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Nucleara

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Nardelli Mattia

Marin Nicolò
Mustaj Sindi
Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
INTRODUZIONE AL CORSO
Esistono 3 specialità relative alla diagnostica per immagini: medicina nucleare, radiologia e
radioterapia, ad ognuna delle quali corrisponde una scuola di specialità. Il professore è il
direttore della scuola di specialità in medicina nucleare nell’Università di Padova.
L’esame di diagnostica per immagini è eseguito a pc sotto forma di quiz a partire dallo scorso
anno: sono 60 domande (tratte da un pool) in 50 minuti, probabilmente svolto al Fiore di Botta
in due date che ci verranno comunicate nelle prossime lezioni. Le domande vertono su tutto il
programma svolto a lezione e su quanto contenuto in un testo di riferimento: Fanti, Lopei,
Monetti “Compendio di diagnostica medico nucleare”, soc. editrice Esculapio, II edizione 2013
(circa 25€). Le slide presentate a lezione si trovano sul sito www.unipd.it/nucmed.

FONDAMENTI DI BASE
Cos’è la medicina nucleare?
È una branca specialistica che utilizza radionuclidi (isotopi radioattivi) in forma non sigillata
(non legati ad un supporto: liquidi, gassosi, iniettati…), mentre in radioterapia sono utilizzati in
forme sigillate (chiusi in un contenitore ermetico). L’isotopo viene coniugato ad una molecola
per creare un radiofarmaco: es. HDP o difosfonato (per l’osteoporosi) può essere legato ad un
isotopo per ottenere un radiofarmaco che avrà un tropismo elettivo, dipendente dal farmaco
originale: andrà al proprio sito bersaglio (l’osso nel caso dell’HDP) trasportandovi anche
l’isotopo. In sostanza si sfrutta la cinetica del farmaco per localizzare un determinato isotopo in
una certa parte del corpo.
Differenze fra immagini radiologiche e medico-nucleari:
 Nella radiografia i fotoni emessi dal tubo radiogeno vengono attenuati dal paziente a
seconda della densità del tessuto che attraversano e finiscono in una pellicola
radiografica o rilevatore digitale; ciò implica che maggiore sarà l’esposizione del
paziente, maggiore sarà la dose di radiazioni che assorbirà. In medicina nucleare, invece,
viene iniettato nel paziente un radiofarmaco ed è il paziente ad emettere radiazioni a
360°: grazie a questo si possono ottenere migliaia di immagini con una singola dose di
radiazioni per il pz.
 Mentre le immagini in radiologia sono più di tipo anatomico, le immagini in medicina
nucleare sono di tipo funzionale, permettendo così di studiare processi fisiologici: ad es.
si può seguire il metabolismo del HDP per ore o giorni (con una singola dose di
radiazioni; eseguendolo in radiologia ad ogni nuova acquisizione ne verrebbe
somministrata una dose supplementare). La risoluzione delle immagini è abbastanza
bassa: non ci interessa capire come sono fatte le strutture anatomiche, ma come stanno
funzionando.

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Le radiazioni X utilizzate in radioterapia derivano dal
riarrangiamento del mantello elettronico, mentre i
raggi γ usati in medicina nucleare generalmente
derivano dal riarrangiamento del nucleo dell’atomo.
Al di là dell’origine, una volta generate sono
entrambe radiazioni elettromagnetiche
indistinguibili (una volta che sono partite): possono
avere la stessa lunghezza d’onda, frequenza ed
energia. Ciò significa che, se è indicata, non bisogna
farsi scrupoli a mandare un paziente a fare una TC o
una scintigrafia: l’esposizione è indifferente.
Quando viene descritto un isotopo sono riportati a fianco del simbolo dell’elemento il numero
atomico (sotto: numero di protoni) e il numero di massa (sopra: numero di nucleoni, ossia la
somma di protoni e neutroni). Nel caso dell’idrogeno ( ) avremo il deuterio ( ) e il trizio
( ), di cui quest’ultimo è radioattivo (ossia emette radiazioni ionizzanti): questo perché maggiore
è la crescita del nucleo (in modo non lineare), maggiore sarà la sua instabilità, per cui potrà
emettere raggi γ o particelle dotate di una certa massa, dette α o β. Si chiamano isotopi in
quanto sono posti nella stessa posizione della tavola periodica (presentano le stesse proprietà
chimico-fisiche). Ciò comporta che è possibile modificare una molecola sostituendo un isotopo
di un determinato elemento con un altro in modo da ottenere una molecola radioattiva
iniettabile nel paziente, ad esempio sostituendo il trizio all’idrogeno (tuttavia in clinica non
viene utilizzato il trizio).

Impiego della medicina nucleare


 Uso a scopo diagnostico, in due diverse classi di utilizzo:
o In vivo e in vitro: per esempio una marcatura di globuli bianchi o globuli rossi, in
cui si preleva il sangue, viene marcato e poi reiniettato; pertanto la marcatura
avviene “in vitro” e si parla anche di “in vivo” in quanto il tutto viene reiniettato.
Le applicazioni sono studi di patologie mediante conteggi della radioattività nei
fluidi corporei dopo aver somministrato opportuni radiofarmaci ai pazienti
(come la determinazione del volume plasmatico o il calcolo della clearance
renale). Questa è solo una piccola frazione degli studi.
o In vivo: pratica utilizzata più ampiamente, si inietta direttamente nella vena
antecubitale del braccio del pz un radiofarmaco. A seconda del tipo di
radiofarmaco iniettato si può esplorare una funzione diversa (tiroide, SNC,
recettori pre-sinaptici della dopamina, recettori serotoninergici, glucosio…). Sono
comunemente chiamate scintigrafie.
o Vi sono anche applicazioni di laboratorio eseguite totalmente “in vitro” *da slide+.
La caratteristica principale della medicina nucleare è la capacità di mettere in
evidenza un’alterazione funzionale prima che siano riconoscibili alterazioni
anatomiche: se chiudessi una carotide ad un soggetto con una molletta, mediante
una TC eseguita dopo 5 minuti non vedrei nulla, poiché tale metodica misura
alterazioni della densità (che richiederebbero almeno 4-5 ore per potersi verificare
in modo significativo); con l’iniezione di un radiofarmaco a perfusione cerebrale,
invece, dopo un minuto vedrei un

emisfero blu (non perfuso). Sarebbe possibile ottenere un risultato simile (seppur
meno sensibile) anche mediante una risonanza magnetica che possa vedere la
perfusione.
 Terapia: si usano particolari isotopi che non emettono solo fotoni, ma anche particelle.
Le radiazioni corpuscolate hanno una massa, mentre il fotone ha un elevato potere di
penetrazione. Ciò significa che quest’ultimo è in grado di attraversare il corpo umano
(ma, a seconda dell’energia, anche una superficie quale un muro di cemento armato) e
non interagisce moltissimo con la struttura biologica, mentre le particelle si fermano
vicine alla superficie: le α si fermano addirittura nella cute, dove provocheranno
moltissimi danni senza andare in profondità. Esempi:
o Nel tumore alla tiroide viene utilizzato lo radioiodio (β- emittente) per eseguire
l’ablazione delle rimanenze della tiroide in seguito ad un intervento di
tiroidectomia: si concentra nel tessuto tiroideo (anche quando neoplastico) e lo
distrugge;
o Terapia intrarticolare della sinovite cronica: in pazienti con sinovia molto
infiammata si inietta ittrio, samario o altri isotopi nella capsula articolare (di
articolazioni quali gomito, ginocchio o anche più piccole), dove distruggono la
sinovia;
o In patologie benigne quali Basedow o adenomi;
o Terapie con stronzio/renio/samario per metastasi ossee.
 Ricerca: si usa una tecnica Positron Emission Tomography (PET), che sfrutta isotopi
emittenti particelle β+: questi sono carbonio, azoto, ossigeno e fluoro. Quindi possiamo
sostituirli ai loro isotopi non radioattivi al fine di marcare molecole biologiche e
reiniettarle nell’uomo pur mantenendo la stessa cinetica. Ad esempio, in oncologia si
somministra fluorodesossiglucosio (molecola “calda” cioè marcata; il glucosio verrà
quindi considerato molecola “fredda” o non marcata) per vedere dove si concentra: i
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tumori consumano più glucosio rispetto ai tessuti sani, pertanto allo stesso modo
concentreranno maggiormente il nostro radiofarmaco e diventeranno visibili.

Effetti avversi della medicina nucleare


Dal punto di vista di invasività della metodica si tratta di iniettare una sostanza per via
endovenosa (vena antecubitale del braccio), qualche volta per via arteriosa o mediante catetere
vescicale: non è troppo invasiva.
Dal punto di vista del farmaco utilizzato il discorso è diverso: il radiofarmaco segue tutte le leggi
dei farmaci normali (ossia un radiofarmaco viene prodotto con le stesse regole per cui una casa
farmaceutica produce un farmaco “normale”, ad es. la Bayer con l’Aspirina), ma ne viene
iniettata una quantità per la quale l’effetto farmacologico è un effetto avverso (nell’ordine di
qualche picogrammo: estremamente piccola). Ad es. non mi aspetto che l’HDP marcato
iniettato abbia effetto farmacologico sull’osteoporosi. Il farmaco, pertanto, viene utilizzato
esclusivamente per sfruttarne il tropismo elettivo. Per questo motivo le allergie e le reazioni da
shock anafilattico sono estremamente rare. Sono molto più frequenti, invece, in radiologia
perché si iniettano grammi di contrasto iodato (non picogrammi). È vero che la quantità
potrebbe essere irrilevante e il pz potrebbe sviluppare una reazione anche con picogrammi di
farmaco, ma ciò è molto poco probabile. Più frequentemente sono descritte reazioni
anafilatoidi (non preoccupanti): due puntini rossi sulla mano attorno all’area di iniezione.

Una problematica “psicologica” della medicina nucleare è proprio il fatto che presenta nel
nome il termine “nucleare”, il che può far paura al paziente (stesso motivo per cui la RMN ha
perso il termine “nucleare”) a seguito della storia di disastri nucleari del passato. Tuttavia è
bene ricordare sempre che i raggi γ sono indifferenti dai raggi X (per cui si può tentare di
spiegare ai pz che non c’è alcuna differenza di problematiche legate all’irradiazione rispetto, per
esempio, ad una TC). Inoltre la radioattività è una componente naturale del quotidiano e deriva
dalle rocce (nei Colli Euganei è 3 volte maggiore che a Padova), dal radon (tipicamente
concentrato in docce nei seminterrati e dai raggi cosmici (un volo Roma-New York è equivalente
ad eseguire una scintigrafia ossea: motivo per cui il personale di volo delle compagnie aeree ha
un dosimetro personale).
Ci sono due tipologie di danni provocati dai raggi al nostro corpo:
 Danno deterministico: è direttamente proporzionale all’entità dell’esposizione
(maggiore è la dose fornita, maggiore è il danno), ma si manifesta solo dopo un valore
soglia (sotto il quale non si presenta). In tal
caso è persino possibile stabilire quale sia il
danno che viene indotto; ad esempio a seguito
dell’esplosione del reattore nucleare di
Chernobyl, i pompieri che uscivano dal

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reattore vomitavano: è espressione del fatto che fossero arrivati alla soglia
deterministica del danno neurologico, per cui sarebbero sicuramente morti. In ordine si
hanno prima sindrome ematologica (piastrinopenia), poi sindrome gastroenterologica
(sfaldamento delle mucose), sindrome neurologica, morte. In radioterapia si potrebbe
arrivare ai danni più lievi di tal genere (es radiodermite da raggi), in medicina nucleare
non si raggiungono mai. La dose soglia che determina il danno dipende dall’età del pz
(ossia dal grado di replicazione cellulare), in quanto i tessuti a più alta radiosensibilità
sono quelli a più rapida replicazione cellulare (midollo, mucose…): se eseguissi una TC su
un pz di 50-60 anni e il successivo fosse pediatrico, dovrei regolare i parametri al fine di
emettere una dose di radiazioni minore in quanto il bambino è più radiosensibile.
 Danno stocastico o non deterministico: la probabilità che si manifesti è proporzionale
all’entità dell’esposizione (probabilità, non più una certezza), ma non ho un valore
soglia. Ossia anche un singolo fotone che provoca una rottura della doppia elica (poi non
riparata) può indurre una neoplasia. La neoplasia che ne nasce è indistinguibile da quella
determinata da cause naturali (se si formasse 25-30 anni dopo la terapia, potrebbe
anche dipendere da essa ma non
saremmo in grado di determinarlo). Anche
qui il rischio è maggiore per i giovani rispetto
agli anziani, in quanto hanno maggior tempo
per sviluppare la neoplasia. Osservazione: nel
grafico 100 mSv (dose assorbita) non è una
soglia, è solo il limite per avere dati
sperimentali, sotto il quale non è possibile
ottenerli. Analizzando i grandi incidenti
nucleari, si è preso il centro del reattore per
disegnare cerchi

concentrici in modo da poter poi studiare l’insorgenza di neoplasia in ognuno di essi:

hanno dimostrato che esiste questo tipo di relazione (stocastica) quando si ricevono dosi
corrispondenti ai cerchi vicini al reattore. Quando ci si trova in un cerchio
corrispondente a dosi diagnostiche non si sa esattamente cosa succeda, ma
allontanandosi dal reattore si è trovata una fascia in cui i pz sviluppavano meno tumori
della popolazione generale: si è ipotizzato fosse un errore (si è parlato di dose lineare
senza soglia anche se non si potrebbe realmente conoscere l’andamento della curva
sotto i 100 mSv, dato che non siamo in grado di ottenere i dati). In realtà sembra, anzi,
che basse dosi di radiazioni (intorno a quelle utilizzate a scopo diagnostico, non
terapeutico) facciano bene, in quanto protettive.
Nel grafico notiamo anche la fascia verde corrispondente al radiologo (categoria B: non si
occupa della parte interventistica, solo diagnostica) e la fascia azzurra del medico nucleare
(categoria A: si occupa anche della parte interventistica e, pertanto, può assorbire una dose

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maggiore di radiazioni annua, fino a 20 mSv/anno). Superando i 20 mSv di esposizione, i medici
nucleari fanno 15gg di riposo biologico.
Tramite degli studi si è notato che l’incidenza di neoplasie nei medici nucleari rispetto alla
popolazione generale è inferiore, supponendo inizialmente fosse dovuto ai controlli eseguiti
ogni 6 mesi. Sono stati presi 1000 topi e portati in un laboratorio situato 1km sotto il Grand
Canyon (totale assenza di radiazioni ambientali), mentre altri 1000 topi sono stati tenuti in
normale aria ambiente: i primi hanno sviluppato moltissime neoplasie in più dei secondi.
Questo perché basse dosi di radiazioni inducono gli enzimi di riparazione degli errori del DNA.
Quindi come comportarsi? Come l’acronimo ALARA: As Low As Reasonably Achieavble (si danno
meno radiazioni ionizzanti possibili). Supponiamo che qualsiasi radiazione ionizzante faccia
male, nonostante i dati indichino il contrario: questo serve per indurre sia lavoratori che
pazienti ad essere cauti. Se un esame è giustificato ed indicato allora possiamo eseguirlo. Se la
stessa informazione si potesse ottenere con una metodica non ionizzante (esempio ecografia vs
TC), allora bisognerebbe usare quest’ultima.

UNITÀ DI MISURA DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI


L’attività si misura in Becquerel (Bq) e indica il numero di disintegrazioni al secondo che
avvengono in una sorgente radioattiva, quindi dire che in una sorgente c’è 1 MBq significa che
ci sono 1 milione di disintegrazioni al secondo.

La dose assorbita si misura in Gray (Gy) che corrisponde a J/Kg, J sta per Joule che è l’unità di
misura dell’energia su chilogrammo che è l’unità di massa, e indica quanti Joule per chilo il
paziente ha assorbito rispetto alla dose somministrata. Dalle slide: Si riferisce alla quantità di
energia rilasciata da una radiazione ad un materiale. 1 Gray si definisce come “l’assorbimento
di 1 Joule di energia per chilogrammo di materiale”.

Esempio: se metto sopra il tavolo un contenitore con una certa attività, ad esempio 100 MBq,
dirò che lo studente in prima fila ha preso 30 Gy (J/Kg) e uno studente in quinta fila avrà preso
0,5 Gy

perché decade col quadrato della distanza, per cui più distanti si è dalla sorgente
esponenzialmente meno dose si prende dalla radiazione.

La dose equivalente si misura sempre in J/Kg ma è molto diversa dalla dose assorbita:
considerando sempre l’esempio precedente in cui ho una sorgente radioattiva e lo studente
che ha assorbito 30 J/Kg, per capire i danni causati devo specificare il tipo di radioattività cioè se
in questa sorgente ci sono isotopi che producono particelle o fotoni perché i danni che fanno le
particelle sono molto più elevati di quelli che fanno i fotoni. Bisognerebbe specificare che lo
studente ha preso 30 Gy di neutroni, di alfa, di gamma, cioè ogni volta si deve specificare il tipo
di radiazione. Per evitare di fare questo è stato introdotto il Sievert (Sv) che prende la dose
assorbita e la moltiplica per un fattore di conversione cosicché moltiplica gli alfa per 20, i fotoni
per 1, i neutroni da 5 a 20 a seconda dell’energia. In questo modo non serve più dire che il
soggetto ha preso una certa quantità di Gy di neutroni ma basta dire che ha preso 3 mSv perché
nel concetto di Sievert è insita la conversione al tipo di isotopo a cui è stato esposto, cioè tiene
conto dei diversi effetti che i diversi tipi di radiazioni (α, β, γ) possono causare su un organo o
tessuto.

EMIVITA
Il tempo in cui l’attività dell’isotopo si
dimezza si chiama emivita fisica.

Questo è il grafico dell’emivita fisica del


tecnezio-99 metastabile in cui nelle
ordinate ci sono MBq, quindi
disintegrazioni al secondo, e in ascissa le
ore. L’isotopo ha un decadimento
esponenziale negativo quindi non andrà
mai a zero perché ha andamento
asintotico.

Domanda: se inietto 100 MBq nel paziente questo resterà radioattivo per sempre? NO perché
esiste la radioattività di fondo (che il prof indica intorno ai 20 MBq) e inoltre in questo
momento si considera solo l’emivita fisica mentre per definire ciò che succede nel paziente
bisogna definire un’altra entità che si chiama emivita effettiva composta da emivita fisica e
emivita biologica. In altre parole, nel paziente oltre all’emivita fisica bisogna considerare
l’emivita biologica cioè l’eliminazione della radioattività con l’urina, il sudore, le feci. Quindi il
grafico che stiamo considerando vale ad esempio per un isotopo contenuto in una bottiglia
chiusa e sigillata poggiata sopra il tavolo.

L’emivita fisica del tecnezio è di circa 6 ore, questo vuol dire che se ho sul tavolo una bottiglietta
chiusa con 100 MBq, dopo 6 ore avrò 50 MBq, dopo altre 6 ore 25 MBq, poi 12,5… dopo 10
emivite si considera 0 e siamo sicuramente scesi sotto la radioattività di fondo. Ciò significa che
se iniettassi

tecnezio al paziente questo dopo 60 ore sarebbe come prima cioè non più radioattivo, ma solo
se il pz non eliminasse niente con urina, feci e sudore e si comportasse quindi come una
bottiglia, cosa che non avviene in realtà. All’emivita fisica infatti si deve aggiungere l’emivita
biologica: ad esempio il DTPA (acido dietilentriamminopentacetico) viene eliminato per via
renale, l’emivita fisica del tecnezio è di 6 ore mentre l’emivita biologica sarà 1 ora o meno. Gli
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isotopi utilizzati in medicina nucleare hanno emivite molto diverse, per il tecnezio è di 6 ore, per
il carbonio 20 minuti, per il Fluoro-18 ( 18F) 110 minuti e poi ci sono alcuni isotopi a lunga
emivita. A seconda del tipo di isotopo ci saranno prescrizioni diverse. Questo vale anche per i
viaggi in aereo perché nei controlli per l’imbarco vengono utilizzati contatori Geiger. Il Geiger
non effettua una misura, anche un singolo fotone lo manda a fondo scala per cui basta una dose
piccolissima per farlo scattare perché è fatto per rilevare la radioattività ambientale. Se un pz
dopo scintigrafia deve prendere un aereo gli viene rilasciato un certificato che dichiara che ha
effettuato una scintigrafia.

CARATTERISTICHE OTTIMALI DEI RADIOFARMACI


Le caratteristiche ottimali per i radiofarmaci (definizione: prodotti radioattivi, privi di effetti
farmacologici, somministrabili nell’uomo per uso diagnostico o terapeutico):

 prontamente disponibili: ad esempio il 15O ha 2-4 minuti di emivita quindi devo produrlo
e utilizzarlo all’istante e non posso farlo produrre da una ditta perché il tempo di
spedizione è troppo lungo;
 emivita sufficientemente lunga per marcarlo, iniettarlo e permettere l’esecuzione delle
indagini e acquisire il fenomeno fisiologico da studiare;
 emivita sufficientemente breve da ridurre la dosimetria : ad esempio se iniettiamo in un
soggetto plutonio o altri isotopi con emivita di qualche milione di anni possiamo
potenzialmente studiare benissimo il suo sistema scheletrico per tutta la sua vita finché
muore ma morirà molto precocemente a causa del plutonio, quindi la dosimetria deve
essere il più bassa possibile:
 deve avere una certa energia e questo è legato a come funzionano le macchine (dalle
slide: emittente gamma puro con 100 keV < energia < 200 keV);
 concentrazione limitata all’organo/tessuto da indagare e scarsa irradiazione degli organi
critici. Si usa HDP per concentrarsi nell’osso oppure il DTPA per il rene, tuttavia HDP
presenta concentrazioni aspecifiche a livello del sistema escretorio renale, delle gonadi e
altri. Idealmente il radiofarmaco si concentra selettivamente nell’organo che si intende
studiare e non nel resto del corpo, ma questo non avviene quasi mai, i radiofarmaci
sono più o meno selettivi.

Il Tecnezio-99 metastabile ( 99mTc) è uno degli isotopi


più utilizzati in medicina nucleare perché è
ecologico e economico: è ecologico nel senso che,
avendo un’emivita di 6 ore, dopo 60 ore non c’è più;

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è economico perché per la sua produzione abbiamo a disposizione uno strumento che si chiama
colonna (il prof mostra un video del funzionamento della colonna reperibile nel sito
www.unipd.it/nucmed): è fatta di piombo (che appare grigio nell’immagine), in rosso c’è una
colonnina di molibdeno che è un isotopo che decade spontaneamente in un altro isotopo, il
tecnezio appunto. Il tecnezio ha caratteristiche chimico-fisiche diverse dal molibdeno tali per
cui quando il molibdeno decade in tecnezio questo si stacca dalla colonna, resta dentro alla
colonnina rossa e alla mattina il tecnico infila in alto due provette, una che contiene soluzione
fisiologica (in azzurro) e una provetta sottovuoto schermata con del piombo. La provetta
sottovuoto risucchia la fisiologica nella colonnina e si porta dietro il tecnezio riempiendosi. Il
tecnico la stacca e ha a disposizione il 99mTc con cui marca tutti i radiofarmaci che vengono
utilizzati in quella giornata. Questa colonna costa un migliaio di euro e dura una settimana circa,
permette di fare tutti gli studi della settimana quindi è piuttosto economica. Invece lo iodio
deve essere spedito dall’Olanda dove viene prodotto quindi ci sono costi importanti relativi a
aereo, spedizione, vettore speciale, auto per trasporto speciale che da Venezia lo porta a
Padova.

All’interno della colonna il molibdeno è in


equilibrio dinamico con il tecnezio, se
fossero lasciati lì senza fare niente
decadrebbero assieme ma dal momento
che ogni mattina il tecnico effettua
l’eluizione, cioè porta via il tecnezio,
quest’ultimo poi si riforma fino
all’equilibrio. Questo si ripete fino al giorno
7 in cui c’è troppo poco molibdeno per
generare tecnezio e quindi viene eliminata
la colonna e se ne prende un’altra per la
settimana successiva.

SPECT
L’acronimo SPECT sta per Single Photon Emission
Computed Tomography, ed è molto diversa dalla PET che è
anch’essa una metodica di medicina nucleare e sta per
Positron Emission Tomography. La SPECT prevede l’utilizzo
di isotopi emittenti fotone singolo cioè emettono raggi γ
(gamma) a 360°, il paziente si trova nel lettino porta-

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paziente che scorre nel centro del gantry. La gamma camera ha tre testate ed ognuna rileva i
fotoni che provengono dal pz ma li rileva in modo singolo nel senso che ogni fotone è
indipendente dagli altri (per questo si chiama “Single” perché ogni fotone va dove deve andare
a caso, a 360°, in una di queste testate).

Nella PET vengono emessi con un processo fisico 2 fotoni in direzione opposta che vanno a
collidere in due punti diversi del cristallo che quindi sarà a forma cilindrica esattamente come il
gantry in una TC o una Risonanza, non le testate come la SPECT ma è cilindrico perché deve
rilevare l’arrivo simultaneo dei due fotoni di coincidenza.

Tecniche ibride con SPECT

C’è un altro tipo di SPECT in cui ci sono due


testate e c’è un’altra strumentazione che è una
TC quindi si tratta di una SPECT-TC, una
metodica ibrida che acquisisce
simultaneamente due immagini assieme, sia
l’emissiva (di medicina nucleare con le due
testate) in cui il paziente emette fotoni sulla
gamma camera, che la trasmissiva in cui è la TC
che spara sul pz i fotoni e acquisisce le
immagini. Ha sia il tubo a raggi X (TC) che il
rilevatore di raggi γ (la gamma camera), quindi
permette di ottenere immagini ibride morfo-
funzionali insieme.

RADIOATTIVITÀ
La radioattività può essere:

 naturale (dalle slide: tutti i nuclidi con numero atomico > 92, Trizio, Carbonio-14,
Potassio-40);
 artificiale (in medicina nucleare si usa quasi esclusivamente quella artificiale).

Decadimenti

Gli isotopi instabili possono decadere producendo particelle o fotoni.

DECADIMENTO α: la particella α è una particella lenta, corrispondente al nucleo dell'elio,


composta cioè da 2 neutroni e 2 protoni, con carica +2 e massa elevata (circa 7400 volte la
massa dell'elettrone). La massa degli α è così elevata che ha un altissimo LET (Linear Energy
Transfer) cioè trasferisce tantissima energia in pochissimo spazio. Se si prendesse un flacone di

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plastica con dentro una certa quantità di α questi si fermerebbero sulla plastica perché il LET è
così alto che trasferiscono tutta l’energia sulla parete di plastica quindi si fermano, non escono.
Un errore da non fare è schermarli con il piombo perché l’α frena nel piombo, in un processo
che si chiama Bremsstrahlung(frenamento), e nel frenamento di un α si generano raggi X che
invece escono, quindi gli α vanno schermati con plastica grossa oppure con un elemento ad alta
densità come il tungsteno o il piombo sufficientemente spesso per bloccare gli α e anche gli X
che vengono generati dagli α. In medicina nucleare si troveranno gli α con una schermatura di
2-3 cm di piombo o tungsteno non per schermare gli α che si bloccano in 1 micron ma per
bloccare gli X che si generano dal frenamento.

Gli α ionizzano per attrazione cioè passando


vicino agli atomi strappano gli elettroni in
attrazione perché hanno una doppia carica
positiva, determinando una perdita di 34 eV per
ogni ionizzazione in aria, quindi una particella α
di 3.4 MeV ionizza 100.000 volte prima di
fermarsi. Si ferma in 2 cm d’aria mentre in un
tessuto biologico si ferma molto prima.

(Dalle slide: Ionizzazione Specifica in aria


(ionizzazioni/cm per una radiazione. di 1 MeV) =
60.000; Range in aria: < 5 cm).

Quest’anno sono usciti i primi trattamenti con α-emittenti per i tumori della prostata con un
farmaco che si chiama Xofigo che è un tracciante α-emittente.

DECADIMENTO β-: genera una particella β- con


una massa molto più piccola di quella degli alfa che
corrisponde a 1/1836 della massa del protone
(0.000549 amu = unità di massa atomica). È una
particella ad alta velocità emessa dal nucleo. Perde
34 eV per ionizzazione in aria e ionizza per
repulsione perché ha la stessa carica dell’elettrone,
però si ferma in 2 metri d’aria (una particella β- di

3.4 MeV ionizza 100.000 volte prima di fermarsi). (Dalle slide: ionizzazione Specifica in aria
(ionizzazioni/cm per una radiazione di 1 MeV) =42; Range in aria: fino ad alcuni metri).

