con i ritratti del Bonneval realizzati da Liotard, cercando di far luce sul genere delle ‘turcherie’ che celebrava il fascino subìto dall’Occidente per il mondo orientale e per quei personaggi dell’impero ottomano che si erano resi protagonisti di eventi storici.
In questo saggio vengono presentati per la prima volta gli affreschi settecenteschi con quadratur... more In questo saggio vengono presentati per la prima volta gli affreschi settecenteschi con quadrature architettoniche, apparsi sotto lo scialbo delle pareti della sala principale di villa Turri a Scandicci (Fi) durante recenti lavori di restauro, e celebranti le famiglie Antinori e Strozzi.
Il contributo presenta un inedito disegno degli inizi del XVIII secolo, conservato nella Bibliote... more Il contributo presenta un inedito disegno degli inizi del XVIII secolo, conservato nella Biblioteca degli Intronati di Siena, illustrante la villa di Celle a Pistoia, fatta realizzare dal cardinale Fabroni.
L'articolo approfondisce la conoscenza delle vicende artistiche otto-novecentesche che hanno vist... more L'articolo approfondisce la conoscenza delle vicende artistiche otto-novecentesche che hanno visto il castello di Montauto presso Grassina (Fi) arricchirsi di forme neogotiche e decori storicistici.
Sulle pagine di questa rivista ho già avuto modo di analizzare episodi della committenza della fa... more Sulle pagine di questa rivista ho già avuto modo di analizzare episodi della committenza della famiglia senese dei Sansedoni nel XVIII secolo; ma lo studio del carteggio di Alessandro Sansedoni (1750-1830) consente di gettare nuova luce sulla realizzazione dell’ostensorio per la cappella dedicata al ‘santo’ di famiglia, il beato Ambrogio (1220-1286), forgiato nel 1785 dal romano Luigi Valadier, argentiere del Sacro Palazzo Apostolico e Capo della Fonderia Vaticana. I referenti curiali per la sua realizzazione furono due alti prelati: Giuseppe Albani e Giuseppe Cristiani. Il manufatto, a oggi irrintracciabile, ma di cui le missive conservano i vari disegni di progetto, seguiva il cambiamento di gusto al quale si assiste in quegli anni, orientato all’abbandono del fasto tardo barocco e all’acquisizione di una semplificazione di stampo neoclassico: venne creato in argento dorato ed arricchito di ametiste e topazi, con cherubini e figure simboliche. Insieme all’ostensorio, Luigi Valadier realizzò anche quattro candelieri in bronzo dorato e delle fibbie d’argento per il cavaliere senese. Dopo la morte del padre, Giuseppe Valadier (1762-1839) prese le redini della bottega e continuò a produrre oggetti d’arredo in argento per il Sansedoni e per altri nobili senesi (Chigi, Venturi Gallerani, Tolomei, Del Taja, Borghesi) fino al 1792; di essi ne danno testimonianza alcuni disegni individuati nei documenti.
Il testo ripercorre la storia di quest'area verde annessa a palazzo Ricasoli al Ponte alla Carrai... more Il testo ripercorre la storia di quest'area verde annessa a palazzo Ricasoli al Ponte alla Carraia e che un tempo si affacciava sull'Arno, ma ora non più esistente.
Il contributo intende fare luce sulle tele aventi come soggetto le facezie del Pievano Arlotto, p... more Il contributo intende fare luce sulle tele aventi come soggetto le facezie del Pievano Arlotto, personaggio della Firenze quattrocentesca, divenuto leggendario per i suoi motti arguti, che ispirarono serie di dipinti fra Seicento e Settecento. I documenti della famiglia senese dei Sansedoni hanno permesso di scoprire un gruppo di nove tele, conservate nel 1773 nella villa di Giovanni Sansedoni posta a Basciano (vicino a Monteriggioni), e realizzate da Giovanni Domenico Ferretti come copie degli originali del Volterrano (almeno quattro), oltre ad un ritratto dello stesso sacerdote. Alcune di queste prima del 1751 abbellivano la residenza fiorentina dello zio balìo Orazio. I dipinti e i disegni finora conosciuti del Franceschini raffigurano solo tre episodi, ai quali se ne possono aggiungere altri due di Giovanni da San Giovanni, e quattro che non sono ancora stati assegnati a nessun artista con precisione. Della ‘Burla dei cacciatori’ del Mannozzi nel 1751 fu poi composta dalla manifattura Ginori una versione in commesso lapideo, per la quale venne usata proprio la copia in possesso del cavaliere Giovanni Sansedoni.
