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Europa tiranna
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E-book213 pagine2 ore

Europa tiranna

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Info su questo ebook

Chi voglia capire quali equilibri politici ed economici si prospettano per l’Europa dell’euro deve riflettere su che cosa succede quasi sempre alle unioni monetarie; anche a quelle precedute o seguite dalle unioni politiche. Due esempi storici sono l’Unità d’Italia e la Riunificazione della Germania.
L’Europa di oggi replica quelle due esperienze; per dimostrarlo, il libro espone una sintesi degli antefatti e dei fatti rilevanti del caso Grecia, e delinea le chiavi di lettura che aiutano a decodificarli; nella parte conclusiva, illustra alcune ipotesi sulle possibili vie d’uscita dall’austerità repressiva e inconcludente.
La trojka/quartetto domina la scena, in quanto rappresenta il paradigma della for-mazione e della pratica del potere in Europa: la sua azione in Grecia può essere vista come la prova su piccola scala dell’esercizio tirannico della post-democrazia a livello globale. Con le loro proposte, Varoufakis e Stiglitz fanno da controcanto.
L’autore si spinge oltre, ipotizzando che il sistema delle monete sia concepito su tre livelli: quello della moneta globale, non coniata e inconvertibile, della finanza; quello delle monete continentali, convertibili, per il commercio internazionale e per i grandi acquisti; e quello della moneta locale (una per ogni OCA), a convertibilità amministrata, per le attività correnti.
LinguaItaliano
Data di uscita23 feb 2017
ISBN9788826029245
Europa tiranna

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    Anteprima del libro

    Europa tiranna - Alessio Lofaro

    Alessio Lofaro

    Europa tiranna

    Varoufakis e la trojka Stiglitz e i danni dell’euro Le monete locali e la moneta unica

    2017, Alessio Lofaro

    Tutti i diritti riservati

    Progetto grafico di Daniela Rubat Borel

    UUID: e4b73228-fd00-11e6-901c-0f7870795abd

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    ANTEFATTI

    Due e novantotto

    All’origine della crisi

    Quelli del 2%

    Quelli del 98%

    La punizione dissimulata

    Retroterra della crisi greca

    Conti truccati e corruzione

    I sicari dell’economia e il FMI

    Le riforme strutturali e i memorandum

    La fede della trojka

    I keynesiani e la vestale della sovranità greca

    La modesta proposta di Varoufakis

    FATTI

    Il memorandum del 2015

    Le condizioni della trojka

    La proposta del governo greco

    La trattativa dopo il referendum

    Il debito: problema o pretesto?

    La lezione: non vi resta che fallire

    Ancora austerità

    La vera Europa è un sogno lontano

    CHIAVI DI LETTURA

    Unità monetaria e negazionismo

    Il fuorigioco dell’OCA

    Sistemi economici e politici divergenti

    Rapporto di cambio e rapporto di conversione

    Un precedente: l’Unità d’Italia

    Il caso di scuola: la riunificazione tedesca

    Dalla dissonanza cognitiva al negazionismo

    Europa tiranna

    L’Anschluss involontaria

    La guerra finanziaria

    Europa tiranna

    PROSPETTIVE

    Verso nuove monete?

    Vicende, perimetro e funzione della moneta

    Monete locali complementari

    Un altro ministro a favore della doppia moneta

    Il ritorno alla dracma e la fine dell’euro

    Le altre soluzioni di Stiglitz

    L’helicopter money messa in pratica

    Il patrimonio diventa moneta

    Ultimo viene il soldo

    Estrapolazione

    Bibliografia

    Note

    A chi crede, o almeno spera, che dopo Europa Duale e Europa Tiranna, si verificheranno le condizioni affinché qualcuno possa scrivere: Europa Rinata

    ANTEFATTI

    Due e novantotto

    Le valutazioni sulla solvibilità della Grecia si polarizzano su due posizioni ben chiare e ideologicamente schierate; i fautori della prima esprimono il convincimento che la classe dirigente greca, e il suo popolo, sono responsabili di un imbroglio e di sperperi intollerabili, dei quali è bene che siano chiamati a pagare le conseguenze, anche tragiche [¹] ; i sostenitori della seconda accusano di ogni colpa le istituzioni europee, la cui azione sarebbe tecnicamente ingiustificata, dall’origine ai giorni nostri.

