Gigante, Biografia e Dossografia in Diogene Laerzio
Gigante, Biografia e Dossografia in Diogene Laerzio
Gigante, Biografia e Dossografia in Diogene Laerzio
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Marcello Gigante
BIOGRAFIA E DOSSOGRAFIA IN DIOGENE LAERZIO
infinites imals
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intellectual lexicon
m e taphysics monade
representation
U S ER
INDIC E
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P ARTE P RIMA
Log O ut
scritta p. 9
2. Biografia filosofica: ieri e oggi. C aratteristiche del
diogeniano. Dallo Schwartz al Mejer 15
J O U R NA L
C O NT ENT
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O the r Journals
tesi. e . Il libro della sapienza 45 7. Il libro: sulle tracce dei come opera
aperta.
Raccordi interni 52 8. Ieronimo di Rodi e una nuova rubrica biografica:
POxy. 3656 57 9. Il libro: la dedica e limpianto dossografico 64 10. Il papiro fiorentino:
lautore Antigono di C aristo? 67 11. I libri IV e V: accentuazione dell'ethos 72 12. Il libro
VI: aneddotismo e comunanza cinicostoica 75 13. Il libro VII: i due criteri dellesposizione
dossografica.
Il problema della symmetria 77 14. Pitagora: Diogene Laerzio e Porfirio 82 15. Il libro
novit strutturali. Il di Eraclito
IX:
una caricatura? 86 16. Il libro X: catarsi del metodo espositivo 93 17. Alcune conclusioni
e problemi 97
9
Alla cara memoria di
Mario Unlersteiner
P ARTE P RIMA
per la mia lunga consuetudine con lautore delle Vite dei filosofi antichi,
iniziata da quando Benedetto C roce, alla soglia degli Anni C inquanta,
auspice Giovanni Pugliese C arratelli, mi impegn a prepararne una traduzione. Non era la prima volta che C roce esprimeva lesigenza di
accogliere una versione italiana di Diogene Laerzio nella serie laterziana
dei Filosofi Antichi e Medievali, se negli Anni Trenta ne aveva
accennato a Vittorio E. Alfieri, che or ora ha ricordato nel volume
Cento anni Laterza di aver scelto Democrito dopo che C roce laveva
giustamente dissuaso dal tentare Diogene Laerzio1 : le ragioni della
dissuasione vanno ricercate, suppongo, nelle difficolt del compito, dal
momento che Diels-Kranz avevano dato un solido fondamento testuale
alla ricerca democritea, che nessun filologo aveva assicurato, dopo il
C obet, allopera diogeniana: difficolt non superata del tutto neppure
oggi, perch, pur dopo lOxoniense di Herbert Long del 19642 , il
problema di unattendibile edizione critica di Diogene Laerzio deve
essere ancora risolto.
Ma lattenzione del C roce rimane notevole. Egli ben conosceva
i limiti della storiografia filosofica di Diogene Laerzio. Potremmo em-
10
blematicamente ricordare la sua diffidenza sul criterio delle successioni,
uno dei pilastri della biografia filosofica, che daltra parte suscitava e
suscita perplessit anche nei filologi a partire dallultimo Wilamowitz.
Il C roce ammoniva perentoriamente nel Carattere della filosofia moderna 3 : Nella vera e propria filosofia bisogna abbandonare lordinamento consueto per scuole, per stte filosofiche [...] La storia della
filosofia devessere storia viva di ci che fu ed eternamente vivo.
Ora tutti sappiamo che nella teoria e nella pratica aveva attuato la sua
concezione storicistica della storia della filosofia come filosofia, aveva
criticato le forme della storiografia filosofica tradizionale prive di virt
speculativa e aderito alle prospettive e ai moniti delle Lezioni hegeliane sulla storia della filosofia. C ertamente C roce aveva presente il
severo giudizio hegeliano sullopera di Diogene, cumulo di opinioni ,
galleria di opinioni, filastrocca di opinioni differenti superflua e
noiosa4 . Se come storico del pensiero, vale a dire storico di problemi,
aveva concepito la ricerca storiografica quale verifica del sistema di pensiero, C roce aveva per osservato gi nel 1922: Del resto, i veramente grandi filosofi del passato sono stati tutti cos: uomini anzitutto, e pieni di interessi e passioni, dalle quali assursero alla filosofia
e alle quali seppero ridiscendere: e, quando si allent in loro questo
nesso vivente, essi decaddero o si sviarono o tacquero 5 . C roce non
disprezzava lerudizione, pensava che lerudizione n vana n simulata
potesse giovare al recupero della esperienza umana del filosofo, della
concreta figura del pensatore 6 . Il suggerimento di C roce di dare alla
cultura italiana una versione delle Vite dei filosofi un indizio del
suo riformato hegelismo, della coscienza che lequazione storia e filosofia, filosofia e metodologia della storia non poteva esaurire il pro-
11
pensiero e come azione 7 C roce ha scritto: Laneddotica nasce e si
nutre anchessa di un bisogno, del bisogno di tener viva e di accrescere lesperienza delle pi varie e diverse manifestazioni dellanima
umana. Vorrei dire insomma che allinteresse storiografico e critico
di C roce non rimase estraneo Diogene Laerzio, che, pur non producendo storia come sintesi di filologia e filosofia, ha munito la via biografica alla storia del pensiero antico. Daltra parte, anche nel dibattito
attuale la biografia considerata un genere di storia e illustrare la tensione fra biografia e dossografia in Diogene Laerzio equivale a chiarirne
la posizione nella storiografia filosofica antica.
Ma vale la pena di ricordare che in un Quaderno della C ritica
del 1949 C roce aveva svolto alcune considerazioni sulle biografie a
proposito di Svetonio che, come tutti sappiamo, impersona, almeno a
partire dallopera fondamentale di Friedrich Leo8 , un tipo di biografia
contrapposto a quello plutarcheo. Il C roce ritiene che Svetonio non
un erudito-critico, bens un cronista che adotta non il criterio
cronologico, ma un certo ordine per species, per materie, genealogie, amministrazioni e governi, guerre, costume privato, prodigi e
via discorrendo, un biografo che non sale mai alla biografia storica, ma pratica una biografia quale storia dellindividuo privato,
un modello letterario, non storiografico. Il C roce considera forme pseudostoriche di biografia le biografie panegiristiche o detrattorie, gli elogi
e le invettive, le biografie psicologiche o morali o romanzate o variamente passionali e giunge alla definizione della biografia quale forma
storiografica genuina. Scriveva chiaramente il C roce 9 : Intesa come
storia, la biografia non si differenzia nellintrinseco dalla restante storiografia tutta, perch il suo problema il medesimo di questa: determinare e qualificare ci che di nuovo stato creato nel mondo spirituale e che sempre tuttinsieme opera personale e superiore alle
persone, in essa operanti.
12
Le considerazioni del C roce ci inducono a porre la domanda: possiamo riconoscere nella biografia filosofica di Diogene Laerzio una forma storiografica? Oltre che allindividuale Diogene Laerzio fu sensibile
al generale? Riusc a percepire il ritmo della storia filosofica, il senso
del progresso del pensiero attraverso e oltre lindividuo? Non questo
lunico problema, ma un problema di fondo: alcuni anni fa cercai
di rispondere con la formula Diogene Laerzio storico e cronista dei
filosofi antichi, non della filosofia antica1 0 , mostrando concretamente
linsufficienza di una definizione dellopera laerziana quale rozza compilazione, pi o meno codificata anche presso il Gigon1 1 : intendevo
e intendo per storia non ci che filosofico nel senso di una
III
III
B 29 del
13
sinus1 2 , ma credo sia pi corretto additare nella triade intera il prezioso possesso dello stadio pi antico del nostro testo. Il IIII B 29, secondo una recente dimostrazione di G. C avallo1 3 , fu scritto da un
notarios della cancelleria regia normanna a Palermo e pass tra le
mani di Enrico Aristippo, traduttore in latino delle Vite fra il 1156
e il 1160, un cui profilo dobbiamo ora allultimo libro del compianto
M. Untersteiner, Problemi di Filologia filosofica 1 4 . La C alabria, patria
di Enrico Aristippo, si unisce alla Sicilia e a Napoli nel legare leredit
di Diogene Laerzio al Mezzogiorno dItalia. Nel 1964 il compianto
Vittorio Bartoletti pubblic un frustulo di papiro fiorentino e pose
linterrogativo di fondo: Diogene Laerzio o una sua fonte? E, pur
fra giustificate incertezze suscitate dallepoca della scrittura, pi del II
che del III secolo, scriveva che non proveremmo eccessiva meraviglia
nel constatare che Diogene Laerzio era letto in Egitto intorno al 250
d.C .1 5 . Si sa che i papiri egizi spesso ci danno il segnale o la certezza della fortuna di un testo. I fati di Diogene Laerzio non furono
larghi, il suo Fortleben fu piuttosto limitato, anche se il fatto che la
sua Raccolta sia sopravvissuta al naufragio di tanti libri di storiografia
filosofica antica il migliore riconoscimento della funzione che essa
esercit nella cultura medievale. In ogni modo, il frustulo fiorentino
non pu appartenere a Diogene Laerzio, ma, a mio parere, di
Antigono di C aristo, il brillante biografo seguito e utilizzato da Diogene e a noi rivelato nelle sue notevoli dimensioni dal giovane Wilamowitz1 6 . Il primato cronologico nella trasmissione del testo resta perci al cod. Napoletano III B 29, al quale ricorriamo con fiducia ogni
14
dit della lezione manoscritta. E qui bisogna dire che alcuni difetti
dellarchetipo medievale restano insanabili e sono certo che anche
quando avremo unedizione critica del testo affidabile non avremo
risolto alcuni ardui problemi di interpretazione. Gi nel 1881, nellAntigonos von Karystos, a cui or ora ho accennato, il Wilamowitz
affermava 1 7 che una ricerca sul metodo di lavoro e il modo di scrivere poteva essere compiutamente eseguita quando si disponesse di
una edizione critica. unaffermazione corretta, ma forse ottimistica.
Il contributo decisivo al testo laerziano venuto dalle varie edizioni
moderne di settori dellopera di Diogene, ma alcuni errori o alcune
lacune risalgono compattamente allarchetipo e sono uninsidia che
solo la scoperta di un papiro pu debellare: il caso, come vedremo,
di Ieronimo di Rodi, uno degli auctores ellenistici mediatamente utilizzati da Diogene Laerzio. Ma nessuna considerazione pu attenuare
lenorme valore del codice che oggi qui rifulge in mezzo a noi. Quando
il Momigliano, in una notte ateniese degli Anni C inquanta, mi chiese
con un cachinno come mai si potesse tradurre un autore di cui non
si aveva unedizione critica, risposi che, a parte il numero gi cospicuo
di edizioni speciali, a Napoli potevo consultare il teste pi antico e
che C arlo Diano suggeriva addirittura di identificare ledizione di Diogene con una trascrizione del codice di Napoli. Quando due anni fa
il bravissimo e arguto filologo anglico Martin West propose 1 8 di supporre in di I 114 una corruzione di e di trasformare Epimenide da Eaco ( si dice che fu il primo a chiamarsi Eaco )
in un uomo che sarebbe disceso dalla luna ( si dice che fu il primo
a chiamarsi lunatico ), il ricorso al cod. B mi fece escludere che prima
di potesse esserci stato un simbolo sigmatico di Selene e
consente perci di respingere la proposta del West quale fantasia
lunare e lucianesca.
15
2. Biografia filosofica: ieri e oggi. Caratteristiche del diogeniano. Dallo Schwartz al Mejer.
Il problema della biografia oggi particolarmente attuale ed
fuori del dubbio lopportunit del C onvegno laerziano. Il momento
propizio per due ragioni fondamentali: la prima la coscienza
sempre pi chiara di ci che fu la biografia nellantichit, e specialmente la biografia filosofica, e di ci che oggi essa ; la seconda
che la critica laerziana attraversa quella che, dopo la fase ermeneutica e la fase cronologica, o della Quellenforschung, a me piace definire la fase del processo di disasinizzazione, splendidamente inaugurato
da Eduard Schwartz poco pi di ottantanni or sono, nel 19031 9 ,
che ormai autorizza a vincere remore di falsa prudenza e pregiudizi
16
denti socratici alla biografia ellenistica. A sua volta, lUntersteiner2 4
ha posto in rilievo, da una parte, i presupposti aristotelici della biografia peripatetica nei concetti di praxis, pathos e ethos, limpulso dato
da Aristotele alla ricerca sistematica quale fu poi praticata da Aristosseno, C learco e Dicearco ognuno con proprie caratteristiche , dallaltra, ha rilevato la funzione di C allimaco nella formazione della
biografia alessandrina di origine grammaticale e pinacografica e il
ruolo specificamente morale delle vite dei filosofi di Antigono di
C aristo. LUntersteiner, dopo aver indicato in Diogene Laerzio un
ricco residuo della tradizione peripatetica e non, ha denunciato le
distorsioni che possono derivare da unimpostazione teoretica della
biografia e dalla trasposizione nel bios di una affinit dottrinale,
e con il Dal Pra 2 5 ha individuato la funzione mediatrice del criterio
delle successioni e la sua prospettiva piuttosto meccanica del prima
e del poi, la buona qualit del fondamento cronologico dascendenza
apollodorea, il modulo sincronico.
La tematica odierna sulla nozione di biografia pu essere cos
riassunta: la biografia un contributo a intendere la creativit delluomo, a conoscere luomo e anche se stesso attraverso il ritratto di
altri uomini; si distinguono diversi tipi, la biografia romantica o
storica, la biografia-elogio, la biografia pedagogica, la biografia aneddotica, la biografia ideologizzata, riconducibili a due tipi fondamentali, la biografia critica e la biografia agiografica; attraverso la biografia si recupera un personaggio con i tratti individuali e topici; la
biografia unoperazione storica e psicologica tendente allesemplarit; ci sono rapporti fra metodo biografico e metodo storico, fra
biografia e autobiografia 2 6 .
Alla luce delle discussioni sulla biografia di ieri e oggi possiamo
fissare gi alcune caratteristiche della biografia laerziana. La prima:
17
18
fico. La quinta caratteristica: un laerziano concepito come un
profilo sufficiente e, nei casi migliori, globale, senza essere completo,
del filosofo. La ricchezza del materiale, di cui talvolta possibile sorprendere la giustapposizione, la non avvenuta coesione, non deve
lasciar perdere di vista la selezione preliminare operata da Diogene
di chi degno di un sia per la vita sia per la dottrina. A illustrare lesemplarit del personaggio, sia lethos che nozione aristotelica sia i dogmata che eredit contenutistica o metodologica di Teofrasto , Diogene porta, non sempre selezionati, fatti
19
di Stilpone (II 112), e unannotazione su C leante (VII 170), che sopportava il dileggio dei condiscepoli e quando lo chiamavano asino
non se la prendeva, , anzi aggiungeva
che egli solo era capace di sostenere la soma, il di Zenone.
In ogni caso, lera nuova della critica laerziana comincia con
lo Schwartz, il grande filologo, degno del grandissimo maestro Wilamowitz. Lo Schwartz mostra linsufficienza e limpotenza della Quellenriecherei o della Quellenforschung e, attaccando allo stesso tempo
lUsener e il Nietzsche, dichiara energicamente la sua insofferenza per
la terminologia fino allora applicata: Biograph, Kompilator, Vorlage,
Unterlage, mostrando che lindisciplina e il disordine dellesposizione
laerziana non possono risalire alla fonte unica prediletta dalla critica
allora imperante, ma a pi raccolte di apoftegmi, citazioni, di
e simili. Lopera di Diogene, scrive giustamente lo Schwartz, un
esemplare di quel genere che esistito in uninfinit di esemplari
attraverso i secoli, un anello della tradizione di cui bisogna individuare i nessi storicisticamente per capire linserzione di motivi e di
relazioni nel tessuto espositivo. Varianti, citazioni, excerpta sono propri
della biografia ellenistica, ma anche della paradossografia e della mitografia gi vive nellet di C allimaco e di Zenodoto. Il monito di
Schwartz di non impiegar tempo alla ricostruzione degli immediati
Vorlagen, ma piuttosto di indagare gli indizi che consentano di ricostruire la personalit di Diogene, che egli associa allo Scetticismo,
20
duale linteresse dotto per i documenti e la bibliografia; individuale
per quanto possa sembrare paradossale una certa vena critica nella
scelta del materiale. Egli avrebbe facilmente potuto, concludeva
Schwartz con il materiale che aveva letto, fabbricare un Sammelbuch
la mode, come avevano fatto Panfilo, Favorino, Mironiano, Eliano
e altri; pare che egli non abbia desiderato questi allori a buon mercato, ma abbia posseduto lambizione di un grosso materiale. Tutto
questo non gli ha per niente giovato. Nella sorte di essere proclamato
asino si deve trovare come tutti i pedanti, ma non meritava che
neppure una volta si volesse credere alla sua pedanteria.
