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Real Marina del Regno delle Due Sicilie

marina militare delle Due Sicilie (1734-1861)
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Real Marina del Regno delle Due Sicilie, ovvero Armata di Mare di S.M. il Re del Regno delle Due Sicilie erano le terminologie ufficiali - quali risultanti dai documenti dell'epoca - della Marina militare del Regno delle Due Sicilie che, assieme all'esercito delle Due Sicilie, costituiva le forze armate del regno nato nel dicembre 1816.

Real Marina
Emblema della Real Marina del Regno delle Due Sicilie
Descrizione generale
Attiva1734-1816
1816-1860
NazioneRegno di Napoli, Regno di Sicilia
Regno delle Due Sicilie
ServizioForza armata
TipoMarina militare
Comandanti
Degni di notaJohn Acton
Francesco Caracciolo
Simboli
Bandiera
Fiamma
Flags of the World Database. Superstoria.it.
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Il termine "Regio", a volte utilizzato, verrà introdotto solo dopo l'annessione al Regno di Sardegna. È stata tra le più importanti marine militari italiane pre-unitarie e, secondo alcuni ricercatori, alcune tradizioni sarebbero state riportate nella formazione della nuova Regia Marina italiana dopo l'annessione delle Due Sicilie[1].

La Marina nei regni di Napoli e di Sicilia (1735-1816)

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Napoli e Regno di Sicilia.

Quando lo spagnolo Carlo di Borbone nel 1734 conquistò il regno di Napoli e l'anno successivo quello di Sicilia, non trovò una flotta, in quanto i due regni erano sotto il controllo degli Asburgo d'Austria, con le loro navi.

Con Carlo di Borbone, dal 1735

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Carlo III di Spagna.

La continua minaccia dei "barbareschi", come venivano denominati i popoli rivieraschi del Nordafrica, impose una politica marittima molto decisa al nuovo sovrano, che affidò a José Joaquin Guzmán de Montealegre y Andrade, Marchese di Salas, nominato Ministro per la Guerra e Marina, il compito della costituzione di un'Armata di Mare. Il 10 dicembre del 1735 veniva promulgato il ((ES) ) "Reglamento que el Rey manda se observe para el establecimiento i regímen de su esquadra de galeras, arsenal, darsena i demas officio pertenecientes a la marina" ((IT) : "Regolamento che il Re manda ad osservare per l'istituzione del regime della sua squadra delle galere, arsenale, darsena ed altri uffici appartenenti alla marina") di chiara derivazione spagnola, sin nella lingua utilizzata.

Il Regolamento dichiarava che si doveva formare una Squadra delle Galere formata da:

ma, per mancanza di legname, 3 di esse furono acquistate, i soli scafi, nel Porto di Civitavecchia, dallo Stato Pontificio, per 60.000 ducati; l'armamento dei 3 scafi si effettuò poi presso il cantiere navale dell'Arsenale di Napoli. La quarta, la Capitana, che si nominò "Sant'Anna", iniziò ad essere costruita dal 26 luglio 1735, con la cerimonia del "primo chiodo" sotto la direzione del "Costruttore Maggiore di Navi e Galere" Sebastiano Tixi, che aveva ricoperto lo stesso incarico in epoca vicereale austriaca.

Questo primo nucleo di una Marina, che si svilupperà negli anni seguenti, sino a raggiungere una dimensione di tutto riguardo sul finire del secolo, iniziò ad essere pienamente rispondente alle necessità del Regno, ovvero la protezione dei traffici marittimi, per lo stesso vitali, dai pirati barbareschi.

Durante il primo decennio del regno di Carlo le forze navali napoletane comprendevano[2], quindi:

  • il vascello San Filippo - La Reale;
  • la fregata San Carlo - La Partenope;
  • la Galera Sant'Anna - La Capitana;
  • la galea Concezione;
  • la galea Sant'Antonio;
  • la galea San Gennaro;
  • oltre a qualche legno minore.

Contestualmente veniva istituito il corpo della Fanteria di marina, il primo in Italia concepito per operare a bordo delle navi da guerra insieme agli equipaggi; successivamente tra i suoi compiti ricadde anche la vigilanza alle basi navali.

Il Regolamento surrichiamato è importante anche perché segna l'origine dell'Accademia della Real Marina. Nel 1742, fronteggiandosi la Spagna e l'Austria durante la guerra di successione austriaca, una squadra della Royal Navy penetrata nel golfo di Napoli impose al re di ritirare le truppe inviate in sostegno degli spagnoli, minacciando in caso contrario di bombardare la città. In seguito a tale affronto il governo napoletano ebbe ulteriori motivi di occuparsi della Marina militare, dando impulso anche alla costruzione di vascelli e fregate, oltre al naviglio sottile che avrà comunque sempre un notevole peso. Dal 1740 al 1759 il naviglio sottile del citato "Capitan Peppe" condusse vaste operazioni contro i corsari barbareschi: con successo furono catturati numerosi sciabecchi turchi, tunisini, tripolini, algerini. Gli equipaggi, di solito, venivano adibiti ai lavori forzati (buona parte delle maestranze che edificarono la Reggia di Caserta era appunto formata da prigionieri di guerra barbareschi). Tuttavia, il contrasto alla guerra di corsa non poteva mai essere interrotto, dato il continuo rinnovarsi dell'attività delle flottiglie saracene.

