S. Agnese Fuori Le Mura. Roma
S. Agnese Fuori Le Mura. Roma
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La basilica costantiniana Il pi antico edificio del complesso monumentale di S. Agnese, la basilica costantiniana, di cui restano solo dei ruderi, visibili da p.za S. Annibaliano. Era un grande cimitero coperto (40,30 x 98,30 mt), realizzato tra il 337 e il 351 da Costantina/Costanza, figlia di Costantino e di Fausta, su un terreno di famiglia, presso il luogo di sepoltura di S. Agnese, di cui Costantina era devota forse a causa di una guarigione attribuita alla santa mentre era a Roma dopo la morte del marito Hannibalianus, re del Ponto e di Cappadocia, fatto uccidere nel 337 dal fratello di lei, Costanzo. Costantina torn poi a Roma e, nel 351, spos il cugino Costanzo Gallo, elevato nello stesso anno al rango di Cesare dOriente. Successivamente Costantina lo segu nella citt di Antiochia, in Siria. Limperatrice mor probabilmente in Bitinia nel 354. Le fonti narrano che mor durante un viaggio a Roma dal fratello Costanzo. Ammiano Marcellino scrisse che fu seppellita sulla via Nomentana. La costruzione della basilica, accanto e non sopra la tomba della martire come anche in altri casi, comport l'abbandono di una necropoli preesistente, sovrastante la regio IV delle catacombe e si inser in un'ampia
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campagna di realizzazione di opere cristiane a Roma, avvenuta nel IV secolo ad opera del primo imperatore convertito alla nuova religione e della sua famiglia. La basilica costantiniana da mettere in relazione con il culto cristiano dei morti, specialmente dei martiri. Si pu quindi supporre che il pavimento fosse ricoperto di tombe dei fedeli locali (in parte scoperte durante gli scavi del 1999) e che gli unici altri utilizzi fossero i banchetti funebri in occasione delle sepolture ed una messa annuale per l'anniversario della martire. Quindi si tratta di qualcosa di molto diverso da ci che oggi sintende per basilica cristiana. La tipologia quella della basilica circiforme, ovvero di una variante della basilica a tre navate, nella quale le navate laterali, anzich terminare in corrispondenza della parete di fondo, proseguivano in un deambulatorio semicircolare, seguendo l'abside. Le colonne sostenevano arcate in muratura, anzich una trabeazione continua. Le navate laterali erano coperte con tetto a capriate zoppe, poggianti sul muro perimetrale poco al di sopra delle finestre quadrangolari. Nella navata centrale, in corrispondenza dell'abside, sorgeva un'aula absidata, larga 5,70 m, in muratura di soli tufelli, di incerta funzione, forse vero luogo di sepoltura di Costanza. L'edificio era presumibilmente circondato da altre tombe e mausolei, tra cui quello di Costantina. Attorno c'erano piantagioni e vigneti, essendo l'area lontana dalla citt edificata. In questa basilica si rifugi Papa Liberio, nel 358, mentre la Santa Sede era occupata dall'antipapa Felice. Sempre a causa di un altro antipapa - Felice, che aveva occupato la sede del Laterano - Papa Bonifacio I fu costretto ad amministrare qui il battesimo di Pasqua. Papa Simmaco (498-514) fece degli interventi di restauro, dei quali per non s' trovata traccia. L'edificio fu abbandonato probabilmente nel VII secolo, quando Onorio I fece costruire l'attuale basilica, proprio sopra il luogo di sepoltura di Agnese e fu riscoperto nel '500 da Antonio Bosio.
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Il Mausoleo di S. Costanza Il mausoleo di S. Costanza un caposaldo dell'architettura tardoantica. Fra i primi esempi conservati (insieme al Battistero Lateranense) di edificio cristiano a pianta centrale con ambulacro. Derivato da modelli romani di templi e mausolei, ninfei, (il Pantheon, il Mausoleo di Augusto, il cosiddetto tempio di Minerva Medica) deve la caratteristica pi innovativa - i due spazi circolari concentrici - a un edificio di poco precedente destinato ad influenzare l'architettura medioevale: il Martyrium del Santo Sepolcro eretto a Gerusalemme da Costantino e dalla madre Elena. Un esempio simile di integrazione tra mausoleo e basilica in epoca costantiniana costituito dal mausoleo di Elena (madre di Costantino) - l'attuale Tor Pignattara realizzato a ridosso della basilica costantiniana dei SS. Marcellino e Pietro su via Labicana, oggi via Casilina.
L'edificio era strettamente integrato con la basilica. Il nartece (1) che ne costituisce l'ingresso, absidato ai lati, si innestava sulla navata laterale della basilica e pertanto il mausoleo veniva a trovarsi trasversalmente in asse con la basilica stessa. L'interno costituito da una rotonda circolare (2) coperta a cupola, circondata da un deambulatorio (3), e da esso separata da 12 coppie di colonne di granito, tutte di spoglio, cio ricavate da un precedente edificio di epoca romana. I capitelli delle colonne sono legati fra loro due a due da tronchi di architrave (pulvini) disposti in senso radiale, cos da creare moti centrifughi e centripeti che accompagnano dalla penombra dell'ambulacro al luminoso spazio centrale. La cupola dell'ambiente centrale - avente 22,50 m di diametro - venne realizzata con una tecnica costruttiva tipicamente romana, composta di nervature meridiane e solidi archi in mattoni, che ingabbiano la concrezione di tufo e pietra pomice.
