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Divorzio romano: differenze tra le versioni

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Anche in età [[repubblicaetà repubblicana]]na, quando [[Roma antica|Roma]] costruiva la sua immagine di uno Stato basato sufondato isui capisaldi delladei [[Mos maiorum|valori della tradizione]] e della ''[[famigliafamilia]]'', il ''[[matrimonio romano|matrimoniomatrimonium]]'', in realtà, non era indissolubile., ma soggetto all'[[diritto romano|istituto giuridico]] del '''divorzio'''<ref>'''Avvertenza'''</br />
Il motivo per cui la presente voce, tratta dal testo di J.{{cita libro | nome = Jérôme| cognome = Carcopino, ''| wkautore = Jérôme Carcopino | titolo = La vita quotidiana a Roma all'apogeo dell'Impero'' (| città = Bari | anno = 1971)}}, si riferisce in particolare all'istituzione del divorzio nella Roma del I e II secolo , risiede in quanto scritto dall'autore nella prefazione all'opera: «Questa è la generazione [quella di [[Traiano]] e [[Adriano]]] di cui i documenti concorrono ad offrirci il ritratto più preciso [...] L'immenso materiale [[archeologia romana|archeologico]] ci viene dal [[Foro di Traiano]], dalle [[Scavi di Pompei|rovine di Pompei]] edi [[Scavi di Ercolano|Ercolano]] (79 d.C.) e di [[Ostia antica|Ostia]], che risalgono ai tempi dell'attuazione dei piani urbanistici dell'imperatore [[Adriano]]. A tutto ciò si aggiungono a nostra maggiore informazione le testimonianze vivide e pittoresche, precise [...] offerte in abbondanza dal romanzo di [[Petronio]], dalle ''Selve[[Silvae]]'' di [[Publio Papinio Stazio|Stazio]], degli ''[[Epigrammi (Marziale)|Epigrammi]]'' di [[Marco Valerio Marziale]], delle ''Lettere'' di [[Plinio il Giovane]], delle ''[[Satire (Giovenale)|Satire]]'' di [[Giovenale]]. (J.Carcopino, ''op. cit.pag'', p. 4)»</ref>
 
==Il divorzio dal matrimonio ''cum manu'' e ''sine manu''==
Nella forma del [[matrimonio romano (diritto)|matrimonio cum manu]] era impossibile per una donna rifiutareripudiare il marito, mentre, al contrario, l'uomo esercitava tale autorità sulla donna, chesicché questa poteva essere molto semplicemente ripudiata.
 
Fino al [[III secolo a.C.]] l'unica condizione era che sussistesse un qualche errore commesso dalla donna e che questa venisse giudicata da un consiglio di famiglia composto dai parenti del marito. Nelle [[XII Tavole]] ([[451 a.C.|451]]-[[450 a.C.]]) vi è una traccia di questa procedura là dove si dice che il marito poteva richiedere alla donna le chiavi di casa: ''claves ademit, exegit'' privandola della sua qualità di signora della casa.<ref> Sulle XII Tavole cfr.[[Marco CICERONETullio Cicerone]], ''PhilPhilippicae.'', II, 28, 69</ref>
 
Nel [[307 a.C.]] i [[censore|censori]] destituiscono un [[senatore]] dalla sua carica perché aveva scacciato la moglie senza il preventivo giudizio dei parenti.<ref>VAL.[[Valerio MAX.Massimo]], ''Factorum ac dictorum memorabilium libri IX'', II, 9, 2</ref> e dopo un secolo nel [[235 a.C.]] il senatore Spurio Cervilio Ruga viene biasimato dai senatori perché aveva scacciato la moglie solo perché non gli aveva dato figli.<ref>VALERIOValerio MASSIMOMassimo, ''op.cit.'', II, 2, 4 e AULO[[Aulo Gellio]], ''Noctes GELLIOAtticae'', X, 15</ref>
 
Col passare del tempo questi rimproveri per una condotta così superficiale nell'avanzare il ripudio della propria moglie non compaiono più ed anzi i [[divorzio|divorzi]] vengono messi in pratica per i più futili motivi come l'essere andata in strada senza un velo che ne coprisse il volto, essersi fermata a conversare con una donna di malaffare oppure avere assistito senza autorizzazione ai giochi pubblici.<ref>VALERIOValerio MASSIMOMassimo, ''op.cit.'', VI, 3, 10-12</ref>
 
Bastava quindi un qualsiasi pretesto per poter sciogliere un matrimonio da parte del marito; con l'introduzione del [[matrimonio romano (diritto)|matrimonio sine manu]] la donna, se ancora sotto la tutela dei parenti, poteva ancora essere ricondotta a loro dall'ex marito ma se questa invece fosse stata orfana e quindi ''sui iuris'', poteva anche lei con una sola parola liberarsi dal coniuge.
 
