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A Spasso nel tempo: Dizionario storico e toponomastico di Palermo
A Spasso nel tempo: Dizionario storico e toponomastico di Palermo
A Spasso nel tempo: Dizionario storico e toponomastico di Palermo
E-book406 pagine5 ore

A Spasso nel tempo: Dizionario storico e toponomastico di Palermo

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Info su questo ebook

Si narra che Palermo fu “ l'unica città che i Vandali abbiano risparmiato “ ma a questo mancato scempio hanno “ rimediato “, nei secoli successivi gli amministratori locali, specialmente quelli che si sono succeduti negli ultimi due secoli.

Si racconta inoltre che don Bernardino Cardines duca di Maqueda, nominato Vicerè di Sicilia il 1° Aprile 1598, considerasse la città angusta.

Probabilmente la sua fu una premonizione, perchè proprio in questa città morì il 16 Dicembre del 1601 a causa della peste.

All'inizio del 1800, la città di Palermo era ripartita in sei Circondari, o come li chiamava il popolo, “ Quartieri “.

Fino a pochi anni addietro, essi si differenziavano tra loro per costumi, occupazioni, pronunzia e persino per indole.

Nel 1860 essi furono denominati “ Sezioni o Mandamenti “ ed erano quattro interni ( Monte di Pietà, Palazzo Reale, Castellammare, e Tribunali ) e due esterni ( Molo ed Orto Botanico).

Il vertice dei Mandamenti di città aveva origine dai Quattro Canti, da questo luogo, infatti, prendevano vita per allargarsi in linea d'aria sempre più.

I Quattro Canti, furono costruiti per volere di Giovanni Fernandez Paceco, duca di Villena e Vicerè di Sicilia, l'opera fu iniziata nel 1608 sotto il patrocinio del Senato di Palermo ed ebbe termine nel 1620.

LinguaItaliano
Data di uscita11 nov 2016
ISBN9788869790409
A Spasso nel tempo: Dizionario storico e toponomastico di Palermo

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    Anteprima del libro

    A Spasso nel tempo - Santi Gnoffo

    Maria

    INTRODUZIONE

    All'inizio del 1800, la città di Palermo era ripartita in sei Circondari, o come li chiamava il popolo, Quartieri .

    Fino a pochi anni addietro, essi si differenziavano tra loro per costumi, occupazioni, pronunzia e persino per indole.

    Nel 1860 essi furono denominati " Sezioni o Mandamenti " ed erano quattro interni ( Monte di Pietà, Palazzo Reale, Castellammare, e Tribunali ) e due esterni ( Molo ed Orto Botanico).

    Il vertice dei Mandamenti di città aveva origine dai Quattro Canti, da questo luogo, infatti, prendevano vita per allargarsi in linea d'aria sempre più.

    I Quattro Canti, furono costruiti per volere di Giovanni Fernandez Paceco, duca di Villena e Vicerè di Sicilia, l'opera fu iniziata nel 1608 sotto il patrocinio del Senato di Palermo ed ebbe termine nel 1620.

    La piazza antistante, denominata Villena in onore del Vicerè sopra citato, ancora oggi si può ammirare in tutta la sua bellezza, è di forma ottagonale, con quattro prospetti a tre ordini di architettura, nel primo in stile dorico, fu collocata in ognuno dei Quattro Canti una vasca di marmo sormontata da una ghirlanda anch'essa in marmo di colore bianco, con allegorie che ricordano i fiumi Oreto, Kemonia, Papireto e Pannarìa, rappresentati dalle fontane, sopra la quale furono collocate le Quattro Stagioni:

    La Primavera, nel Mandamento Palazzo Reale;

    L’Estate, nel Mandamento Monte di Pietà;

    L’Autunno, nel Mandamento Castellammare:

    L’inverno, nel Mandamento Tribunale;

    Nel secondo ordine che è ionico, si trovano le imponenti statue di quattro monarchi:

    Carlo V, fu ubicata nel Mandamento Palazzo Reale;

    Filippo II, in quello del Monte di Pietà;

    Filippo IV, in quello di Castellammare;

    Filippo III, in quello dei Tribunali;

