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Óscar Romero

arcivescovo cattolico salvadoregno
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Óscar Arnulfo Romero y Galdámez (1917 – 1980), arcivescovo cattolico salvadoregno.

  • Come risponde bene la gente quando la si è saputa amare![1]
  • Cristo è il vero liberatore che non distrugge ma rifà, e proietta tutte le dimensioni dell'uomo, quella trascendente come quella storico-sociale.[1]
  • Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare, ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, che il mio sangue sia un seme di libertà e il segno che la speranza sarà presto realtà. (citato da Paolo Giuntella, Il fiore rosso, Paoline, 2006)
  • Io parlo in prima persona perché questa settimana mi è arrivato un avviso che sto nella lista di coloro che stanno per essere eliminati la prossima settimana. Ma rimanga il punto fermo che la voce della giustizia nessuno mai potrà ammazzarla.[1]
  • L'amore vero è quello che porta Rutilio Grande alla morte mentre dà la mano a due contadini. Così ama la Chiesa: con loro muore e con loro si presenta alla trascendenza del cielo. Li ama. È significativo che mentre padre Grande sta andando verso il suo popolo per portare l'Eucaristia e il messaggio della salvezza, proprio allora cade crivellato. Un sacerdote con i suoi contadini, verso il suo popolo per identificarsi con loro, per vivere con loro, non per ispirazione rivoluzionaria, ma per ispirazione d'amore, e precisamente perché è amore quello che ci ispira, fratelli...[2]
  • La liberazione che padre Grande predicava s'ispirava alla fede. La liberazione che termina nella felicità di Dio, la liberazione che inizia dal pentimento per il peccato, la liberazione fondata su Cristo, unica forza che salva: questa è liberazione che Rutilio Grande ha predicato... magari la conoscessero i movimenti sensibili alla questione sociale. Non si esporrebbero all'insuccesso, alla miopia che fa vedere le cose temporali, strutture del tempo. Finché non si vive una conversione del cuore... tutto sarà debole, rivoluzionario, passeggero, violento. Non cristiano.[2]
  • L'alba a Roma evoca tanti ricordi. Questi paesaggi che io conobbi quando studiavo la mia teologia, quando mi ordinai sacerdote e vissi i miei primi mesi da sacerdote, sono un rinnovamento per il mio spirito. Ora, con nuove responsabilità, sento che Roma è una benedizione del Signore che conferma la mia missione, il mio lavoro, che Dio condivide dandomi questa fortuna di potere collaborare umilmente all'inserimento del suo Regno nel mondo.[1]
  • La Chiesa predica la sua liberazione come l'abbiamo studiata oggi nella Sacra Bibbia. Una liberazione che mette, al di sopra di tutto, il rispetto alla dignità della persona, la salvezza del bene comune della gente e la trascendenza che guarda innanzitutto a Dio e solo da Dio ricava la sua speranza e la sua forza.[1]
  • La mia altra paura riguarda i rischi per la mia vita. Mi costa accettare una morte violenta che è molto possibile in queste circostanze; perfino il Signor Nunzio della Costa Rica mi ha informato riguardo ai pericoli imminenti in questa settimana.[1]
  • Una Chiesa autenticamente povera, missionaria e pasquale, slegata da ogni potere temporale ed audacemente impegnata nella liberazione di tutto l'uomo e di tutti gli uomini.[1]
Óscar Arnulfo Romero in un murale della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Sociali dell'Università di El Salvador
  1. a b c d e f g Citato in Gregorio Rosa Chávez, L'eredità di Monsignor Romero: la Chiesa della Pasqua, marzo 2005, in santamelania.it.
  2. a b Dall'omelia pronunciata per il funerale di Rutilio Grande. Citato in Stefania Falasca, Il vescovo martire. Oscar Romero sarà beato il 23 maggio, avvenire.it, 11 marzo 2015.

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