Supponiamo per assurdo che
e
{\displaystyle {\text{e}}}
sia un numero algebrico e cioè che esista un insieme finito di coefficienti razionali non nulli
c
0
,
c
1
,
…
,
c
n
{\displaystyle c_{0},c_{1},\ldots ,c_{n}}
che soddisfano l'equazione
c
0
+
c
1
e
+
c
2
e
2
+
⋯
+
c
n
e
n
=
0.
{\displaystyle c_{0}+c_{1}{\text{e}}+c_{2}{\text{e}}^{2}+\cdots +c_{n}{\text{e}}^{n}=0.}
A meno di moltiplicare per il denominatore comune dei coefficienti, non è restrittivo supporre che tali coefficienti siano interi. Si può inoltre supporre che
n
{\displaystyle n}
sia il minimo intero per cui esistano dei tali coefficienti.
Per ogni coppia di interi
k
{\displaystyle k}
e
l
{\displaystyle l}
, siano
G
{\displaystyle G}
e
H
{\displaystyle H}
le funzioni definite da
G
(
k
,
l
)
:=
∫
l
+
∞
x
k
[
(
x
−
1
)
(
x
−
2
)
⋯
(
x
−
n
)
]
k
+
1
e
−
x
d
x
,
{\displaystyle G(k,l):=\int _{l}^{+\infty }x^{k}[(x-1)(x-2)\cdots (x-n)]^{k+1}{\text{e}}^{-x}\,{\text{d}}x,}
H
(
k
,
l
)
:=
∫
0
l
x
k
[
(
x
−
1
)
(
x
−
2
)
⋯
(
x
−
n
)
]
k
+
1
e
−
x
d
x
.
{\displaystyle H(k,l):=\int _{0}^{l}x^{k}[(x-1)(x-2)\cdots (x-n)]^{k+1}{\text{e}}^{-x}\,{\text{d}}x.}
Per ogni
k
{\displaystyle k}
consideriamo l'equazione ottenuta moltiplicando per
G
(
k
,
0
)
{\displaystyle G(k,0)}
ambo i membri dell'equazione
c
0
+
c
1
e
+
c
2
e
2
+
⋯
+
c
n
e
n
=
0
{\displaystyle c_{0}+c_{1}{\text{e}}+c_{2}{\text{e}}^{2}+\cdots +c_{n}{\text{e}}^{n}=0}
in modo da ottenere
G
(
k
,
0
)
(
c
0
+
c
1
e
+
c
2
e
2
+
⋯
+
c
n
e
n
)
=
0.
{\displaystyle G(k,0)(c_{0}+c_{1}{\text{e}}+c_{2}{\text{e}}^{2}+\cdots +c_{n}{\text{e}}^{n})=0.}
Dalla definizione di
G
{\displaystyle G}
e
H
{\displaystyle H}
discende che
G
(
k
,
0
)
=
G
(
k
,
l
)
+
H
(
k
,
l
)
{\displaystyle G(k,0)=G(k,l)+H(k,l)}
per ogni coppia di interi
k
{\displaystyle k}
,
l
{\displaystyle l}
e dunque l'equazione precedente può anche essere scritta nella forma
P
1
(
k
)
+
P
2
(
k
)
=
0
{\displaystyle P_{1}(k)+P_{2}(k)=0}
dove
P
1
(
k
)
=
c
0
G
(
k
,
0
)
+
c
1
e
G
(
k
,
1
)
+
c
2
e
2
G
(
k
,
2
)
+
⋯
+
c
n
e
n
G
(
k
,
n
)
{\displaystyle P_{1}(k)=c_{0}G(k,0)+c_{1}{\text{e}}G(k,1)+c_{2}{\text{e}}^{2}G(k,2)+\cdots +c_{n}{\text{e}}^{n}G(k,n)}
P
2
(
k
)
=
c
1
e
H
(
k
,
1
)
+
c
2
e
2
H
(
k
,
2
)
+
⋯
+
c
n
e
n
H
(
k
,
n
)
.
{\displaystyle P_{2}(k)=c_{1}{\text{e}}H(k,1)+c_{2}{\text{e}}^{2}H(k,2)+\cdots +c_{n}{\text{e}}^{n}H(k,n).}
Per completare la dimostrazione basta dunque mostrare che per
k
{\displaystyle k}
sufficientemente grande
P
1
(
k
)
k
!
{\displaystyle {\frac {P_{1}(k)}{k!}}}
è un intero non-nullo mentre
P
2
(
k
)
k
!