Nel 1759, sul finire del regno di Carlo, la flotta era articolata su 3 Squadre navali:

Squadra delle Navi:

  1. vascello da 64 San Filippo - La Reale,
  2. fregata da 50 San Carlo - La Partenope,
  3. fregata da 40 Regina,
  4. fregata da 40 Concezione,
  5. fregata da 40 Santa Amalia,

Squadra delle Galere:

  1. Galera Sant'Anna - La Capitana,
  2. galera Patrona,
  3. galera Sant'Antonio,
  4. galera San Gennaro,

Squadra degli Sciabecchi, al comando del capitano di vascello Giuseppe Martinez, noto come "Capitan Peppe":

  1. sciabecco da 20 San Ferdinando,
  2. sciabecco da 20 San Gabriele,
  3. sciabecco da 20 San Gennaro,
  4. sciabecco da 20 San Luigi,
  5. sciabecco da 20 San Pasquale,
  6. sciabecco da 20 Sant'Antonio.

Ferdinando IV di Borbone, re dal 1767

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Ferdinando I delle Due Sicilie.
Antonio Joli, Partenza di Carlo di Borbone per la Spagna vista da terra (a sinistra) e vista dal mare (a destra)

Con l'ascesa al trono di Spagna di Carlo III, che lasciò i due regni italici al figlio Ferdinando IV, la Marina, durante tutto il periodo di minorità, fu trascurata; ciò accadde perché il ministro Bernardo Tanucci, che era restato in carica anche dopo la partenza di Carlo, non aveva mai condiviso appieno la politica navale del sovrano.

 
Il ministro della marina Giovanni Acton a Napoli

Una decisa ripresa si ebbe grazie alla decisa volontà della regina Maria Carolina, che volle a Napoli John Acton, un ufficiale irlandese fino ad allora comandante della marina del Granduca di Toscana Leopoldo d'Asburgo, fratello della regina. Acton, nominato tenente generale, fu posto a capo del Ministero del Commercio e Marina nel 1779 e, da uomo esperto di cose militari e di mare e conoscitore degli uomini e dei tempi, fu l'organizzatore sapiente della nuova Marina e inaugurò il secondo periodo di forte crescita della Marina napoletana.

In primo luogo, riordinò su solo due squadre la flotta: dei vascelli e degli sciabecchi. Acquistò vascelli e fregate, ma predispose anche un vasto programma di nuove costruzioni, ampliò il Collegio di Marina ed inviò alcuni giovani guardiamarina con altri ufficiali a prestare temporaneo servizio su navi delle maggiori marine militari europee. Fondò il famoso cantiere navale di Castellammare di Stabia, istituì un autonomo corpo di fanteria di marina, denominato Reggimento Real Marina.

Nel 1783, 1784 e 1785 una squadra della Marina Napoletana partecipò con l'Armata Spagnola e quella portoghese ai bombardamenti su Algeri. Nel 1793 una squadra partecipò alla spedizione di Tolone in sostegno degli Inglesi, contribuendo in seguito al pattugliamento delle coste liguri e scontrandosi con le navi francesi al largo di Genova (Battaglia di Capo Noli).

Nel 1789 la Marina contava 39 navi armate di 962 cannoni, così ripartite:

  • 3 vascelli di linea da 74 cannoni (Partenope, Ruggero, Tancredi)
  • 1 vascello di linea da 60 cannoni (San Gioacchino)
  • 6 fregate da 40 cannoni (Minerva, Cerere, Pallade, Sibilla, Sirena, Aretusa)
  • 2 fregate da 36 cannoni (S. Teresa, S. Dorotea)
  • 1 orca[3] da 36 cannoni (Pantera),
  • 2 sciabecchi da 24 cannoni (S. Luigi, S. Antonio)
  • 4 sciabecchi da 20 cannoni (Difensore, Robusto, Vigilante, Diligente)
  • 5 corvette da 20 cannoni (Stabia, Flora, Aurora, Fortuna, Fama)
  • 1 corvette da 12 cannoni (la Galatea, comando personale del re)
  • 4 brigantini da 12 cannoni (Sparviero, Vulcano, Stromboli, Lipari),
  • 10 galeotte da 3 cannoni (Vespa, Serpente, Levriera, Prudente, Rondine, Veloce, Attiva, Allerta, S. Gennaro, S. Francesco)

Sempre nello stesso anno 1789 l'organico contava:

  • 4 capitani di vascello,
  • 10 capitani di fregata,
  • un gran numero di ufficiali di grado inferiore,
  • 270 marinai di posto fisso,
  • 470 cannonieri,
  • 2128 fanti di marina, raggruppati in 4 divisioni
    ciascuna composta di 4 compagnie
 
Francesco Caracciolo

La spesa totale per la Marina ammontava a 653.000 ducati, aumentati l'anno seguente di altri 250.000, aumentando ancora fino alla somma di 1.023.000 ducati nel 1790. Con questi soldi si potenziò ulteriormente il programma delle costruzioni, ordinando la costruzione di un vascello da 74 cannoni e di un gran numero di barche cannoniere, fino a giungere a 140 in pochi anni.