Il testo rende noto un inedito ciclo di affreschi seicenteschi nel castello di Montauto a Grassin... more Il testo rende noto un inedito ciclo di affreschi seicenteschi nel castello di Montauto a Grassina (presso Firenze), realizzati nel primo Seicento da maestranze medicee per volontà del marchese Filippo Niccolini.
Il saggio intente ripercorrere le fasi di realizzazione di palazzo Chigi Zondadari a Siena negli ... more Il saggio intente ripercorrere le fasi di realizzazione di palazzo Chigi Zondadari a Siena negli anni venti del Settecento e più in generale l'attività dell'architetto pontificio Pietro Hostini
Il saggio inizia con un breve resoconto sulla storia edilizia della cappella facente parte di Vil... more Il saggio inizia con un breve resoconto sulla storia edilizia della cappella facente parte di Villa Turri a Scandicci (nei pressi di Firenze), luogo nel quale è conservato l’inedito tondo seicentesco oggetto del presente contributo, che un recentissimo restauro ha permesso di riscoprire, datandolo e trovandone il prestigioso mecenate. Il luogo sacro fra la fine del settecento e gli inizi del secolo successivo appartenne alla famiglia Baldovinetti Bocchineri, e fu allestito nel 1803: da quel momento la tela venne a far parte del suo arredo. L’opera ha come soggetto la Madonna col Bambino, San Giuseppe, San Giovannino e Sant’Elisabetta con canestro di ciliegie; riporta il monogramma di Giovanni Bilivert, la data 1639, nonché la scritta che attesta la committenza dell’Auditore Granducale Raffaello Staccoli, individuando perciò in esso il dipinto che Filippo Baldinucci aveva ricordato essere successivamente passato fra i beni di Alessandro Pucci, e poi fra quelli del duca Salviati. In seguito, tuttavia, per ragioni ancora ignote, è venuto a decorare l’altare della cappella di villa Turri. La scoperta pone pertanto il tondo come prototipico rispetto alla copia del 1644, presente nelle collezioni dello Statens Museum for Kunst di Copenhagen.
Il saggio permette di approfondire la conoscenza delle famose Vedute di Piazza del Campo a Siena,... more Il saggio permette di approfondire la conoscenza delle famose Vedute di Piazza del Campo a Siena, dipinte da Giuseppe Zocchi per Orazio Sansedoni alla metà del XVIII secolo.
In questo scritto si analizza la quadreria della famiglia Marsuppini di Firenze, che agli inizi d... more In questo scritto si analizza la quadreria della famiglia Marsuppini di Firenze, che agli inizi del Settecento vantava opere provenienti anche dalle collezioni medicee.
Il saggio analizza le fasi di realizzazione e decorazione della Cappella di San Bernardo Tolomei ... more Il saggio analizza le fasi di realizzazione e decorazione della Cappella di San Bernardo Tolomei a Monte Oliveto Maggiore, che hanno visto all'opera Antonio Galli Bibiena, insieme ad alcuni noti pittori e plasticatori settecenteschi.
Il saggio analizza la storia di palazzo Gondi a Firenze, poi passato alla famiglia Orlandini del ... more Il saggio analizza la storia di palazzo Gondi a Firenze, poi passato alla famiglia Orlandini del Beccuto, diventando così una delle più importanti e ricche residenze dal Cinquecento all'Ottocento, e nella quale lavorarono i più rappresentativi artisti toscani di età tardo-barocca.