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All'interno la cupola era ricoperta di mosaici, oggi scomparsi, e le pareti sottostanti erano dotate di un sontuoso rivestimento marmoreo in opus sectile (cio a tarsia), di cui oggi non ci rimangono che alcuni disegni, come testimonianze. Fu Urbano VIII (1623-1644) ad eliminare i rivestimenti, a causa di una minaccia di crollo. Rimangono comunque i 12 finestroni centinati che illuminano l'edificio nella sua parte centrale, conferendogli quel dinamismo da cui deriva in buona parte del fascino dell'edificio. L'ambulacro coperto con una volta a botte, decorata da magnifici mosaici del IV secolo, che alternano motivi geometrici, scene di vendemmia, ritratti inseriti in clipei, fra cui si potrebbero riconoscere, rispettivamente a sinistra e a destra della nicchia frontale, Costantina e il primo marito Annibaliano, re del Ponto. Tipico caso di adattamento di temi pagani alla tradizione cristiana, hanno fatto s che il mausoleo venisse a lungo identificato con il tempio di Bacco. Il ritmo delle pareti laterali scandito da numerose nicchie. Le quattro nicchie in corrispondenza dei quattro assi sono di dimensioni maggiori: di forma rettangolare le due sull'asse longitudinale, semicircolari quelle sull'asse trasversali. I corrispondenti spazi tra le doppie colonne (intercolumni) sono pi larghi e pi alti degli altri: in questo modo viene a crearsi uno schema tipologico a croce inscritto in una circonferenza. La nicchia rettangolare opposta all'entrata (4) ospitava il sarcofago di Costantina in porfido rosso (marmo riservato alla famiglia imperiale) decorato con motivi cristiani che riprendono i temi della decorazione musiva dell'ambulacro. Il sarcofago conservato dalla fine del '700 nei Musei Vaticani; al suo posto collocata una copia in gesso. Nelle due nicchie maggiori poste al centro delle curve laterali, due scene a mosaico della fine del IV secolo testimoniano il primato della chiesa di Roma sulla cristianit: la Consegna delle chiavi e la Consegna del rotolo della Legge a S.Pietro. All'esterno dell'ambulacro correva un'altro ambulacro colonnato, oggi scomparso. Nel complesso quindi questo edificio, assieme alla basilica cui era annesso, riflette le caratteristiche salienti dell'architettura costantiniana: grandiosit, semplicit della pianta e dell'esterno, sfarzosit all'interno. (Krautheimer) L'edificio nei secoli La costruzione del mausoleo, secondo studi recenti, sarebbe avvenuta in due fasi: Prima Fase, 337-351 d.C. - nel periodo di vedovanza di Costantina Seconda Fase, entro il 361 dopo la sua morte
Successivamente fu sepolta nel mausoleo anche Elena, altra figlia di Costantino. Il mausoleo divenne in seguito battistero della basilica di S. Agnese, sorta nel VII secolo. La tipologia a pianta centrale si adattava in modo particolare a tale destinazione d'uso, come ormai a quel tempo voleva la tradizione, anche se non tutti gli studiosi sono concordi con questa destinazione d'uso. Nel 1254 l'edificio fu trasformato in chiesa, intitolata a S. Costanza. Ma sin dall'alto medioevo che Costanza (altro nome attribuito a Costantina figlia di Constantino) veniva arbitrariamente identificata come una martire, e quindi appellata come santa. Del resto gi nell'835 il Liber Pontificalis designava il mausoleo come Aecclesia Sanctae Costantiae. Tale ambiguit un tratto caratteristico dell'edificio, che nelle sue forme architettoniche si rif prevalentemente a modelli pagani di templi e sepolcri. Nel 1620 il cardinale Fabrizio Veralli fece eliminare definitivamente la decorazione musiva della cupola (splendida, secondo le testimonianze iconografiche che ci sono giunte), gi da tempo in pessimo stato di conservazione, sostituendola con modesti affreschi.
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La credenza - tipicamente umanista - secondo la quale l'edificio doveva essere un tempio dedicato a Bacco, fece s che esso divenne, nel XVII secolo, un ritrovo di artisti fiamminghi, riuniti in un'associazione chiamata Bentvogels (uccelli della banda). In occasione dell'ammissione di un nuovo membro nell'associazione, si celebrava una "festa del battesimo": dopo aver fatto bagordi per tutta la notte, all'alba i bentvogels si recavano al cosiddetto Sepolcro di Bacco (cio il sepolcro di porfido che si trova all'interno del mausoleo), per un'ultima libagione. Molti dei loro nomi sono rimasti amcora incisi sugli affreschi delle nicchie. Nel 1720 Clemente XI proib quest'uso paganeggiante dell'edificio. Un'ipotesi alternativa Nel corso di una campagna di scavi nella zona occidentale del nartece e nell'esedra ovest del mausoleo (Stanley, 1992), sono state trovate numerose tombe d'et tardoantica e medievale, tra cui due "sepolture privilegiate". Inoltre sono stati rinvenuti resti di una struttura triconca, che faceva parte dell'originario impianto della basilica cimiteriale, databile tra il 340 e il 350 d.C. L'ipotesi formulata che l'edificio svolgesse la funzione di martyrium per la venerazione di S. Agnese, e che di conseguenza Costanza sarebbe stata sepolta altrove: per l'esattezza, in una struttura absidata al centro della basilica costantiniana.
