Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                

Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

A partire da $11.99/mese al termine del periodo di prova. Annulla quando vuoi.

Grendel
Grendel
Grendel
E-book294 pagine4 ore

Grendel

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

La Seconda Guerra Mondiale si è conclusa con uno stallo: gli Alleati non sono riusciti a prevalere definitivamente sulla Wehrmacht, mentre la Germania ha deciso di interrompere le ostilità per non rischiare la capitolazione. Subito dopo l'armistizio Hitler viene rovesciato da un golpe sanguinario e dai connotati oscuri che permette ad Himmler di proclamarsi Cancelliere.

Un passato distopico, dove l'odore del cuoio lucidato delle uniformi naziste pervade la narrazione cupamente dieselpunk, mescolandosi a quello dell'olio e del metallo delle poderose macchine da guerra del Reich.

E' in questa cornice di eventi e atmosfere che la morte in circostanze misteriose di una studentessa coinvolta con i sovversivi della Rosa Bianca precipita l'ispettore Karl Brauer, della polizia criminale di Berlino, in una serie di tumultuose vicende che lo porteranno a domandarsi cosa si celi dietro l'imponente Muro di Berlino, a mettere in discussione la sua stessa fedeltà verso il Regime e a scoprire infine una terribile verità.
LinguaItaliano
Data di uscita24 apr 2016
ISBN9786050425543
Grendel

Correlato a Grendel

Ebook correlati

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Grendel

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Grendel - Marco Dell'Acqua

    Marco Dell'Acqua

    GRENDEL

    UUID: afe72836-0a27-11e6-80a3-0f7870795abd

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    ​ NOTA DELL’AUTORE

    GLOSSARIO

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

    11

    11

    12

    13

    14

    15

    16

    17

    18

    19

    20

    21

    22

    23

    24

    25

    26

    27

    28

    29

    EPILOGO

    PERSONAGGI REALMENTE ESISTITI.

    Ringraziamenti

    ​ NOTA DELL’AUTORE

    Questo racconto si svolge in una Germania immaginaria che, pur non avendo vinto la Seconda Guerra Mondiale, nemmeno l’ha persa, conducendo a una situazione irrisolta dove gli orrori dell’Olocausto non sono mai stati rivelati al mondo e il Partito Nazista mantiene una presa di ferro sulle vite dei cittadini della nazione e dei territori occupati.

    È anche un racconto di fantasia, dove svariate cose non sono come nel nostro mondo. La tecnologia è evoluta in maniera diversa sotto alcuni aspetti: l’informatica è progredita e diffusa più di quanto non fosse all’epoca nel mondo reale e progressi nella meccanica hanno portato alla creazione di macchine sorprendenti, che non hanno riscontro nella realtà se non come prototipi spesso solo teorizzati e mai realizzati.

    Gli eventi storici e l’organizzazione della Germania fittizia di questo racconto sono per molti versi fedeli alla realtà storica, ma se ne discostano sotto certi aspetti. La maggior parte dei personaggi sono frutto di immaginazione, ma alcuni sono basati su personaggi reali, ancorchè fortemente romanzati o solo accennati. Un brevissimo sunto in merito a tali personaggi si trova alla fine del racconto.

    Il nazismo è stato uno dei più grandi orrori che il mondo abbia conosciuto, e qualcosa che ancora oggi, a quasi settant’anni dalla sua caduta, suscita inevitabilmente controversie e discussioni. Non è mia intenzione addentrarmi in quest’ambito, affrontato da altri con ben altra competenza e autorevolezza. Se qualcuno fosse interessato a saperne di più sulle cause e gli esiti della Seconda Guerra Mondiale, e ad avere una visione più approfondita sugli orrori e le atrocità commesse dal nazismo, consiglio uno dei tanti libri storici che sono stati scritti in materia. Questa è un’opera di fantasia il cui proposito è l’intrattenimento. Nulla più.

    Grendel è il primo mostro contro cui si batte l’eroe Beowulf nell’omonimo poema epico. Mai descritto esattamente, è la rappresentazione dei terrori che si annidano oltre il buio della notte, nell’immaginazione degli uomini: il male sconosciuto e terrificante che non ha volto.