Il contributo intende far luce sulla storia di villa Turri a Scandicci, residenza un tempo di nob... more Il contributo intende far luce sulla storia di villa Turri a Scandicci, residenza un tempo di nobili famiglie toscane come gli Antinori, i Baldovinetti e i Turri
Ad alcune considerazioni introduttive riguardanti la devozione dei senesi nei confronti della fig... more Ad alcune considerazioni introduttive riguardanti la devozione dei senesi nei confronti della figura del beato Ambrogio Sansedoni (1220-1286) segue un breve resoconto sulla storia edilizia della dimora appartenente alla sua famiglia, fino ad arrivare all’ampliamento del quarto decennio del XVIII secolo. Il palazzo gotico, prospettante su Piazza del Campo, fra il 1692 ed il 1697, si era arricchito di una cappella dedicata al beato, definendo in tal modo uno degli ambienti più rappresentativi del gusto barocco fiorentino a Siena. Il mecenatismo di Rutilio Sansedoni (1648-1716) trovò degni continuatori con i nipoti Ambrogio (1674-1757) ed Orazio (1680-1751), che, fra il 1725 ed il 1733, abbellirono il “quartiere della Cappella” attraverso gli affreschi dei fratelli Melani, nuovi arredi e opere di arte sacra. Inoltre, dal 1733, vollero accorpare alcuni edifici contigui, e definire un nuovo corpo di fabbrica ammodernando le preesistenze secondo i canoni dell’epoca che prevedevano ambienti spaziosi, riccamente dipinti e stuccati; per questo venne incaricato Ferdinando Ruggieri, architetto granducale. A lui i Sansedoni commissionarono anche la progettazione di una nuova teca che contenesse la più importante reliquia del beato, la mascella di Ambrogio (posseduta fin dal 1692), e per la cui realizzazione si rivolsero al maestro orafo tedesco Adriano Haffner, operante a Firenze. L’opera, caratteristica del gusto tardo barocco, era del tipo ad ostensorio in bronzo dorato, con grosso cristallo di rocca al centro, e vide la luce nel 1734. In questo modo i Sansedoni vennero a creare un ricco manufatto, adeguato al più importante oggetto di devozione presente nel loro palazzo, il quale stava in quegli anni assumendo una connotazione sontuosa e monumentale.
In questo testo si porta a conoscenza di un esempio di consolidamento statico settecentesco attua... more In questo testo si porta a conoscenza di un esempio di consolidamento statico settecentesco attuato dall'architetto Bernardino Ciurini in un edificio medievale a Siena: casa Dati Squarcialupi
Con questo articolo si rende nota l'intenzione della famiglia Sansedoni di realizzare un portico ... more Con questo articolo si rende nota l'intenzione della famiglia Sansedoni di realizzare un portico su Piazza del Campo a Siena nel secondo decennio del Settecento, davanti al loro palazzo, coinvolgendo alcuni illustri architetti toiscani come Antonio Maria Ferri e Iacomo Franchini.
L’appartenenza all’Ordine dei Cavalieri di Malta da parte di Orazio Sansedoni e di suo nipote Fra... more L’appartenenza all’Ordine dei Cavalieri di Malta da parte di Orazio Sansedoni e di suo nipote Francesco, spinse tali nobili senesi a commissionare al pittore fiorentino Giovanni Domenico Ferretti, nel 1750, i ritratti di due governatori turchi, il conte di Bonneval e il pascià Mustafà, dipinti poi copiati da Francesco Gambacciani. La scoperta in una collezione privata di un ‘Ritratto del conte di Bonneval’, firmato dall’artista fiorentina Violante Siries Cerroti ed eseguito nello stesso giro di mesi in cui vennero compiute le tele sopracitate, si deve riferire alla stessa committenza. Il presente contributo infatti documenta il legame continuativo della pittrice con la famiglia Sansedoni, e dimostra l’importanza di un’opera che ha spiccate affinità con i ritratti del Bonneval realizzati da Liotard, cercando di far luce sul genere delle ‘turcherie’ che celebrava il fascino subìto dall’Occidente per il mondo orientale e per quei personaggi dell’impero ottomano che si erano resi protagonisti di eventi storici.
In questo saggio vengono presentati per la prima volta gli affreschi settecenteschi con quadratur... more In questo saggio vengono presentati per la prima volta gli affreschi settecenteschi con quadrature architettoniche, apparsi sotto lo scialbo delle pareti della sala principale di villa Turri a Scandicci (Fi) durante recenti lavori di restauro, e celebranti le famiglie Antinori e Strozzi.
Il contributo presenta un inedito disegno degli inizi del XVIII secolo, conservato nella Bibliote... more Il contributo presenta un inedito disegno degli inizi del XVIII secolo, conservato nella Biblioteca degli Intronati di Siena, illustrante la villa di Celle a Pistoia, fatta realizzare dal cardinale Fabroni.
L'articolo approfondisce la conoscenza delle vicende artistiche otto-novecentesche che hanno vist... more L'articolo approfondisce la conoscenza delle vicende artistiche otto-novecentesche che hanno visto il castello di Montauto presso Grassina (Fi) arricchirsi di forme neogotiche e decori storicistici.