Questi anni di fervore costruttivo, non soltanto in campo navale, conobbero una brusca interruzione con l'invasione dello Stato da parte delle truppe francesi. Ferdinando IV, sconfitto, riparò in Sicilia, con parte della flotta, che si aggiunse a quella di stanza nell'isola. Nella Napoli occupata si formò la Repubblica Napoletana dall'effimera, tragica vita.

Seguirono per la Marina napoletana le vicende del 1799, riassumibili in due episodi, entrambi dolorosi: l'incendio della metà della flotta che non aveva seguito il sovrano in Sicilia e, successivamente, la condanna a morte del suo illustre ammiraglio Francesco Caracciolo.

 
Vascello a due ponti Archimede, 1795-1814

La Marina borbonica del tardo XVIII secolo seppe coniugare luci ed ombre. Sicuramente il programma navale di Lord Acton risultava razionale e ben strutturato: le navi di nuovo varo erano progettate da architetti navali ed ingegneri (come il francese Ibért), sostituendo i maestri d'ascia empirici (in genere genovesi) e le navi erano standardizzate in classi moderne (pure di derivazione francese) e relativamente numerose per una potenza di secondo piano. Entro il 1799 i vascelli da 74 cannoni varati o in servizio erano ben 5 (forse le migliori navi da guerra esistenti in Italia in quel momento), mentre il San Gioacchino si avviava ad essere smantellato e sostituito da una nuova moderna unità. Diminuivano i legni a remi a favore di quelli a vela, anche in ambito costiero. Esistevano però anche notevoli punti deboli: le fonderie calabresi d'artiglieria non erano ancora in grado di supportare tutte le esigenze della flotta, che importava dalla Francia buona parte delle sue artiglierie, e mancavano completamente le carronate, introdotte in Gran Bretagna a partire dal 1770. Soprattutto scarseggiavano gli uomini, non tanto gli ufficiali (anche se problemi derivavano anche dal corpo ufficiali, in parte anglofobo e "giacobino", contrario alla corte, in parte invece cortigiano, raccomandato e poco propenso alle lunghe navigazioni), quanto i marinai. Infatti la flotta reale era ancora, essenzialmente, stagionale, veniva mobilitata in buona parte ogni primavera per contrastare le operazioni dei corsari barbareschi o (soprattutto dopo il 1780) molestarne le basi, ma poi, in autunno ed inverno, le squadre erano sciolte e smobilitate, e i marinai professionisti (sottufficiali e cannonieri) che rimanevano in servizio erano pochi. Si creava quindi una sorta di strato sociale di marinai-precari, specializzati nella caccia ai corsari, ma poco preparati per la guerra vera e propria (anche se il blocco di Tolone e le operazioni in Liguria durante i primi anni '90 modificarono un po' questa situazione) e affezionati alle loro case, che non vollero lasciare disciplinatamente (disertando in massa) durante la crisi del 1799. Non solo: nel 1791 la flotta francese fu in grado di imporre, senza contrasto, il riconoscimento diplomatico del nuovo regime, visto che le difese del porto di Napoli erano poco migliorate rispetto al 1742, mentre la squadra era, in quel momento, a corto di uomini.

Il reclutamento di marinai era troppo concentrato in Campania e in alcune (poche) zone della Sicilia settentrionale, senza né una sorta di leva/milizia costiera sul modello francese seicentesco (che avrebbe coinvolto tutto il Regno), né delle press-gang su modello britannico (che avrebbero coinvolto tutti i porti), mentre gli ufficiali erano sempre anche gentiluomini di nascita, con una sostanziale differenziazione tra navigatori e combattenti, basato sull'anacronistico modello della marina spagnola (ma anche in questo caso l'Acton intendeva introdurre il modello britannico, meritocratico). Comunque la marina borbonica fu sempre sotto organico dal punto di vista del personale e molte navi erano decisamente "vuote" rispetto a quelle britanniche anche nell'Ottocento, quando la flotta assorbiva 6.000 uomini in permanenza, contro i poco più di 3.000 del 1790 (in buona parte fanti di marina); si tenga presente che solo i cinque vascelli in servizio in quegli anni avrebbero richiesto 3.500 marinai per prendere tutti contemporaneamente il mare, con la necessità di arruolare costantemente dei rimpiazzi per gli uomini morti di malattia, infortunio o in azione, e questo senza considerare i circa 2.000 uomini necessari per armare le sei fregate da 40 cannoni ed il gran numero di uomini necessari per gli sciabecchi.