Devo ora rinunciare a una storia della critica laerziana dopo
Schwartz e limitarmi a richiamare alcune conclusioni raggiunte da
J. Mejer nellHermes Einzelschrift del 19783 0 , la monografia da me
recensita nel Gnomon del 19833 1 . Il Mejer ha riproposto il problema della personalit di Diogene tentando per di staccarlo dalla
tradizione biodossografica del Peripato e della filologia ellenistica, di
cui, a mio parere, egli rappresenta lunico esito a noi completamente
pervenuto, e di farne addirittura lautore di un nuovo genere storiografico. Ma il Mejer, pur applicando un metodo analitico spregiudicato, non pu non ammettere che Diogene continua una vecchia
tradizione e ha interesse per le fonti vecchie e atipiche. Merito
del Mejer aver cercato di determinare le intenzioni dellonesto
Diogene, non tanto riprendendo la Quellenforschung quanto mostrando
la tecnica excerptoria applicata da Diogene alle fonti. Il Mejer ritiene
prevalente in Diogene linteresse per il carattere del filosofo, ma
credo che lintento di dare un sommario di filosofia caratterizzi meglio
Diogene, che attua una concezione del bios implicante la dottrina del
filosofo con una libert di impostazione che condizionata dalle fonti.
C redo che non si possano accettare le seguenti conclusioni del Mejer:
1) che Diogene teoricamente pot conoscere tutte le fonti che cita;
2) che lopera laerziana non tipica della prima tradizione ellenistica;
21
3) che essa ci giunta completa; 4) che esiste una differenziazione
22
excerptorio pensa che ogni particolare sia non solo utile, ma indispensabile: lansia della sistemazione di una notizia prevaleva sullopportunit di un inserimento e di una verifica, la soddisfazione della curiosit sullorganizzazione rigorosa o pedissequa. La filologia e lantiquaria di Diogene non sono pedanti, vale a dire non si lasciano dirigere
da unidea onnipresente. Non , non voleva essere Eduard Zeller. La
contrapposizione del Nietzsche pu essere pertinente se intendiamo
la asistematicit di Diogene come una scelta deliberata di un modo
storiografico.
Anche se talvolta Diogene ha selezionato, in generale egli ama
accumulare e non discernere, inglobare e non selezionare. Saremmo
tentati di parlare della sua Synagoghe come dellesito di una concezione enciclopedica del sapere filosofico. Il pensiero antico gli doveva
apparire sul solido impianto della cronologia, delle scuole e delle successioni soprattutto un thesaurus e forse non erriamo se diamo una
funzione a tale atteggiamento di ricerca e a tale attitudine di inventariare, una funzione paideutica e, in termini pi semplici e pi aderenti, una funzione sociale di educazione o di volgarizzazione del
23
unaccurata e adeguata forma letteraria i
perch lo stile di Damis era chiaro, ma non elegante, ,
. E Filostrato d un ordine al materiale
sparso e gli conferisce un timbro stilistico p, , vale a dire fa una
e le d una . E, quando le sono divenute un logos, Filostrato lo intende un onore al suo eroe, ma anche
unutilit per quelli che hanno voglia di sapere, di apprendere quel
che non sanno ancora: ,
.
Diogene faceva parte del e
dedicandole il del filosofo pensava non solo di onorare Platone,
ma anche di giovare a un vasto ambito di lettori? L di Filostrato il santone, esemplare di sapiente esotico e anche mistico
ha poco a che vedere con gli di Diogene: ma chiaro che i
due scrittori agiscono nella stessa societ esaurita e carente e ripropongono il primato della Grecia, per luno paradigma storico di libert, come bene scrive il Del C orno3 3 , per laltro paradigma storico
di sapienza. Nelluno e nellaltro rivive la tradizione offuscata in
tanti secoli, nelluno e nellaltro la Lust zu fabulieren adeguata alla
Lust des Lesens, nelluno e nellaltro vi unimpronta divulgativa s
che essi si rivolgono a un ampio pubblico di lettori medi, in possesso di una buona cultura, pur se profondamente diversi nella scrittura e nella caratura stilistica.
Se questo verisimile, laccumulo di dati biografici non un
semplice gioco dincastro di notizie, ma un contributo paideutico, un
24
gene aveva esperito nella poesia, talvolta esperiva ancora nella poesia
e nella prosa che tuttavia , ma non .
Diogene fu anche pi pudico di Plinio il Naturalista, non meno
modesto. La Naturalis Historia unopera nuova (I 1), ma (dice lautore) di scarso rilievo (I 12); egli la dedica a Tito Vespasiano, ma,
poich, quando si era accinto a scriverla, limperatore non era nella lista
dei destinatari egli pu pensare di averla scritta per gente umile, per
la massa dei contadini e degli artigiani e per chi studia solo a tempo
perso (I 6) e di anteporre il merito di scrivere unopera utile al
vantaggio di piacere ai lettori. Plinio anche consapevole che i suoi
sono pi magazzini, thesauri, che libri (I 17), che hanno dei limiti
di scienza, homines enim sumus (I 18), prepone i nomi delle fonti e
confessa chi sono gli autori dai quali si tratto profitto oltre che il
contenuto dei singoli libri. Questa confessione esplicita non troviamo
in Diogene che, tuttavia, non il ladro fabbricato da Nietzsche, perch
in generale Diogene cita le fonti sia pure non sempre scrupolosamente
e chiaramente, ma spesso in modo approssimato e problematico. Ma
due aspetti dello scrittore Plinio mi piace di indicare in Diogene.
Plinio paragona la sua opera alla pittura o alla scultura firmata pendenti titulo, con una formula provvisoria, vale a dire con il verbo allimperfetto, ut Apelles faciebat aut Polyclitus (I 26 sg.) come se la
loro arte fosse qualcosa di perennemente iniziato e non finito, in
modo che, dinanzi alla disparit dei giudizi, rimanesse allautore la
possibilit di tornare indietro, e quasi di farsi perdonare, correggendo
le imperfezioni dellopera [...]. Lopera di Diogene di unincompiutezza perenne, anche se solo effettiva qua e l. Il secondo aspetto
la presenza dei rimandi interni comune in diversa misura alla Naturalis
Historia e alla Synagoghe. Il valore di tali rinvii in Plinio stato ben
colto da G. B. C onte. Egli scrive 3 4 : N pu stupire che la Naturalis
Historia sia lopera antica in assoluto pi ricca di rimandi interni:
prevista una lettura a segmenti specializzati, o a percorsi omogenei,
e anche una consultazione episodica e puntuale. E lautore ci guida
molto spesso a riconoscere le affinit e differenze tra i vari settori
25
della sua dottrina forse nel terrore che lenorme costruzione si
disgreghi improvvisamente tornando al magma primigenio delle schede
disperse e irrelate. Ma i rimandi hanno un valore anche per Diogene Laerzio.
Siamo nel secolo della crisi generale dellimpero e del contrasto
ancora violento tra la vecchia e la nuova religione, tra il permanere
26
certato per lAcademicorum Index, dal PHerc. 1021 al PHerc. 164
(la stesura provvisoria ci giunta pi estesa delledizione voluta dallautore). Anche alcuni papiri della Retorica di Filodemo sono abbozzi,
ipomnematici (PHerc. 1674 e 1506) che hanno le corrispondenti edizioni compiute e rivedute nei PHerc. 1672 e 14263 5 .
Nella Raccolta delle Vite laerziane io vedo non per tutti i libri
o almeno per tutti i capitoli pi un hypomnematicon che un
hypomnema; una raccolta di che non sempre riuscita a divenire
syggramma. La diversa estensione dei singoli libri dal IV che il
meno esteso al
VII
problemi di esecuzione pratica: un solo rotolo non era sempre sufficiente per un intero libro n un solo scriba. Unanalogia anche qui
possiamo rinvenire nei papiri ercolanesi: un libro della Retorica fu
diviso in due tomi, cio, scritto su due rotoli.
Al rapporto tra la di Filodemo, che
Diogene cita nel di Epicuro, e la
di Diogene si cominci ad accennare gi da parte dello
27
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28
Gi secondo il Bcheler4 3 , Filodemo appare qui philologus potius quam philosophus, pi interessato alla vita e ai caratteri di un
filosofo che alla dottrina.
Il Gomperz4 4 indic la materia del libro filodemeo sugli Accademici non solo nella caratterizzazione dei filosofi, ma anche nello sviluppo delle dottrine filosofiche e scientifiche e segnalava le divergenze
fra Filodemo e Diogene nelle versioni sulla morte di Eraclide Pontico
e forse nel racconto dellultimo incontro di Platone con un caldeo.
Il Mekler, benemerito editore non ancora del tutto sostituito4 5 , non
ostanti gli innegabili disordini interni del papiro, individuava le rubriche applicate da Filodemo: stirpe, giovinezza, educazione, carattere,
dottrina, discepoli, cronologia, e riconosceva il valore storiografico del
libro nella variet dei dati forniti e nella ricchezza delle fonti.
Per quanto riguarda lintenzione dellautore, lassenza di un preciso colorito epicureo e di polemica antiplatonica, da una parte, conferisce validit di contenuti, dallaltra, non pu lasciar dubitare che
Filodemo ne sia lautore: Filodemo voleva fornire non solo agli Epicurei di Roma, ma a un pubblico al di fuori delle mura della scuola
unopera di informazione storica e formazione culturale. Il Gomperz
parl di una farblose Objektivitt der Darstellung4 6 e il Mekler4 7
soggiunge: C i si potrebbe meravigliare che un seguace della scuola
epicurea che di solito lotta con lardore di un pugile si sia imposto un
freno fino al punto che (sono parole del Bcheler) pubblic libri in
cui, tamquam in annalibus, si narrano con curiosit le vite dei filosofi,
le vicende, le et, i maestri, i discepoli, insomma gli eventi esteriori
e son quasi trascurate le ragioni interne della filosofia. Un libro fuori
della tradizione antiplatonica di Epicuro e dei suoi discepoli, che nel
29
centro del II secolo a.C . aveva avuto nel crateteo Erodico un grande
rappresentante, interpretato dal Dring nel 19414 8 , privo dei veleni
antiaccademici di un Aristosseno o di Ieronimo di Rodi, che sul fondamento apollodoreo della cronologia innestava principalmente motivi
antigonei sulla vita spirituale degli Accademici, si pone come un antecedente non solo cronologico dei libri
III
IV
di Diogene Laerzio,
anche se la storia accademica di Diogene si ferma a C litomaco scolarca dal 128 al 100 e pu sembrare immune dal pensiero di Antioco
e Filone. Daltra parte, la fine della storia con C litomaco coerente
col sistema eretico e successorio esposto da Diogene nel i libro,
secondo cui la filosofia ionica si ramifica in tre direzioni che terminano
con C litomaco, C risippo e Teofrasto. Il termine di C litomaco pu essere considerato meno paradossale della visione neoplatonica di Porfirio che faceva terminare tutta la filosofia con Platone e la sua epoca.
Se male non interpretiamo linizio piuttosto lacunoso dellAcademicorum Index, Filodemo era stato esortato ad agganciare la storia
delle altre scuole filosofiche con unesposizione della scuola accademica.
Platone appare a Filodemo rinnovatore di tutta la filosofia, introdut-
tore di uneuritmia che mancava, come colui che per primo port la
filosofia allo sviluppo e al suo compimento esortando i giovani a
penetrare i misteri della filosofia. E prima di esporre le vicende biografiche di Platone, Filodemo scriveva di volere fare unepitome, un
sommario della tradizione su Platone delineando tutto quel che riconosciuto valido4 9 : ] [ ]|
[ ] [] [] | [] [][ ]
[]|
[]
[] []
[ o. Questa dichiarazione filodemea non pu non richiamare linizio del
IV
libro di Diogene:
,
: tutto questo
materiale ci fu possibile raccogliere intorno a Platone, dopo aver accuratamente scrutinato la tradizione relativa al filosofo.
Un discrimine fra le due Vite di Platone da vedere, a mio parere, nel silenzio diogeniano dellultima notte di Platone con lincontro
30
con un caldeo mentre una tracia eseguiva una musica la cui aritmia
non sfugg a Platone morente. una pagina filodemea meravigliosa
recentemente riproposta dal Gaiser5 0 dopo che aveva incantato forse
il Wilamowitz5 1 , certamente lo Stenzel5 2 . Diogene, che pur registra
un incontro di fonte aristotelica fra Socrate e un mago giunto dalla
Siria, che, fra altri mali, gli avrebbe predetto una morte violenta
(II 45) Aristosseno parlava di un incontro fra Socrate e un saggio
indiano ignora sia lincontro di Platone col C aldeo che in forma
aneddotica riproponeva la tradizione del fondo orientale della filosofia
platonica o almeno il rapporto fra Platone e lastronomia caldea che
gli poteva essere stata mediata da Eudosso sia quello di Aristotele
con un giudeo trasmessoci da C learco (fr. 6 W.). Mi pare che questa
negligenza non sia casuale. Diogene nel Proemio della sua opera si
mostra fuori della tradizione orientalizzante della filosofia greca cara
ai neoplatonici, fuori di quellellenismo imbastardito di cui parla F.
Daumas5 3 nella postfazione a un suggestivo libro del Godel, non tocco
dallaura e dagli aromi della saggezza orientale. Nella Vita Platonis
registra la notizia del platonico Ermodoro di Siracusa (III 6) secondo
il quale Platone, dopo C irene e lItalia, visit lEgitto e i profeti e
vi aggiunge la sciocchezza che Euripide gli sarebbe stato compagno
(Euripide era morto nel 406 e il viaggio in Egitto non pu essere
collocato prima del 396).
Qualunque possa essere la storicit dei viaggi di Platone in Egitto
o, in termini generali, il rapporto tra Platone e lOriente, un tema
molto caro alla storiografia francese 5 4 , a me pare di poter affermare
31
che Diogene Laerzio fu meno sensibile di Filodemo alla tradizione
orientalizzante coerentemente alla sua posizione non porfiriana, se non
antiporfiriana: a Filodemo non estranea una visione di Platone pitagorico, cultore della scienza dei numeri, studioso eminente di matematica.
Recentemente il Dorandi5 5 ha cercato di delineare la fisionomia
della filodemea Syntaxis, basandosi soprattutto sui due Indices, che
devono essere collocati nella tradizione diadochista, iniziata da Sozione
(i due Indices ne hanno tutti gli elementi: discepoli, scolarchi, omonimi), e nella tradizione pinacografica; ha confermato col Mekler che
gli interessi di tipo dossografico sono alquanto riduttivi e ribadito con me ladeguamento di Filodemo alle esigenze della societ
romana, ma vedrei nella Syntaxis unopera pi essoterica che esoterica,
che raggiunse nel III secolo anche Diogene Laerzio a cui legato da
unaffinit elettiva di raccoglitore. Su questo aspetto unificante crediamo di aver conseguito un progresso.
Gli interessi dossografici, o almeno la preoccupazione dossografica di Diogene senza dubbio maggiore. E infatti di interesse rilevante
losservazione del paleografo: i papiri che ci conservano parti della
Syntaxis mostrano scritture analoghe, segno che tali rotoli potevano
essere libri diversi concepiti e trascritti come momenti di ununica
impresa editoriale della Rassegna dei filosofi della quale ad Ercolano
non poteva mancare unedizione definitiva e completa, tecnicamente
programmata come tale5 6
Ma le deduzioni pi interessanti il C avallo ha potuto or ora trarre
dallacquisizione fondamentale della natura dei due papiri accademici
di Filodemo. Il C avallo scrive 5 7 :
Nellelaborazione dei testi dello stesso Filodemo i rotoli ercolanesi sembrano documentare tre fasi:
a) un primo stadio di vero e proprio brogliaccio;
32
b) un secondo di stesura non definitiva, ma per cos dire, semipubblica;
c) un terzo di prodotto finito .
Giustamente per il C avallo fa unammissione per me molto valida: che
non da escludere [...] che talora vi siano state solo due fasi.
