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Anteprima del libro
Corcontento - Renzo Pezzani
Corcontento
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1931, 2022 SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788728327661
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.
www.sagaegmont.com
Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.
IL FANCIULLO E LA MONTAGNA
LA CASA SULLA MONTAGNA
Quel tratto d’Alpe che si specchia nelle assidue acque dell’Adige e, non ancora scosceso di picchi e di voragini ma dolce di pascoli e boscaglie, va da Caprino ad Ala, usciva dalle brume d’un mattino di tarda estate, tutto musiche e colori. Le montagne parevano qua e là ferite al costato da acque cascanti e iridate come lunghe code di pavoni bianchi, fruscianti nel divino silenzio della vallata incantata di verde, irta di pini sui dossi degradanti e solenni come altari, scorticati qua e là da frane di terra rossigna e dall’opera del legnaiuolo.
Oltre la prima cerchia di montagne pezzate di pascoli e di colture, balzava, lontana, una barriera di giogaie azzurre che il mattino colle sue trasparenze scandiva lietamente nel cielo e qua e là appannava di vapori. Oltre ancora, il bianco miracolo delle cime perennemente nevose, balenanti di riflessi come spade, grondanti di nevai fondenti al sole, infioccate di nuvole che il giorno distaccava come angeli e il vento sospingeva a camminare nel cielo.
In quell’ora mattutina già da tempo la vita ferveva per le baite disseminate e nei villaggi di cui il paesaggio circostante era cosparso.
Il suono dell’Ave aveva intenerito il giorno e benedetta la fatica degli uomini: le vacche erano state munte, le donne cantavano nelle case dietro i telai, davanti alla bocca dei forni, lungo i fossi di acque ruinose, sull’orlo dondolante delle culle.
Chi dalle chiare acque del fiume avesse seguito quel sentiero che ancor oggi, mutato in comoda strada, lento e distratto supera il colle verdeggiante come un ciuffo di lattuga, si perde in una valle angusta e senza voce d’acque, per riapparire sulla schiena curvata di quel gigante che è il monte di Treva, a cento metri dalla cima poteva riposare lo sguardo e il cuore su una casa solitaria, bianca di calcina, incastrata tra una piega ubertosa della montagna e un masso arido e sporgente di color ferrigno.
Intorno a quella casa la terra era brevemente pezzata di culture, ombrata di poche piante sempre agitate da un vento di cattivo umore.
Vicino alla casa, scavato nell’argilla, un riparo per il piccolo gregge e per gli strumenti da lavoro; una pozza d’acqua verdastra per gli anatrottoli dell’annata. Grugniva la scrofa nello stabbio, e nella piccola stalla la vacca leccava il suo vitello, mentre la gallina cantava con lieta voce la grazia dell’ovo posato sulla paglia.
AUTUNNO SUL VECCHIO CONFINE
Da quel nido di pace usciva un ragazzetto decenne scalzo e mal coperto, spettinato e contento. Portava in una mano un pane bigio che a tratti mordeva, nell’altra un bastone più alto di lui. S’accostò al cancello della piccola grotta, e diè la voce ad un branco di pecore lanose che uscirono saltellando e s’avviarono a un sentiero ripido che distaccandosi da dietro la casa, si smarriva subito nell’intrico dei ginepri.
Una donna d’aspetto gagliardo usciva poco dopo sulla soglia e, facendo della mano ala alla voce, gridava:
— O Corcontentooo, non perderti fino a seraaa… C’è da mondare la stalla e da cogliere il radicchiooo!…
E Corcontento da lungi:
— Arrivo al Passo della disgrazia e tornooo!
E spinse avanti la pecora più vicina con un gesto di piccolo fratello.
Nel crepuscolo di quei giorni dorati come santi si sentiva morir l’estate e l’autunno urgere sulle cime con improvvise parate di nuvole, e piogge malinconiche che lasciavano dietro di sè la terra gialla e disadorna. La vallata odorava di uve mature. La negrara e la marzanina erano quell’anno ricche di zuccheri e di colore, e i primi mosti avevano rallegrata la speranza dei vignaioli.
Quel giorno che noi vedemmo il ragazzo chiamato Corcontento uscire dalla sua casa e guidare le pecore sulla montagna, la poesia della vendemmia echeggiava già nella valle.
Era l’anno 1914.
L’Italia era ancora costretta nei vecchi confini che, dallo Stelvio al Tonale all’Adamello, ci contendevano la letizia del Garda e la chiara acqua dell’Adige fino oltre Ala, e Levico e Cortina…
Pareva che quelle terre latine non dovessero più essere restituite all’Italia. Ma una vita di passione covava come brace sotto la cenere del viver quotidiano, e nelle case si custodivano il tricolore e le memorie; ogni uomo aveva il cuore armato e ogni donna diventando madre nutriva la propria creatura di latte e di parole italiane.
S’era già per l’Europa scatenata la tempesta di ferro e di fuoco, e l’Austria mandava i suoi eserciti verso le terre dell’oriente balcanico e ai confini della Russia. L’incendio prendeva ormai quasi tutti i popoli d’Europa. Il sangue bagnava il grano non mietuto, oltre confini violati.
L’Italia pareva attendere la sua ora, ma il cuore del suo popolo batteva ormai sulle Alpi e la speranza veleggiava sulle marine e sui fiumi contesi,