    Nel terzo ordine che è composto, sono raffigurate le statue di quattro Santi, ognuna di esse rappresentava la Patrona di un Mandamento e lo stemma del Mandamento:

    Mandamento del Palazzo Reale: Santa Cristina, lo stemma è un serpente verde in campo oro;

    Mandamento del Monte di Pietà: Santa Ninfa, lo stemma rappresenta Ercole che atterra il leone;

    Mandamento di Castellammare: Sant’Oliva, lo stemma è della casa reale d'Austria;

    Mandamento dei Tribunali: Sant’Agata, lo stemma è il fiore della rosa,

    Il ruolo di Patrona della città, in seguito fu ricoperto per l'intera città da Santa Rosalia.

    I Quattro Canti, ancora oggi sono intersecati da due vie, la più antica conduce da Porta Nuova a Porta Felice ( l’odierna via Vittorio Emanuele ), l'altra è la via Macheda o Maqueda che dall'odierna piazza Giuseppe Verdi conduce a Porta Vicari o Sant'Antonino, ( in prossimità dell'odierno corso Tukory e dirimpetto l'odierna via Oreto ).

    Il Cassaro ( via Vittorio Emanuele ), in alcuni tratti cambiava denominazione, infatti da Porta Nuova fino alla Cattedrale aveva questo appellativo, da qui fino a Piazza Bologni diveniva Casseriello perchè vi si trovavano botteghe meno importanti del tratto precedente e subito dopo, dalla via Pannieri fino al Palazzo delle Finanze era denominato Madonna del Cassero, l'ultimo tratto che iniziava dalla chiesa di Porto Salvo e terminava a Porta Felice, era denominato Cassero Morto perchè non era lastricato e non vi erano botteghe.

    La via Maqueda, per il popolo aveva tre punti di riferimento, il primo era denominato

    Bandiera perchè si trovava nei pressi dell'odierna via omonima, da qui in avanti assumeva l'appellativo di forno di Micciari ( in onore di un forno che si trovava sul luogo ) e l'ultimo tratto compreso tra il monastero dell'Assunta ed il palazzo Santa Croce ( vicino il palazzo Comitini, oggi palazzo della Provincia ) era denominato piazza di Vicari ( per la vicinanza della Porta omonima ).

    PREMESSA

    Si narra che Palermo fu l'unica città che i Vandali abbiano risparmiato ma a questo mancato scempio hanno rimediato , nei secoli successivi gli amministratori locali, specialmente quelli che si sono succeduti negli ultimi due secoli.

    Si racconta inoltre che don Bernardino Cardines duca di Maqueda, nominato Vicerè di Sicilia il

    1° Aprile 1598, considerasse la città angusta.

    Probabilmente la sua fu una premonizione, perchè proprio in questa città morì il 16 Dicembre del 1601 a causa della peste.

    In merito si espresse anche il grande scrittore siciliano Leonardo Sciascia dicendo che dal monte Pellegrino e precisamente dal castello Utveggio, la città appare più che informe amorfa, quasi che le case lievitassero e proliferassero inarrestabilmente, una biancastra fungaia che tutto invade e cancella. In questa massa invadente, la città vecchia è un punto grigiastro, che appare di diversa materia e consistenza: quel punto quasi sommerso indica una decomposizione organica da cui si è generata l'enorme e insana efflorescenza della città nuova....

    Purtroppo, quest'ultima riflessione, datata 1975, era soltanto l'inizio del dramma urbano che la città ha subìto negli ultimi tre decenni, tra accesi ed appassionati dibattiti rivelatisi in realtà inconcludenti.

    A causa di problemi tecnici, burocratici e finanziari, si è di volta in volta rimandato o addirittura impedito la programmazione e l'attuazione di misure preventive al fine della protezione e del recupero di tutti i beni di valore storico, artistico e culturale, consentendo lo stato di deterioramento ( in alcuni casi irreversibile ) e la completa distruzione di alcuni luoghi citati in questo libro.

    Naturalmente anche l'opinione pubblica ha partecipato, grazie alla sua apatia, a questo scempio mostrando poca attenzione al problema, quasi non gli appartenesse.

