Progetto Di Ricerca
Progetto Di Ricerca
Progetto Di Ricerca
La conversazione impossibile: perch i classici avrebbero ancora molto da raccontare ma pochi sembrano disposti ad ascoltare. Progetto di ricerca a cura della prof. Lorenza Boninu ISIS "Carducci-Volta-Pacinotti" - Piombino (Livorno)
Schema generale del progetto e possibile indice tematico 1. Introduzione. Il filo interrotto della storia. 2. Per una definizione del "classico". 3. Classico e classicismo attraverso i secoli. 4. Presenze, ombre, fantasmi. Quando il classico c', ma non sempre si vede. 5. Uso ed abuso del paradigma nella moderna comunicazione di massa. 6. Tradizione classica occidentale e multiculturalismo. 7. "Et in aranea ego". I classici impigliati nella Rete. 8. Licei mutilati. L'insegnamento del classico in Italia, fra velleitarismo e realt. 9. Ecologia della parola. 10. Prospettive di studio e di ricerca: a. Sociologia del classico b. Antropologia del mondo antico. 11. Conclusione. Giganti e Nani: perch non possiamo fare a meno del nostro passato.
Motivazione della ricerca Il progetto di ricerca che qui si propone mira da un lato a dare ragione della crisi che da diversi anni sembra interessare la tradizione degli studi umanistici in Italia e, pi in generale, nel mondo Occidentale1; dall'altro ad analizzare la persistenza, spesso distorta, fraintesa, strumentalizzata dai meccanismi della comunicazione di massa, dell'autorit dei classici (che possono essere intesi in modo estensivo: non solo i Greci e i Latini, ma in un senso pi ampio qualunque forma espressiva e comunicativa che si sia fregiata, nel tempo, del titolo di "classica". Anche se, in questa sede, allo scopo di delimitare il campo di indagine si dedicher un interesse prioritario proprio all'Antichit Latina e Greca). Infine si cercher di proporre alcune possibili soluzioni alle questioni affrontate e di verificare la possibilit di una sorta di "rinascita" del classico e dell'umanesimo in genere, sia pure in una situazione mutata e in rapida evoluzione come quella attuale. Dal punto di vista sociologico, il tema appare interessante perch di fatto coinvolge il mutamento radicale e per certi aspetti irreversibile dei paradigmi educativi e culturali alla base della (post)moderna societ di massa, una societ "liquida" (per citare la fortunata metafora di Baumann), multiculturale, tecnologica, caratterizzata da evidenti disequilibri socio-economici e da trasformazioni rapidissime e incontrollabili. I cambiamenti in atto coinvolgono in profondit la percezione della propria identit sociale ed individuale, i sistemi valoriali di riferimento, i legami fra le generazioni e il rapporto di continuit fra passato e presente. La prima vittima di questa sorta di rivoluzione , senza dubbio, la scuola (e il Liceo Classico nello specifico). Se in Italia le proposte e gli interventi di riforma che sono stati attuati negli ultimi quindici anni hanno di fatto trasformato in profondit la fisionomia del sistema educativo, senza tuttavia dare l'impressione di essere accompagnati da una riflessione forte, saldamente motivata dal punto di vista epistemologico e didattico, sulle finalit che ci si proponeva, sembra comunque che un analogo disorientamento interessi l'intero sistema educativo occidentale, incerto fra le richieste del mercato, le pressioni dei media, le
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Lo spunto della ricerca, oltrech da osservazioni ed esperienze personali, nasce dalla lettura di un recente saggio di Martha C. Nussbaum che lega con forza i fondamenti della democrazia con la realizzazione di un'effettiva e diffusa educazione alla cittadinanza, oggi purtroppo messa in discussione da un'impostazione neoliberista e tecnocratica delle problematiche relative alla scuola (Nussbaum, Martha C. , Not for Profit. Why Democracy needs the Humanities, Princeton, Princeton University Press, 2010 tr.it Rinaldo Falcioni, Non per Profitto. Perch le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Bologna, Il Mulino, 2011)
