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Marzamemi
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E-book228 pagine3 ore

Marzamemi

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Info su questo ebook

Un romanzo giallo che affronta un delicato caso di malasanità realmente accaduto. In situazioni professionali e sentimentali che si intrecciano e morti inspiegabili, arriva sulla "scena del crimine" la giornalista Anna Corbia, causa un urgente ed inaspettato intervento. Il consolidato “team investigativo“ composto da Anna, Marc e John riuscirà a portare ordine nell'intricata vicenda, pur con qualche rottura sentimentale.
LinguaItaliano
Data di uscita7 giu 2024
ISBN9791223049440
Marzamemi

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    Anteprima del libro

    Marzamemi - Monica Rossi

    "Nella mia prospettiva, anima e spirito,

    con tutta la loro dignità e misura umana,

    sono ora stati, complessi e unici,

    di un organismo.

    Forse la cosa davvero indispensabile

    che noi come esseri umani possiamo fare

    è ricordare a noi stessi e agli altri, ogni giorno,

    la nostra complessità, fragilità, finitezza e unicità.

    E qui sta il difficile;

    non nel muovere lo spirito dal suo piedistallo sul nulla

    a un qualche sito, preservandone dignità e importanza,

    ma nel riconoscere la vulnerabilità, le umili origini,

    e tuttavia continuare a fare appello alla sua guida.

    Compito difficile davvero, ma indispensabile,

    rinunciando al quale sarebbe assai meglio lasciare

    non corretto l'errore di Cartesio".

    (cit. tratta da L'errore di Cartesio di Antonio R. Damasio)

    PROLOGO

    La notizia della scomparsa era immediatamente uscita sui giornali online, poi su quelli cartacei locali, fino a trovare spazio sulle prime pagine di quelli nazionali. Radio e televisioni avevano diffuso la notizia e la foto, per non parlare dei social che continuavano da giorni a far rimbalzare la notizia. Lo avevano cercato ovunque, cominciando da parchi, strade, parcheggi, ambulatori di Primo Soccorso e ospedali della zona, diramando la sua foto dalle stazioni di Polizia e Carabinieri in tutta la zona, fino a tappezzare strade e piazze con il suo volto.

    Aggiornamenti e avvistamenti si rincorrevano ogni giorno senza risultati concreti, erano scesi in campo addirittura veggenti e sensitivi, dal momento che la Polizia brancolava nel buio, nonostante il professor Augusto Serri, direttore del reparto di Ortopedia dell'Ospedale di Bologna fosse un professionista molto stimato e conosciuto in città. Le ricerche si erano estese anche a Milano, dove era nato, coinvolgendo parenti e amici, colleghi e cittadini, tutti coloro che lo avevano conosciuto e che continuavano a frequentarlo o ad avere rapporti con lui.

    Ma nulla, il professore era scomparso. Una settimana prima era accaduto più o meno la stessa cosa: per alcuni giorni nessuno sapeva dove fosse andato. Quella volta la famiglia aveva scelto di non avvisare le forze di Polizia e di aspettare il ritorno che era avvenuto dopo pochi giorni. Era ricomparso così, come dal giorno si arriva alla notte e tutto era stato coperto dal più assoluto riserbo.

    Erano in molti però a pensare che, questa volta, non sarebbe ricomparso perché, dopo poche ore dalla denuncia, Polizia e Carabinieri avevano ritrovato la sua auto nel parcheggio dell'aeroporto Guglielmo Marconi, grazie all’individuazione della cella del suo cellulare che avevano agganciato e ritrovato in bella vista sul sedile a fianco del guidatore. Era partito lasciando il suo telefono in macchina per far perdere le sue tracce ed essere sicuro di non essere più ritrovato? Molte persone sarebbero state pronte a scommetterci anche se, dove mai poteva essere andato quel professore così serio e ligio che viveva solo per la carriera di medico e per la famiglia? Da un controllo delle liste dei passeggeri in partenza in quei giorni dall'aeroporto risultava che nessun Augusto Serri si era imbarcato. Punto a capo e si ritornava ad indagare sul professore originario di Milano, che vantava un curriculum di prim’ordine e che aveva vinto il concorso per entrambi i reparti ortopedici di Bologna e Bentivoglio. Di lui si erano perse le tracce due settimane prima del ritrovamento, dopo che aveva trascorso la mattinata nel reparto di Ortopedia dell’Ospedale di Bentivoglio. Una riunione inaspettata con i colleghi, il giro tra le stanze dei degenti, impegni e interventi che aveva insistito per metterli in calendario per il giorno dopo. Alle 12 aveva salutato tutti e di lui si erano perse le sue tracce. In un primo momento non ci avevano fatto caso, visto che, proprio quel giorno, aveva telefonato alla caposala per informarla che non sarebbe ritornato in ospedale a Bologna e che si sarebbe preso un pomeriggio di vacanza. Una decisione alquanto insolita visto che erano rari i giorni di vacanza che il professore si permetteva di fare. I colleghi medici si ricordavano di averlo visto poche volte nel reparto di Bentivoglio e, la mattina che aveva preceduto la sua scomparsa, la ricordano come un evento eccezionale che veniva citato in ogni testimonianza che gli investigatori stavano cominciando a raccogliere. Un professore tutto di un pezzo, schivo nelle relazioni, di poche parole e sorrisi di circostanza, che trascorreva molto tempo in ospedale e che era solito non tralasciare ogni minima cosa. Voleva avere il controllo su tutto quello che succedeva in reparto e il clima che si respirava, detto da medici che infermieri, non era del più disteso.