    GLOSSARIO

    Gestapo – Geheime StaatsPolizei, polizia segreta di stato: uno degli organi piu’ sinistri e infami della Germania nazista, si occupava principalmente della repressione del dissenso e della gestione di crimini politici (come contraddire i dogmi del partito, essere ebrei o avere una cultura). Si macchio’ della maggior parte dei peggiori crimini contro l’umanita’ perpetrati dal nazismo. Nel nostro mondo fittizio ha assunto un ruolo ancora piu’ pervasivo e importante di quello che aveva nella Germania nazista reale. La Gestapo aveva cinque Dipartimenti, indicati dalle lettere dell’alfabeto da A ad E. Nella realta’ non esisteva alcun Dipartimento F.

    KriminalInspektor – grado della KriPo equivalente circa a Capitano. L’equivalente di un moderno ispettore di polizia investigativa.

    KriminalPolizei – o, abbreviato, KriPo.Polizia Criminale. Nel Reich, ramo delle forze di sicurezza addetto all’indagine sui crimini comuni (non politici) e costituita sostanzialmente da normali agenti di polizia. A livello burocratico era nominalmente inquadrata nelle SchutzStaffeln, Squadre di Sicurezza, le famigerate SS, pur avendoci di fatto ben poco a che fare. Nella Germania fittizia della nostra storia, la KriPo e’ andata ancora di piu’ distaccandosi dagli organi piu’ politici del partito, che sono visti con malcelato disprezzo per la loro crudelta’ e incapacita’.

    Maybach – produttore tedesco di automobili di lusso e motori utilizzati in molti carriarmati tedeschi della IIGM.

    Me 163 – Messerschmitt 163, caccia intercettore a corto raggio propulso da un compatto ma potente motore a razzo. Si tratta dell’unico caccia con motore a razzo mai entrato in servizio al mondo.

    PanzerSturmWanderer – veicolo d’assalto corazzato meccanopode, ossia dotato di zampe al posto di ruote o cingoli.

    Reichsfuhrer – Massimo grado delle Allgemeine SS, ricoperto da Heinrich Himmler fino alla sua morte. Nelle Waffen SS era un grado equivalente a un generale, ma senza autorita’ di comando e puramente amministrativo e organizzativo. Grado di comando nella Gestapo equivalente a un generale, massima autorita’ in un dato dipartimento.

    ReichsKriminalDirektor – Rango di diversi organismi di sicurezza della Germania nazista equivalente grosso modo a un colonnello.

    Scharfuhrer – grado delle SS che corrisponde a un sergente.

    Standartenfuhrer – Grado delle Waffen SS equivalente a un Colonnello.

    Waffen SS – SS Combattenti. Reparti di combattimento delle SS distinti dalle Allgemeine SS, loro controparti piu’ strettamentepolitiche che si occupavano della repressione di dissidenti e della gestione delle deportazioni e dei campi di sterminio e caratterizzati invece da alto grado di addestramento militare e disciplina. Nonostante fossero distinte dalle Allgemeine SS, e le guardassero con disprezzo, le Waffen SS si macchiarono spesso a loro volta di crimini di guerra, infamie e atrocita’. Svariati reparti furono processati e condannati per crimini di guerra alla fine del conflitto e l’organizzazione in se’ venne dichiarata criminale e bandita. Altri membri o reparti delle Waffen SS furono prosciolti in quanto semplici unita’ della Wehrmacht che non ebbero alcun ruolo nelle atrocita’ commesse dai Nazisti.

    Wehrmacht – esercito ordinario del Reich. Altri reparti di fanteria erano indipendenti e rispondevano a strutture di comando differenti.

    Sebbene la Confraternita di Thule sia realmente esistita, non è mai esistito un TotentanzProject.

    O almeno speriamo.

    1

    IL MURO DI BERLINO

    Il profilo dei grandiosi palazzi di Berlino si stagliava nero davanti ai suoi occhi nel rosso di un tramonto infuocato, riflettendosi sulle lenti degli oculari a raggi infrarossi.

    Alti grattacieli collegati da ponti di vetro e acciaio che si proiettavano in arcate grandiose per i cieli della città dominavano la distesa urbana, punteggiata qua e là dai monumenti più imponenti voluti dal Reich.