contraddizioni ideologiche che accompagnano le scelte politiche in materia. Che cosa insegnare? Perch insegnarlo? Soprattutto, quello che si insegna mantiene ancora oggi un senso intellegibile (nella duplice accezione di "significato" e di "direzione")? Sono queste le domande che i docenti, in particolare i docenti di discipline che appartengono al novero delle materie umanistiche, si pongono sempre pi spesso. Visto che la scuola frequentemente esercita funzioni di supplenza rispetto al ruolo educativo proprio della famiglia (non di rado assente o, all'opposto, iperprotettiva e deresponsabilizzante), si avallata da anni la confusione fra istanze genericamente educative e socializzanti (si vedano ad esempio le pratiche di "educazione alla salute", "educazione stradale", "educazione affettiva e sessuale", "educazione alimentare", "educazione alla legalit") e la "cultura" (letteraria, artistica, filosofica, storica, scientifica, tecnica) della quale comunque la scuola resta naturalmente il tramite privilegiato. Quale gerarchia sia possibile fra questi apprendimenti di tipo e qualit tanto diversi resta un nodo irrisolto che ciascun istituto scolastico e, soprattutto, ciascun docente risolvono empiricamente come sanno e come possono, mettendo l'accento ora su un aspetto, ora su un altro, ondeggiando fra metodologie e approcci fra loro lontani, in genere facendo i conti con una desolante scarsit di mezzi: senza contare le oscillazioni degli interventi politici, sempre pi frequentemente tentati o da demagogici richiami all'autorit e ad una riscoperta severit in nome della cosiddetta "meritocrazia", oppure da velleitarie aspirazioni alla modernizzazione e tecnologizzazione dell'insegnamento. Ma la situazione della scuola , di fatto, il riflesso di una situazione generale che vale la pena indagare e che riguarda meccanismi sociali pi ampi. Visto che la societ muta rapidamente, ovvio che il rapporto con la tradizione si altera e si modifica con pari velocit. Cambiano gli strumenti di comunicazione, cambiano i supporti fisici grazie ai quali la cultura si trasmette e si diffonde (ad esempio dal libro cartaceo all'ebook), cambiano le gerarchie e nell'epoca di Internet gli intellettuali (dagli scrittori ai giornalisti, dai professori ai saggisti agli accademici) sono costretti a rinegoziare di continuo il loro ruolo e la loro autorevolezza nei confronti di un'opinione pubblica che rivendica il proprio protagonismo comunicativo "dal basso", reso possibile dall'avanzata impetuosa del cosiddetto Web 2.0. Nel frattempo si spezzato e rovesciato il rapporto fra le generazioni. I cosiddetti "nativi digitali", i giovani e gli adolescenti nati nei tardi anni Ottanta e negli anni Novanta sono cresciuti assieme alla tecnologia e con quest'ultima hanno avuto da sempre una familiarit costante che naturalmente ha influenzato stili e modelli cognitivi, aspettative e atteggiamenti, rendendo questi ragazzi spesso estranei e in certo modo incomprensibili agli adulti (indipendentemente dal fatto che questi ultimi siano o meno a pieno titolo "immigrati digitali" competenti nell'uso delle tecnologie)2. Il loro approccio veloce, emotivo, basato sul cosiddetto "multitasking", suggestionato da una variet di stimoli a portata di "clic", orientato e indirizzato dagli algoritimi dei
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Vedi in particolare il suggestivo saggio Nati con la Rete, la prima generazione cresciuta su Internet. Istruzioni per l'uso, Milano, Rizzoli, 2009 e per quanto riguarda la situazione italiana l'introduzione di Luca Sofri con il quale ho avuto modo di discutere l'opposizione "nativi digitali/tardivi digitali" sulle pagine del mio blog http://contaminazioni.splinder.com/post/20591399/Io%2C+una+tardiva+digitale
motori di ricerca. La conoscenze e le informazioni che i giovani hanno a disposizione sono vaste ma, al tempo stesso, frammentarie, decontestualizzate, contraddittorie, spesso non verificate o non facilmente verificabili. Frequentemente si ha l'impressione che molti di questi ragazzi, piuttosto che utilizzatori consapevoli delle tecnologie, siano consumatori passivi di link, lettori superficiali di pagine web, ispirati non tanto da una positiva esigenza di informazione e condivisione, quanto da un utilitarismo superficiale e irriflesso (cerco quello che mi serve, quando mi serve e, soprattutto, se mi fa guadagnare tempo e risparmiare sforzi). Bisogna comunque sottolineare che questi limiti sono i medesimi di moltissimi adulti, giunti sul Web sull'onda del successo