Inoltre il brogliaccio flodemeo dellAcademicorum Index caratterizzato da tecniche librarie irregolari, scrittura disordinata, aggiunte,
correzioni, espunzioni, segni di trasposizione e rimandi fatti ora dalla
medesima mano che ha vergato il testo, ora da altra mano e anche
da incoerenze logiche la cui responsabilit pu risalire al copista che ha
confuso, a monte, le schede, cio le tavolette talora riunite in polittici
(cfr. Diog. Laert.
III
colta di materiali ancora provvisoria, disorganica, su cui lautore si proponeva di tornare: mostrano lo stato provvisorio i segni sulla traslocazione di parti del testo, sulla espunzione di passi ripetuti, su aggiunte
e correzioni volute dallo stesso Filodemo. La strutturazione organica
degli excerpta sarebbe venuta dopo: si sarebbe districata la giustap-
33
evidenti aggiunte frutto di una successiva ricerca come nella Vita di
Senofonte? I riferimenti contraddittori nel II libro al III una volta
da scrivere, unaltra gi scritti (II 58 e 65) certamente non sarebbero rimasti.
Ma dallanalisi interna a me pare che possa risultare che:
(1) il
III
interno del II libro (II 65) che finora stato giudicato stoltissimo 6 0
o inspiegabile 6 1 o unaggiunta a opera completa finita (Mejer!)6 2 o
comunque sbagliato, e dalla dedica alla dama filoplatonica (unaltra
dedica non fu mai composta), fu scritto prima del II, anzi il primo
libro scritto da Diogene Laerzio. Al
(2) il libro
III
IV
e del V;
VIII-IX.
III-IV-V
imperniato su
rispetto al Proemio e con qualche propria nuance linguistica nei raccordi vengono a situarsi il I, il
e il
VII
II
VI
34
35
sullultimo giorno della loro vita, ma a Senofonte, Platone e Empedocle ne dedica due, a Pitagora quattro. Questi quattro casi sono degni
di attenzione perch tre volte al motivo della morte si unisce quello
della dottrina o del carattere e una volta, nel caso di Empedocle, il
motivo della morte cantato eccezionalmente in maniera duplice. Nella
Vita di Senofonte una delle meglio riuscite, delle pi vivaci e pi
tumultuarie leggiamo un primo epigramma (II 58) del seguente
tenore (
), Anth. Pal. VII 97:
Senofonte sinoltr fra i Persiani, non solo perch chiamato da
C iro, ma anche perch cercava di salire per la via che conduce a Zeus.
Poich mostr che le imprese dei Greci erano il risultato della sua
educazione, egli rese omaggio alla bellezza della sapienza di Socrate.
La mia interpretazione, che diverge sia dagli interpreti laerziani
sia dagli esegeti senofontei come il Masqueray 6 6 , ribadisce il punto di
36
vista laerziano che Senofonte fu un socratico fedele, un perfetto emulo
di Socrate. Anche nella spedizione in Persia e quindi nellAnabasi
Senofonte non venne meno a tale fedelt: ader allinvito di C iro solo
dopo essersi consultato con Socrate e con loracolo di Delfi, perci
sal non solo in Persia, ma anche nella via che conduce a Zeus, nella
via della piet; Senofonte mostrando che i fatti dei Greci, vale a dire
dei Diecimila, erano dovuti alla sua educazione socratica volle ricordare quanto bella cosa fosse la di Socrate.
Il secondo epigramma sulla morte, (Anth. Pal.
VII 98) ed un tributo alla serenit quasi gioiosa del trapasso:
Se, o Senofonte, i cittadini di C ranao e di C ecrope ti condannarono allesilio per la tua amicizia con C iro, C orinto ospitale taccolse,
delle cui delizie tu godesti contento; l tu avevi deciso di riposare per
sempre.
I due epigrammi per Platone pur legati fra loro da Asclepio sono
ben distinti. Il primo (Anth. Pal. VII 108) introdotto da i
la lode di Platone medico dellanima:
Se Febo non avesse dato la vita a Platone nellEllade, come
avrebbe potuto curare con le lettere le anime degli uomini? Suo figlio
Asclepio il medico del corpo: dellanima immortale Platone.
Il secondo, (Anth. Pal. VII 109), non solo la consueta variazione in versi della prosaica narrazione di Ermippo (III 2),
ma il canto dellascesa di Platone alla citt celeste, quasi unapoteosi:
Febo gener agli umani Asclepio e Platone: luno per la cura del
corpo, laltro dellanima. Da un banchetto nuziale venne alla citt, che
un giorno per s fond e costru sul suolo di Zeus.
Dal modo in cui canta la controversa morte di Empedocle espressamente dichiarato lo scherno di Diogene. Nel primo epigramma (VIII
74 ,
, Anth. Pal. VII 123) Diogene contraddice
alla versione dIppoboto, recisamente, :
37
Anche tu un giorno, Empedocle, purificando il corpo nella vivida fiamma, fuoco bevesti dai crateri immortali; non dir che di tua
volont ti lanciasti nella corrente dellEtna, ma, volendo rimanere nascosto, vi precipitasti non volendo.
Nel secondo, (Anth. Pal. VII 124), riprende il
(VIII 73) sulla caduta di Empedocle da un carro, ma si chiede se poi
la caduta nellEtna non sia contraddetta dalla tomba in Megara:
S, si tramanda che Empedocle sia morto caduto da un cocchio
per frattura della coscia destra; ma se si lanci nei crateri di fuoco
e bevve la vita, come mai ancora a Megara si mostrava il suo sepolcro?.
La novit assoluta nella Vita di Pitagora (VIII 44-45): i primi
tre epigrammi riguardano la dottrina di Pitagora, solo il quarto,
. Il primo (Anth. Pal. VII 121) irride il precetto pitagorico
(VIII 13) di non mangiare gli animali che hanno in comune con noi il
privilegio dellanima, in quanto insinua Diogene che non occorre essere
pitagorici per mangiare animali dopo che sono stati allessati, arrostiti
o salati, vale a dire privati dellanima:
Non tu solo tenesti le mani lontane dagli esseri animati, ma
anche noi: chi saggi mai esseri animati, o Pitagora? Ma quando essi
siano allessati, o arrostiti o salati, allora non hanno pi anima e li
mangiamo.
Lironia nel secondo esplode pi manifestamente (Anth. Pal. V 34),
il tono ancora pi personale. Riferendosi ad Aristosseno (VIII 20)
che attesterebbe che Pitagora consentiva di cibarsi di tanti animali
senza mangiarne egli stesso, Diogene domanda in che cosa consista
la decantata sapienza di Pitagora che si guarda dal commettere un , ma permette che gli altri la compiano. Questo sapiente col suo
detto ( , cfr. VIII 46) proprio degno di ammirazione, :
Era Pitagora un saggio tale che egli le carni non toccava, dicendo che era cosa empia, ma agli altri consentiva di cibarsene. Am-
38
miro il saggio: egli diceva di non voler essere empio, ma ammetteva
che gli altri fossero empi.
Il terzo (Anth. Pal. V 35) irride con una squisitezza dialettica
alla teoria della metempsicosi simboleggiata da Euforbo di cui aveva
esposto le vicende allinizio del libro VIII. Ma Diogene ancora pi
perfido perch chiama la mente di Pitagora , che nella divisione
pitagorica della occupano il posto centrale tra e e
pertengono, a differenza delle altre due parti, esclusivamente alluomo
(VIII 30):
Se tu vuoi intendere la mente di Pitagora, guarda allumbone
dello scudo di Euforbo. Egli dice: Io prima vissi ( )
[hapax!]. Ma se dice che era quando non era, nessuno egli era quando
era! .
Il quarto sulla morte (Anth. Pal. VII 122) comera narrata da
Ermippo, in un trivio forse come Laio, ma coinvolge la venerazione
pitagorica delle fave. Diogene che pure ha esposto la dottrina aristotelica sullastensione dalle fave (VIII 34 dopo 24) commisera Pitagora,
veneratore credulone delle fave:
Ahi, ahi! Perch tanto Pitagora vener () le fave?
E mor insieme con i suoi discepoli. Vera un campo di fave: per non
calpestarle mor a causa degli Agrigentini, in un trivio.
Secondo me, possiamo con sicurezza trarre due deduzioni: 1) il
primo libro della Pammetros comprendeva solo epigrammi epitimbi,
un requiem per i filosofi antichi. Gli altri come il primo per Senofonte,
il primo per Platone, i primi tre per Pitagora erano compresi nel secondo libro che probabilmente componeva contemporaneamente ai .
Quando aveva gi impostato lopera maggiore su e , Diogene
concep un secondo libro di epigrammi sulla dottrina dei filosofi. 2) Gli
epigrammi su Pitagora e Empedocle ci mostrano un Diogene settario;
non nel senso che ebbe una setta, ma che almeno aveva dei convincimenti, degli atteggiamenti concettuali e morali che potevano meno im-
39
pertinentemente, a suo parere, trovar posto nella poesia. Lironia su
alcune credenze del sistema pitagorico o su alcuni atteggiamenti che
mostrano lincoerenza e arroganza del presunto Pitagora mi pare
indizio sicuro di una posizione, non dir di ostilit, ma di distanza.
Diogene immune dal fanatismo neopitagorico della sua epoca, dallidoleggiamento porfiriano, dallondata orientaleggiante del III secolo; come vedremo, non rimane isolata questa testimonianza.
una battuta saporosa se pensiamo alla di Pitagora, alla
sua .
Queste due deduzioni a me paiono importanti; vediamo, credo,
con sufficiente sicurezza, da un lato la struttura libraria della Pammetros
e la divaricazione biodossografica, dallaltro il loro autore che, a parte
la valutazione estetica, manifesta punti di vista che possono trovare
conferma nellopera maggiore.
Ma la Raccolta dei carmi non esaurisce qui la sua portata chiarificatrice. Unacquisizione rilevante che Diogene gi col i libro della
Pammetros aveva canonizzato il concetto di , potremmo dire,
dei pensatori classici, degli : (Plat. conv. 197,
Prot. 327): di costoro egli canta la morte. ha un valore
tecnico come , classici: [...] ,
(I 63). possi-
bile che sia di derivazione sozionea (IX 109: Sozione cataloga come
il figlio di Timone Santo, ); nelle Vite
ricorre insieme con (IV 58, 66; VI 85 ) ed
pi frequente di (IV 36) (V 83) .
Il termine indica una selezione. Degli eroi delle Vite non
pone in versi la morte di Pittaco, C leobulo, Misone, Epimenide (I);
Anassimandro, Anassimene, Archelao, Eschine, Aristippo, Fedone, Euclide (n Eubulide, n Eufanto, ma Alessino e Diodoro C rono), C ritone, Simone, Glaucone, Simmia, C ebete (II); C ratete, C litomaco (IV);
Monimo, Onesicrate, C ratete, Metrocle, Ipparchia, Menedemo (VI);
Erillo, Dionisio lApostata, Sfero (VII); Epicarmo, Archita, Alcmeone,
Ippaso (VIII); Senofane, Parmenide, Melisso, Leucippo, Diogene di
Apollonia, Pirrone, Timone (IX).
Si ripetuto che Diogene negli epigrammi in mortem altro non
fa che porre in versi una tradizione sulla morte, ma si trascurato di
40
osservare che Diogene fra le possibili vicende della vita di un filosofo
scelse il compimento supremo di tutti gli eventi interiori, il superamento, la fine: questo assicura a Diogene un posto nella letteratura
antica . Dalla Diogene pass al
e ai e tratt la vita anche di non , allarg
lorizzonte poetico alla storia completando la trattazione. Questo passaggio dalla Musa della morte alla prosa, che si traduce nella fusione
della Pammetros nei , certamente originale. Alla variet metrica
Diogene, come osserv il Kolr, adoper i metri che Orazio us
negli Epodi eccetto il XIII fa corrispondere una variet di formule
introduttive: , , , , (talvolta non menzionato il destinatario). Tale polyeideia, tale tecnica
variazionistica non senza conseguenza per il prosatore, che, se non
della disciplina, cui pure il dominio delle forme metriche avrebbe dovuto educarlo, poteva giovarsi di una conseguita duttilit stilistica (
, , , ..., , ecc.). E la stessa variet delle tradizioni sulla morte dei filosofi
lo educava allo scandaglio del e della dottrina. Laver saputo impostare in versi un logos sulla morte la punta c, anche se non sempre
felice ed egli lha cercata secondo la legge del genere letterario costitu
per il prosatore unesperienza notevole. Possiamo perci considerare
la Pammetros una Vorstufe dei e credo che Diogene si sia riconosciuto in unaffermazione di uno dei suoi auctores pi cari, Demetrio
di Magnesia unaffermazione a torto tolta dal Mejer nella sua edizione dei frammenti secondo il quale (IV 15) : caratteristico che
i poeti se scrivono in prosa hanno successo, i prosatori invece che
tentano la poesia fanno fiasco. dunque chiaro che la poesia opera
dellingegno naturale, la prosa opera dellarte. Non mi pare di essere eccessivamente audace se suppongo che Diogene nel giudizio di
Demetrio poteva trovare, a differenza di C icerone, una certa misura
di consenso alla sua evoluzione da poeta a prosatore 6 7 .
41
42
Gli assi su cui bene aveva posto le leggi lievissimo peso condussero
diritto lanima al cielo ). Nellepitafio per C hilone si augura di morire
come il sapiente di Sparta per un eccesso di gioia dopo lunghi anni
di vita (I 73: A te, Polluce lucifero, rendo grazie che il figlio di
C hilone nel pugilato il verde oleastro conquise. Se il padre vide il
figlio incoronato e per la gioia pieg la testa, non cosa riprovevole:
venga a me una tale morte!). Lepigramma per la morte dello Scita
Anacarsi la ricostruzione della leggenda e unordinata valutazione
della sua figura dobbiamo al Kindstrand (1981) ha nel una
posizione inconsuetamente centrale e vi traspare la simpatia verso il
43
rilasciato nelle membra per stabilire unantitesi con , corpo
qualificato intatto finch dur la fatica (V 40: Non vano fu dunque
il detto che flu dalla bocca di un mortale: larco della sapienza rallentato si spezza. C h Teofrasto, fino a quando fu dedito alla fatica,
conserv intatto il corpo, ma appena si rilasci, le sue membra vennero meno e mor). Lepigramma per il cinico Diogene secco, rapido, dialogato in metro proceleusmatico e aderisce con estrema trasparenza alla natura delloriginale filosofo (VI 79: O Diogene, dimmi
quale destino ti port allAde?. Il dente rabbioso dun cane).
Il paignion per lo stoico Aristone introduce un elemento di celia
graziosa che disperde lorrore della morte (VII 164: Perch, vecchio
e calvo, o Aristone, ti lasciasti arrostire il corpo dal sole? C ercando
il caldo pi del necessario, contro la tua volont rinvenisti lAde, realmente freddo). Labbandono della vita nellepigramma per C risippo
, soprattutto, labbandono della Sto (VII 184: C risippo bevve dun
sol fiato vino puro e fu preso da vertigine. N si ebbe cura del Portico
n della patria n della vita, ma se ne and nel regno dellAde). Fine
e sereno lepigramma per Eudosso. Il bue Api non pu parlare, ma
lambendo la sua veste lammonisce sulla morte imminente: la balenante menzione delle Pleiadi lomaggio allastronomo (VIII 91: In
Menfi fama che un giorno abbia appreso il proprio destino Eudosso
da un bue dalle belle corna. Nulla disse: come, infatti, un bue potrebbe
parlare? Al bue Api natura non concesse bocca loquace. Ma standogli
a fianco gli lamb la veste col monito evidente: Tra poco finirai la
vita. Perci a lui venne fato di morte: cinquantatr anni aveva
44
45
PORTANTI DEI
chi si espresse in modo cos sacrilego intorno agli di, non so chi si
debba designare con tal nome: quelli infatti chiamano filosofo un uomo
46
che non ebbe remore ad attribuire agli di ogni umana passione ed
anche le turpitudini che solo raramente alcuni uomini commettono
(e, per giunta, solo con lorgano della voce). Lesposizione enucleata
della filosofia barbarica condotta su materiale ascendente a quella
che il Dirlmeier chiam lOrientalistica peripatetica 7 1 termina con gli
Egizi: unesposizione pacata e documentata che nellepoca in cui il
fascino dellOriente programmaticamente fatto rivivere dalla scuola
neoplatonica mostra Diogene estraneo allindirizzo perseguito pressoch
contemporaneamente nella di Porfirio, dominata
da Pitagora, maestro di sapienza e autore di miracoli. Porfirio, anche
se stato recentemente affermato, non ha conosciuto i di Diogene: la sua , la cui impostazione conosciamo attraverso testimonianze del IV secolo, come vedremo nel caso di Pitagora, utilizzava
fonti comuni ai laerziani, ma rappresenta una biografia di tendenza
che la critica moderna ha pregiudizievolmente esaltata. Poco dopo che
Diogene aveva narrato la filosofia degli Egizi, Porfirio partiva per
lEgitto.
