Moon
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Cinque persone totalmente diverse vengono fatte confluire in un determinato luogo per compiere la più importante missione di tutti i tempi. Un'avventura rocambolesca che spingerà il lettore oltre i limiti delle proprie convinzioni.
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Anteprima del libro
Moon - Robert Steiner
La mente aperta è l’anticamera della conoscenza.
Robert Steiner
Sommario
Prefazione
1. Nathan White
2. Li Hòng
3. Henry Kramer
4. Janaan Nayri
5. Felicia Verde
6. La bilancia
7. Il viaggio
8. Il risveglio di Nathan
9. Lo scienziato pazzo
10. Due fratelli
11. Amiche
12. Il codice
13. Operazione Brillamento
14. IAD3
15. Il dono
16. I preparativi
17. Comunione di pensieri
18. Il lancio
19. La protesta
20. La rivelazione
21. Il Passaporto
22. Presidente
23. Sogni
24. Il volo
25. Preparativi
26. La fuga
27. L’incontro
28. X-37B
29. Riunione
30. La Luna
31. Annuncio
32. Rapito
33. Il disastro
34. Comunicazione
35. La fine?
Prefazione
Per decenni, chiunque riferisse di contatti visivi o fisici con UFO, alieni o entità eteree, era ridicolizzato, emarginato o, in certi casi, fatto sparire.
Con l’avvento di Internet e la diffusione degli smartphone dotati di telecamere, notizie di avvistamenti si sono centuplicate e ogni anno se ne contano decine di migliaia.
Purtroppo, la tecnologia ha anche messo a disposizione software che permettono un’abile contraffazione di documenti fotografici o video, rendendo spesso arduo il mestiere di chi cerca informazioni veritiere.
Per chi come me studia il fenomeno da anni, è talvolta difficile discernere le informazioni vere da quelle ‘fantasiose’ concepite da chi è alla ricerca di notorietà, denaro o semplicemente, vuole ridicolizzare l’intera vicenda ufologica.
Non si può però sottovalutare l’immenso patrimonio informativo che proviene da ogni parte del pianeta e da gente di razza, fede, istruzione, occupazione o astrazione sociale diversa. Né tantomeno si possono ignorare i racconti delle migliaia di addotti che vantano numerosi comuni denominatori. In questi casi, la mente attenta e, soprattutto, aperta, deve obbligatoriamente riconoscere che un fondo di verità ci deve per forza essere.
Il racconto che segue si basa su alcune di queste testimonianze ed è dedicato a tutti coloro, in vita e non, che cercano o hanno cercato la verità.
1. Nathan White
Chi è Jimmy Woo?
Lo so, adesso mi prenderanno per scemo
, pensa Nathan, ma è l’unico modo per capire se sono un pazzo ossessivo, oppure un…beh, cos’altro potrei essere? Lo cancello. No, aspetta, c’è già un Mi Piace. Adesso farei una figura di merda se lo cancellassi e diranno che ero ubriaco. Vabbè, il dado è tratto, come disse Giulio Cesare. Vediamo, magari c’è qualche altro pazzo come me.
Mr. White…Nathan White!
La voce imperiosa della maestra risveglia Nathan dal suo torpore a occhi aperti. Signor White, intende partecipare alla classe, oppure preferisce una bella nota?
Um, scusi!
, dice arrossendo. Che figuraccia
, pensa, mi stanno guardando tutti
.
E metta via il cellulare se non vuole che glielo confischi.
Sì, scusi…
Non la scuso, signor White. È la terza volta che la vedo al cellulare questa settimana. Lei è ossessionato da Facebook. Cosa ci trova di così entusiasmante in un’app che dà l’impressione di socialità, mentre è, in effetti, un luogo di ritrovo per gente sola?
La risata dei compagni imbarazza ancora di più Nathan. Eppure, anche loro passano ore e ore sui social.
Julia, la leccaculo di classe, tira fuori il cellulare e velocemente naviga al profilo di Nathan. Chi è Jimmy Woo?
, legge. Mostra il cellulare alla maestra. Ha scritto ‘chi è Jimmy Woo?’