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La basilica onoriana di S. Agnese L'attuale chiesa di S. Agnese il frutto di una serie di trasformazioni e restauri - succedutisi nei secoli - di una basilica fatta realizzare da papa Onorio I (625-638), di cui ancora oggi conserva gran parte dei caratteri. Onorio I da collocare storicamente tra i continuatori dell'opera di Gregorio Magno, il pontefice che - sulla scia dell'inefficiente amministrazione bizantina - diede l'avvio ad una gestione diretta del potere temporale da parte della Chiesa. Rispetto a Gregorio, che si dedic principalmente a salvaguardare dalle invasioni Roma ed i possedimenti della Chiesa, Onorio fu particolarmente attivo in ambito edilizio, lasciando tracce in tutta la citt, specialmente con i restauri delle chiese esistenti, tra cui S. Pietro. Ecco la situazione sulla quale intervenne Onorio. La giovane martire Agnese era stata sepolta in una galleria al primo piano del cimitero sotterraneo sulla via Nomentana (le catacombe). Lo sviluppo del culto derivante dal suo martirio - che vide tra i pi convinti adepti proprio la principessa Costantina - port alla realizzazione di un sacello "ad corpus" semi interrato sul fianco della collina, contestualmente all'edificazione della grande basilica cimiteriale costantiniana. La costruzione del sacello fu necessaria, perch la Chiesa romana proibiva di manomettere i luoghi di sepoltura, per prevenire la dispersione delle reliquie. Per realizzare la basilica, gli architetti di Onorio ripresero un modello introdotto mezzo secolo prima da papa Pelagio II (579-590), con la costruzione della basilica di S. Lorenzo fuori le Mura. In una situazione molto simile a quella dell'area di S. Agnese, con:
la presenza di una basilica cimiteriale semi-abbandonata; il corpo del santo sepolto in una catacomba, che poneva molti limiti all'accesso dei pellegrini; la volont di non rimuovere il corpo oggetto di venerazione; la necessit di favorire l'afflusso di pellegrini nella citt, i quali costituivano una risorsa irrinunciabile in un periodo caratterizzato da grande incertezza.
A S. Lorenzo fu adottata una soluzione particolarmente ingegnosa, ripresa piuttosto fedelmente a S. Agnese. Fu realizzata una basilica seminterrata, in modo che il pavimento fosse al livello della tomba oggetto di culto, sbancando parte della collina. A S. Lorenzo l'ingresso avveniva lateralmente, mentre a S. Agnese ci si arrivava per mezzo di una scala (come tuttora avviene, per chi accede dalla Via Nomentana). Al livello superiore, in entrambe le basiliche, fu realizzata una galleria che correva su tre lati: in corrispondenza delle due navate laterali e del nartece, che era interno. La galleria consentiva di accedere all'interno della basilica anche a chi non era in grado di percorrere le scale; inoltre permetteva di avere spazio aggiuntivo nei giorni di particolare afflusso. A S. Agnese emergevano quindi dalla sommit della collina solo il cleristorio e le gallerie, con un effetto simile a quello che ci hanno trasmesso fotografie di epoche precedenti l'urbanizzazione della zona. Le opere di sterro che portarono alla realizzazione della facciata principale, con le tre attuali porte d'ingresso, furono realizzate solamente nel 1600, dal cardinale Alessandro Ottaviano de' Medici. Coevo alla costruzione della basilica il grande mosaico che copre l'intero catino absidale, raffigurante S. Agnese, la quale ha ai piedi le fiamme e la spada del martirio, ed affiancata dai papi Simmaco e Onorio, quest'ultimo che reca in mano il modellino della chiesa. La sottostante parete dell'abside, decorata con paraste e trabeazione in porfido, ci ha lasciato una testimonianza dello stile semplice ma monumentale di questo edificio. Tutte le colonne utilizzate nella basilica sono di spoglio, cio ricavate da edifici romani andati in rovina,
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probabilmente la limitrofa stessa basilica costantiniana. La variet dei fusti e dei capitelli (derivante dalla loro origine) stata sfruttata dall'architetto per conferire dinamismo all'edificio, segnando in particolare la progressione del percorso che il pellegrino avrebbe compiuto in direzione dell'altare che custodiva il corpo della venerata Agnese. Delle 16 colonne che circondano l'aula centrale, le prime due coppie, verso l'altare, sono di marmo pregiato di portasanta, le successive, scanalate, di paonazzetto. Poi 4 coppie di bigio precciato ed infine - a separare la bavata dal nartece - due colonne di granito nero. Tutte le colonne hanno raffinati capitelli corinzi classici, ad eccezione di quelle di portasanta, dotate di pi grezzi capitelli del VII secolo. Nei secoli seguenti la basilica ha subito profondi cambiamenti:
nel XV secolo le navate laterali, originariamente dotate di soffitto, furono ricoperte con le attuali volte a crociera; nel 1606 il card. Paolo Emilio Sfondrati, per coprire le capriate a vista del tetto, fece realizzare il soffitto a lacunari, che ancora si ammira, pur nella colorazione conferitagli dallintervento ordinato da Pio IX nel 1855; tra il 1609 e il 1881 furono aggiunte le 6 cappelle laterali; ledificio originale, infatti, ne era privo, anche perch le cappelle, come corpi aggiunti agli edifici ecclesiastici, cominciarono a diffondersi solo a partire dal X secolo; le coperture del matroneo, inizialmente a tetto spiovente, furono munite di soffitto tra il XVI e il XVII secolo, e poi nel 1855 di volte a crociera; attorno al 1620 Paolo V dot la basilica di un nuovo altare, tuttora esistente, riccamente decorato nei suoi quattro lati da un intarsio di pietre e marmi preziosi, sormontandolo con un bel ciborio, sostenuto da quattro colonnine di porfido; il pavimento musivo di tipo cosmatesco della navata centrale, ammirato per il suo splendore e descritto da autori del XVI secolo, fu sostituito nel 1728 da un impiantito di mattoni, il quale nel 1855-56 fu a sua volta rimpiazzato da un pavimento fatto realizzare da Pio IX con i marmi avanzati dal nuovo pavimento della basilica di S. Paolo; linterno della basilica fu ornato di pitture nei secoli XII/XIII, XIV, XVII e XIX; gli affreschi medievali sono andati quasi del tutto perduti, soprattutto a causa dei lavori del XVII secolo; lattuale aspetto della basilica deriva quasi interamente dalle pitture fatte realizzare attorno al 1856 da papa PIO IX.