Un tipico farmaco β- emittente che utilizziamo è lo Iodio-131 per la terapia della tiroide sia nel
benigno che nel maligno a condizione che sia ben differenziato. Se viene somministrato al pz si
concentra nella tiroide per via del simporto sodio-iodio che fa entrare lo Iodio per la sintesi
degli ormoni tiroidei, quindi spontaneamente si concentra nelle cellule tiroidee siano esse iper-
funzionanti o cancerose (in quest’ultimo caso solo se ben differenziato, se si dedifferenzia
perde la capacità di sintetizzare gli ormoni tiroidei, perde il simporto sodio-iodio e quindi non
concentra più lo iodio e non lo posso usare per la terapia). Lo Iodio non è un emettitore puro
perché emette β- e anche γ ma questo è una fortuna perché è possibile dare lo Iodio-131
utilizzando i β per la terapia, cioè per distruggere la tiroide, e i γ per la diagnostica perché
escono dal paziente e vanno a finire nella gamma camera permettendo di ottenere
un’immagine di quello che sta succedendo nel paziente.

Attenzione domanda presente spesso all’esame: lo Iodio-131 è un buon agente per la


diagnostica? La risposta è NO: è un buon agente per la diagnostica quando viene usato insieme
a uno scopo terapeutico per distruggere la tiroide o la metastasi, ma se si parla di una giovane
donna che ha un nodulo tiroideo e si vuole capire se è iperfunzionante o ipofunzionante non
deve essere utilizzato lo Iodio-131 perché ovviamente la tiroide viene visualizzata benissimo ma
contemporaneamente viene distrutta. Quindi non si deve usare in diagnostica.

DECADIMENTO β+: le particelle β+ (positroni) in termini fisicamente scorretti sono elettroni


con carica positiva, quindi hanno la stessa massa delle β- ma carica positiva , cioè sono
antimateria (questa esiste in natura per un tempo piccolissimo di 10 -9 secondi). Quando gli
isotopi emettono β+ (O, N, C), quindi antimateria, questa esiste per un tempo piccolissimo
perché si annichila con il primo elettrone che trova nella materia. Ciò significa che scompare la
massa: il positrone trova un elettrone, “lo sposa” e le masse dell’elettrone e del positrone
scompaiono a favore di due fotoni che sono senza massa (anche se volendo essere precisi dal
punto di vista fisico avrebbero una massa) che viaggiano con verso opposto. Questi due fotoni
sono quelli che vengono rilevati nella PET.

Mentre i β- vengono impiegati in terapia e sono


particelle che distruggono il tessuto, i β+ si
annichilano, emettono fotoni e trovano utilizzo in
diagnostica ma non in terapia. Ionizzano in
attrazione, una particella β+ di 3.4 MeV ionizza
100.000 volte prima di fermarsi e tale
ionizzazione avviene in 2 m di aria.

(Dalle slide: Ionizzazione Specifica in aria


(ionizzazioni/cm per una radiazione. di 1 MeV)
=42; Range in aria: fino ad alcuni metri, entro 10-9 sec annichila).

La cosa interessante di tutto ciò è dimostrare che Einstein quando ha descritto la famosa
formula E=mc2 (energia = massa x velocità della luce al quadrato) aveva ragione. L’energia
rilasciata da 1 grammo di materia è data da 0,001 Kg x (3x10 8 km/s)2 = 9x1013 joule). Per quanto
riguarda l’energia di un elettrone e di un positrone si sommano le masse delle due particelle
(0.000549 amu + 0.000549 amu) e si moltiplica per un fattore di conversione (931,2) ottenendo
1,02 MeV. Un fotone ha un’energia di 0,51 MeV quindi i 2 fotoni rilevabili con la PET (che
derivano dall’annichilazione) hanno 1,02 MeV. Ciò significa che Einstein aveva ragione perché le
masse dell’elettrone e del positrone si trasformano totalmente in energia posseduta dai due
fotoni. I fotoni viaggiano alla velocità della luce (c) cioè 300.000 km/s, il gantry di una PET è
largo 60-70 cm e ciò vuol dire che l’elettronica della PET riesce a discriminare se il fotone, che
percorre 60-70 cm di spazio viaggiando alla velocità “c”, è partito da un determinato punto o da
un altro posto pochi centimetri più in là, questo spiega l’elevato costo della PET.

Il prof mostra un video sull’annichilazione reperibile sempre al sito www.unipd.it/mednuc.


PET – Positron Emission Tomography
La PET non ha nulla a che vedere con la SPECT: in quest’ultima si utilizza un fotone singolo,
isotopi che emettono γ; nella PET si utilizzano i raggi β+, secondo il fenomeno
dell’annichilazione.

I fotoni generati in un punto dove avviene annichilazione, pur avendo tutte le possibili direzioni,
hanno in comune l'origine e l’istante di generazione e quindi risulta possibile per la macchina
sufficientemente sensibile riconoscere il punto di provenienza dei fotoni. Le coppie di fotoni
colpiscono la macchina in due punti diametralmente opposti nello stesso istante, per cui la
macchina è in grado di discriminare la retta lungo la quale viaggiano i due fotoni, in relazione al
tempo. Sulla base della rilevazione di queste rette la macchina stabilisce la localizzazione del
punto. (Sbobina dell’anno scorso). Quindi l’apparecchiatura rileverà l’arrivo simultaneo di due
fotoni sul cristallo per determinare l’evento, una linea di risposta. Si comprende la
localizzazione dell’area di interesse incrociando le varie linee di risposta. Nel punto in cui è
presente un maggior numero di intersezioni ci sarà una concentrazione di radioattività.

È verità ormai consolidata da più di 3 anni che la PET – TC non sia più lo stato dell’arte nella
medicina nucleare. La PET – TC è un’apparecchiatura, composta da PET e TC (tomografia
computerizzata), che mette insieme un’immagine anatomica e una funzionale, con la risultante
di un’immagine di fusione.

Da 4 anni esiste anche PET – RM (strumento in dotazione in pochissimi centri, fra cui anche
Padova). I vantaggi acquisiti dalla RM sono l’assenza di radiazioni (presenti invece con la TC) ed
il miglioramento nella visualizzazione dei tessuti molli (con l’eccezione del polmone).

Vantaggi e svantaggi della PET


Lo svantaggio delle macchine a positroni, altrimenti formidabili, sono che i radionuclidi utilizzati
per la produzione di positroni hanno emivita brevissima, che non consentono il loro utilizzo per
indagini di medicina nucleare in assenza del ciclotrone a breve distanza.
Esempi:
- Carbonio 11 minuti

- Azoto 20 minuti
- Ossigeno 2 minuti
I ciclotroni sono presenti in Veneto a Negrar e Castelfranco. Solo in quelle sedi possono essere
utilizzate queste sostanze.
Il Fluoro (18F), prodotto nei ciclotroni togliendo un neutrone ai 10 neutroni e 9 protoni del 19F
stabile, invece ha un’emivita di 110 minuti ed è utilizzabile anche dopo un trasporto di 1 ora e
mezza (da Negrar o da Castelfranco a Padova). In pratica per l’utilizzo di 10 unità ne vengono
ordinate 20, dato che la produzione non è molto costosa ed è facile.
Un primo evidente vantaggio della breve emivita è l’assenza di contaminazione ambientale.
Un altro vantaggio è che tutti questi radionuclidi emettenti positroni sono costituenti naturali
del nostro organismo, hanno basso peso atomico e che essi vengono incorporati nelle molecole
senza alterazioni particolari. L’organismo quindi utilizza questi radionuclidi come se fossero
sostanze naturali.
Uno dei composti maggiormente utilizzati è il 18FDG (fluorodeossiglucosio), un analogo
radioattivo del glucosio contenente 18F, che viene in particolar modo sfruttato in campo
oncologico (ma non solo) in virtù della capacità delle cellule tumorali di captare glucosio in
maniera maggiore rispetto al tessuto sano.

Esempi di immagini PET-TC

A sinistra è presente una TC in sezione


coronale. Al centro la corrispettiva PET: le
macchie nere in zona addominale
corrispondono ad aree in cui è più elevato
il consumo di glucosio, mentre la macchia
nera in zona pelvica corrisponde
all’accumulo del radiofarmaco in vescica,
per la successiva eliminazione. Le aree
nere corrispondono ad una neoplasia,
ipoteticamente ad un linfoma.
Nell’immagine di fusione a destra è più
precisa la localizzazione del tessuto
iperfunzionante, rispetto invece
all’immagine centrale.

In questo secondo esempio la medicina


nucleare (centrale) evidenzia un
importante consumo di glucosio a livello
toracico (localizzazione linfonodale e
polmonare) e la metastasi addominale
(localizzazione surrenalica, precisata
tramite TC).
La radiologia evidenza in sede pre-vertebrale
l’aorta addominale, lateralmente i reni ed i
pilastri diaframmatici. In evidenza vi è una
metastasi linfonodale. Sarebbe stato difficile
rilevarla, per questo la metodica più
sensibile è in abbinamento alla PET.

Questo esame è sempre full body perché è


fondamentale per la stadiazione tumorale la visualizzazione della totalità del corpo. A parità di
dose radioattiva iniettata, è di maggiore utilità ottenere una scansione totale del corpo
piuttosto che di una singola regione. In questa indagine è inclusa anche la regione cerebrale: il
cervello è responsabile del consumo del 20-25% del glucosio quotidiano, per cui è un buon
tracciante per studiare la neurodegenerazione ma è un cattivo tracciante per studiare le
neoplasie. Per queste ragioni, la neoplasia cerebrale si studia con traccianti di tipo
amminoacidico (fluoroetiltirosina FET, dopamina, tirosina, metionina) perché non subiscono un
fondo elevato di consumo. Ciò che è fondamentale in tutte le metodiche radiologiche funzionali
è l’ottimizzazione del rapporto segnale / rumore. In questo caso il segnale del glucosio a livello
cerebrale è troppo elevato; di contro a livello polmonare il rumore basale è 0, ma l’FDG (fluoro-
desossiglucosio) è ipercaptato dalla neoplasia.

PET – TC per piani radioterapici


La PET oltre che in diagnostica viene utilizzata anche in radioterapia. Se si disegnasse il piano
radioterapico di questo tumore polmonare, al di là del versamento, si disegnerebbe solo la linea
gialla (più esterna) tramite la TC, perché questo sembra essere il perimetro della neoplasia.
L’addizione della PET permette di evidenziare all’interno della massa una parte rossa, che
consuma molto glucosio, e una parte periferica che ne consuma molto poco: la prima
corrisponde a neoplasia attiva, la seconda ad area di necrosi colliquativa, con minore attività
neoplastica. Il contributo di questo reperto per il radioterapista sarà una differente dose di
radioterapia all’area in questione, proporzionale all’attività neoplastica (più dose alla parte più
attiva, e meno a quella meno attiva). La PET – TC (RM) è usata dunque per definire in modo più
mirato il piano di radioterapia, tenendo conto non solo della massa tumorale tout court, ma del
comportamento biologico della stessa. Il radioterapista infatti ha una dose massima assoluta (es 5
Gy) da poter utilizzare in un paziente e deve poter essere in grado di utilizzare quelle radiazioni in modo
più efficace possibile, distribuendole sul tessuto patologico in modo adeguato. L’introduzione
innovativa della PET in radioterapia propone di utilizzare differenti traccianti (se si trova in
condizioni di ipossia, se consuma o meno glucosio), per personalizzare la terapia in base al
metabolismo della massa (concentrando le radiazioni dove la massa è più attiva).

PET- RM

Tale strumento è allo stato dell’arte della ricerca. La RM,


a 3 tesla (ad alto campo), sostituisce le immagini
anatomiche della TC: non è radiante ed esplora meglio
alcuni distretti (cerebrale). In virtù di una potentissima
definizione dell’immagine, fornisce un’elevata
informazione morfo-funzionale.
Strumentazione

Per la realizzazione delle suddette indagini è


necessario essere in possesso di:

 Ciclotrone;
 radiofarmacia che produca e dispensi il
farmaco (radiofarmacisti, radiochimici);
 controllo qualità, eseguito da persone
diverse da quelle che producono questi
farmaci;
 ricezione del materiale;
 distribuzione.

PET- RM cerebrale

La TC è negativa, ma alla RM si evidenza


ipoperfusione ischemica: più è rosso, più è
perfuso.

TC- SPECT di imaging multimodale


Il tracciante utilizzato è 111indio-pentetreotide, ligando del recettore della somatostatina,
utilizzato nei tumori neuroendocrini quali insulinomi, gastrinomi, carcinoidi ormonali
(Octreoscan, tecnica di medicina nucleare). Nell’immagine centrale è indicato un punto a
concentrazione significativa del tracciante. Osservando solo la TC, l’esito sarebbe negativo.
Invece la combinazione delle due tecniche diagnostiche rende conto della localizzazione
dell’area ipercaptante a livello della coda del pancreas: questa è la localizzazione
dell’insulinoma.

SCINFIGRAFIA TIROIDEA
La tiroide è un organo superficiale ed è palpabile all’esame obiettivo della regione cervicale.

L’imaging della tiroide può essere eseguito tramite:

 Ecografia e scintigrafia (nella maggior parte dei casi)


 TC e RM (in una minima parte di casi)
Principi di ecografia tiroidea

L’ecografia studia l’ecogenicità di un tessuto attraversato da ultrasuoni prodotti da una sonda


apposita. Il comportamento degli ultrasuoni dipende dalle caratteristiche del mezzo
attraversato e dalle frequenze impiegate.

L’ecografia tiroidea usa come sonda le onde meccaniche (non ionizzanti, eseguibili anche sulle
donne incinte): all’aumentare della frequenza dell’onda aumenta la risoluzione dell’immagine,
ma diminuisce la penetrazione dei tessuti. Per la tiroide, organo situato superficialmente, è
possibile usare una sonda ad elevata frequenza. Per il pancreas, organo profondo, di contro è
necessaria una sonda differente.

Per la tiroide è possibile impiegare frequenze elevate (10MHz) che permettono una risoluzione
di 1 mm per lesioni cistiche e 3 mm per lesioni solide.

Aspetti positivi

 Facile esecuzione e basso costo;


 Fornisce informazioni morfologiche di elevata qualità;
 Non utilizza radiazioni ionizzanti;
 Permette l’esecuzione di agobiopsie ecoguidate.
Aspetti negativi

 Elevata operatore dipendenza.


 Non fornisce informazioni funzionali.
o Da essa si evince la presenza di un nodo solido, liquido o misto. Non dice se nodo
solido sta funzionando tanto o poco, benigno o maligno.

In lobo destro è visibile un lobo solido con rispettiva capsula attorno. Il lobo sinistro non ha
nodi. Il color doppler visualizza la presenza di flussi ematici e la direzione, rossa o blu se si
avvicina o si allontana dalla sonda. Il power doppler è più sensibile per la presenza di flussi ma
non specifica la direzione degli stessi.

In questo caso la vascolarizzazione è periferica: quindi il sospetto è quello di un nodulo benigno,


mentre se la vascolarizzazione fosse stata centrale il sospetto sarebbe stato di malignità.

Indicazioni all’ecografia tiroidea

 Nodi che alla scintigrafia appaiono freddi, ovvero non captanti, all’ecografia appaiono:
solidi, liquidi, misti.
o Il nodo liquido e freddo normalmente è un nodo colloido-cistico benigno.
o Il nodo solido e freddo può essere neoplasia nel 20% dei casi.
 Ricerca di nodi non palpabili in paziente con nodo clinicamente solitario.
 Ricerca di nodi non palpabili in soggetti ad alto rischio di neoplasia.
 Ricerca di adenopatie satelliti.

 Valutazione dei rapporti tra tiroide e strutture circostanti.


 Con agobiopsia per aspirazione e citologia.
 Nel follow-up per controllo obiettivo del volume del nodo.
Principi di scintigrafia tiroidea

È una metodica che permette di ottenere la mappa funzionale della distribuzione di un


radiofarmaco nell’ambito della tiroide.

Fornisce al medico informazioni essenziali su: funzione, dimensioni ed omogeneità della


ghiandola e di eventuali nodulazioni palpabili nel suo ambito.

Nodi che alla scintigrafia appaiano ipercaptanti si dicono anche caldi. Può trattarsi di un’area
iperfunzionante oppure di un’area di ripresa all’interno di una zona precedentemente affetta da
tiroidite.

Nella scintigrafia tiroidea sono impiegabili 3 radiofarmaci:


99m
 Tc (Tecnezio 99 metastabile). Il più utilizzato, come isotopo e non legato ad altro
farmaco (rendendolo radioattivo). Entra all’interno delle cellule tiroidee grazie al
cotrasportatore Na/I, ma non viene organificato, ovvero non entra nella costituzione
degli ormoni tiroidei.
123
 I. Si utilizza in rari casi poiché molto costoso e dalla breve emivita, γ emittente puro
(non distruttivo nei confronti della tiroide), ha il vantaggio di essere organificato come lo
iodio non radioattivo.
131
 I (nella terapia e nella diagnostica durante la terapia).
Aspetti positivi

 Facile esecuzione e basso costo;


 Scarsa operatore dipendenza;
 Fornisce informazioni morfo-funzionali (ecografia più risoluta sul versante morfo-
anatomico);
Aspetti negativi

 Eseguibile solo nei centri di medicina nucleare;


 Scarso potere risolutivo rispetto all’ecografia;
 Non fornisce informazioni sulla natura dei nodi ipocaptanti (freddo).
o Può essere un nodo colloido-cistico, raccolta liquida, emorragia, una neoplasia. È
necessaria sempre l’ecografia complementare.
 Non eseguibili se assunzione di iodio o ormoni tiroidei;
 Radiazioni ionizzanti (entità modesta).

Cranialmente viene riportata la


cartilagine tiroidea mentre
caudalmente il giugulo. La scintigrafia
mostra una tiroide grande la metà
della loggia tiroidea.

Attuali indicazioni

 Inquadramento diagnostico iniziale di pressoché tutte tireopatie, dopo ecografia;


 Controllo dopo tiroidectomia parziale o totale;
 Prima di una eventuale terapia con radio-iodio, per calcolare i volumi e la funzionalità
tiroidea;
 Nel follow-up delle tireopatie solo se necessaria.
Diagnosi differenziale di nodi ipo-/ iso-captanti

 Cisti, vera o degenerativa;


 Emorragie (in nodulo iperfunzionante);
 Gozzo multinodulare normo/ ipo funzionante;
 Neoplasia tiroidea benigne e maligne;
 Adenomi e carcinomi paratiroidei;
 Tiroiditi
o Il paziente in fase acuta presenta ipertiroidismo, per liberazione di ormoni, ma la
tiroide funziona poco perché la tiroidite è distruttiva. In scintigrafia la tiroide è
poco visibile, in virtù della fase distruttiva.
Nodi iper captanti

 Adenoma autonomo;
 Gozzo multinodulare iper-funzionante;
 Neoplasie in nodo iper-funzionante;
 Tiroiditi
o In fase di recupero, la tiroidite può riprendere a macchia di leopardo, con
pseudonoduli.

Un nodo caldo (adenoma di Plummer, iperfunzionante) ha malignità molto bassa. Un nodo


freddo ha malignità piuttosto elevata, se all’ecografia corrisponde un nodo solido.

Casi clinici


ozzo multinodulare
Il pz presenta un piccolo nodulo freddo, benigno, cistico all’ecografia, e tre noduli caldi
iperfunzionanti. Si ha quindi un gozzo multinodulare e quindi è molto probabile che il paziente
sia già in ipertiroidismo. La probabilità di neoplasia è molto bassa.

 Piccolo adenoma iperfunzionante

Un nodo caldo, iperfunzionante:


piccolo adenoma di Plummer. Da un
punto di vista fisiopatologico il resto
non è visibile perché vi è soppressione
dell’asse talamo-ipofisi-tiroide da parte
degli ormoni iperprodotti (TSH basso).
Il parenchima restante è presente ma
funziona di meno, perché il TSH è
soppresso. Se si trattasse questo
nodulo chirurgicamente, si toglierebbe
l’iperfunzione di T3, si ristabilirebbe il
normale feedback e il resto della
tiroide ricomincerebbe a funzionare normalmente.


rosso adenoma autonomo

All’interno del nodo caldo è


presente un’area necrotico-
colliquativa.
 Carcinoma follicolare
Il nodo freddo alla scintigrafia è
solido all’ecografia. La diagnosi è di
carcinoma follicolare (maligno).

 Nodo colloido-cistico
Il nodo freddo alla scintigrafia è
liquido all’ecografia. La diagnosi è di
un nodo colloido-cistico.

 Tiroide linguale
Non è visibile la tiroide in loggia tiroidea,
bensì alla base della lingua. Nel paziente
pediatrico è presente una tiroide ectopica,
linguale.

Terapia adenoma 131I (600 MBq)

Questo è un adenoma autonomo. Il paziente


riceve terapia con 131I (non si usa in diagnostica
in senso lato, ma esclusivamente nella
diagnostica post trattamento). Dopo un anno,
l’iperfunzione del nodo si spegne, il TSH si
normalizza ed il restante parenchima tiroideo
riprende la funzionalità.

Non sempre succede questo. Per la terapia può succedere che il paziente vada in ipotiroidismo:
questo è un successo terapeutico perché i farmaci citostatici, tapazole e propiltiouracile in caso
di allergia al primo, sono epatotossici: quindi in pazienti che usano tali farmaci sarà necessario
monitorare la funzionalità epatica. Dopo alcuni anni, il paziente non può più utilizzare questo
farmaco.

Si può optare per la chirurgia o per la terapia radiometabolica (da non confondere con la
radioterapia: la radioterapia prevede l’utilizzo di un fascio esterno di radiazioni, mentre la
terapia radiometabolica si avvale di farmaci quali lo 131I). Se si raggiungesse l’eutiroidismo, non
sarebbe necessario proseguire con altri farmaci. Se il paziente incorresse in ipotiroidismo,
distruggendo tutta la tiroide (cosa non sempre prevedibile), dovrebbe prendere il farmaco
Eutirox: è un ormone, non un farmaco (si può utilizzare a vita) e non ci sarebbe alcun problema.
Il problema è invece insito nei farmaci antitiroidei, molto tossici.
Nel 94% dei casi è sufficiente una dose singola (per giungere ad ipo o eutiroidismo). Nel 6 % dei
casi è invece necessaria una seconda dose (se le dimensioni della tiroide sono molto
importanti).

Norme da seguire

I pazienti in trattamento di ipertiroidismo benigno (non tumore) devono seguire una serie di
norme legate alla loro emissione di radiazioni ionizzanti, durante il trattamento. Lo 131I ha
un’emivita di 8 giorni, quindi per 15 giorni il paziente:

 deve seguire convalescenza a casa;


 non deve eseguire sforzi fisici (dispone già basalmente di un ipermetabolismo per il
circolo massivo di ormoni liberati dalla distruzione della tiroide);
 non può venire in contatto con soggetti a rischio all’esposizione ai raggi γ;
 non deve generare prole nei futuri 6/12 mesi;
 usare un bagno personale, perché la via di eliminazione del radiofarmaco è l’urina, e
quindi l’unica zona che si contamina è il bagno.
In letteratura non vi sono evidenze che le dosi utilizzate in terapia siano rischiose, ma è
necessario comportarsi come se potessero provocare danni.

SCINTIGRAFIA PARATIRODIDEA
L’imaging nucleare delle paratiroidi non serve per la diagnostica dell’iperparatiroidismo primitivo; la
diagnosi infatti si fa con la biochimica: PTH, calcio, fosfaturia. Salvo rarissime eccezioni, la scintigrafia si
richiede in pazienti che hanno già diagnosi di iperparatiroidismo primitivo. L’imaging nucleare serve a
localizzare la paratiroide che lo determina.
La localizzazione è un’informazione utile dal punto di vista chirurgico, perché l’intervento non è facile;
negli anni si è passati dalla Bilateral Neck Exploration fino ad una chirurgia mininvasiva. Questa si
effettua con un piccolo taglio di 1 o 1,5 cm, focalizzato all’escissione della paratiroide; ma senza sapere
dove si localizza la paratiroide questa metodica non è possibile.

Le paratiroidi possono avere una:

- Localizzazione classica: dietro i lobi della tiroide, due superiori e due inferiori.
- Localizzazioni non classiche

PARATIROIDI SUPERIORI

Considerando la paratiroide superiore l’80% si localizza in sede


classica, posteriormente alla ghiandola tiroidea, tra il nervo
laringeo ricorrente e l’arteria tiroidea inferiore.

Derivano dalla quarta tasca branchiale.

Le parotidi superiori ectopiche (20%) possono essere:

- Intratiroidee;
- Cranialmente al lobo tiroideo;
- Nel mediastino posteriore-superiore;
- Nella doccia esofago-tracheale.

PARATIROIDI INFERIORI

Le paratiroidi inferiori derivano dalla terza tasca branchiale insieme


al timo. Insieme a questo durante l’embriogenesi migrano; fino a
quando si depositano nella loro posizione naturale dietro alla
ghiandola tiroidea (55-60%). Nel 20-25% dei casi finiscono nel
mediastino antero-superiore (le paratiroidi superiori invece nel
mediastino posteriore); in particolare si localizzano:

- Lungo la guaina carotidea;


- Nel mediastino antero-superiore;
- Nella finestra arto-polmonare: è lo spazio tra l’arco
dell’aorta e l’arteria polmonare;
- In sede pericardica: mediastino inferiore;
- In sede paracarenale: vicino alla trachea.

SCINTIGRAFIA PARATIROIDEA
Nardelli Mattia
Marin Nicolò
Mustaj Sindi
Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
In questa metodica si usano i radiofarmaci, ovvero farmaci a cui si lega un isotopo, in particolare per la
scintigrafia paratiroidea si usa il tecnezio:

- 201Tl-cloruro [201Tl]: il tallio è un prodotto che ormai non si usa più;


- 99mTc-Metossi-isobutil-isonitrile [99mTc-MIBI];
- 99mTc-Tetrofosmina.
Sia il MIBI che la tetrofosmina sono indicatori di cellularità, per cui dove il tessuto è più cellulare il
farmaco si fissa in modo intenso. Inoltre la tretrofosmina presenta una clearance tissutale rapida.

Scintigrafia a doppio tracciante

Si usano due traccianti simultaneamente perché il MIBI e la tetrofosmina, essendo farmaci di cellularità,
si fissano entrambi alla tiroide e alla paratiroide. Nell’immagine si vedrà un’unica captazione. Si deve
somministrare anche un radiofarmaco che si concentri solo nella tiroide: il pertecnetato (tecnezio 99
metastabile o 99mTc).

Per eseguire la procedura il paziente è supino, con una agocanula viene iniettato un farmaco alla volta
acquisendo le immagini senza far muovere il paziente. Le due immagini ottenute si sottraggono e ciò che
residua è tessuto paratiroideo iperfunzionante. Le paratiroidi normali sono sotto il potere risolutivo
della metodica; per cui se si vede del tessuto paratiroideo in scintigrafia sarà iperplasico o neoplasico, e
va eliminato.

Nella prima immagine da sinistra


abbiamo la captazione di tiroide e
paratiroidi con il MIBI, a seguire la
captazione della tiroide con il
pertecnetato, nell’ultima la
sottrazione delle due immagini.

In queste, si può osservare un’area calda ipercaptante al MIBI, che però corrisponde ad un’area fredda
ipocaptante al pertecnetato. Se sottraggo le due immagini avrò solo il residuo dell’area calda
ipercellulare che è il tessuto paratiroideo iperfunzionante.

Il professore ricorda che un nodo freddo alla tiroide può essere maligno nel 20% dei casi se corrisponde
ad un nodo solido. Quindi un nodo ipocaptante al pertecnetato che corrisponde ad un’alta cellularità al
MIBI potrebbe essere anche una neoplasia della tiroide, a meno di una ecografia che localizza la
captazione in una zona posteriore alla tiroide. Durante la sottrazione delle immagini bisogna aiutarsi con
l’ecografia e la biochimica. Il paziente probabilmente avrà un PTH molto elevato con diagnosi di
iperparatiroidismo primitivo.

Immagine a sinistra: si vede una paratiroide in sede


tipica, posteriore alla porzione inferiore della loggia
tiroidea di destra.