planetario dei social network, senza essere in possesso delle minime competenze comunicative necessarie ad orientarsi efficacemente nel labirinto della Rete: e quindi facili prede di strumentalizzazioni o inganni. Ma, allo stesso tempo, proprio sulla Rete si costruiscono modalit culturali alternative, di nicchia, trasversali fra le generazioni, modalit che da una parte riescono a giovarsi in maniera efficace delle potenzialit espresse dalla cosiddetta "Intelligenza collettiva" o "connettiva" e dall'altra sono in contrasto pi o meno radicale con i modelli veicolati vuoi dai media cosiddetti "mainstream", vuoi dalle tradizionali agenzie educative, con l'intento di mettere in discussione profondamente ogni principio di autorit, in qualunque campo si esplichi, dalla cultura alla politica, dall'informazione alle abitudini e stili di vita. Da un altro punto di vista gli attuali fenomeni migratori determinano incroci, ibridazioni, contrasti, fraintendimenti e, spesso, veri e propri scontri fra tradizioni culturali fino ad ora geograficamente molto lontane e sostanzialmente estranee fra loro. Tradizione diverse che, ovviamente, hanno ciascuna i loro "classici", le loro radici, la loro storia che si sviluppata attraverso miti, autori, opere, riferimenti che non possono coincidere con quelli occidentali. Per un giovane cinese o indiano o africano, le Guerre Persiane, ad esempio, hanno lo stesso significato paradigmatico che hanno assunto per noi? E che cosa sappiamo, davvero, degli eventi che invece hanno caratterizzato, per esempio, la storia della Cina o delle civilt dell'Indo, al di l di una generica infarinatura? Un docente che si trovi di fronte una classe "mista", con alunni che magari hanno alle spalle una storia scolastica pi o meno lunga in altri paesi (europei o extraeuropei), potr continuare a dare alla "Divina Commedia" o a "I Promessi Sposi" la medesima centralit che finora hanno avuto nella pratica didattica, centralit peraltro giustificata dal ruolo fondante di queste opere per la nostra identit culturale ? Infine, "la cultura non si mangia". Siamo giunti al culmine di un processo che, iniziato nella seconda met dell'Ottocento, quando gi Baudelaire evocava efficacemente la "perdita di aureola" della poesia, ovvero lo smarrimento della sacralit collegata alla letteratura (ma non solo), destinata a tramontare inesorabilmente perch stritolata nei meccanismi inesorabili della moderna civilt di massa, ci ha condotto a svalutare tutto ci che non appaia immediatamente consumabile, utilizzabile, monetizzabile. Le ragioni di questo processo sono state efficacemente indagate nel corso di tutto il XX secolo dalle voci pi autorevoli del moderno pensiero filosofico e sociologico, ma oggi la rottura sembra pi profonda e irrimediabile perch saldamente radicata anche nel senso comune del cosiddetto "uomo della strada", angosciato dalle
contraddizioni della globalizzazione, ipnotizzato dalle sirene del mercato, impaurito dalla prospettiva dell'impoverimento e dalla crisi di un modello di sviluppo economico ormai alle corde. E in questa situazione la cultura, in particolare la cultura umanistica, sembra un lusso che non possiamo pi permetterci, n individualmente (quali prospettive di lavoro compatibili con la propria formazione pu avere, ad esempio, un laureato in filologia greca?), n socialmente (si taglia ci che sembra inutile nel breve periodo e, casomai, si considerano prioritarie le conoscenze e competenze di tipo tecnico, facilmente spendibili sul mercato del lavoro e valutabili in termini di produttivit e redditivit economica). Se il contesto questo, naturale che la tradizionale "auctoritas" connessa alla nozione di "classico" non pu non risultarne ampiamente sminuita. Se Italo Calvino, gi nel 1984, in "Perch leggere i classici" poteva scrivere che "la biblioteca di Monaldo (Leopardi n.d.r.) esplosa"3, oggi si ha l'impressione di trovarsi davanti ad una vera e propria disintegrazione del canone e ad un'impossibilit radicale di una sua ricostruzione. Eppure il classico mantiene ancora una sua presenza e un suo influsso, magari negati e misconosciuti, oppure talvolta strumentalizzati e banalizzati, che comunque interessante riconoscere e rivalutare nelle loro motivazioni e nei loro possibili effetti, purch, ovviamente, si