    Guardò un'ultima volta quello spettacolo maestoso, traendo un sospiro che sibilò rumoroso all'interno del respiratore. Poi si voltò verso sud.

    - Turno 3, verificare gli strumenti. -gracchiò la radio. La voce del suo capo-plotone come sempre trasmetteva calma, efficienza e sicurezza. Gli uomini ne avevano bisogno, si disse, contemplando la desolazione che dal Muro si estendeva per chilometri, le rovine del Reichstag visibili al suo centro, come una carcassa in putrefazione.

    Il muro vibrò leggermente e, con un rombo fumoso, i Maybach del PanzerSturmWanderer modello III assegnato alla sua sezione si misero in moto e la macchina cominciò la sua ponderosa camminata a sorveglianza della tratta di due chilometri di sua competenza. Non capitava spesso di vedere in giro un PzStW, specie il moderno modello III, con la sua mitragliatrice quadrinata e il lanciafiamme. Ma il Muro non era certo un posto qualunque. Si dicevano un mucchio di cose, su quel che c’era di là del Muro di Berlino. Gli attivisti internazionali sostenevano che il Reich perpetrasse chissà quali scempi. Poveri idioti. I russi avevano chiuso Stalingrado e buttato via la chiave… le voci imperversavano incontrollate. Ma loro se ne fregavano e nessuno poteva avvicinarsi. Erano testardi e incrollabili nelle loro decisioni... che poteva indubbiamente essere un pregio, in determinate circostanze. Lui li conosceva bene, li aveva affrontati a Stalingrado. Sul Muro non mandavano certo i pivelli. Ma poteva anche essere un grave difetto quando portato oltre i limiti del buon senso e ben entro il regno della pura idiozia. E così i moti per riaprire Stalingrado stavano diventando davvero forti. Molta parte del mondo esultava. Non lui. Lui sapeva. Per fortuna, di molti difetti si poteva accusare Goebbels, ma non di essere un idiota. Non che lo amasse, ma almeno in questo s’era dimostrato valido. Quando, nonostante ripetuti avvertimenti sui rischi della Desolazione (il Verwustung come lo chiamavano i berlinesi) gli attivisti americani avevano preteso che venisse loro mostrato cosa c’era oltre il Muro, aveva accettato. Quando gli attivisti non si erano mostrati soddisfatti, e avevano preteso di essere accompagnati a vedere coi loro occhi cosa ci fosse oltre il Muro, di nuovo aveva accondisceso. Anzi, aveva dichiarato che, siccome il governo del Reich non aveva nulla da nascondere, potevano andarci anche liberamente senza bisogno di accompagnatori, purchè accettassero di firmare un documento che sollevava le autorità locali da qualsiasi responsabilità in caso di incidenti. E per garantire che nessuno facesse scherzi, aveva accettato che due membri della delegazione fungessero da osservatori e potessero filmarne gli spostamenti nella Desolazione dalla cima del Muro.

    E così avevano fatto.

    I due osservatori erano tornati a New York.

    Da soli.

    Uno dei due, il responsabile della delegazione, si era suicidato tre giorni dopo.

    Il filmato era stato fatto vedere a chi di dovere. Non tutto. Nonostante le immagini fossero piuttosto confuse e prive di dettagli, era stato deciso che alcune parti venissero tagliate, prima di mostrare il tutto ai membri della commissione internazionale. Quello che avevano visto era bastato. Nessuno aveva più chiesto di vedere cosa ci fosse oltre il Muro, che era improvvisamente diventato un problema della Germania.

    Quando il sole scomparve dietro i palazzi alle sue spalle, con un gesto divenuto ormai automatico girò la levetta dei visori infrarossi, che si attivarono con un lieve ronzio crescente fino a mostrare il paesaggio devastato davanti a lui in toni di verde. Tra le rovine, da un’arcata scura, una figura leggermente più luminosa dello sfondo scivolò acquattata lungo le rovine, allontanandosi dal muro. Presto ce ne sarebbero state altre.