    Nessuna delle due posizioni esprime tutta la verità, e la verità non sta nel mezzo. Valutando il contesto in cui le vicende si sono svolte e si svolgono, e la coerenza tra i fini dichiarati, i mezzi impiegati, e i risultati conseguiti, ci si può formare un’idea plausibile sulle motivazioni sottostanti e sulla razionalità di quanto è avvenuto e sta ancora avvenendo; quindi, si possono graduare le responsabilità. E avremo qualche elemento in più per rispondere alla domanda: L’Europa è tiranna?.

    All’origine della crisi

    La crisi mondiale che si è manifestata nel 2007-2008 a seguito della bolla speculativa dei subprime , ha radici lontane; risale alla fine degli anni cinquanta e trae origine dalla volontà di De Gaulle di liberarsi della tutela monetaria americana e di contrastare lo strapotere del marco tedesco sostenuto dagli USA; obiettivo, quest’ultimo, particolarmente condiviso anche dai suoi successori Giscard d’Estaing e Mitterand. L’indebolimento iniziale del sistema monetario si ebbe a partire dal 16 agosto del 1971, giorno in cui Nixon dichiarò la fine degli accordi di Bretton Woods [²] . La semina delle condizioni di crisi è avvenuta a partire dal 6 agosto 1979 quando il presidente Carter nominò Wolker alla presidenza della Federal Reserve, e successivamente, a partire dal 12 novembre 1999, quando Clinton abolì la legge denominata Glass-Steagall Act.

    L’azione di Wolker, che fu confermato anche da Reagan, è consistita nella messa in pratica di una sua teoria secondo la quale per garantire all’America, non più in surplus [³] , il controllo sul mondo capitalista, si doveva procedere alla disintegrazione controllata dell’economia occidentale. Questo richiedeva l’acquisizione, e la successiva redistribuzione, dei fondi generati dal surplus degli altri paesi; un’operazione finanziaria, basata sulla manovra dei tassi d’interesse, alquanto ingegnosa e aggressiva.

    L’eliminazione del Glass-Steagall Act, che Roosevelt volle nel 1933, dopo la grande crisi del 1929, per evitare che si ripetesse la formazione di bolle finanziarie, ha ripristinato il connubio tra le banche commerciali e le banche d’affari, consentendo in tal modo al sistema bancario di sviluppare il mostro dei derivati e dei subprime , le cui dimensioni sono tuttora ignote [⁴] .

    La crisi della Grecia si è manifestata nel 2009 attraverso il debito, ma alle sue origini c’è altro. Ci sono, ad esempio, la voglia d’Europa che si sviluppa nella Grecia, e la voglia di Grecia che si manifesta in Europa; specialmente nella Grecia di Karamanlis e nella Francia di Giscard d’Estaing; c’è il bisogno di dare sbocchi alla crescente produzione industriale e di allocare il surplus dei paesi il cui saldo delle partite correnti è in sistematica eccedenza (in primo luogo la Germania); e c’è il bisogno dei greci di ottenere prestiti per mantenere un apparato militare, infrastrutture, e un tenore di vita non giustificati da quanto produce la loro economia.

    C’è, infine, la mancanza di liquidità, generata dall’euro, assimilabile e una sorta di riedizione del tallone aureo, vale a dire a un sistema monetario rigido, che annulla i rapporti di cambio e le relative manovre, ed è esteso ad aree economicamente disomogenee [⁵] ; e c’è anche l’interpretazione di comodo di un principio elementare, quello del chi sbaglia paga, che i greci sembrava volessero eludere attraverso la ristrutturazione del debito [⁶] , e che i creditori privati della Grecia, segnatamente le banche tedesche e francesi, hanno eluso recuperando a spese dei contribuenti europei gran parte dei loro crediti [⁷] ; crediti che le banche stesse, consapevoli che si trattasse di operazioni a rischio, avevano stimolato e concesso sia per generare sbocchi per l’industria dei loro rispettivi paesi, sia in cambio del pagamento di interessi il cui cumulo ha superato, spesso, l’ammontare delle somme erogate.