possiedano gli strumenti conoscitivi per realizzare questa operazione: sensibilit storica, precisione linguistica, capacit di analisi filologica, chiarezza di metodo, consapevolezza dei propri scopi ed obiettivi. Il Percorso Sulla base di queste considerazioni generali, si propone un'indagine sistematica attraverso un'analisi approfondita di alcuni nodi fondamentali. Sembra in primo luogo necessaria una ricognizione attenta della situazione attuale, caratterizzata da un impoverimento generalizzato della consapevolezza storica dei legami che ancora intratteniamo con il nostro passato pi o meno remoto ("Il filo interrotto della storia"). Tale ricognizione sar effettuata attraverso la presentazione e il commento della letteratura critica sul tema. Sar poi indispensabile offrire una definizione precisa del termine "classico", cos come esso viene oggi comunemente utilizzato, per verificare la sua congruenza con il significato storicamente motivato del termine e per dare conto di eventuali slittamenti semantici della parola nel contesto comunicativo odierno, allo scopo di delimitare pi precisamente il campo di ricerca e predisporre gli strumenti necessari al confronto diacronico fra diversi paradigmi culturali ed educativi ("Per una definizione di classico, oggi"; "Classico e classicismo attraverso i secoli") . Anche in questo caso ci serviremo della
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"Oggi un'educazione classica come quella del giovane Leopardi impensabile, e soprattutto la biblioteca del conte Monaldo esplosa. I vecchi titoli sono stati decimati ma i nuovi sono moltiplicati proliferando in tutte le letterature e le culture moderne. Non resta che inventarci ognuno una biblioteca ideale dei nostri classici; e direi che essa dovrebbe comprendere per met libri che abbiamo letto e che hanno contato per noi, e per met libri che ci proponiamo di leggere e presupponiamo che possano contare. Lasciando una sezione di posti vuoti per le sorprese, le scoperte occasionali". (Calvino, Italo, "Perch Leggere i Classici", in Perch Leggere i Classici. Milano, Mondadori, 1991, pagg 18 - 19 )
letturatura critica gi disponibile nonch di analisi testuali autonome condotte su una serie di documenti significativi da questo punto di vista (articoli di giornale, interviste, programmi scolastici, pagine web et similia). Il quarto punto della ricerca ("Presenze, ombre, fantasmi. Quando il classico c' ma non sempre si vede") riguarder in modo specifico la lettura e l'analisi di prodotti culturali caratterizzati da ampia diffusione, nei quali la presenza di riferimenti al mondo antico ampia e documentabile, per quanto non sempre esplicita. Pu essere produttivo scegliere un approccio tematico: ad esempio ricercare la presenza di tratti tipici dell'eroe epico nell'odierna produzione cinematografica; analizzare gli elementi che avvicinano i pattern narrativi delle soap opera televisive alle strutture caratteristiche dell'epica antica e romanza4; ancora, riconoscere i riferimenti, a volte dichiarati, a volte no, a miti, abitudini, narrazioni di matrice classica, in romanzi, film, spot pubblicitari, canzoni, video etc ed individuarne la funzione e la finalit. Il quinto punto della ricerca ("Usi ed abusi del paradigma"), strettamente connesso al precedente, riguader in modo pi specifico l'utilizzo strumentale in senso propagandistico e "retorico" di richiami all'autorit del classico, piuttosto frequente nella comunicazione politica: dal citazionismo spicciolo al richiamo intenzionale in nome di una presunta autorevolezza "sacrale" degli autori antichi. Rientrano in quest'ambito i frequenti richiami alle "radici" ispirati ad un generico e suggestivo riferimento identitario usato per contrapporsi al multiculturalismo e/o relativismo e per difendersi dalle supposte minacce esterne alla propria identit culturale. Il sesto punto ("Tradizione classica occidentale e multiculturalismo") affronter il tema cruciale della possibile convivenza fra modelli diversi e la loro eventuale riconciliazione in una sintesi che, senza snaturare i diversi apporti, sia in grado di offrire una prospettiva di reale confronto e di vera crescita culturale ad una societ complessa e stratificata.5 In questo senso il rapporto con la Rete, affrontato