    2

    ADA

    Ada era una giovane ragazza di ventiquattro anni. Alta, di bell’aspetto, ariana quanto poteva sperare di esserlo. Non che le interessassero le chiacchiere di una propaganda stantia. Era solo comodo per i punteggi, ma sapeva, come tutti quelli della sua generazione con un minimo di cervello, che i proclami del Volksaufklarung non erano che i rantoli di un regime al collasso. E come molti della sua generazione amava sfidare l’autorità. Nella fattispecie, il coprifuoco. Solo una delle tante catene con cui il Partito cerca di mantenere una parvenza di potere. Chi ha davvero il potere lo esercita con l’esempio e l’influenza, non con la prevaricazione, che è l’arma degli stati deboli., diceva Klaus. Aveva lasciato lo scantinato in cui si ritrovavano e si stava dirigendo a casa. Va bene sfidare l’autorità, ma erano quasi le undici, e domani doveva studiare. L’università andava presa seriamente.

    Stava pensando se dare la precedenza ai poeti romantici oppure all’epica classica quando si sentì afferrare per un braccio in una morsa ferrea, cui seguì immediatamente un lancinante dolore alla gola. L’ultima cosa che sentì fu qualcosa di caldo e appiccicoso inondarle la blusa nuova. Poi tutto fu buio.

    Certamente Ada non si sarebbe considerata una ragazza fortunata, se avesse potuto esprimere un’ultima opinione. Invece lo era, da un certo punto di vista, almeno rispetto alle altre vittime: lei non aveva visto cosa l’aveva aggredita.

    3

    CARL

    La potente Zundapp nera sgommò svoltando sulla Naumanstrasse a tutta velocità, ma Carl Brauer era un conducente provetto e, dopo un breve tratto con la ruota del sidecar sollevata da terra, la moto si riappoggiò con appena un accenno di sbandata. La telefonata era giunta nel cuore della notte, tirandolo giù dal letto dopo solo tre ore di sonno, ma erano bastate poche parole a svegliarlo completamente.

    L’aria fresca della notte e la velocità folle a cui stava rombando lungo il viale deserto avevano fatto il resto. Sobbalzò quando una mosca si spiaccicò sul vetro dei suoi occhialoni. Cercò di ripulirli, irritato, ottenendo solo di peggiorare le cose. Dannate mosche, pensò, cercando di ignorare la schifezza che gli offuscava la vista dall’occhio destro.

    Per fortuna non ci volle molto prima che il faro della motocicletta illuminasse un capannello di persone: alcuni infermieri coi camici bianchi, qualche poliziotto in divisa, Schmitt con il suo impermeabile stazzonato, il suo berretto di tweed e il mozzicone di sigaretta ciancicata sempre in bocca, sempre spento. E, naturalmente, persino a quell’ora antelucana, persino con i pochi autorizzati a circolare di notte, l’immancabile assembramento di curiosi.

    Arrestò il mezzo a poca distanza, si tolse il caschetto e gli occhialoni imbrattati, prese dal sidecar la valigia e si avvicinò. Non era un bello spettacolo, tanto più perchè la vittima doveva essere stata davvero bella in vita. Ora il lago di sangue raggrumato in cui giaceva e l’espressione di agonia che le contorceva il volto non le rendevano molta giustizia.

    Brauer si fece largo tra i curiosi e si chinò a esaminare la scena. Estrasse la macchina fotografica, avvitò il flash e cominciò a fotografare. Gran cosa la tecnologia. Il flash elettronico gli permetteva di scattare foto in sequenza senza dover ogni volta avvitare un nuovo bulbo. La rapidità era vantaggiosa per svariati motivi: consentiva di esaminare la scena del crimine con maggior prontezza riducendo la probabilità che venisse inquinata, aiutava le autorità a mettersi a caccia del colpevole più rapidamente e in modo meglio indirizzato… e permetteva a lui di dover sopportare la vista di quello scempio per un tempo minore.