    L'obiettivo di questo libro, è pertanto quello di coinvolgere il lettore, attraverso un itinerario seppur frammentario ( a causa della scomparsa di alcuni siti ) a ripercorrere le vie, piazze, vicoli e cortili della città immaginando di essere alla fine dell'800 ed all'inizio del 900.

    Ciò è dettato non solo da una questione di pura curiosità ma per far conoscere al lettore, la realtà socio-culturale per cui una certa strada è nata. Scopriremo, pertanto, vicende reali e fatti inventati, segreti e leggende ma soprattutto il rapporto tra la strada ed il quartiere in cui si trovava, tra quest'ultimo e la città medesima.

    Si precisa che verso la fine del 1800, il Municipio di Palermo aggiunse ai sei menzionati Mandamenti altri otto Comuni Riuniti ( Zisa e Uditore, Baida e Boccadifalco, Resuttana e San Lorenzo, Mondello e Pallavicino, Sferracavallo e Tommaso Natale, Mezzomonreale e Porrazzi, Brancaccio e Conte Federico, Falsomiele e Villagrazia ) ma al fine di facilitare il lettore, ho inserito le vie, piazze, vicoli e cortili inclusi in questi ultimi otto Comuni Riuniti nei due Mandamenti esterni, cioè Orto Botanico e Molo.

    RIFLESSIONE SULLA TOPONOMASTICA DELLA CITTA’

    Lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius ( 1821-1891 ) era solito dire che " i nomi antichi delle strade sono come titoli dei capitoli della storia della città e vanno perciò rispettati quali monumenti storici e salvaguardati a prescindere del gusto artistico dominante.

    Questo, purtroppo non è avvenuto a Palermo.

    Durante la dominazione normanna- sveva, le vie assunsero la denominazione di " Rughe o Rua dal francese, rue ", mantenendo tuttavia l’antico nome arabo, latino o volgare.

    Il termine " Platea " stava ad indicare una via importante.

    Sempre in quel periodo, altre strade, specialmente quelle che si trovavano nel perimetro della città, continuarono ad avere la denominazione araba " Zucac o Sucac " con l’aggiunta del nome della piazzetta più vicina.

    " Shera, Sera, Xera o Schera ", era il termine con cui s’indicava una terrazza che si trovava sopra le mura di cinta della via Marmorea o Cassero ( via V.E. ) e le percorreva come una via all’aperto.

    La " Shera Sancti Georgi de Balatis la percorreva a nord, quella denominata Shera Buali a sud. Antichi documenti citano i nomi SeralKadii, Keralkadii o Sera del Kadi ( nei pressi del Palazzo Reale ), Shera Cancellarii ( nei pressi del vicolo Cancelliere ), Sera Casseri ",

    " Uxseri de Mussa o Musta " ( dietro la Cattedrale ).

    Nel 1802, per volere del re Ferdinando di Borbone si ebbe un ordinamento particolareggiato delle targhe stradali mediante alcune ordinanze regie ben precise, vennero per la prima volta stabiliti i criteri per la definizione delle indicazioni, fu inserito il numero civico in ogni casa, portone o bottega. Fu stabilita l’altezza della targa, il materiale, la forma, i caratteri. Una parte del testo legislativo borbonico ci fornisce un’idea dell’attenzione rivolta alla toponomastica: Questi cartelli nelle strade e nelle piazze saranno di marmo bianco, con cornice di marmo bardiglio, e le lettere saranno scolpite e ripiene di piombo.

    Ne’ vichi e ne’ luoghi men nobili, per evitarsi la spesa de’ marmi, i cartelli saranno fatti nella stessa forma in mattoni inverniciati, bianco e bardiglio, e colle stesse lettere negre inverniciate , imitando i cartelli di marmo.

