La Forza Del Destino
La Forza Del Destino
La Forza Del Destino
La forza del destino è un'opera in quattro atti di Giuseppe Verdi.La prima rappresentazione
assoluta ebbe luogo al Teatro Imperiale di San Pietroburgo il 10 novembre 1862.
Il debutto italiano avvenne al Teatro Apollo di Roma il 7 febbraio 1863, con il titolo Don Alvaro.
La seconda versione, per la quale Verdi aggiunse la celebre sinfonia, compose un nuovo finale e
operò numerose altre modifiche, debuttò al Teatro alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869,
diretta da Angelo Mariani. Inoltre il finale fu cambiato, perché nella prima versione russa, l'opera
terminava con il suicidio di Alvaro, dopo la morte di Leonora, gettatosi da un burrone.
Personaggi [modifica]
• Marchese di Calatrava: nobilissimo signore spagnolo altero, che altamente sente lo
spirito di casta, ed ancor più, se fosse possibile, il punto d'onore. Sui sessantacinque anni;
capelli, baffi e pizzo grigi.
• Donna Leonora: figlia del marchese, i suoi 20 anni, dolcissima e passionata creatura che
in sulle prime ama il padre, ma non al grado di posporlo ad Alvaro, il quale è la sua
esistenza, il suo universo. Ella soffre tutto colla rassegnazione d'un eroico amore e di
migliore destino.
• Don Carlo: fratello di Leonora, Giovane ardente di 22 anni. Animato sempre dalla sete di
vendicare l'offeso onore della sua casa; che risolutamente e tenacemente affronta ogni
difficoltà, sprezza ogni pericolo pur di giungere al suo scopo.
• Don Alvaro: indo di regale stirpe, di anima ardentissima, indomita e sempre nobilmente
generosa, avrà circa venticique anni.
• Padre guardiano: vero tipo di evangelica mansuetudine, d'incrollabile fede. Avrà 70
anni, candidi la barba e i capelli.
• Fra Melitone: frate laico buontempone, alquanto iracondo, ma facilmente pieghevole.
Avrà circa 40 anni, sarà tabaccone, e avrà tutti gl'indizi dell'astuzia.
• Preziosilla: giovane zingarella, destra, spiritosa, civetta; avrà circa 20 anni e tutte le
proprietà della sua specie.
• Curra: giovane in sul quinto lustro, spensierata, desiderosa di viaggiare, e che anche per
ciò favorisce gli amori di don Alvaro colla sua signora.
• Alcade: uomo tipo, che appartiene all'innumerevole tribù degli importanti, ecc. di circa 50
anni.
• Trabucco: tipo originale, spiritoso e franco.
Trama [modifica]Tra il primo e il secondo atto passano circa 18 mesi. Tra il secondo e il terzo
alcuni anni; e tra il terzo e il quarto oltre un lustro.
Atto I [modifica]
Donna Leonora di Vargas (soprano) e don Alvaro (tenore), meticcio, per evitare l'opposizione al
loro matrimonio del padre di lei, il marchese di Calatrava (basso), si preparano a fuggire
nottetempo da Siviglia. Leonora, affezionata nonostante tutto al padre, medita sull'incertezza del
proprio destino e dice addio alla terra natia. L'arrivo di Alvaro le fa svanire gli ultimi dubbi, ma i
due vengono sorpresi dal marchese, che, tornato all'improvviso, rinnega la figlia e ordina ai servi
di arrestare il giovane. Questi, proclamandosi unico colpevole, si dichiara pronto a subire la
punizione del marchese e getta a terra la pistola, da cui parte un colpo che uccide il vecchio. I
due sventurati amanti scompaiono nella notte.
Atto II [modifica]
Il fratello di Leonora, don Carlo (baritono), deciso a vendicare la morte del padre, è alla ricerca
dei due amanti. Giunto a Hornanchuelos si spaccia per uno studente agli occhi degli avventori di
un'osteria, tra i quali si trovano dei pellegrini, la zingara Preziosilla (mezzosoprano), alcuni
soldati, un mulattiere, e la stessa Leonora che, travestita da uomo, si sta dirigendo al Monastero
della Vergine degli Angeli, nei pressi del quale intende vivere in eremitaggio. Dal racconto di
don Carlo Leonora scopre che don Alvaro, creduto morto, è ancora in vita, e teme per la propria
stessa incolumità: si appresta quindi a ritirarsi dal secolo con rinnovato vigore.