Sulle pagine di questa rivista ho già avuto modo di analizzare episodi della committenza della fa... more Sulle pagine di questa rivista ho già avuto modo di analizzare episodi della committenza della famiglia senese dei Sansedoni nel XVIII secolo; ma lo studio del carteggio di Alessandro Sansedoni (1750-1830) consente di gettare nuova luce sulla realizzazione dell’ostensorio per la cappella dedicata al ‘santo’ di famiglia, il beato Ambrogio (1220-1286), forgiato nel 1785 dal romano Luigi Valadier, argentiere del Sacro Palazzo Apostolico e Capo della Fonderia Vaticana. I referenti curiali per la sua realizzazione furono due alti prelati: Giuseppe Albani e Giuseppe Cristiani. Il manufatto, a oggi irrintracciabile, ma di cui le missive conservano i vari disegni di progetto, seguiva il cambiamento di gusto al quale si assiste in quegli anni, orientato all’abbandono del fasto tardo barocco e all’acquisizione di una semplificazione di stampo neoclassico: venne creato in argento dorato ed arricchito di ametiste e topazi, con cherubini e figure simboliche. Insieme all’ostensorio, Luigi Valadier realizzò anche quattro candelieri in bronzo dorato e delle fibbie d’argento per il cavaliere senese. Dopo la morte del padre, Giuseppe Valadier (1762-1839) prese le redini della bottega e continuò a produrre oggetti d’arredo in argento per il Sansedoni e per altri nobili senesi (Chigi, Venturi Gallerani, Tolomei, Del Taja, Borghesi) fino al 1792; di essi ne danno testimonianza alcuni disegni individuati nei documenti.
Il testo ripercorre la storia di quest'area verde annessa a palazzo Ricasoli al Ponte alla Carrai... more Il testo ripercorre la storia di quest'area verde annessa a palazzo Ricasoli al Ponte alla Carraia e che un tempo si affacciava sull'Arno, ma ora non più esistente.
Il contributo intende fare luce sulle tele aventi come soggetto le facezie del Pievano Arlotto, p... more Il contributo intende fare luce sulle tele aventi come soggetto le facezie del Pievano Arlotto, personaggio della Firenze quattrocentesca, divenuto leggendario per i suoi motti arguti, che ispirarono serie di dipinti fra Seicento e Settecento. I documenti della famiglia senese dei Sansedoni hanno permesso di scoprire un gruppo di nove tele, conservate nel 1773 nella villa di Giovanni Sansedoni posta a Basciano (vicino a Monteriggioni), e realizzate da Giovanni Domenico Ferretti come copie degli originali del Volterrano (almeno quattro), oltre ad un ritratto dello stesso sacerdote. Alcune di queste prima del 1751 abbellivano la residenza fiorentina dello zio balìo Orazio. I dipinti e i disegni finora conosciuti del Franceschini raffigurano solo tre episodi, ai quali se ne possono aggiungere altri due di Giovanni da San Giovanni, e quattro che non sono ancora stati assegnati a nessun artista con precisione. Della ‘Burla dei cacciatori’ del Mannozzi nel 1751 fu poi composta dalla manifattura Ginori una versione in commesso lapideo, per la quale venne usata proprio la copia in possesso del cavaliere Giovanni Sansedoni.
Il testo rende noto un inedito ciclo di affreschi seicenteschi nel castello di Montauto a Grassin... more Il testo rende noto un inedito ciclo di affreschi seicenteschi nel castello di Montauto a Grassina (presso Firenze), realizzati nel primo Seicento da maestranze medicee per volontà del marchese Filippo Niccolini.
Il saggio intente ripercorrere le fasi di realizzazione di palazzo Chigi Zondadari a Siena negli ... more Il saggio intente ripercorrere le fasi di realizzazione di palazzo Chigi Zondadari a Siena negli anni venti del Settecento e più in generale l'attività dell'architetto pontificio Pietro Hostini
Il saggio inizia con un breve resoconto sulla storia edilizia della cappella facente parte di Vil... more Il saggio inizia con un breve resoconto sulla storia edilizia della cappella facente parte di Villa Turri a Scandicci (nei pressi di Firenze), luogo nel quale è conservato l’inedito tondo seicentesco oggetto del presente contributo, che un recentissimo restauro ha permesso di riscoprire, datandolo e trovandone il prestigioso mecenate. Il luogo sacro fra la fine del settecento e gli inizi del secolo successivo appartenne alla famiglia Baldovinetti Bocchineri, e fu allestito nel 1803: da quel momento la tela venne a far parte del suo arredo. L’opera ha come soggetto la Madonna col Bambino, San Giuseppe, San Giovannino e Sant’Elisabetta con canestro di ciliegie; riporta il monogramma di Giovanni Bilivert, la data 1639, nonché la scritta che attesta la committenza dell’Auditore Granducale Raffaello Staccoli, individuando perciò in esso il dipinto che Filippo Baldinucci aveva ricordato essere successivamente passato fra i beni di Alessandro Pucci, e poi fra quelli del duca Salviati. In seguito, tuttavia, per ragioni ancora ignote, è venuto a decorare l’altare della cappella di villa Turri. La scoperta pone pertanto il tondo come prototipico rispetto alla copia del 1644, presente nelle collezioni dello Statens Museum for Kunst di Copenhagen.