    Tutti i nomi delle strade e piazze e vichi ( vicoli ), saranno descritti con cartelli di lunghezza di palmi tre e mezzo, e di palmi due di altezza, compresa la cornice, che li cinge intorno. Questi cartelli, in cui con lettere della grossezza di quattr’once di palmo napoletano il nome della strada, vico o piazza è indicato, saranno messi non solo nel principio e nel fine della strada, piazza o vico, servendo come di confine, ma ben anche sull’orlo di ogni strada, che ci vada a finire, onde ogni uomo, che vi giunga da qualunque parte, sappia, alzando gli occhi, non solo la strada da cui esce ma ben anche quella dove entra. Saranno situati all’altezza da terra tra i nove e i dodici palmi, secondo le circostanze locali, che non si possono prevedere con precisione.

    A seguito di ciò, furono modificate o prodotte nuove indicazioni stradali.

    Nel secolo passato, ed in questo, alcuni nomi storici o che richiamavano le caratteristiche del luogo, sono stati sostituiti da altri per sostenere un modernismo futile.

    Ancor oggi, qualche volta si sente dire che il Municipio vorrebbe cambiare il nome di una strada storica ma fortunatamente la coscienza civile insorge, bloccando l’idea scellerata.

    La toponomastica della città moderna, ha attribuito alle strade nomi che ricordano regioni, città, poeti e musicisti.

    Nella città antica, i nomi delle strade avevano generalmente un preciso riferimento alle caratteristiche del luogo stesso, dovuto all’esistenza di un complesso che si trovava sul luogo oppure in prossimità, richiami ad arti e mestieri che si praticavano, a fatti storici o di cronaca avvenuti nel contesto.

    Generalmente, le vie del centro storico di Palermo derivano da:

    Cognome o casato nobiliare di chi possedeva terreni o palazzi nella zona; ( es. via Butera )

    Nome di chiese, conventi; ( es. via Sant’Agostino, piazza San Domenico )

    Nomi di mestieri e maestranze; ( es. via Calderai, via Pirriaturi)

    Nomi che derivano dalle caratteristiche geologiche del luogo; (es. via Balate )

    Nomi legati ad un particolare della zona; ( es. via Alloro, via Celso, cortile Caccamo )

    Nomi relativi ad eventi storici o fatti di cronaca; ( es. via Re Ruggero, corso dei Mille, via Scippatesta ) .

    AVVERTENZA: Si ricorda al lettore che la sigla V.E., sta ad indicare la Vittorio Emanuele.

    I MANDAMENTI STORICI DI PALERMO

    Molo Orto Botanico

    MANDAMENTO CASTELLAMMARE

    Nel XII e XIII secolo, i Genovesi ebbero Consoli e Logge in Sicilia, avviando traffici finanziari e di mercanzie. In seguito, anche i Pisani, Amalfitani e Catalani, li seguirono, insediando le loro sedi in prossimità del porto. Ciò naturalmente, avvenne anche a Palermo, sul luogo, infatti, avvenivano gli affari più importanti della città, tanto che, dal 1553 fino al 1617, fu sede di un Banco Pubblico o Tavola ( banca ) che era per anzianità il terzo in Italia, precedendo addirittura quelli esteri di Amsterdam e Londra.

    Ogni Loggia aveva una sede sfarzosa, stanze sormontate da colonne di marmo, cortili con sedili di marmo ed alberi, una chiesa altrettanto sfarzosa, per svolgere le cerimonie religiose, fontane con acqua zampillante. I loro magazzini, altrettanto lussuosi, si trovavano nei pressi.

    Per questo motivo, questo mandamento fu denominato anche " Loggia ".

    Prese l'appellativo di Castellammare , per la presenza dell’omonima fortezza che si trovava ( oggi esistono soltanto alcuni resti ) in prossimità del mare ( lateralmente alla Cala ), esattamente tra le non più esistenti Porta Piedigrotta e quella di San Giorgio ( l'odierna piazza Tredici Vittime ).

    I suoi confini erano così delimitati: Il Cassaro ( odierna via Vittorio Emanuele ) fino a piazza Vigliena ( Quattro Canti ), volgendo a destra si percorreva la via Maqueda in direzione di piazza Giuseppe Verdi, l’odierna via Cavour, sino alla piazza Tredici Vittime, oltrepassando la Cala sino a Porta Felice.