Il ritiro a Palermo e il periodo napoleonico, dal 1806

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Per sfuggire ai napoleonici Re Ferdinando e la sua corte, a bordo del vascello a due ponti Archimede, si erano rifugiati nel gennaio 1806 a Palermo, restandovi fino al 1815, come pure la Marina borbonica, salvatasi quasi al completo in Sicilia. Si aggiungevano ai vascelli di stanza a Palermo e alla divisione di Messina (2 vascelli e 3 fregate). Della Marina a Napoli nel febbraio 1806 era rimasto ben poco, essendo cadute in mano francese solo la fregata Cerere e la corvetta Fama.

Sotto Giuseppe Bonaparte, salito al trono di Napoli il 30 marzo 1806, la Marina dovette quindi essere riorganizzata, ma secondo la scuola francese. Un impulso fu dato dal sovrano successivo, Gioacchino Murat, con la costruzione delle seguenti navi[4]:

  • vascello da 74 cannoni Capri (varato nel 1810)
  • vascello da 80 cannoni Gioacchino (varato nel 1812)
  • fregata Letizia (varata nel 1812)
  • fregata Carolina (varata nel 1811)[5]

A questi andava aggiunto il vascello Archimede, da 74 cannoni e gemello del Capri, impostato ma non ultimato per le vicende belliche; verrà completato solo nel 1824 come Vesuvio[4]. Anche le infrastrutture vennero adeguate alle nuove esigenze; vennero costruiti tre scali a Castellammare, in modo da poter costruire contemporaneamente tre unità, e creato uno scalo in muratura a Napoli. La collaborazione con i francesi era già stata instaurata fin dal 1765 e in virtù di ciò erano arrivati dei progetti di Jacques Noël Sané[4], artefice di varie classi di vascelli della Marine Royale tra cui le ammiraglie a tre ponti Classe Commerce de Marseille, ma nell'era napoleonica vi fu un forte sviluppo che portò le metodologie della Marine impériale come modello per la marina napoletana; per esempio, nel 1811 venne creata la scuola di applicazione, che istituzionalizzava il ruolo degli ingegneri marittimi per la gestione delle strutture portuali[4].

Durante il cosiddetto Decennio francese (1806-1815) in più di un'occasione le Marine di Sicilia (borbonica) e di Napoli (murattiana) si trovarono contrapposte. Memorabili furono gli scontri sostenuti in quel periodo:

  • il primo con quattordici barche cannoniere nelle acque di Castellone (Gaeta) il 4 luglio 1806 comandate dal Bausan, assalito da ventisei barche cannoniere nemiche appoggiate dalla fregata inglese Juno (32 cannoni) e della borbonica Minerva;
  • poi il vittorioso combattimento nelle acque di Napoli fra il comandante Bausan medesimo, al comando della fregata Cerere, contro lo sloop-of-war inglese Cyane (18 cannoni), il 27 giugno 1809, con il plauso di re Murat e del popolo napoletano presente alle fasi dello scontro;
  • i combattimenti delle fregate Cerere e Fama con altre navi di una divisione napoletana contro la squadra inglese nelle acque di Procida.

Quando i borbone furono costretti a concedere la costituzione siciliana del 1812 fu prevista "l'unità del Principe, l'unità dell'Armata, della Marina, del Corpo Diplomatico, e della Corte Palatina".

 
Il varo del Vesuvio nel 1824

L'Armata di Mare del Regno delle Due Sicilie

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Nel giugno 1815 Ferdinando rientrò a Napoli da Palermo insieme alla Marina borbonica. Insieme a lui arrivò il vice ammiraglio Diego Naselli, ministro della guerra del regno di Sicilia, a cui affidò la riorganizzazione della flotta napoletana. Naselli poi sarà nominato segretario di stato alla Marina del nuovo regno. Con la contemporanea sconfitta di Murat, si consegnarono agli inglesi due vascelli, la corvetta, due schooner, 24 cannoniere e le due fregate, che furono cedute a Ferdinando, che si trovò così una flotta numerosa e moderna.

Nel dicembre 1816 intanto costituì il Regno delle Due Sicilie, unificando i due precedenti regni, e il re prese il nome di Ferdinando I. Nel 1818 furono promulgate le Ordinanze generali della Real Marina delle Due Sicilie relative a tutta la composizione e organizzazione della Marina: si tratta della prima regolamentazione fatta dal nuovo regno in ambito marinaro; esse costituivano vari corpi degli ufficiali, un osservatorio nautico, una Accademia di Marina e tre Compartimenti Marittimi: Napoli, Palermo e Messina. Nello stesso anno nacque anche il nuovo Regolamento di Marina[6][7].

Nel 1820 la Marina fu considerevolmente rafforzata, giungendo ad allineare tre divisioni con una settantina di navi da guerra di tutte le stazze, con netta prevalenza di legni leggeri.