    Da quanto tempo si trovava in quella posizione?

    Ad una prima occhiata si sarebbe detto da molto tempo. Ora non chiedeva più rispetto ma soltanto pietà per non lasciare che lo sguardo sostasse a lungo davanti al brutale spettacolo che veniva mostrato su quel corpo martoriato. Il professor Augusto Serri giaceva in una camera di un lussuoso albergo in provincia di Bologna, completamente nudo, legato con una corda che univa mani e piedi e gola, in una posizione ad arco e lì lasciato morire. Una fine orribile che solo la scientifica avrebbe avuto il compito di analizzare. Chissà se era già morto prima di venire legato in quel modo o se la morte era sopravvenuta a seguito dello strozzamento provocato dalla corda stretta intorno al collo e ai piedi.

    Il proprietario dell’albergo lo ricordava come un cliente taciturno, che aveva incontrato solo quando si era presentato alla reception per chiedere il numero della stanza che aveva prenotato online. Subito dopo non lo avevano più visto né scendere né passare, ma non ci avevano fatto caso visto che aveva chiesto che non venisse riordinata la sua stanza ogni mattina. Aveva dato precise indicazioni di non disturbare e per il direttore, la privacy dei suoi ospiti veniva prima di tutte le altre cose. Il nome registrato era il suo, i documenti lo confermavano, ma al direttore della resort non era venuto in mente subito di associarlo a quella scomparsa di cui tanto si stava parlando. Lo aveva fatto dopo alcuni giorni, dopo che aveva letto dell'altro medico ucciso. Solo allora aveva collegato la foto sul giornale di quel medico che ancora risultava scomparso, con il signore distinto che era presente da alcuni giorni nella resort e, da lì, al nome. Aveva immediatamente chiamato i Carabinieri che erano entrati nella stanza che trasudava di un terribile e nauseabondo odore di dolciastro. Erano trascorse in tutto due settimana dall'arrivo di Augusto Serri nella Resort al ritrovamento del suo cadavere in una situazione impensabile e scioccante. Era seguito un fuggi fuggi dall’albergo da parte dei clienti, le urla degli inservienti accorsi e l’arrivo della Scientifica immediatamente sul luogo.

    La famiglia aveva chiesto che non venissero pubblicate le foto del corpo e, possibilmente, di non scendere nei particolari e così era uscita la notizia del ritrovamento del corpo senza vita del professore con pochi particolari soprattutto sul perché si trovava in quel luogo, con chi era (se era con qualcuno) e la causa della morte.

    Le indagini erano seguite dall'ispettore Antonio Raimondo, originario di Manduria, appena trasferito nel Comune di Bologna, dal Pubblico Ministero e, per la parte scientifica, dai RIS dei Carabinieri di Parma.

    Il tutto era, al momento, coperto dal più stretto riserbo.

    1 - lunedì 30 maggio, mattina -

    - Vado.

    - Quando torni?

    - Tardi.

    - Per cena?

    - Si, per cena penso di farcela.

    Giulia e Raffaele si parlavano poco ultimamente, se n’erano accorti. Forse a causa dei figli ancora piccoli, che non lasciavano molti spazi per stare insieme o forse a causa del lavoro che non poteva aspettare o fare sconti a nessuno, nemmeno alla famiglia.

    Lei era un’infermiera nel reparto di neonatologia dell’ospedale di Bentivoglio e lui un chirurgo ortopedico siciliano di origine, arrivato a Bologna subito dopo la laurea.