C i si pu chiedere in quale ambiente, in quale citt, in quale
biblioteca Diogene abbia potuto operare; se nella convinta liberazione
del pensiero dei Greci da qualsiasi ipoteca orientalistica ci sia un atteggiamento di sottile contrapposizione ad un indirizzo storiografico
che insisteva sul nesso delle matrici orientali della sapienza greca. Ma
il Proemio d quasi un senso indeterminato: non conoscendo il luogo
in cui stato scritto, lo possiamo immaginare in qualsiasi punto del
mondo. Diogene ci appare fuori del tempo, superstite di un mondo
passato in cui n il cristianesimo n il neoplatonismo sono presenti.
E quando Diogene riconosce a Pitagora il primato della filosofia non
v nulla che possa metterci sulle tracce della speculazione contemporanea o della visione di Pitagora come mago e della filosofia come
enigma (Porph. Pyth. 53). Per Diogene, Pitagora inizia la filosofia
italica perch filosof in Italia.
Laccenno ad un filosofo che fuori delle serie diadochiste dopo
che Diogene ha esposto le successioni e le scuole e le parti della filo-
47
sofia pu forse richiamarci al mondo occidentale. Si sa che il 21
che chiude il Proemio una scheda provvisoria, aggiunta e non coordinata col resto, dove appare Potamone Alessandrino, fondatore di una
, di una scuola eclettica, il quale scelse da ognuna
delle la dottrina: in questa scheda che compare per la
prima volta il termine , i placita di aeziana memoria, che
Diogene adott successivamente nellorganizzazione narrativa di un
48
(IX 106 e 116) di Enesidemo erano dedicati a Lucio Tuberone,
padre di Q. Elio Tuberone al quale Dionisio di Alicarnasso dedic
lopuscolo su Tucidide 7 2 .
Se immaginiamo Diogene a Roma possiamo forse meglio capire
lidealizzazione della pura grecit, il senso dellirrecuperabilit dei modelli di vita, di cultura, di pensiero che Diogene rappresenta. Nella vita
culturale del III secolo a Roma tormentata e ansiosa, nella societ
che si dibatteva fra misticismo e razionalismo, nel dibattito politico
sul ruolo del monarca, Diogene poteva inserire la sua storia del pensiero greco ordinata in categorie, distinta in scuole, collocate in successioni, portatrici comunque di salvezza spirituale (Pi anticamente
scrive Diogene I 12 la filosofia si chiamava sapienza, e sapiente chi
la professasse, ed eccellesse nellestrema cura dellanima ( ).
Limpianto della sua storia Diogene espone nei 13-20 in funzione soprattutto dellassestamento dossografico delle vite dei filosofi.
chiara la coscienza dossografica del biografo dei filosofi, che diventa
pi profonda e netta quando abbandona col il libro luniverso sapienziale per il cosmo del pensiero. Agli inizi e alle successioni della filosofia ionica egli resta fedele nel corso dellopera, non cos alle successioni della filosofia italica, come mostra il caso di Senofane. Questo
conferma la cesura fra i due blocchi I-VII e VIII-X e mostra concretamente che lopera laerziana unopera aperta che lautore non consider mai veramente conclusa. Per quanto riguarda la distinzione dei
filosofi, Diogene conserva quella fondamentale in Dogmatici e Scettici
(Efettici), arricchendo di ulteriori specificazioni questi ultimi nel libro IX
anche in questo caso la storia in movimento e lascia cadere
distinzioni posticce come gli Amanti della Verit o della C onfutazione
o dellAnalogia (I 17). C irca linvenzione delle tre parti canoniche della
filosofia fisica, etica e dialettica Diogene nel corso dellopera
lascia aperto il dibattito sul ruolo di Socrate etico. Nelle scuole socra-
49
tiche inserir ulteriori chiarimenti, mentre alla visione tripartita della
storia dellAccademia platonica che si chiude col cartaginese C litomaco
scolarca dal 128 al 109 e allunitario sviluppo della dottrina platonica
nellAccademia e nel Liceo rimane fedele. Non un problema secondario la fine del racconto laerziano della storia dellAccademia con C litomaco: pur storicamente incompleta, la storia dellAccademia meno
partigiana di quella dei neoplatonici come Porfirio che consideravano
chiusa la filosofia con Platone. N si risolve il problema se postuliamo
che anche per la donna philoplaton lAccademia finiva con C litomaco.
Diogene non conosce, comunque non menziona, la divisione scettica
quale troviamo in Sesto Empirico della storia dellAccademia in cinque
fasi.
Prigioniero degli schemi successorii, Diogene avverte la capitale
importanza del concetto di scuola, setta e la posizione
chegli stabilisce un segno del suo cammino dal chaos delle varie
tradizioni al cosmo di concetti chiari, elementari, fondamentali. E nella
disputa non nominalistica delle e sulla definizione
di Diogene si misura con Ippoboto: che un frustulo di un
papiro di Ossirinco ci abbia restituito questanno un frammento della sua
Anagrafe dei filosofi mostra il ruolo di questo storico la cui grandezza
Diogene aveva percepita. Il suo libro , non ignoto a
Filodemo che lo cita nel De Stoicis e di cui ci giunto poco, occupa
un posto di rilievo nellambito eretico della storiografia filosofica:
Ippoboto, fiorito a mio parere nella prima met del II secolo a.C .,
ci consente di affermare che: 1) lindagine eretica non contrasta con
lindagine diadochista, ma entrambe possono cooperare a verificare un
dato in cui biografia e dossografia non contrastino; 2) che il sistema
di una scuola fondato sui dogmata. Sul fondamento dogmatico Ippoboto sostiene che lEpicureismo non di ascendenza cirenaica, lo
Stoicismo non di ascendenza cinica, cio non pu dirsi socratico, a
Aristippo sono affini Anniceride e Teodoro; Ippoboto non riconobbe
che fossero lEliaca e la Dialettica, ma riconobbe Menedemo
fondatore di un , lEretrica, i cui seguaci furono i pi rap-
presentativi dei successori di Fedone. Ma soprattutto, per quanto concerne Diogene Laerzio, possiamo dire che non segue Ippoboto nellemarginare il C inismo dalle e nel considerarlo un semplice
50
modo di vivere, una ; non segue Ippoboto nellisolare
il C inismo dallo Stoicismo n lo segue nellescludere dalle la
filosofia pirroniana. Diogene per una tradizione che rivendica allo
Scetticismo la qualifica e il ruolo di , come mostrano le Vite
di Pirrone e Timone. E appunto alla fine del Proemio Diogene propone una definizione di diversa se non opposta a quella di
Ippoboto, per il quale la pirroniana non una per mancanza
di chiarezza, . Diogene segue una fonte scettica che
confutava Ippoboto e per questa via recuperiamo la concezione ippobotea di : adesione a dottrine che hanno coerenza,
, la pirroniana non pu essere inclusa
fra le perch non ha . Per Diogene, il Pirronismo
cio lo Scetticismo una scuola perch: C hiamiamo
quella che tien dietro o sembra tener dietro a un determinato sistema
dottrinario ( ) secondo lapparenza, in modo conforme al
fenomeno ( ).
Su questa concezione chiara, ma non radicale, del concetto di
Diogene fonda un sistema espositivo che libero da unipoteca
settaria e pu godere di una sua propria articolazione sotto legida
di una visione larga, e non rigida, del concetto di filosofia come maestra di vita, educatrice del costume, dispensatrice di tranquillit interiore e forse di felicit. Vorrei prospettare qualche ipotesi: se dovessi
indicare il segmento dossografico in cui Diogene gioca con maggior
diletto e partecipazione, indicherei la tenzone dei Dogmatici e Scettici
nel libro ix, che egli riporta sulla scorta delle sue fonti con lealt,
senza intervenire. Se dovessi indicare il pubblico che Diogene voleva
raggiungere attraverso il velo della dedica, indicherei filosofi, strateghi
e uomini politici (V 89) cos come il cinico Diogene si rivolgeva a
Focione lOnesto, Stilpone di Megara e molti altri uomini politici
(VI 76); se dovessi indicare lo stile della sua biografica e dottrinale, insomma della sua culturale, lo indicherei nello stile medio
di Eraclide Pontico (V 89) e ne indicherei uno specimen nella Vita
di Monimo (VI 82):
Monimo, discepolo di Diogene, nacque a Siracusa; secondo Sosicrate, fu al servizio di un banchiere di C orinto. Presso costui veniva
51
frequentemente Seniade, quello che aveva comprato Diogene, e raccontando la virt delluomo nei fatti e nelle parole, suscit in Monimo
un sentimento damore per Diogene. Allora Monimo si finse pazzo e
gettava via le monete e tutto il denaro che era sulla tavola del banchiere, finch il padrone lo licenzi; cos egli immediatamente si dedic
52
un metodo. consapevole delle discordie sullattribuzione
delle sentenze e del numero dei Sapienti (I 41 ,
[...] ). Il I libro
un vero tripudio di sapienza in cui spiccano nomi di prima grandezza
come Dicearco, ma non privo di sensibilit filologica (e ai filologi rende
omaggio in I 118 per linterpretazione estensiva del motto di Ferecide,
si vede dalla pelle: i filologi hanno ragione a riferire
lespressione a ci che va peggio, non a ci che va meglio, come fanno
altri).
Ma gi in questo libro affiora una caratteristica valutativa della
biografia laerziana. In 35 il detto di Talete che in nulla la morte
differisce dalla vita illustrato dallaneddoto: Perch non muori? .
Perch non c differenza ; nel di Solone, spumeggiante di versi
soloniani e di aneddoti, la liberazione di Salamina giudicata -
53
dliatamente il fondo teofrasteo. Il linguaggio per la dossografia non
rigorosamente tecnico: di Anassimandro, che pure fu autore di una
esposizione sommaria della sua dottrina (II 2
), utilizzata dal cronografo
ateniese Apollodoro, Diogene introduce subito le doxai con un
: il Kahn nel libro uscito or ora su Anassimandro e le origini
della cosmologia greca ha rilevato che Diogene ha mal riferito lopinione sulla forma della terra non , ma
e sulla luce della luna 7 3 . Nel profilo di Anassagora di cui viene fuori una
pratica e anche stilistica linteresse per lo stile dei
filosofi a partire da Anassimene caratteristico del poeta divenuto
prosatore ricerche biografiche come il processo dempiet (II 14
) si alternano a profezie,
a detti, primati, aneddoti, al rapporto con Euripide e Pericle e soprattutto alle doxai ( ), di cui quella sul sole, massa incandescente, si insinua nellepitafio.
Le biografie di Archelao e di Socrate ripropongono il collegamento col Proemio: Diogene ritorna sullo schema di Archelao naturalista e Socrate etico (I 18 e 14). In II 16 leggiamo: Archelao per
primo trasfer dalla Ionia in Atene la filosofia naturalistica e fu chiamato , in quanto in lui termin la filosofia naturalistica, mentre Socrate introdusse letica. Ma poi soggiunge:
: ad Archelao sembra non sia stata estranea letica:
Socrate attinse a lui, ampli, svilupp e fu considerato inventore delletica, () . il problema
non esteriore del . Nella Vita di Socrate, Diogene al-
54
naturalistica e Diogene con un sonante d torto a Senofonte e ragione a Platone: A me pare che Socrate abbia discorso
anche della natura ( ), dal momento che talvolta discorre della provvidenza, come dice anche Senofonte [mem. I 4,6], il
quale per afferma che le sue conversazioni vertevano solo sulletica
( ) [cfr. mem. I 1,16], ma anche Platone nellApologia [26d-e] l dove menziona Anassagora e altri naturalisti parla di argomenti che Socrate nega di conoscere e tuttavia
attribuisce ogni discorso a Socrate.
Per la struttura interna dellopera rilevante la dichiarazione di
raccordo che Diogene appone alla Vita di Socrate (II 47). Il passo fu
sistemato dallo Schwartz in modo per me non persuasivo7 4 . Ritengo
che pur essendo un testo non definitivo, una scheda provvisoria come
dice lo Schwartz, abbiamo il dovere di capirla, non il diritto di emendarla. Diogene espone il della sua , lordine di esposizione della materia nellambito delleredit socratica. Nel Proemio
Diogene (I 14) nella serie terminante con C litomaco inseriva dopo
Socrate altri socratici e Platone, nella serie terminante con C risippo
inseriva Antistene (I 15) e quella terminante con Teofrasto faceva iniziare con Platone. Qui egli precisa cos: Dei successori detti Socratici
i corifei ( ) sono Platone, Senofonte, Antistene, e dei
dieci della tradizione [in realt undici, ma insomma qui non centrano
le dieci sette di cui capostipite Platone in I 18!] i pi insigni (
) sono quattro: Eschine, Fedone, Euclide, Aristippo.
Specificata la successione, Diogene espone lordine della esposizione:
Prima parler di Senofonte ( ) [ un modulo tecnicissimo studiato da Janek], poi di Antistene nei C inici [libro VI 1-19],
poi ancora dei Socratici [cio Eschine, Aristippo, Fedone, Euclide, Stilpone, C ritone, Simone, Glaucone, Simmia, C ebete, Menedemo: sono
undici ma originariamente potevano essere dieci se pensiamo che nel
libro VII non era previsto un per Sfero che invece poi fu scritto],
poi cos di Platone, poich egli d inizio alle dieci [cio lAccademica, la C irenaica, lEliaca, la Megarica, la C inica, lEretrica, la
55
Dialettica, la Peripatetica, la Stoica, lEpicurea] e fond la prima Accademia .
Quando al 55 del di Senofonte, che dei meglio riusciti
anche se manifestamente non ha ricevuto la di Diogene, leg-
giamo saremmo autorizzati a credere che il racconto biografico finito, ma cos non : dopo questa clausola, Diogene
ci d il floruit, la morte, un ritratto dedotto dai suoi scritti in cui accentuato lo socratico (II 56: Senofonte fu in generale una persona perbene e specialmente am i cavalli, la caccia, larte tattica, come evidente dai suoi syggrammata. E fu pio, sacrificava agli di, era
capace di trarre auspici dalle vittime ed emul Socrate esattamente),
lelenco dei suoi libri, il discussissimo inciso per me non scandaloso
n thrilling
e, alla fine, come se
nulla fosse, dopo gli epigrammi e prima degli omonimi, lo strabiliante
annuncio di una diversa acme rinvenuta dallo stesso Diogene insieme
con altri Socratici (II 59:
).
Anche alla fine del di Eschine (II 60-64) rinveniamo unaggiunta
da Panezio sui dialoghi socratici.
Questi pochi esempi ci danno il senso delle Vite non rifinite, di
un materiale non sedimentato n rassodato ed un senso di effimero
che rimasto, quale segno di vita spirituale in fermento.
Il aristippeo (II 65-104) non solo uno scintillio di aneddoti
e una riserva enorme della dottrina dellintera costellazione cirenaica,
ma consente uno sguardo ulteriore nel metodo dossografico e nellarte
composizionale, nel meccanismo produttivo di Diogene. Allimprovviso,
alla fine del profilo biografico-aneddotico Diogene ci d lunica affermazione a lui nota sotto il nome di Aristippo (non discuto se lattribuzione
sia vera) che una vera e propria doxa sul telos: dimostrava che il
fine supremo il movimento calmo che sfocia nella sensazione. Meno
inatteso il raccordo espositivo, su cui lo Schwartz che non seguo
intervenuto pesantemente 7 5 . Diogene si rif anche qui al Proemio
56
precisando: Noi, poich descrivemmo () la sua vita,
ecco ora percorriamo [ uno stilema diogeniano]
i C irenaici che da lui discendono. Di questi alcuni si denominarono
Egesiaci, altri Annicerii, altri Teodorei. E passiamo in rassegna anche
i discendenti da Fedone di cui i corifei sono gli Eretrici. C os sia .