Nel luglio 1820 la fregata Amalia (già Carolina), assieme ad altre navi, scortò in Sicilia un convoglio di mercantili recanti il Corpo di Spedizione del tenente generale Florestano Pepe, inviato a reprimere l'insurrezione dell'isola. Il 2 settembre 1820, una flotta con l'Amalia, il vascello Capri, la corvetta Leone, le «polacche» Sant'Antonio ed Italia e 14 brigantini (forza poi incrementata con l'invio, il giorno seguente, di sei cannoniere ed una bombarda), lasciò nuovamente Napoli e venne inviata in Sicilia con altre truppe da sbarco, per reprimere i moti rivoluzionari.

Tra il 1827 e il 1828 entrarono in servizio la fregata Regina Isabella da 44 cannoni, la corvetta Cristina da 32 cannoni e i brigantini Principe Carlo e Francesco I.

Sotto Ferdinando II, re dal 1830

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Sotto il regno di Ferdinando II venne ultimata la scorridora Etna (1830), nel 1832 il brigantino Zeffiro da 18 cannoni, nel 1834 le fregate Partenope da 50 cannoni, e Urania da 46 pezzi.

Negli anni che vanno sino al 1830, oltre la normale attività di pattugliamento e protezione dei traffici, si verificano operazioni contro i Barbareschi come un fallimentare tentativo di blocco di Tripoli nell'agosto 1828 sotto il comando di Sozi Carafa. La marina borbonica giunse davanti al porto africano con polveri da sparo in pessime condizioni, poiché risalivano al 1809 ed erano bagnate. Il risultato fu che il fuoco della artiglieria contro la flotta piratesca fu praticamente inefficace. Furono anzi i corsari a mettere in pericolo alcune unità della marina da guerra delle Due Sicilie, poiché un attacco delle vecchie galee tripoline rischiò d’affondare alcune cannoniere borboniche. Dopo alcuni giorni di combattimento, la flotta inviata da re Francesco I decise infine di ritirarsi senza aver ottenuto alcun risultato. Il fallimento della spedizione, provocato in buona misura dalla mancanza di polvere da sparo funzionante, condusse alla messa sotto processo degli ammiragli, che però furono assolti. Uno di loro, il Sozi Carafa, divenne anzi pochissimi anni dopo, durante il regno di re Ferdinando II, il “governatore del Regio Arsenale”.Cfr. Harold Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli (1825-1861), Giunti Editore, 1997, pp. 48–49. Nel 1833, vista l'incapacità della marina borbonica di contrastare l'attività berbera, fu stipulata una convenzione con il Regno di Sardegna per azioni congiunte contro i Barbareschi di Tunisi, poi intraprese dal 28 marzo al 10 maggio 1833. Stavolta le operazioni furono chiuse con esito positivo. Nel 1834 la fregata Regina Isabella effettuò un'azione dimostrativa sulle coste del Marocco per respingere le richieste di donativi del Sultano del Marocco.

Nell'estate del 1840 era stato fondato l'opificio di Pietrarsa, sobborgo sul mare al confine tra i comuni di Napoli e Portici. Inizialmente si trattava di una piccola officina con annessa fonderia, che doveva produrre manufatti in ferro ad uso navale e ferroviario. Grazie anche all'apporto delle esperienze di tecnici inglesi, in pochi anni diventò sempre più importante: esso rappresentò il primo esempio dell'industria metalmeccanica di Stato. All'atto dell'Unità d'Italia era, nel suo genere, il maggiore stabilimento esistente sul suolo italiano. Nel 1842 alcuni ufficiali della Marina sarda, tra cui il conte Carlo Pellion di Persano, furono inviati a studiare gli ordinamenti e i progressi della Marina napoletana.

Nel 1843 una divisione al comando di Raffaele de Cosa (Vascello Vesuvio, fregate Partenope, Amalia, Regina Isabella scortò in Brasile la Principessa Teresa Cristina di Borbone che andava sposa a Dom Pedro II di Braganza, Imperatore del Brasile.

Nel 1844 la fregata Urania effettuò una crociera d'istruzione dall'agosto 1844 al gennaio 1846 fino al Brasile e, risalendo, agli Stati Uniti, diventando così la prima nave da guerra di uno stato italiano a visitare gli Stati Uniti d'America[1]. Il tutto fu accuratamente descritto, come d'uso, dagli allievi. Molto interessanti le considerazioni sulla città di New York, di cui venne previsto il grande sviluppo.

Durante la rivoluzione siciliana del 1848 fu ordinato alla flotta di bombardare Palermo, con l'ammiraglio De Cosa che, dopo aver cercato di procrastinare gli ordini di rientrare a Napoli, alla fine dovette cedere, ma preferì dimettersi che sparare un solo colpo contro i siciliani, con Palermo che fu comunque bombardata dal mare il 29 maggio dal comandante Giovanni Vacca [8]. In settembre fu bombardata l'assediata Messina, sia dalla squadra navale che dai cannoni della Cittadella.

