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La tua misura esteriore
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E-book202 pagine2 ore

La tua misura esteriore

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Info su questo ebook

"La tua misura esteriore funziona ad orologeria!" Andrea G. Pinketts

"Il potere ha sempre un prezzo, anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, maggiore è il potere più alto è il prezzo che ci toccherà pagare." Luciano De Crescenzo

COSA SI NASCONDE DIETRO UN SILENZIO DURATO VENTI LUNGHISSIMI ANNI?
Pietro Patrizi è un imprenditore di successo, che negli anni ha saputo costruire un vasto impero finanziario unitamente ad una solida vita affettiva. Eppure, proprio quando la sua parabola esistenziale sembra toccare il vertice più alto, una serie di vicende apparentemente di poca importanza - la lettura di un libro, un lapsus, l’incontro con una vecchia amica - incatenano la sua mente ad un inconfessabile ricordo, destinato a cambiare per sempre il suo destino. E, forse, quello di un intero Paese. 
Spetterà al commissario Serravalle il compito di provare a far luce su un’indagine decisamente fuori dagli schemi. 

"I ricordi sono cappotti troppo abbottonati, che non restituiscono quasi nulla delle antiche sensazioni. Le alterano, troppo spesso le ingigantiscono, riscrivendo i dettagli emotivi delle nostre esperienze".


L'autore: Giuseppe Lastaria è nato a Roma nel 1976. Dopo aver collaborato con numerose riviste italiane, pubblicando oltre trecento articoli su temi di attualità, musica e spettacolo, dal 2002 lavora in ambito editoriale. L'ultima casa editrice da lui fondata porta il suo cognome, la Lastaria Edizioni, ed è specializzata nella pubblicazione di best seller internazionali.
LinguaItaliano
EditoreIpotesi
Data di uscita28 mar 2017
ISBN9788899730000
La tua misura esteriore

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    Anteprima del libro

    La tua misura esteriore - Giuseppe Lastaria

    © 2016 Ipotesi Spazio Letterario | Roma

    www.ipotesibook.it

    ISBN 978-88-99730-00-0

    I edizione elettronica febbraio 2016

    II edizione elettronica luglio 2016

    Giuseppe Lastaria

    La tua misura esteriore

    ipotesi

    Sinossi

    Pietro Patrizi è un imprenditore di successo, che negli anni ha saputo costruire un vasto impero finanziario unitamente ad una solida vita affettiva. Eppure, proprio quando la sua parabola esistenziale sembra toccare il vertice più alto, una serie di vicende apparentemente di poca importanza - la lettura di un libro, un lapsus, l’incontro con una vecchia amica - incatenano la sua mente ad un inconfessabile ricordo, destinato a cambiare per sempre il suo destino. E, forse, quello di un intero Paese.

    Spetterà al commissario Serravalle il compito di provare a far luce su un’indagine decisamente fuori dagli schemi.

    Giuseppe Lastaria è nato a Roma nel 1976. Dopo aver collaborato con numerose riviste italiane, pubblicando oltre trecento articoli su temi di attualità, musica e spettacolo, dal 2002 lavora in ambito editoriale. L’ultima casa editrice da lui fondata porta il suo cognome, la Lastaria Edizioni, ed è specializzata nella pubblicazione di best seller internazionali.

    Prefazione

    Alla fine è un fatto di sonno. Non c’è melatonina che tenga per regolare il sonno di chi ha un segreto, di chi ha un passato. Io stesso, che non ho grandi segreti ma un passato movimentato, dormo pochissimo e malissimo con sogni che durano, circa, il tempo che un proiettile impiega per raggiungere il proprio bersaglio. Mi risveglio di soprassalto sperando, riaddormentandomi, di continuare lo stesso sogno, per scoprire quanto sia stato devastante l’impatto di uno sparo nel buio che chiamiamo coscienza.

    Addormentarsi tra le braccia di Morfeo, figlio del sonno e Dio dei sogni più personificati e veritieri, può essere più imbarazzante che svegliarsi tra le braccia di Moira Orfei che sta domando i suoi elefanti notoriamente dotati di buona memoria.

