Indiculus superstitionum et paganiarum
L'indiculus superstitionum et paganiarum (in italiano Piccolo indice di superstizioni e paganesimo) è una raccolta latina di capitolari che identificano e condannano credenze superstiziose e pagane presenti nel nord della Gallia[1] e tra i sassoni durante il periodo della loro sottomissione e conversione da parte di Carlo Magno.
Del manoscritto originale rimane solo la copertina, che elenca trenta capitoli. Il manoscritto è conservato nella Biblioteca Vaticana in una raccolta (Codex Palatinus Latinus 577): il manoscritto probabilmente proviene da Fulda e quindi viaggiò a Magonza, arrivando lì nel 1479. Da Magonza venne spostato alla Biblioteca Palatina di Heidelberg e arrivò a Roma al massimo nel 1623. Prima dell'Indiculus vi è il cosiddetto voto battesimale in antico Sassone. Il testo è presente nella Monumenta Germaniae Historica, all'interno del Karlomanni Principis Capitulare[2].
Data e contesto di composizione
modificaIl Codex Palatinus Latinus 577 sembra essere stato copiato attorno all'800 a Fulda oppure a Magonza. Lo studioso Alain Dierkens sostiene, sulla base della scelta delle parole (la corrispondenza tra la frase superstitionem et paganiarum e la dizione usata da san Bonifacio nella sua lettera al Papa Zaccaria del 742[3]) e sulla base di un confronto tra il contenuto dell'Indiculus e le conclusioni del Concilium Germanicum (744), che l'Indiculus fu effettivamente aggiunto o parte delle decisioni prese al Concilium Germanicum e ai due conseguenti sinodi franchi a Estinnes e Soissons[4]. In altre parole, il Codex non era il prodotto di uno scriba della fine del VII secolo a Fulda, né i divieti erano mirati specificamente o esclusivamente ai sassoni[1].
Significato
modificaL'indice fornisce preziose informazioni sulla cultura religiosa dei sassoni pagani (dal punto di vista cristiano) e sulle pratiche quotidiane dei missionari cristiani che lavoravano in quella zona. Dal momento che il codice è più o meno contemporaneo all'apostolato di san Bonifacio in Germania, questo è definito "influenza guida" sull'indice[5]. Secondo Alain Dierkens, l'Indiculus, che secondo lui venne prodotto all'interno dell'entourage di Bonifacio, evidenzia la pratica in corso di pratiche precristiane, tra cui divinazione, uso di amuleti, magia e stregoneria, e suggerisce che la chiesa permise o trasformò alcune pratiche che non era stato in grado di estirpare[6].
Edizioni
modifica- "Forma Abrenuntiationis diaboli; Indiculus superstitionum et paganiarum". Georg Heinrich Pertz, Capitularia regum Francorum, Vol. 1. MGH, 1835, pp. 19-20.
Note
modificaBibliografia
modifica- (FR) Alain Dierkens, Superstitions, christianisme et paganisma à la fin de l'epoque mérovingienne: A propos de l'Indiculus superstitionem et paganiarum, in Hervé Hasquin (a cura di), Magie, sorcellerie, parapsychologie, Brussels, Éditions de l'Université de Bruxelles, 1984, pp. 9–26.
- (EN) Bernadette Filotas, Pagan survivals, superstitions and popular cultures in early medieval pastoral literature, collana Pontifical Institute of Mediaeval Studies. Studies and texts, vol. 151, Toronto, Pontifical Institute of Mediaeval Studies, 2005, ISBN 978-0-88844-151-5.
- (DE) Holger Homann, Der Indiculus superstitionum et paganiarum und verwandte Denkmäler, dissertazione di laurea, Facoltà di Filosofia, Università di Göttingen, 28 novembre 1966.
- (DE) Holger Homann; Eckard Meineke, e Ruth Schmidt-Wiegand, Indiculus superstitionum et paganiarum. In Heinrich Beck, Dieter Geuenich, Heiko Steuer (eds.), Reallexikon der Germanischen Altertumskunde, Bd. 15. de Gruyter, Berlin – New York 2000. ISBN 3-11-016649-6, pp. 369–384
- (DE) Heinrich Albin Saupe, "Der Indiculus superstitionum et paganiarum, ein Verzeichnis heidnischer und abergläubischer Gebräuche und Meinungen aus der Zeit Karls des Großen, aus zumeist gleichzeitigen Schriften erläutert." Schulprogramm Leipzig: Städtisches Realgymnasium 1890 (Progr. Nr. 551).
- (DE) Michael Tangl, Die Briefe des Heiligen Bonifatius und Lullus, collana Monumenta Germaniae Historica, Epistolae Selectae, vol. 1, Berlin, Weidmann, 1916.