29
Il professore suggerisce come trucco di pensare di essere la gamma camera e di vedere il paziente
supino, per questo motivo in proiezione anteriore la destra è in realtà la sinistra.

Immagine al centro: si nota una paratiroide in sede ectopica, nel mediastino antero-superiore. Senza
questa immagine, se il chirurgo procede con la bilateral neck exploration non troverà nulla e il paziente
rimarrà con un iperparatiroidismo primitivo. L‘intervento chirurgico in questa sede è mirato è più
complicato; non si può procedere con una chirurgia mininvasiva ma bisogna intervenire in sede
retrosternale, nel mediastino.

Nelle immagini a lato si vede un solo lobo tiroideo, si


tratta di un paziente con emiagenesia di un lobo della
tiroide parafisiologico.

Nel quadrante in basso a sinistra si vede il cuore e una


“palla” indicata dalle frecce che è una paratiroide
paracardiaca.

(Il professore anticipa che il MIBI è un ottimo


tracciante di flusso miocardico, infatti si usa anche
nelle scintigrafie cardiache).

Scintigrafia con tecnica bifasica

Il paziente che si sottopone alla scintigrafia tiroidea deve aver sospeso:

- Tapazole e propiltiuracile da almeno una settimana


- Eutirox da 40 giorni
Se il paziente non può sospendere questi farmaci e deve eseguire una scintigrafia delle paratiroidi, con il
metodo precedentemente descritto, non vedrei la captazione del pertecnetato da parte della tiroide.

La soluzione è una tecnica di tipo bifasico con un unico tracciante. Il paziente continua con la terapia e si
somministra il MIBI; acquisiscono un’immagine dopo 10 minuti e una dopo 2 ore.

Nella prima immagine si nota il lobo


tiroideo con una captazione lievemente
prevalente nella porzione inferiore.

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Il razionale di questa metodica è che la tiroide normofunzionante ha un wash-out rapido, ovvero elimina
rapidamente il tracciante; mentre la paratiroide iperplasica lo conserva a lungo, ha un wash-out lungo.
Con un immagine tardiva, quello che resta è tessuto paratiroideo iperfunzionante.

È una tecnica meno accurata, per cui va riservata solo per quei pazienti che non possono sospendere i
farmaci.

SPET E SPET/TC

Da qualche anno si ha a disposizione anche la SPET (Single Photon Emission Tomography); la gamma
camera ruota intorno al paziente, che è supino, e acquisisce immagini a 360 gradi. Queste vengono
riproiettate al centro e si ottiene un volume che può essere tagliato lungo piani assiale, coronali e
saggitali (come la TC).

Con la SPET/TC si ha un’acquisizione con un’unica apparecchiatura di TC e SPET:

- Con la SPET si ottiene un’immagine emissiva con il paziente che emette fotoni. Fornisce
immagini funzionali.
- Con la TC si ottiene un’immagine trasmissiva, con informazioni anatomiche.
Il chirurgo può così avere informazioni oltre che sulla localizzazione anche sui rapporti anatomici.

Gli studi recenti dicono che:

- La metodica SPET/TC è superiore a qualsiasi combinazione planare classica;


- È in grado di fornire una corretta localizzazione quasi sempre quando la planare è negativa;
- Cambia la diagnosi nel 2% e migliora la localizzazione nell’ 8% rispetto alla planare.
A Padova, quando possibile, viene sempre eseguita perché ritenuta utile.

Caso 1

Viene studiato prima con metodica


planare, in modalità bifasica perché
il paziente assumeva antitiroidei. il
fegato si vede nella precoce ma non
nella tardiva (l’eliminazione è per via
biliare).

C’è un’area che residua nella loggia


tiroidea inferiore di destra.
Si esegue la SPET/TC:

Le immagini B sono TC; mentre C sono


SPET.

Si vede un’area colorata di captazione


tra la trachea (freccia 1) e l’esofago,
struttura tubulariforme (freccia 2).
Si tratta di un’area retrotracheale.

Caso 2

Paziente che arriva con


iperparatiroidismo e si può
notare una paratiroide
ectopica (indicata dalle frecce)
che però non è di facile
localizzazione con la metodica
planare.

Si fa la SPET/TC: La paratiroide ectopica è localizzata nella finestra aorta-polmonare alla biforcazione


carenale. Si tratta di una paratiroide iperplasica.

Nella immagine in C a sinistra, si nota la carena (freccia) dove la trachea si divide nel suoi rami.
EMBOLIA E SCINTIGRAFIA POLMONARE
L’embolia polmonare è direttamente o indirettamente una delle principali cause di mortalità.

- Se non è trattata la mortalità stimata è intorno al 30%


- Se trattata con terapia appropriata la mortalità è intorno all’8%.
Se viene erroneamente diagnosticata un’embolia polmonare, si espone inutilmente il paziente ai rischi
di una terapia anticoagulante. Ad esempio in un paziente che ha subito un intervento chirurgico, con
sospetto di un’embolia polmonare, gli viene somministrata l’eparina. Per questo paziente significa un
rischio elevato di sanguinamento.

Per l’embolia polmonare anamnesi, esame obiettivo e indagini di laboratorio hanno un valore limitato,
specie nelle forme non conclamante. Esistono dei segni radiografici che verranno affrontati nella parte
di radiologia (il professore cita ad esempio l’albero potato, che però oggi non si vede più).

I sintomi più comuni dell’embolia sono:

- Dispnea e dolore toracico


- Tosse
- Emoftoe
- Tachipnea
- Rantoli polmonari
- Accentuato tono di chiusura delle valvole polmonari
- Cianosi
Statisticamente un paziente su due che entra in pronto soccorso ha questi sintomi e segni. Sono segni
aspecifici, in particolare nella popolazione anziana. Bisogna fare una diagnosi differenziale con diverse
patologie; il paziente potrebbe avere un’embolia, un infarto, un versamento, una neoplasia.

La radiografia del torace, in caso di embolia, può presentare:

- Infiltrati
- Versamento pleurico
- Innalzamento dell’emidiaframma
- Cardiomegalia
- Segni di insufficienza cardiaca congestizia.
La sensibilità di questa metodica per l’embolia polmonare è del 30-40%; mentre la specificità è del 55-
65%. Una metodica con questa sensibilità e specificità è quasi inutile; lanciare una moneta ha la stessa
sensibilità. Un paziente che arriva in pronto soccorso farà comunque l’Rx torace in caso di sospetta
embolia perché serve per escludere le altre ipotesi.

Per la diagnosi di embolia polmonare esistono altre metodiche:


- Tac spirale di cui parleranno i radiologi
- Scintigrafia polmonare

SCINTIGRAFIA POLMONARE PERFUSORIA

Nell’embolia polmonare un embolo si stacca e va a chiudere un vaso del polmone. A valle dell’embolo
dunque ci sarà un’area triangolariforme che sarà ipoperfusa.

Il razionale della scintigrafia è iniettare un radiofarmaco che si distribuisce nei capillari polmonari in
modo proporzionale al flusso ematico. Si prende in un paziente un accesso venoso e si inietta nel braccio
il radiofarmaco. Quando questo incontra un ostacolo, si ferma e l’area a valle non verrà perfusa.

Dal punto di visto fisiologico, per il meccanismo di Von Euler e Liljestrand, un’area ipoperfusa è un’area
anche ipoventilata. Ad esempio in caso di polmonite, l’area ipoventilata diventa anche ipoperfusa,
perché il meccanismo di compenso devia il sangue dall’area non ventilata a quella ventilata per
ossigenare il sangue.

Per cui in un’immagine di scintigrafia si vedrà un’area ipoperfusa sia in caso di embolia polmonare sia nel
caso di un’ipoventilazione (polmonite, versamento, atelettasia, cancro).

La conseguenza è che la scintigrafia polmonare perfusoria manca di specificità se non viene integrata
con un’immagine di ventilazione; perché bisogna dimostrare che l’area ipoperfusa è normoventilata.
Infatti un’area ipoperfusa e ipoventilanta normalmente non è un’embolia, ma un meccanismo di
compenso.

Esecuzione della scintigrafia polmonare perfusoria:

È di interesse anche per i cardiochirurghi pediatrici nella valutazione delle malformazioni cardiache
complesse, queste possono richiedere lo studio della perfusione polmonare in vivo non invasiva, che
evita il cateterismo al bambino.

Si inietta in una vena anticubitale un macroaggregato o microsfere di albumina umana, ovvero albumina
marcata con il tecnezio con un diametro tra i 20 e 50 µm; questo è studiato perché si fermi quando
incontra un embolo. Si ne iniettano circa 120 MBq che si distribuiscono nei capillari polmonari in modo
proporzionale al flusso e microembolizzano. L’embolizzazione legata a questa metodica è trascurabile,
intorno allo 0,3%; senza così aver conseguenze sulla circolazione polmonare.

La distribuzione del radiofarmaco avviene durante il primo transito intra-polmonare; in assenza di shunt
dx-sx tutta la radioattività si concentra nei polmoni perché il radiofarmaco non è in grado di ricircolare.
Se nella scintigrafia si vede una perfusione sistemica, di solito cerebrale o renale, si dovrebbe ipotizzare
uno shunt. Questo perché l’attività non dovrebbe uscire dai polmoni (vena brachiale-> vena cava
superiore-> atrio dx-> ventricolo dx-> arteria polmonare-> polmone).
Si tratta di immagini planari.

In proiezione posteriore: a sinistra c’è il


polmone di sinistra.

In proiezione anteriore: a destra è il


polmone di sinistra, infatti in basso c’è
un’area ipoperfusa che è l’aia cardiaca.

Ci sono anche le proiezioni oblique,


posteriore sinistra e anteriore sinistra.
In quest’ultima si nota il cuore.

Si vanno a vedere i margini, se sono


definiti è indice di buona perfusione.

SCINTIGRAFIA VENTILATORIA

È molto importante valutare quanto l’organo sia ventilato per definire la diagnosi di embolia polmonare,
dal momento che l’ipoperfusione potrebbe essere conseguenza di ostruzione dovuta a neoplasia o
polmonite. Per valutare la ventilazione sono possibili due alternative:

 Al paziente viene fatto inalare attraverso un circuito chiuso (una maschera sigillata) un gas
radioattivo.
[Integrazione:
In passato si usava lo xenon, 133Xe o 127Xe, mentre oggi si preferisce usare aerosol gassificato
marcato con 99mTc. Contemporaneamente vengono acquisite una serie di immagini scintigrafiche
che visualizzano la distribuzione intra-alveolare del gas nelle tre fasi respiratorie: wash
in,equilibrio, wash out.]

 La seconda alternativa è la radiografia del torace, che pur non essendo particolarmente
significativa per diagnosticare l’embolia polmonare, è ottima per individuare condizioni che
possano aver compromesso la ventilazione polmonare, rendendo ragione dell’ipoperfusione.
Usare la radiografia come una scintigrafia ventilatoria può risparmiare al paziente una procedura
in più, o comunque localizzare meglio dove essa potrebbe trovarsi (in presenza di uno dei due
polmoni opacato, l’embolia è più verosimile quando è ipoperfuso il controlaterale).
Si considera infatti che un’area può essere ipoperfusa per:
-Patologia ostruttiva delle vie aeree
- Qualunque patologia infiammatoria o neoplastica che alteri la perfusione polmonare
- Embolia polmonare (specie se l`area ipoperfusa è di forma triangolari, con contorni netti ed
apice centrale, indicatore abbastanza patognomonico).

La diagnosi scintigrafica è una diagnosi di probabilità: nel momento in cui è presente un mismatch
ventilo-perfusorio la probabilità di EP è alta; in situazioni intermedie la probabilità viene definita media,
e in caso di normoventilazione la probabilità di EP è bassa. La combinazione di scintigrafia perfusoria e
ventilatoria ha una sensibilità altissima in quanto se il test è negativo possiamo escludere l’embolia.

A sinistra viene riportata una schematizzazione di un mismatch ventilo-perfusorio, indicativo di embolia


polmonare, in una proiezione posteriore e una obliqua posteriore destra. Il polmone appare
normoventilato, con i segmenti apicale e superiore del polmone di destra ipoperfusi. A destra la stessa
proiezione illustra una ipoventilazione coerente con l’ipoperfusione, quindi la probabilità di embolia
polmonare è bassa.

I SEGMENTI POLMONARI

Nella slide sono riassunti i segmenti polmonari che il professore raccomanda di rivedere.
Nell’immagine che segue è riportata una scintigrafia perfusoria, accompagnata dal corrispettivo
ventilatorio eseguito con lo xenon. Sottraendo le due immagini si osservano le caratteristiche aree
triangolari di ipoperfusione. Si tratta di uno sprouting: l’embolo si è frantumato in pezzi dando multiple
embolizzazioni polmonari.

[Integrazione sbobina 2018/2019]


Le norme di radioprotezione italiane sono talmente stringenti che non permettono l’utilizzo massivo di
gas radioattivo: fino a 15 anni fa si faceva il possibile per utilizzare la scintigrafia V/Q, ma da quando è
subentrato l’utilizzo dell’angioTC nella diagnosi di EP non si utilizza più la scintigrafia ventilatoria.
Pazienti allergici al mezzo di contrasto non possono sottoporsi all’angioTC, ed in assenza di scintigrafia
l’unico esame possibile è la radiografia del torace (in alternativa TC senza mezzo di contrasto).
Nell’immagine riportata in alto, la presenza di forte opacità a destra rende conto dell’ipoperfusione,
quindi la probabilità di embolia polmonare è molto bassa.

one anteriore, la posteriore e le quattro oblique. In assenza di scintigrafia ventilatoria sarebbe azzardato diagnosticare l’embolia polmonare
[Da sbobina 2018/2019] Un quadro come quello a destra, invece, è una probabilità intermedia: vediamo infatti una ipoperf

SCINTIGRAFIA E TAC A SPIRALE IN CORSO DI EMBOLIA

La scintigrafia, grazie al suo principio, esplora il microcircolo e mostra anche piccoli difetti periferici.

La TAC spirale, invece ha un approccio opposto: ricerca l’embolo osservando il lume vascolare. Dove la
scintigrafia sarà logicamente migliore per rilevare micro-embolizzazioni nei piccoli vasi che la TAC non
mostra, la TAC spirale invece è meglio per le sub-occlusioni di vasi con lume maggiore. Il tracciante
infatti in questo caso riesce ad attraversare il vaso. Solitamente l’embolia sub-occlusiva determina un
flusso più basso verso l’intero organo: alla scintigrafia quindi si osserverà un polmone normalmente
perfuso e il controlaterale totalmente ipoperfuso, senza aree triangolari. In caso di quadri di occlusione
di uno dei vasi principali si consiglia infatti di procedere con una TAC spirale.

RICERCA SCINTIGRAFICA DI EMORRAGIE GASTROENTERICHE


Comporta il prelievo del sangue del paziente, la marcatura dei globuli rossi col pirofosfato e col tecnezio
e la re-iniezione. I globuli rossi circoleranno, permettendo di localizzare un versamento ematico interno.
Nell’immagine soprastante si osserva una macchia in ipocondrio destro (sotto al fegato, ben visibile in
alto) che si sposta nel tempo per effetto dei movimenti peristaltici intestinali. Si tratta di un
sanguinamento gastroenterico. Il quantitativo di emorragia che può essere riconosciuto con una tecnica
radio-isotopica è molto basso, quindi è estremamente sensibile per piccole emorragie. Non sempre è
facile capire da dove parta lo stillicidio, specialmente per piccole lesioni croniche, che si sospettano se il
paziente si presenta con melena e/o anemia microcitica ed è resistente alle trasfusione.

[Integrazione sbobina
2018/2019] Questa tecnica è solitamente eseguita da
pazienti adulti che hanno già fatto numerose indagini che non sono state risolutive. Il vantaggio risiede
anche nel fatto che con le tecniche radiografiche, se l’emorragia non è in atto nel momento
dell’esame,non si vede niente; con la tecnica nucleare invece il sangue rimane radioattivo per almeno 12
ore, avendo quindi una finestra più ampia di valutazione. Bisogna porre particolare attenzione alle
normative in atto per eseguire questo esame, in quanto prevedono che il laboratorio garantisca una
sterilità di livello B o C.

RICERCA MUCOSA GASTRICA ECTOPICA

I pazienti che necessitano di questo esame sono solitamente pediatrici, in cui una delle cause più
comuni di emorragia è il diverticolo di Meckel, ovvero la presenza di tessuto gastrico ectopico in un
tratto di intestino. La patologia è rara, ma quando si ha il sospetto, l’esame viene fatto sempre perché se
è positivo si fa una diagnosi di certezza e permette anche di localizzare l’origine dell’emorragia.

Come per la scintigrafia tiroidea, si usa il pertecnetato puro (non legato a nessun farmaco) e si
acquisiscono una serie di immagini nel tempo, nell’arco di circa un’ora, persuadendo il bambino a
rimanere fermo. Si individua subito una grande area bianca ipercaptante, corrispondente allo stomaco,
che capta il pertecnetato. Nell’immagine proposta, oltre allo stomaco è presente un’area, a 10-15 cm
dalla valvola ileo-cecale, corrispondente proprio al diverticolo di Meckel, la mucosa gastrica ectopica,
che capta il pertecnetato con la stessa cinetica dell’area gastrica.

Grazie ad altri esami è possibile infatti


costruire delle curve in funzione del
tempo che descrivano come le due
aree concentrano la sostanza
radiopaca. In caso di sanguinamento
da diverticolo di Meckel le due curve
avranno la stessa morfologia, anche se
l’altezza sarà diversa perché l’attività
dello stomaco è chiaramente più
intensa rispetto alla mucosa ectopica.
Una volta fatta la diagnosi, si fa quindi
una premedicazione con ranitidina o
cimetidina per ridurre la captazione
aspecifica gastrica.

[Integrazione sbobina 2018-2019]


Nell’immagine sottostante, si intravede una zona ipercaptante sulla parte superiore della vescica che
potrebbe essere scambiata per un allargamento dell’uretere. In questo caso si somministra Lasix che
permette di svuotare completamente la vescica; tuttavia nella seconda immagine vediamo che non ci
sono evidenti cambiamenti e quindi possiamo confermare la diagnosi di Diverticolo di Meckel.
SPET
Single Photon Emission Tomography
[Integrazione da sbobina 2018/19]

La SPET normalmente è costituita da una


gamma camera dotata di almeno due o tre
teste, le quali durante la rotazione
acquisiscono immagini. Un giro completo
di 360° richiederebbe 40 minuti di indagine,
in cui il paziente deve rimanere immobile.
Avendo quindi due teste rilevanti è possibile
dimezzare i tempi di indagine. Una gamma-
camera con due teste rilevanti richiede in
genere 20 minuti di indagine. È improbabile
trovare un paziente che riesca a non
muovere la testa per 40 minuti, qualora
dovesse muoversi l’esame sarà da
considerare non valido e dovrà essere
ripetuto. Potendo usufruire di più teste
rilevanti si riduce il rischio di dover ripetere
l’esame.

L’indagine è considerata terminata nel momento in cui si ottiene un’immagine completa a 360°, qualora
il paziente si muova poco prima del termine dell’indagine l’intera procedura va comunque ripetuta, non è
possibile ricominciare da dove l’indagine è stata interrotta.

Radiofarmaci:

Il radiofarmaco verrà scelto in funzione dei quesiti diagnostici a cui si vuole dare una risposta.Possono
essere classificati come:

 Radiofarmaci che studiano la perfusione: il radiofarmaco si concentra nel cervello tanto più
questo viene perfuso.
 Radiofarmaci che studiano la cellularità: il radiofarmaco si concentra tanto maggiore è la
densità cellulare. Non si utilizzano più.
 Radiofarmaci recettoriali: si fissano a determinati recettori.
 Radiogas: che quantificano il flusso, usati solo a scopo di ricerca per la serie di complicazioni ad
essi connessi.
I radiofarmaci più utilizzati sono quelli che studiano la perfusione e quelli recettoriali.
Una particolarità dei farmaci recettoriali è che legano i recettori posti a livello della membrana pre-
sinaptica, la quale si trova al limite dell’assone, generando un segnale nel distretto assonale che tuttavia
indica lo stato di salute del corpo del neurone. L’assone è un prolungamento del corpo cellulare
neuronale e si trova in distretti diversi da quest’ultimo.
Un esempio è la valutazione della degenerazione della substantia nigra tipica del morbo di Parkinson:
essa normalmente proietta al nucleo striato, da cui parte un secondo assone che andrà alla corteccia. La
captazione si osserverà quindi a livello dello striato (dove è presente la sinapsi) e studierà lo stato di
salute della substantia nigra.

Il farmaco più famoso utilizzato si lega al trasportatore DAT che riporta la dopamina dallo spazio
intersinaptico al neurone pre-sinaptico. Come isotopo si utilizza lo Iodio 123 legato a un farmaco
commercialmente conosciuto come DAT-SCAM. [Integrazione 2018-19] Si tratta di un radionuclide pulito
poiché emette solo radiazioni γ, a differenza del tecnezio utilizzato nello studio della tiroide, esso non
viene prodotto attraverso un generatore ma arriva direttamente dall’Inghilterra. Presenta un’emivita di
14h, quindi se l’esame programmato non può essere eseguito il radiofarmaco viene buttato (costa 800-
900 euro a dose). Si paga questo rischio con l’altissima sensibilità di questo esame, che permette di fare
diagnosi di Parkinson ancora in fase iniziale.

Nel paziente sano comparirà quindi una traccia da parte dello striato destro e sinistro, che scomparirà
invece del paziente che ha una degenerazione dei neuroni dopaminergici (da uno dei due lati, in questo
caso il destro) i quali quindi non esporranno il trasportatore bersaglio.
STUDIO DELLA PERFUSIONE CEREBRALE

Lo studio della perfusione è la tecnica di indagine maggiormente utilizzata. Per fare l’esame è
necessario che il farmaco riesca ad attraversare la barriera ematoencefalica e vi rimanga per un tempo
sufficiente a consentire l’indagine. Ciò è reso possibile dal fatto che il radiofarmaco è particolarmente
lipofilo, quindi attraversa senza grandi difficoltà la barriera ematoencefalica. Una volta arrivato a livello
delle cellule cerebrali viene convertito nella rispettiva forma idrosolubile, non potendo quindi più uscire
con la stessa semplicità con cui vi era arrivato. Questo permette, in caso di ictus, di ristabilizzare il
paziente, conservando un’immagine informativa.

[Integrazione Sbobina 2018-2019]

Viene iniettato il farmaco a livello endovenoso. Le immagini ottenute saranno riferite al momento
dell’iniezione,cioè l’immagine dipenderà dal modo in cui il radiofarmaco si andrà a distribuire e fissare a
livello cerebrale. Possiamo quindi utilizzare la tecnica anche in sedazione, ad esempio nel caso di bambini
o pazienti non collaboranti. Il radiofarmaco nel momento in cui arriva a livello cerebrale si fissa, non è
particolarmente importante cosa succederà in seguito, ma l’immagine ottenuta sarà quella fissata in
seguito all’iniezione del radiofarmaco.

L’iniezione viene eseguita a livello endovenoso, posizionando un’agocannula in vena antecubitale, con il
paziente sdraiato su un lettino supino, con luce offuscata, senza alcuna interazione con gli operatori
poiché un’attivazione cerebrale potrebbe falsare i risultati. L’attività cerebrale deve essere il più stabile
possibile per almeno 15minuti. Le immagini vengono acquisite 30-60 minuti dopo il momento
dell’iniezione, in modo tale che sia conclusa la fissazione del radiofarmaco.

I radiofarmaci utilizzati sono generalmente l’ECD e il HMPAO.


Nota: il radiofarmaco utilizzato non fornisce una valutazione assoluta del flusso, ma una stima della
differenza di flusso fra le differenti aree cerebrali. Stiamo quindi considerando una differenza di
perfusione relativa.

Importante è sempre il confronto fra l’emisfero destro e sinistro.

Se si dicesse al paziente di muovere il braccio durante l’esame, il tracciato mostrerebbe una forte
perfusione della corteccia sensitivo-motoria controlaterale all’arto.
Le immagini che vengono fornite mediante la SPET sono tagli assiali sagittali, coronali e trasversali.
L’encefalo viene in tale modo tagliato a fette. Come in tutte le tecniche diagnostiche tomografiche per
una corretta lettura si deve immaginare il paziente come se fosse sdraiato supino su un lettino e lo si stia
osservando dalla posizione caudale. Cioè come se l’osservatore stesse osservando il soggetto dal basso
verso l’alto. Quindi ciò che nell’immagine è per l’osservatore a sinistra, nella realtà si trova a destra a
livello del paziente.

Tali indagini sono volte allo studio delle differenze perfusorie. Importante è comprendere se un’area è
più o meno perfusa e quindi se questa è patologica.
La SPECT è un’indagine essenzialmente di tipo
funzionale: ha una scarsa risoluzione (intorno ai 7
cm) quindi le aree encefaliche sono poco definite
dal punto di vista anatomico.
Il professore, ad esempio, indica l’area talamica,
che appare molto poco definita e di difficile
localizzazione rispetto all’immagine PET che si
osserverà in seguito.

La colorazione utilizzata per definire le differenze


perfusorie è totalmente arbitraria. Quella più utilizzata è quella che va dal rosso (aree più perfuse) al blu
(aree meno perfuse) e che si ritiene sia più semplice da valutare, ma è possibile usare anche una scala di
arancioni-viola come quella illustrata più in basso. In realtà la scala ideale sarebbe quella di grigi, perché
l’occhio umano si è evoluto per captare le differenze di luminosità piuttosto che quelle di colore. La
scelta di una diversa scala di colore può condizionare il giudizio dell’osservatore.

Ictus
Un vantaggio particolarmente importante di un’indagine funzionale come la SPET, rispetto ad
un’indagine morfologica, è che ha una finestra temporale di indagine in cui si può rilevare il problema
che è praticamente corrispondente al momento del evento patologico, mentre problemi di tipo
morfologico sono evidenziabili in genere più tardivamente, quando inizia a presentarsi una differenza
nella densità cerebrale.

Nel caso sottostante si va infatti a distinguere un evento ischemico transitorio (T.I.A.) da un ictus
effettivo. Si effettuano sia la TC che la SPECT perfusoria.

Il paziente con TIA a distanza di 7 giorni dall’evento non presenterà alterazioni morfologiche, a
differenza di quello presentante ictus, in cui l’area parietale dell’emisfero sinistro presenta un
importante ipoperfusione. Si noterà che la TC non è assolutamente informativa per distinguere le due
patologie: lo diventa solo quando nell’ictus interviene una riduzione della densità cerebrale.
Nell’immagine è presentato un infarto fronto-temporale destro. È possibile ottenere attraverso la SPET
anche immagini in 3D. In genere l’immagine in 3D non si fornisce con il referto al paziente, poiché di
difficile comprensione e risulta avere un importante impattato emotivo negativo. Le due immagini
forniscono le stesse informazioni mediche.

[Seguono degli approfondimenti presi dalla sbobina 2018/19]

Declino cognitivo
La maggior parte dei pazienti esaminati presenta un declino cognitivo e quindi si cerca di valutare una
particolare condizione di demenza.

La demenza è una patologia in progressivo aumento, può arrivare ad interessare circa il 30-40% della
popolazione anziana, questa è una conseguenza dell’aumento della vita media. Vi sono differenti tipi di
demenza, le principali sono la demenza vascolare, demenza frontale, demenza a corpi di Lewy, Alzheimer
e Parkinson. Importante è stabilire quale tipologia di demenza interessi il paziente, al fine di impostare la
corretta terapia e migliorarne la prognosi.

L’Alzheimer presenta una tipica caratteristica di ipoperfusione,interessante la regione parieto-temporale.

La demenza frontale è rappresentata da una ipoperfusione della regione frontale.

La diagnosi di demenza vascolare è spesso effettuata per esclusione, andando quindi ad escludere le
altre possibili cause di demenza. Inoltre attraverso la risonanza è possibile osservare multiple porzioni
interessate da fenomeni di mini-ictus.

Epilessia

L’epilessia è una patologia particolarmente impegnativa, in particolare se interessa bambini o giovani


ragazzi. Possono presentare anche diversi episodi durante la giornata. Se si riesce ad individuare il
focolaio epilettico allora è possibile per il neurochirurgo riuscire a risolvere definitivamente il problema,
attraverso l’asportazione della regione che genera l’impulso elettrico patologico. Anche
l’elettroencefalogramma fornisce informazioni utili sulla possibile localizzazione della zona patologica.
Maggiori sono le informazioni che il neurochirurgo riceve e maggiori sono le possibilità di una risoluzione
definitiva del problema, riducendo contemporaneamente il rischio di complicanze.