Laspetto della basilica, dunque, molto cambiato dai tempi della prima costruzione onoriana, a causa delle decorazioni ottocentesche, oggi predominanti nella percezione visiva, dei diversi trattamenti riservati ai soffitti e della scomparsa del pavimento cosmatesco.Lo stesso ciborio svolge un ruolo determinante, sotto questo profilo. Sono del resto estremamente rari i casi di edifici che hanno attraversato intatti i secoli, per giungere a noi nelle forme concepite dai loro primi architetti. Concepire larchitettura come un processo vitale, che consente alla storia di lasciare tracce di s negli edifici, aiuta certamente a comprendere questo splendido manufatto. La decorazione musiva di S. Agnese f. l. m. Il mosaico absidale di S. Agnese presenta una composizione a tre figure che si stagliano contro un fondo aureo. La martire, immobile e assorta al centro del catino, affiancata da due personaggi, abbigliati come presbiteri. Al vertice del catino absidale raffigurato lempireo stellato, dal quale sporge la mano divina che regge una corona sul capo della santa.[5] Ai piedi di Agnese sono la spada e il fuoco. Al di sotto della decorazione si trova la lunga iscrizione dedicatoria di Onorio I con lettere oro su fondo azzurro. Nel sottarco,
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un festone di fiori e frutti si diparte da due vasi posti a destra e a sinistra dellabside e culmina in una croce dorata racchiusa in un clipeo blu. Il festone a sua volta incorniciato da una fascia decorativa rossa e gemmata che racchiude lintero mosaico.[6] Le tre figure si ergono sopra un terreno erboso appena accennato da due fasce sovrapposte di diverse tonalit di verde. Esse appaiono isolate luna dallaltra ma legate nella gestualit, nella postura e nellatteggiamento. Il capo della martire circondato dal nimbo e dallepigrafe SC AGNES.[7] Agnese porta un diadema, ha il volto incorniciato da perle pendenti e ha il collo cinto da un preziosissimo collier di perle. Ella indossa un abito piuttosto sontuoso, secondo uniconografia ricorrente attestata nei vetri dorati. La santa veste una pesante tunica porpurea con maniche strette e scollo gemmato, che le copre completamente il corpo lasciando nude solo le mani che sorreggono il rotulo, mentre la stola gemmata (maniakion) delle imperatrici bizantine poggia sulle sue spalle e ricade in avanti come un loros o come un omophorion. Le vesti della santa sono ornate da un clipeo entro il quale inserito un uccellino spesso interpretato come una Fenice e da una cornice quadrilobata entro cui inserito un altro volatile circondato da quattro boccioli di rosa.[8] Accanto ad Agnese i due personaggi abbigliati come pontefici sono stati interpretati come i committenti della basilica costantiniana e di VII secolo: con Simmaco il personaggio con il libro e con Onorio I quello che regge il modellino della chiesa. Questi indossano labito pontificale: una dalmatica bianca clavata con penula di porpora violacea e pallio crociato. Ai piedi hanno calze bianche (udones) e campagi neri. Le loro teste sono state rifatte per intero nel corso del restauro ottocentesco, mentre il volto di Agnese presenta probabilmente lovale originario. Liscrizione musiva di Onorio I, in caratteri doro su fondo azzurro, divisa in tre riquadri da una cornice dorata. Nella traduzione di Frutaz essa recita cos: Aurea sorge la pittura per tagliati metalli e lo stesso giorno qui avvinto e rinchiuso, cosicch crederesti che laurora da nivee fonti spunti fra le nuvole squarciate, irrorando di rugiada i campi, ossia che tra i pianeti Iride spanda la sua luce, splendente del colore del porpureo pavone. Colui che pot fissare la fine della notte e della luce allontan il caos dalle tombe dei martiri. Quanto si scorge qui sopra con unocchiata questi dono votivi il vescovo Onorio diede e il suo volto si riconosce dalle vesti e dallopera. Allieta i cuori col solo aspetto. [9] Negli esempi del V e del VI secolo lo spazio dellabside si era progressivamente affollato di figure, ordinate secondo uno schema prevalentemente a sette elementi. Dalla met del VI ai primi decenni dell VIII secolo in alcune decorazioni absidali il numero degli elementi si riduce sensibilmente fino ad accogliere una composizione di tre figure, le quali si assottigliano e diminuiscono di volume a fronte del fondo oro in cui si perdono. La rarefazione delle masse corporee dei personaggi, ritenuta dalla maggior parte degli studiosi il segno di uninversione di rotta rispetto alla prima pittura cristiana, si accompagna ad una semplificazione delle forme, spesso isolate rispetto al contesto in cui sono inserite. una rarefazione che, a Roma, trova compimento nelle absidi di S. Eufemia (perduta), di S. Stefano Rotondo, di S. Venanzio e di S. Agnese fuori le mura e che avvicina le immagini riprodotte in questi luoghi alle icone bizantine. Il processo di bizantinizzazione di cui si sta parlando si manifesta - oltre che con un alleggerimento del registro della
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struttura compositiva - nellesilit delle silhoulette dei santi rappresentati nelle decorazioni, nella ricerca di atmosfere evanescenti, nella scelta del fondo oro e nei tessuti eleganti, preziosi, che abbigliano i personaggi. [10] Gli studiosi pertanto parlano di una matrice orientale alla base di tali scelte stilistiche e compositive. [11] A questo proposito, si deve tener conto della difficolt a un inquadramento storico di questo tipo dovuta allassenza di confronti diretti pervenuti nellarea greco - costantinopolitana. Liconoclastia ha infatti distrutto la quasi totalit delle testimonianze pittoriche e musive anteriori all VIII secolo.[12] Gli unici raffronti possibili sono quelli con i riquadri storici di San Vitale, le teorie di S. Apollinare nuovo, le decorazioni geometriche di S. Sofia e, in particolare, i pannelli di S. Demetrio a Salonicco.