Ora qui non c proprio nulla da espungere, perch il seguito del
giustifica laccenno oltre che ai seguaci di Aristippo a quelli di Egesia,
Anniceride e Teodoro e nel di Fedone troveremo sia Plisteno successore di Fedone sia i seguaci di Menedemo ( ):
inoltre, al principio del di Menedemo (II 125) leggiamo
.
evidente lo sforzo di Diogene di dare un tono compatto alla
sua esposizione e cos al 86 segue la degli Aristippei e
la dossologia di quelli che rimasero fedeli all: Diogene distingue
nettamente da e parla senzaltro di doxai: o
(e qui il C lassen7 6 giustamente
57
relazione se qualche mese fa non avesse interloquito un frustulo di
papiro di Ossirinco esemplarmente edito da Peter Parsons nel vol. LII
degli Oxyrhynchus Papyri congedato nellaprile 1984 e dedicato alla
memoria di Eric Turner. il medesimo che ci ha restituito un nuovo
frammento della Anagraphe di Ippoboto cui mi occorso di accennare.
di queste scoperte che abbiamo bisogno; s, abbiamo bisogno di una
meglio fondata edizione di Diogene, abbiamo bisogno di edizioni particolari di filosofi e storiografi tramandatici da Diogene, abbiamo bisogno di una Historia Laertii che riproponga in modo completo la sua
presenza nella cultura europea e nella storia del sapere umano, ma
come vedremo, un povero resto di una colonnina di papiro egiziano
scritto tra il II e il III secolo insignito del n. 3656 e pubblicato come
Philosophical Biography pu contribuire a sciogliere aporie e arricchire
il quadro dei motivi su cui gli uomini del Peripato Eraclide Pontico,
Demetrio Falereo, Aristosseno di Taranto, Dicearco di Messina, Fania
di Ereso, C ameleonte di Eraclea Pontica, Prassifane di Rodi o Mitilene,
Ieronimo di Rodi costruirono le vite degli .
58
59
Il Wehrli7 8 nelledizione di Ieronimo cercava di avallare linterpretazione scettica del termine, diversamente da Hiller, Hirzel e Susemihl, cos: La forma del titolo e le buone relazioni che Ieronimo
trattenne con Arcesilao fondatore della scepsi accademica parlano contro una trattazione del tema esclusivamente polemica 7 9 . Dal momento
che gli Scettici esercitano la per conseguire la ataraxia (Diog.
Laert. IX 107), questa porta anche vicino al fine della vita negativo,
al telos negativo di Ieronimo (frr. 8-18). Lannotazione su Fedone allude ad una trattazione storico-biografica del tema: al socratico e fondatore della scuola eliaco-eretriaca spetta un posto nella storia della
scepsi.
Ora il Papiro di Ossirinco 3656 manda in aria il titolo
e le deduzioni del Wehrli, qualunque ne potesse essere la validit.
Lautore del frammento biografico riferisce di una donna giunta alla
filosofa da una diversa condizione di vita. Il testo questo:
| | |
| 5 , | | .
| | |10
| . | | |
I 15 | |
| |
Traduco:
Dopo la morte di Platone, essa ud anche Speusippo, come dice
Ippoboto, e allora anche Menedemo eretrico. Ma rifer di lei anche
Ieronimo di Rodi nello scritto . Il peripatetico Aristofane
egualmente racconta nello scritto Libert dalla pena (Assenza di afflizione) che la giovinetta era nel fiore degli anni e piena di grazie intatte
(di fascino genuino) ... .
C ome avverte il segno , ripetuto ben cinque volte nel margine
del breve testo, abbiamo una concentrazione di nomi: Platone, Speu-
60
sippo, Ippoboto, Menedemo, Ieronimo, Aristofane peripatetico il cui
inizio di racconto segnalato da una diple.
Il Parsons ha bene individuato le novit: abbiamo un pezzo, da
una o simile, di un pettegolezzo elevato, liberalmente guarnito di fonti secondarie: una ragazza il cui nome
perduto studi filosofia prima con Platone, poi con Speusippo e Menedemo di Eretria: abbiamo un nuovo frammento di Ippoboto, un
nuovo titolo di Ieronimo e un peripatetico finora inattestato.
Il Parsons richiama a buon diritto due donne che furono allieve
di Platone e di Speusippo, ma non di Menedemo, Lastenia di Mantinea
e Assiotea di Fliunte. Due volte ne parla Diogene Laerzio. Nella Vita
di Platone (III 46) leggiamo: Anche parecchi altri furono alunni
() di Platone e con questi anche due donne, Lastenia di Mantinea e Assiotea di Fliunte che attesta Dicearco [fr. 44 W.]
indossava abiti maschili .
Nella Vita di Speusippo (IV 2) leggiamo:
Si diceva che furono sue uditrici ( ) Lastenia di
Mantinea e Assiotea di Fliunte, che erano state discepole di Platone.
Fu allora che Dionisio gli scrisse una lettera con questa mordace battuta:
Quale sia la tua sapienza possiamo apprendere dalla tua discepola di Arcadia [vale a dire da Lastenia arcade di Mantinea]. E invero
Platone non esigeva tributi da quelli che lo frequentavano mentre tu
imponi tributi e li esigi da tutti, volenti o nolenti.
La storia della donna a mio parere, potrebbe trattarsi di Lastenia (cfr. Athen. 279 E, 546 D) era narrata da Ippoboto Anagrafe dei filosofi. Ma in quale opera ne parlava Ieronimo? Il Parsons
non escluderebbe che Ieronimo pot avere scritto due opere diverse
e , ma, a mio avviso, non c dubbio che
lezione falsa risalente allarchetipo medievale di Diogene Laerzio: una corruzione facilmente spiegabile. Un caso analogo potrebbe
essere IX 79 dove i codici laerziani hanno e il Menagius,
indotto da Sesto Empirico hyp. pyrrh. I 41, preferirebbe ,
ma nella tradizione laerziana abbiamo scambi frequenti di preposizioni
/ (VI 77, VII 184, X 32, 66, 68), / (III 32, VII 33 e 61) o
61
di forme di verbi non solo -/- iv 51, ma anche - contrapposte a una forma semplice (, I 23). E vale la
pena di ricordare che in x 48 una variante falsa di ,
cio .
Resta il problema del significato di . Il Parsons ha tradotto dubbiosamente On Coherence, vedendo nel termine unaccezione
coesione che in C risippo fr. 550 (SVF II 173:
) o di continuit di luogo o forma in un altro stoico, Apollodoro di Seleucia fr. 7 (SVF III 260: )
di impedimento di movimento nel sonno in Aristotele plant. 816 b
39. Ha ricordato un placitum aeziano il 4. 2:
e un frammento di Epicuro fr. 361: .
Ha escluso insomma un significato di afflizione o imprigionamento
attestato dopo il I secolo a.C ., si per domandato: in qual modo
la donna veniva ad essere menzionata in un trattato di fisica? A mio
parere, invece, non pu non designare una condizione
di impedimento alla filosofia, di prigionia o di schiavit. In due testi
documentari del Ia vale detenzione, prigione: il PLond.
II 354 conserva una petizione al prefetto Gaio Turranio di liberazione
dalla prigione (l. 24 = l. 14 ); il BGU 1821
conserva il ricorso allo stratego Panisco per esser tolto dalla prigione
in cui era stato portato (l. 21 ). Il termine
indica uno stato di coartazione materiale, ma non si pu escludere limplicazione di una prigionia delle passioni, di uno stato immorale che impedisca il libero sviluppo della persona.
Quello di Fedone appunto un caso di , come un caso di
pot essere quello di Socrate che secondo Demetrio di Bisanzio
fu liberato dallofficina da C ritone che, innamorato della sua grazia,
lo educ (Diog. Laert. II 20). Anche Mironiano aveva raccolto casi di
vendite e liberazioni di filosofi (IV 14) o di schiavi divenuti filosofi
(V 36). evidente che anche il caso di una donna che diventava filo-
62
ma il colorito stilistico contrapposto a quello delle righe precedenti
che appartiene alla terminologica della biografia quale ben conosciamo da Diogene Laerzio potrebbe essere di Aristosseno che talvolta fu utilizzato da Ippoboto, se potessimo supporre che lo scriba ha
confuso con e che Aristosseno scrisse un
opera , vale a dire sulla liberazione da uno stato di afflizione, di pena fisica.
Il riscatto di Fedone dal suo stato schiavile irriso da Ieronimo
non meno che da Epicuro (C ic. de nat. deor. I = III A 15 Giannantoni:
cum Epicurus [...] Phaedoni Socratico turpissime maledixerit) divenne esemplare: Fedone venne diffamato non perch prigioniero, ma
perch servo, multorum libidini serviens, come dice S. Girolamo (= in
A 3 G.), o male serviens, come dice Lattanzio ( = in a 3 G.).
Recuperata la critica di Ieronimo nello scritto Dellimpedimento
a Fedone quale schiavo , siamo in grado
di riferire a tale opera alcuni frammenti di Ieronimo che nelledizione
del Wehrli non si trovano attribuiti a unopera, ma sono inseriti nel
Leben, come frr. 3-4-5-6. Qui la citazione introdotta da
, mentre quando Diogene cita i Commentari Sparsi,
gli , usa .
Da Diogene apprendiamo che Ieronimo criticava aspramente la
condotta di Arcesilao amante di ragazzi e adulatore di principi, il comportamento di Licone cortigiano, la caccia ai discepoli da parte dei filosofi sia che li inseguissero sia che li fuggissero.
Ecco i testi.
Dalla Vita di Arcesilao (IV 40-42):
Arcesilao godeva dellamore dei giovani ( )
ed era corrivo alla volutt, perci gli Stoici intorno ad Aristone di C hio
lo accusavano, chiamandolo corruttore di giovani e impudente maestro
di sconcezze.
Tra laltro si racconta che fu particolarmente innamorato di quel
Demetrio che fece un viaggio per mare a C irene, e di C leocare di Mirlea.
Allorquando i compagni di baldoria bussarono Arcesilao disse che voleva aprire, ma C leocare glielo impediva ( ). Lo
stesso giovane fu amato anche da Democare figlio di Lachete e da Pitocle figlio di Bugelo. Una volta Arcesilao li sorprese in amore e disse
che li lasciava fare perch era tollerante ( ). Per questo
63
64
65
Eraclito per la teoria del sensibile, Pitagora per la teoria dellintelligibile, Socrate per la filosofia politica. Non posso ripercorrere litinerario delle esperienze politiche, degli aneddoti, dei primati, ma mi limito a osservare che anche nel profilo di Platone linteresse letterario
di Diogene emerge prepotentemente: da una parte Epicarmo e i comici attici, dallaltra i giudizi sullo stile platonico. Per la struttura generale, Diogene non trascura di ricordare che la sua fu chiamata Accademica, perch nellAccademia dove fu sepolto aveva filosofato per la maggior parte del tempo (III 41) e conclude con una chiosa
(cos pure in V 57 per Erasistrato allievo di Teofrasto,
) la notizia di Demostene allievo di Platone riportata da Satiro sullautorit di Mnesistrato di Taso.
A questo punto il proemio a mezzo: Per te che sei giustamente
dedita allo studio di Platone e di quel filosofo con amoroso zelo ricerchi il pensiero (), ritenni necessario schizzare la natura dei
suoi discorsi, lordine dei dialoghi, il metodo del ragionamento induttivo, per quanto mi fu possibile in modo elementare e sommario ( ), in modo che la raccolta delle notizie
biografiche ( ) risultasse completata dalla
sua dottrina ( ), perch sarebbe portar nottole ad Atene,
se ti dovessi esporre estesamente ogni particolare ( ).
Una biografia di Platone limitata al senza sarebbe
insufficiente, ma daltra parte unesposizione particolareggiata sarebbe
assurda. Lesposizione dei anzi degli comincia
al 67: essa preceduta dalla sezione sulla 48-51
e, in ordine inverso a quello annunciato, dalla
53-55 e dalla 57-61. Ma c ancora di
pi e di meglio: tra le tre sezioni Diogene ha inserito altro materiale
di gran pregio contenutistico e suoi punti di vista. C os per linvenzione
del dialogo d torto ad Aristotele ed afferma (48): A mio avviso e a
pieno diritto ( ... ) il vero inventore del dialogo
Platone, che per il magistero dello stile rivendica a s il primato cos
66
ficano diversamente i dialoghi perch distinguono i dialoghi in drammatici, narrativi e misti, ma questa distinzione parte dal punto di vista
scenico pi che filosofico ( ).
Prima dintrodurre lesposizione dei due
dellannunciata , Diogene interviene con un
zinzino di passionalit nella disputa se Platone sia un filosofo provvisto
di una sua propria dottrina, di suoi , se insomma i
che esprimono i personaggi dei dialoghi siano da considerarsi sua personale filosofia. E cos scrive Diogene (51 sg.): Poich c gran dissenso ( ) se Platone dogmatizzi oppure no, ecco procediamo anche a questo chiarimento [ :
questo stile diogeniano secondo Janek]. Linsegnare dogmaticamente porre dogmi, come legiferare porre leggi. Dogma ha due
valenze: la cosa che si opina ( ) e lopinione stessa ()
[...] Le sue personali opinioni ( )
Platone manifesta attraverso quattro personaggi, Socrate, Timeo, lOspite
Ateniese (nelle Leggi), lOspite Eleate (nel Sofista e nel Politico). Questi ospiti a torto furono identificati con Platone e Parmenide: essi sono
ideali figure senza nome ( ). C he anche
quando parla Socrate o Timeo, pur sempre Platone che espone la
sua dottrina ( ...).
Tra lo schizzo della (53-56) e quello della
(57-61) Diogene inserisce una similitudine sostenuta da un empito evoluzionistico (56):
C ome nelle pi antiche rappresentazioni tragiche solo il coro
sostenne tutta lazione drammatica, poi Tespi introdusse un primo attore determinando le pause del coro, ed Eschilo un secondo e Sofocle
un terzo portando a completa perfezione la tragedia, cos pure la filosofia prima si rivolse unicamente alla natura, poi con Socrate alletica
ed infine con Platone alla dialettica e comp cos la sua perfetta evoluzione.
Esposta la classificazione dei dialoghi per tetralogie, Diogene lascia
intendere di non preferire la divisione aristofanea, fatta con criterio
pinacografico, in trilogie: [...]
67
, forzata la divisione in trilogie sostenuta da alcuni (61).
E poco dopo spuntano gli ignoranti, i profani, gli (63) per i quali
Diogene spiega laccezione speciale () e generale () di alcuni
termini platonici.
68
] >
[ ][ 10
] [ ] [
][
][ 9 2
] [ - 15
][ .
69
Nel papiro abbiamo le seguenti successioni di : (diple), obelos,
(antisigma), chi con due punti, diple con due punti, antisigma con due
punti, ceraunio, asterisco.
una successione organica, stilisticamente pi accurata, in cui
ogni era disegnato. Essa non pu essere defluita in Diogene
dalla fonte da cui deriv gli , lisagoge di Albino come
si ritiene comunemente , ma unaggiunta chiarificatrice a un determinato tipo di edizioni platoniche. Nella lista di Diogene manca lantisigma semplice e lobelos semplice viene menzionato allultimo posto
a una certa distanza dallobelos con due punti. Il benemerito editor
princeps Bartoletti attribuiva il disordine laerziano a difetto della tradizione manoscritta egli immaginava nellarchetipo lomissione dellobelos e dellantisigma, lorigine di una lacuna che sarebbe poi stata
colmata da un copista o un correttore che accortosi della mancanza
dellobelos linser in fondo alla serie.
Stabilito che il papiro non pu appartenere a Diogene sia per
le ragioni paleografiche individuate dal Bartoletti sia perch la disposizione delle parole nellindicazione dei non coincide (il papiro
ha , Diogene )
ne recuperiamo la fonte che ci consente di constatare levidenza materiale della libert di comportamento di Diogene di fronte ai modelli.