    Si chinò a esaminare l’orrenda ferita sul collo. Decisamente non una lama. Sembrava che un largo brano di carne fosse stato strappato dal lato del collo, squarciando la giugulare e l’arteria carotide. Il sangue era spruzzato ovunque. Osservò per terra e sul muro accanto il fiotto principale che l’aveva inondato. La gente faceva tante scene quando vedeva un cucchiaino di sangue. Qui ne era spruzzato fuori in pochi istanti almeno un litro. Lo spettacolo e l’odore erano rivoltanti. Brauer non ci badò. Aveva un dovere verso la comunità, che gli pagava lo stipendio, e verso la povera ragazza che giaceva ai suoi piedi. In questa direzione borbottò tra sè, puntando la matita. La ragazza doveva aver camminato in quella direzione e l’aggressore era uscito dal vicolo.

    Altri tre litri almeno erano seguiti a breve, prima che il cuore cessasse di battere, allagando il marciapiede e la strada. Giù di qui i primi getti… notò, marcando la direzione sul disegno che stava facendo sul taccuino. Poi il battito cardiaco s’era fatto più flebile e il sangue era colato verso il basso, qui. Si consolò pensando che la massiccia emorragia aveva certamente provocato lo svenimento della vittima quasi istantaneamente. Non doveva aver sofferto molto, nonostante l’orribile ferita.Il sangue s’era raccolto in un’ampia pozza accanto al corpo e verso lo scolo… E Brauer notò le impronte. E ripensò alla mosca.

    - Schmitt!! - Il tono conteneva una nota d’urgenza e d’allarme che misero immediatamente sul chi vive gli altri agenti. L’altro arrivò di corsa, badando a non calpestare il sangue a terra.

    Brauer indicò le orme.

    -Non capisco

    - Guardale. Cosa pensi?

    Il poliziotto gli lanciò una lunga occhiata preoccupata.

    - Non può essere… Sono due anni che il Muro non viene violato. Le nuove misure di sicurezza…

    - ’Fanculo le nuove misure di sicurezza! fai sgombrare questa gente, che tornino a casa immediatamente! Chiama la centrale. Avvertili!

    Schmitt deglutì, poi si girò e corse verso il sergente che fino a qualche istante prima stava chiacchierando con gli altri agenti e ora li fissava preoccupato.

    L’uomo aveva appena cominciato ad abbaiare ordini che una grossa Mercedes nera coi finestrini oscurati si fermò rombando accanto alla moto di Brauer.

    Lo sportello posteriore si aprì, rivelando uno stivale nero, lucido, che si appoggiò sull’asfalto con un colpo secco. Un uomo, alto quasi due metri, magro, vestito di un impermeabile di pelle nera, scese dall’auto. Il suo volto era coperto da una maschera antigas, ma Brauer non aveva bisogno di vederlo per sapere chi fosse. Il cappello d’ordinanza della Gestapo e il grado sulla spallina erano sufficienti. Brauer non aveva nemmeno fatto caso a come aveva serrato la mascella vedendolo, ma Schmitt sì, e gli mise una mano sul braccio con discrezione, inducendolo alla calma.

    - Kriminalinspektor Brauer - disse l’uomo con una voce resa metallica e impersonale dalla maschera - ha fatto un ottimo lavoro, ma ora devo chiederle di lasciare questo caso nelle mie mani.

    - Come volete, Herr Direktor - replicò diligentemente Brauer, mascherando l’irritazione che la sola vista di quella divisa gli provocava. Sicofanti politici al servizio del Partito, altro che polizia!

    - Grazie, Kriminalinspektor, lei è molto gentile. - disse l’altro, con un tono di formale cortesia, come se Brauer avesse scelta e gli stesse genuinamente facendo un favore. - Heil Himmler! - concluse, facendo scattare i tacchi e il braccio destro verso l’alto.

    - Heil Himmler - ribattè Brauer, con meno entusiasmo di quanto sarebbe stato prudente metterci. Poi si girò, raccolse le sue cose, e si allontanò.

    - Merda… - sibilò a denti stretti Schmitt.

    - Puoi dirlo forte… Se lui è coinvolto, le cose stanno anche peggio di come temevo. Deve essere successo qualcosa di veramente brutto!