nel settimo punto ("Et in aranea Ego. I classici impigliati nella Rete), sembra offrire uno strumento irrinunciabile, visto che nel labirinto di Internet la cultura classica ha la possibilit di rivolgersi a destinatari prima irraggiungibili e di ampliare il suo pubblico potenziale oltre la ristretta cerchia degli specialisti: purch si riesca, mantenendo sempre il necessario rigore, ad adattare linguaggio e strumenti alle mutate esigenze comunicative. In questa direzione la diffusione in Italia di corsi di Informatica Umanistica ha rappresentato sicuramente un elemento positivo, per quanto non sempre risultati socialmente significativi abbiano corrisposto alle attese e l'entusiasmo iniziale appaia oggi, a distanza di qualche
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Si veda ad es. Dupont, Florence, Homre et Dallas, 1991, Hachette (tr.it. Maria Baiocchi, Omero e Dallas, Dall'Iliade alla soap-opera, Roma, Donzelli, 1993, rist.2006)
Anche in questo caso, un consapevole ritorno allo studio storico, diremmo quasi"filologico, della nascita e dello sviluppo dell'identit europea, a partire dagli apporti diversi, i contatti, le contaminazioni che nel corso del tempo l'hanno costituita, indispensabile. A questo proposito, particolarmente interessanti le pregnanti osservazioni di Tzvetan Todorov (Todorov, Tzvetan, La peur des barbares, Parigi, Editions Robert Laffont, 2008, tr.it. Emanuele Lana, La paura dei barbari. Oltre lo scontro di civilt, Milano, Garzanti, 2009)
anno, un po' appannato. L'ottavo punto ("Licei mutiliati. L'insegnamento del classico in Italia, fra velleitarismo e realt") tratter direttamente le ragioni della crisi attuale del modello educativo imperniato sulla centralit tradizionale delle discipline umanistiche (Letteratura Italiana, Letterature Classiche. Storia. Filosofia). Crisi che si articola su pi livelli: difficolt nell'individuare i metodi didattici pi efficaci; sovrapposizione di modalit diverse di approccio, in parte fra loro in contrasto, legate fra l'altro all'incertezza delle procedure valutative; carenza di motivazioni, aspettative deluse o fraintese; ridimensionamento del ruolo e dell'autorit del docente, al quale non di rado si richiedono prestazioni per le quali non stato preparato e non possiede le competenze necessarie; invecchiamento della classe insegnante e mancanza di ricambio, il che rende ancora pi difficile il rapporto con alunni sempre pi distanti anagraficamente e, soprattutto, culturalmente. Se l'etichetta "Liceo" sembra ancora mantenere una certa residua autorevolezza agli occhi di genitori e studenti, evidente che essa oggi si applica a realt educative che solo parzialmente corrispondono a quello che il liceo stato in passato. I curriculi sono cambiati e ridimensionati, anche se le finalit ufficiali restano solenni e roboanti. In questo contesto visibile il disorientamento di docenti e studenti. I primi si trovano a fare i conti con una girandola di trasformazioni che spesso non hanno condiviso ma solo subito. I secondi nutrono attese che solo episodicamente sono destinate ad essere soddisfatte pienamente. Si propone a questo proposito un'analisi attenta dei nuovi programmi dei Licei e un confronto con le riforme proposte o parzialmente attuate negli anni passati, sulla base di una ricognizione critica della letteratura pedagogico-didattica prodotta in abbondanza a partire dalla Riforma Berlinguer in poi. Ma soprattutto pu essere utile indagare sistematicamente attraverso interviste e questionari sottoposti a campioni significativi il vissuto di docenti e studenti rispetto alla problematica in esame e in questa sede parzialmente accennata. Il nono punto ("Ecologia della parola") indagher il possibile recupero della valenza educativa e culturale delle discipline umanistiche dal punto di vista linguistico. In un suggestivo passo delle sue Lezioni Americane, Italo Calvino scrive: "Alle volte mi sembra che un'epidemia pestilenziale abbia colpito l'umanit nella facolt che pi la caratterizza, cio l'uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l'espressione sulle formule pi generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze. Non m'interessa qui chiedermi se le origini di questa epidemia siano da ricercare nella politica, nell'ideologia, nell'uniformit burocratica, nell'omogeneizzazione dei mass-media, nella diffusione scolastica della media cultura. Quel che m'interessa sono le possibilit di salute. La letteratura (e forse solo la letteratura) pu creare degli anticorpi che contrastino l'espandersi della peste del linguaggio".6 E' evidente che il recupero
