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Governo Badoglio I

60º esecutivo del Regno d'Italia

Il Governo Badoglio I fu il sessantesimo governo del Regno d'Italia. Incaricato formalmente il 25 luglio 1943 e nominati i ministri il 26 luglio successivo, il governo, dopo un rimpasto nel febbraio 1944, rimase in carica fino al 24 aprile 1944 per un totale di 272 giorni, ovvero 9 mesi e 2 giorni. Fu un esecutivo tecnico-militare composto da sei generali, due prefetti, sei funzionari e due consiglieri di Stato.

Governo Badoglio I
StatoItalia (bandiera) Italia
Presidente del ConsiglioPietro Badoglio
(militare)
Coalizionemilitari, indipendenti
Giuramento27 luglio 1943[1]
Dimissioni17 aprile 1944
Governo successivoBadoglio II
24 aprile 1944

La prima fase di vita del governo, in cui esso risiedette a Roma fino al trasferimento a Brindisi seguito all'annuncio dell'armistizio dell'8 settembre 1943, è ricordata come governo dei quarantacinque giorni[2].

In seguito all'approvazione dell'ordine del giorno Grandi da parte del Gran Consiglio del Fascismo, Vittorio Emanuele III rimosse Benito Mussolini dalla carica di Capo del governo primo ministro segretario di Stato e lo fece porre agli arresti. Il sovrano nominò capo del Governo il generale Pietro Badoglio, il quale procedette a eliminare molte riforme effettuate dal fascismo all'ordinamento statutario dello Stato liberale.

Il 2 agosto 1943 il Partito Nazionale Fascista, il Gran Consiglio del Fascismo, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni e le organizzazioni legate al partito furono sciolte tramite regi decreti-legge e la denominazione "fascista" venne rimossa dai nomi degli enti pubblici. Venne ricostituita la Camera dei Deputati, per la quale vennero disposte nuove elezioni entro quattro mesi, mentre il Senato del Regno rimase in carica senza variazioni; gli eventi successivi resero tuttavia impossibile la ripresa dei lavori parlamentari.

L'8 settembre 1943, in seguito alla firma dell'armistizio di Cassibile, le forze armate tedesche invasero l'Italia (Operazione Achse), sopraffacendo rapidamente gran parte delle forze armate del Regno. La sera stessa Roma fu attaccata dalle forze della Wehrmacht e, il giorno seguente, il Re, Badoglio, la famiglia reale e lo Stato maggiore dell'esercito lasciarono la capitale; prive di guida, le forze militari a difesa di Roma capitolarono il 10 settembre, dopo tre giorni di feroci combattimenti.

I principali membri del governo non avevano lasciato la capitale al seguito di Vittorio Emanuele III, in quanto neanche avvisati.[3] Furono abbandonati alla ventura: Raffaele Guariglia, ministro degli esteri, Umberto Ricci, ministro dell'interno, Leonardo Severi, ministro dell'educazione nazionale, Giovanni Acanfora, ministro per gli scambi e le valute, e Domenico Bartolini, ministro delle finanze. A parte Guariglia, che si rifugiò nell'ambasciata di Spagna, gli altri ministri trovarono ospitalità presso il Palazzo del Laterano della Santa Sede.

Il Re e il Presidente del Consiglio si insediarono a Brindisi. Il governo provvisorio, sotto la tutela dell'Amministrazione militare anglo-americana, ebbe il controllo delle province di Bari, Brindisi, Lecce e Taranto.

Badoglio diede incarico al ministro dell'interno Umberto Ricci di coordinare l'attività dei ministri rimasti in Laterano. Ricci convocò una riunione del consiglio dei ministri presenti, che si concluse con l'autoscioglimento dell'organismo[4].

Il rimpasto ed eventi successivi

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Da Brindisi, in novembre, il Re nominò alcuni Sottosegretari facenti funzione di Ministri, in sostituzione di quelli rimasti nella Capitale. Il 13 ottobre 1943 il Regno del Sud, come Regno d'Italia, dichiarò guerra alla Germania, rientrando nel conflitto al fianco delle forze alleate in qualità di Paese cobelligerante.