    In questo Mandamento si trovavano otto Porte, soltanto Porta Felice è rimasta a ricordo :

    Porta dello Scaricatore, Porta delle Dogane, Porta della Pescheria, Porta Carbone, Porta Calcina, Porta Piedigrotta, Porta San Giorgio o ( Santa Rosalia ).

    Incominciando l'itinerario da Porta Felice, subito dopo s'incontra piazza Santo Spirito, dove si può ammirare la copia della fontana del Cavalluccio Marino.

    La piazza prese tale denominazione dall'antico Stabilimento Santo Spirito, in seguito denominato Ospedale San Bartolomeo, destinato alle malattie sifilitiche.

    Nel 1826 Francesco I di Borbone, lo trasformò in ospizio per trovatelli, oggi su quell'area si trova

    l’Istituto Statale Nautico.

    Poco più avanti a destra, ancora oggi, si può ammirare la chiesa Santa Maria della Catena, così denominata perchè sul luogo c'era una catena di 50 passi che ostruiva nelle ore notturne l'attracco delle navi. A tal proposito diversi cenni storici ricordano episodi avvenuti nel 1071 per opera del conte Ruggero (in seguito divenuto Re) che rompendola entrò con le navi in città e assediò gli arabi.

    Nel 1325, altrettanto fece Ludovico d’Angiò contro la flotta Pisana ma non riuscì nell'intento.

    Accanto alla chiesa era ubicata la Porta delle Dogane, detta anche delle Doganelle dove erano tassate le merci che entravano o uscivano dalla città.

    Il 1° Maggio dell'anno 1701, sul lato che si affacciava sul Cassaro ( l'odierna via V.E.) fu eretta la statua di Filippo V, rimossa dopo varie vicissitudini durante i Moti Rivoluzionari del 1848.

    Continuando a percorrere la via Vittorio Emanuele si imbocca la via Porto Salvo, così denominata per l'omonima chiesa che si trova sul luogo, costruita in prossimità del porto nel 1524 per ordine del Generale delle galere Siciliane che, ritornando vittorioso dall'Africa si salvò da una tremenda tempesta.

    Questa via conduce alla piazza della Fonderia, così denominata perchè in questo luogo si trovava un edificio, ove si fondeva l'artiglieria.

    Poco distante si trovano via e piazza del Castello così denominati per la presenza del castello che sporgeva sul mare. Questo castello, aveva origini risalenti al periodo cartaginese e fu fabbricato per difendere il porto.

    Nei secoli successivi, grazie alla sua posizione strategica, fu usato dai Saraceni che vi eressero una moschea, in seguito fu utilizzato anche dai normanni e dall'imperatore spagnolo Carlo V.

    Ritornando in via Vittorio Emanuele, oltrepassando la via della Loggia, incontriamo la piazza del Garraffello.

    In questa piazza si trovava una fontana dalla quale sgorgava acqua purissima ( Garraffello ), nei pressi troviamo la via dei Cassari, via dell'Argenteria e dalla via Pannieri, si arriva alla Bocceria Vecchia ( mercato della Vucciria ) o piazza Caracciolo, dove sin dal tempo in cui i saraceni dominavano la città, sorgeva un mercato che in seguito venne chiamato Bocceria.

    Nel 1783 il Vicerè Domenico Caracciolo Marchese di Villamaina, ordinò dei lavori per migliorarne l'aspetto ed impose che si denominasse con il suo cognome ma i palermitani continuarono a chiamarla Bocceria.

    Dopo il 1820, fu denominata Bocceria Vecchia per distinguerla da quella Nuova che era sorta nella zona denominata Conceria ( via Maqueda, tra l’odierna via Bandiera e piazza Venezia.

    Da questo luogo, percorrendo poche decine di metri troviamola piazza San Domenico e dirimpetto ci inoltriamo in via Bandiera ( un tempo contrada ) e via San Basilio e da qui a piazza Olivella, dove ancor oggi possiamo ammirare la chiesa e l' oratorio dei padri di San Filippo Neri.

    A pochi passi troviamo la via dell'Orologio e via Bara all'Olivella.