    La storia che state per leggere è opera di uno scrittore talmente sveglio da indurre il lettore ad una insomnia progressiva, facendolo precipitare elegantemente nell’accelerazione alto borghese di una tragedia annunciata.

    Ora, tecnicamente ci sono 5 fasi nel sonno: la veglia, un nome un programma, il sonno leggero, il sonno profondo, il sonno molto profondo ed infine il REM, il sonno attivo o paradossale. Ma questo non è un romanzo onirico e possiamo, senza indugio alcuno, limitare il sonno della ragione, quello che genera mostri, a tre categorie, a tre protagonisti che vivono tre fasi del risveglio.

    Il primo protagonista è un imprenditore di successo dei media con una vita perfetta (diffidate dalla perfezione) e una moglie bellissima che si chiama Chiara.

    Chiara, nomen omen, è all’oscuro di un segreto sepolto nel passato imperfetto dell’uomo che crede di conoscere. La seconda voce in capitolo è proprio la sua. Quando ti crolla addosso il primo capitolo trascinando con sé tutte le sue apparenti certezze, il secondo capitolo non può fingere di aver vissuto un sogno ad occhi aperti. Si disintegra nella consapevolezza che l’aspirazione ad una felicità, fatta anche di sessualità clandestina col proprio legittimo partner come complice che pratica un’assoluta fedeltà, alla luce dei fatti, alla luce del risveglio, è l’antitesi della serenità. E allora bisogna agire, reagire anche se non si sa bene come. Anche se hai due bambini che, pur non meritandolo, devono scoprire che non esiste Babbo Natale, se non ogni venticinque dicembre. La perfezione è un sogno che nasce dal tumore di una colpa.

    Il terzo capitolo è dedicato ad un’indagine dolorosa e dolente del commissario Serravalle, che indaga su un presunto omicidio-suicidio che ribalterà tutti i suoi giudizi affrettati perché pigri, costringendolo ad occuparsi di una storia ormai antica di stupro, amicizia tradita, ricatto apparentemente inconciliabile con un mondo perfetto in cui il peccato non è mai mortale se non nelle sue conseguenze.

    Tre parti più che tre capitoli.

    Tre punti di vista in un romanzo che senza essere noir (noir ormai non significa più nulla) strizza l’occhio cisposo. Fa l’occhiolino ad una storia di indagine sul rimorso, sull’attonito risveglio, sui riflessi in un occhio di vetro che sogna senza dormire.

    Come scrivevo pocanzi, Giuseppe Lastaria è un tipo sveglio e il suo La tua misura esteriore funziona ad orologeria.

    Andrea G. Pinketts

    Prima Parte

    Uno.

    E così si guardò intorno e si chiese se ne era valsa davvero la pena, tra gli strappi repentini del giorno e le acrobazie oniriche della notte. Tra le rincorse infinite degli anni, che conducono inevitabilmente ad altre rincorse, e le sconfinate attese, che spalancano il campo alle stesse domande di sempre. Proprio quando gli sembrava di essere quasi arrivato, ma dove?

    La casa, i figli, il lavoro, i libri accatastati in ogni piccolo spazio disponibile, così si sorprese a chiedersi se ci fosse più polvere in quegli scaffali o negli angoli più o meno bui della sua memoria. E pensò alle facce che aveva guardato dritto negli occhi, con la voracità degli anni migliori, all’odore dei corpi che aveva respirato, ai cattivi maestri che gli avevano regalato buoni pensieri. Alla traiettoria impossibile di quel pallone che, tuffandosi, non era riuscito a toccare.

    Ma pensò soprattutto alle voci e si accorse che era di queste che non poteva fare a meno. Calde, basse, violente, audaci, sincere, avevano formato, passo dopo passo, il suo vocabolario emotivo, la sua piccola storia di uomo.

    E avrebbe voluto riviverle, afferrarle, fissarle nella memoria per tenerle sempre al suo fianco, anche mentre mangiava, mentre dormiva, mentre camminava sotto la pioggia o sotto lo scoppio violento del sole. Anche mentre respirava.

    Ma capì che le voci non sono materia né sogno, che si può solo rincorrerle, tutt’al più provare a riscriverle, accordando la propria intonazione alla loro, sovrapponendo i propri silenzi alla loro discreta compagnia.