[13] Ancora oggi gli storici dellarte trovano una certa difficolt nello stabilire se le forme orientali importate a Roma nel secolo VII rispecchino fedelmente larte prodotta a Costantinopoli o se siano piuttosto espressione di varianti provinciali.[14] Non si deve dimenticare che Roma in questo frangente apparteneva allImpero bizantino, direttamente dipendente dallesarcato di Ravenna.[15] Si deve inoltre considerare la confluenza e laffermarsi di comunit monastiche di lingua e cultura greca e lavvicendamento sul soglio pontificio di una serie di pontefici greci e siriaci, i quali, se non possono essere considerati gli unici artefici della diffusione della cultura greca nellUrbe, hanno probabilmente dato unulteriore spinta alla diffusione della cultura orientale. Sono i papi, infatti, i pi convinti committenti di icone, di pitture murali e di mosaici con i quali Roma sosteneva una convinta politica dellimmagine sacra in opposizione alle tendenze iconoclaste di Bisanzio.[16] Nel determinare il contesto storico medievale romano tra la met del secolo VI e lavanzato secolo VIII occorre perci esaminare attentamente - in tutte le loro possibili relazioni e conseguenze - i seguenti fattori: in primo luogo la presenza di stilemi di matrice orientale che vengono indicati in termini generali quali bizantini; in secondo luogo si deve acquisire la consapevolezza che entro la dimensione artistica definita bizantina albergano linguaggi di origine diversa. E infine si deve valutare lassenza di confronti diretti con i quali rapportare questi linguaggi a causa della controversia iconoclasta, scoppiata a Bisanzio tra il 726 e il 787.[17] Il problema della presenza di una matrice bizantina nel mosaico di S Agnese, in ogni caso, sussiste e va affrontato in modo specifico.[18] Per riuscirci necessario partire da quegli indizi che sono apparentemente a favore di tale orientamento stilistico: liconografia martiriale e la tecnica mista con tessere vitree e lapidee messa in atto nella manifattura del mosaico. La donna come martire compare tardivamente nei programmi iconografici delle basiliche romane e lunica testimonianza che ci pervenuta proprio quella di S. Agnese.[19] Guglielmo Matthiae fu uno dei tanti studiosi a sostenere la teoria di un influsso bizantino nel mosaico onoriano adducendo come principale motivazione la presenza degli strumenti del martirio ai piedi della santa, giudicati estranei alliconografia di Agnese sviluppata in Occidente. Secondo lo studioso, perfino limmagine di s. Eufemia affiancata dai serpenti, posteriore a quella di Agnese (687 -701), andava riallacciata alla tradizione orientale.[20] In tutte le testimonianze pittoriche e musive anteriori al VII secolo finora pervenute in Occidente la figura di Agnese appare spesso contraddistinta dallimmagine dellagnello - simbolo di verginit e di purezza e dalla corona del martirio, ma mai affiancata alle fiamme e alla spada, entrambe ricordate nelle passio orientali e nelle due principali versioni occidentali: quella damasiana e quella ambrosiana.[21] Tuttavia, si deve ricordare che nella decorazione di Sisto III (432 -440) in S. Maria Maggiore dovevano gi figurare alcuni santi martiri nellatto di calpestare i propri simboli del martirio, un tipo di iconografia trionfale desunta dallimmaginario iconografico della Roma imperiale.[22] La decorazione musiva di S. Agnese trova confronto con il mosaico che riproduce san Lorenzo nella lunetta di fronte allingresso del mausoleo di Galla Placidia (392 - 450) a Ravenna. Il santo qui rappresentato con la croce astile sulle spalle mentre incede verso una grande graticola lambita dalle fiamme.[23] Il raffronto
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utile almeno per due motivi: entrambi i mosaici condividono limpostazione del tema del martirio inteso come gloria e trionfo. Inoltre, i personaggi hanno dei caratteri iconografici in comune con alcune figurazioni rappresentate nei vetri dorati, i fondi dei recipienti vitrei decorati con una sottile lamina doro e rinvenuti in alcuni cimiteri romani.[24] Dalle varie funzioni - rituali, liturgiche o decorative - i vetri dorati accolgono le figure dei martiri pi amati dai primi cristiani di Roma: s. Agnese, san Lorenzo, s. Ippolito, s. Timoteo, papa Damaso e ovviamente Pietro e Paolo.[25] Il pluteo databile al pontificato di Liberio (352 - 366) - ritrovato nel complesso monumentale della Nomentana - mostra per l'appunto la giovane santa orante secondo la consuetudine iconografica dei recipienti vitrei con fondo doro, dove ella compare inserita fra due santi, Pietro e Paolo o Vincenzo ed Ippolito. Questi ultimi e, in particolar modo, i recipienti con limmagine della santa tra i principi degli apostoli, possono aver ispirato lassetto iconografico e compositivo della decorazione musiva della basilica onoriana, cos come i fondi dorati con limmagine di s. Lorenzo avrebbero potuto imitare quella contenuta nella lunetta del mausoleo di Galla Placidia a Ravenna o viceversa. Se cos fosse, Simmaco ed Onorio sostituirebbero, nellabside di S. Agnese, le immagini di Pietro e Paolo ricorrenti nei vetri dorati. [26] Gli strumenti del martirio raffigurati nel mosaico onoriano sono comunque assenti in questi esempi di arte minore o suntuaria romana, nei quali la santa presenta lattributo del rotolo ed inserita in un fondo stellato appena accennato da due piccoli asterischi reduplicati simmetricamente ai lati. La corona sorretta dalla mano divina, rappresentata alla sommit del catino del mosaico di S. Agnese, invece elemento ricorrente nelliconografia martiriale.Lattributo del rotulo si ritrova in alcuni dipinti cimiteriali piuttosto tardi e nel vetro dorato con limmagine di s. Agnese tra i pavoni rinvenuto nelle catacombe di Panfilo.[27] Il papa offerente il modellino architettonico potrebbe essere ispirato al mosaico dei SS. Cosma e Damiano (prima met del VI secolo) e alle sue varianti successive.