L’insegnante si avvicina alla ragazza, prende il cellulare e legge. Poi, guarda il ragazzo. cosicché, piuttosto che concentrarsi sullo sbarco degli alleati in Normandia, lei preferisce porsi domande amletiche come ‘chi è Jimmy Choo?’
, l’apostrofa.
Woo
, la corregge Nathan, mentre le ragazze che conoscono il noto stilista, ridono di nascosto. E poi, sono un pacifista. Perché studiare le guerre e tutto ciò che fa uscire il lato oscuro dagli animi umani, piuttosto che le cose belle che esistono sulla Terra?
Abbraccia il lato oscuro, giovane Jedi!
, gli sussurra un compagno di classe, facendo scoppiare a ridere i compagni.
Studiare gli errori del passato ci aiuta a evitarli in futuro.
, dice piccata la maestra.
Apra il giornale e si renderà conto che non è così.
Si leva un brusio concitato in classe, mentre i ragazzi si voltano verso la maestra in attesa d’una replica.
Bene, allora ci dica, signor Gandhi, chi è tale personaggio così importante cui fa riferimento nel suo post su Facebook, che batte Eisenhower nella scala delle sue preferenze?
N…non lo so
, balbetta. Come faccio a spiegarglielo?
, pensa.
La classe scoppia a ridere.
Non lo sa? Eppure disturba la mia classe di storia per porre una così importante domanda al mondo. Dovrà pur sapere di chi sia quel nome.
È…è un sogno.
Nathan abbassa gli occhi dalla vergogna.
Altra sonora risata della classe.
Un sogno?
S…si, è…è una settimana che sogno quel nome.
Altra risata della classe.
Signor White, le consiglio di mangiare più leggero la sera, di farsi una bella camomilla prima di coricarsi e, qualora dovessero continuare questi…sogni, di consultarsi con la psicologa in stanza 403. Dal momento che il suo quesito è stato posto e il mondo prima o poi risponderà a questo suo dilemma amletico, le dispiacerebbe dirmi per cortesia, sempre se non la disturbo troppo chiaramente, il nome in codice dello sbarco in Normandia?
Dopo un attimo di riflessione, Nathan sussurra distrattamente, D-Day?
Altra risata della classe.
Le ho chiesto il nome in codice dell’operazione, non la sigla con cui fu comunemente e volgarmente ricordato quel giorno tanto glorioso per gli Stati Uniti d’America.
Il momento d’imbarazzo di Nathan viene soccorso dall’alzata di mano di Julia.
Sì, Julia
.
Il nome in codice era ‘Operazione Neptune’, ovvero, l’appellativo dato alla sezione marittima della più ampia campagna militare chiamata ‘Operazione Overlord’
.
Brava Julia, sono contenta che almeno qualcuno non si dedichi ai social network durante gli orari di classe.
Mentre l’insegnante sta per voltarsi verso la lavagna, un trillo la fa voltare nuovamente verso Nathan, che si accorge di non avere abbassato la suoneria. Controlla il suo cellulare e trova una risposta al suo ultimo post: 10231249IAD3
. Il mittente non appare. Com’è possibile che esista un utente Facebook senza nome o foto?
, si domanda.
La docente lo fissa nervosamente. Allora?
Guardate!!!
Il sussulto di un’alunna fa voltare tutti. Lo sguardo attonito della ragazza dirige quello dei suoi compagni e della maestra verso la finestra, attraverso cui appaiono in cielo una serie di oggetti infuocati, simili a piccole meteore con lunghe code di color verde, che precipitano verso l’orizzonte. All’esterno della scuola, passanti e automobilisti si fermano per ammirare questo inaspettato spettacolo diurno. E mentre l’attenzione di tutti è rivolta verso lo strano fenomeno astronomico, quella di Nathan rimane concentrata sullo strano messaggio, il cui mittente e significato rimangono per lui un mistero.
2. Li Hòng
Svegliati Li!