Ancora in epoca republicanarepubblicana tuttavia l'opinione pubblica mal giudicava la donna che si fosse separata dal marito come si evidenzia dalle iscrizioni funerarie dove si cita come lodevole caratteristica della defunta quella di essere stata in vita ''univira'', sposata ad un solo uomo.
 
==Casi illustri di divorzi==
Ai tempi di [[Cicerone]] ormai sia l'uomo che la donna possonopotevano molto liberamente divorziare. Il vecchio [[Lucio Cornelio Silla|Silla]] si sposava per la quinta volta con Valeria, sorellastra del retore [[Quinto Ortensio Ortalo|Ortensio]]. Complesse le vicende matrimoniali di [[Pompeo]]: aveva divorziato perché ostacolato nella sua carriera politica, dalla prima moglie Antistia, erede di una grande proprietà paterna, poi rimasto vedovo della seconda moglie Emilia, aveva sposato Giulia, e alla morte di questa per la quarta volta si sposava con Mucia, da cui però divorzieràdivorziò accusandola di condotta riprovevole durante la sua partecipazione alla guerra d'oltremare. Famoso il caso di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] che, vedovo di Cornelia, aveva poi ripudiato Pompea semplicemente perché su lei circolavano pettegolezzi. [[Catone Uticense]], il fustigatore dei costumi, si era in un primo tempo divorziato da Marcia ma quando questa al già suo ricco [[patrimonio]] aveva aggiunto l'eredità del defunto marito Ortensio, tranquillamente la riprese come moglie. Così [[Cicerone]], ormai cinquantasettenne, trovatosi in difficoltà finanziarie non esitò a liberarsi della moglie Terenzia, dopo trent'anni di matrimonio, per sposare la giovane e ricca Publilia.<ref>La moglie ripudiata del resto non se la prese più di tanto: si risposò ancora prima con [[Sallustio]], poi con Messala Corvino e morì più che centenaria (cfr.In WeinstockCarla P.W.Fayer, Va.''La c.familia 714-716romana: aspetti giuridici ed antiquari'', Volume 22, L'erma di Bretschneider, 2005 p.102) </ref>
 
==La ''lex de ordinibus maritandis''==
Una grande diffusione di divorzi si ebbe in Roma con l'emanazione da parte di Augusto della ''lex de ordinibus maritandis'' diretta soprattutto a frenare la diminuzione delle nascite nella classe [[patriziPatrizio (storia romana)|aristocratica]], senza preoccuparsi dei divorzi che anzi potevano essere visti come occasione di unioni più assortite e prolifiche, e a proibire la rottura del fidanzamento, strumento usato dai più per sfuggire alle nozze.<ref>Sulle leggi di Augusto cfr.PAOLO[[Giulio Paolo]] in ''Dig[[Digesto]]''. XXIV, 29 e GAIO[[Gaio]], ''Istitutiones'' II, 62.63 </ref> Se Augusto non dette un freno ai divorzi si preoccupò però di dare delle regole. Bastava ancora la volontà di uno dei due coniugi per divorziare ma l'imperatore stabilì che questo dovesse avvenire alla presenza di sette testimoni e che un [[liberto]] la notificasse per iscritto alla parte interessata.
 
Successivamente lo stesso Augusto volle che la donna ripudiata potesse, nel caso che nel contratto di matrimonio questo fosse stato trascurato, richiedere indietro la sua [[Dote (società)|dote]] intentando un'azione civile (''actio rei uxoriae''), salva la facoltà del giudice di trattenere a favore dell'ex marito quella parte della dote che servisse al mantenimento dei figli rimasti con lui (''propter liberos'') e quella per i danni che la donna avesse causato per sperperi (''propter impensas''), per ruberie (''propter amotas'') o per condotta immorale (''propter mores'').
 
La tutela della dote della donna era stata considerata da Augusto sempre alla luce della sua politica di aumento della natalità: una donna divorziata ancora in possesso della sua dote poteva più agevolmente risposarsi. Però si ebbe anche un effetto che non era stato considerato: nel senso che spesso i mariti avidi per non perdere la dote non divorziavano ma l'istituto della famiglia che si manteneva solo per interesse andava irrimediabilmente in crisi.
 