Nel gennaio 1944 il governo abrogò tramite regio decreto-legge le leggi razziali fasciste e ripristinò i diritti civili e politici dei cittadini italiani di fede ebraica. Fu contestualmente soppresso il Tribunale della razza (di fatto non più operativo).[5]

Nel febbraio 1944 il governo si stabilì a Salerno e ricevette dagli alleati il controllo di tutta l'Italia meridionale. Il presidente del Consiglio Badoglio, con un rimpasto, procedette alla sostituzione dei ministri assenti.

Il governo diede le dimissioni il 17 aprile 1944[6], e fu seguito dal secondo governo Badoglio.

Compagine di governo

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  • Composizione del governo:
    • militari
    • indipendenti

Composizione

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Carica Titolare Sottosegretari
Presidenza del Consiglio dei ministri Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
Capo del governo primo ministro segretario di Stato   Pietro Badoglio
Ministero Ministri Sottosegretari di Stato
Affari esteri   Raffaele Guariglia

(dal 28 luglio 1943 fino all'11 febbraio 1944)

Carica non assegnata
  Pietro Badoglio

(ad interim, dall'11 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Africa Italiana   Melchiade Gabba

(dal 27 luglio 1943 al 24 febbraio 1944)

Carica non assegnata
  Pietro Badoglio

(ad interim, dal 24 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Interno   Bruno Fornaciari

(dal 25 luglio al 9 agosto 1943)

  Umberto Ricci

(dal 9 agosto 1943 all'11 febbraio 1944

  Vito Reale

(dall'11 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Grazia e Giustizia   Gaetano Azzariti

(dal 26 luglio 1943 al 15 febbraio 1944)

  Ettore Casati

(dal 15 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Finanze   Domenico Bartolini

(dal 27 luglio 1943 all'11 febbraio 1944)

  • Guido Jong (dal 16 novembre 1943 all'11 febbraio 1944)
  Guido Jung

(dall'11 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Scambi e Valute[7] Giovanni Acanfora

(dal 26 luglio 1943 al 24 febbraio 1944)

Carica non assegnata
  Guido Jung

(ad interim, dal 24 febbraio 1944 al 2 giugno 1944)

Guerra   Antonio Sorice

(dal 26 luglio 1943 all'11 febbraio 1944)

  Taddeo Orlando

(dall'11 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Aeronautica   Renato Sandalli Carica non assegnata
Marina   Raffaele de Courten
Produzione Bellica[9]   Carlo Favagrossa

(dal 27 luglio 1943 al 27 gennaio 1944)

Carica non assegnata
Agricoltura e Foreste   Alessandro Brizi

(dal 27 luglio 1943 all'11 febbraio 1944)

  Falcone Lucifero

(dall'11 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Corporazioni[10]   Leopoldo Piccardi

(dal 26 luglio 1943 al 16 novembre 1943)

  Epicarmo Corbino

(dall'11 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Lavori Pubblici   Domenico Romano

(dal 27 luglio 1943 all'11 febbraio 1944)

  Raffaele De Caro

(dall'11 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Comunicazioni Federico Amoroso

(dal 27 luglio 1943 all'11 febbraio 1944

Tommaso Siciliani

(dall'11 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Cultura di massa Guido Rocco

(dal 27 luglio 1943 al 15 agosto 1943)

Carica non assegnata
Carlo Galli

(dal 15 agosto 1943 al 24 febbraio 1944)

  Giovanni Cuomo

(ad interim, da 24 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Educazione Nazionale   Leonardo Severi

(dal 27 luglio 1943 all'11 febbraio 1944)

  Giovanni Cuomo

(dall'11 febbraio 1944 al 17 aprile 1944)