, grida la matrigna. Il ragazzo stenta ad aprire gli occhi, mentre con mano affaticata cerca il cellulare sul comodino della sua spoglia cameretta. Dopo aver fatto cadere un libro americano tradotto in cinese, Above Top Secret – The Worldwide UFO Cover-up
, e la plastica di una merendina mangiata qualche giorno prima, riesce a trovare l’iPhone. Guarda l’ora e si accorge di essere in ritardo.
Cazzo!
Salta giù dal letto e corre in bagno, riemergendo un attimo dopo con lo spazzolino in bocca, mentre con la mano libera afferra i pantaloni e inizia a infilarvi dentro una gamba.
Sbrigati, altrimenti farai tardi anche oggi!
, urla la matrigna dalla cucina.
Lo so, lo so
, farfuglia il ragazzo con la bocca piena di dentifricio e spazzolino, mentre tenta d’infilare la seconda gamba nei pantaloni. L’incompatibilità tra fretta e vestizione però, lo fa cadere rovinosamente dietro al letto.
La donna, già intenta a fare la colazione ai quattro figli biologici, vede Li sfrecciare dalla camera e dirigersi come una saetta verso la porta d’ingresso, non prima d’avere afferrato una mela dalla tavola imbandita. La colazio…
, la parola è interrotta dallo sbattere della porta d’ingresso e il rumore dei piedi del ragazzo sulle scale di sicurezza esterne della vecchia palazzina popolare della periferia nord di Beijing.
Ventitré milioni di anime popolano quest’agglomerato di antico e moderno, una città popolosissima cresciuta a dismisura, dove si dice che quando t’infili un pantalone, già c’è probabilmente qualcun altro dentro. L’antica tradizione del trasporto in bici si è tramutato negli ultimi decenni nel più grande ingorgo automobilistico del pianeta, quintuplicandosi in solo cinque anni. Le innumerevoli fabbriche, industrie e centrali a carbone che circondano la città hanno tramutato l’aria pura in un lontano ricordo, saturando l’atmosfera e uccidendo silentemente oltre quattromila persone al giorno. Ogni ora d’esposizione a quei fumi riduce di venti minuti l’aspettativa di vita. Ovviamente, i media di questo non parlano e nonostante i miliardi spesi ogni anno per ridurre l’inquinamento, l’aria rimane irrespirabile e fioccano le soluzioni fai-da-te, dalla mascherina a lattine d’aria pura di montagna, provenienti dai Paesi europei.
Giunto al minuscolo cortile del condominio, il ragazzo prende la bici che aveva lasciato appoggiata al lampione la sera prima e si avvia verso la fabbrica.
Che vergogna
, riflette il giovane, diplomato alle superiori col massimo dei voti e ridotto a lavorare come imballatore in una fabbrica di manichini
.
Ma questo è il destino dei tanti migranti dalle povere campagne cinesi, convogliati nei grandi centri urbani in cerca d’un avvenire. Troppa gente, pochi posti prestigiosi, tanti invece i posti umili, faticosi e sottopagati. Mentre pedala munito di mascherina, che ignora essere pressoché inutile ai fini dello smog, sogna ad occhi aperti al suo futuro e pensa a quella strana sensazione che lo pervade sin da piccolo; una percezione di sentirsi diverso dagli altri, obbligato a vivere in un luogo che non gli somiglia e non gli appartiene. In un Paese dove tutti ambiscono a rientrare in un unico cliché di somiglianza al prossimo, lui si sente come un turista, un estraneo, un alieno. Non ha mai avuto tanti amici, né li ha cercati. Non si considera un lupo solitario, poiché quando è circondato da gente, diventa piacevole e simpatico, ma non sente la necessità di accerchiarsi di persone che fondamentalmente sente molto diverse da lui, come fossero fatte con una materia prima andata esaurita al momento della sua nascita. Sa di non avere una grande cultura. Non potrebbe ad esempio parlare di politica, né d’economia o attualità, ma è consapevole che su certi argomenti poco popolari sarebbe davvero imbattibile, come ad esempio l’astronomia e l’ufologia.
Dopo una mezz’ora buona di bici, raggiunge la piccola fabbrica, il suo formicaio
come ama definirlo, un brulicare di operai che ogni giorno da settantacinque anni a questa parte, scaricano il materiale, lo portano all’interno, lo montano, poi imballano il tutto e lo rispediscono verso mete remote e al limite del chimerico, quali Roma, New York, Parigi o Londra.