    4

    L’OSSERVATORE

    La macchina si muoveva lenta e sicura. A ogni passo il terreno vibrava percettibilmente. Era un PanzerSturmWanderer Ausf. III o, più semplicemente, Luchs - Lince - un modello leggero di meccanopode bipede da ricognizione e assalto di fanteria, con un equipaggio di un solo uomo, ma pesava pur sempre quasi cinque tonnellate tra struttura portante, corazzatura, motori e rifornimenti. Il nome era stato dato pensando allo scatto e alla ferocia del felino, non certo perchè il mezzo gli somigliasse in alcun modo. Sembrava piuttosto un gigantesco rospo con gambe da struzzo, ma costruito di piastre metalliche e animato non da muscoli, ma da lucenti pistoni idraulici e pneumatici. Là dove sarebbero dovuti essere gli occhi, due grossi fanali sporgevano dalla struttura, e due più piccoli, ma dal vetro stranamente nero, sotto di loro: gli illuminatori del sistema di visione a infrarossi.

    Permetteva al pilota di vedere al buio, senza essere a sua volta visto, se non da chi usasse un analogo apparato.

    Su lato sinistro, un tozzo braccio meccanico articolato portava una sorta di doppio tubo, terminante in un ugello traforato: il lanciafiamme d’assalto.

    Dal lato opposto una struttura analoga reggeva quattro mitragliatrici MG42, ciascuna raffreddata ad acqua e alimentata da un condotto flessibile portacolpi. Una specie di scudo, simile a un ottagono allungato, avvolgeva parzialmente le armi proteggendole.

    La macchina era protetta da una corazzatura d’acciaio speciale, capace di fermare qualsiasi colpo d’arma leggera di fanteria e le schegge di granata. Analoghe macchine americane e inglesi presentavano una serie di rivetti ai bordi di ciascuna placca, ma questo comportava il rischio che i rivetti stessi venissero sparati all’interno come proiettili se una testata esplosiva li colpiva direttamente. Oppure erano costruite con parti fuse, che erano però molto più fragili.

    La macchina tedesca era costruita saldando elettricamente placche di acciaio speciale forgiato, che andavano a far parte della struttura portante, cosa che la rendeva non solo più sicura, ma anche più leggera e molto più resistente. Il tutto aveva un aspetto stranamente spigoloso, capace di deflettere il fuoco nemico.

    Pur non avendo la corazzatura di un bipede da battaglia, il Luchs era una macchina terrificante contro la fanteria: era virtualmente invulnerabile, capace di scatenare la potenza di fuoco di due squadre di Panzergrenadier, portava una quantità enorme di munizioni e poteva correre alla velocità ragguardevole di cinquanta chilometri l’ora.

    Al momento comunque la macchina avanzava con un incedere ingannevolmente lento e misurato, le gambe che si muovevano come se le articolazioni fossero invischiate nella melassa, anche se di fatto andava a 15 chilometri l’ora.

    A ogni passo un sibilo d’aria compressa segnava l’azionamento degli accumulatori di pressione, che facevano sì che buona parte dell’energia spesa ad attutire lo spostamento di massa fosse riciclata nell’impianto pneumatico. Senza questo stratagemma, nemmeno i due potenti Maybach turbodiesel spinti al massimo avrebbero potuto sostenerla a lungo. Invece in questo modo non solo la macchina poteva correre, ma poteva anche saltare, compiendo balzi lunghi anche una ventina di metri, o alti una decina. Era una manovra gravosa per la meccanica, e dunque ammessa solo in combattimento, anche se l’Osservatore sapeva che non c’era pilota di Luchs degno di questo nome che non avesse compiuto qualche salto, con un pretesto o l’altro, durante l’addestramento.

    Ora i Maybach giravano a basso regime, e giusto un filo di fumo e un rombo sommesso fuoriuscivano dai due scappamenti posti lateralmente al corpo centrale, simili a quelli di un grosso camion, mentre il bipede proseguiva la sua ronda lungo il Muro. Sul fianco, campeggiava la croce germanica nera e bianca.

    Pur temendola, l’Osservatore non poteva che essere ammirato dalla potenza di quella macchina che il suo paese aveva saputo costruire.

    No, si corresse, non era più il suo paese. Il suo paese l’aveva abbandonato, e con lui tanti altri. E ora stava a lui dar loro un po’ di speranza…

    Presto avrebbe saputo se ce l’avevano, una speranza.

    Improvvisamente,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1