È possibile eseguire attraverso la SPET perfusoria uno studio di tipo ictale o inter-ictale. L’indagine di tipo
ictale presenta una sensibilità molto maggiore, sensibilità corrispondente a circa 80-95%. Essa si esegue
iniettando il radiofarmaco entro pochi minuti dalla presentazione dell’attacco epilettico. Ciò è
ovviamente eseguibile solamente se il paziente si trova ricoverato in ospedale ed è stata
preventivamente preparata la dose di radiofarmaco da iniettare. Meno tempo intercorre tra l’iniezione e
l’episodio epilettico e maggiore sarà la possibilità di individuare il focolaioepilettico, il qualeessendo
iperattivo apparirà ipercaptante.

In fase inter-ictale il focolaio epilettico risulta invece ipoperfuso.

-Caso clinico: 2 pazienti si presentano al PS con emiparesi destra e afasia. Entrambi eseguono una TC
che risulta essere normal finding, eseguono anche una spect che risulta essere normal finding per il
paziente numero 1, mentre nel pz numero 2 evidenzia una ipoperfusione emisferica di sinistra. 7 giorni
dopo il paziente numero 1 rimane normal finding anche nella TC mentre il paziente numero 2 alla TC
sviluppa un infarto nel territorio della cerebrale media.

La spect infatti evidenzia un fenomeno puntuale, mentre per la tc bisogna aspettare un’alterazione della
densità del territorio, che tuttavia non è più recuperabile. Per questo bisogna intervenire il prima
possibile, per non perdere tessuto celebrale. Ecco perchè nelle stroke unit, nei casi dubbi, può essere
utile verificare se i sintomi sono dovuti a ictus o no.

SCINTIGRAFIA CON FARMACI RECETTORIALI


Un altro esempio di radiofarmaco recettoriale è l’Octreotide, cioè un radiofarmaco che si lega alla
somatostatina.

Al giorno d’oggi però l’uso di queste indagini scintigrafiche è stato sostituito dalla PET con farmaci
recettoriali detti dota-derivati e marcati con il gallio; questo per la maggior velocità di esecuzione e la
miglior sensibilità della metodica. Quindi l’octreoscan sarà abbandonato a favore della pet ma un rimane
buon esempio didattico.

LA SOMATOSTATINA

La somatostatina fredda si va a legare ad alcuni recettori. Tra questi i principali sono l’sstr3 e 2.

Dove sono i recettori per la somatostatina? Nelle isole del pancreas, nella midollare del surrene,nella
tiroide, nelle cellule gliali, nelle leptomeningi, nell’ipofisi, e nei paragangli, quindi nel tessuto
neuroendocrino. Questo vuol dire che in tutte le neoplasie neuroendocrine si possono usare questi
recettori come diagnostica quindi si potrebbero usare per un carcinoide gastrico, polmonare, vipoma
ecc.

FUNZIONAMENTO

Bisogna prendere la somatostatina e marcarla .Attaccando una molecola di 111In1-DTPA all’octreotide si


ottiene il pentetreotide, che permette di rintracciare i recettori per la somatostatina (in particolare
SSTR2 e 3)

Questo è un esempio di un vipoma, tumore che produce un peptide vasoattivo, e si vedono i reni, il
fegato, la milza, e un’area che proietta sul pancreas.

1
Purtroppo non è utilizzabile il Tc (tecnezio), e ciò comporta un’elevata dose di radiazioni, per la lenta emivita
dell’indio.
In questo caso è un glucagonoma con due metastasi epatica a 4 e meglio a 24 ore.

Questo è un gastrinoma, si vedono inoltre metastasi epatiche funzionanti. Queste sono differenziate.
Infatti se le metastasi si vedono con l’octreoscan o con gli octreoderivati (nel caso della pet) allora vuol
dire che quel tessuto tumorale esprime i recettori per la somatostatina quindi è differenziato, se invece
si vede la metastasi dal punto di vista morfologico , ma non capta la somatostatina, allora è
indifferenziata, ha cambiato natura, ed ed ha un segno prognostico negativo. Per vederla, a questo
punto, posso fare l’fdg, che si fissa in modo molto aspecifico, non ha un recettore ma basta che il tessuto
consumi glucosio.

Per dimostrare che sono metastasi posso somministrare colloidi che vengono capatati dalle cellule di
kupfer non presenti nelle metastasi. Pertanto la metastasi, con il colloide, corrisponde a un” buco”.
Chiaramente tutte queste metodiche risultano molto importanti anche per la stadiazione.
SCINTIGRAFIA RENALE STATICA
È una metodica non invasiva per quantificare il parenchima renale funzionante. Per prima cosa
viene somministrato un radiofarmaco che si fissa nella corticale renale (nella midollare si fissa in
modo molto scarso) in modo sufficientemente stabile, per cui per alcune ore si può ottenere
l’imaging.
Il radiofarmaco usato è l’acido dimercaptosuccinico (DMSA) marcato con il tecnezio; si tratta di
un agente chelante che in passato veniva utilizzato per il trattamento dell’avvelenamento da
metalli pesanti, sui quali agisce come scavenger. Dopo l’iniezione, circa il 90% viene legato dalle
proteine plasmatiche e non viene eliminato per filtrazione glomerulare. Dopo 1 ora dalla
somministrazione il 50% della dose è fissato al tubulo contorto prossimale. Al fine di ottimizzare
il rapporto segnale-rumore bisogna aspettare circa 3 ore prima di acquisire l’immagine, nel
senso che si attende di avere un segnale che rispecchia per la maggior parte la corticale del rene
e non ciò che è aspecificamente captante, come la midollare (anche se il rapporto di fissazione
corticale/midollare risulta >20:1); nonché si permette lo svuotamento delle vie escretrici renali.

Dopo 24 ore ancora il 50% della dose è legato alla corticale; quindi anche un paziente che ha
un’insufficienza renale grave (o un paziente pediatrico, che per definizione ha un’insufficienza
renale “fisiologica”) può eseguire la scintigrafia renale statica, basta attendere un po’ più di
tempo. Quindi nel caso di un paziente con una funzionalità renale normale si acquisiscono le
immagini a 3 ore, se il paziente ha insufficienza si acquisiscono più tardi per ridurre il rumore di
fondo (viene dato più di tempo al sistema di eliminare il DMSA che circola legato alle proteine).

Possiamo acquisire un’immagine planare o tomografica, normalmente si usano le planari: il


paziente è steso sul lettino porta-paziente, la gamma camera si avvicina e prende un’immagine
planare statica. Posso anche acquisire un’immagine SPET (Single Photon Emission Tomography),
in cui la gamma camera ruota attorno al paziente e acquisisce tante immagini per costruire un
volume.

In genere la proiezione più importante è la posteriore, data la localizzazione anatomica del


rene. In questo caso la gamma camera è posizionata dietro/sotto alla schiena del paziente in
modo tale da minimizzare la distanza e quindi l’attenuazione; i bambini tendenzialmente
vengono direttamente appoggiati sulla gamma camera.

Questo esame fornisce la mappa della distribuzione funzionale nel parenchima renale, resa
visibile come variazioni cromatiche. Più è nero, meno è funzionante. Il colore è in proporzione
alla captazione da parte del rene dell’acido dimercaptosuccinico. È molto sensibile e fornisce
anche la funzionalità renale relativa, cioè di un rene rispetto all’altro (in percentuale). Questo è
molto utile perchè da un punto di vista laboratoristico abbiamo a disposizione, come indicatore
della funzione renale, la creatininemia, che non differenzia tra i due reni.

Indicazioni:
1. Stima della funzionalità renale relativa. Ad esempio un rene trapiantato ha
necessariamente una funzionalità relativa del 100% (è l’unico rene del paziente), quindi
questo esame non è indicato;
2. In pediatria per le pielonefriti, sia in acuto che nel follow up per valutare se ci sono delle
scar (cicatrici) a livello della corticale del rene (questa indicazione vale anche in caso di
trapianto di rene). La valutazione di lesioni nei reni dei bambini è importante perché essi
a causa della compromissione dei reni sono portati a sviluppare ipertensione per
alterazione del sistema renina-angiotensina nonchè atrofia del parenchima renale;
3. Identificare reni ectopici o a confermare l’agenesia (es. reni sopradiaframmatici);
4. Differenziare masse renali funzionanti o non funzionanti;
5. Trauma renale, che può dare un’ipofunzione.

Tab.1: esami appropriati nella pielonefrite: nella pielonefrite l’ecografia viene sempre fatta, ma
non allo scopo di vedere la scar o di valutare il parenchima, perchè la sua sensibilità in questo
contesto è del 50% (come il lancio di una moneta). Si fa invece per valutare lo spessore della
parete vescicale, lo stato del detrusore, la valvola dell’uretra, se ci sono dilatazione dell’uretere
e dei calici, quindi per valutare la struttura anatomica. E si fa prima della scintigrafia. Esempio:
bambino che ha avuto segni di pielonefrite, con febbre e leucocituria: all’ecografia si vede un
uretere dilatato fino al bacinetto, sospettiamo quindi un reflusso. Questo non dice però se c’è
stato un danno al parenchima renale.
Fig.1: quadro normale: La corticale è bianca, senza impronte lungo il profilo. L’area nera è la
midollare con bacinetto e calici. Siamo in proiezione posteriore (post; il pz è come se fosse di
spalle davanti a noi quindi la destra è a destra, la sinistra a sinistra). Si fanno anche proiezioni
oblique, in cui la gamma camera si appoggia in obliquo sul fianco. Da notare che è fisiologico
che il rene di destra sia più basso e abbia un profilo più piatto legato alla presenza del fegato. I
reni possono cambiare lievemente di posizione in base alla posizione del corpo stesso.

Fig.2: rene a ferro di cavallo: si vede il ponte parenchimale che congiunge i due poli inferiori (c’è
una domanda all’esame su questa immagine che non va confusa con una tiroide).

Fig.3: scar: il profilo della corticale del rene di sinistra è interrotto da un’area ipoattiva. È una
cicatrice da pielonefrite ovvero tessuto fibroso dove c’è stata necrosi dei tubuli contorti
prossimali.

Fig.4: doppio distretto: nell’immagine metà del rene sx è atrofica e ipocaptante, metà no;
questo è suggestivo della presenza di due ureteri che afferiscono allo stesso rene che quindi è
formato da due distretti, di questi uno è stato colpito da pielonefrite (quello ipocaptante),
l’altro no. Verosimilmente si tratta di un doppio distretto completo perché l'infezione è rimasta
confinata ad uno solo dei due. Il doppio distretto, infatti, può essere completo (se i due ureteri
arrivano indipendentemente alla vescica) o incompleto (se i due ureteri a un certo punto si
uniscono prima di arrivare in vescica). Questo quadro potrebbe anche essere compatibile con
un’ischemia di un’arteria polare, ma è più raro e sarebbe un’area più piccola.
Fig.5: infezione per via ematogena: i reni presentano diffusamente aree scure nella corticale, si
tratta di un’infezione diffusa quindi poco compatibile con un reflusso vescico-ureterale.

Fig.6: caso in alto: numerose scar (triangolini scuri con apice all’interno che interrompono la
corticale dei reni), polo inferiore amputato funzionalmente a dx; poiché vi sono lesioni
bilateralmente ci aspettiamo un reflusso bilaterale. Caso in basso: rene dx perfetto, rene sx
molto ridotto con numerose scar.

Fig.7: SPET: acquisizione di un’immagine tridimensionale dei reni; rispetto all’immagine planare
(che nel complesso è più utile) l’immagine 3D è più scenografica (da convegno) ma può anche
aiutare in caso di lesioni piccole o in profondità (in un follow up permette di visualizzare meglio
una minima riduzione dell'area danneggiata nel tempo).
CISTOSCINTIGRAFIA
Valuta il reflusso vescico-ureterale, cioè la risalita dell’urina nell’uretere dovuta a un cattivo
funzionamento delle valvole uretero-vescicali (sfintere costituito dall’entrata dell’uretere nella
componente muscolare della vescica, che si chiude con l’aumento della pressione vescicale).
Circa lo 0.5% dei bambini ha un reflusso vescico-ureterale; tra quelli che hanno avuto
un’infezione renale nel primo anno di vita questa percentuale sale al 35-50% dei casi. È quindi
una causa di pielonefrite, perchè i batteri dalla vescica risalgono fino al rene. Le femmine hanno
un rapporto di 4 a 1 rispetto ai maschi per quanto riguarda le infezioni delle vie urinarie
nell’infanzia, data la minore lunghezza dell’uretra che rende più facile la contaminazione da
parte dei batteri fecali.

Nel 50-80% dei casi il reflusso si risolve spontaneamente; se non si risolve può portare a
pielonefriti recidivanti che lasciano cicatrici nei reni il che può esitare in ipertensione e
insufficienza renale.

Il reflusso può essere primitivo, causato quindi dalle caratteristiche anatomiche anomale della
giunzione vescico-ureterale, oppure secondario a:

● ostruzioni dell’uretra;
● malformazioni della giunzione vescico-ureterale (diverticoli, duplicità ureterale);
● turbe della funzione vescicale (immaturità della vescica, dissinergia vescico-sfinteriale,
vescica neurologica con inspessimento della parete vescicale).
Esecuzione: si riempie lentamente la vescica, con un catetere, di soluzione fisiologica a
temperatura corporea marcata con nanocolloidi coniugati con tecnezio. Il volume è
determinato in base all’età e al peso del paziente. La fisiologica viene messa a 80 cm dal letto e
viene collegata al catetere: si riempie goccia a goccia (per 40 minuti) per evitare che la vescica si
contragga in risposta all’aumento di pressione se questo avviene bruscamente (questo è anche
il motivo per cui non si riempie con fisiologica fredda). Si toglie il catetere vescicale (dopo aver
sgonfiato il Foley) e si chiede al bambino (ma vale anche per l’adulto) di mingere. La gamma
camera acquisisce immagini di riempimento e di svuotamento.

Rispetto alla cistografia minzionale (esame radiologico) la cistoscintigrafia:

● è meno irradiante;
● fornisce immagini in continuo di tutta la fase di riempimento e di svuotamento;
● riproduce le condizioni fisiologiche;
● ha una sensibilità del 95% con reflussi di 0,25 mL (minimi);
● tuttavia non fornisce informazioni morfologiche sulle vie escretrici e non permette di
valutare la valvola dell’uretra posteriore. È molto utile nel follow up, anche perchè
irradia meno le gonadi (soprattutto quelle femminili che essendo interne sono a rischio).
Nell’inquadramento/diagnosi iniziale è bene fare la cistografia per prima cosa per avere
informazioni di carattere anatomico.
Fig. 8: la vescica è piena di fisiologica marcata. Si evidenzia un reflusso durante la fase di
riempimento e durante la fase di minzione.

È importante chiedere di mingere al pz, anche se si è già visto un reflusso in fase di


riempimento, perché bisogna vedere se aumenta, o se compare un reflusso, durante la
minzione, dall’altro lato; NB: è più grave un reflusso in fase di riempimento, perchè avviene
nonostante la pressione nella vescica sia più bassa rispetto alla fase minzionale, che è quella ad
alta pressione (il detrusore si contrae). È chiaro che se si vedesse un reflusso bilaterale fino al
bacinetto in fase di riempimento la minzione non darebbe ulteriori informazioni, perchè
abbiamo già riscontrato un reflusso di alto grado.

SCINTIGRAFIA RENALE DINAMICA


Si inietta il radiofarmaco e si acquisisce una serie di immagini per 40 minuti tramite la gamma
camera, ad esempio una ogni 20 secondi. Si usano dei radiofarmaci che si concentrano nei reni
in modo proporzionale alla loro funzionalità, permette quindi di valutare il flusso, la captazione
e l’escrezione. Quindi si valuta il deflusso urinario lungo tutto l’asse escretore. Per l'esame è
richiesta una buona idratazione (non significa che il pz deve arrivare con la vescica piena, come
deve essere invece per avere una buona finestra all’ecografia), non il digiuno.

Si possono usare due classi di farmaci, glomerulari e tubulari:

● i radiofarmaci glomerulari vengono eliminati esclusivamente per filtrazione


glomerulare. Non si legano alle proteine plasmatiche, non vengono metabolizzati, non
vengono riassorbiti nè secreti dal tubulo. Idealmente si comportano come l’inulina. Si
usa il DTPA (dietilentriaminopentacetico) marcato con il tecnezio (isotopo con 6 ore di
emivita), che è eliminato, appunto, completamente tramite filtrazione glomerulare;
● i radiofarmaci tubulari sono eliminati anche dal tubulo. Idealmente si comportano come
il PAI (para-amino-ippurato). Si usa la mercaptoacetiltriglicina (MAG3) marcata con il
tecnezio. La clearence più rapida si ha con i farmaci tubulari, che vengono quindi usati
nei casi di insufficienza renale (e in pediatria per la fisiologica insufficienza del bambino).
Questi ultimi permettono anche di visualizzare bene le vie escretrici, perchè la loro
frazione di estrazione è più rapida. D’altra parte i radiofarmaci glomerulari danno
un’idea più precisa della funzione renale (filtrazione glomerulare) in mL/min.
La gamma camera è a contatto con la regione lombare del paziente supino. Nel caso di un rene
trapiantato, quindi posizionato in fossa iliaca, la camera viene messa davanti per evitare
l’attenuazione data dalla cresta iliaca. Iniettiamo il radiofarmaco in bolo e iniziamo ad acquisire
le immagini: la prima fase, rapida, è la fase di flusso. L’apparecchiatura rileva immagini di 5
secondi e le archivia. Dopo 1 minuto inizia ad acquisire immagini di 15-20 secondi, per 40
minuti. Si vedono quindi la fase di accumulo renale e di escrezione fino in vescica. Se necessario
si acquisiscono anche immagini tardive dopo ortostatismo e minzione.

Nelle prime immagini che si ottengono si visualizzano l’aorta e le arterie iliache insieme alla
milza e ai reni. Nella fase di escrezione (40 minuti) compaiono i calici, poi il bacinetto e infine la
vescica. È normale non vedere l’uretere, se si vede bene vuol dire che è dilatato.

Fig.9-10: fase di perfusione/flusso (rapida) e di escrezione (lenta)

ROI e CURVE RENOGRAFICHE


Nella medicina nucleare è molto frequente il post-processing, ovvero l’analisi che si esegue
dopo l’acquisizione dell’immagine. Nel caso della scintigrafia renale dinamica vengono
disegnate delle ROI, regioni d’interesse, per identificare rene ed fondo. Quest’ultimo serve a
valutare l’attività aspecifica del farmaco, ovvero quella legata non al rene ma, ad esempio, a

muscolo, adipe, osso..

Il computer misura la variazione dell’attività


all’in1terno delle aree selezionate e disegna
delle curve attività-tempo o curve
renografic2he. All’3interno di queste curve si
possono identificare, facendo riferimento al
grafico a sinistra:
● picco
vascolare (1), un picco stretto e aguzzo
dovuto al primo passaggio del bolo
radioattivo;
● secondo
picco più largo (2), relativo all’estrazione
della radioattività da parte del rene e quindi
espressione della sua funzionalità;
● discesa (3), che rispecchia il deflusso dell’urina.
Da questa curva è possibile ricavare la funzionalità renale attraverso il calcolo di un’integrale,
che definisce l’area sotto la curva:

● per un farmaco ad estrazione tubulare ( 99mTc-MAG3) la concentrazione renale della


radioattività tra il primo ed il secondo minuto è proporzionale al flusso plasmatico renale
efficace (FPRE);
● per un farmaco a filtrazione glomerulare (99mTc-DTPA) la concentrazione renale della
radioattività tra il secondo ed il terzo minuto è proporzionale alla VFG.
La frazione di estrazione dei radiofarmaci tubulari è maggiore rispetto a quella dei radiofarmaci
glomerulari, quindi nell’insufficienza renale o in caso di immaturità del sistema vengono più
frequentemente utilizzati i primi. Se si usasse un farmaco glomerulare nell’insufficienza renale,
questo verrebbe estratto in quantità inferiore dal rene e darebbe un segnale più basso.

Che informazioni fornisce?


Da questo esame è possibile ricavare:

● una grossolana valutazione della perfusione renale;


● morfologia (a bassa risoluzione) e funzionalità del parenchima renale, anche se per
questo scopo è preferibile un’ecografia;
● informazioni sulla formazione e sull’escrezione dell’urina.
Inoltre, analizzando le curve attività-tempo è possibile calcolare la funzionalità renale totale e
separata espressa come:

● VFG, nel caso venga utilizzato un farmaco a filtrazione glomerulare;


● FPRE, nel caso venga utilizzato un farmaco ad estrazione tubulare.
La differenza tra questa indagine e il calcolo della funzionalità renale attraverso la creatinina
consiste nella possibilità di conoscere, tramite la prima, la funzionalità di ogni singolo rene.
Quello soprastante è il record di un esame in cui è stato utilizzato un farmaco di tipo
glomerulare, il DTPA. Nelle prime immagini compaiono in sequenza aorta, milza e reni; non si
evidenziano difetti di perfusione. Seguono la fase corticale, in cui è possibile individuare
eventuali scar (qui assenti), e la fase di escrezione, in cui vengono man mano evidenziati calici,
bacinetti, pelvi renale e vescica.

Nell’immagine 25-30’’ vengono disegnate le ROI, da cui si ricava il grafico presente in alto a
destra; la barra grigia al suo interno rappresenta l’area sotto la curva tra il secondo e terzo
minuto. L’integrale indica che la VFG normalizzata per la superficie corporea equivale a 72
ml/min per il rene sinistro e 59 ml/min per il rene destro (VFG normale se >40). Viene inoltre
calcolata la percentuale di funzionalità per ogni rene, in questo caso 55% per il sinistro e 45%
per il destro (una funzionalità dei due reni non perfettamente simmetrica non significa
condizione patologica).

A cosa serve?
● Calcolo della funzionalità renale relativa;
● Calcolo della VFG o FPRE separate;
● Follow-up in terapie nefrotossiche;
● Diagnosi differenziale dell’ipertensione nefrovascolare;
● Follow up post-rivascolarizzazione renale, come ad esempio nel caso della sostituzione
dell’aorta per aneurisma;
● Valutazione dell’uropatia ostruttiva:
 Dilatazione/Ostruzione delle vie escretrici;
 Follow-up (in conservativa o post-intervento);
● Studio morfo-funzionale delle malformazioni;
● Valutazione di un possibile infarto renale;
● Valutazione di pazienti con trauma renale;
● Trapianto renale:
 Studio funzionale e follow up del trapianto;
 Studio funzionale bilaterale del donatore vivente.

Ipertensione renale: Test all’ACE inibitore


Nel caso di ipertensione renale si confrontano due scintigrafie renali eseguite una in condizioni
basali e l’altra dopo somministrazione di ACE-inibitore (25-50 mg Captopril 1h prima
dell’indagine). L’eventuale terapia con ACE-inibitori deve essere sospesa alcuni giorni prima
dell’indagine.
La somministrazione di un ACE-inibitore in un paziente con stenosi dell’arteria renale e
ipertensione dipendente dal sistema renina-angiotensina determina un calo della pressione di
perfusione glomerulare e quindi una riduzione della VFG. Il paziente infatti ha un RAAS iper-
attivato, a causa della ridotta perfusione di un rene determinata dalla stenosi, che funziona
come meccanismo di compenso: il RAAS causa vasocostrizione dell’arteriola efferente con
conseguente mantenimento della pressione di perfusione glomerulare e della VFG.
Praticamente con l’ACE-inibitore si rende “visibile” l’ipoperfusione e quindi l’ipofunzione di un
rene rispetto all’altro che in condizioni basali viene compensata dal RAAS.
Vengono messe a confronto una scintigrafia in condizioni basali (a sinistra) ed una dopo
somministrazione di Captopril (a destra): in condizioni basali i due reni sembrano avere una
uguale funzionalità; dopo somministrazione di Captopril, il rene destro scompare perché viene
a mancare il sistema di compenso del RAAS (anche la curva renografica, del rene di destra,
diventa piatta post-Captopril). L’ipertensione del paziente è, quindi, verosimilmente di origine
nefrovascolare.

Indicazioni all’esame:

● Iperteso < 30 anni;


● Ipertensione improvvisa (con diastolica > 105 mmHg);
● Scarsa risposta alla terapia;
● Viraggio rapido da ipertensione controllabile ad incontrollabile;
● Soffi addominali specie nella regione delle arterie renali;
● Ipertensione in pazienti con patologie vascolari occlusive note;
● Ipertensione ed inspiegato aumento della creatinina;
● Comparsa o peggioramento di una insufficienza renale dopo somministrazione di ACE
inibitori.

Nefro-uropatia ostruttiva: test al diuretico


Ostruzione: “Qualsiasi ostacolo al flusso urinario che, se non trattato, conduca ad un
progressivo danno renale” (Koff 1994).

In passato le ostruzioni delle vie escretrici venivano sempre operate, oggi si tende ad assumere
un atteggiamento conservativo se l’ostruzione tende a risolversi spontaneamente e se non
produce un danno renale. Quindi è importante avere uno strumento per monitorare la funzione
renale nel caso di un’ostruzione all’efflusso per capire, prima di tutto, se ci sia effettivamente
un’ostruzione e poi per capire se questa ostruzione stia provocando un danno renale
progressivo.
Questa è la scintigrafia di un bambino. In fase
di perfusione il rene di sinistra si vede meno
rispetto al destro ed è più grande. Nella fase
corticale si nota come il bacinetto renale di
sinistra sia molto dilatato; ad un certo punto
compaiono delle sfere più luminose che non
sono altro che i calici corticalizzati, ovvero
spinti verso la corticale del rene a causa della
severa idronefrosi. Nella fase di escrezione si
vede come il bacinetto renale di sinistra si
riempia sempre più senza però mai svuotarsi.
Questo è verosimilmente un caso di
ostruzione pieloureterale.
La curva gialla rappresenta l’andamento della
funzionalità del rene di sinistra; la prima linea
bianca rappresenta il momento della
somministrazione di furosemide. In questo
caso il diuretico non ha effetto, indice del fatto che l’ostruzione è abbastanza importante da
giustificare un intervento. Se, invece, il diuretico ha effetto si può adottare un atteggiamento
conservativo nei confronti dell’ostruzione. Il professore mostra il video del caso reperibile sul
sito https://www.unipd.it/nucmed.

Scintigrafia di un altro bambino in cui si


può vedere il rene di sinistra che va in
accumulo nonostante somministrazione di
Lasix. Si attende anche lo svuotamento
vescicale nel caso ci siano variazioni degne
di nota, ma in questo caso non cambia
nulla anche dopo lo svuotamento. Come
nel caso precedente il radiofarmaco è
iniettato su un piedino infatti il bolo arriva
dal basso nelle prime immagini.
Nardelli Mattia
Marin Nicolò
Mustaj Sindi
Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
Questa, invece, è la scintigrafia di un
paziente con insufficienza renale; si vede
come l’attività di fondo sia maggiore perché
il farmaco persiste in circolo. Il calcolo della
VFG (12 ml/min per il rene di sinistra, 19
ml/min per quello di destra) conferma la
presenza di insufficienza.

Questo esame può essere eseguito anche in


pazienti con insufficienza renale grave
perché il radiofarmaco non causa alcun
danno alla funzionalità renale.

Questo è un trapianto in quinta giornata. Si


nota il rene trapiantato in fossa iliaca, a
cavallo dell’arteria iliaca destra. La curva ed
il calcolo della VFG mostrano un’ottima
funzionalità renale, nonostante sia solo la
quinta giornata dal trapianto. L’uretere è
un po’ dilatato. Altra utilità di questo
esame nel caso di trapianto è il poter
indagare la presenza di spandimenti di
urine in peritoneo, che indicherebbe un
problema nell’abbocco uretero-vescicale e
necessiterebbe immediatamente di un
nuovo intervento chirurgico.

Unica nota di questa scintigrafia è la possibilità di


notare un aneurisma aortico.

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Qui, invece, è possibile notare lo stravaso
di urina in peritoneo come una nube
grigiastra che diffonde.

Un altro modo per indagare un problema


nell’anastomosi uretero-vescicale è
controllare la comparsa di radioattività nel
drenaggio peritoneale che si applica al
termine dell’intervento chirurgico.