    Un tratto di via Bandiera un tempo era denominato del Pizzuto , ancora oggi in ricordo esiste un vicolo che la congiunge con via Bari ed un grande immobile che un tempo fungeva da albergo reca sul cornicione tale denominazione.

    Adiacente alla piazza San Domenico da un lato si trova via Antonio Gagini e dall'altro piazza Giovanni Meli, a sinistra della quale ci s’immette in via Bambinai, via Squarcialupo e via Valverde fino al luogo dove un tempo si trovava la Porta Santa Rosalia o San Giorgio ( oggi su quest' area troviamo piazza Tredici Vittime ), nelle vicinanze un tempo c'era il Castellammare (attualmente si possono ammirare alcuni resti ).

    Elenco delle strade, piazze, cortili e vicoli di questo Mandamento

    Addolorata – vicolo dell’:

    Da via V.E. fino alla Porta Felice, girando a sinistra e costeggiando la Cala, piazza Castello, piazzetta Tavola Tonda.

    Un tempo denominato " Coglitore " perché confinava con il palazzo omonimo, costruito nel 1784 dal negoziante Salvatore Coglitore. L’odierna denominazione è dovuta alla presenza di un’edicola votiva recante l’immagine di Maria SS. Addolorata, costruita, come si evince dalla targa che si trova sul luogo, il 31 marzo 1775.

    Allegra - via : Non più esistente.

    Vi si accedeva da via V.E., via Maqueda, in direzione di piazza Giuseppe Verdi, via Bandiera.

    Prese il nome da un abitante del luogo.

    Ambra – via :

    Un tempo denominata " Ambrai ".

    Da via V.E., oltrepassando i Quattro Canti e l’incrocio con la via Roma, via Loggia, piazza Garraffello, via Materassai, vicolo dell' Argenteria Vecchia, piazza Sant'Andrea.

    Prese tale denominazione dal fatto che sul posto si trovavano alcuni artigiani che lavoravano l'ambra ( resina ) e la vendevano agli argentieri che avevano le loro botteghe nei pressi.

    Angelini - piazza :

    Da via V.E., via Maqueda, in direzione di piazza Giuseppe Verdi, via Bara dell' Olivella.

    Sul luogo, un tempo c'era una chiesa, dove alcuni muratori ( murifabbri ), nel 1539, scavando trovarono una statua di legno di Maria SS. detta del Piliere perchè la poggiarono sopra un pilastro di marmo.

    In questa chiesa furono ospitate, nel corso degli anni, la maestranza dei Calzettai e degli Argentieri fino alla metà del '600, in seguito la Compagnia di Santa Maria degli Angeli, i cui confrati erano denominati Angelini.

    La piazza prese tale denominazione da questo particolare.

    Anitre – vicolo e cortile : Non più esistente.

    Vi si accedeva da via V.E., via Maqueda, in direzione di piazza Giuseppe Verdi, si trovava tra la via Venezia e la via Bandiera.

    In questa zona c'erano alcuni venditori di pollo ( vicolo Gallinai ), quindi per distinguersi da loro assunse tale appellativo.

    Anzon – vicolo : Non più esistente.

    Vi si accedeva da via V. E., oltrepassando la via Roma, via Porto Salvo e piazza Fonderia.

    Prese tale appellativo, da un abitante del luogo.

    Appalto – piazza, vicolo 1° e vicolo 2° :

    Da via V.E., oltrepassando la via Roma, piazza Garraffello, via Materassai, vicolo Argenteria Vecchia.

    Furono così denominati poichè nella piazza attigua un tempo c'erano le Officine dell'Appalto del tabacco.

    Arancio - cortile dell’ : Non più esistente.

    Vi si accedeva da via V.E., via Roma, in direzione di piazza San Domenico, piazza Giovanni Meli, vicolo Tavola Rotonda, vicolo Magnisi.

    Era così denominato perchè un tempo sul luogo c’era un albero di arancio.

    Argenteria Nuova– via :

    Da via V.E., oltrepassando la via Roma, via Loggia, piazza Grarraffello, oppure da via Pannieri e piazza Caracciolo.

    Così denominata perchè era la sede di diversi laboratori e negozi che vendevano oggetti preziosi.