[28] Lo stile del mosaico di S. Agnese tuttavia distante da quello adottato nel modello, realizzato quasi un secolo prima e ancora legato alle concezioni plastiche e formali tardo antiche.[29] Tale distanza evidente per chiunque osservi i due mosaici. Il grado di astrazione che emerge dallabside di S. Agnese tradisce lapporto di un linguaggio quantomeno esterno alla tradizione locale. Rispetto al mosaico della chiesa del Foro, la composizione di S. Agnese presenta la figura della martire al centro e non ai lati del catino, come sarebbe di consuetudine in questo tipo di iconografia. In effetti mentre tutte le absidi romane sono decorate con teofanie - nelle quali a volte si inseriscono i santi titolari nellabside della basilica onoriana la martire prende il posto del Cristo al centro del catino e diviene la sola protagonista della composizione. Tale scelta iconografia pu essere messa in relazione con la tipologia architettonica della basilica ad corpus adottata nel monumento che , di fatto, un edificio commemorativo. Gli studi sulliconografia dei martiri hanno peraltro dimostrato come limmagine del santo eretta o a mezzo busto entro il clipeo, orante o in atto di portare una croce, avesse avuto origine nellambito della tombasantuario, per conservane limmagine accanto alle sue reliquie.[30] La composizione quindi costituisce un altro punto di separazione tra le due decorazioni. Separazione che comunque, per tutte le ragioni sopra elencate, non deve essere letta necessariamente come una frattura rispetto alla maniera locale[31] Nel mosaico voluto da papa Onorio I (625 - 638) le scelte iconografiche sembrano complicarsi rispetto alle altre decorazioni absidali romane, poich vi compaiono, per la prima volta, due papi committenti.[32] Chi sono i due pontefici? Vi sono diverse congetture riguardo allidentit del personaggio con il libro, dai pi ritenuto papa Simmaco, colui che aveva promosso diversi lavori nella basilica costantiniana e forse ricordato nella sua decorazione. [33] Laltro pontefice con molta probabilit Onorio I, menzionato nell iscrizione musiva come il committente della moderna basilica di S. Agnese e del mosaico che la decora.
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La tecnica mista di tessere vitree e lapidee utilizzate per comporre il mosaico, stata considerata da alcuni studiosi come un ulteriore traccia della presenza di maestranze bizantine o orientali nel cantiere onoriano. A questo proposito si deve ricordare che anche i mosaici che decorano le volte dellambulacro anulare del mausoleo costantiniano intitolato a S. Costanza, sono costituti in parte di tessere di palombino e in parte di smalti, sebbene il suo originario paramento musivo risalga interamente al IV secolo d. C..[34] Il mosaicista di S. Agnese ha composto con tessere di palombino molto piccole il collo e il volto della santa, rinunciando alla rotondit del viso e alla sua modellazione attraverso graduali passaggi di colore che ancora si notano nelle figure di S. Apollinare nuovo a Ravenna e in quelle di Salonicco.[35] Tuttavia nel rotulo, nelle vesti e nelle mani di Agnese i toni dei filari delle tessere sono pi modulati. I particolari dellacconciatura e della corona sono talmente simili a quelli dello scollo, della stola - rimaneggiata durante il restauro ottocentesco e del nimbo da escludere comunque lipotesi che il volto sia stato realizzato da un secondo mosaicista. Lartefice del mosaico di S. Agnese adotta spesso nel panneggio delle figure una linea retta e rigida, che unisce brevi curve e costruisce le immagini attraverso linee spezzate. La linea morbida e fluida che determina alcuni brani delle vesti di Onorio e della santa potrebbe davvero tradire una mano diversa da quella dellantico mosaicista. Proprio il gusto della linea spezzata denuncerebbe, secondo il Matthiae, la presenza del grafismo locale nello stile prevalentemente bizantino della decorazione, esemplificato dalle tessere a foglia metallica del fondo doro, dai contorni netti delle figure e dalla ricerca quasi parossistica del dettaglio prezioso nei suntuosi tessuti della santa e dei pontefici.[36] Anche in questo caso tuttavia la perdita del confronto diretto con larte musiva di Costantinopoli del VII secolo non aiuta a stabilire se le impressioni dello studioso basate prevalentemente sul confronto della decorazione con i mosaici ravennati e tessali rimangano solamente delle ipotesi o diversamente corrispondano alla realt. Per concludere, nel mosaico dellabside di S. Agnese il processo di astrazione e di smaterializzazione degli elementi raggiunge un estremo mai raggiunto nelle decorazioni absidali dei secoli precedenti. Al di l delle molteplici teorie degli studiosi sullidentit bizantina del mosaico - e pi in generale sulla possibile attivit di maestranze bizantine a Roma nel secolo VII alla quale si fatto cenno - non si pu non riconoscere nel cantiere onoriano la presenza di unelaborazione artistica orientale. Questa matrice orientale non permea del tutto la sostanza pittorica della decorazione, che in alcuni suoi brani - soprattutto nel volto della santa, una sorta di maschera inerte[37] - sembra rimanere ancorata alla tradizione pittorica romana e a quello stile compendiario adottato in alcuni affreschi delle catacombe. Nonostante ci s. Agnese unimmagine intensamente iconica. Nel mosaico, la santa non interagisce con gli altri personaggi ma rimane isolata. Tuttal pi ella comunica direttamente con chi la osserva e ci lavvicina stilisticamente e concettualmente a una vera e propria icona.[38] Del culto di S. Agnese praticato presso la sua tomba rimane, come prima testimonianza in ordine cronologico, un pluteo marmoreo che reca al centro la figura della martire orante abbigliata con unampia dalmatica, la tunica bianca corta e aperta ai lati portata dai Romani. Esso appartiene alloriginaria sistemazione del sepolcro da parte di papa Liberio (352-366). Il pluteo oggi visibile murato ai piedi dello scalone che conduce al nartece della basilica.