In quinta giornata il rene trapiantato si


presenta più frequentemente in questo
modo. In questo caso non si tratta di
ostruzione perché non sono presenti
bacinetto o vie escretrici dilatate. Questo
rene presenta una delayed graft function,
probabilmente, a causa dell’ischemia
dovuta al prelievo da cadavere, ha
bisogno di più tempo perché la funzione
renale riprenda. Il rene comunque è ben
perfuso, quindi le anastomosi vascolari
sono andate a buon fine. Se invece ci
fosse un rene completamente freddo, si
tratterebbe di rigetto iperacuto.

Reflusso vescico-ureterale di quarto


grado in fase di svuotamento vescicale
verso il rene destro non funzionante
(non compare). Il rene sinistro è
funzionale tuttavia scarica attraverso un
uretere tortuoso ben visibile, quindi
dilatato.

Anche questo video è reperibile sul sito


https://www.unipd.it/nucmed.

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SCINTIGRAFIA MIOCARDICA
La scintigrafia miocardica è un argomento molto vasto ma che per necessità di tempo verrà
condensato. Bisogna andare a studiare autonomamente la prima parte della lezione reperibile
sul sito web, citato anche in precedenza, riguardante la scintigrafia di primo transito, la
scintigrafia all’equilibrio e con radioindicatori di necrosi acuta. Questi argomenti vengono
tralasciati perché al giorno d’oggi queste tecniche sono usate poco. Viene trattata direttamente
la scintigrafia con indicatori di perfusione.

SCINTIGRAFIA MIOCARDICA CON RADIOINDICATORI DI PERFUSIONE

Si tratta di una metodica nella quale viene somministrato un radiofarmaco già incontrato nella
trattazione della scintigrafia paratiroidea, il MIBI (Metossi-Isobutil-Isonitrile) marcato con
tecnezio, che si distribuisce al miocardio in modo proporzionale alla perfusione miocardica. Può
essere eseguito sia a riposo che sotto sforzo, sia esso ergometrico (si fa correre il paziente su un
tapis roulant o pedalare su una cyclette) o farmacologico (si induce una tachicardia o un
aumento dell’inotropismo con dipiridamolo, adenosina o dobutamina).

Per eseguire l’esame si somministrano dei farmaci in grado di fissarsi al miocardio in modo
direttamente proporzionale al flusso coronarico. È importante dissociare l’aspetto “idraulico”,
ovvero il flusso coronarico puro, dall’aspetto di perfusione miocardica. Quanto il muscolo sia
perfuso e quanto occlusa sia la coronaria sono due aspetti che non sempre sono
completamente collegati, nel senso che fino a che il lume della coronaria non viene occluso per
oltre il 70%, questa non raggiunge una ipoperfusione emodinamicamente significativa. Si
ricorda, a proposito di questo, un famoso studio sui militari diciottenni e diciannovenni
statunitensi morti in Vietnam per la guerra: sezionando le loro coronarie furono trovati in un
numero significativo di casi (40-50%) con stenosi coronariche non significative (lume occluso per
il 30-40%).

Quello che vuole fare questo esame è valutare la perfusione miocardica indipendentemente dal
grado di stenosi coronarica. Per esempio: arriva alla nostra attenzione un paziente con una
coronarografia che riporta una stenosi del 60% però ha dolore toracico. Quant’è l’entità di
ipoperfusione miocardica? Oppure in un paziente con una occlusione dell’80% quanto territorio
è coinvolto da questa ostruzione?

Si usano traccianti di perfusione sia in SPET ( 99mTc-MIBI) che in PET (ammoniaca). Come
tracciante per lo studio del metabolismo si usa invece il 18FDG solo in PET.
Procedura per la SPET: si inietta in una vena periferica
del braccio un totale di 800 MBq di attività sotto forma
di 99mTc-MIBI, che ha una fissazione al miocardio
proporzionale al flusso fino ad un certo livello di
questo; oltre la relazione di proporzionalità si perde.
Tuttavia poiché bisogna studiare delle condizioni di
ipoperfusione, questi radiofarmaci vanno bene
comunque. La SPET, come già detto, viene fatta a
riposo o sotto sforzo. L’esame sotto sforzo richiede il
raggiungimento della frequenza sottomassimale,
ovvero almeno l’85% della frequenza massimale,
calcolata facendo 220-età (es. un paziente di 20 anni ha una frequenza massimale di 200 bpm e
una sottomassimale di 170 bpm). Una volta che il paziente ha raggiunto la frequenza
sottomassimale si inietta il radiofarmaco; il paziente in questo momento sta ancora pedalando,
lo si fa continuare per 1-2 minuti al massimo dello sforzo. Per raggiungere la frequenza sub-
massimale si aumenta la resistenza della cyclette alla pedalata o la velocità del tapis roulant
ogni 3 minuti. Questo è uno schema standard non utilizzabile per gli sportivi, per essi servono
protocolli speciali che aumentino maggiormente carico altrimenti non si stresserebbero mai o
solo dopo molto tempo. Durante lo sforzo sia farmacologico che fisico si registra l’ECG. Questo
esame viene fatto collegialmente dal medico nucleare e dal cardiologo, in ambiente protetto, in
quanto vengono valutati pazienti spesso complessi dal punto di vista cardiologico che possono
avere complicanze durante la procedura a causa dello sforzo eccessivo.

Le immagini si acquisiscono dopo 30-90 minuti, ovvero il tempo necessario affinchè il farmaco si
fissi. Dopo che si è fissato, esso non si ridistribuisce perciò è possibile iniettarlo al paziente con
dolore toracico già in pronto soccorso, lasciar lavorare i colleghi del PS e i cardiologi
(stabilizzazione del paziente, angioplastica) e acquisire successivamente le immagini. Le
immagini così ottenute saranno relative alle condizioni di arrivo, proprio perché il farmaco si
fissa e quindi permette di fotografare la situazione iniziale/in acuto del miocardio del paziente.
Questo è un grande vantaggio in quanto si può andare ad indagare la causa dell’episodio acuto.

Dopo l'esame sotto sforzo si fa trascorrere un giorno e poi si effettua quello a riposo.
Le immagini SPET che si ottengono sono mostrate sopra:

● asse lungo orizzontale con setto, ventricolo destro, parete laterale del ventricolo di
sinistra e apice;
● asse corto con parete anteriore, parete laterale, parete inferiore, setto e ventricolo
destro;
● asse lungo verticale con parete anteriore, inferiore e apice.
Il ventricolo destro si vede poco perché le pressioni contro cui lavora sono molto inferiori
rispetto a quelle del sinistro, con conseguente ipotrofismo e minore spessore di parete. Vedere
bene la parete del ventricolo destro è patologico in quanto segno di ipertrofia ventricolare
destra.

Per quanto riguarda l’irrorazione: la parete anteriore e il setto sono di solito irrorati dalla
discendente anteriore, la parete laterale dall’arteria circonflessa e la parete inferiore dalla
discendente posteriore (che solitamente deriva dalla coronaria destra). Vedere aree ipoperfuse
alla scintigrafia fa dunque pensare a patologie a carico dei corrispettivi rami coronarici. Oltre
all’anatomia normale bisogna comunque considerare le varianti anatomiche. Per esempio
vedere una ipoperfusione della parete inferiore e in parte della inferosettale o della
inferolaterale, deve far pensare a una coronaria destra dominante, che perfonde anche altri
territori.
ASSE CORTO

Questo schema rappresenta il percorso diagnostico che normalmente si intraprende. In prima


giornata si esegue la scintigrafia sotto sforzo con la procedura precedentemente descritta. Se
per esempio si rileva un’area ipocaptante, come nell’immagine in alto, che fa pensare ad
un’ipoperfusione della parete anteriore e di parte del setto si può ipotizzare un problema alla
discendente anteriore. Il giorno successivo il paziente fa l’esame a riposo: posso avere tre
diversi risultati:

1. Perfusione perfetta=scomparsa dell’area ipocaptante: indica che il paziente ha una


ipoperfusione sotto sforzo reversibile a riposo. Questo significa che c’è una stenosi
significativa nel territorio della discendente anteriore ma non tale da dare necrosi a
causa della buona perfusione a riposo. In questo caso è assolutamente opportuno
rivascolarizzare il miocardio per esempio con uno stenting.
2. Ipoperfusione persistente anche a riposo: è indice di infarto (transmurale in questo
caso) del miocardio, in quanto il tessuto necrotico non capta il radiofarmaco. In questo
caso non bisogna rivascolarizzare il miocardio in quanto oltre a essere inutile è anche
dannoso e pericoloso.
3. Necrosi di entità variabile con area di ischemia residua nel territorio miocardico
limitrofo. Questa è la condizione più frequente. In questo caso la riperfusione va
valutata in base a età, comorbidità, volontà del paziente.
Durante l’esame sotto sforzo, se si potesse quantificare la perfusione in ml/min del territorio
ischemico, questa sarebbe maggiore o minore rispetto a quella ottenuta durante l’esame a
riposo? In ogni caso si ha aumento della perfusione del miocardio durante lo sforzo in quanto
c’è vasodilatazione. Alla scintigrafia di un ischemia da sforzo tuttavia ottengo a riposo
un’immagine che fa sembrare il miocardio più perfuso a riposo rispetto che sotto sforzo. In
realtà c’è un problema di normalizzazione nel senso che la strumentazione confronta la
differenza di perfusione tra le coronarie. Esempio: le tre coronarie a riposo hanno tutte la stessa
perfusione di 100 ml/min. Durante lo sforzo due di queste si vasodilatano in modo da
aumentare la perfusione a 200 ml/min, mentre una, quella stenotica, la aumenta solo a 130
ml/min. Poiché il computer riceve un segnale e deve associarlo ad un colore: 130 è minore di
200=area ipoperfusa, essa sarà colorata in blu perché è ipoperfusa rispetto alle altre, ma in ogni
caso l’area colorata in blu sotto sforzo ha maggior perfusione rispetto all’area colorata in rosso
a riposo. L’unico caso molto particolare in cui possiamo avere una scintigrafia falsamente
negativa per cui non si ha differenza fra sforzo e riposo è la stenosi trivasale bilanciata: se tutte
e tre le coronarie sono ugualmente stenotiche il flusso cala in tutte e tre simultaneamente e
con la stessa entità quindi vedrò una perfusione normale in quanto non c’è differenza di
perfusione fra le tre diverse coronarie. Per fortuna questo caso è rarissimo.

Questa (sopra) è la scintigrafia di un cuore ricostruito in 3D. Durante lo sforzo l’area nera
centrale rappresenta una zona ipoperfusa a livello dell’apice. Confrontando le immagini sotto
sforzo con quelle a riposo si riconosce un’area centrale ancora ipoperfusa che corrisponde a
infarto, ma l’area circostante rappresenta una zona ischemica che è recuperabile se si
interviene dilatando le coronarie.

Per andare a meglio rappresentare l’area ischemica da quella necrotica non si usa il 3D ma si
usa una rappresentazione grafica chiamata Bull’s Eye. Bisogna immaginare di schiacciare il
cuore (il ventricolo) su una superficie piana, in modo tale da ottenere un’immagine planare.
Poiché il cuore è approssimabile a un cono, quello che si ottiene è un cerchio nel cui centro c’è
l’apice e come circonferenza la base corrispondente al piano valvolare (in questo caso è
rappresentato solo il ventricolo sinistro). Questo cerchio si può dividere nei territori di
perfusione delle varie coronarie e poi confrontare i Bull’s Eye da sforzo con quelli a riposo,
ottenendo la differenza che consiste nelle aree ischemiche sotto sforzo che riescono a
riperfondersi a riposo. Queste immagini sono chiamate anche immagini parametriche.

Poiché durante l’acquisizione delle immagini si acquisisce anche il tracciato elettrocardiografico,


si ha contemporanea registrazione dell’attività elettrica del cuore e dei fotoni emessi dallo
stesso. Il computer è in grado di associare i dati ottenuti dai due esami e ricostruire un ciclo
cardiaco virtuale. Per esempio si può risalire all’immagine del cuore in telesistole o in
telediastole nonché ad un certo numero di frame durante questo intervallo. Quello che si può
vedere in questo modo è il movimento del cuore con l’ispessimento di parete (video presente
nel sito). Si possono inoltre andare a calcolare le variazioni di volume tra telediastole e
telesistole, calcolando dunque la frazione di eiezione (%).

CORREZIONE PER L’ATTENUAZIONE

Esistono gamma-camere dotate di sistemi trasmissivi, che oltre a ricevere fotoni sono in grado
di emetterli. In questo modo è possibile calcolare l’attenuazione degli stessi prima che arrivino
alla gamma-camera (il miocardio infatti lega e concentra il radiofarmaco, poi emette fotoni
verso l'esterno che devono attraversare una serie di tessuti prima di essere rilevati). Una
paziente con un seno abbondante attenua sicuramente in modo rilevante la radiazione che
deve attraversare uno strato di grasso spesso prima di raggiungere la gamma-camera. In questo
modo si potrebbe creare una falsa immagine di ipoperfusione a causa dell’attenuazione del
segnale. In questo senso può essere utile acquisire un’immagine TC a bassa risoluzione che
permetta di calcolare l’attenuazione, in quanto ci indica lo spessore e il tipo di tessuto (es. osso,
polmone, grasso…) che il fotone deve attraversare. Calcolando i fattori di attenuazione si può
correggere la captazione per l’attenuazione.
Per esempio l’immagine soprastante è di una paziente con una quarta in cui sembra che ci sia
un'ipoperfusione in sede di parete anteriore. Se l’immagine viene corretta essa risulta normale
nella parete anteriore media, ma rimane ipoperfusa nelle zone più apicali. Ci sono dunque una
zona attenuata dalla mammella e una zona veramente ipoperfusa.

Nell’immagine sottostante, invece, ottenuta da un uomo con una pancia prominente, si ha una
falsa ipoperfusione a livello della parete posteriore, che scompare con la correzione per

l'attenuazione.
La prossima lezione sarà tenuta dal prof. Stramare. La scorsa lezione si era arrivati a parlare di
correzione per l’attenuazione, si prosegue il discorso dell’imaging cardiaco.

PET MIOCARDICA
Oltre all’utilizzo di traccianti di perfusione è possibile ottenere una scintigrafia miocardica servendosi di
radiofarmaci marcati con traccianti che emettono positroni; si passa quindi dalla metodica SPET alla PET.

Per il miocardio si usa il 18F-desossiglucosio (uno zucchero marcato con Fluoro 18) perché la frazione di
estrazione, da parte delle cellule miocardiche, del desossiglucosio marcato col fluoro 18 è simile a quella
del glucosio normale.

L’ossidazione del glucosio, nell’individuo sano e lontano dei pasti, contribuisce solo per una percentuale
compresa fra il 20 e il 30% al consumo di ossigeno da parte del miocardio, il resto si basa sul consumo di
acidi grassi. In presenza di glucosio il metabolismo miocardico può shiftare verso il consumo dello stesso
(ciclo di Krebs) quindi se si somministra glucosio si può avere un aumento fino a 3 volte il consumo dello
stesso a spese del metabolismo degli acidi grassi.

Durante un’ischemia miocardica acuta si ha una riduzione della ossidazione degli acidi grassi e un
aumento dell’estrazione e utilizzo del glucosio da parte del miocardio affetto.

In altre parole, l’ischemia determina uno shift del metabolismo cardiaco dall’ossidazione di acidi grassi al
consumo di glucosio. La scintigrafia si serve proprio della rilevazione di questi cambiamenti metabolici.

La valutazione del deficit si basa su una relazione bifasica tra flusso e consumo di ossigeno:

- Se si riduce il flusso (nell’ischemia si ha una riduzione del flusso coronarico) leggermente o


moderatamente il metabolismo ossidativo cala e aumenta l’estrazione di ossigeno e di glucosio;
- Se si riduce il flusso massivamente tanto da arrivare alla necrosi si avrà una riduzione di tutto il
metabolismo, non si consumano né ossigeno né acidi grassi.

In certe condizioni questo cambiamento è importante per rilevare zone sofferenti come, ad esempio, il
miocardio ibernato: in pazienti affetti da CAD (anche senza precedente infarto) si evidenzia
un’aumentata concentrazione di FDG in regioni miocardiche ipoperfuse, questo potrebbe
rappresentare un processo di adattamento metabolico in presenza di persistente riduzione di ossigeno e
substrati, consistente con il concetto di “ibernazione”. È stato dimostrato che i miociti “ibernati”,
caratterizzati da perdita di proteine contrattili e depositi perinucleari di glicogeno, hanno un’aumentata
captazione di FDG.

A parità di alterazioni ecografiche quali ipo- o acinesia (conseguenti a riduzione del flusso), con la
scintigrafia si possono discernere condizioni diverse:

1. Se la porzione di miocardio ipo- o acinetica capta glucosio: significa che è andata incontro ad
una riduzione cronica della disponibilità di ossigeno ma è ancora vitale, vale la pena quindi
intervenire per recuperarla;
2. se la porzione di miocardio ipo- o acinetica non consuma nemmeno glucosio significa che c’è una
riduzione del flusso tale che non vale la pena attuare delle misure terapeutiche per ripristinarlo il
flusso.

Esempio di match perfusione-metabolismo:

Il paziente in questione ha eseguito due studi


PET. La riga di immagini più in basso si
riferisce allo studio della captazione di
glucosio ed evidenzia un’area ipometabolica
(in verde, il rosso indica captazione): nella
quarta immagine da sinistra si vede come il
profilo del ventricolo sinistro sia discontinuo,
significa che la parete anteriore ed il setto
non captano glucosio. Ciò corrisponde
(match P-M) a quanto si vede nella riga di
immagini superiore, ovvero una ridotta
perfusione (colore verde) nell’area
corrispondente al
territorio di perfusione della discendente anteriore (in particolare del tronco comune in quanto sono
coinvolti parete anteriore e setto).

 Si parla di match perfusione-metabolismo perché si ha una corrispondenza tra le due indagini:


l’area che è ipoperfusa è anche ipometabolica; verosimilmente sarà un’area necrotica non
sottoponibile a riperfusione.
Esempio di mismatch perfusione-
metabolismo

In questo caso il metabolismo del glucosio


nell’area indicata dalla freccia è aumentato
(riga di immagini in basso). Confrontandolo
con l’indagine svolta per valutare la
perfusione (riga di immagini sovrastante) si
vede che l’area è ipoperfusa. Il miocardio interessato in questo caso è ipoperfuso ma vitale (infatti capta
glucosio), sarà suscettibile di riperfusione.

Esempio mismatch con indagini pre e post-


operatori: interessa il territorio della
circonflessa il quale è ipoperfuso ma
ipercaptante. Dopo l’intervento si vede
come migliori la perfusione.

Domanda: l’FDG dopo l’intervento non dovrebbe essere tutto verde?

Risposta: Secondo il ragionamento fino ad ora sviluppato il miocardio ibernato aumenta il consumo di
ossigeno e quindi risolvendo l’ibernazione, si dovrebbe avere una riduzione del metabolismo del glucosio.
In questo caso non si ha tale riduzione perché, per valutazioni ai fini dell’intervento, è stato fatto un
carico di glucosio per os con somministrazione di insulina via flebo per il raggiungimento dello steady
state: viene consumato tanto glucosio quanto ne viene somministrato con lo scopo di valutare
l’omogeneità del consumo. Nota bene: se si somministra glucosio ad un miocardio sano questi lo
consuma in maniera casuale con un pattern “patchy”.

SIGNIFICATO CLINICO DELL’IPERCAPTAZIONE DI FDG


Il quadro di una regione miocardica ipocinetica e normo- o ipo-perfusa, con aumentata captazione di
FDG, rappresenta un indice di potenziale reversibilità della disfunzione cardiaca?
Ci sono stati studi numerosi studi retrospettivi e prospettici che hanno dimostrato concordemente che
se in pre-operatorio si hanno:

- Cinetica ridotta;
- Perfusione normale/ridotta;
- Metabolismo del FDG aumentato.
Allora la cinetica post- operatoria migliora; viceversa se la cinetica, la perfusione e il metabolismo del
FDG pre-operatori sono ridotti, la cinetica post- operatoria sarà invariata, ovvero è inutile
rivascolarizzare.

Il quadro “captazione di FDG in miocardio ipoperfuso” è attualmente considerato il “gold standard” di


vitalità miocardica e ipofunzionalità contrattile reversibile. Quando c’è un dubbio di miocardio ibernato
questa metodica è il massimo che si possa attuare per dirimere la questione. Non si esegue in tutti i
pazienti, è un esame considerato di secondo/terzo livello quindi vi si ricorre se l’ecografia con stimolo, la
scintigrafia miocardica con la SPECT e la risonanza non chiariscono i dubbi.

Valore prognostico a breve e medio termine

Studio: 317 pazienti con cardiomiopatia ischemica e FE media del 30%, sottoposti a bypass coronarico,
hanno evidenziato che le complicanze peri-operatorie erano minori in chi aveva vitalità all’esame
metabolico con FDG-PET e viceversa chi non aveva vitalità andava incontro a maggiori complicanze peri-
operatorie. Si passa dall’1 al 17% di mortalità
perioperatoria. La rivascolarizzazione non è sempre un
bene perché se si riperfonde un territorio necrotico si
possono verificare complicanze nel territorio stesso.

Valore prognostico a lungo termine

Un altro studio confronta la sopravvivenza a 5 anni dopo coronarografia in due gruppi: uno con
MISMATCH perfusione-metabolismo (ovvero con aumentato consumo di glucosio in area ipoperfusa),
uno con MATCH. Nel gruppo MISMATCH la sopravvivenza è maggiore.

Questo indica che l’imaging perfusione-metabolismo è un importante ausilio per valutare il “rischio
cardiaco” e orientarsi verso un trattamento chirurgico o medico.

L’inclusione dei criteri PET rappresenta un valido ausilio nella scelta del protocollo terapeutico più
opportuno nel paziente infartuato:

- MATCH P-M: terapia medica o trapianto;


- MISMATCH: rivascolarizzazione.
Termina la lezione sul cuore e procede col sistema scheletrico.

SCINTIGRAFIA OSTEOARTICOLARE
È una delle metodiche di imaging medico nucleare più comunemente richieste da specialisti e medici di
medicina generale. Sfrutta la caratteristica di alcuni radiofarmaci di concentrarsi nell’osso in modo
proporzionale alla vascolarizzazione (più è vascolarizzato e più si fissa), alla attività osteoblastica (tanto
maggiore è e tanto più si fissa il radiofarmaco) e all’attività dell’ortosimpatico (idem come gli altri).

Permette, quindi, di valutare il grado di attività metabolica dello scheletro e di riconoscere qualsiasi
lesione che provochi un’alterazione distrettuale del turnover metabolico dell’osso. Permette
l’esplorazione contemporanea di tutti i distretti scheletrici, in breve tempo, con bassa irradiazione e con
elevata sensibilità diagnostica, si ottiene la rappresentazione dal vertice del capo ai piedi. Altri vantaggi
non trascurabili sono la semplicità di esecuzione, la non invasività e il basso costo.

Praticamente si inietta il tracciante da un accesso venoso brachiale, si attendono 3 ore per ottimizzare il
segnale rumore e si procede con l’acquisizione delle immagini. Siccome la dose somministrata è uguale
per qualunque tipo di immagine si voglia ottenere, si procede sempre con l’acquisizione di tutto il corpo
anche se la richiesta del medico curante è per una scintigrafia segmentale.

Si sfrutta un difosfonato marcato con tecnezio che viene somministrato al pz in ev. Non serve il digiuno
ma una buona idratazione, ciò permette la riduzione del fondo più rapida attraverso la minzione durante
l’attesa. La minzione frequente permette anche di evitare la permanenza del radiofarmaco in vescica. Le
3 ore sono necessarie per permettere la massima concentrazione del farmaco nell’osso e la riduzione
della radioattività in circolo e nei tessuti molli “fondo”.

Tecniche di acquisizione

Si possono eseguire:

- Scintigrafia totale corporea (“whole body”): consiste nell’acquisizione delle immagini dell’intero
apparato scheletrico per mezzo di una scansione del paziente nelle proiezioni anteriore e
posteriore dopo 2-3 ore dall’iniezione, eventualmente seguita dalla acquisizione di immagini in
dettaglio;
- Scintigrafia segmentaria: consiste nell’acquisizione di immagini planari statiche, in più proiezioni,
relative ad un solo distretto scheletrico. Ad esempio, ad un paziente con artrite reumatoide si
esegue una segmentaria delle mani.
Nardelli Mattia
Marin Nicolò
Mustaj Sindi
Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
Esempio di scintigrafia e del macchinario. Le macchie
nere nell’immagine rappresentano metastasi ossee
da k mammella.

Le metodiche moderne sono fornite di due testate


più grandi di quelle vecchie e che passano sopra e
sotto al paziente in modo che con un’unica passata si
abbia lo studio in anteriore e posteriore completo.

La metodica è talmente sensibile da evidenziare


autocontaminazione nel senso che sono visibili
macchie da urina nel vestiario.

La scala dei grigi può variare perché matematicamente l’immagine è una matrice cioè 1024 x 256
quadratini dentro ognuno dei quali vi è un numero che esprime quanti fotoni sono presenti in quel
punto durante l’acquisizione dell’immagine. Essendo delle matrici è quindi possibile filtrarle, sottrarle,
ridurle, ingrandirle, interpolarle, ecc. le matrici sono rappresentante tramite trasformazione dei valori
numerici in scale di colori (generalmente in scale di grigi) secondo determinati cut-off es da 0 a 10
bianco, da 10 a 20 grigio chiaro ecc. La matrice numerica viene quindi trasformata in un segnale che sia
intellegibile.

La scintigrafia trifasica è un’altra metodica e prevede 3 fasi:

1. Prima fase (perfusoria): contemporaneamente alla somministrazione del radiofarmaco viene


acquisita una serie di immagini sequenziali, per evidenziare il primo transito del radiofarmaco
nel distretto esplorato. Il paziente è disteso, serve a valutare il flusso;
2. Seconda fase (all’equilibrio ematico): 3-5 minuti dopo l’iniezione viene acquisita l’immagine
relativa alla distribuzione del radiofarmaco nella circolazione sanguigna e negli spazi
extracellulare;
3. Terza fase (tardiva): 2-3 h dopo l’iniezione si acquisisce l’abituale scintigrafia corporea totale o
segmentaria.
Quindi alla terza fase, corrispondente alla scintigrafia standard si aggiungono le prime due.

Esempio di una perfusione del piede minore rispetto


al controlaterale. Nelle immagini del primo transito
cominciano a comparire i vasi ed il profilo di uno dei
due piedi nel secondo frame: nel piede destro la
perfusione è
aumentata.

79
Seconda fase: la distribuzione tra il terzo e il quinto minuto (precoce) è aumentata in uno dei due piedi,
in particolare nel tarso.

Nella fase tardiva si vede che nel piede che aveva avuto un aumento di perfusione e captazione e
precoci compaiono delle captazioni tardive al livello del tarso e dell’articolazione tibio-tarsica. In alcune
patologie la definizione del flusso è importante: ad esempio nell’osteoma osteoide, per distinguerlo da
qualcosa di più inerte, si hanno perfusione e captazione aumentate in fase precoce e tardiva.

Fin qui si parlava di immagini planari: sia la gamma camera che il paziente sono fermi. È possibile far
ruotare la gamma camera attorno al paziente ottenendo un volume dal quale si possono ottenere
sezioni coronali, sagittali e trans-assiali attraverso le quali la localizzazione di alcune lesioni è semplificata
(generalmente per lesioni non visibili nelle planari).

Dalle slide

SPET (tomoscintigrafia)

Consiste nell’acquisizione di immagini tomografiche relative ad uno o più distretti scheletrici, mediante
l’impiego di una gamma camera tomografica. Tale metodica, pur non migliorando la risoluzione
spaziale, aumenta il contrasto delle immagini, facilitando il riconoscimento e la localizzazione di
eventuali lesioni, specie se interessanti la colonna vertebrale o le grosse articolazioni (spalla, anca,
ginocchio).

Esempio: pz inviato per dolore lombare, si


evidenzia ipercaptazione a livello di L5 2.Per
valutare se capta il corpo o la faccetta (utile
perché hanno un diverso peso diagnostico) si
confronta la proiezione anteriore con la
posteriore. In questo caso si vede che capta nel
corpo.

2
le vertebre si contano a partire dall’ultima coppia di coste, sapendo che è articolata con T12.