    Si erano conosciuti in ospedale, come spesso accade a molti medici e infermieri, sia uomini che donne. Lei capelli neri e lucenti, slanciata, un bel sorriso, simpatica, schietta e sincera, emiliana doc nata e cresciuta nella città di Bologna, un bel Marcantonio lui, come si direbbe in questi casi, uomo solare di grande simpatia, come spesso accade ai siciliani. I suoi occhi erano azzurri come il mare della Sicilia che si portava dentro, insieme alle belle spiagge bianche di Marzamemi, dove era nato, con il profumo degli arancini di riso e di pesce, quel pesce spada appena pescato del quale sentiva la mancanza. Si erano da subito molto amati e poi sposati.

    Ma non volevano essere la classica storia d’amore tra un medico e un’infermiera, che pullula in ogni angolo degli ospedali no, loro volevano essere altro e per tanto tempo avevano creduto di poterlo essere.

    - Ho capito bene che non torni fino a questa sera? Ma non fai il turno di mattina questa settimana o sbaglio?

    - Si ma oggi ho degli interventi che mi porteranno a lavorare fino al pomeriggio inoltrato e non so bene quando riuscirò a finire. Qualcosa non va con i miei orari?

    Giulia non si fidava più.

    - Va tutto bene, non è così?

    - Per quanto mi riguarda direi di si.

    - Allora ci vediamo stasera Raffaele, le bambine li passo a prendere io da mia madre.

    Anche Giulia era uscita per portare i bambini a scuola e andare al lavoro. Non era stato un gran dialogo, ma non poteva fare altro che aspettare e sperare che le voci che aveva sentito non fossero vere.

    - Me ne hanno raccontata una ma devi promettermi di non dirlo a nessuno.

    - Sono una tomba, lo sai.

    - Hai presente il dottor Parisi?

    - Quel bell’uomo che ha la moglie che lavora nel reparto di Neonatologia?

    - Proprio lui.

    - Beh?

    - Si dice che abbia una storia con una specializzanda.

    - Ma lui ha quasi cinquant'anni!

    - Si e la specializzanda forse non arriva ai trenta per quello che ne so.

    - Hai visto l’ortopedico cosa combina?

    - Lui non è niente male davvero, lei non so, non l’ho ancora vista, dicono che sia molto carina, ma è giovane!

    - Peccato però perché sua moglie è molto bella e non avrebbe motivo di tradirla, poi non so, è difficile giudicare le persone solo dall’aspetto esteriore, avranno i loro problemi.

    - Hai ragione, saranno affari loro.

    Un breve pettegolezzo tra due colleghe le aveva mandato in frantumi le certezze della sua vita.

    - Forse sono solo chiacchiere perchè su medici ed infermiere se ne fanno tante e ogni piccola amicizia è buona per ricavarci sopra una storia di amore e sesso.

    Da quel giorno però non era riuscita ad essere più la stessa nei confronti di suo marito.

    - Lo fa perché è venuto a sapere di me e Andrea?

    Giulia da alcuni mesi aveva una relazione con un agente immobiliare che aveva lo studio vicino a casa loro. Molto più giovane di lei di quasi dieci anni, single, Andrea era entrato nella sua vita rubando quegli spazi lasciati da Raffaele, colmando quei vuoti che Giulia non sopportava più. Subito si era sentita in colpa ma poi si era detta che forse doveva andare così, la nostra storia è finita e io non provo più nulla per lui, altrimenti non avrei guardato Andrea, La verità era che non avrebbe voluto né tradire e nemmeno essere tradita ma ora si sentiva amata e cercata, spensierata, con la testa felice e leggera.

    - Impossibile che lo sia venuto a sapere! Geloso e focoso com’è non sarebbe riuscito a tenermelo nascosto e me lo avrebbe detto subito, senza aspettare. Lo conosco bene. No, lui non lo sa, ma io di lui ora si, o almeno credo che sia così.

    Era riuscita a parlarne con la sua caposala, con la quale era diventata molto amica, che non aveva ovviamente preso le parti di Raffaele e aveva reagito con molta rabbia nei suoi confronti, modificando le relazioni lavorative che aveva con lui, diventando più distaccata e fredda.

    Lui però sembrava non essersi accorto di nulla e, nei suoi confronti, continuava ad essere il solito medico, serio sul lavoro, che sapeva scherzare e stemperare situazioni difficili. Quando la incontrava la salutava con il solito sorriso, perché era amica e collega di sua moglie.

    2 - lunedì 30 maggi, ore 12,00 -

    - Non vedo l’ora di ritornare a Marzamemi! L’altro giorno mi sono fermato a parlare con una paziente che vorrebbe andarci in vacanza, le ho dato qualche consiglio sui luoghi da visitare e dove alloggiare e, in un attimo, mi sono rivisto nella mia Sicilia, con il sole, il mare e quei profumi che non ho mai dimenticato.