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La successiva testimonianza costituita da un carme che papa Damaso (366-384) fece incidere su una lastra marmorea e collocare sulla tomba della martire. Reimpiegata come lastra pavimentale, anche questa iscrizione attualmente affissa lungo la parete dello scalone. I restauri Nei primi anni del Novecento, Guglielmo Matthiae, oltre a ricordare i restauri ottocenteschi, rilev i diversi interventi subiti dalla decorazione musiva intorno al 1614, anno in cui viene fatto risalire il ciborio dellaltare maggiore (1605-1621). [39] Nel tentativo di ricostruire lo stato di conservazione della decorazione, De Rossi, nel XIX secolo, si serv del codice XI, 197, fascicolo numero 173, conservato nella biblioteca Barberini, che contiene la Memoria della restaurazione della fabbrica di S. Agnese fatta dal cardinale di Firenze Alessandro Medici (1605). De Rossi evidenzi come nella suddetta "memoria" non si facesse menzione dei lavori all'abside e come limmagine di papa Onorio nunc prae vetustate vix vultus discernitur (f. 165). Quindi, intorno al 1603 e prima dello studio del monumento effettuato da Ciampini (1701), il volto di papa Onorio era a malapena distinguibile ma, a quanto pare, ancora visibile. [40] Nellultimo decennio del secolo XVII, Ciampini scrisse Pontificum vultus pictura fuisse suppletos, quia musivum deciderat, quod lineis indicare volui, ut in ipsomet apparet musivo..[41] Nella sua opera Vetera Monimenta, egli fece inserire una tavola che registrava lo stato di conservazione del mosaico onoriano, nella quale delimitava le teste dei due pontefici con una linea chiusa, interpretata da Domenico Bartolini (1858) come traccia di nimbi quadrati. Ciampini rilev come i volti dei pontefici fossero stati colmati a pittura poich la superficie di mosaico che li costituiva era caduta, senza specificare quando e come avvenne il risarcimento pittorico. Alla luce di tutte queste informazioni, deduciamo che molto probabilmente il volto di Onorio I nel 1603 era abbastanza deturpato e che il mosaico tra il 1603 e il 1605 non fu toccato; ai tempi di Ciampini, invece, le due teste furono rifatte in pittura. Tra il 1603 e il 1699, la basilica sub verosimilmente dei restauri: dal cardinale Paolo Emilio Sfondrati (1605-1606), come ricordava il Matthiae dal pontefice Paolo V (1614-1615), e da Fabrizio Veralli (1620).[42] Il mosaico venne poi largamente ripristinato negli anni Quaranta del Novecento, durante la campagna di interventi ai mosaici medievali condotta da Vincenzo Camuccini. Nel "conto e misura" dellagosto 1842 esplicitato che in alcuni tratti del mosaico gli operatori dello studio vaticano del mosaico incontrarono delle aree gi supplite con intonaco dipinto. A questo riguardo, Matthiae scrisse che le possibili alterazioni iconografiche si limitano ai visi dei papi che non possono vantare nessuna rispondenza con loriginale.[43] Entrambe le teste dei due pontifici furono rifatte per intero assieme ad alcuni brani delle vesti sottostanti e del contiguo fondo oro; da una attenta osservazione del mosaico si nota inoltre come le teste presentino dei caratteri molto simili seppure non identici. In particolare, Simmaco mostra un ovale meno rigido, toni modulati nelle vesti e nellincarnato e una pi corretta anatomia del volto rispetto a Onorio, le cui fattezze sono invece determinate da una netta linea di contorno e da diverse modulazioni cromatiche che maggiormente lo uniformano allo stile adottato dallantico mosaicista, ancora visibile in alcuni brani del capo della santa, mai toccato durante la campagna del Camuccini.
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Le catacombe di S. Agnese La nascita e il successivo sviluppo di questo cimitero ipogeo sono legati al martirio della giovanissima Agnese, nel corso di una delle persecuzioni anticristiane del III secolo: quella di Diocleziano (303-305 d.C.) che fu tra le pi spietate - oppure di Decio (249-251) o Valeriano (257-260). Il corpo di Agnese fu tumulato in una galleria al primo piano di un cimitero cristiano gi esistente sul fianco della collina, in corrispondenza del I miglio della Via Nomentana, a 6 metri di profondit rispetto allattuale livello stradale. Tale cimitero - nella suddivisione in 4 regiones operata dallarcheologo ottocentesco Mariano Armellini corrisponde alla regio I delle attuali catacombe di S. Agnese, ed originario della seconda met del III secolo, quindi di poco precedente allepoca costantiniana. Uno dei principali documenti agiografici riguardanti la figura di S. Agnese La passio sanctae Agnetis, redatta agli inizi del V secolo e basata su materiali precedenti come gli scritti del papa Damaso (366-384), oppure il De Virginibus e linno XI Agnes beatae virginis di S. Ambrogi (334-394). E tale documento a dare indicazioni sulla posizione topografica della tomba di S. Agnese, collocandola in praediolo suo, ovvero in un piccolo fondo di propriet della famiglia della bambina, prossimo ai terreni di propriet imperiale su cui sorgeranno gli edifici costantiniani.