    Quello che hai appena letto è il testo che la redazione ha scelto, tra le numerose proposte inviate dagli ascoltatori, come incipit per la prossima puntata di Viaggio al termine della notte, uno dei nuovi format radiofonici prodotti dal tuo Gruppo. Il tema di questa settimana è le voci.

    Ci hai messo un po’ a capire di cosa si trattasse, visto che il foglio è finito accidentalmente tra le slide che riportano i dati di ascolto del programma.

    Nel frattempo cammini.

    Le foglie d’autunno sono già in terra, sparse come gli errori che ti compaiono in testa alla rinfusa, senza seguire le linee del tempo, slegati dalle età e dai relativi contesti.

    Non ci hai mai riflettuto troppo spesso, sui tuoi errori, hai cose più importanti da fare durante il giorno, per esempio coniugare il verbo produrre in ogni sua declinazione, o accontentare qualcuno, oppure semplicemente leggere.

    Leggi sempre, appena hai qualche minuto libero, anche nelle pause tra una telefonata e l’altra. Sfiori lo schermo del tuo tablet ultrasottile e macini pagine su pagine, come fosse una gara, una lunga maratona di parole, ma per quale traguardo?

    Eppure ti far star bene, scegli i titoli dalla vetrina virtuale senza seguire un filo conduttore, talvolta rimbalzi tra le citazioni trovate nei testi e peschi da lì. Scrittori che reputi validi che menzionano altri scrittori, quale garanzia migliore? Altre volte, invece, prendi di mira un autore e lo perlustri fino all’ultima virgola, ripercorrendo la sua produzione letteraria in rigoroso ordine cronologico.

    Non abbandoni mai un libro a metà, per questo è indispensabile che la scelta del titolo sia ponderata a dovere, un errore di valutazione corrisponderebbe a diverse ore di noia. E non puoi certo permettertelo.

    Devi costantemente sentire che il tuo tempo sia investito nel migliore dei modi, altrimenti rischi di perderti, e un buon libro è il tuo rifugio preferito. Ne hai appena terminato uno che ti ha trasmesso una lieve, sotterranea, tensione.

    È un romanzo che ripercorre la storia vera di Jean-Claude Roman, una delle personalità più complesse e mostruose del nostro tempo. Stimatissimo medico, ricercatore dell’OMS e, come da manuale, irreprensibile padre di famiglia.

    È l’unico superstite di quello che inizialmente era apparso come un incidente domestico, un incendio divampato nella sua abitazione che ha provocato la morte dei suoi due figli e di Florence, sua moglie.

    La verità, però, è un’altra.

    Jean-Claude Roman, infatti, non si è mai laureato in medicina, né tanto meno è mai stato membro dell’OMS. Per dirla tutta, non ha mai lavorato. Ogni mattina andava a camminare senza meta nei boschi, vicino alla sede del suo ufficio immaginario, oppure si riforniva di giornali e trascorreva le sue ore in macchina a leggere. Tutto questo per diciotto anni.

    Si procurava il denaro necessario per mantenere il suo elevato tenore di vita, proponendo investimenti in fondi svizzeri a parenti ed amici più intimi che, mossi dall’estrema fiducia che nutrivano nei suoi confronti, gli affidavano i loro capitali senza effettuare controlli.

    Naturalmente, come per il suo lavoro, anche quei fondi bancari risultarono inesistenti.

    Quando il suo castello di menzogne fu sul punto di crollare, non potendo accettare la nuova immagine che i suoi familiari si sarebbero formati su di lui, ideò la strage. Prima sterminò moglie e figli, poi salì in auto, si diresse a casa dei suoi genitori e li freddò con due colpi di fucile. Partì per Parigi e tornò nella sua abitazione soltanto il giorno dopo, per portare a compimento, o inscenare a seconda delle versioni, il suo suicidio.

    Fu l’unico a salvarsi dalla sua stessa follia.

    Attualmente è ancora in carcere.

    Si intitola l’Avversario e lo ha scritto Emmanuel Carrère.