80
MIP: maximum intensity projection ovvero proiezione di massima intensità. Consiste nel definire un
volume di uno spessore elevato e di ottenere mediante l’applicazione di un algoritmo un’unica
immagine bidimensionale, dove vengono rappresentati solamente i punti con il valore Hounsfield più
elevato. 3

Esempio di captazione nella faccetta articolare.

Informazioni fornite dalla scintigrafia ossea

L’indagine fornisce la mappa della distribuzione del radiofarmaco nello scheletro evidenziando il grado
di attività osteoblastica per mezzo di variazioni cromatiche proporzionali alla radioattività regionale
(l’immagine sarà più bianca in corrispondenza dei punti con maggiore attività osteoblastica). Presenta
elevata sensibilità diagnostica, permette infatti di riconoscere alterazioni del metabolismo osseo
distrettuale in fase pre-radiologica. Infatti, perché una lesione ossea possa essere evidenziata con un
esame radiologico tradizionale, è necessaria una riduzione del contenuto di calcio superiore al 35-40%
mentre con la scintigrafia si evidenziano variazioni di densità anche solo del 3% È talmente sensibile che
negli studi sui maltrattamenti in pediatria è possibile individuare le lesioni ossee già a 6 mesi dalle
percosse. Contemporaneamente questo significa poca specificità perché qualunque condizione che
aumenti l’attività osteoblastica provoca un’iperconcentrazione del radiofarmaco.

Per discriminare tra il maltrattamento infantile ed esiti di traumi di altro genere bisognerà, quindi,
mettere insieme tutti i reperti riscontrati: in questo modo, potendo anche ricorrere alla consulenza di
specialisti in medicina legale, si otterrà un quadro generale specifico.

3
http://www.simoneperandini.com/mip_minip/mip-minip-tc-rm.html
Questo vale anche in campo oncologico: se, per esempio, alla scintigrafia di una paziente che si
sottopone all’esame per la ricerca di metastasi in carcinoma mammario si osservano tre captazioni
costali allineate tra loro, in tre coste successive, in primo luogo bisogna ipotizzare che le lesioni siano
fratture. Quindi, si dovrà chiedere alla paziente se ha recentemente subito dei traumi (anche se questa
informazione dovrebbe già essere fornita dal medico richiedente la scintigrafia).

A sinistra, la scintigrafia scheletrica di un


bambino: rispetto all’adulto, si nota la
captazione a livello delle cartilagini di
accrescimento, in quanto queste sono le sedi di
maggiore attività osteoblastica. È assolutamente
normale, ed anzi importante, vedere questa
captazione a livello di tutte le cartilagini di
accrescimento. Tipica dell’osteomielite che
colpisce le estremità distali dell’omero e del
femore, ad esempio, è la scomparsa alla
scintigrafia di una delle cartilagini di
accrescimento: questo è il segno che a quel
livello l’attività osteoblastica si è fermata e che
probabilmente l’arto non si svilupperà
normalmente.

In base alla captazione ossea si può anche determinare l’età del bambino: si deve fare riferimento ad
atlanti che, per ogni classe di età, descrivono la normale distribuzione delle cartilagini.

I pazienti spesso chiedono se questo esame "fa male”.


La procedura prevede un'iniezione in vena antecubitale e, nella maggior parte dei casi, non ha
effetti collaterali.
L'MDP può dare sporadicamente reazioni allergiche, che possono consistere in rash cutanei,
risolvibili con cortisone o antistaminici.
La dose ricevuta dal midollo è molto bassa. Quella ricevuta dai reni, dalle gonadi e dal corpo in
generale è bassa.
La dose più alta è ricevuta dalla vescica, soprattutto se il paziente non minge. Per questo
motivo il paziente va idratato, sia dal medico che richiede l’esame sia dal medico nucleare
durante il tempo di attesa della procedura. Lo scopo dell’adeguata idratazione, seguita da una
minzione ogni due ore, è di ridurre la dose che si accumula in vescica e quindi l'attività che
tende a concentrarsi qui.

La scintigrafia osteoarticolare si richiede per:


- La stadiazione delle neoplasie maligne che possono dare metastasi scheletriche: in
particolare, quindi, per il tumore della mammella e della prostata. Secondariamente, si
richiede anche per il tumore dello stomaco, per il microcitoma e per altri
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Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
- La valutazione di risposta alla terapia
- La localizzazione dei siti da biopsiare: ad esempio, si esegue su un paziente
plurimetastatico a livello scheletrico per ricercare un sito captante, e quindi attivo, da
biopsiare
- La valutazione delle neoplasie primitive dell'osso
- La diagnosi di flogosi scheletrica (es. osteomielite)
- La valutazione di dolore osseo di origine sconosciuta
- Lo studio della perfusione e della vitalità ossea (quando l’ortopedico impianta matrice
ossea inerte, dopo un po’ questa si popola di osteoblasti e comincia a captare)
- Il follow-up delle artroprotesi, per rilevarne l’eventuale mobilizzazione
- La ricerca di fratture occulte, non dimostrabili radiologicamente.
(A volte si fanno scintigrafie scheletriche su sportivi di alto livello per vedere eventuali
microfratture e mettere i pazienti a riposo tempestivamente).
- La valutazione del danno post-traumatico o la ricerca di lesioni da maltrattamento
infantile, come riscontro medico-legale.

A seguire alcuni reperti scintigrafici esemplificativi:


A destra, si osserva un encondroma (tumore benigno) a livello del femore.
Le immagini sono aspecifiche: non è possibile definire la natura della lesione ipercaptante. La
diagnosi precisa si può ottenere solo tramite l'istologia.

A sinistra, un osteoma osteoide dell'astragalo (sede un


po' inusuale per questo tipo di tumore benigno).
All'immagine scintigrafica esso appare uguale
all'encondroma.

Sarcoma di Ewing4: si potrebbe scambiare per un


encondroma, considerando solo il reperto scintigrafico.
Per la diagnosi differenziale, ancora una volta, ci guida il
reperto istologico.

4
Tumore di Ewing: si intende una famiglia di forme tumorali che provengono da cellule staminali indifferenziate di
origine mesenchimale o neuroectodermica. Sono tumori ch e possono insorgere a tutte le età, ma si manifestano
prevalentemente nei bambini e nei giovani adolescenti.
La maggior parte dei tumori di Ewing si sviluppa nelle ossa, inparticolare in quelle del bacino, della regione toracica
delle gambe. (da airc.it)
e
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Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
Il dato molto importante fornito dalla scintigrafia ossea è la localizzazione della lesione.

Il paziente della scintigrafia a sinistra presentava dolore


all'arto inferiore destro ed un RX negativo. Al reperto
scintigrafico si riscontra un'anomalia certa all'arto, anche
se di natura non definibile.
In questo osteosarcoma anche i tessuti molli captano,
perché c'è stato un sanguinamento in sede di neoplasia,
con conseguenti calcificazioni, attivazione osteoblastica ed
attività di flusso nel muscolo. Questi aspetti si rendono
visibili anche alla scintigrafia ossea.

A destra, un osteosarcoma di femore: non ha una definizione anatomica molto precisa, ma con
gli strumenti più moderni si comincia ad avere una buona definizione della corticale, della
porzione centrale necrotica, si rileva una pseudoartrosi. Si ha un dettaglio anatomico piuttosto
buono.

Osteosarcoma della fibula distale. Come si può


osservare, la scintigrafia scheletrica viene sempre
fatta in maniera panesplorante (whole body).

Si osservano
metastasi di
carcinoma
della prostata
nella
sincondrosi
sacroiliaca
sinistra,
nell'ala iliaca
destra, nel
sacro, nelle vertebre e nelle coste.
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Mustaj Sindi
Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
Per la stadiazione del tumore della prostata e della mammella si prevede sempre, prima o poi,
un esame scintigrafico.

Domanda: Dalla scintigrafia si riesce a capire se una metastasi ossea è osteolitica oppure
osteoaddensante?
Risposta: Questa caratteristica non si riesce a capire dalla scintigrafia, ma, normalmente, le
lesioni che captano di più sono quelle che inducono attività osteoblastica. Di conseguenza,
nell'osteolisi pura, quando non c'è più attività osteoblastica, si potrebbe perdere la captazione. Il
fatto di non vedere più captazione significa che non c'è più attività osteoblastica e che la lesione
è diventata inerte (quindi non presenta nemmeno flusso e captazione). Per capire bene se una
lesione è osteolitica o osteoaddensante bisogna fare un esame radiologico, come la TC.

A sinistra, un’immagine scintigrafica in carcinoma


della mammella. (NB: la captazione a livello delle
ginocchia è data dalla presenza delle patelle. Non
si tratta di metastasi.).

Il mesotelioma rappresentato a sinistra ipercapta alla


scintigrafia per due motivi: perché presenta calcificazioni
ed attività osteoblastica intrinseca ed anche perché,
avendo invaso la parete toracica, stimola l'attività
osteoblastica a livello delle coste.

Microcitoma polmonare: un altro esempio di tumore che


può dare metastasi ossee.

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Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
Superscan: potrebbe capitare di leggere, in un referto di scintigrafia, la dicitura "esame
compatibile con superscan".
Questo significa che il paziente presenta una metastatizzazione diffusa massiva a livello
scheletrico. Come si può osservare dall’immagine, lo scheletro perde in parte la captazione
distale ed ha, invece, una captazione molto intensa a livello assile: ci sono talmente tante
piccole metastasi, da non essere più visibili distintamente. Non si vedono i reni, perché tutto il
farmaco viene captato dallo scheletro e dalle metastasi.

Valutazione di protesi d'anca: la protesi è in


titanio, quindi è fredda e non si vede alla
scintigrafia.
Nell’arto di sinistra, osserviamo una protesi
che non si muove e che, quindi, non capta. A
destra, invece, la protesi è mobile: capta
maggiormente nella punta dello stelo
protesico, il quale, muovendosi nel canale
midollare, tocca l'osso e induce l’attività
osteoblastica, e capta molto anche in zona
trocanterica, poiché anche qui la protesi
stimola l'attività osteoblastica. Se si osserva
captazione in queste sedi, si può definire la protesi come mobile e bisogna intervenire (con la
sostituzione, il fissaggio, o altre modalità).

Protesi di ginocchio: il titanio è freddo, non captante. In


questo caso capta il piatto tibiale, perché la protesi si
sta muovendo e stimola a questo livello l’attività
osteoblastica. (Il professor Bui, nella lezione dell’anno
scorso, diceva, invece, che quest’immagine mostra una
protesi di ginocchio sostanzialmente sana, in cui si
evidenzia l’area ipocaptante data dalla protesi e una
zona di ipercaptazione, che è però simmetrica e quindi
non patologica).

A sinistra, fratture da stress in un pallavolista di serie A:


sono invisibili all'RX ma visibili alla scintigrafia, grazie
alla sensibilità di quest’ultima metodica.

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Mustaj Sindi
Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
L'osteomielite è un'infezione e infiammazione
dell'apparato osteo-articolare, che riguarda al
contempo l’osso e la relativa cavità midollare.

Alla trifasica l’osteomielite del calcagno


presenta un aumentato flusso: si osserva un
piede molto più perfuso dell'altro. In fase
precoce di blood pool (acquisizione statica) è
aumentata la captazione, cioè il passaggio tra
la fase vascolare e quella extracellulare. La
maggiore captazione si mantiene anche in
fase tardiva.

Qualche anno fa, i medici nucleari si sono accorti che, in alcuni pazienti che eseguivano la
scintigrafia scheletrica, si osservava una captazione miocardica. Per molto tempo questa
captazione è stata correlata statisticamente allo scompenso cardiaco. Ad oggi si sa che essa
costituisce un marker molto sensibile di Amiloidosi cardiaca, da transtiretina, o AL, la quale può
poi effettivamente portare allo scompenso cardiaco.
L'unico altro esame sensibile e specifico per l'Amiloidosi cardiaca è la biopsia miocardica, molto
più invasiva rispetto alla scintigrafia. Attualmente, la scintigrafia con la finalità di indagare
l’Amiloidosi cardiaca è ancora un'indicazione off-label, molto specialistica. Tuttavia, entrerà
probabilmente a breve nelle indicazioni ufficiali, essendo vantaggiosa rispetto alla biopsia per la
sua ridotta invasività.

RICERCA DEL LINFONODO SENTINELLA


Il linfonodo sentinella è il primo linfonodo che
drena una neoplasia, indipendentemente dal fatto
che sia o meno neoplastico. Se si riscontra
negatività del linfonodo sentinella (cioè se esso
risulta non metastatico), essendo questo la prima
stazione di drenaggio della neoplasia, si può
ritenere altamente probabile l’assenza di metastasi
linfonodali: il chirurgo, dunque, non esegue lo
svuotamento linfonodale. Se questo linfonodo,
invece, risulta positivo, si effettua lo svuotamento

linfonodale (che, per quanto riguarda il carcinoma


mammario, è a livello ascellare).
Una modalità per cercare il linfonodo sentinella è quella
scintigrafica: si inietta un radiofarmaco capace di
distribuirsi attraverso il sistema linfatico tutto attorno

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alla neoplasia (nei quattro punti cardinali attorno all’area interessata, per coprire idealmente
tutte le vie linfatiche interessate). Il farmaco, distribuendosi tramite il sistema linfatico, prima
evidenzia il linfonodo sentinella e, solo successivamente, anche le altre stazioni linfonodali.
Attenzione: il criterio di distanza non è ottimale per stabilire quale sia il linfonodo sentinella, in
quanto alcune volte questo risulta più lontano dalla neoplasia rispetto ad altri linfonodi.
Dopo aver visualizzato l'immagine, si sovrappone all'area di captazione una penna dotata di
radioattività sigillata nella punta. Una volta identificato il linfonodo, si disegna sull'area di cute
soprastante ad esso una croce e vi si applica un cerotto. La procedura per trovare il linfonodo
sentinella si esegue il giorno prima o poche ore prima dell'intervento, perché deve esserci un
po' di radioattività residua in sala operatoria.
Il chirurgo ha altri due strumenti disponibili in sala operatoria: il probe, cioè una sonda con
segnale visivo ed acustico, oppure delle piccole gamma camere, che permettono di vedere il
linfonodo in sede operatoria. Per quanto riguarda il probe, questo emette un suono quando
avvicinato al linfonodo sentinella. Una volta riconosciuto il linfonodo, il chirurgo lo preleva, lo
mette in banco, torna in campo operatorio e controlla che non ci sia più segnale. In questo
modo, è sicuro di aver rimosso il linfonodo sentinella che gli è stato indicato.
Dopo la rimozione, il chirurgo passa il linfonodo al citologo, che esegue un’estemporanea e verifica la
presenza di metastasi: se le metastasi sono presenti (linfonodo non pulito), il chirurgo può procedere ad
un intervento di svuotamento linfonodale radicale; se, invece, non sono presenti (linfonodo pulito), il
chirurgo esegue l’enucleazione del tumore e non lo svuotamento completo.

Lo studio del linfonodo sentinella, quindi, riduce gli svuotamenti linfonodali inutili.

L’esame istologico completo richiede una settimana, e con i risultati si può decidere il percorso
terapeutico adeguato al paziente.

Le principali categorie di tumore per cui la ricerca del linfonodo sentinella è largamente usata a livello
clinico sono:

- Carcinoma della mammella


- Melanomi: nei melanomi è una procedura utile, dato che i percorsi linfatici possono essere poco
intuitivi e una guida radiologica aiuta enormemente il chirurgo in sala.
- Carcinomi delle paratiroidi
- Carcinomi del pene e della vulva
- Carcinomi dell’oro-faringe, in questo caso con un nuovo radiofarmaco recettoriale (un anticorpo
che si lega ad un antigene presente sulla superficie delle cellule linfonodali – il professore non ha
approfondito ulteriormente l’argomento-).

TERAPIA RADIOMETABOLICA

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Nardelli Mattia
Marin Nicolò
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Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
-
La beta è una particella dotata di massa ed
energia di una certa entità, che vengono disperse
in un percorso biologico molto breve, intorno ai 5
mm. Nel frenamento, la particella trasferisce la
sua energia al tessuto circostante, ionizzando gli
atomi che incontra. Il fatto che induca la
formazione di radicali liberi e danneggi i tessuti
con cui viene a contatto viene sfruttato a scopi
terapeutici.
Il radioiodio (131I), ad esempio, viene impiegato per
la terapia degli ipertiroidismi, causati dal morbo di
Graves e dall’adenoma di Plummer ma
anche dal carcinoma tiroideo differenziato (ancora capace di produrre ormoni tiroidei e, quindi,
di concentrare lo Iodio131). Il carcinoma tiroideo indifferenziato perde il simporto Na +/I-, quindi
anche la capacità di concentrare 131I, e non può più essere trattato con questo radiofarmaco.

RADIOFARMACI RECETTORIALI
Un esempio importante di radiofarmaco recettoriale è l'octreotide marcato con Ittrio 90 (un altro beta-
emittente), oggi utilizzato nella terapia peptide/recettore (PRRT: peptide receptor radionuclide therapy)
dei tumori neuroendocrini in caso di neoplasie neuroendocrine diffuse o inoperabili.

Un altro esempio è la 131I-MIBG (metaiodobenzilguanidina), usata nel trattamento dei neuroblastomi


pediatrici: essa si concentra in questi tumori portando con sé lo Iodio 131, che distrugge il neuroblastoma
(con efficacia buona ma non sempre completa).

ANTICORPI MONOCLONALI
Impiegati in oncologia (come checkpoint inhibitors), si possono usare anche in forma marcata
con un beta- emittente, diretti contro un epitopo specifico. Permettono di colpire un target
molecolare molto preciso. Individuato un recettore che venga espresso possibilmente solo dal
tumore (caratteristica abbastanza rara), con questi anticorpi è possibile indirizzare la terapia
radiometabolica solo alla lesione tumorale.

A sinistra: adenoma autonomo della tiroide.


Dopo un anno dalla prima scintigrafia si è risolto
ed il restante parenchima tiroideo,
precedentemente soppresso, è ricomparso.
Successivamente, è comparsa una recidiva di
patologia (evento piuttosto raro), che si è
potuta trattare somministrando un’ulteriore
dose di terapia.

89
Carcinoma follicolare: si osserva una captazione tiroidea ma anche una captazione diffusa per la
presenza di metastasi ossee.

Nelle neoplasie differenziate della tiroide si somministra lo Iodio 131 con due finalità: quella di
ablare il residuo che il chirurgo non riesce ad eliminare (perché, ad esempio, per eliminarlo
completamente dovrebbe sacrificare anche le paratiroidi) e quella di distruggere le metastasi.

NB: le immagini scintigrafiche mostrate sono state ottenute perché questo radiofarmaco, solo
quando utilizzato a fini terapeutici, può essere sfruttato in diagnostica. Se lo usassimo in
assenza di patologia da trattare, distruggeremmo la tiroide iatrogenicamente.

Nelle figure in basso, metastasi polmonari ed epatica diffuse di carcinoma papillare: dopo la
terapia, risulta un quadro polmonare risolto ed un quadro epatico limitato, suscettibile di
terapia chirurgica.

Tutta la micro metastatizzazione polmonare è stata risolta ed è rimasta solo una grossa
metastasi all'apice polmonare. Il quadro metastatico di questo paziente non si sarebbe potuto
risolvere se non utilizzando un target molecolare, data l’estensione delle lesioni polmonari. Una
volta trattate le micro metastasi, si può indicare al chirurgo toracico o al radioterapista di
eliminare la sola zona metastatica limitata rimanente.

I radiofarmaci vengono usati anche per la terapia palliativa delle metastasi ossee: in particolare
associati allo Stronzio e, da un paio d'anni, anche ad un alfa emittente, il 223Radio.
Xofigo (si pronuncia “sofìgo”), 223Radio dicloruro, si utilizza per trattare le metastasi ossee
resistenti. Si usa l'alfa e non il beta emittente perché il primo ha una massa ancora più grande
del secondo ed un range ancora più piccolo, perciò è meno pericoloso per l’irradiazione delle
persone vicine. L'alfa emittente non ha emissioni gamma, perciò quello che si inietta rimane nel
paziente e dà grande distruzione in una piccola escursione (di millimetri).

90
ZEVALIN: anticorpo monoclonale anti-CD20
creato qualche anno fa. È rivolto contro CD20
(epitopo presente sulla superficie dei linfociti
CD20+ dei linfomi) ed è coniugato all’Ittrio, un
beta- emittente. Con questo farmaco si può
colpire il linfoma con un range di 5 mm.
Costituisce una terapia di seconda linea
rispetto alla chemioterapia e viene
somministrato in day hospital.
Dalla sbobina dell’anno scorso: lo Zevalin è un
autoanticorpo utilizzato nel trattamento dei
linfomi non Hodgkin, compresi quelli che non
rispondono al trattamento con Rituximab, dando un significativo miglioramento della sopravvivenza. Né
Zevalin, né Xofigo sono farmaci “curativi”, possono aumentare la sopravvivenza e la qualità della vita di
un paziente, ma non curano la malattia.

Anche per i tumori neuroendocrini c'è la possibilità di utilizzare la terapia radiometabolica,


sfruttando DOTA derivati, marcati con Ittrio o Lutezio (isotopi beta - emittenti), che si
concentrano nelle neoplasie neuroendocrine.

A seguire, un caso pubblicato dal professore sul Journal of Clinical Oncology qualche anno fa.
Si tratta di un ragazzo di 25 anni con alle spalle già tre interventi neurochirurgici per dei
paragangliomi intravertebrali (molto rari, ci sono 7-8 casi descritti al mondo), che alla PET-CT
con 68Ga-DOTANOC appaiono come delle palline rosse.

L’immagine più a destra è,


appunto, diagnostica: il Gallio, che
si fissa ai recettori della
somatostatina, evidenzia masse
intratecali, cervicali, dorsali,
lombari. Mancano delle faccette
articolari.
Gli interventi chirurgici sono stati
svolti con finalità decompressiva
rispetto al midollo spinale, ma poi
nel tempo le masse si sono
riformate ed i chirurghi hanno
ritenuto non più possibile
operare. Essendo neoplasie che esprimono i recettori per la somatostatina, si è pensato che
potessero essere suscettibili alla terapia radiometabolica. È stato quindi somministrato il
Lutezio (beta-emittente).
L’immagine di terapia è quella con Lutezio. Il farmaco terapeutico è andato a concentrarsi nelle
stesse zone dove si è fissato quello diagnostico. Questa è la “teranostica”5, cioè la diagnostica
con terapia: si utilizza la stessa molecola marcata con due isotopi diversi, uno in diagnostica e
uno in terapia, per essere sicuri che la terapia colpisca gli stessi punti evidenziati dalla
diagnostica.
A sinistra, risonanze pre- e post-terapia: pur
essendo rimaste delle lesioni piccoline, molte
sono scomparse ed altre si sono ridotte
notevolmente. Il risultato è che il paziente ha
ricominciato a camminare e da cinque anni
deambula senza aver più avuto bisogno di
interventi chirurgici.
Il problema potrà esserci quando,
eventualmente, si presenterà l'ennesima
recidiva, perché il ri-trattamento con questi
farmaci si assocerà a problemi di
radioprotezione.
La terapia metabolica è importante perché può
dare un buon effetto terapeutico in casi anche
molto complicati, come questo, dove la
radioterapia non potrebbe essere sfruttata.

Essendo la PET-TC con 18F-FDG un esame ampiamente utilizzato, alla fine della lezione il Professore
propone un esempio di utilizzo comune di tale tecnica.

PET-TC – Cancro del Polmone

5
La medicina nucleare è stata la disciplina in cui il termine “teranostica” è stato coniato. Questa disciplina include
numerose sostanze che, sia da sole sia in coppia, possono essere usate a scopo diagnostico ed anche terapeutico:
molecole marcate con isotopi gamma o positrone emittenti per la diagnostica possono essere marcate anche con
isotopi alfa o beta- emittenti per la terapia. Tali sostanze possono essere dei ligandi di recettori presenti sul
bersaglio da trattare o sostanze, come lo iodio, che sono internalizzate dal bersaglio tramite processi metabolici.
Mediante questi meccanismi è quindi possibile sia localizzare i tessuti patologici con le immagini sia distruggerli
con dosi elevate e mirate di radiazioni.

(da Wikipedia)
Cenni sulla neoplasia polmonare
Il carcinoma polmonare rappresenta una delle più frequenti neoplasie:

 Ha una incidenza di 250.000 casi/anno


 E’ in aumento soprattutto nel genere femminile
 Rappresenta la principale causa di morte per cancro nei paesi industrializzati.
 La sopravvivenza a 5 anni è inferiore al 10% e presenta una mortalità di 35.000 casi/anno
Esistono due grandi famiglie di carcinoma
polmonare:
- SCLC (Small Cell Lung Cancer) ha una origine
neuroendocrina, generalmente a partire dal
sistema APUD bronchiale (da cellule di
Kulchitsky). E’ un tumore estremamente
aggressivo (tempo di raddoppiamento medio
di 50 giorni circa), tant’è che spesso alla
diagnosi risulta essere già disseminato.
Risponde bene alla terapia sia radio che
chemio.

- NSCLC (Non Small Cell Lung Cancer)


corrisponde alla maggior parte delle neoplasie polmonari (intorno al 70%), ha una origine epiteliale
e, seppur presenti un comportamento decisamente meno aggressivo rispetto al precedente
(tempo di raddoppiamento di circa 180 giorni), risulta poco sensibile alle terapie standard.

- Forme miste forme decisamente più rare

Nella lezione si tratterà in particolare del NSCLC per il


quale è possibile utilizzare la PET con 18F-FDG.
Ne esistono 3 forme:
 Squamocellulare: deriva all’epitelio dei
bronchi di medio e grosso calibro ed è tipico
dei fumatori. Se non è disseminato in genere
ha una buona prognosi
 Adenocarcinoma: deriva dalle componenti
ghiandolari, presente anche nel non
fumatore.
 Carcinoma a grandi cellule: deriva
solitamente dai bronchioli. Può anche esprimere marcatori neuroendocrini, quindi
potenzialmente si potrebbero utilizzare anche altri tipi di radiofarmaci specifici.

Per la STADIAZIONE dello NSCLC si utilizza il metodo TNM, dove:


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 T = ossia il tumore primitivo che in base all’estensione, alla localizzazione e al coinvolgimento di
altre strutture definiamo può essere classificato come T1, T2, T3 o T4.

 N = coinvolgimento linfonodi locoregionali.

Quelle mostrate a lato nella slide sono


le stazioni che vengono normalmente
utilizzate nella valutazione dei
linfonodi locoregionali.

La seconda slide mostra invece una


semplificazione a colori (il
professore
la definisce non del tutto corretta, ma utile a
scopo mnemonico) che consente di visualizzare
con più facilità i linfonodi che permettono di
classificare la neoplasia come N1 o N2.

94
Conoscere il parametro N è importante a scopo prognostico, il coinvolgimento dei linfonodi centrali
indica infatti una maggior possibilità di diffusione.

 M = metastasi a distanza

A questo punto della lezione vengono proiettate delle slide che mostrano degli esempi di neoplasie
polmonari. Il professore le legge velocemente e in maniera poco dettagliata.

95
In base ai parametri T, N ed M si può definire lo stadio di malattia: ad esempio una neoplasia T3 che
invade la parete toracica (e può anche arrivare alla carena) ma che non possiede linfonodi locoregionali
metastatici e non presenta metastasi è classificata come stadio IIB.
Conoscere lo stadio permette poi di valutare, in base alle evidenze e ai dati che si trovano in letteratura,
il trattamento più appropriato per quella particolare patologia.

Nell’esempio di prima, il paziente con neoplasia polmonare di stadio II, potrebbe essere trattato
chirurgicamente, come anche si potrebbe utilizzare una terapia adiuvante e anche una radioterapia con
scopo curativo se non è possibile effettuare una chirurgia.

Il Professore ci tiene a sottolineare il fatto che a seconda della neoplasia esistono dei sistemi di
stadiazione diversi; il medico di medicina nucleare è tenuto a conoscere tutti i sistemi di stadiazione in
modo da poter effettuare una precisa valutazione del tumore.