    L'Europa, in generale, è stata vista da molti come una necessità, e da altri come una risorsa da spolpare; la Grecia, invece, rischia di apparire come una zavorra di cui conviene disfarsi, o come un assortimento di beni dei quali può far comodo appropriarsi.

    Per i greci l'Europa era il mito, il sogno di integrazione, e anche una memoria del proprio passato. Europa viene dalla lingua greca, significa grandi occhi, ed è una figura della mitologia. Il mito racconta che Europa fosse la madre di Minosse, e che i greci diedero quel nome al continente lontano, a nord di Creta, per ricordarla, e in onore del loro re.

    La storia e la cultura greche significano molto per l’Europa e per l’umanità, ma il peso della Grecia nell’Europa attuale si può sintetizzare con una percentuale: 2% (il rapporto arrotondato tra le rispettive popolazioni); per quanto possano essere gravi le colpe dei greci, sono da ponderare in base a questo valore; e per quanto possano essere lievi le colpe dell’Europa, il loro coefficiente di ponderazione è 98%.

    In molti sostengono che quel 98% stia spingendo la piccola Grecia verso il baratro, e stia muovendosi esso stesso verso un dirupo ancora più profondo, anche se meno evidente [⁸] .

    Quelli del 2%

    Due e novantotto: nulla poteva fare il due se il novantotto non fosse stato d’accordo, o, persino, se non lo avesse programmato e stimolato; con questo ho chiarito il mio orientamento.

    L'Unione Europea e l'Eurozona non sono la stessa cosa: si può aderire alla prima e non far parte della seconda (è così, ad esempio, per la Polonia, l’Ungheria e la Svezia; così è stato anche per la Gran Bretagna); l’ingresso nell’Eurozona non ha nulla di automatico: le autorità preposte alla gestione dell'Euro possono respingere la richiesta di adesione di un paese dell'Unione se lo ritengono privo dei requisiti economici per farne parte (come è stato fatto, nel 1999, nei confronti della stessa Grecia, che fu ammessa solo due anni dopo).

    Il possesso dei requisiti non è una questione soggettiva riguardante il singolo paese, ma rappresenta le condizioni strutturali in assenza delle quali l'area valutaria rischia di non funzionare in modo ottimale.

    L'ingresso di un paese nell'Eurozona è responsabilità non solo di chi lo chiede, ma anche, e soprattutto, di chi acconsente alla richiesta; lo è a maggior ragione se, com’è stato nel caso della Grecia, c’è consapevolezza che quel paese presenta conti truccati.

    Si racconta che alla domanda: Come avete fatto a truccare i vostri dati di bilancio?, i governanti greci abbiano risposto:

    Non si sono limitati a copiare; la contabilità creativa dell’Italia si concretizzò con la registrazione come entrata fiscale, e non come un prestito, di una finta tassa ben circoscritta che sarebbe stata restituita; i governanti greci, invece, hanno occultato un vasto campionario di debiti con molte altre, più subdole, tecnicalità, messe in atto con il contribuito di una delle banche d’affari più importanti al mondo (Goldman Sachs [¹⁰] ).

    Nell’ottobre del 2009 l’annuncio del nuovo governo greco che il rapporto deficit/PIL non era del 3,7% come comunicato dal precedente governo, ma era pari del 12,5%, comportò immediatamente una pesante reazione dei mercati finanziari e il forte deprezzamento dei titoli del debito pubblico greco.

    Nel 2009 il debito di questo paese era inferiore al 130% del PIL (come l’Italia nel 2016), il tasso di disoccupazione era al 9,6% (meno dell’Italia nel 2016), e il rapporto deficit/PIL era al 12,5% (più di quattro volte quello dell’Italia nel 2016).

    Allora si riteneva che un debito maggiore del 90% del PIL non fosse sostenibile [¹¹] . In realtà, ciò che più contribuiva a renderlo insostenibile erano i debiti gemelli, ovvero la combinazione dei dati annuali del deficit di bilancio (interno) e di quello della bilancia dei pagamenti (estero) [¹²] ; in particolare, il deficit di bilancio al 12,5% rappresenta un’incidenza anomala alla quale le agenzie di rating hanno reagito con una classificazione assai negativa [¹³] .