Un'altra conseguenza, anche questa deleteria dello spirito coniugale, come notava [[Orazio]], era che la soggezione, non solo economica del marito, alla donna con una ricca dote ("...dotata regit virum coniunx") <ref>[[Orazio]], ''Odi'', III, 24, 19</ref> lo costringeva sì a rimanere formalmente unito ma solo sino a quando non divorziasse avendo trovato una donna ancora più ricca.
 
==Denaro e divorzi==
I matrimoni quindi resi ingannevolmente duraturi solo per il [[denaro]] o falliti malgrado il denaro divengonodivennero sempre più instabili nei secoli dell'impero.
 
La matrona romana, come sposata ''sine manu'', ormai anche in caso di divorzio haaveva a disposizione la sua dote integra, o quasi, che il marito non potràpoteva più amministrare né ipotecare.<ref>PAOLOGiulio Paolo, ''Sent[[Pauli sententiae|Pauli Sententiae]]'', II, 21b, 2</ref> Spesso, al tempo di [[Domiziano]], èera lei ad amministrare le sue proprietà assistita dai consigli di un intendente premuroso come quel giovane dalla chioma riccioluta che è sempre al fianco della moglie di Mariano che è rimasto soffocato dalla dote della moglie al punto che nessuna azione di contenuto economico può più fare senza il suo consenso<ref>MARZIALEMarziale, ''Epigrammi'', V, 61</ref>.
 
Diventava quindi sempre più frequente nell'età imperiale che il liberto incaricato di notificare la rottura del matrimonio pronunciasse le parole che ci ha tramandato Gaio: ''tua res tibi agito'' («portati via quello che ti appartiene») e ''tuas res tibi habeto'' («tienti la roba tua»)<ref>GAIOGaio in ''Dig'', XXIV, 2, 2, 1</ref>
 
Non erano solo gli uomini a prendere l'iniziativa di divorziare: non di rado erano donne piuttosto intraprendenti, come quella che (ricorda [[Giovenale]]) si era sposata otto volte in cinque autunni <ref>GIOVENALEGiovenale, ''Satire'', VI, 225-228</ref> o come quella Telesilla (di cui racconta [[Marziale]]) che, dopo un mese che [[Domiziano]] aveva restaurato le leggi giulie, si era sposata per la decima volta<ref>MARZIALEMarziale, ''Epigrammi'', VI, 7</ref>.
 
Gli imperatori come [[Traiano]], [[Publio Elio Traiano Adriano|Adriano]], lo stesso [[Antonino]] cercavamo di dare l'esempio di una condotta monogamica ma il popolo non li seguiva preferendo imitare i Cesari precedenti che tutti, persino il pio [[Augusto]], avevano divorziato più volte.
 
Ormai nella Roma degli Antoniniimperiale, osserva sconsolato [[Seneca]], «Nessuna donna arrossiva nel rompere il suo matrimonio, poiché le donne più nobili si erano abituate a contare i loro anni non con il nome dei consoli ma con quello dei loro mariti. Divorziano per maritarsi, si maritano per divorziare» <ref>SENECA[[Lucio Anneo Seneca]], ''De benefbeneficiis.'', III, 16, 2</ref>
 
Osserva alla fine il disgustato Marziale:
{{Quote|Chi si sposa tante volte è come se non si fosse mai sposato, è una specie di adulterio legale||Quae nubit totiens, non nubit: adultera lege est <ref>MARZIALEMarziale, ''Epigrammi'', VI, 7, 5</ref>|lingua=la}}
 
==Note==
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==Bibliografia==
*S.[[Sergej L.'vovič Utčenko]], ''Cicerone e il suo tempo'', Editori Riuniti, Roma 1975
*J.[[Jérôme Carcopino]], ''La vita quotidiana a Roma all'apogeo dell'impero'', Bari 1941
*S.[[Santo Mazzarino]], ''Trattato di storia romana'', Roma 1956 (L'impero romano, ed. Laterza, Bari 1973)
*G.[[Gennaro Franciosi]], ''Famiglia e persone in Roma antica. Dall'età arcaica al principato'', ed. Giappichelli, Torino 1995;
 
== Voci correlate ==
*[[Familia]]
* [[Matrimonium]]
* [[Matrona (antica Roma)]]
 
== Collegamenti esterni ==
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{{Portale|Antica Roma|Diritto}}
 
[[Categoria:Diritto di famiglia romano]]
[[Categoria:Usi e costumi dell'antica Roma]]