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della letteratura con questo scopo presuppone l'idea di una "cura della parola" di matrice umanistica. L'"esattezza" uno dei tesori che Calvino vuole consegnare in eredit al nuovo millennio, ma l'esattezza della parola fa parte di una costellazione di valori elaborata in primo luogo dagli intellettuali umanisti del XV secolo che avvertivano ed esprimevano con forza la necessit di dare una forma esatta alla lingua e, attraverso questa, alla realt e alla cultura. Ma oggi sappiamo bene che la letteratura non abita le vette incontaminate del Parnaso ma , fra l'altro, un fenomeno plasmato dalla concreta situazione sociale nella quale si trova collocata: dai meccanismi del mercato alla formazione del gusto del pubblico, dagli strumenti materiali della sua ideazione e diffusione alle concrete pratiche di lettura e fruizione del testo7. Rispetto alla deriva linguistica del presente lamentata da Calvino, la letteratura pu rappresentare un argine, a nostro avviso, solo se avr ancora interlocutori educati a comprenderne la funzione e l'utilit. Ma se l'educazione "umanistica" viene considerata un lusso superfluo da tagliare, se la consapevolezza della sua utilit sociale viene meno a partire dalla scuola, non si capisce come questi interlocutori consapevoli possano formarsi. Il decimo punto ("Prospettive di studio e di ricerca") articolato in due parti distinte ("Sociologia del Classico" e "Antropologia del Mondo Antico") dar conto della possibile rifondazione degli studi classici e dell'interesse per la cultura umanistica a partire da metodologie di studio che, per quanto ampiamente acquisite in ambito accademico, stentano ancora ad affermarsi nella pratica didattica e nella comune percezione di quello che dovrebbe essere lo studio del "classico". Un approccio al mondo classico coerentemente ispirato ai metodi e agli strumenti della sociologia pu offrire motivi di indubbio interesse, soprattutto se condotto nell'ottica di un confronto e di un approfondimento di meccanismi sociali operanti nel nostro presente ( e in questo senso possibile ricollegarsi ai punti quattro e cinque di questo progetto). Si pensi alla possibilit di affrontare "sociologicamente" autori come Orazio, Seneca, Petronio: non solo, quindi, l'analisi delle loro opere da un punto di vista squisitamente letterario, filologico e retorico, ma lo studio del contesto culturale e sociale dal quale queste stesse opere scaturiscono, dei destinatari ai quali si rivolgono, dei modi e degli strumenti, anche materiali, della loro diffusione e trasmissione, degli elementi "sociologici", sia pure indiretti e inconsapevoli, che il loro contenuto veicola, della loro "fortuna", o meglio del loro riuso attraverso il tempo fino ad oggi. D'altro canto, l'approccio antropologico, che gode gi di una storia illustre, appare particolarmente adatto al contesto attuale: il mondo antico certamente la "radice" del nostro
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Si vedano per esempio le profetiche osservazioni di Ivan Illich nel suo saggio Nella vigna del testo: "I nostri predecessori, che vivevano saldamente inseriti nell'epoca del testo libresco, non avevano alcun bisogno di indagarne le origini storiche. In effetti la loro saldezza era puntellata dal postulato strutturalista secondo cui tutto ci che , in qualche modo un testo. Ci non pi vero per coloro che sono coscienti di avere un piede da una parte e uno dall'altra di un nuovo spartiacque. Questi non possono fare a meno di girarsi verso ci che resta dell'et libresca per esplorare l'archeologia della biblioteca di certezze in cui sono cresciuti. La lettura libresca ha un'origine storica e si pu ormai dire che la sua sopravvivenza un dovere morale, fondato intellettualmente sulla comprensione della fragilit storica del testo libresco". (Illich, Ivan In the Vineyard of the text. A Commentary to Hugh's Didascalon, Parigi, Les Editions du Cerf, 1991 per la prima traduzione francese, tr. it Alessandro Serra e Donato Barbone, Nella vigna del testo. Per un'etologia della lettura, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1994, pag 123124)