Penso che la diversa disposizione dellobelos sia dovuta allo stesso
Diogene che soddisfaceva alla curiosit erudita senza lacribia necessaria: il suo obbiettivo era spiegare i , non fornire un elenco
ordinato dei segni e, daltra parte, la materia dei due obeloi era affine:
atetesi arbitrarie e atetesi giustificate. stato notato da tutti che tra
i segni critico-esegetici delle edizioni platoniche a cui si riferisce Diogene e il sistema alessandrino a noi noto vi sono differenze essenziali9 3 :
a questa consapevolezza dobbiamo la spiegazione di Diogene, che, come qui suggerisco, egli trovava nella stessa fonte da cui attingeva la
notizia delledizione dei dialoghi e non direttamente dai platonici, vale a dire in Antigono di C aristo. C he la fonte nel contesto
70
laerziano spunti insieme con i e non gi prima con i
non contraddice allipotesi, anzi pu confermarla. Il comportamento
verso Antigono da parte di Diogene non lo stesso di Filodemo: porto
71
(III 47): la sezione degli (III 67-80) assolutamente immune da tracce neoplatoniche come gi rilevava lo Schwartz 9 5 ,
non so quanto omogenea alla fonte, ma certamente non del tutto impersonale (78 , 79
, 80 ). Prima che
il Bios si chiuda con gli omonimi, agli seguono le
che, giudicate dal Gigon un manuale peripatetico con qualche materiale pieno di valore, secondo la Rossitto9 6 , che ne ha dato or ora
un adeguato commento, derivano da uno scritto dello Stagirita composto nel periodo da lui trascorso nellAccademia di Platone, nel quale
sono mescolate insieme dottrine platoniche, accademiche e aristoteliche
[...] e destinato ad essere usato dallo stesso Aristotele e dai suoi discepoli nei corsi di dialettica e di retorica che egli tenne [...] nellAccademia. Secondo la studiosa, Diogene non a torto presenta le
diaireseis come ci che Aristotele dice delle classificazioni platoniche9 7 .
Ma possiamo chiederci: davvero sorprendente e inaspettato
72
73
volte, nello Zibaldone, nelle Operette morali, nei Detti memorabili
di Filippo Ottonieri.
Il Bios di un pensatore come Aristotele non pone in soggezione
Diogene n gli fa spostare la bilancia a favore della dottrina, che
esposta nei 28-34. Gli sono introdotti da un insolito , () allinizio e esposti in maniera asistematica anche se vivace: , , ,
, , , , , , ,
.
La struttura del Bios esemplare per gli altri Peripatetici. Al 10
Diogene conclude con la morte, la vicenda biografica:
. Ma soggiunge subito di essersi imbattuto nel
testamento ( ) che naturalmente riporta fino al 16 ove con insolita ricchezza verbale appone
la clausola: ( documentabile che un nesso tipico di Diogene) e ci
d molto altro: aneddoti (notevole quello della sveglia mattutina
di Aristotele) e apoftegmi che giudica bellissimi annunciandoli al
17 ( )
e chiudendoli al 21 ( ). Non
fortuito che di un apoftegma che rivela lethos di Aristotele Diogene
fornisca due redazioni: al 17 Una volta fu rimproverato perch
diede lelemosina ad un uomo malvagio, ed egli ribatt: Non del carattere, ma delluomo ebbi compassione e al 21: A chi gli rimprover di aver soccorso un uomo malvagio laneddoto infatti
narrato anche in questa forma , Non luomo soccorsi replic
ma lumanit ( ). Un
criterio valutativo Diogene applica anche alle liste dei libri di Aristotele e di Teofrasto e di Eraclide: Aristotele scrisse moltissimi libri,
il cui catalogo ritenni di trascrivere qui di seguito per leccellenza delluomo in ogni campo ( )
( 21); una formulazione analoga per Teofrasto ( 42): Anche Teofrasto ha lasciato un numero sterminato di libri, che ritenni conveniente ( ) trascrivere perch sono doviziosi di ogni
virt ( ). Gli scritti di Eraclide
sono (V 86).
74
75
76
derivanti da Antistene (VI 19): (II 65-104) (II 106 e II 125-144 Menedemo),
.
Tale unit ribadita alla fine del Bios di Menedemo, che la fine
77
del libro. In VI 103-105 con caparbia e compatta coerenza Diogene
subordinando al biografico linteresse dossografico mostra il fondamento
diadochista Zenone discepolo di C ratete e anche dossografico
del legame tra le cinica e stoica, polemizzando, come gi nel
Proemio, con Ippoboto che vedeva nel C inismo una . C os
alla fine dei Diogene aggiunge uno schizzo VI 103 della dottrina, dei
perch egli giudica la filosofia cinica una scuola e non un indirizzo di
vita: ,
, . Ed espone gli intrecciando C inici
e Stoici, Antistene e Diogene con Zenone e Aristone. Non in modo
rigoroso, ma anche intercalando una battuta di Diogene sulla meridiana
e su una rappresentazione musicale. Ma comunque gli areskonta riguardano il bando della logica e della fisica, della istruzione enciclopedica
e lesercizio delletica; la dottrina del vivere secondo virt
comune a Antistene e agli Stoici, perch
,
.
E per l sul ritorna Diogene col lacero mantello, gli erbaggi, lacqua fresca e la botte e il suo detto ():
proprio degli dei non aver bisogno di nulla, di chi simile agli dei
aver bisogno di poco. Gli finali sulla insegnabilit della
virt, sul sapiente degno di amore che nulla affida al caso,
e sulla adiaforia di ci che sta in mezzo tra virt e vizio mescolano
Antistene e Aristone nella collaudata alleanza. Ora Diogene pu passare agli Stoici, con la coscienza che il loro capostipite fu alunno del
cinico C ratete. E di questa coscienza unitaria troviamo traccia nei riferimenti taciti o espliciti al VI libro nel corso del VII.
13. Il libro VII: i due criteri dellesposizione dossografica. Il problema della symmetria.
Linterazione fra bios e filosofia assume un caratteristico sviluppo
nel VII libro, dove il filosofo si mostra consapevole in modo equanime
del valore di un documento, di una lista di libri, di unepidrome dos-
78
sografica: e il criterio excerptorio praticato, almeno in un settore
della dottrina stoica, nella duplice forma generale/particolare, sommaria/specifica. Si sa che per la massiccia presenza di Diocle di Magnesia che il Nietzsche propose uninterpretazione dellintera opera
diogeniana come epitome di Diocle con aggiunte di Favorino. Ma nel
VII libro che Diogene d conto del suo atteggiamento e mostra una
79
) per il fatto che Zenone fu il fondatore della scuola (
). E, daltra parte, egli ha scritto molti libri di cui ho dato un
elenco [VII 4] in cui parl tanto quanto nessun altro degli Stoici. Questi
sono i suoi in generale () ed io li esporr
[cfr. III 47] come siamo soliti fare anche per altri filosofi (
). Nellambito dellesposizione della
logica (38-83) abbiamo novit strutturali, la pi importante delle quali
che allesposizione sommaria della logica (38-48) Diogene fa seguire
unesposizione particolareggiata dei principi quale trovava egualmente
nella fonte dioclea (VII 48), or ora riedita dopo Arnim da Urs Egli1 0 3 .
Trattati sommariamente () i dogmata della logica stoica,
trattiamo ora [vale a dire III 47], specificamente, anche questi principi che ricorrono nel manuale isagogico, cos
come sono letteralmente citati da Diocle di Magnesia nella sua Epidrome dei filosofi. Nel corso di questa particolare esposizione Diogene rileva laccordo della maggior parte degli Stoici nel cominciare
per la teoria dialettica dal , dal capitolo sul linguaggio (VII 55 e 62) e, alla fine, il ruolo della dialettica, della logica nel
sistema dottrinario degli Stoici, i quali sottolineano che lunico vero
sapiente lo stoico (questo oggi ribadito dallimpegno di Karlheinz
Hlser che ha rifondato la raccolta arnimiana dei frammenti della dialettica stoica 1 0 4 ).
La preoccupazione giustificatoria di Diogene innegabile (VII 83)
,
[...] . E infatti per letica (84-131) e la fisica (132-160) Diogene applica
solo il criterio dellesposizione generale. Per letica egli scrive: Questa
la loro dottrina etica ( ). Gli Stoici dicono anche pi di questo con proprie dimostrazioni
( ). Ma basti questo che abbiamo detto
[...] (VII 131: cfr. in 47 -
80
). Alla conclusione della parte fisica
(132-160) Diogene giustifica la sola esposizione generale della dottrina
con ragioni di equilibrio compositivo dellintera opera (160:
). Su questo concetto della
symmetria val la pena che indugi, non senza ricordare che nei capitoli
su Aristone, Erillo e Dionisio in quanto (VII 160
, 167 ) dissidenti il problema delleterodossia stoica stato or
ora riproposto dalla Ioppolo1 0 5 riprende la via diadochista con
C leante, successore di Zenone, con Sfero, uditore di C leante un
Bios (177-178) distinto solo successivamente dal Bios di C leante (cfr.
VII 37) e con C risippo uditore di Zenone e C leante: tali bioi non
contengono, come non dovevano contenere, e sono per organizzati in materiale biografico, aneddotico, bibliografico di buona
qualit.
Ma, come accennavo, val la pena che mi occupi del problema della
symmetria dellopera laerziana e della validit che possono avere gli
accenni al problema in altri bioi. La domanda : possiamo interpretarli
in relazione allo stesso Diogene e non alle fonti? Il problema topico,
ma questo non vuol dire che sia impersonale.
Quando leggiamo nelle Avventure di Apollonio del contemporaneo
Filostrato che si potrebbero portare molti altri esempi di lotta di filosofi ai tiranni, pur inferiori tutti allesempio del santone di Tiana, ma
che il piano dellopera non consente di dilungarsi oltre (VII 2
, ), non
abbiamo motivo di dubbio, anche se siano stati gi addotti esempi in
numero sufficiente 1 0 6 .
Nel I, nel V e nel VI abbiamo testimonianze sul problema. Nella
Vita di Solone c un duplice accenno alla misura espositiva: il primo
81
C reso, che Diogene si limita solo a menzionare, perch sa che ampiamente divulgata la materia educativa di quel dialogo fra il ricco
sovrano orientale e il pessimista sapiente occidentale (I 50
). Nel V, alla fine del sommario dossografico e quasi a conclusione del bios, Diogene scrive che sarebbe lungo enumerare le altre
tesi che Aristotele svilupp su molte questioni (V 34
, ).
La dichiarazione sembra non inopportuna n incoerente. Nel VI, in
piena valanga di aneddoti del cinico Diogene dopo la seconda redazione duno stesso aneddoto Era solito masturbarsi in pubblico
e considerare: Magari potessi placare la fame, stropicciandomi il ventre , leggiamo (VI 69): Gli vengono attribuiti anche molti altri
detti che sarebbe lungo passare in rassegna (
, ). Ancora nel VI,
nella vita di Ipparchia, a proposito dellincontro della donna con Teodoro lAteo e delle battute che si scambiano, Diogene assicura che sono
di numero sterminato gli aneddoti che si potrebbero narrare della filosofa (VI 98 ).
Ma la migliore formulazione dellesigenza di una misura espositiva
dellintera opera quella che abbiamo letto alla fine del sommario diocleo. Il sommario lungo e la dichiarazione potrebbe apparire poco
credibile, se la medesima sollecitudine non apparisse anche nella Vita
di Pitagora. Alla fine della spiegazione dei symbola Diogene afferma
che resterebbero ancora da scegliere e interpretare altri symbola, ma
questo lo trarrebbe troppo lontano (VIII 18
).
In ognuno di questi luoghi Diogene usa stilemi diversi. certo
legittimo chiedersi se ci dipenda dalla diversit delle fonti o dalla
tecnica variazionistica che anche altrove, a partire dagli Epigrammi,
rinveniamo praticata da Diogene. C redo che sia Diogene a preoccuparsi
di comporre lopera in un numero determinato di libri (e capitoli) e
di conservare ai singoli libri una plausibile economia. C he egli abbia
realizzato lintenzione problema diverso. Interessa molto sorprendere
lautore consapevole delle difficolt di dare allopera una struttura omogenea, di condurla dal chaos delle tradizioni al cosmo di un syggramma
proporzionato.
82
83
a diventare filosofo (t. 12 d.). Naturalmente Porfirio non inventava
del tutto, ma accentuava motivi ostili a Socrate presenti in Aristosseno,
cos come al contrario forzava la teologia platonica in senso plotiniano:
Dio Uno e Bene, la sostanza della divinit ha formato tre ipostasi
(t. 15 e 16).
C he questa storiografia chiaramente tendenziosa e parziale sia un
modello di acribia ho motivi di dubitare, specie se pensiamo alla Vita
di Pitagora che lunica Vita superstite della .
A parte gli accavallamenti, le ripetizioni, le inesattezze 1 1 0 , il rilievo dato
da Porfirio ai suoi viaggi in Egitto, ai suoi ammonimenti agli animali,
ai miracoli e alla dottrina dei numeri, fa di Pitagora un santone pi
che un , un nuovo Apollonio di Tiana. una biografia in
senso ascetico-mistico, in direzione propagandistica e di proselitismo
culturale, come dice il Romano1 1 1 , che ha posto in evidenza la
compiacenza di Porfirio nellaccentuare il carattere mistico-ascetico
della biografia pitagorica, la natura divina di Pitagora, la sua impareggiabile capacit contemplativa, il suo straordinario fascino morale, lirresistibile efficacia della sua parola. Porfirio ha alcune fonti comuni
a Diogene Laerzio, ma egli in balia di fonti comuni a Giamblico,
cio Moderato e Nicomaco di Gerasa, e specialmente Antonio Diogene,
parodiato da Luciano, ma preferito da Porfirio a Aristotele. C os applica
il suo giudizio critico Porfirio: Poich Antonio Diogene nelle Meraviglie incredibili al di l di Thule percorse con esattezza () le
gesta del filosofo, giudicai () di non poter affatto trascurare il
suo racconto.
Ma il modo in cui Porfirio utilizza le fonti comuni a Diogene
Laerzio che depone nettamente a danno della sua reputazione di storiografo, anche se gi nel IV secolo ad opera degli autori cristiani egli
ha acquistato un credito che al povero Diogene riservava solo il sofista
Sopatro di Apamea, che nelle sue Ecloghe varie inseriva excerpta dai
libri I-V-IX-X. Porfirio cita Aristosseno al 9 per la notizia su Pitagora che lascia Samo tiranneggiata da Policrate per lItalia (ripete
la notizia al 16): la notizia anche in Diog. Laert. VIII 3, ma senza
84
il colore agiografco) di Porfirio: vedendo che la tirannide di Policrate diveniva troppo dura perch un uomo libero potesse bene sostenere unautorit cos dispotica. Al 53 a proposito della dottrina
dei numeri Aristosseno inserito tra Platone, Aristotele, Speusippo e
Senocrate che secondo i Pitagorici si erano appropriati dei
pi fecondi rimaneggiandoli un po e hanno raccolto e classificato come
proprie della le superficialit e le leggerezze che i malevoli diffamatori della scuola allegarono per rovinarla e ridicolizzarla. Da Aristosseno Porfirio riporta il racconto del tiranno Dionisio sui pitagorici Finzia e Damone ( 59-61). Diogene ricava da Aristosseno notizie sul
ghenos (VIII 1), sul contatto con la sacerdotessa delfica Temistoclea
(8) che in Porfirio 41 a torto Aristoclea , sul primato di aver
introdotto pesi e misure ( 14), sulleducazione politica e, in particolare,
su Pitagora educatore di Zaleuco e C aronda che egli fece cittadini onesti
e buoni ( 16) questa notizia, senza citazione della fonte, diventa
in Porfirio (21): Pitagora libera le citt dItalia e di Sicilia da tempo
o da poco asservite facendo ispirare pensieri di libert dai discepoli che
aveva in ciascuna [...] diede leggi ad altre citt per mezzo di C aronda di
C atania e Zaleuco di Locri . Da Aristosseno Diogene attinge notizie
sullastensione dalla carne di animali (VIII 20) e su pitagorici (VIII 46)
che Porfirio ignora. Antifonte (non il sofista) autore di un libro su coloro
che primeggiarono in virt citato una sola volta da entrambi a proposito
della visita in Egitto: Diogene assume i dati e il succo dottrinario del
soggiorno, ha conoscenza dei misteri della teologia egiziana (VIII 3),
Porfirio attribuisce alla fonte un romanzesco sullausterit e
sulle sofferenze patite da Pitagora prima di diventare oggetto di ammirazione e di essere ammesso, unico fra gli stranieri, al culto dei loro
dei. Anche Timeo male e poco utilizzato da Porfirio (4: cfr. Diog.
Laert. VIII 15). Porfirio fa risalire al suo Antonio Diogene ( 33) il
primato che gli attribuito da Timeo (VIII 10) di dire comuni i possessi degli amici! Aristotele, oltre ad essere intruppato al 53 con
Platone, Speusippo, Aristosseno e Senocrate, citato da solo ununica
volta (41) per gli insegnamenti misteriosi sotto forma di simboli.