Sempre sotto il regno di Ferdinando II, furono avviate le costruzioni di unità a vapore, costituito il "Corpo del personale di pilotaggio", il "Corpo dei Cannonieri e Marinai" e istituita nello stabilimento di Pietrarsa una "scuola di ingegneri meccanici", nonché la "scuola per macchinisti" per fornire macchinari e macchinisti nazionali alle navi a vapore.

Tale decisione fu originata dalla crisi degli zolfi siciliani con la Gran Bretagna, crisi che sfiorò il conflitto: ma il re, che faceva grande affidamento sulla presenza in squadra di navi a vapore (unica flotta nel Mediterraneo a disporne), scoprì che i macchinisti inglesi, con molta decisione, avevano precisato che non avrebbero condotto quelle navi contro i propri connazionali.

Poi è da ricordare la realizzazione del bacino di raddobbo, seconda struttura in muratura, in ordine di tempo dopo quella di Genova ad essere realizzata nella penisola italiana per il carenaggio delle navi[9][10], che completava l'articolato insieme di strutture al servizio della Marina napoletana. L'importante opera fu solennemente inaugurata dopo due anni di lavori, con una delle maggiori feste pubbliche dell'epoca borbonica, il 15 agosto 1852. L'evento è stato immortalato in due dipinti ad olio di Salvatore Fergola.

 
Il reggimento "Real Marina" nel porto di Napoli

Composizione

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L'Armata di Mare era così composta:

  1. Reale Corpo de' cannonieri marinari, articolato in 16 compagnie attive da imbarco e due compagnie sedentarie;
  2. Reggimento "Real Marina" (con un organico di 2400 uomini), articolato in due battaglioni per sei compagnie (che faceva parte della Guardia Reale);
  3. Corpo di genio marittimo;
  4. Corpo telegrafico;
  5. Corpo sanitario;
  6. Corpo amministrativo con tre Dipartimenti (Napoli, Palermo e Messina).

Organo supremo dell'Armata di Mare era l'Ammiragliato, retto da un principe di Borbone fratello del re, comandante generale dell'Armata di Mare con il grado di viceammiraglio della Real Marina, affiancato da un Consiglio di Ammiragliato. Presidente del primo Consiglio di Ammiragliato fu il viceammiraglio generale Lucio di Palma Castiglione dei Marchesi di Pietramelara.

Dal 1848

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Nel 1848, durante la prima guerra d'indipendenza italiana, Ferdinando II inviò cinque fregate a vapore, due a vela, un brigantino e vari trasporti con 4.000 soldati, agli ordini di Guglielmo Pepe, allo scopo di liberare Venezia dagli austriaci. Una formazione al comando del Retroammiraglio de Cosa, alquanto consistente (2 fregate a vela e 5 pirofregate) si unì alla squadra sarda dell'Albini nelle acque triestine, ma mantenne un atteggiamento non aggressivo verso le navi austriache.

L'evolversi della guerra, l'ampliarsi della ribellione in Sicilia e l'ambiguo atteggiamento di Carlo Alberto di Savoia indussero il Sovrano napoletano a richiamare la squadra. Nel settembre 1848, durante la repressione della rivoluzione siciliana, fu protagonista di bombardamenti indiscriminanti sulla città di Messina che consentirono ai borbonici di riprendere la città; in questa occasione si ebbe il famoso bombardamento che valse il titolo di "Re Bomba" al Borbone.

Dopo le vicende del 1848 nell'Adriatico, e quelle legate alla rivoluzione siciliana del 1848-49, la Marina borbonica visse un periodo apparentemente calmo, durante il quale furono varate diverse unità che svolgeranno servizio anche nella Regia Marina unitaria: ricordiamo in particolare il vascello Monarca, poi Re Galantuomo, che con gli 86 pezzi su 3 ponti e 3.669 t. disl. risultò la più potente unità da guerra delle Marine preunitarie, singolarmente somigliante alla nave scuola Amerigo Vespucci, che sarà costruita 80 anni più tardi nello stesso cantiere, nonché la pirofregata Ettore Fieramosca, la prima nave mossa da caldaia di produzione nazionale.

Minata dal forte dissenso politico verso il governo borbonico che interessò i suoi gradi più elevati, che avevano già stretto accordi con esponenti del regno sabaudo, mancò totalmente al momento dello sbarco garibaldino e nelle fasi successive dell'impresa dei Mille[11]

 
Il Pirovascello Monarca, ribattezzato - dopo l'unificazione - Re Galantuomo. Non ebbe attività particolarmente rilevante, salvo la partecipazione, dopo la cattura, al blocco e bombardamento di Gaeta, durante l'assedio e il pattugliamento del Basso Adriatico durante la guerra del 1866 contro l'Austria

La Real Marina durante la spedizione dei Mille

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Dopo lo sbarco dei Mille nel maggio 1860, dove le unità della flotta borbonica fallirono il compito di pattuglia, lasciandosi sfuggire il Piemonte e il Lombardo, Giuseppe Garibaldi, costituito a Palermo il governo dittatoriale nominò un segretario della marina e creò la marina dittatoriale siciliana.