{\displaystyle {\frac {P_{2}(k)}{k!}}}
non è intero, in quanto tali fatti sono in contraddizione con l'equazione
P
1
(
k
)
+
P
2
(
k
)
=
0.
{\displaystyle P_{1}(k)+P_{2}(k)=0.}
Il fatto che il primo numero sia un intero risulta dall'identità
∫
0
+
∞
x
j
e
−
x
d
x
=
j
!
{\displaystyle \int _{0}^{+\infty }x^{j}{\text{e}}^{-x}\,{\text{d}}x=j!}
che è valida per ogni intero positivo
j
{\displaystyle j}
e può essere dimostrata per induzione usando l'integrazione per parti .
Per mostrare che per
k
{\displaystyle k}
sufficientemente grande il secondo numero non è intero, è sufficiente provare che
∃
k
0
:
∀
k
>
k
0
{\displaystyle \exists k_{0}\;:\;\forall k>k_{0}}
si ha
0
<
|
P
2
(
k
)
k
!
|
<
1.
{\displaystyle 0<\left|{\frac {P_{2}(k)}{k!}}\right|<1.}
A questo scopo, notiamo dapprima che
x
k
[
(
x
−
1
)
(
x
−
2
)
⋯
(
x
−
n
)
]
k
+
1
e
−
x
{\displaystyle x^{k}[(x-1)(x-2)\cdots (x-n)]^{k+1}{\text{e}}^{-x}}
è il prodotto delle funzioni
[
x
(
x
−
1
)
(
x
−
2
)
⋯
(
x
−
n
)
]
k
{\displaystyle [x(x-1)(x-2)\cdots (x-n)]^{k}\quad }
e
(
x
−
1
)
(
x
−
2
)
⋯
(
x
−
n
)
e
−
x
.
{\displaystyle \quad (x-1)(x-2)\cdots (x-n){\text{e}}^{-x}.}
Osserviamo poi che, se denotiamo rispettivamente con
R
{\displaystyle R}
e
S
{\displaystyle S}
i massimi di
|
x
(
x
−
1
)
(
x
−
2
)
⋯
(
x
−
n
)
|
,
|
(
x
−
1
)
(
x
−
2
)
⋯
(
x
−
n
)
e
−
x
|
{\displaystyle |x(x-1)(x-2)\cdots (x-n)|,\quad |(x-1)(x-2)\cdots (x-n){\text{e}}^{-x}|}
sull'intervallo
[
0
,
n
]
{\displaystyle [0,n]}
, si ha
|
P
2
(
k
)
|
≤
|
c
1
|
e
S
R
k
+
|
c
2
|
2
e
2
S
R
k
+
⋯
+
|
c
n
|
n
e
n
S
R
k
≤
T
R
k
{\displaystyle |P_{2}(k)|\leq |c_{1}|{\text{e}}SR^{k}+|c_{2}|2{\text{e}}^{2}SR^{k}+\cdots +|c_{n}|n{\text{e}}^{n}SR^{k}\leq TR^{k}}
per un'opportuna costante
T
{\displaystyle T}
. Di conseguenza
lim
k
→
+
∞
|
P
2
(
k
)
k
!
|
≤
lim
k
→
+
∞
T
R
k
k
!
=
0
{\displaystyle \lim _{k\to +\infty }\left|{\frac {P_{2}(k)}{k!}}\right|\leq \lim _{k\to +\infty }{\frac {TR^{k}}{k!}}=0}
e dunque
lim
k
→
+
∞
P
2
(
k
)
k
!
=
0.
{\displaystyle \lim _{k\to +\infty }{\frac {P_{2}(k)}{k!}}=0.}
Quindi, per la definizione di limite ,
∃
k
0
:
∀
k
>
k
0
{\displaystyle \exists k_{0}\,:\,\forall k>k_{0}}
risulta
|
P
2
(
k
)
k
!
|
<
1.
{\displaystyle \left|{\frac {P_{2}(k)}{k!}}\right|<1.}
Per concludere la dimostrazione basta quindi mostrare che questo numero è diverso da zero, e ciò segue dalla minimalità di
n
{\displaystyle n}
in quanto
∀
k
{\displaystyle \forall k}
risulta
H
(
k
,
n
)
≠
0
{\displaystyle H(k,n)\neq 0}
.
Una strategia simile, differente dall'approccio originale di Lindemann , può essere usata per mostrare che π è trascendente.