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1) Questa prima regio coincide con larea a cui si accede per prima dallattuale ingresso. Gli indizi di maggiore arcaicit, rispetto alle altre regiones, derivano da elementi come:
i formulari delle iscrizioni che vi sono state rinvenute, improntati a particolare semplicit: indicano il grado di parentela, ricorre laggiunta dellaggettivo dulcis al nome dei defunti, la grafia molto curata, ecc.; la tipologia architettonica di alcune sepolture, come le "tombe a mensa", costituite da una nicchia a forma di rettangolo allungato che corona unarca scavata nel tufo; la presenza di larghi diaframmi di tufo tra un loculo e laltro, che fa supporre un utilizzo non intensivo delle gallerie, come avverr nel IV secolo.
2) La regio II, colpita pi delle altre dai trafugatori di reliquie, si presenta in maniera estremamente frammentaria, per cui risulta arduo renderne conto in maniera compiuta. Come le successive, si sviluppata a partire dal IV secolo. 3) La regio III si sviluppa tra labside della basilica onoriana (lattuale basilica di S. Agnese) e un arenario in direzione Nord - formato da una serie di ambienti cavi naturali - che mette in comunicazione il cimitero sotterraneo di S. Agnese con laltro grande complesso funerario ipogeo della Via Nomentana denominato "Cimitero Maggiore". Le testimonianze epigrafiche rinvenute testimoniano un utilizzo di questa parte del cimitero dallinizio fino alla fine del IV secolo. La sepoltura sotto consistenti strati di limo nel corso dei secoli ha garantito lintegrit di queste sepolture sino alla loro scoperta da parte di Armellini, tanto che da questa regione derivano molti oggetti oggi custoditi nei Musei Vaticani. A dispetto di tale circostanza, oggi non visibile alcuna decorazione pittorica allinterno delle catacombe. Sono per presenti alcune testimonianze che possono destare una certa curiosit:
lepigrafe di un certo Petrus, affiancata dallimmagine dellapostolo Paolo; un monogramma costantiniano in pietra, decorato con smalti e completato con liscrizione in hoc signo Sirici vinces, che parafrasa il famoso motto della battaglia di Ponte Milvio, che vide Costantino vittorioso su Massenzio; un cubicolo doppio contenente lepitaffio dellalumna Sabina, che volle essere sepolta sopra la tomba del genitore adottivo (super patronum);
liscrizione metrica in cui la figlia defunta esorta i genitori a non piangere sulla sua sorte beata;
una lucerna che riporta stampigliato un monogramma formato dalla sovrapposizione delle lettere "P" e probabilmente "E", interpretato con lespressione augurale Palma elea o Palma feliciter.
4) Lultima regione, la IV, quella pi prossima al Mausoleo si S. Costanza, e fu fatta rinvenire nel corso della campagna di scavi del 1971-72, che interess anche la zona di accesso alla basilica costantiniana. Ta tale campagna si potuto appurare che in questarea esisteva una necropoli pagana con mausolei e colombari (costruzioni funerarie costituite da nicchie sovrapposte per riporre le urne cinerarie), databili a partire dal II secolo dopo Cristo.
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Con la costruzione della basilica costantiniana la necropoli venne distrutta. Lerezione di tale edificio costitu dunque un atto di dominio da parte dellimperatore, forte del suo titolo di Pontifex Maximus, analogamente a quanto avvenne sul colle Vaticano, dove una vasta necropoli era stata sacrificata da Costantino per erigere la basilica in onore dellapostolo Pietro. La quarta regione catacombale sorse dunque una volta che larea fu liberata dalla necropoli preesistente, utilizzando come ingresso una scala gi appartenente ad uno dei mausolei pagani, modificata per la nuova destinazione duso. Molti frammenti marmorei delle tombe antecedenti furono anche inglobati nelle muratore e nei gradini delle catacombe. Da questa regione deriva un certo numero di reperti interessanti: un coperchio in marmo di urna cineraria pagana, ornato sulla fronte dai busti di due giovinetti e nelle volute laterali da due rosette a grandi petali; piccoli oggetti rinvenuti affissi alle tombe cristiane;
la pi antica iscrizione delle catacombe di S. Agnese: lepitaffio di un tale Sisinnius, datato al 341; un frammento di vetro dorato, probabilmente un medaglione ornamentale, in cui si conservata una figura maschile seduta ed abbigliata in tunica e pallio indicata col nome di Feilix che in atto di parlare con un altro personaggio solo parzialmente visibile.
una singolare statua femminile in marmo scuro, elegantemente abbigliata, ma priva di testa e di braccia;
Allepoca del pontificato di papa Simmaco (498-514), il primitivo santuario fu trasformato in una sorta di basilichetta, una struttura absidata la cui costruzione comport la distruzione di parte del cimitero preesistente. Lo stesso papa Simmaco, secondo il Liber Pontificalis, aveva gi provveduto al restauro della fatiscente basilica costantiniana. Antologia delle fonti In questa sezione sono raccolti i testi originali che costituiscono fonti per la ricostruzione delle vicende storiche dei diversi manufatti del complesso monumentale di S. Agnese fuori le mura, oltre a brani rilevanti per la loro interpretazione storico-artistica. Anno IV sec. 1605 Edificio Basilica onoriana Basilica onoriana Brano Carme di Papa Damaso (366-384) Verbale della ricognizione delle reliquie operata dal card.Sfondrati
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