Cronologia

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  • 25 luglio - Il re Vittorio Emanuele III affida a Pietro Badoglio l'incarico di formare un nuovo governo. Nel tardo pomeriggio, come primo atto dell'esecutivo, fu quello di accorpare le milizie fasciste all'esercito regolare. Alle ore 20 l'EIAR diffonde il seguente comunicato: "Attenzione, attenzione: Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro, e Segretario di Stato, presentate da Sua Eccellenza, il Cavaliere Benito Mussolini, e ha nominato Capo del Governo, Primo Ministro e Segretario di Stato, Sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio." Alle ore 22:45 il nuovo primo ministro pronuncia il suo primo discorso da tale, alla fine del quale dice: "La guerra continua e l'Italia resta fedele alla parola data... chiunque turbi l'ordine pubblico sarà inesorabilmente colpito". L'annuncio, contrariamente a tutte le aspettative, provocò immense dimostrazioni di giubilo e di festa, al grido di: «Viva il Re, Viva Badoglio». I veicoli si colmavano di passeggeri recanti scritte e bandiere, che percorrevano le strade cittadine[13]. Inoltre, durante le manifestazioni, i civili distrussero i simboli del passato regime.
  • 26 luglio - Viene emanato un provvedimento con il quale l'autorità militare era investita di pieni poteri relativamente all'ordine pubblico, veniva istituito il coprifuoco, vietate le pubbliche riunioni e limitati i giornali a una sola edizione quotidiana; veniva inoltre diretto un secondo discorso alla nazione.
  • 27 luglio - Completata la lista dei Ministri, si insedia il governo Badoglio I.
  • 28 luglio - Si svolge il 1° Consiglio dei Ministri; viene deliberato lo scioglimento del Partito Nazionale Fascista (PNF), la soppressione del Gran Consiglio del Fascismo e dei tribunali politici. Le leggi razziali continuano a rimanere in vigore. Nel pomeriggio Badoglio invia una lettera a Hitler, ribadendo che, per l'Italia, la guerra continuava nello stesso spirito dell'alleanza con la Germania.

Settembre

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  • 3 settembre - Viene firmato l'armistizio di Cassibile.
  • 8 settembre - L'armistizio viene reso noto dalle autorità anglo-americane.
  • 9 settembre - In seguito al difficile clima che si sta delineando, il Re e Badoglio fuggono clandestinamente alle ore 5:10 di mattina, attraverso Pescara, verso il Sud Italia.
  • 10 settembre - Alle ore 16:00, Roma si arrende ai tedeschi, che nominano commissari tecnici dei ministeri. La sede del governo viene spostata a Brindisi.
  • 29 settembre - Badoglio firma a Malta il cosiddetto "armistizio lungo".

Ottobre

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Novembre

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  • 18 novembre - In seguito al ritorno in attività dell’amministrazione a Brindisi, Winston Churchill ordina al governo italiano l’implicita ed immediata rinuncia alla formale sovranità sull’Albania e sull’Etiopia.

Gennaio

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  • Regi Decreti n.25 e 26 del 20 gennaio 1944 abolizione leggi razziali

Febbraio

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  • 11 febbraio - Badoglio sostituisce i ministri rimasti a Roma con un rimpasto.
  1. ^ Il giuramento nelle mani del Re dei nuovi Ministri, in La Stampa, 28 luglio 1943.
  2. ^ quarantacinque giorni, governo dei, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 7 luglio 2023.
  3. ^ corriere.it
  4. ^ Enzo Forcella, La resistenza in convento, Einaudi, 1999, p. 65.
  5. ^ *** NORMATTIVA ***, su normattiva.it. URL consultato il 14 maggio 2020.
  6. ^ Presidenza del Consiglio dei Ministri. Comunicazioni, in "Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia", Parte prima, Serie speciale, n. 23, 29 aprile 1944, pp. 149-150.
  7. ^ Dicastero soppresso con Regio Decreto nº 150 del 2 giugno 1944; le relative attribuzioni furono ripartite fra i ministeri delle Finanze e dell'Industria, Commercio e Lavoro.
  8. ^ Con delega per la Marina Mercantile
  9. ^ Ministero soppresso il 27 gennaio 1944
  10. ^ Dal 9 agosto 1943 il ministero cambia nome il Ministero dell'Industria, Commercio e Lavoro
  11. ^ Con delega alle Ferrovie
  12. ^ Con delega per le Poste e Telegrafi
  13. ^ cfr. La gazzetta del Popolo, 27 luglio 1943.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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