mondo, ma al tempo stesso radicalmente "altro" dal punto di vista culturale. Insomma, quella diversit che tanto ci spaventa quando entriamo in contatto con l'estraneo o lo straniero, ben presente nel cuore della nostra identit, un'identit che non appare certo come un dato metafisico o astratto dalla concreta vicenda storica e culturale, ma frutto di evoluzione e adattamento per cos dire "metamorfico" a contesti ed esigenze diverse. E con questo arriviamo alla possibile conclusione del percorso. Il "classico" padre del "classicismo", ovvero dell' asserita superiorit intangibile dei classici in quanto modelli che sarebbe possibile solo imitare, ma non superare, rinnegare o stravolgere. Se questi modelli entrano in crisi, chiaro che il valore e l'utilit del classico non possono che essere ridimensionati, fino all'azzeramento. In realt abbastanza chiaro che i classici sono tali solo in virt della loro "plasticit", della loro capacit di essere riletti e riutilizzati in maniera sempre diversa: nel tempo non sono stati solo oggetto di interesse antiquario ma spesso hanno offerto lo stimolo giusto perch il presente potesse fare il necessario balzo in avanti. E' auspicabile che oggi noi riscopriamo questa loro potenzialit, perch i classici possano fornire, se sapremo interrogarli nel modo giusto, risposte ai nostri interrogativi pi pressanti. E tuttavia, affinch questo avvenga, affinch torniamo ad essere "nani sulle spalle di Giganti" in grado di guardare lontano, senza restare costretti a terra, come omiciattoli impigliati nelle proprie contraddizioni, forse necessario rivedere il nostro approccio complessivo, prevedere un consapevole ritorno alla cultura umanistica sulla base di quelle che sono le nostre reali esigenze, tenendo conto del contesto comunicativo e culturale nel quale ci muoviamo Riconoscere la presenza del classico, per quanto rinnegata, distorta o offuscata, nelle convenzioni che regolano le nostre modalit di interazione sociale , pu essere un primo passo nella giusta direzione, per riallacciare "il filo interrotto della storia". Metodologia Il percorso proposto complesso e tocca problematiche che, per quanto fra loro collegate, necessitano tuttavia di approcci diversificati e interdisciplinari. Comprendere quale sia la presenza del "classico" nella cultura e nella sensibilit odierne ma, soprattutto, quale sia l'effettiva percezione di questa presenza nella societ e quale valore le venga accordato, al di l della ricognizione attenta della letteratura critica in materia, richieder un'analisi accurata dei dati concreti in riferimento a gruppi specifici. Il punto otto del nostro percorso (Licei mutiliati. L'insegnamento del classico in Italia, fra velleitarismo e realt) ha un'importanza centrale per orientare la nostra indagine. A nostro avviso ci sono alcune domande chiave alle quali occorre dare risposta. Quali sono le motivazioni che spingono le famiglie e i ragazzi a scegliere o, viceversa, a rifiutare gli studi umanistici? Una volta effettuata la scelta, i risultati concreti corrispondono alle aspettative? La materie umanistiche (latino, greco, ma anche letteratura, storia, filosofia) sono ancora ritenute utili? E, d'altro canto, qual la percezione che i docenti, nello specifico i docenti di discipline umanistiche, hanno del loro ruolo, della loro funzione e del loro status sociale? Per rispondere a questi interrogativi, sar opportuno ricorrere allo strumento dell'intervista o del questionario proposto a campioni significativi. Accanto a questo tipo d'indagine, indispensabile operare un
