Per Carmen
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Anteprima del libro
Per Carmen - Luisa Pinnelli
Dedica
Mentre scrivo queste pagine, mi sento in mezzo a loro, i miei studenti del passato e del presente. Con loro ho sentito battere il cuore della poesia sotto la sabbia del tempo, con loro mi sono avventurata sempre in nuovi sentieri per cercare, come in una foresta, i segreti della natura e del cuore umano. Mille volte in modo diverso. Ma un ragazzo coglie in un insegnante soprattutto la sincerità, il movimento vitale, la dinamica del conoscere. È quella che gli entra nella testa e nel cuore e lo fa crescere. Ci sono forze misteriose e prepotenti che da un anno all'altro lo trasformano: una magia.
Me li vedo attorno ora senza distinzione di classe o di annata, per me sono ancora tutti ragazzi, anche Angelo che ha i capelli bianchi e viene a parlare di suo figlio. Voglio pensare a loro, compagni di questo mio lungo viaggio nella poesia. Ci sono tutti. Un posto in terza fila è vuoto. Manca lei, Carmen, inghiottita anni fa dall'autostrada del sole. Penso a lei, che era bella, libera e amava la letteratura. A Carmen dedico queste lezioni. Chissà che non venga a riprendere il suo posto.
Poesia e dolore
Quando leggiamo, siamo simili a un bicchier d'acqua, nel quale misceliamo un'erba che ci darà colore, sapore, profumo cioè forza, felicità, calma, languore. Talvolta non ci darà niente. In quel caso converrà cambiare libro. Ma quando l'infuso sarà buono, darà senso e luce alla nostra vita, quella che abbiamo vissuto e che vivremo.
L'arte si occupa sempre della vita, ne trascrive momenti e problemi.
C'è un carme di Catullo (il 65), non tra i più famosi, che ci fa comprendere la relazione tra creatività e dolore.
-Sì, quello che parla del fratello morto- ricorda Federico e comincia a tradurlo: -Per quanto l'angoscia mi tenga lontano dalle dotte vergini (le Muse), sfinito dalla continua sofferenza, né la mente creativa riesca a partorire i dolci frutti delle Muse (nec potis est dulces Musarum expromere fetus mens animi), in mali cosi grandi fluttua l'anima mia...-
Il senso generale è chiaro: la sofferenza del lutto è stata talmente dura, che Catullo si è allontanato dalle Muse e non riesce più a produrre poesia.
Colpisce la relazione tra mens e Musa, che hanno la stessa radice che è poi comune a memoria.
-Ma le Muse- tira fuori Thomas- non sono figlie di Zeus e Mnemosine, la dea della memoria?-
Perciò poesia e memoria sono collegate. Cosa è successo a Catullo?
-Ha perso la memoria- conclude Alberto.
Perché?
-Perché gli è morto il fratello.-
Infatti l'onda che arriva dal gorgo leteo, bagna il suo piede pallidulum, cioè livido del colore dei morti. Ma cos'è più esattamente il gorgo leteo?
Il Lete è il fiume dell'oblio, ma l'oblio è l'opposto della memoria. Quindi il dolore, provocando l'oblio, cancella la memoria che è madre delle Muse e perciò madre della poesia.
-Ma non è possibile- dicono in parecchi.
-Il dolore genera poesia;- spiega Federico -proprio quando si sta male, si creano le condizioni della creatività.-
I soliti danni del romanticismo!
Catullo da buon classico, da buon romano, garantisce il contrario: se si sta male, non si partorisce nulla.
Alessandro, che scrive poesie, conferma: -Guardate che se si sta male le poesie non vengono fuori.-
La fertilità perciò nasce da felici congiunzioni o congiunture.
E Catullo infatti, rivolgendosi al fratello morto, piange e dice: -Non ti parlerò, non ti vedrò, non ti ascolterò, ma certo sempre ti amerò e canterò canzoni tristi per la tua morte.-
Quante negazioni, che malinconia! E il paragone che viene appresso fa accapponare la pelle: Catullo si sente simile a Progne che, tramutata in usignolo, piange il tragico destino del morto Itilo.
Progne, moglie di Tereo, madre di Itilo, scoperto che il marito Tereo aveva violentato Filomela, sorella di Progne, e le aveva tagliato la lingua per impedire che parlasse, si vendicò uccidendo Itilo e dandolo in pasto a Tereo.
Filomela (amante del canto) è la mens animi, ovvero la mente creativa che viene mutilata del suo organo vitale, la lingua, dal cognato Tereo, simbolo del lutto e della morte. Progne provvede a sopprimere i fetus Musarum (cioè Itilo) e li cancella dalla coscienza: è l'onda letea, l'oblio.
Questa è la premessa. Ma per fortuna c'è qualcosa di nuovo.
Catullo non è solo, gli amici lo sorreggono (se non ci fossero gli amici!). Ortalo lo sprona a ricominciare a scrivere. E Catullo per non deluderlo si è rimesso a tavolino e ha stilato una traduzione dal greco Callimaco, suo maestro ed autore.
Il testo tradotto è la famosa Chioma di Berenice, che parla di capelli regali, tagliati e offerti in sacrificio agli dei, che a loro volta benevoli li accolgono in cielo in forma di stelle.
Fossero cosi trasformati i nostri sacrifici o tutto ciò che ci viene tolto o tagliato!
Ma andiamo avanti: Catullo si sta riprendendo, lavora, sta guarendo. E come ce lo dice? Come fanno i poeti: con similitudini e occulte metafore.
Egli si paragona ad una ragazzina che dal suo innamorato ha ricevuto in dono un malum (malum con la a lunga vuol dire frutto, al contrario di malum con la breve che vuol dire dolore o disgrazia). Lei tiene nascosto il frutto sotto le vesti, ma all'improvviso entra la madre