Diversi ufficiali lasciarono le unità borboniche per arruolarsi nella Marina garibaldina, e anche alcune navi come la pirofregata a ruote “Veloce” si consegnarono. Il 7 luglio il Tukery (come era stato ribattezzato il Veloce) catturò due piccoli vapori del regno delle Due Sicilie, l'Elba e il Duca di Calabria[12][13].

L'unico scontro navale tenuto dalla Marina siciliana durante la Spedizione dei Mille contro la Marina borbonica fu a Castellammare di Stabia la notte tra il 13 ed il 14 agosto 1860. Il Tukery dopo essersi introdotto nel porto di Castellammare cercò di abbordare e catturare l'ammiraglia borbonica Monarca, ma i marinai borbonici riconobbero la nave aprendo il fuoco e la Tukery si ritirò[14].

Unità in servizio nell'Armata di Mare nel 1860

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Forza navale a vela del Regno delle Due Sicilie (1860)[1]
Tipo Nome Dislocamento (t) Cannoni Luogo e data del varo
Vascello Vesuvio 3.530 84 Castellammare, 2 dicembre 1824
Vascello Monarca 3.660 86 Castellammare, 5 giugno 1850 (trasformato a elica nel 1858)
Fregata Amalia 1.642 54 Castellammare, 16 giugno 1811
Fregata Regina Isabella 2.529 50 Castellammare, 9 luglio 1827
Fregata Partenope 2.583 52 Castellammare, 17 novembre 1834
Fregata Regina 2.908 52 Castellammare, 27 settembre 1840
Corvetta Cristina 763 24 Castellammare, 15 ottobre 1828
Brigantino Generoso 640 18 Castellammare, 18 settembre 1840
Brigantino Intrepido 640 18 Castellammare, 19 dicembre 1839
Brigantino Principe Carlo 414 18 Castellammare, 16 marzo 1828
Brigantino Valoroso 594 18 Castellammare, 27 settembre 1837
Brigantino Zeffiro 594 18 Napoli, 19 dicembre 1832
Goletta Menai ... 2 ...
Cutter Sparviero 137 2 Napoli, 22 dicembre 1851

Inoltre: 4 bombardiere, 21 cannoniere, 7 bovi, 12 scorridoie, 8 leuti, 4 paranzelli e altri 23 legni sottili.

 
La fregata Borbone
Forza navale a vapore del Regno delle Due Sicilie (1860)[1]
Tipo Nome Dislocamento (t) Cannoni Luogo e data del varo
Fregata Farnese 3.680 ... In costruzione (varata a Castellammare, 6 aprile 1861)
Fregata Borbone 3.444 54 Castellammare, 18 gennaio 1860
Fregata Archimede 1.306 10 Castellammare, 3 ottobre 1844
Fregata Ercole 1.306 10 Castellammare, 24 ottobre 1843
Fregata Ettore Fieramosca 1.400 10 Castellammare, 14 novembre 1850
Fregata Fulminante 1.410 12 Blackwall, 1848
Fregata Guiscardo 1.018 10 Gravesend, 1843
Fregata Roberto 1.018 10 Gravesend, 1843
Fregata Ruggiero 1.018 10 Gravesend, 1843
Fregata Tancredi 1.018 10 Gravesend, 1843
Fregata Sannita 1.300 10 Castellammare, 7 agosto 1846
Fregata Torquato Tasso 1.330 10 Castellammare, 28 maggio 1856
Fregata Veloce 962 10 Cowes, 1848
Corvetta Aquila 576 4 Inghilterra 1840
Corvetta Stromboli 580 8 Gravesend, 1844
Avviso Messaggero 250 6 La Ciotat, 1850
Avviso Saetta 250 6 La Ciotat, 1850
Avviso Antelope 154 4 Inghilterra, 1843
Avviso Delfino 70 4 Castellammare, 26 maggio 1843
Avviso Ferdinando II 183 6 Inghilterra 1833
Avviso Maria Teresa 330 4 Castellammare, 18 luglio 1854
Avviso Miseno 596 8 La Ciotat, 1844
Avviso Palinuro 596 8 La Ciotat, 1844
Avviso Peloro 292 4 Inghilterra, 1842
Avviso Rondine 154 4 Inghilterra, 1843
Avviso Sirena 354 6 Castellammare, 9 novembre 1859
Rimorchiatore Eolo (rimorchiatore) ... ... ...
Rimorchiatore Furia (rimorchiatore) ... ... Castellammare, 1838
Rimorchiatore Etna (rimorchiatore) ... ... Castellammare