confronto sistematico fra la situazione in Italia e le scelte educative operate dagli altri paesi di area OCSE, vista anche l'introduzione imposta dei test PISA OCSE nelle nostre scuole e il rilievo mediatico che ai risultati di queste rilevazioni viene accordato, un rilievo che gioca un ruolo chiave nell'orientare le decisioni politiche e l'atteggiamento dell'opinione pubblica in materia di istruzione. Da un altro punto di vista necessaria un'analisi attenta dei documenti pubblici (articoli di giornale, servizi televisivi, interventi di politici, intellettuali, opinionisti auterevoli) che contribuiscono a indirizzare valutazioni e giudizi collettivi su questo tema. Gli strumenti della critica letteraria e della ricostruzione storico-filologica saranno invece prioritari per individuare la presenza del classico nell'immaginario odierno plasmato dai media, cos come per riconoscere l'uso e l'abuso del tema nel discorso pubblico che miri ad orientare e a creare consenso. Naturalmente lo studio di autori classici in prospettiva sociologica e/o antropologica e con una finalit didattica (come esempio della possibilit di affrontare il classico secondo una chiave di lettura pi attuale che tuttavia non ne snaturi le caratteristiche ma ne esalti, al contrario, quella che sopra abbiamo definito plasticit) si giover delle metodologie e degli strumenti propri di queste discipline. In quest'ambito, in relazione anche alla storia e alle possibilit di sviluppo dell'Informatica Umanistica, sar interessante valutare le risorse gi presenti in Rete, a partire da quelle raccolte nella Rassegna degli Strumenti Informatici per lo Studio dell'Antichit Classica (http://www.rassegna.unibo.it/) curata dal prof . Alessandro Cristofori (ultimo aggiornamento 19 gennaio 2007). Particolarmente significativa (e affine alle finalit del nostro progetto) appare l'azione del Centro Studi per la Permanenza del Classico (http://www.permanenza.unibo.it/permanenza/default.htm) presso l'Universit di Bologna. A partire dal 2002 il Centro Studi organizza letture e lezioni classiche aperte al grande pubblico ("Il Maggio dei Classici"): quattro incontri tematici annuali, che si tengono nel mese di maggio, con letture di testi da parte di attori di chiara fama e con commento di autorevoli esperti delle tematiche scelte. Gli interventi degli ospiti e i testi utilizzati per le performance teatrali sono stati fino a questo momento pubblicati da Rizzoli (si veda qui l'elenco dei volumi gi usciti http://www.permanenza.unibo.it/permanenza/IniziativeEditoriali/relazioni.htm ). L'introduzione (per quanto ancora incompleta) della LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) nella scuola italiana e le iniziative di aggiornamento collegate pongono con forza la questione dell'integrazione delle tecnologie nella didattica delle discipline umanistiche e della motivazione dei docenti ad un loro utilizzo non episodico ( ad esempio come semplici proiettori di diapositive) ma sistematico e coerente, secondo un approccio metodologico complessivamente nuovo. Restano comunque aperti diversi interrogativi cruciali, ai quali, come gi accennato, ci sforzeremo di dare risposta nel corso della nostra indagine attraverso la ricognizione dei dati disponibili. Ammesso che la tecnologia offra
una possibilit di rinascita allo studio delle materie umanistiche, questo sforzo potr contribuire a rilanciare l'interesse "sociale" per queste discipline? O, al contrario, esse sono destinate a vedere il loro prestigio inesorabilmente eroso nella percezione comune e quindi a diventare patrimonio di una ristretta, ininfluente, "casta" di specialisti? E se si dovesse realizzare compiutamente quest'ultimo scenario, che sembra gi abbastanza delineato, quali potranno essere le conseguenze a medio e lungo termine sulla riorganizzazione dei curriculi educativi e sulla professionalit docente? E, pi in generale, sulla percezione che la nostra societ ha della sua storia, della sua identit, della sua direzione? Bibliografia Sul legame fra gli antichi e il tempo presente AA.VV. Rimuovere i classici? Cultura Classica e Societ Contemporanea, a cura di Franco Montanari, Torino, Einaudi, 2003 Andreotti, Roberto, Classici Elettrici. Da Omero al tardoantico, Milano, Rizzoli, 2006 Andreotti, Roberto, Ritorni di fiamma. Augusto, Virgilio, Ovidio e altri classici, Milano, Rizzoli, 2009 Beard , Mary, Henderson, John, Classics. A very short introductio, Oxford, Oxford University Press, 1995 (tr.it Annalisa Bianco, I classici. Il mondo antico e noi, Roma-Bari, Laterza, 2005) Bettini, Maurizio, Antropologia e cultura Romana, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1986 Bettini, Maurizio, I classici nell'et dell'indiscrezione, Torino, Einaudi,
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