Al contrario, Diogene cita Aristotele per la notizia della venerazione
85
di Aristotele. Ma la prova pi grave della cattiva coscienza storiografica
di Porfirio che per i motivi che venivano addotti per lastensione
dalle fave ( 43-44) si rif al solito Antonio Diogene, mentre Diogene
Laerzio cita espressamente il libro Sui Pitagorici di Aristotele (VIII 34).
E infine Dicearco: Diogene lo cita per la morte a Metaponto (VIII 40).
Porfirio fa bene a citare Dicearco con gli autori , ( 56)
per la presenza di Pitagora al complotto di C ilone, ma chi pu credere
che Dicearco abbia precorso Porfirio nel ritratto di Pitagora
? Secondo Porfirio ( 18), Dicearco avrebbe detto: Quando
sbarc in Italia e raggiunse C rotone, questuomo che aveva tanto vagabondato, ricco, ben dotato dalla nella sua , nobile
nella persona, grande, affascinante, eloquente e maestoso, in possesso
di tutte le altre qualit, tanto colp la citt dei C rotoniati che dopo
aver soggiogato il C onsiglio degli anziani con molti e bei discorsi
rivolge ai giovani appropriate esortazioni su ordine dei magistrati e
poi ai fanciulli affluiti dalle scuole e poi alle donne [...] e unassociazione di donne si costitu per lui ..., ecc. ecc. (perch secondo il Burkert anche il 19 apparterrebbe a Dicearco).
Nulla di queste e simili meraviglie, magie, miracoli nel sobrio
Bios di Diogene, in cui lo scrupolo della documentazione biodossografica non esclude gli accenni alla (VIII 11) che finanche
Timone gli riconosceva o allammirazione (VIII 15) che Diogene registra anche per Empedocle (VIII 60), Archita (VIII 79), Eudosso. E,
daltra parte, Diogene di Ferecide, variamente collegato con Pitagora,
aveva ricordato nel I libro (116) e la taumasiografia
non estranea alla biografia peripatetica. Acutamente lo Schwartz1 1 2
aveva osservato che la dossografia che Diogene attingeva alle Memorie
di Alessandro Poliistore (VIII 25-35) del tutto libera dalla mistica
numerica e dalla morale teologica e che per Diogene sarebbe stato
molto pi facile rappresentare il Pitagorismo moderno che ricostruire,
come fece, il sincretismo ellenistico da lungo tempo dimenticato.
Il libro VIII anche linizio della filosofia italica e possiamo affermare che gli ultimi tre libri dellopera costituiscono un blocco di
86
cui si sorprendono lineamenti unitari. Ma gi in questo libro in
cui lequilibrio fra bios e doxa si fa precario nel senso che la doxa
cede sempre pi ai bioi nei Pitagorici Diogene preannuncia una
modifica importante al quadro storico della filosofia italica che ci consente di additare unevoluzione rispetto alla visione del Proemio ferreamente organizzata nella diadochia. Ma il nesso delle due grandi fasi
ionica e italica riconfermato alla soglia dellVIII: gli
divengono e il movimento stilistico con cui Dio-
87
base dei suoi versi sono concentrate in due paragrafi su un totale di
venticinque ( 76-77 ). Ma soprattutto ristabilisce
il raccordo fra Pitagora e Epicuro rifacendosi esplicitamente al Proemio
con la novit dei filosofi isolati di cui nel Proemio assoluto silenzio.
Secondo il Kienle 1 1 3 , lesclusione di Eraclito e Senofane questi sono
gli era gi in Sozione, ma credo che, poich qui
diverge dal Proemio dove Eraclito non menzionato, ma Senofane
strettamente connesso con Telauge maestro e Parmenide successore ,
Diogene diverge anche da Sozione. C redo che Diogene abbia modificato
la sua visione dopo la trattazione della filosofia ionica: anche su questo
direi che la sua opera aperta, suscettibile di aggiunte e aggiornamenti.
E vedremo subito che di questa nuova collocazione di Senofane negli
, menzionati altre due volte in VIII 91 e IX 20 (
), Diogene d una giustificazione precisa.
C he questi sporaden abbiano turbato o rinnovato lo schema espositivo che Diogene si era fatto allinizio pu risultare gi dal testo di
raccordo che ho or ora menzionato (VIII 50):
Poich abbiamo discorso di Pitagora, bisogna ora dire dei Pitagorici insigni [ indica la trattazione immediata come ],
e, dopo di loro, di quelli che secondo alcuni ( ) vengono
88
con coerenza perch allinizio del Bios di Senofane scrive (IX 18): Non
fu discepolo di alcuno secondo alcuni (
) e soggiunge che altri lo fanno discepolo di Botone, altri di
Archelao e, secondo Sozione, fu contemporaneo di Anassimandro (Jacoby
corregge Anassimene) e soprattutto registra per accentuare lisolamento di Senofane lopposizione dottrinaria a Talete, iniziatore della
filosofia ionica, e a Pitagora, iniziatore della filosofia italica, nonch la
critica ad uno dei pi prestigiosi sapienti, Epimenide:
, .
ancora, se avesse seguito Sozione, come crede il Kienle, Diogene non
avrebbe denunziato il suo errore di credere che Senofane abbia per
primo affermato linconoscibilit delle cose (IX 20
, ).
E infine, allinizio del Bios di Parmenide (IX 21) si preoccupa di chiarire dal nuovo punto di vista il rapporto con Senofane: Parmenide
fu uditore di Senofane [...] tuttavia se pure ud Senofane non fu suo
seguace ( ) [...]. Fu avviato alla tranquillit
della vita teoretica ( ) da Aminia, ma non da Senofane.
C he i Bioi diogeniani possano essere considerati unopera aperta
confermato anche dallatteggiamento verso il sistema scettico. Abbiamo visto nel Proemio che Diogene contro Ippoboto identifica Scetticismo con Pirronismo e soprattutto riconosce alla setta pirroniana il
carattere di , analogamente al C inismo. una posizione scettica, ma piuttosto duttile e forse non organica, se ancora nel Proemio,
in modo distinto dai Pirroniani registra gli Efettici contrapposti ai
Dogmatici (I 16). Il Bios di Pirrone dal punto di vista dossografico
particolarmente ricco di (IX 78), ornato dei dieci
tropi (79-88) da Sesto Empirico cui aggiunge i cinque di Agrippa (88-90)
che fanno da intermezzo allagone Dogmatici-Scettici, ma anche come
ritratto umano del filosofo pregevole: lakoloutheia di vita e dottrina
( 62) caratterizza il fondatore della , le cui ascendenze sono addirittura omeriche. Dopo aver menzionato gli uditori di Pirrone, Diogene precisa nomenclatura e caratteristiche dei Pirroniani cos (IX 6970): Tutti costoro venivano denominati Pirroniani dal loro -
, ma dal , se si pu parlare di ( )
venivano chiamati Aporetici, Scettici, e ancora Efettici e Zetetici.
89
C ominciando dallultima denominazione, Diogene ci d il seguente ragguaglio: La filosofia si chiama zetetica dal ricercare () sempre
e dovunque la verit; scettica dallindagare sempre () e non
trovare mai; efettica dallo stato mentale che segue alla ricerca, dico la
(la sospensione del giudizio); aporetica dal fatto che gli stessi
Dogmatici si trovano nella difficolt del dubbio (). I Pirroniani
da Pirrone. E infine Diogene non ha remore a riportare la testimonianza di Teodosio scettico che non avalla la sua identificazione di
Pirronismo e Scetticismo: Teodosio nei suoi Capitoli scettici nega
che la filosofia scettica debba chiamarsi pirroniana. Perch se il movimento del pensiero nelluna e nellaltra direzione sfugge a una sicura
determinazione e ci riesce inafferrabile, non sapremo la disposizione,
il modo di vita di Pirrone: non sapendola neppure potremo chiamarci
Pirroniani. E aggiunge: Pirrone non il primo ad aver inventato la
filosofia scettica e non ha un . Perci si potrebbe chiamare Pirroniano solo chi ha un modo di vita simile a quello di Pirrone.
evidente la maturazione della visione critica, articolata dello
Scetticismo, cui corrisponde uno spiccato impegno dossografico.
Ma in generale si pu dire che in tutti i bioi del IX libro Diogene
ha conseguito un maggiore equilibrio fra bios e doxa e soprattutto ha
fornito una dossografia esatta di ascendenza teofrastea. La dossografia
di Eraclito distribuita come quella leucippea nelle due direttrici fondamentali: principi generali ( IX 7, IX 30) e
principi particolari ( IX 8 e 31) con una coscienza di scrupolo e una responsabilit di critica che certo risalgono a Teofrasto,
ma merito di Diogene non aver negletto. C os Diogene che conosce
la topica oscurit dellEfesio, dopo aver inserito nella parte generale
della sua dottrina il detto sui confini dellanima che non si possono
trovare neppure se si percorre ogni via per la profondit della ragione
chessa possiede, afferma che il suo stile, incomparabilmente conciso
e grave, cos splendido e perspicuo che anche il pi tardo di mente
pu facilmente intendere e sentirsi elevare lanimo. Ma ci non impedisce allo storico di rilevare che Eraclito non d una chiara spiegazione
( ) della trasformazione delle cose ad opera
del fuoco, non spiega ( ) la natura del , nulla rivela
( ) della natura della terra n delle scafe. Insomma
90
il suo v non sempre rigoroso; analoga carenza di
Diogene scova nella dossografia di Leucippo (IX 33 ). Il
Kahn1 1 4 ha osservato che la migliore versione del fondo teofrasteo su
Eraclito stata conservata da Diogene. Al ritratto di Eraclito tracciato
da Diogene si ispir anche il Nietzsche in uno dei suoi pi riusciti
saggi della Filosofia nellepoca tragica dei Greci (1873): Eraclito , che gioca agli astragali con i fanciulli, misantropo
e solitario dei monti, che muore didropisia, seppellito in una stalla
di buoi, nel caldo sterco dei buoi, una rappresentazione potente:
temperamento straordinariamente mirabile, , uno dei pochi
filosofi che Diogene abbia potuto rappresentare nel ritmo biologico della
fanciullezza, della giovent e della maturit. Discepolo di nessuno,
investigava se stesso e apprendeva tutto da se stesso. E anche per
il suo libro, il cui , Diogene segue lo schema
ternario di tre logoi: , , , e non
segue il grammatico Diodoto, il quale affermava che il libro di Eraclito
era e che la parte sulla natura aveva solo valore di
esempio, pur riconoscendo lincompletezza e la contraddittoriet dellopera, bisognosa del socratico palombaro di Delo, che offr molto
travaglio esegetico ai commentatori antichi. Il falso carteggio con Dario
dona anche un tratto antimonarchico al filosofo consapevolmente fiero
di s e contento del poco.
Sufficientemente maturo, il Bios di Eraclito a me pare esemplarmente misurato e partecipato duna sottile vena di simpatia: che questo
bios sia una caricatura affermazione pregiudizievole, scandalosamente falsa del Mejer1 1 5 , a meno che non labbia confuso col Bios di
Parmenide, eccessivamente breve (IX 21-23). Ma vai la pena di ricordare che del brevissimo Bios di Melisso (IX 24) Giovanni Reale ha
lodato la precisione, certezza, credibilit delle notizie e lappropriatezza
del sunto dossografico1 1 6 .
Anche il Bios di Diogene Apolloniate stato giudicato dal Mejer
91
fuori posto secondo un incancrenito pregiudizio (Rohde, Hicks, Kienle):
La vita di Diogene di Apollonia non ha nulla a che vedere col contesto del IX libro1 1 7 . Ma uno dei pi sicuri risultati conseguiti dal
Laks nella ricca edizione dei frammenti di Diogene del 19831 1 8 proprio la dimostrazione che Diogene Laerzio non confuse Diogene di
Apollonia con Diogene di Smirne, maestro di Anassarco (IX 58); la
sequenza Protagora-Democrito-Diogene di Apollonia attestata nel I
secolo a.C . (Diogene Laerzio inverte solo lordine ponendo Democrito
prima di Protagora), Anassarco e i Pirroniani sono collegati a Democrito al di sopra di Protagora e Diogene che formano un gruppo marginale che illustra un altro tipo di dipendenza, Diogene Apolloniate
infine considerato pi vicino a Leucippo che a Anassagora: tutto
questo giustifica la posizione del Bios di Diogene di Apollonia nel
IX anzi che nel II libro e mostra Diogene Laerzio infisso nellopera
teofrastea pi di quanto finora si sia pensato. E a mio parere Diogene
prima di lasciare il resto del libro IX ai filosofi della scepsi ha collocato
un filosofo sostenitore di un principio indiscutibile, di una , di una certezza preliminare, assoluta, universale, senza
lipoteca del dubbio pi o meno metodico. Anche nel breve Bios di
92
Tale immediatezza del contatto con alcune parole eterne degli antichi precettori del mondo percepiamo negli incipit Di tutte le cose
misura luomo, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che
non sono in quanto non sono e Intorno agli dei non ho alcuna
possibilit di sapere n che sono n che non sono. Molti sono gli ostacoli che impediscono di sapere, sia loscurit dellargomento sia la brevit dellumana vita (IX 51), che appartengono a due scritti di quel
Protagora che innov per primo il metodo socratico di discussione
(IX 53). E se il Bios di Anassarco imperniato su un motivo del Bios
zenoniano della lotta del filosofo al tiranno, il Bios di Timone, rivisitato con intelligenza storica da Decleva-C aizzi1 1 9 , scintillante non
di doxai, ma di vita: un ritratto fortemente antigoneo, di filosofo
ulisside prima di essere pirroniano, poeta parodista, i cui Silloi sono
una punta pi o meno acuminata di molti bioi diogeniani, amante di
giardini e della solitudine, e ,
, schernitore emunctae naris, , amico e
collaboratore di Alessandro Etolo e Omero di Bisanzio, lettore distratto
delle sue poesie che giacevano per met corrose dalle tarme nella sua
abitazione, immerso nello studio fino a trascurare il pranzo, un grazioso C iclope Diogene dice (IX 112):
che esercitava il suo giocoso scetticismo sul dogmatismo
di Arcesilao. Ebbe o non ebbe successori Timone? Termin o non
termin con lui la scepsi pirroniana? Aveva ragione Menodoto di Nicomedia medico empirico a non ammettere la continuit della Scepsi da
Timone a Saturnino, discepolo di Sesto Empirico? C erto, a un correligionario piaceva di pi un Timone, senza , che pure aveva
avuto nel figlio Santo un , un Timone la cui scomparsa apriva una crisi fino a Tolomeo di C irene nel I secolo? Pi che
allievi veri e propri, un circolo senza il legame della visione organica
del mondo? Ha ragione il Brochard a scrivere che esistiti o non esistiti
i discepoli nulla hanno aggiunto alleredit di Timone e Pirrone 1 2 0 ?
un problema alla cui insolubilit ha contribuito Diogene con un
93
bios che effettivamente sembra porre un sigillo alla Scepsi, anche se
un sigillo pi di vita che di morte; un bios in cui nessuno schema
diadochista riesce a domare leterodossia di un personaggio, pieno di
umori e di stravaganze, che poteva irridere il paziente lavoro di Zenodoto indicando ad un poeta del calibro di Arato che il testo genuino
di Omero si trovava non nelle celebri edizioni che avevano ricevuto
la di Zenodoto, ma negli esemplari antichi,
.
94
vero di detrattori e calunniatori tacciati di follia l
testimoniata dalla patria e dagli amici, la ininterrotta della
scuola, l verso i genitori, l verso i fratelli, la verso i servi e, culmine e somma di tutte queste virt, la verso tutti.
Diogene sa che non tutti possono accettare tale profilo e perci
afferma che la figura del teorico del piacere, inneggiato in un epigramma
di Ateneo (Anth. Pal. IV 43) quale maestro del limite naturale della
ricchezza e denunziatore della sconfinata e rissosa avidit degli uomini,
risulter anche pi perspicua se si procede dalla dottrina di Epicuro
(X 11 sg.): [...]