Giunta al monastero, la giovane si affida alla Vergine pregando perché i propri peccati siano
perdonati, quindi chiede un colloquio al padre guardiano (basso), cui rivela la propria identità e il
desiderio di espiazione. Il padre, indulgente e comprensivo, l'avverte però che la vita che
l'attende è piena di stenti e cerca di convincerla per l'ultima volta a ritirarsi in convento invece
che in una misera grotta. Constatando la fiduciosa costanza di Leonora, tuttavia, acconsente al
volere di lei e, consegnatole un saio, chiama a raccolta i monaci che, maledicendo chiunque
oserà infrangere l'anonimato dell'eremita, si rivolgono in coro alla Madonna.
Siamo in Italia, vicino a Velletri. È notte, infuria la lotta tra gli spagnoli e gli imperiali. Don
Alvaro è capitato nei granatieri spagnoli e, non potendo sopportare oltre le sue sventure, spera di
trovare la morte in battaglia. Rievocando il proprio passato di orfano, figlio di discendenti della
famiglia reale Inca, ripensa alla notte fatale in cui vide per l'ultima volta Leonora, e, convinto che
la giovane sia morta, le chiede di pregare per lui.Ad un tratto, sente il lamento di un soldato in
difficoltà, accorre in suo aiuto e gli salva la vita: l'uomo altri non è che don Carlo, che però non
riconosce il giovane indio. I due si giurano eterna amicizia. L'indomani, tuttavia, Alvaro stesso
cade ferito e viene trasportato da don Carlo. Alvaro morente affida a Carlo una valigia con un
plico sigillato contenente un segreto che non dovrà mai essere rivelato: alla sua morte il plico
dovrà essere bruciato.Carlo giura di farlo, ma una volta solo, insospettito dall'orrore provato
dall'amico al nome dei Calatrava, apre la valigia, dentro la quale trova un ritratto di sua sorella
Leonora: vedendo confermati i propri sospetti, sfida don Alvaro a duello. I due hanno già
incrociato le spade quando sopraggiunge la ronda: Alvaro scappa e trova rifugio in un
monastero. Nell'accampamento, intanto, ricomincia la vita di sempre: la zingara Preziosilla
predice il futuro e incita i soldati alla battaglia.
Atto IV [modifica]
Nei pressi del Monastero degli Angeli il frate Melitone (baritono) distribuisce la minestra ai
poveri. Questi, lamentandosi per il suo comportamento sgarbato, rimpiangono l'assenza del padre
Raffaele, il nome scelto da don Alvaro al momento dell'entrata in monastero.Lo stesso padre
Raffaele è richiesto da don Carlo, che, scoperto il nascondiglio di don Alvaro, lo sfida
nuovamente a duello. In un primo momento don Alvaro rifiuta il confronto ma, sentendosi
chiamare codardo e mulatto, si prepara ad incrociare nuovamente il ferro con lui.Presso la grotta
dove si è ritirata, Leonora, riconoscendosi ancora innamorata di don Alvaro, piange il proprio
destino. Sentendo improvvisamente dei rumori nelle vicinanze, si rifugia nel proprio abituro, ma
è richiamata proprio da don Alvaro che, avendo ferito don Carlo a morte, cerca un confessore per
dare all'agonizzante gli ultimi conforti. Terrorizzata, Leonora chiama aiuto ma, inaspettatamente
riconosciuta dal giovane, si accinge a ricongiungersi con lui. Messa a parte del ferimento di don
Carlo, tuttavia, si precipita da lui che, ancora ossessionato dal desiderio di vendetta, la pugnala.
Raggiunta dal padre guardiano, Leonora spira tra le braccia di don Alvaro, augurandosi di
ritrovarlo in cielo. Egli, rimasto definitivamente solo sulla terra, maledice ancora una volta il
proprio destino.
Pur essendo la diceria rimasta a livello di leggenda, molti ancora oggi si rifiutano di nominare il
titolo reale, preferendo dizioni tipo «la ventiquattresima opera di Verdi», «l’opera scritta per
Pietroburgo» o, più frequente, «la potenza del fato».