    La crisi, accentuata dalla speculazione finanziaria e dalla vicenda mondiale dei subprime , rese ben presto chiaro che la Grecia si trovava nell’impossibilità di emettere nuovi titoli di debito a un tasso accettabile. Di fronte a questa situazione, c’era d’aspettarsi l’avvio della procedura di fallimento della Grecia, che sarebbe stata una presa atto, e non un gesto ostile. Ciò avrebbe comportato la fuoriuscita sofferta dall’euro e il ripristino della valuta nazionale; in tal modo la Grecia avrebbe ripreso il controllo e la responsabilità della propria politica economica, le importazioni sarebbero diminuite, e l’oculato ricorso all’inflazione e alla svalutazione verso l’estero avrebbero aiutato a riequilibrare i conti pubblici e a supportare le esportazioni. Una soluzione del genere, tuttavia, avrebbe causato consistenti perdite alle banche (soprattutto tedesche e francesi) che avevano sottoscritto titoli del debito pubblico greco o derivati sul rischio Grecia, con inevitabili ripercussioni anche sulle economie dei paesi più forti. Inoltre, l’uscita della Grecia avrebbe introdotto elementi d’incertezza sulla tenuta complessiva del sistema euro e la sua credibilità a livello internazionale.

    Quelli del 98%

    Alla Grecia è stato impedito di fallire; non in segno di rispetto, ma al solo scopo di salvare l’euro, come affermò in numerose occasioni la Presidente del FMI Christine Lagarde.

    Si sarebbe potuto affrontare la situazione in quattro modi diversi: quello russo/argentino, quello scandinavo, quello del Nevada, e quello tedesco.

    La soluzione russo/argentina, avrebbe comportato il fallimento della Grecia, con le implicazioni appena descritte e un periodo di difficoltà per il popolo greco, derivanti dalle esigenze di ristrutturazione della propria economia e dalle difficoltà a ottenere credito per le importazioni; il sistema economico greco avrebbe dovuto risolvere i problemi finanziari, di produzione, e di approvvigionamento, in forma quasi autarchica.

    La soluzione scandinava fa riferimento alle difficoltà che dovettero affrontare, nel 1992, due Stati nazionali (la Svezia e la Finlandia) le cui banche, alimentate da capitali stranieri, concessero crediti senza alcuna cautela fino a quando, con il Sistema Monetario Europeo in difficoltà, il fallimento dei debitori le rese insolvibili; a quel punto i governi nazionalizzarono le banche, e le risanarono per poi rivenderle ai privati. Seguì una recessione pesante, che si risolse in pochi anni e, tutto sommato, di quell’intervento rimane un ricordo positivo. (A questa fattispecie si possono ricondurre i salvataggi di banche e industrie operate negli USA dal Presidente Obama a seguito della crisi dei subprime. )

    Nel Nevada, quando nel 2008 ci fu il crollo di Wall S treet , lo stato federale (gli USA) intervenne per salvare le banche e alimentare un fondo per gli assegni di disoccupazione. L’intervento applicava gli automatismi stabiliti da Roosevelt subito dopo la crisi del 1929 a salvaguardia dell’area monetaria del dollaro. La soluzione Nevada, resa impraticabile dalle disposizioni del Trattato dell’Unione Europea (TFUE), avrebbe comportato, quindi, un intervento massiccio delle istituzioni dell’Eurozona per ripianare il debito (circa 100 miliardi di euro, a fondo perduto).

    La soluzione prescelta è stata quella tedesca, che ha comportato: (a) l’erogazione alla Grecia, da parte delle istituzioni europee e, per vincolo posto dalla Germania, anche dal FMI, di prestiti onerosi, i quali sono serviti soprattutto per rimborsare i debiti verso le banche estere [¹⁴] , e (b) l’intervento della cosiddetta trojka [15] , i cui memorandum hanno imposto al governo greco le politiche fiscali, patrimoniali, di disciplina del lavoro, e di ridefinizione dello Stato sociale e dell’ordina-mento complessivo, ritenute idonee a generare le risorse necessarie per il

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