    Sul luogo si trova ( in pessime condizioni ) la chiesa di Sant’Eulalia dei Catalani ( di proprietà spagnola ). Probabilmente fu fondata intorno al 1282 con la denominazione di Santa Maria, in seguito assunse l’attuale denominazione in onore della vergine e martire catalana.

    I catalani, giunsero a Palermo nel XII secolo come mercanti, nel 1282 altri vennero al seguito del Re Pietro d’Aragona ed altri ancora nel 1392 al seguito di Re Martino.

    Argenteria Vecchia - via :

    Da via V.E., oltrepassando la via Roma, via Loggia, piazza Garraffello.

    Assunse tale appellativo, quando la maggior parte dei negozianti di preziosi si trasferì in via Argenteria.

    Un tempo denominata " dei Pannieri " perché sul luogo c’era il commercio di abbigliamento e tappezzeria, le vie vicine ad essa, fino alla fine del 1500, assunsero toponimi derivanti da questa attività ( via dei Filandieri, dei Bottonai, dei Merceri ect.).

    Bambinai – via :

    Da via V.E., via Pannieri, piazza Caracciolo, piazza San Domenico, piazza Giovanni Meli.

    Questa via un tempo era la sede di alcuni artigiani che costruivano armi bianche, perciò denominata " Coltellieri . In seguito, quando essi si trasferirono in altro luogo, al loro posto impiantarono la loro attività alcuni costruttori di crocifissi in osso, perciò divenne dei Crocifissari ".

    Per ultimo, quando vi s'insediarono alcuni artigiani che realizzavano bambinelli in cera, assunse l’odierna denominazione.

    Bandiera – via :

    Da via V.E., via Maqueda, in direzione di piazza Giuseppe Verdi, si trova sul lato destro.

    Nel XIII secolo, insieme all’odierna via Sant’Agostino, formava un’unica via denominata " Platea pubblica Seracaldi "

    Un tempo denominata " piazza Bandiera ".

    Probabilmente prese tale appellativo poiché all’angolo della via Giuseppe Patania si trovava il palazzo della famiglia Lionti, all’esterno del quale c’era un puttino attaccato al muro con una bandiera in mano.

    Denominata anche " Discesa della Bandiera perchè la strada ancora oggi è in leggera pendenza. Un tempo, l'ultimo tratto di via Bandiera in prossimità di piazza San Domenico, era denominato del Pizzuto perchè in quest'area c'erano alcuni appartamenti di proprietà del protomedico della città, Paolo Pizzuto. In seguito fu costruito l’Istituto Epicarmo e alcuni anni fu trasformato in una locanda (nel 1824 era già conosciuto come locanda e fondaco di Geraci) e, nel 1844, divenne il Grande Albergo di Sicilia, uno dei più grandi e comodi della città. Poi fu denominato Hotel Pizzuto ed infine, prima della sua distruzione durante la Seconda guerra mondiale, la struttura si chiamava Albergo Vittoria al Pizzuto". Questa scritta, si può ancora osservare sulla parte superiore dell'immobile che è stato ristrutturato. A tal proposito c’è anche un proverbio palermitano che dice : < Lassari li casi di lu Pizzuto > (lasciare le case del Pizzuto ) che significava lasciare ad una persona un bel nulla . Evidentemente il motto nacque da un legato irrisorio lasciato in eredità.

    Bara all'Olivella – via :

    Da via V.E., via Maqueda, si trova vicino la piazza Giuseppe Verdi.

    Così denominata perchè un tempo in essa si conservava una struttura lignea per trasportare la statua di San Francesco di Paola, denominata dal popolo, vara ( bara ).

    Bara alle mura dell'Itria – cortile :

    Dalla via V.E., Maqueda, si trova vicino la piazza Giuseppe Verdi.

    Si trova in via Bara dell'Olivella.

    Così denominato perché un tempo confinava con le mura dell'Itria ed in esso si conservava la struttura lignea denominata dal popolo, vara ( bara ) per trasportare qualche Santo, Maria SS. Gesù Cristo.