Il saggio permette di approfondire la conoscenza delle famose Vedute di Piazza del Campo a Siena,... more Il saggio permette di approfondire la conoscenza delle famose Vedute di Piazza del Campo a Siena, dipinte da Giuseppe Zocchi per Orazio Sansedoni alla metà del XVIII secolo.
In questo scritto si analizza la quadreria della famiglia Marsuppini di Firenze, che agli inizi d... more In questo scritto si analizza la quadreria della famiglia Marsuppini di Firenze, che agli inizi del Settecento vantava opere provenienti anche dalle collezioni medicee.
Il saggio analizza le fasi di realizzazione e decorazione della Cappella di San Bernardo Tolomei ... more Il saggio analizza le fasi di realizzazione e decorazione della Cappella di San Bernardo Tolomei a Monte Oliveto Maggiore, che hanno visto all'opera Antonio Galli Bibiena, insieme ad alcuni noti pittori e plasticatori settecenteschi.
Il saggio analizza la storia di palazzo Gondi a Firenze, poi passato alla famiglia Orlandini del ... more Il saggio analizza la storia di palazzo Gondi a Firenze, poi passato alla famiglia Orlandini del Beccuto, diventando così una delle più importanti e ricche residenze dal Cinquecento all'Ottocento, e nella quale lavorarono i più rappresentativi artisti toscani di età tardo-barocca.
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Il palazzo gotico, prospettante su Piazza del Campo, fra il 1692 ed il 1697, si era arricchito di una cappella dedicata al beato, definendo in tal modo uno degli ambienti più rappresentativi del gusto barocco fiorentino a Siena.
Il mecenatismo di Rutilio Sansedoni (1648-1716) trovò degni continuatori con i nipoti Ambrogio (1674-1757) ed Orazio (1680-1751), che, fra il 1725 ed il 1733, abbellirono il “quartiere della Cappella” attraverso gli affreschi dei fratelli Melani, nuovi arredi e opere di arte sacra. Inoltre, dal 1733, vollero accorpare alcuni edifici contigui, e definire un nuovo corpo di fabbrica ammodernando le preesistenze secondo i canoni dell’epoca che prevedevano ambienti spaziosi, riccamente dipinti e stuccati; per questo venne incaricato Ferdinando Ruggieri, architetto granducale.
A lui i Sansedoni commissionarono anche la progettazione di una nuova teca che contenesse la più importante reliquia del beato, la mascella di Ambrogio (posseduta fin dal 1692), e per la cui realizzazione si rivolsero al maestro orafo tedesco Adriano Haffner, operante a Firenze. L’opera, caratteristica del gusto tardo barocco, era del tipo ad ostensorio in bronzo dorato, con grosso cristallo di rocca al centro, e vide la luce nel 1734. In questo modo i Sansedoni vennero a creare un ricco manufatto, adeguato al più importante oggetto di devozione presente nel loro palazzo, il quale stava in quegli anni assumendo una connotazione sontuosa e monumentale.
I referenti curiali per la sua realizzazione furono due alti prelati: Giuseppe Albani e Giuseppe Cristiani.
Il manufatto, a oggi irrintracciabile, ma di cui le missive conservano i vari disegni di progetto, seguiva il cambiamento di gusto al quale si assiste in quegli anni, orientato all’abbandono del fasto tardo barocco e all’acquisizione di una semplificazione di stampo neoclassico: venne creato in argento dorato ed arricchito di ametiste e topazi, con cherubini e figure simboliche.