    Aveva detto ad un collega mentre insieme facevano il giro dei pazienti nelle camere.

    - Puoi andarci quando vuoi, hai ancora la tua casetta sul mare vero?

    - Purtroppo l'abbiamo venduta visto che non ci sono più i miei genitori e io e mio fratello non torniamo spesso in Sicilia. Ma era la casa a Catania, quella a Marzamemi, dove siamo nati e cresciuti, l'avevano venduta anni prima per trasferirci a Catania, dove abbiamo studiato. Sei mai stato a Catania?

    - No

    - È una bella città ma molto caotica, piena di macchine e di persone, con tantissimi palazzi, davvero invivibile. Non tornerei più ad abitare a Catania perché quello che in Sicilia cerco è altro: una casetta sul mare, che si affaccia su una spiaggia senza stabilimenti balneari, tipo riserva naturale. Un po 'come la casetta dove sono nato a Marzamemi.

    - Quindi sei nato nella famosa Marzamemi.

    - Si, ma quando sono nato Marzamemi non era ancora così famosa, per la verità non se la filava nessuno. Mio padre faceva il pescatore e io ero sempre vicino al mare con lui. Anni indimenticabili.

    - Allora torna a Marzamemi e compra una casetta vicino al mare, ora te la puoi permettere.

    - Prima o poi lo farò, magari fra qualche anno, quando andrò in pensione e allora tornerò ad abitare nella mia Sicilia e mangerò arancini in riva al mare.

    Raffaele avrebbe voluto lasciare tutto e tuffarsi nel suo bel mare ma sapeva bene che non era così facile partire perché c’era la sua carriera professionale, il lavoro di sua moglie e le sue figlie che voleva crescessero in una città come Bentivoglio, a misura d’uomo, con Bologna a pochi passi. Da qualche tempo poi era arrivata in reparto una specializzanda per il tirocinio, come era accaduto a lui molti anni prima. Lui era il suo tutor ed era molto interessato a lei. Si chiamava Angelica Onofrio, un nome un programma, giovane, bella, slanciata, capelli lunghi biondi che le arrivavano a metà schiena ma che, in reparto, portava raccolti, lasciando intravvedere un viso dolce e bello. Era originaria di Salerno, una ragazza partenopea che aveva i tratti campani sul viso e nel corpo sinuoso.

    - Peccato che sia così giovane e poi sono sposato, ho due stupende bambine e una moglie adorabile. Non posso.

    Ma le sue fantasie erano già andate molto avanti e spesso tendeva a fermarsi sempre di più in ospedale per parlare con lei, spiegarle in modo più approfondito gli interventi, aiutarla a preparare gli esami.

    La dolce Angelica aveva ben capito cosa stava per accadere e godeva della situazione che non le dispiaceva affatto, perché lui era un medico conosciuto, bravo, con alle spalle molta esperienza e, particolare non trascurabile, anche di bell’aspetto. Ancora non era accaduto nulla, ma immaginava che presto sarebbe successo e aspettava quel momento con molta passione.

    Lei non era sposata, nemmeno fidanzata, non rischiava nulla e diventare l’amante di un medico così bravo e carino le avrebbe sicuramente portato molte soddisfazioni nel suo lavoro, di questo ne era sicura, per tacer del piano sentimentale.

    - Magari diventerà primario e io potrei diventare la sua assistente e la sua amante, poi chissà.

    Fantasticava Angelica nella sua dolce ingenuità, complice i suoi anni universitari non ancora terminati, la sua giovane età, una gran voglia di emergere e una grande ammirazione per Raffaele che le appariva come un meraviglioso super eroe.

    Non vedeva altro al momento.

    Raffaele stesso era arrivato a Bologna da specializzando. Dopo la laurea conseguita a Catania, era stato accettato alla specialistica di chirurgia ortopedica all’Ospedale Rizzoli che aveva un distaccamento nella vicina cittadina di Bentivoglio. Il dottor Marco Ferretti era responsabile di quel reparto e si stava facendo conoscere per le sue ottime competenze e la sua bravura, erano molti i giocatori di calcio che sceglievano di farsi seguire e operare da lui. Due città vicine, due reparti sotto la guida di un solo primario ma con un responsabile nel secondo. Raffaele, che era stato un discreto giocatore di calcio in molte squadre siciliane, avrebbe voluto andare a lavorare nel reparto di Bentivoglio ma, in un primo momento, era evoluto rimanere al Rizzoli.

    Giovane, senza voce in capitolo,

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