UTILIZZO DELLA PET IN AMBITO POLMONARE


La PET in ambito polmonare ha un ruolo consolidato in:

 Valutazione del nodulo polmonare solitario


 Esecuzione di Staging.
 Valutazione di linfoadenopatia mediastinica sospetta
 Identificazione metastasi a distanza dal momento che si tratta di una metodica panesplorante
 Valutazione di ricorrenza di malattia
Altre evidenze crescenti ma minori in:

 Planning della radioterapia: si utilizza per effettuare un piano di radioterapia in base alla
captazione
 Valutazione della risposta al trattamento (sono stati fatti grandi passi avanti negli ultimi anni)
 Indicatore prognostico
 Ruolo nel SCLC (ci sono meno evidenze con il 18F-FDG, ovviamente cambiando tracciante la
situazione è diversa)

NODULO POLMONARE SOLITARIO

Seconda la statistica, 1 su 500 RX evidenzia


un nodulo polmonare; di questi 1 su 2 è
maligno.
Con la sola TC risulta difficile stabilire con
certezza la malignità dei noduli: fattori che
indicano benignità sono generalmente la
presenza di grasso e calcio, al contrario i
margini spiculati del nodulo depongono
verso il maligno.

Sono però presenti numerosi casi dubbi, in


questo caso di solito si procede con una
biopsia transtoracica broncoscopica, procedura piuttosto invasiva e che presenta diverse complicanze
(es pnx).
È quindi consigliato sfruttare una metodica altamente sensibile (96%), specifica (78%), accurata e non
invasiva come la PET/TC.
Tale procedura si basa sul calcolo del SUV (Standardized Uptake Value). Questo valore serve a dare un
indice numerico alla captazione, in particolare convertiamo il numero di fotoni in un numero, il SUV
appunto, che viene calcolato non solo a partire dalla PET/TC, ma anche tenendo conto di tutta una serie
di altri parametri (peso, altezza, glicemia) in modo da standardizzare tale valore (da sbobina canale B: in
modo tale che il numero che vedo prima della terapia sia confrontabile con quello post-terapia e che sia
inoltre confrontabile entro certi limiti tra paziente e paziente).
La letteratura riporta che se il SUV > 2,5 il nodulo è molto sospetto di malignità.
Bisogna però porre attenzione perché vi è la possibilità di falsi positivi e falsi negativi:
- Falsi positivi: tutte le condizioni infiammatorie croniche, granulomatosi, neurofibromi, TBC
- Falsi negativi: come nei carcinoidi o nei sistemi neuroendocrini (ecco perché l’FDG non viene molto
utilizzato nello SCLC il quale ha una componente neuroendocrina).

In generale comunque, l’85% delle lesioni metabolicamente attive con SUV >2,5 risulta essere maligna.
Quindi se si ha un nodo polmonare incidentale in RX, si effettua la PET/TC e, se questo risulta captante,
c’è una buona probabilità che sia maligno
Studio clinico esemplificativo:
In tale studio sono stati presi in considerazione 585 pazienti (confrontabili per sesso, fumo, non
diabetici, senza metastasi) con nodo polmonare <2,5 cm ed è stata eseguita l’istologia.
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Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
E’ stato valutato il SUV max e si è visto che i maligni hanno generalmente un SUV maggiore, ma con
importante overlap (per esempio un nodulo da TBC può avere un SUV molto alto, addirittura di 10-15).
Il messaggio è quindi quello di non prendere il SUV come valore assoluto: in medicina non esistono
“numeri magici” che permettono di distinguere positivo da negativo.
Dalla sbobina del canale B: Il numero aiuta molto come valutazione intrapaziente, quindi nel follow up di
una terapia in una valutazione longitudinale, ma per la valutazione singola non va considerato come
definitivo.

Caso clinico 1:
Paziente paraplegico, obeso, con insufficienza respiratoria cronica ed esiti di embolia polmonare.
Alla TC viene riscontrato un nodulo polmonare apicale.

Domande da porsi nella valutazione di questo caso clinico:

1) Il NODULO è CAPTANTE? Si, è un nodulo sospetto


nell’85% dei casi.

2) ALTRE LESIONI?
Vi è la presenza di una lesione sospetta ma bisogna
valutare la presenza di altre lesioni. In questo caso è
presente una lesione ulteriore a livello della porzione
posteriore dell’aorta ascendente: linfonodo calcifico
captante
(Difficile da vedere senza PET)

3) La STADIAZIONE?

99
 Lesione captante 1.9x1.7 piccola senza coinvolgimento delle strutture vicine T1
 Vi è un coinvolgimento dei linfonodi locoregionali, in particolare linfonodi centrali paracarenali
 N2
 Non ci sono lesioni a distanza  M0

Compleassivamente TNM T1 N2 M0  Stadio IIIA (operabile ma ad alto rischio)

Caso clinico 2:
Presenza di nodo solitario simile a quello visto
precedente, invariato rispetto alla TC precedente
(eseguita 6 mesi prima).
In questo caso il NODULO CAPTA? No, quindi
probabilmente non è neoplastico.
NB: Valutare se la dimensione del nodulo è aumentata
solo rispetto all’imaging precedente è un approccio
sbagliato, o meglio, è giusto se si è in possesso di soli
due esami, ma è sbagliato in assoluto. Questo perché
tra una TAC e l’altra potrebbero esserci delle variazioni
di dimensione estremamente piccole che non vengono
valutate come significative, prendendo però la prima e
l’ultima TAC possiamo osservare come la somma dei
piccolissimi aumenti abbia determinato nel tempo una
crescita evidente del nodulo. In altre parole, valutando
gli estremi (ovvero la prima TAC rispetto al’ultima)
riesco a vedere un chiaro aumento delle dimensioni,
cosa che invece non avrei notato guardando la
differenza tra due immagini temporalmente più
ravvicinate.

Stadiazione NSCLC
Tradizionalmente la stadiazione dello Non Small Cell Lung Cancer viene eseguita tramite:
 TC torace con mdc
 TC addome superiore (da sbobina canale B: serve per valutare le ghiandole surrenali ed il fegato)
 Mediastinoscopia
 Se serve ago-biopsia transbronchiale

100
Il principale problema della CT è il fatto che
utilizza un criterio dimensionale per valutare la
malignità di una lesione, ovvero si utilizza il
centimetro:
 Se la lesione è <1 cm viene considerata
benigna
 Se la lesione è > 1 cm viene considerata
maligna.

L’accuratezza del criterio dimensionale è del 60-


80%, ovvero sovra o sotto-stadia le lesione nel 40% dei casi. In particolare il 75% dei linfonodi
metastatici che vengono riscontrati sono sotto il cm, quindi la valutazione esclusivamente dimensionale
del linfonodo risulta difficile.
Per fare in modo che l’accuratezza diagnostica sia superiore al 60-70% si utilizza la PET-TC combinata.
Esempi:
1) Nell’immagine proiettata, all’interno del cavo ascellare, si vede un linfonodo di 10mm di dimensione
corrispondente esattamente al cut-off, di aspetto tondeggiante. Viene definito positivo o negativo?
Sulla base della valutazione dimensionale si sa che tanto più è tondeggiante tanto più è sospetto
mentre più è allungato meno è sospetto. Con la PET la lesione è captante. Quindi riassumendo
presenza di linfonodo di 1 cm alla TC, captante alle PET  LINFONODO POSITIVO. Dietro al
linfonodo in questione se ne possono osservare altri due. Uno di questi è decisamente più grande,
ma alla PET non è captante nonostante le elevate dimensioni.
2) Altro esempio proiettato mostra un linfonodo di 10mm alla TC, tondo con core lipidico centrale
(segno di benignità). Alla PET il linfonodo non è captante: viene classificato come linfonodo reattivo
negativo.
3) Ultimo esempio con linfonodo di 17 mm alla TC, forma allungata e presenza di core lipidico al suo
interno. Alla PET risulta non captante, quindi il linfonodo è negativo.

D:Per quale motivo un processo infettivo non capta


glucosio? Il processo infettivo capta glucosio. A livello linfonodale generalmente sono le
infezioni fungine e la TBC ad essere altamente captanti, mentre i processi flogistici lo sono meno rispetto
al tumore. In ogni caso è sempre importante ricordare il fatto che il SUV non dev’essere considerato
come un numero assoluto. Per esempio, in un paziente con febbre e che ha avuto una polmonite,
bisogna stare molto attenti a definire come neoplastico un linfonodo captante.

Caso clinico 3:
Caso di NSLCL classificato come:
T4  grossa lesione polmonare che appare come
necrotico-colliquativa nella regione centrale
(4.5x4.7)

N2  coinvolgimento linfonodi ilari


M1 Lesione metastatica a livello surrenalico e a
livello della cresta iliaca (si vede anche nella TC,
anche se la sua individuazione risulta decisamente
più difficile).

T4 N2 M1 = IV stadio  inoperabile

La prossima lezione sarà tenuta dal prof. Stramare.


La scorsa lezione si era arrivati a parlare di correzione per l’attenuazione, si prosegue il discorso
dell’imaging cardiaco.

PET MIOCARDICA
Oltre all’utilizzo di traccianti di perfusione è possibile ottenere una scintigrafia miocardica servendosi di
radiofarmaci marcati con traccianti che emettono positroni; si passa quindi dalla metodica SPET alla PET.
Per il miocardio si usa il 18F-desossiglucosio (uno zucchero marcato con Fluoro 18) perché la frazione di
estrazione, da parte delle cellule miocardiche, del desossiglucosio marcato col fluoro 18 è simile a quella
del glucosio normale.

L’ossidazione del glucosio, nell’individuo sano e lontano dei pasti, contribuisce solo per una percentuale
compresa fra il 20 e il 30% al consumo di ossigeno da parte del miocardio, il resto si basa sul consumo di
acidi grassi. In presenza di glucosio il metabolismo miocardico può shiftare verso il consumo dello stesso
(ciclo di Krebs) quindi se si somministra glucosio si può avere un aumento fino a 3 volte il consumo dello
stesso a spese del metabolismo degli acidi grassi.

Durante un’ischemia miocardica acuta si ha una riduzione della ossidazione degli acidi grassi e un
aumento dell’estrazione e utilizzo del glucosio da parte del miocardio affetto.

In altre parole, l’ischemia determina uno shift del metabolismo cardiaco dall’ossidazione di acidi grassi al
consumo di glucosio. La scintigrafia si serve proprio della rilevazione di questi cambiamenti metabolici.

La valutazione del deficit si basa su una relazione bifasica tra flusso e consumo di ossigeno:

- Se si riduce il flusso (nell’ischemia si ha una riduzione del flusso coronarico) leggermente o


moderatamente il metabolismo ossidativo cala e aumenta l’estrazione di ossigeno e di glucosio;
- Se si riduce il flusso massivamente tanto da arrivare alla necrosi si avrà una riduzione di tutto il
metabolismo, non si consumano né ossigeno né acidi grassi.

In certe condizioni questo cambiamento è importante per rilevare zone sofferenti come, ad esempio, il
miocardio ibernato: in pazienti affetti da CAD (anche senza precedente infarto) si evidenzia
un’aumentata concentrazione di FDG in regioni miocardiche ipoperfuse, questo potrebbe
rappresentare un processo di adattamento metabolico in presenza di persistente riduzione di ossigeno e
substrati, consistente con il concetto di “ibernazione”. È stato dimostrato che i miociti “ibernati”,
caratterizzati da perdita di proteine contrattili e depositi perinucleari di glicogeno, hanno un’aumentata
captazione di FDG.

A parità di alterazioni ecografiche quali ipo- o acinesia (conseguenti a riduzione del flusso), con la
scintigrafia si possono discernere condizioni diverse:

3. Se la porzione di miocardio ipo- o acinetica capta glucosio: significa che è andata incontro ad
una riduzione cronica della disponibilità di ossigeno ma è ancora vitale, vale la pena quindi
intervenire per recuperarla;
4. se la porzione di miocardio ipo- o acinetica non consuma nemmeno glucosio significa che c’è una
riduzione del flusso tale che non vale la pena attuare delle misure terapeutiche per ripristinarlo il
flusso.
Esempio di match perfusione-metabolismo:

Il paziente in questione ha eseguito due studi


PET. La riga di immagini più in basso si
riferisce allo studio della captazione di
glucosio ed evidenzia un’area ipometabolica
(in verde, il rosso indica captazione): nella
quarta immagine da sinistra si vede come il
profilo del ventricolo sinistro sia discontinuo,
significa che la parete anteriore ed il setto
non captano glucosio. Ciò corrisponde
(match P-M) a quanto si vede nella riga di
immagini superiore, ovvero una ridotta
perfusione (colore verde) nell’area
corrispondente al
territorio di perfusione della discendente anteriore (in particolare del tronco comune in quanto sono
coinvolti parete anteriore e setto).

 Si parla di match perfusione-metabolismo perché si ha una corrispondenza tra le due indagini:


l’area che è ipoperfusa è anche ipometabolica; verosimilmente sarà un’area necrotica non
sottoponibile a riperfusione.
Esempio di mismatch perfusione-
metabolismo

In questo caso il metabolismo del glucosio


nell’area indicata dalla freccia è aumentato
(riga di immagini in basso). Confrontandolo
con l’indagine svolta per valutare la
perfusione (riga di immagini sovrastante) si
vede che l’area è ipoperfusa. Il miocardio
interessato in questo caso è ipoperfuso ma
vitale (infatti capta glucosio), sarà
suscettibile di riperfusione.

Esempio mismatch con indagini pre e post-


operatori: interessa il territorio della
circonflessa il quale è ipoperfuso ma
ipercaptante. Dopo l’intervento si vede
come migliori la perfusione.
Domanda: l’FDG dopo l’intervento non dovrebbe essere tutto verde?

Risposta: Secondo il ragionamento fino ad ora sviluppato il miocardio ibernato aumenta il consumo di
ossigeno e quindi risolvendo l’ibernazione, si dovrebbe avere una riduzione del metabolismo del glucosio.
In questo caso non si ha tale riduzione perché, per valutazioni ai fini dell’intervento, è stato fatto un
carico di glucosio per os con somministrazione di insulina via flebo per il raggiungimento dello steady
state: viene consumato tanto glucosio quanto ne viene somministrato con lo scopo di valutare
l’omogeneità del consumo. Nota bene: se si somministra glucosio ad un miocardio sano questi lo
consuma in maniera casuale con un pattern “patchy”.

SIGNIFICATO CLINICO DELL’IPERCAPTAZIONE DI FDG


Il quadro di una regione miocardica ipocinetica e normo- o ipo-perfusa, con aumentata captazione di
FDG, rappresenta un indice di potenziale reversibilità della disfunzione cardiaca?

Ci sono stati studi numerosi studi retrospettivi e prospettici che hanno dimostrato concordemente che
se in pre-operatorio si hanno:

- Cinetica ridotta;
- Perfusione normale/ridotta;
- Metabolismo del FDG aumentato.
Allora la cinetica post- operatoria migliora; viceversa se la cinetica, la perfusione e il metabolismo del
FDG pre-operatori sono ridotti, la cinetica post- operatoria sarà invariata, ovvero è inutile
rivascolarizzare.

Il quadro “captazione di FDG in miocardio ipoperfuso” è attualmente considerato il “gold standard” di


vitalità miocardica e ipofunzionalità contrattile reversibile. Quando c’è un dubbio di miocardio ibernato
questa metodica è il massimo che si possa attuare per dirimere la questione. Non si esegue in tutti i
pazienti, è un esame considerato di secondo/terzo livello quindi vi si ricorre se l’ecografia con stimolo, la
scintigrafia miocardica con la SPECT e la risonanza non chiariscono i dubbi.
Valore prognostico a breve e medio termine

Studio: 317 pazienti con cardiomiopatia ischemica e FE media del 30%, sottoposti a bypass coronarico,
hanno evidenziato che le complicanze peri-operatorie erano minori in chi aveva vitalità all’esame
metabolico con FDG-PET e viceversa chi non aveva vitalità andava incontro a maggiori complicanze peri-
operatorie. Si passa dall’1 al 17% di mortalità
perioperatoria. La rivascolarizzazione non è sempre un
bene perché se si riperfonde un territorio necrotico si
possono verificare complicanze nel territorio stesso.

Valore prognostico a lungo termine

Un altro studio confronta la sopravvivenza a 5 anni dopo coronarografia in due gruppi: uno con
MISMATCH perfusione-metabolismo (ovvero con aumentato consumo di glucosio in area ipoperfusa),
uno con MATCH. Nel gruppo MISMATCH la sopravvivenza è maggiore.

Questo indica che l’imaging perfusione-metabolismo è un importante ausilio per valutare il “rischio
cardiaco” e orientarsi verso un trattamento chirurgico o medico.

L’inclusione dei criteri PET rappresenta un valido ausilio nella scelta del protocollo terapeutico più
opportuno nel paziente infartuato:

- MATCH P-M: terapia medica o trapianto;


- MISMATCH: rivascolarizzazione.

Termina la lezione sul cuore e procede col sistema scheletrico.

SCINTIGRAFIA OSTEOARTICOLARE
È una delle metodiche di imaging medico nucleare più comunemente richieste da specialisti e medici di
medicina generale. Sfrutta la caratteristica di alcuni radiofarmaci di concentrarsi nell’osso in modo
proporzionale alla vascolarizzazione (più è vascolarizzato e più si fissa), alla attività osteoblastica (tanto
maggiore è e tanto più si fissa il radiofarmaco) e all’attività dell’ortosimpatico (idem come gli altri).

Permette, quindi, di valutare il grado di attività metabolica dello scheletro e di riconoscere qualsiasi
lesione che provochi un’alterazione distrettuale del turnover metabolico dell’osso. Permette
l’esplorazione contemporanea di tutti i distretti scheletrici, in breve tempo, con bassa irradiazione e con
elevata sensibilità diagnostica, si ottiene la rappresentazione dal vertice del capo ai piedi. Altri vantaggi
non trascurabili sono la semplicità di esecuzione, la non invasività e il basso costo.
Praticamente si inietta il tracciante da un accesso venoso brachiale, si attendono 3 ore per ottimizzare il
segnale rumore e si procede con l’acquisizione delle immagini. Siccome la dose somministrata è uguale
per qualunque tipo di immagine si voglia ottenere, si procede sempre con l’acquisizione di tutto il corpo
anche se la richiesta del medico curante è per una scintigrafia segmentale.

Si sfrutta un difosfonato marcato con tecnezio che viene somministrato al pz in ev. Non serve il digiuno
ma una buona idratazione, ciò permette la riduzione del fondo più rapida attraverso la minzione durante
l’attesa. La minzione frequente permette anche di evitare la permanenza del radiofarmaco in vescica. Le
3 ore sono necessarie per permettere la massima concentrazione del farmaco nell’osso e la riduzione
della radioattività in circolo e nei tessuti molli “fondo”.

Tecniche di acquisizione

Si possono eseguire:

- Scintigrafia totale corporea (“whole body”): consiste nell’acquisizione delle immagini dell’intero
apparato scheletrico per mezzo di una scansione del paziente nelle proiezioni anteriore e
posteriore dopo 2-3 ore dall’iniezione, eventualmente seguita dalla acquisizione di immagini in
dettaglio;
- Scintigrafia segmentaria: consiste nell’acquisizione di immagini planari statiche, in più proiezioni,
relative ad un solo distretto scheletrico. Ad esempio, ad un paziente con artrite reumatoide si
esegue una segmentaria delle mani.

Esempio di scintigrafia e del macchinario. Le macchie


nere nell’immagine rappresentano metastasi ossee
da k mammella.

Le metodiche moderne sono fornite di due testate


più grandi di quelle vecchie e che passano sopra e
sotto al paziente in modo che con un’unica passata si
abbia lo studio in anteriore e posteriore completo.

La metodica è talmente sensibile da evidenziare


autocontaminazione nel senso che sono visibili
macchie da urina nel vestiario.

La scala dei grigi può variare perché matematicamente l’immagine è una matrice cioè 1024 x 256
quadratini dentro ognuno dei quali vi è un numero che esprime quanti fotoni sono presenti in quel
punto durante l’acquisizione dell’immagine. Essendo delle matrici è quindi possibile filtrarle, sottrarle,
ridurle, ingrandirle, interpolarle, ecc. le matrici sono rappresentante tramite trasformazione dei valori
numerici in scale di colori (generalmente in scale di grigi) secondo determinati cut-off es da 0 a 10
bianco, da 10 a 20 grigio chiaro ecc. La matrice numerica viene quindi trasformata in un segnale che sia
intellegibile.

La scintigrafia trifasica è un’altra metodica e prevede 3 fasi:

4. Prima fase (perfusoria): contemporaneamente alla somministrazione del radiofarmaco viene


acquisita una serie di immagini sequenziali, per evidenziare il primo transito del radiofarmaco
nel distretto esplorato. Il paziente è disteso, serve a valutare il flusso;
5. Seconda fase (all’equilibrio ematico): 3-5 minuti dopo l’iniezione viene acquisita l’immagine
relativa alla distribuzione del radiofarmaco nella circolazione sanguigna e negli spazi
extracellulare;
6. Terza fase (tardiva): 2-3 h dopo l’iniezione si acquisisce l’abituale scintigrafia corporea totale o
segmentaria.
Quindi alla terza fase, corrispondente alla scintigrafia standard si aggiungono le prime due.

Esempio di una perfusione del piede minore rispetto


al controlaterale. Nelle immagini del primo transito
cominciano a comparire i vasi ed il profilo di uno dei
due piedi nel secondo frame: nel piede destro la
perfusione è aumentata.

Seconda fase: la distribuzione tra il terzo e il quinto minuto (precoce) è aumentata in uno dei due piedi,
in particolare nel tarso.

Nella fase tardiva si vede che nel piede che aveva avuto un aumento di perfusione e captazione e
precoci compaiono delle captazioni tardive al livello del tarso e dell’articolazione tibio-tarsica. In alcune
patologie la definizione del flusso è importante: ad esempio nell’osteoma osteoide, per distinguerlo da
qualcosa di più inerte, si hanno perfusione e captazione aumentate in fase precoce e tardiva.

Fin qui si parlava di immagini planari: sia la gamma camera che il paziente sono fermi. È possibile far
ruotare la gamma camera attorno al paziente ottenendo un volume dal quale si possono ottenere
sezioni coronali, sagittali e trans-assiali attraverso le quali la localizzazione di alcune lesioni è
semplificata (generalmente per lesioni non visibili nelle planari).

Dalle slide

SPET (tomoscintigrafia)

Consiste nell’acquisizione di immagini tomografiche relative ad uno o più distretti scheletrici, mediante
l’impiego di una gamma camera tomografica. Tale metodica, pur non migliorando la risoluzione
spaziale, aumenta il contrasto delle immagini, facilitando il riconoscimento e la localizzazione di
eventuali lesioni, specie se interessanti la colonna vertebrale o le grosse articolazioni (spalla, anca,
ginocchio).

Esempio: pz inviato per dolore lombare, si


evidenzia ipercaptazione a livello di L5 6.Per
valutare se capta il corpo o la faccetta (utile
perché hanno un diverso peso diagnostico) si
confronta la proiezione anteriore con la
posteriore. In questo caso si vede che capta nel
corpo.

MIP: maximum intensity projection ovvero proiezione di massima intensità. Consiste nel definire un
volume di uno spessore elevato e di ottenere mediante l’applicazione di un algoritmo un’unica

6
le vertebre si contano a partire dall’ultima coppia di coste, sapendo che è articolata con T12.
immagine bidimensionale, dove vengono rappresentati solamente i punti con il valore Hounsfield più
elevato. 7

Esempio di captazione nella faccetta articolare.

Informazioni fornite dalla scintigrafia ossea

L’indagine fornisce la mappa della distribuzione del radiofarmaco nello scheletro evidenziando il grado
di attività osteoblastica per mezzo di variazioni cromatiche proporzionali alla radioattività regionale
(l’immagine sarà più bianca in corrispondenza dei punti con maggiore attività osteoblastica). Presenta
elevata sensibilità diagnostica, permette infatti di riconoscere alterazioni del metabolismo osseo
distrettuale in fase pre-radiologica. Infatti, perché una lesione ossea possa essere evidenziata con un
esame radiologico tradizionale, è necessaria una riduzione del contenuto di calcio superiore al 35-40%
mentre con la scintigrafia si evidenziano variazioni di densità anche solo del 3% È talmente sensibile che
negli studi sui maltrattamenti in pediatria è possibile individuare le lesioni ossee già a 6 mesi dalle
percosse. Contemporaneamente questo significa poca specificità perché qualunque condizione che
aumenti l’attività osteoblastica provoca un’iperconcentrazione del radiofarmaco.

Per discriminare tra il maltrattamento infantile ed esiti di traumi di altro genere bisognerà, quindi,
mettere insieme tutti i reperti riscontrati: in questo modo, potendo anche ricorrere alla consulenza di
specialisti in medicina legale, si otterrà un quadro generale specifico.

Questo vale anche in campo oncologico: se, per esempio, alla scintigrafia di una paziente che si
sottopone all’esame per la ricerca di metastasi in carcinoma mammario si osservano tre captazioni
costali allineate tra loro, in tre coste successive, in primo luogo bisogna ipotizzare che le lesioni siano
fratture. Quindi, si dovrà chiedere alla paziente se ha recentemente subito dei traumi (anche se questa
informazione dovrebbe già essere fornita dal medico richiedente la scintigrafia).

A sinistra, la scintigrafia scheletrica di un


bambino: rispetto all’adulto, si nota la
captazione a livello delle cartilagini di
accrescimento, in quanto queste sono le sedi di
maggiore attività osteoblastica. È assolutamente
normale, ed anzi importante, vedere questa
captazione a livello di tutte le cartilagini di
accrescimento. Tipica dell’osteomielite che
colpisce le estremità distali dell’omero e del
femore, ad esempio, è la scomparsa alla
scintigrafia di una delle cartilagini di

7
http://www.simoneperandini.com/mip_minip/mip-minip- tc-rm.html

110
accrescimento: questo è il segno che a quel livello l’attività osteoblastica si è fermata e che
probabilmente l’arto non si svilupperà normalmente.

In base alla captazione ossea si può anche determinare l’età del bambino: si deve fare riferimento ad
atlanti che, per ogni classe di età, descrivono la normale distribuzione delle cartilagini.

I pazienti spesso chiedono se questo esame "fa male”.


La procedura prevede un'iniezione in vena antecubitale e, nella maggior parte dei casi, non ha
effetti collaterali.
L'MDP può dare sporadicamente reazioni allergiche, che possono consistere in rash cutanei,
risolvibili con cortisone o antistaminici.
La dose ricevuta dal midollo è molto bassa. Quella ricevuta dai reni, dalle gonadi e dal corpo in
generale è bassa.
La dose più alta è ricevuta dalla vescica, soprattutto se il paziente non minge. Per questo
motivo il paziente va idratato, sia dal medico che richiede l’esame sia dal medico nucleare
durante il tempo di attesa della procedura. Lo scopo dell’adeguata idratazione, seguita da una
minzione ogni due ore, è di ridurre la dose che si accumula in vescica e quindi l'attività che
tende a concentrarsi qui.

La scintigrafia osteoarticolare si richiede per:


- La stadiazione delle neoplasie maligne che possono dare metastasi scheletriche: in
particolare, quindi, per il tumore della mammella e della prostata. Secondariamente, si
richiede anche per il tumore dello stomaco, per il microcitoma e per altri
- La valutazione di risposta alla terapia
- La localizzazione dei siti da biopsiare: ad esempio, si esegue su un paziente
plurimetastatico a livello scheletrico per ricercare un sito captante, e quindi attivo, da
biopsiare
- La valutazione delle neoplasie primitive dell'osso
- La diagnosi di flogosi scheletrica (es. osteomielite)
- La valutazione di dolore osseo di origine sconosciuta
- Lo studio della perfusione e della vitalità ossea (quando l’ortopedico impianta matrice
ossea inerte, dopo un po’ questa si popola di osteoblasti e comincia a captare)
- Il follow-up delle artroprotesi, per rilevarne l’eventuale mobilizzazione
- La ricerca di fratture occulte, non dimostrabili radiologicamente.
(A volte si fanno scintigrafie scheletriche su sportivi di alto livello per vedere eventuali
microfratture e mettere i pazienti a riposo tempestivamente).
- La valutazione del danno post-traumatico
o la ricerca di lesioni da maltrattamento
infantile, come riscontro medico-legale.

A seguire alcuni reperti scintigrafici


esemplificativi:

111
A destra, si osserva un encondroma (tumore benigno) a livello del femore.
Le immagini sono aspecifiche: non è possibile definire la natura della lesione ipercaptante. La
diagnosi precisa si può ottenere solo tramite l'istologia.

A sinistra, un osteoma osteoide dell'astragalo (sede un


po' inusuale per questo tipo di tumore benigno).
All'immagine scintigrafica esso appare uguale
all'encondroma.