    Il tuo autobus sta arrivando. Questa sera cenerai con Sara, una tua vecchia compagna di classe del liceo che non vedi da oltre vent’anni.

    Due.

    I ricordi sono cappotti troppo abbottonati, che non restituiscono quasi nulla delle antiche sensazioni. Le alterano, troppo spesso le ingigantiscono, riscrivendo i dettagli emotivi delle nostre esperienze. Dovremmo dare meno peso al passato, ti dici, smettere di annacquarlo con le nostre aspettative attuali, fino ad alterarne del tutto forma e consistenza.

    Ma lo credi davvero, o è soltanto una scusa per non ricordare? Sono i tuoi ricordi ad essere pietanze annacquate o vale lo stesso per tutti?

    La ragazzina al tuo fianco si sta sparando nelle orecchie musica heavy, le sue voluminose cuffie bianche emettono un inquinamento acustico pari a quello delle frenate improvvise del 60 express, che ti sta portando a piazza Venezia.

    Se puoi eviti di prendere l’automobile, ti piace avere le mani libere quando ti sposti, per leggere o prendere appunti.

    Mi raccomando, dedichi tutti i giorni almeno un’ora del suo tempo a se stesso. Cosa le piace fare, camminare? Allora, cammini. Spenga il cellulare e pensi soltanto a sé.

    Sono state queste le parole pronunciate con pacata fermezza dal dott. Gregori, quattro anni fa. Nessuna medicina tradizionale, soltanto qualche erba e quel solenne consiglio, col tempo divenuto prezioso.

    Non hai mai disatteso quella prescrizione, ogni giorno, da oltre millequattrocento giorni, hai dedicato un’ora del tuo tempo esclusivamente a te stesso. Hai cominciato così a girare Roma da uomo qualunque, senza autista. Senza privilegi.

    Ogni fermata, man mano che l’autobus si avvicina alle zone centrali, accoglie più persone di quante ne scendano, così lo spazio a tua disposizione è sempre più esiguo. Non ti dispiace viaggiare assiepato in quel modo, del resto la tua altezza ti aiuta, e anche il tuo bisogno di mondo.

    Scendi a Largo Argentina e ti avvii verso il Ghetto, uno dei quartieri di Roma che maggiormente ti affascina. Ne fotografi qualche scorcio con il cellulare, in modalità bianco e nero, mentre cammini alla ricerca di un’enoteca e di una pasticceria. Ti hanno già indicato dove si trovano entrambe, non ci metterai troppo tempo a raggiungerle.

    Un portone spalancato sugli anni, sarà davvero così piacevole aprirlo?

    Pensi alle frasi entusiastiche che precedono questo tipo di incontri, all’ingiustificata ebbrezza dell’attesa, alle aspettative che non potranno mai essere confermate dai fatti.

    Citofoni alla voce Malpiani – int. 8 e sali, indietro nel tempo.

    Ti accoglie alla porta la grazia di un volto curato ed elegante, un sorriso visibilmente sincero e una voce che, resa incerta dall’emozione, sussurra con ironia - Buongiorno dottor Patrizi, prego, si accomodi pure.

    Lo spazioso salone ti accoglie con l’elegante misura delle cose buone, così ti senti subito a tuo agio. In un angolo c’è un bio-camino acceso, due poltroncine e un tavolino con gli aperitivi già pronti: due calici di vino rosso, una selezione di formaggi, qualche crostino e un silenzio intenso e pulito, che forse si protrae più del previsto.

    Tuttavia non c’è particolare imbarazzo nel vostro tacere, piuttosto la complicità di sapere che tra voi potete permettervelo.

    La serata procede adagio, senza che avvertiate bisogno di dimostrarvi nulla e, soprattutto, senza sfociare in inadeguate ostentazioni. Non ripercorrete i miti andati, gli aneddoti e le atmosfere dei tempi passati, né vi abbandonate al facile gossip del chissà cosa fanno i vecchi compagni.

    Semplicemente parlate di voi, con la naturalezza di chi si conosce da sempre e non ha bisogno di conferme.

    Sara, oggi, è un architetto piuttosto quotato, con un divorzio senza figli alle spalle. Nonostante abbia la tua stessa età, la sua pelle ancora liscia ed il suo

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