Organigramma dell'Armata di Mare nel 1860

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Luigi di Borbone, conte d'Aquila
Pianta organica della Real Marina delle Due Sicilie (1860)[15]
Corpo Ufficiali Sottufficiali Comuni TOTALE
Ufficiali generali 16 0 0 16
Ufficiali di guerra 150 0 0 150
Genio marittimo 19 0 0 19
Genio idraulico 12 0 16 28
Corpo Telegrafico 42 0 468 510
Parco Artiglieria 6 10 65 81
Cannonieri e Marinai 61 201 1.992 2.254
Reggimento Real Marina (anfibio) 34 96 1.200 1.330
Corpo amministrativo 64 16 0 80
Chirurghi naviganti 48 0 0 48
Ospedali 24 13 16 53
Cappellani naviganti 24 0 0 24
Piloti 0 120 0 120
Macchinisti 0 134 0 134
Bassi Ufficiali di mare 0 208 0 208
Maestranze arsenali 0 0 253 253
Marinai e cannonieri di pianta fissa 0 0 1.176 1.176
TOTALI 500 798 5.168 6.466

Presidente del Consiglio dell'Ammiragliato: Luigi di Borbone, Conte dell'Aquila

 
Napoli - Arsenale della Marina con vascelli, 1865 circa.

Dopo la fine del Regno

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Con la caduta di Gaeta il 15 febbraio 1861 e la fine del Regno delle Due Sicilie, si sancì il successivo 17 marzo la proclamazione del Regno d'Italia

Era già stata resa operativa, il 17 novembre 1860, l'unione della Real Marina Sarda (con le navi del Granducato di Toscana), alla Marina dittatoriale siciliana e alla Real Marina del Regno delle Due Sicilie[16]. Il 17 marzo 1861, è considerata la data di nascita della Regia Marina Italiana; il conte Camillo Benso di Cavour, Presidente del Consiglio e assertore più convinto della necessità per il Regno d'Italia di dotarsi di una forza navale potente che amalgamasse le competenze delle marine preunitarie, non mancò di ribadire il proprio impegno di fare dell'Italia una nazione di spiccato carattere marittimo[17]:

«Voglio delle navi tali da servire in tutto il Mediterraneo, capaci di portare le più potenti artiglierie, di possedere la massima velocità, di contenere una grande quantità di combustibile [...] consacrerò tutte le mie forze [...] affinché l'organizzazione della nostra Marina Militare risponda alle esigenze del Paese[18]»

Galleria d'immagini

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  1. ^ a b c d Lamberto Radogna, Storia della Marina Militare delle Due Sicilie (1734-1860), Mursia 1978
  2. ^ Schipa, pp. 384-385.
  3. ^ Glossario marinaro in linea, su destinygold.altervista.org. URL consultato il 24 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 24 marzo 2014).Orca - Veliero mercantile di origine olandese, largo e piatto, attrezzato con tre alberi e bompresso
  4. ^ a b c d aising.it/docs/atticonvegno/p693-702.pdf Nuove tecnologie nautiche: dal vascello alla nave a vapore 24 maggio 2012
  5. ^ Marina Militare italiana. URL consultato il 19 agosto 2011.
  6. ^ Nascita della Regia Marina, Marina Militare italiana.
  7. ^ Vale la pena precisare che detto Regolamento, come tutti gli atti e leggi del Regno redatto in perfetta lingua italiana, non riporta alcun comando o articolo denominato "Facite ammuina", tantomeno in successivi aggiornamenti. Esso è da considerarsi a tutti gli effetti un falso.
  8. ^ La Marina militare delle Due Sicilie nella crisi e fine del Regno (PDF).
  9. ^ Cfr. sulla memoria redatta per il Parlamento nazionale dal colonnello del Genio e deputato Damiano Sauli in Dei bacini di carenaggio e particolarmente di quello costruito nel porto di Genova dal 1847 al 1851., Genova, Fratelli Ferrando, 1852.
  10. ^ Cfr. il lemma "arsenale". sull'Enciclopedia Italiana Treccani.
  11. ^ Arrigo Petacco, La regina del sud, Arnoldo Mondadori, Milano, 1992, pag. 117.
  12. ^ Assalto al “Monarca” Quando Garibaldi stava facendo l'Italia - Cronaca - Alto Adige, su altoadige.gelocal.it. URL consultato il 2 ottobre 2015 (archiviato dall'url originale il 26 maggio 2015).
  13. ^ G.M.S. - Gruppo Modellistico Sestese (archiviato dall'url originale il 26 maggio 2015).
  14. ^ Castellammare di Stabia: attacco al Monarca (a cura di Gaetano Fontana)., su liberoricercatore.it. URL consultato il 2 ottobre 2015 (archiviato dall'url originale il 28 novembre 2011).
  15. ^ A.S.N., Almanacco militare, 1860
  16. ^ La nascita della Regia Marina.
  17. ^ Nascita della Regia Marina, su marina.difesa.it, Marina Militare italiana. URL consultato il 13 agosto 2011.
  18. ^ Franco Favre, p. 13.

Bibliografia

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Voci correlate

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