    Barrilaio agli Spersi - vicolo e cortile :

    Da via V.E., oltrepassando l'incrocio con la via Roma, via Porto Salvo, piazza Fonderia, via San Sebastiano. Prese tale denominazione da un proprietario di un immobile o da un abitante della zona.

    Denominati agli Spersi , perchè si trovava in prossimità del Conservatorio dei fanciulli spersi , quindi, per distinguerlo dagli altri che si trovavano in città.

    Buon Pastore - via :

    Da via V.E., via Roma, in direzione di piazza San Domenico, via Bambinai, via Valverde, via Squarcialupo.

    Un tempo denominata " degli Spersi , perchè sul luogo c’era un Istituto denominato Conservatorio dei fanciulli spersi ".

    Il vicerè di Sicilia, conte De Castro, fece impiantare sul luogo uno Stabilimento , dove erano accolti gli orfani di età inferiore ai diciotto anni.

    Questa via assunse tale denominazione, perchè lo Stabilimento denominato degli Spersi fu aperto il 3 Giugno del 1617. Quel giorno, durante la Santa Messa, fu letto il Vangelo del Buon Pastore.

    Sul frontespizio dell’edificio, uno stemma rappresentava un pastore con una pecorella sulle spalle, che identifica Gesù Cristo.

    Caccamo - baglio del :

    Da via V. E., oltrepassando l'incrocio con la via Roma, via Pannieri, piazza Caracciolo.

    In questo luogo c'era una pianta di loto perlato denominato dal popolo caccamo .

    Caccamo - cortile 1° e 2° :

    Da via V.E., via Maqueda, in direzione di piazza Giuseppe Verdi, si trova in via Bara all'Olivella.

    In questo luogo vi era una pianta di loto perlato denominato dal popolo caccamo .

    Cacciatore - vicolo del :

    Da via V.E., via Maqueda, in prossimità di piazza Giuseppe Verdi, via Bara dell'Olivella.

    Detto anche del " Cacciatore o Cacciatoriello ".

    Così denominato perché sul luogo abitava un cacciatore.

    Cala - Porto della :

    Percorrendo per intero la via V.E., oltrepassando Porta Felice, volgendo a sinistra.

    Probabilmente il nome deriva dal termine greco Chalao , che significa insenatura dove è possibile attraccare o dal termine arabo Kalak , che ha lo stesso significato.

    Era l'antico porto di Palermo e si trovava tra il Castello e gli scogli della Sanità.

    Il re Alfonso il Magnanimo vi fece costruire un molo ma questo fu distrutto da una tempesta nell'anno 1469.

    Attualmente è un porticciolo turistico, ubicato a due passi dal centro storico con tante barche da diporto attraccate sul luogo.

    Cala – via :

    Percorrendo per intero la via V.E., oltrepassando Porta Felice, volgendo a sinistra.

    Dalla piazza Capitaneria di porto conduce alla via Francesco Crispi.

    Calenda - cortile 1° e 2° : Non più esistente.

    Vi si accedeva da via V.E., via Maqueda, in direzione di piazza Giuseppe Verdi, nell'area denominata Conceria ( Non più esistente ).

    Quando questa zona era denominata Conceria, i conciatori di pelle utilizzavano delle mole di pietra denominate Cilenna , per levigare e lustrare le pelli.

    Da questo particolare assunse tale appellativo.

    Calzonai - vicolo dei :

    Dalla via V. E., oltrepassando i Quattro Canti, poco prima dell'incrocio con la via Roma.

    Anticamente denominato dei " Bottonari Nuovi " poichè sul luogo alcuni artigiani costruivano i bottoni, in seguito vi si stabilirono alcuni sarti dediti alla confezione di soli calzoni.

    Cannone - cortile : Non più esistente.

    Vi si accedeva da via V.E., via Maqueda, in direzione di piazza Giuseppe Verdi, via Bandiera, via Giuseppe Patania.

    Cantarelli - cortile : Non più esistente.

    Vi si accedeva da via V.E., via Maqueda, in direzione di piazza Giuseppe Verdi.

    Si trovava in via Bandiera.

    Cappellieri - vicolo dei :

    Da via V.E., via Maqueda, in

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