Senza farsi vedere e con aria ‘casual’, Li parcheggia il suo mezzo in un portabici colmo di simili mezzi e furtivamente si avvia verso l’ingresso, tentando di non dare nell’occhio. Ma in un luogo colmo di occhi, il suo ingresso tardivo non può passare inosservato.
Li Hòng!
, tuona l’altoparlante della fabbrica. E se l’intenzione del giovane era di tenere un profilo basso, quel nome pronunciato in modo imperativo e a un volume al limite del sopportabile, informa tutti che c’è un cetriolo in arrivo. Li Hòng in ufficio del personale!
, ribatte la voce amplificata. Anche i morti ormai sanno che ha fatto nuovamente tardi. Da qualche tempo si chiede perché il suo capo preferisca farsi chiamare ‘ufficio del personale’. È in fin dei conti amministratore unico di un’azienda a gestione familiare di cui è anche presidente, ufficio stampa e commercialista.
Come un cane bastonato, o in procinto di esserlo, il ragazzo apre l’ingresso del capo, adocchiando con tristezza quell’altro ingresso a pochi metri da lui, che qualora imboccato, almeno per oggi gli avrebbe permesso di farla franca.
Eccomi, signore.
, dice Li mentre fa inchino dopo inchino.
Arriva la risposta lapidaria. Seduto.
Timidamente, il ragazzo si siede sulla solita sedia di pelle marrone che conosce molto bene, poiché occupata più volte nel tempo e la cui altezza è inferiore di circa dieci centimetri rispetto a quella del capo, tanto per incutere timore verso quell’uomo di statura nettamente inferiore rispetto ai suoi dipendenti.
Li Hòng
, dice il capo ostentando un’insolita calma, conoscevo tuo padre. Siamo cresciuti assieme nelle campagne di Shunyi. Quando è morto, gli ho promesso che ti avrei aiutato dandoti un impiego, ma tu non vuoi lavorare, ragazzo. Questo mese è la quinta volta che arrivi in ritardo. Come sai, c’è una grande concorrenza per attribuirsi il mercato estero e dobbiamo rimanere competitivi. Non possiamo permetterci di perdere commesse e il successo della rispettabilissima ditta Lio Ding e figli dipende da ognuno di noi.
Ma sedici ore al giorno non è competitività, signore, è un massacro!
, esplode il ragazzo, lasciando di stucco il suo capo.
Questa è la realtà, Li, e se non ti sta bene, puoi tornare a disegnare aeroplani nel tuo miniappartamento!
, urla l’uomo, noto per la sua miccia corta.
Chiedo scusa, signore
, replica sottovoce il giovane, chinando il capo.
Ora niente più storie o ti ritroverai in mezzo alla strada con la tua bici. Adesso, vai immediatamente al tuo posto e non ti alzare più, nemmeno per pisciare! E per punizione, oggi salterai i venti minuti di pranzo. Stasera voglio trovare settecento imballaggi, anziché i soliti seicento! Hai capito???
Sissignore
.
Senza più alzare lo sguardo, Li s’alza e imbocca la porta, non prima d’aver fatto l’ennesimo inchino reverenziale al suo carceriere/datore di lavoro. E come la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, Li sente improvvisamente dentro di se un’insaziabile voglia d’evadere.
3. Henry Kramer
Signore, ne abbiamo persi altri due
, dice l’ufficiale sull’attenti al cospetto dell’ammiraglio.
Quando è accaduto?
, dice Kramer.
Poche ore fa. I detriti del primo sono caduti sul Midland Park, nel Maryland, a nordovest di Washington. Quelli del secondo, nell’Oceano Atlantico.
Danni o feriti?
Nessuno, signore
.
Va bene, lasciaci
.
Sissignore.
E con un saluto, l’ufficiale esce dall’ufficio dell’ammiraglio Kramer, chiudendo la porta dietro di se.
L’ammiraglio si volta verso i due uomini, uno dei quali in alta uniforme.