Insieme all’ostensorio, Luigi Valadier realizzò anche quattro candelieri in bronzo dorato e delle fibbie d’argento per il cavaliere senese. Dopo la morte del padre, Giuseppe Valadier (1762-1839) prese le redini della bottega e continuò a produrre oggetti d’arredo in argento per il Sansedoni e per altri nobili senesi (Chigi, Venturi Gallerani, Tolomei, Del Taja, Borghesi) fino al 1792; di essi ne danno testimonianza alcuni disegni individuati nei documenti.
L’opera ha come soggetto la Madonna col Bambino, San Giuseppe, San Giovannino e Sant’Elisabetta con canestro di ciliegie; riporta il monogramma di Giovanni Bilivert, la data 1639, nonché la scritta che attesta la committenza dell’Auditore Granducale Raffaello Staccoli, individuando perciò in esso il dipinto che Filippo Baldinucci aveva ricordato essere successivamente passato fra i beni di Alessandro Pucci, e poi fra quelli del duca Salviati. In seguito, tuttavia, per ragioni ancora ignote, è venuto a decorare l’altare della cappella di villa Turri.
La scoperta pone pertanto il tondo come prototipico rispetto alla copia del 1644, presente nelle collezioni dello Statens Museum for Kunst di Copenhagen.
Il palazzo gotico, prospettante su Piazza del Campo, fra il 1692 ed il 1697, si era arricchito di una cappella dedicata al beato, definendo in tal modo uno degli ambienti più rappresentativi del gusto barocco fiorentino a Siena.
Il mecenatismo di Rutilio Sansedoni (1648-1716) trovò degni continuatori con i nipoti Ambrogio (1674-1757) ed Orazio (1680-1751), che, fra il 1725 ed il 1733, abbellirono il “quartiere della Cappella” attraverso gli affreschi dei fratelli Melani, nuovi arredi e opere di arte sacra. Inoltre, dal 1733, vollero accorpare alcuni edifici contigui, e definire un nuovo corpo di fabbrica ammodernando le preesistenze secondo i canoni dell’epoca che prevedevano ambienti spaziosi, riccamente dipinti e stuccati; per questo venne incaricato Ferdinando Ruggieri, architetto granducale.
A lui i Sansedoni commissionarono anche la progettazione di una nuova teca che contenesse la più importante reliquia del beato, la mascella di Ambrogio (posseduta fin dal 1692), e per la cui realizzazione si rivolsero al maestro orafo tedesco Adriano Haffner, operante a Firenze. L’opera, caratteristica del gusto tardo barocco, era del tipo ad ostensorio in bronzo dorato, con grosso cristallo di rocca al centro, e vide la luce nel 1734. In questo modo i Sansedoni vennero a creare un ricco manufatto, adeguato al più importante oggetto di devozione presente nel loro palazzo, il quale stava in quegli anni assumendo una connotazione sontuosa e monumentale.
I referenti curiali per la sua realizzazione furono due alti prelati: Giuseppe Albani e Giuseppe Cristiani.
Il manufatto, a oggi irrintracciabile, ma di cui le missive conservano i vari disegni di progetto, seguiva il cambiamento di gusto al quale si assiste in quegli anni, orientato all’abbandono del fasto tardo barocco e all’acquisizione di una semplificazione di stampo neoclassico: venne creato in argento dorato ed arricchito di ametiste e topazi, con cherubini e figure simboliche.
Insieme all’ostensorio, Luigi Valadier realizzò anche quattro candelieri in bronzo dorato e delle fibbie d’argento per il cavaliere senese. Dopo la morte del padre, Giuseppe Valadier (1762-1839) prese le redini della bottega e continuò a produrre oggetti d’arredo in argento per il Sansedoni e per altri nobili senesi (Chigi, Venturi Gallerani, Tolomei, Del Taja, Borghesi) fino al 1792; di essi ne danno testimonianza alcuni disegni individuati nei documenti.
L’opera ha come soggetto la Madonna col Bambino, San Giuseppe, San Giovannino e Sant’Elisabetta con canestro di ciliegie; riporta il monogramma di Giovanni Bilivert, la data 1639, nonché la scritta che attesta la committenza dell’Auditore Granducale Raffaello Staccoli, individuando perciò in esso il dipinto che Filippo Baldinucci aveva ricordato essere successivamente passato fra i beni di Alessandro Pucci, e poi fra quelli del duca Salviati. In seguito, tuttavia, per ragioni ancora ignote, è venuto a decorare l’altare della cappella di villa Turri.
La scoperta pone pertanto il tondo come prototipico rispetto alla copia del 1644, presente nelle collezioni dello Statens Museum for Kunst di Copenhagen.