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Autobomba

macchina imbottita internamente di materiale esplosivo

Un'autobomba identifica un autoveicolo (generalmente un'autovettura) al cui interno viene collocato un ordigno e/o altro materiale esplosivo (per es. il tritolo), la cui detonazione viene realizzata a distanza (di solito attraverso un radiocomando) o all'impatto.

I resti dell'autobomba di Andrew Kehoe, autore del massacro della Bath School

Può essere considerato un veicolo da combattimento di fabbricazione artigianale.

Originariamente utilizzata negli anni sessanta-settanta dal terrorismo mediorientale (in particolare in Libano e a Beirut), l'autobomba aveva inizialmente dei rudimentali meccanismi di detonazione, come quello che veniva collegato al sistema di accensione del motore della vettura. Questa tecnica è stata ripresa e perfezionata da svariate associazioni criminali sud-americane ed europee, in particolare da organizzazioni criminali, come ad esempio "Cosa nostra", con particolare rilievo nelle stragi che hanno provocato le morti di Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,[1] e nell'attentato contro Carlo Palermo nella strage di Pizzolungo. Sempre a Cosa nostra sono attribuite le autobombe utilizzate per la strage di via dei Georgofili e di via Palestro e al fallito attentato a Maurizio Costanzo.

Negli ultimi anni ha preso vigore, soprattutto in Iraq e a Baghdad, la tecnica terroristica dell'"autobomba-suicida", in cui il telecomando viene sostituito da un "autista-kamikaze", che conduce la vettura carica di esplosivo fino a provocarne la detonazione nei pressi dell'obiettivo prefissato.[2] Un esempio ne è il camion-cisterna guidato da due kamikaze, utilizzato contro la missione militare italiana nella strage di Nassiriya del 2003.

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