. il primo annuncio della dottrina, ma Diogene continua il Bios con le notizie pi varie e fonti allegate, con la notazione del suo stile personalissimo, con le tappe delliter filosofico e la
morte. Ma neppure con la termina la Vita: Diogene aggiunge
il testamento, la bellissima lettera a Idomeneo sullultimo giorno della
sua vita tra i violenti dolori cui lanima oppone i colloqui del passato,
gli allievi (X 22), una bibliografia selezionata delle
opere di Epicuro (X 27
, ).
a questo punto che Diogene annuncia pi precisamente il piano
espositivo dei e dei di Epicuro: La dottrina (
), che in questi scritti tenter di esporre ( ) proponendo le sue Tre Lettere, in cui ha epitomato tutta la sua
filosofia. Ma addurremo anche le sue Massime Capitali e una scelta
di quanto ha proclamato ( )
s che tu sappia apprendere tutti gli aspetti della personalit delluomo
( ) e insieme giudicarlo. Annuncia il
contenuto delle Tre Lettere ... ...
e pur scrivendo ne ritarda il testo dal
30 al 34, inserendo una sezione, una stoicheiosis, un vero e proprio
sommario elementare di carattere isagogico sulla divisione della filosofia
e sul criterio (X 34 ):
una premessa (X 29: ) in cui si fa riferimento oltre
che alle Epistole, particolarmente quella A Erodoto, al Canone o Del
95
criterio, alle opere Della natura, Dei modi di vita, Del fine. Ai testi
della Lettera a Erodoto (35-83) e della Lettera a
Pitocle (84-115) non segue subito il
testo della Terza. C ome la Prima stata preceduta dal sommario sul
criterio, la Terza preceduta dalla complessa e forse turbata
preannunciata al 29: si tratta di un sommario di filosofia morale sulla
base dell Epitome di di Diogene di Tarso,
di x 29, strettamente congiunto al testo capitale dellEpistola a Meneceo: lEpitome di Diogene di Tarso fondata sulle citate opere di
Epicuro, Problemi, Della natura e Dei modi di vita. La perci
contestuale alla Epistola III e si precisa anche come dottrina di Epicuro
e degli Epicurei sul sapiente (X 117):
, , [X 122135]. [questo stilema laerziano]
(X 117-121). A questa
segue non solo la III Epistola, ma anche una citazione testuale di Epicuro sulla mantica (X 135
). Qui ci aspetteremmo le Massime Capitali,
ma prima (X 136-137) ancora una sezione sulla differenza della concezione edonistica nei C irenaici, sulla scelta delle virt e sullinseparabilit della virt dal piacere.
Si sa che allUsener il dossier sul sapiente epicureo appariva una
96
curata memoria del 1963 dimostr che Diogene Laerzio si serv di
una fonte originaria comune che trattasse non solo della morale epicurea, ma simultaneamente della dottrina delle varie scuole specialmente della stoica e che perci il testo di Diogene Laerzio viene a corrispondere per il suo contenuto ai testi dossografici di morale di Ario
Didimo, ha corrispondenze e divergenze con la dottrina stoica, la
fonte unica per la sezione de sapiente ( 117-120 a-121 b) e de
officiis ( 120 b-121 a) e il passo sulla mantica troverebbe una collocazione pi logica non dopo, ma prima dell'Epistola a Meneceo 1 2 7 .
C omunque sia, il materiale dossografico di primordine, anche
se lo scarso rigore con cui ci trasmesso risalga a Diogene Laerzio,
che pure cur il Bios di Epicuro con un impegno straordinario: come
ben vide lo Schwartz, esso attesta la retta intelligenza dellortodossia
che cementava la comunit epicurea 1 2 8 .
Fiuto eccellente Diogene mostr nel trascrivere le Massime Capitali che alla fine egli dona non solo alla donna philoplaton, al colto
milieu cui si rivolgeva, ma a tutta lumanit: non un mero lusus,
il telos della sua opera quale . Il crescendo stilistico del racconto tocca la vetta quando lautore concepisce le Massime
Capitali come il colofone non solo del del filosofo, del singolo
volume, ma di tutta lopera: allimmagine segnica Diogene unisce la
nozione del valore di ci che tramanda, una condensazione di pensieri
per conseguire la felicit. E cos, alla fine, il dottissimo instancabile
frugatore della sapienza plurisecolare dei Greci diventa araldo di felicit
in un afflato stilistico che lo riscatta da ogni possibile disordine compilatorio:
,
, .
97
98
strutture portanti sufficientemente affidabili, cos come la diadochia
maestro, allievi, allievi di allievi o lappartenenza ad una hairesis
sono criteri abbastanza validamente documentati, anche se la successione uno schema che pu chiarire, ma anche imprigionare e talvolta
anche bifronte o controversa. Quando la tradizione biografica doviziosa o almeno significante, Diogene traccia un ritratto che trova nellaneddoto uno strumento efficace e popolare per delineare il carattere,
il comportamento o la dottrina: c un rapporto dialettico fra lentit
del personaggio e la documentazione, i materiali ipo-apomnematici
gli aneddoti sulla vita e gli scritti di Platone hanno fornito materia
a un libro importante di Alice Swift Riginos1 3 0 . Quanto meno determinabile o determinata la dottrina, tanto pi vario e essenziale
laneddoto, che pu essere evasione o trattenimento, ma anche referente di pensiero, lombra o lemblema di un . La corrivit allaneddoto probabilmente una tendenza del gusto dellambiente in
cui operava, ma Diogene seleziona laneddoto sulla vita, sullopinione o sul sistema di pensiero e lo colloca nel segmento espositivo
ritenuto pi adatto, talvolta ne discute lattribuzione come se si trattasse di unopera scritta. Diogene non rinunzia alla letteratura pseudo-
99
di Samo. Questo colui che consigli di porre carboni spenti sotto
le fondamenta del tempio di Efeso: sosteneva infatti che, data lumidit del luogo, i carboni, perduta la fibra lignea, avrebbero ottenuto
una solidit impenetrabile allacqua (II 103); Senocrate filosofo e
infelice scrittore di elegie. caratteristico che i poeti se scrivono in
prosa hanno successo, i prosatori che tentano la poesia fanno fiasco.
dunque chiaro che la poesia opera dellingegno naturale, la prosa
opera darte (IV 15); Arcesilao scultore al quale Simonide dedic
questo epigramma: Questa la statua di Artemide, costa duecento
dracme di Paro, che hanno per impronta un capro. opera di Arcesilao, degno figlio di Aristodico, esperto nelle arti di Atena (IV 45);
Bione democriteo e matematico di Abdera, autore di opere in attico
e in ionico. Fu il primo a sostenere lesistenza di regioni in cui sia la
notte sia il giorno avevano la durata di sei mesi (IV 58); Demetrio
poeta epico di cui si conservano solo questi versi contro gli invidiosi:
Vivo fu disonorato, morto rimpianto. E per la sua tomba e la sua
immagine senza respiro, vennero a gara citt e il popolo suscit contesa (V 85); Diogene di Apollonia filosofo naturalista. Il suo
libro comincia cos: All'inizio di qualsiasi discorso a me pare necessario che si stabilisca un principio inconfutabile (VI 81); Archita
architetto, a cui si attribuisce un libro Della meccanica, che comincia
cos: Queste cose da Teucro cartaginese udii (VIII 82); Eraclito
poeta elegiaco di Alicarnasso, per il quale C allimaco compose questi
versi: O Eraclito, la notizia della tua morte mi indusse al pianto:
mi ricordai quante volte conversando entrambi avevamo tratto gi dal
cielo il sole. Ora tu, ospite di Alicarnasso, gi da tempo sei cenere.
Ma vivono i tuoi canti dusignolo su cui non tender la mano Ade, che
tutto rapisce (IX 17).
E verisimilmente anche a una fonte omonimica dobbiamo se Diogene ci ha conservato gli incipit di molte opere: del poema di Lino
(I 4), del libro di Ferecide di Siro (I 119), del libro di Anassagora
(II 6), del peana di Socrate (II 42), di una favola esopica di Socrate
(II 42), del Hieros logos di Pitagora (VIII 7), dei Raggiri di Pitagora
(VIII 8), duna elegia di Senofane (VIII 36), delle Purificazioni di Em-
pedocle (VIII 54), del libro di Alcmeone (VIII 83), dei libri pitagorici
100
Della natura pubblicati da Filolao (VIII 85), di due libri di Protagora
(IX 51), dei Silli di Timone.
Insomma, neppure una rubrica allapparenza cos arida come un
catalogo di omonimi sterile o inutile.
Allora: Diogene storico? biografo? dossografo? Forse potremmo
dire, parafrasando una definizione di Le Goff, che Diogene un volgarizzatore del sapere filosofico o meglio del sapere umano, che recuper i pensatori greci creatori di civilt attraverso il racconto biografico
e li propose modelli di paideia, non di una setta, non solo per la sua
epoca, stanca, inquieta e forse malata, ma anche per lumanit di tutte
le epoche, non esclusa la nostra.
Mi pare che F. Adorno abbia, con equo e acuto giudizio, rilevato
in Diogene quale indice di un atteggiamento culturale scientificamente valido, e rispecchiante un ampio pubblico la compresenza
della presentazione oggettiva di pi correnti di pensiero e di una
discussione dialettica, basata sullanalisi delle possibilit logiche dellassunzione delluna o dellaltra ipotesi, senza privilegiarne una o
altra1 3 2 .
Per intenderne la personalit ho seguito la via, a mio parere, pi
proficua: il ritorno al testo, praticando una lettura delle strutture fondamentali dellopera e cercando di capire il metodo di lavoro, insomma
trattando il testo di Diogene come un classico sui generis o un anticlassico produttore di una cultura non indifferente n insignificante.
Ho prospettato qualche ipotesi, convinto che il filologo che voglia capire il pi possibile non pu rifugiarsi nella cappa asettica di una
prudenza evasiva: il rischio di una ipotesi ritengo pi efficiente di una
ubriacatura ideologica.
N mi illudo di aver squarciato lenigma di Diogene Laerzio: di
enigma diogeniano parlano lo Schwartz, lHope, il Moraux e il povero
Genaille, ma per la via dellesplorazione del metodo di lavoro lenigma
comincia a ricevere qualche squarcio. La via leggere Diogene Laerzio:
capire lautore da ogni angolo possibile. La straordinaria esuberanza
erudita e lenorme capacit di convogliare notizie ponevano problemi
101
di ordine, di sistemazione pratica. Egli era consapevole dellimportanza
di ci che tramandava e certamente sent che il peso dei suoi pensieri
e delle sue preoccupazioni strutturali non doveva soffocare la ricerca,
qualunque ne fosse loggetto particolare.
Biografo di filosofi senza essere filosofo nel senso settario ,
assecondava le tendenze del suo spirito o, se si preferisce, la sua mentalit che vuol tutto registrare con immediatezza pi che con pedan-
teria : il rischio di ripetizioni e confusioni era inevitabile, non perch fosse aprioristicamente privo del senso di discriminare, ma perch
gli manc il tempo del controllo, della verifica e la pacatezza riflessiva.
Ma quando pot applicarsi come per il X libro, sul piano strutturale
e anche formale egli ci d un segno prestigioso di impegno spirituale
di ricercatore, non di epicureo e dintelligenza del peso specifico
di un documento. Non so se Diogene nellapplicare il livello di conoscenza di cui era dotato sia riuscito talvolta a diventare parte del personaggio di cui si occupava, non so se sia veramente plausibile sorprendere qualche impennata stilistica perch di una sua arte possiamo e dobbiamo parlare , qualche urto della personalit, ma certo
la ricchezza del materiale e la variet degli interessi che persegue possono essere lalibi della sua dissipazione e della disuguaglianza. Non
so veramente se egli si ritrovasse nella sua dispersione, ma certo che
essa autentica e non pu essere il frutto soltanto della ribellione
ad una forma rigorosa di pensiero coerente, ma della natura stessa del
suo lavoro che implicava difficolt pratiche, per cos dire oggettive.
La sua curiosit super le difficolt della ricerca, non si pose barriere
ideologiche o condizionamenti di scuola, ma non riusc sempre a prevalere nellordinamento del materiale diligentemente e appassionatamente raccolto. Va perci ribadito che la sua opera non denuncia tanto
la carenza di un cogente orientamento di pensiero quanto la non
avvenuta soluzione di difficolt materiali di esecuzione.
Il lavoro ancora lungo e vorrei augurare che questo C ongresso
segni linizio della quarta epoca di studi laerziani contrassegnata da uno
studio sistematico del testo e da un approfondimento senza pregiudizi
della tecnica compositiva e dello stile dello scrittore. Janek ha avuto
il coraggio di proporre una indagine smaliziata su questo uomo profondamente ingenuo a cui per il silenzio platonico su Democrito ha
102
attribuito un Feingefhl, un esprit de finesse 1 3 3 , e di avviare uno studio
produttivo dello stile dello scrittore, fonte di primordine per la storia
della filosofia antica 1 3 4 .
A mio parere, bisogna cercare di assodare ancora pi profondamente dove si celi la mentalit di Diogene, se lefficacia del suo racconto sia leffetto della sua distaccata lealt, se la sua opera abbia potuto avere una funzione, non solo nella corte, ma anche nella societ
e nella scuola, se la sua discrezione sia dovuta al disegno di rappresentare i suoi eroi senza condizionamenti, modelli per un ambiente
che ne aveva bisogno, se gli si possa attribuire, come talora mi parso,
unintenzione demistificante, una ripulsa di tendenze panegiristiche o
idoleggianti, se lesame della koine dottrinale e terminologica dellepoca che palpabile nella sua opera possa approdare allindividualizzazione di tratti della sua personalit. E, in fondo, anche una meno
incerta collocazione a Roma allombra di una biblioteca di corte o dellarchivio filosofico di una scuola, in mezzo ai suoi libri o in un circolo
di amici, ci renderebbe Diogene Laerzio meno estraneo, meno lontano,
XLIII
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61. C os H. S. LONG nelled. di Diog. Laert. vol. I, p. 84: Haec in Historia
Philosophorum non invenio.
62. J. MEJER , op. cit., p. 16 nota 31.
63. A. K OLR , De Diogenis Laertii Pammetro, Listy Filologick, III (1955)
pp. 190-5.
64. F. NIETZSCHE, Philologische Schriften, Berlin 1982, pp. 193-4; J. MEJER ,
op. cit., p. 47.
65. C fr. J. MEJER , op. cit., p. 47.
66. C fr. M. G IGANTE, Diogene Laerzio. Vite dei filosofi, Roma-Bari 1983, p. 479
nota 188.
67. C fr. M. G IGANTE, Demetrio di Magnesia e Cicerone, Studi Italiani di
Filologia C lassica,
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70. K. JANEK , Zur Wrdigung des Diogenes Laertios, Helikon, VIII (1968)
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71. F. D IRLMEIER , Peripatos und Orient, Die Antike,
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77. O. Gigon, Antike Erzhlungen ber die Berufung zur Philosophie, Museum Helveticum , III (1946) p. 1 sgg.
78. F. WEHRLI, Die Schule des Aristoteles, X, Basel 19692, al fr. 24, p. 35.
79. Questa era stata sostenuta e precisata (rispetto a Hiller) anche da G. A RRIGHETTI,
VON DER
VAN
86. C fr. A. C ARLINI, Studi C lassici e Orientali, XVII (1968) pp. 140-1.
87. G. JACHMANN, Der Platontext, Nachr. Akad. Gtt., 1941, N. 7, p. 334.
C ontro la tesi di Jachmann, cfr., per es., G. P ASQUALI, Storia della tradizione,
Firenze 1934, p. 251 sgg.; E. B ICKEL, Rheinisches Museum, XC II (1943) p.
105 sgg.; H. ERBSE, Geschichte der Textueberlieferung, I, Zrich 1961, p. 221;
R. P FEIFFER , Storia della filologia classica, ed. it. a cura di M. Gigante, pp. 196-7.
88. V. B ARTOLETTI, D.L. III 65-66 e un papiro della raccolta fiorentina, I, cit.,
pp. 25-30.
89. Ex. gr. a Diogene transscripsi.
90. Bartoletti.
91. Ex. gr. conieci.
92. Ex. gr. conieci.
93. H. ERBSE, Geschichte der Textueberlieferung, I, cit., p. 221; R. P FEIFFER ,
Storia cit., p. 197.
94. Op. cit., p. 467.
95. Op. cit., p. 486.
96. Aristotele ed altri, Divisioni, a cura di C . R OSSITTO, Padova 1984, pp. 26-7.
97. C . R OSSITTO, ed. cit., p. 31.
98. Art. cit., p. 28.
99. Luoghi in M. G IGANTE, Diogene Laerzio cit., p. LXI sgg.
100. J. B URCKHARDT, Civilt greca, I, Firenze 1955, p.
XXXII.
VON
Marcello Gigante . :
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