ILLIMITATO
BEATRICE CENCI
Prospero Farinacci, avvocato difensore di Beatrice Cenci
Giovane nobildonna romana, protagonista di una terribile vicenda delittuosa che fece scalpore nella Roma del Cinquecento, di lei tanto fu scritto, rappresentato e raccontato nei secoli che succedettero la sua morte. E a seconda delle ideologie delle epoche, Beatrice si trasformava in eroina, in demonio, in santa. Diventava icona di un pensiero, rappresentatrice di un riscatto.
A mata dal popolo, temuta dalle ricche minoranze, ancora oggi la sua vicenda scalda ed emoziona il cuore di intellettuali ma anche, e soprattutto, dei suoi concittadini romani, perché proprio a Roma nacque Beatrice Cenci, il 6 febbraio del 1577 e a Roma morì, decapitata, l’11 settembre del 1599, a soli ventidue anni. Cosa ci resta dunque con certezza di questa giovane donna? Quali sono le fonti attendibili che hanno permesso ai posteri di assolverla dal parricidio di cui lei stessa fu mandante? Se di lei conosciamo oggi pensieri e parole, lo dobbiamo a un uomo modesto: Agostino Stramazzi, un semplice impiegato della Romana Curia Criminale il quale, nel 1839, sapendo che il Governo Pontificio avrebbe dato alle fiamme tutte quelle carte ritenute poco importanti o, potremmo dire, compromettenti, tra cui appunto anche gli atti del processo Cenci, decise di copiarne l’originale. E ne fece non una ma ben due copie. Stiamo parlando di oltre duemila pagine, tutto scritto a mano, ovviamente. Uno dei manoscritti si trova oggi nell’Archivio di Stato di Roma.
LA ROMA DI BEATRICE
Quando si pensa a Roma, le immagini che si aprono alla mente sono quelle di un’antica e ricca metropoli, in cui
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