Sarcoma di Ewing8: si potrebbe scambiare per un


encondroma, considerando solo il reperto scintigrafico.
Per la diagnosi differenziale, ancora una volta, ci guida il
reperto istologico.
Il dato molto importante fornito dalla scintigrafia ossea è
la localizzazione della lesione.

Il paziente della
scintigrafia a sinistra presentava dolore all'arto inferiore
destro ed un RX negativo. Al reperto scintigrafico si
riscontra un'anomalia certa all'arto, anche se di natura non
definibile.
In questo osteosarcoma anche i tessuti molli captano,
perché c'è stato un sanguinamento in sede di neoplasia,
con conseguenti calcificazioni, attivazione osteoblastica ed
attività di flusso nel
muscolo. Questi
aspetti si rendono
visibili anche alla scintigrafia ossea.

8
Tumore di Ewing: si intende una famiglia di forme tumorali che provengono da cellule staminali indifferenziate di
origine mesenchimale o neuroectodermica. Sono tumori che possono in sorgere a tutte le età, ma si manifestano
prevalentemente nei bambini e nei giovani adolescenti.
La maggior parte dei tumori di Ewing si sviluppa nelle ossa, in particolaren quelle del bacino, della regione toracica
i delle gambe. (da airc.it) e

112
A destra, un osteosarcoma di femore: non ha una definizione anatomica molto precisa, ma con
gli strumenti più moderni si comincia ad avere una buona definizione della corticale, della
porzione centrale necrotica, si rileva una pseudoartrosi. Si ha un dettaglio anatomico piuttosto
buono.

Osteosarcoma della fibula distale. Come si può


osservare, la scintigrafia scheletrica viene sempre
fatta in maniera panesplorante (whole body).

Si osservano metastasi di carcinoma della prostata


nella sincondrosi sacroiliaca sinistra, nell'ala iliaca
destra, nel sacro, nelle vertebre e nelle coste.
Per la stadiazione del tumore della prostata e della
mammella si prevede sempre, prima o poi, un
esame scintigrafico.

Domanda: Dalla scintigrafia si riesce a capire se


una metastasi ossea è osteolitica oppure osteoaddensante?
Risposta: Questa caratteristica non si riesce a capire dalla scintigrafia, ma, normalmente, le
lesioni che captano di più sono quelle che inducono attività osteoblastica. Di conseguenza,
nell'osteolisi pura, quando non c'è più attività osteoblastica, si potrebbe perdere la captazione. Il
fatto di non vedere più captazione significa che non c'è più attività osteoblastica e che la lesione
è diventata inerte (quindi non presenta nemmeno flusso e captazione). Per capire bene se una
lesione è osteolitica o osteoaddensante bisogna fare un esame radiologico, come la TC.

A sinistra, un’immagine scintigrafica in carcinoma


della mammella. (NB: la captazione a livello delle
ginocchia è data dalla presenza delle patelle. Non
si tratta di metastasi.).
Il mesotelioma rappresentato a sinistra ipercapta alla
scintigrafia per due motivi: perché presenta calcificazioni
ed attività osteoblastica intrinseca ed anche perché,
avendo invaso la parete toracica, stimola l'attività
osteoblastica a livello delle coste.

Microcitoma polmonare: un altro esempio di tumore che può


dare metastasi ossee.

Superscan: potrebbe capitare di leggere, in un referto di


scintigrafia, la dicitura "esame compatibile con
superscan".
Questo significa che il paziente presenta una
metastatizzazione diffusa massiva a livello scheletrico.
Come si può osservare dall’immagine, lo scheletro perde
in parte la captazione distale ed ha, invece, una
captazione molto intensa a livello assile: ci sono talmente
tante piccole metastasi, da non essere più visibili
distintamente. Non si vedono i reni, perché tutto il
farmaco viene captato dallo scheletro e dalle metastasi.

Valutazione di protesi d'anca: la protesi è in


titanio, quindi è fredda e non si vede alla
scintigrafia.
Nell’arto di sinistra, osserviamo una protesi
che non si muove e che, quindi, non capta. A
destra, invece, la protesi è mobile: capta
maggiormente nella punta dello stelo
protesico, il quale, muovendosi nel canale
midollare, tocca l'osso e induce l’attività
osteoblastica, e capta molto anche in zona trocanterica, poiché anche qui la protesi stimola
l'attività osteoblastica. Se si osserva captazione in queste sedi, si può definire la protesi come
mobile e bisogna intervenire (con la sostituzione, il fissaggio, o altre modalità).

Protesi di ginocchio: il titanio è freddo, non captante. In


questo caso capta il piatto tibiale, perché la protesi si
sta muovendo e stimola a questo livello l’attività
osteoblastica. (Il professor Bui, nella lezione dell’anno
scorso, diceva, invece, che quest’immagine mostra una
protesi di ginocchio sostanzialmente sana, in cui si
evidenzia l’area ipocaptante data dalla protesi e una
zona di ipercaptazione, che è però simmetrica e quindi
non patologica).

A sinistra, fratture da stress in un pallavolista di serie A:


sono invisibili all'RX ma visibili alla scintigrafia, grazie
alla sensibilità di quest’ultima metodica.

L'oste
omielite è un'infezione e infiammazione
dell'apparato osteo-articolare, che riguarda al
contempo l’osso e la relativa cavità midollare.

Alla trifasica l’osteomielite del calcagno


presenta un aumentato flusso: si osserva un
piede molto più perfuso dell'altro. In fase
precoce di blood pool (acquisizione statica) è
aumentata la captazione, cioè il passaggio tra
la fase vascolare e quella extracellulare. La
maggiore captazione si mantiene anche in
fase tardiva.

Qualche anno fa, i medici nucleari si sono accorti che, in alcuni pazienti che eseguivano la
scintigrafia scheletrica, si osservava una captazione miocardica. Per molto tempo questa
captazione è stata correlata statisticamente allo scompenso cardiaco. Ad oggi si sa che essa
costituisce un marker molto sensibile di Amiloidosi cardiaca, da transtiretina, o AL, la quale può
poi effettivamente portare allo scompenso cardiaco.
L'unico altro esame sensibile e specifico per l'Amiloidosi cardiaca è la biopsia miocardica, molto
più invasiva rispetto alla scintigrafia. Attualmente, la scintigrafia con la finalità di indagare
l’Amiloidosi cardiaca è ancora un'indicazione off-label, molto specialistica. Tuttavia, entrerà
probabilmente a breve nelle indicazioni ufficiali, essendo vantaggiosa rispetto alla biopsia per la
sua ridotta invasività.

RICERCA DEL LINFONODO SENTINELLA


Il linfonodo sentinella è il primo linfonodo che
drena una neoplasia, indipendentemente dal fatto
che sia o meno neoplastico. Se si riscontra
negatività del linfonodo sentinella (cioè se esso
risulta non metastatico), essendo questo la prima
stazione di drenaggio della neoplasia, si può
ritenere altamente probabile l’assenza di metastasi
linfonodali: il chirurgo, dunque, non esegue lo
svuotamento linfonodale. Se questo linfonodo,
invece, risulta positivo, si effettua lo svuotamento
linfonodale (che, per quanto riguarda il carcinoma
mammario, è a livello ascellare).
Una modalità per cercare il linfonodo sentinella è quella
scintigrafica: si inietta un radiofarmaco capace di
distribuirsi attraverso il sistema linfatico tutto attorno
alla neoplasia (nei quattro punti cardinali attorno
all’area interessata, per coprire idealmente tutte le vie
linfatiche interessate). Il farmaco, distribuendosi tramite
il sistema linfatico, prima evidenzia il linfonodo
sentinella e, solo successivamente, anche le altre
stazioni linfonodali.
Attenzione: il criterio di distanza non è ottimale per
stabilire quale sia il linfonodo sentinella, in quanto
alcune volte questo risulta più lontano dalla neoplasia rispetto ad altri linfonodi.
Dopo aver visualizzato l'immagine, si sovrappone all'area di captazione una penna dotata di
radioattività sigillata nella punta. Una volta identificato il linfonodo, si disegna sull'area di cute
soprastante ad esso una croce e vi si applica un cerotto. La procedura per trovare il linfonodo
sentinella si esegue il giorno prima o poche ore prima dell'intervento, perché deve esserci un
po' di radioattività residua in sala operatoria.
Il chirurgo ha altri due strumenti disponibili in sala operatoria: il probe, cioè una sonda con
segnale visivo ed acustico, oppure delle piccole gamma camere, che permettono di vedere il
linfonodo in sede operatoria. Per quanto riguarda il probe, questo emette un suono quando
avvicinato al linfonodo sentinella. Una volta riconosciuto il linfonodo, il chirurgo lo preleva, lo
mette in banco, torna in campo operatorio e controlla che non ci sia più segnale. In questo
modo, è sicuro di aver rimosso il linfonodo sentinella che gli è stato indicato.
Dopo la rimozione, il chirurgo passa il linfonodo al citologo, che esegue un’estemporanea e verifica la
presenza di metastasi: se le metastasi sono presenti (linfonodo non pulito), il chirurgo può procedere ad
un intervento di svuotamento linfonodale radicale; se, invece, non sono presenti (linfonodo pulito), il
chirurgo esegue l’enucleazione del tumore e non lo svuotamento completo.

Lo studio del linfonodo sentinella, quindi, riduce gli svuotamenti linfonodali inutili.

L’esame istologico completo richiede una settimana, e con i risultati si può decidere il percorso
terapeutico adeguato al paziente.

Le principali categorie di tumore per cui la ricerca del linfonodo sentinella è largamente usata a livello
clinico sono:

- Carcinoma della mammella


- Melanomi: nei melanomi è una procedura utile, dato che i percorsi linfatici possono essere poco
intuitivi e una guida radiologica aiuta enormemente il chirurgo in sala.
- Carcinomi delle paratiroidi
- Carcinomi del pene e della vulva
- Carcinomi dell’oro-faringe, in questo caso con un nuovo radiofarmaco recettoriale (un anticorpo
che si lega ad un antigene presente sulla superficie delle cellule linfonodali – il professore non ha
approfondito ulteriormente l’argomento-).

TERAPIA RADIOMETABOLICA
La beta- è una particella dotata di massa ed
energia di una certa entità, che vengono disperse
in un percorso biologico molto breve, intorno ai 5
mm. Nel frenamento, la particella trasferisce la
sua energia al tessuto circostante, ionizzando gli
atomi che incontra. Il fatto che induca la
formazione di radicali liberi e danneggi i tessuti
con cui viene a contatto viene sfruttato a scopi
terapeutici.
Il radioiodio (131I), ad esempio, viene impiegato per
la terapia degli ipertiroidismi, causati dal morbo di
Graves e dall’adenoma di Plummer ma
anche dal carcinoma tiroideo differenziato (ancora capace di produrre ormoni tiroidei e, quindi,
di concentrare lo Iodio131). Il carcinoma tiroideo indifferenziato perde il simporto Na +/I-, quindi
anche la capacità di concentrare 131I, e non può più essere trattato con questo radiofarmaco.

RADIOFARMACI RECETTORIALI
Un esempio importante di radiofarmaco recettoriale è l'octreotide marcato con Ittrio 90 (un altro beta-
emittente), oggi utilizzato nella terapia peptide/recettore (PRRT: peptide receptor radionuclide therapy)
dei tumori neuroendocrini in caso di neoplasie neuroendocrine diffuse o inoperabili.

Un altro esempio è la 131I-MIBG (metaiodobenzilguanidina), usata nel trattamento dei neuroblastomi


pediatrici: essa si concentra in questi tumori portando con sé lo Iodio 131, che distrugge il neuroblastoma
(con efficacia buona ma non sempre completa).

ANTICORPI MONOCLONALI
Impiegati in oncologia (come checkpoint inhibitors), si possono usare anche in forma marcata
con un beta- emittente, diretti contro un epitopo specifico. Permettono di colpire un target
molecolare molto preciso. Individuato un recettore che venga espresso possibilmente solo dal
tumore (caratteristica abbastanza rara), con questi anticorpi è possibile indirizzare la terapia
radiometabolica solo alla lesione tumorale.

A sinistra: adenoma autonomo della tiroide.


Dopo un anno dalla prima scintigrafia si è risolto
ed il restante parenchima tiroideo,
precedentemente soppresso, è ricomparso.
Successivamente, è comparsa una recidiva di
patologia (evento piuttosto raro), che si è
potuta trattare somministrando un’ulteriore
dose di terapia.

Carcinoma follicolare: si osserva una captazione tiroidea ma


anche una captazione diffusa per la presenza di metastasi
ossee.

Nelle neoplasie differenziate della tiroide si somministra lo


Iodio131 con due finalità: quella di ablare il residuo che il chirurgo non riesce ad eliminare
(perché, ad esempio, per eliminarlo completamente dovrebbe sacrificare anche le paratiroidi) e
quella di distruggere le metastasi.

NB: le immagini scintigrafiche mostrate sono state ottenute perché questo radiofarmaco, solo
quando utilizzato a fini terapeutici, può essere sfruttato in diagnostica. Se lo usassimo in
assenza di patologia da trattare, distruggeremmo la tiroide iatrogenicamente.
Nelle figure in basso, metastasi polmonari ed epatica diffuse di carcinoma papillare: dopo la
terapia, risulta un quadro polmonare risolto ed un quadro epatico limitato, suscettibile di
terapia chirurgica.

Tutta la micro metastatizzazione polmonare è stata risolta ed è rimasta solo una grossa
metastasi all'apice polmonare. Il quadro metastatico di questo paziente non si sarebbe potuto
risolvere se non utilizzando un target molecolare, data l’estensione delle lesioni polmonari. Una
volta trattate le micro metastasi, si può indicare al chirurgo toracico o al radioterapista di
eliminare la sola zona metastatica limitata rimanente.

I radiofarmaci vengono usati anche per la terapia palliativa delle metastasi ossee: in particolare
associati allo Stronzio e, da un paio d'anni, anche ad un alfa emittente, il 223Radio.
Xofigo (si pronuncia “sofìgo”), 223Radio dicloruro, si utilizza per trattare le metastasi ossee
resistenti. Si usa l'alfa e non il beta emittente perché il primo ha una massa ancora più grande
del secondo ed un range ancora più piccolo, perciò è meno pericoloso per l’irradiazione delle
persone vicine. L'alfa emittente non ha emissioni gamma, perciò quello che si inietta rimane nel
paziente e dà grande distruzione in una piccola escursione (di millimetri).

ZEVALIN: anticorpo monoclonale anti-CD20


creato qualche anno fa. È rivolto contro CD20
(epitopo presente sulla superficie dei linfociti
CD20+ dei linfomi) ed è coniugato all’Ittrio, un
beta- emittente. Con questo farmaco si può
colpire il linfoma con un range di 5 mm.
Costituisce una terapia di seconda linea
rispetto alla chemioterapia e viene
somministrato in day hospital.
Dalla sbobina dell’anno scorso: lo Zevalin è un
autoanticorpo utilizzato nel trattamento dei
linfomi non Hodgkin, compresi quelli che non
rispondono al trattamento con Rituximab, dando un significativo miglioramento della sopravvivenza. Né
Zevalin, né Xofigo sono farmaci “curativi”, possono aumentare la sopravvivenza e la qualità della vita di
un paziente, ma non curano la malattia.
Anche per i tumori neuroendocrini c'è la possibilità di utilizzare la terapia radiometabolica,
sfruttando DOTA derivati, marcati con Ittrio o Lutezio (isotopi beta - emittenti), che si
concentrano nelle neoplasie neuroendocrine.

A seguire, un caso pubblicato dal professore sul Journal of Clinical Oncology qualche anno fa.
Si tratta di un ragazzo di 25 anni con alle spalle già tre interventi neurochirurgici per dei
paragangliomi intravertebrali (molto rari, ci sono 7-8 casi descritti al mondo), che alla PET-CT
con 68Ga-DOTANOC appaiono come delle palline rosse.

L’immagine più a destra è,


appunto, diagnostica: il Gallio, che
si fissa ai recettori della
somatostatina, evidenzia masse
intratecali, cervicali, dorsali,
lombari. Mancano delle faccette
articolari.
Gli interventi chirurgici sono stati
svolti con finalità decompressiva
rispetto al midollo spinale, ma poi
nel tempo le masse si sono
riformate ed i chirurghi hanno
ritenuto non più possibile
operare. Essendo neoplasie che esprimono i recettori per la somatostatina, si è pensato che
potessero essere suscettibili alla terapia radiometabolica. È stato quindi somministrato il
Lutezio (beta-emittente).
L’immagine di terapia è quella con Lutezio. Il farmaco terapeutico è andato a concentrarsi nelle
stesse zone dove si è fissato quello diagnostico. Questa è la “teranostica”9, cioè la diagnostica
con terapia: si utilizza la stessa molecola marcata con due isotopi diversi, uno in diagnostica e

9
La medicina nucleare è stata la disciplina in cui il termine “teranostica” è stato coniato. Questa disciplina include
numerose sostanze che, sia da sole sia in coppia, possono essere usate a scopo diagnostico ed anche terapeutico:
molecole marcate con isotopi gamma o positrone emittenti per la diagnostica possono essere marcate anche con
isotopi alfa o beta- emittenti per la terapia. Tali sostanze possono essere dei ligandi di recettori presenti sul
bersaglio da trattare o sostanze, come lo iodio, che sono internalizzate dal bersaglio tramite processi metabolici.
Mediante questi meccanismi è quindi possibile sia localizzare i tessuti patologici con le immagini sia distruggerli
con dosi elevate e mirate di radiazioni.

(da Wikipedia)

120
uno in terapia, per essere sicuri che la terapia colpisca gli stessi punti evidenziati dalla
diagnostica.
A sinistra, risonanze pre- e post-terapia: pur
essendo rimaste delle lesioni piccoline, molte
sono scomparse ed altre si sono ridotte
notevolmente. Il risultato è che il paziente ha
ricominciato a camminare e da cinque anni
deambula senza aver più avuto bisogno di
interventi chirurgici.
Il problema potrà esserci quando,
eventualmente, si presenterà l'ennesima
recidiva, perché il ri-trattamento con questi
farmaci si assocerà a problemi di
radioprotezione.
La terapia metabolica è importante perché può
dare un buon effetto terapeutico in casi anche
molto complicati, come questo, dove la
radioterapia non potrebbe essere sfruttata.

Essendo la PET-TC con 18F-FDG un esame ampiamente utilizzato, alla fine della lezione il Professore
propone un esempio di utilizzo comune di tale tecnica.

PET-TC – Cancro del Polmone


Cenni sulla neoplasia polmonare
Il carcinoma polmonare rappresenta una delle più frequenti neoplasie:

 Ha una incidenza di 250.000 casi/anno


 E’ in aumento soprattutto nel genere femminile
 Rappresenta la principale causa di morte per cancro nei paesi industrializzati.
 La sopravvivenza a 5 anni è inferiore al 10% e presenta una mortalità di 35.000 casi/anno
Esistono due grandi famiglie di carcinoma polmonare:
- SCLC (Small Cell Lung Cancer) ha una origine neuroendocrina, generalmente a partire dal
sistema APUD bronchiale (da cellule di Kulchitsky). E’ un tumore estremamente aggressivo (tempo
di raddoppiamento medio di 50 giorni circa), tant’è che spesso alla diagnosi risulta essere già
disseminato. Risponde bene alla terapia sia radio che chemio.
- NSCLC (Non Small Cell Lung Cancer) corrisponde alla maggior parte delle neoplasie polmonari
(intorno al 70%), ha una origine epiteliale e, seppur presenti un comportamento decisamente
meno aggressivo rispetto al precedente (tempo di raddoppiamento di circa 180 giorni), risulta poco
sensibile alle terapie standard.
- Forme miste forme decisamente più rare
Nella lezione si tratterà in particolare del NSCLC per il quale è possibile utilizzare la PET con 18F-FDG.
Ne esistono 3 forme:
 Squamocellulare: deriva all’epitelio dei bronchi di medio e grosso calibro ed è tipico dei
fumatori. Se non è disseminato in genere ha una buona prognosi
 Adenocarcinoma: deriva dalle componenti ghiandolari, presente anche nel non fumatore.
 Carcinoma a grandi cellule: deriva solitamente dai bronchioli. Può anche esprimere marcatori
neuroendocrini, quindi potenzialmente si potrebbero utilizzare anche altri tipi di radiofarmaci
specifici.

Per la STADIAZIONE dello NSCLC si utilizza il metodo TNM, dove:


 T = ossia il tumore primitivo che in base all’estensione, alla localizzazione e al coinvolgimento di
altre strutture definiamo può essere classificato come T1, T2, T3 o T4.
(Vedi slide riassuntiva che sarà aggiunta appena disponibile)

 N = coinvolgimento linfonodi locoregionali.


Quelle mostrate a lato nella slide sono le stazioni che vengono normalmente utilizzate nella valutazione
dei linfonodi locoregionali.
La seconda slide mostra invece una semplificazione a colori (il professore la definisce non del tutto
corretta, ma utile a scopo mnemonico) che consente di visualizzare con più facilità i linfonodi che
permettono di classificare la neoplasia come N1 o N2.
(Anche in questo caso le slide saranno aggiunte appena disponibili)
Conoscere il parametro N è importante a scopo prognostico, il coinvolgimento dei linfonodi centrali
indica infatti una maggior possibilità di diffusione.
 M = metastasi a distanza
(A questo punto della lezione vengono proiettate delle slide che saranno aggiunte appena possibile che
mostrano degli esempi di neoplasie polmonari. Il professore le legge velocemente e in maniera poco
dettagliata.)
Esempio T1
Esempio T2
Esempio T3
Esempio T4
In base ai parametri T, N ed M si può definire lo stadio di malattia: ad esempio una neoplasia T3 che
invade la parete toracica (e può anche arrivare alla carena) ma che non possiede linfonodi locoregionali
metastatici e non presenta metastasi è classificata come stadio IIB.
(Slide stadio aggiunte appena disponibili)
Conoscere lo stadio permette poi di valutare, in base alle evidenze e ai dati che si trovano in letteratura,
il trattamento più appropriato per quella particolare patologia.
(Slide trattamento in base a stadio)
Nell’esempio di prima, il paziente con neoplasia polmonare di stadio II, potrebbe essere trattato
chirurgicamente, come anche si potrebbe utilizzare una terapia adiuvante e anche una radioterapia con
scopo curativo se non è possibile effettuare una chirurgia.

Il Professore ci tiene a sottolineare il fatto che a seconda della neoplasia esistono dei sistemi di
stadiazione diversi; il medico di medicina nucleare è tenuto a conoscere tutti i sistemi di stadiazione in
modo da poter effettuare una precisa valutazione del tumore.

UTILIZZO DELLA PET IN AMBITO POLMONARE


La PET in ambito polmonare ha un ruolo consolidato in:
 Valutazione del nodulo polmonare solitario
 Esecuzione di Staging.
 Valutazione di linfoadenopatia mediastinica sospetta
 Identificazione metastasi a distanza dal momento che si tratta di una metodica panesplorante
 Valutazione di ricorrenza di malattia
Altre evidenze crescenti ma minori in:

 Planning della radioterapia: si utilizza per effettuare un piano di radioterapia in base alla
captazione
 Valutazione della risposta al trattamento (sono stati fatti grandi passi avanti negli ultimi anni)
 Indicatore prognostico
 Ruolo nel SCLC (ci sono meno evidenze con il 18F-FDG, ovviamente cambiando tracciante la
situazione è diversa)

NODULO POLMONARE SOLITARIO


Nardelli Mattia
Marin Nicolò
Mustaj Sindi
Rev. Deluca Federico Lez. 01 Medicina Nucleare Prof. Cecchin, 07/10/2019
Seconda la statistica, 1 su 500 RX evidenzia un nodulo polmonare; di questi 1 su 2 è maligno.
Con la sola TC risulta difficile stabilire con certezza la malignità dei noduli: fattori che indicano benignità
sono generalmente la presenza di grasso e calcio, al contrario i margini spiculati del nodulo depongono
verso il maligno.
Sono però presenti numerosi casi dubbi, in questo caso di solito si procede con una biopsia transtoracica
broncoscopica, procedura piuttosto invasiva e che presenta diverse complicanze (es pnx).
È quindi consigliato sfruttare una metodica altamente sensibile (96%), specifica (78%), accurata e non
invasiva come la PET/TC.
Tale procedura si basa sul calcolo del SUV (Standardized Uptake Value). Questo valore serve a dare un
indice numerico alla captazione, in particolare convertiamo il numero di fotoni in un numero, il SUV
appunto, che viene calcolato non solo a partire dalla PET/TC, ma anche tenendo conto di tutta una serie
di altri parametri (peso, altezza, glicemia) in modo da standardizzare tale valore (da sbobina canale B: in
modo tale che il numero che vedo prima della terapia sia confrontabile con quello post-terapia e che sia
inoltre confrontabile entro certi limiti tra paziente e paziente).
La letteratura riporta che se il SUV > 2,5 il nodulo è molto sospetto di malignità.
Bisogna però porre attenzione perché vi è la possibilità di falsi positivi e falsi negativi:
- Falsi positivi: tutte le condizioni infiammatorie croniche, granulomatosi, neurofibromi, TBC
- Falsi negativi: come nei carcinoidi o nei sistemi neuroendocrini (ecco perché l’FDG non viene molto
utilizzato nello SCLC il quale ha una componente neuroendocrina).

In generale comunque, l’85% delle lesioni metabolicamente attive con SUV >2,5 risulta essere maligna.
Quindi se si ha un nodo polmonare incidentale in RX, si effettua la PET/TC e, se questo risulta captante,
c’è una buona probabilità che sia maligno
Studio clinico esemplificativo:
In tale studio sono stati presi in considerazione 585 pazienti (confrontabili per sesso, fumo, non
diabetici, senza metastasi) con nodo polmonare <2,5 cm ed è stata eseguita l’istologia.
E’ stato valutato il SUV max e si è visto che i maligni hanno generalmente un SUV maggiore, ma con
importante overlap (per esempio un nodulo da TBC può avere un SUV molto alto, addirittura di 10-15).
Il messaggio è quindi quello di non prendere il SUV come valore assoluto: in medicina non esistono
“numeri magici” che permettono di distinguere positivo da negativo.
Dalla sbobina del canale B: Il numero aiuta molto come valutazione intrapaziente, quindi nel follow up di
una terapia in una valutazione longitudinale, ma per la valutazione singola non va considerato come
definitivo.

Caso clinico 1:
Paziente paraplegico, obeso, con insufficienza
respiratoria cronica ed esiti di embolia
polmonare.

124
Alla TC viene riscontrato un nodulo polmonare apicale.

Domande da porsi nella valutazione di questo caso clinico:

1) Il NODULO è CAPTANTE? Si, è un nodulo sospetto nell’85% dei


casi.

2) ALTRE LESIONI?
Vi è la presenza di una lesione sospetta ma bisogna valutare la
presenza di altre lesioni. In questo caso è presente una lesione
ulteriore a livello della porzione posteriore dell’aorta ascendente:
linfonodo calcifico captante
(Difficile da vedere senza PET)

3) La STADIAZIONE?
 Lesione captante 1.9x1.7 piccola senza coinvolgimento
delle strutture vicine T1
 Vi è un coinvolgimento dei linfonodi locoregionali, in
particolare linfonodi centrali paracarenali  N2
 Non ci sono lesioni a distanza  M0
Compleassivamente TNM T1 N2 M0  Stadio IIIA (operabile
ma ad alto rischio)

Caso clinico 2:
Presenza di nodo solitario simile a quello visto precedente, invariato rispetto alla TC precedente
(eseguita 6 mesi prima).
In questo caso il NODULO CAPTA? No, quindi probabilmente non è neoplastico.
NB: Valutare se la dimensione del nodulo è aumentata solo rispetto all’imaging precedente è un
approccio sbagliato, o meglio, è giusto se si è in possesso di soli due esami, ma è sbagliato in assoluto.

125
Questo perché tra una TAC e l’altra potrebbero esserci delle variazioni di dimensione estremamente
piccole che non vengono valutate come significative, prendendo però la prima e l’ultima TAC possiamo
osservare come la somma dei piccolissimi aumenti abbia determinato nel tempo una crescita evidente
del nodulo. In altre parole, valutando gli estremi (ovvero la prima TAC rispetto al’ultima) riesco a vedere
un chiaro aumento delle dimensioni, cosa che invece non avrei notato guardando la differenza tra due
immagini temporalmente più ravvicinate.

Stadiazione NSCLC
Tradizionalmente la stadiazione dello Non Small Cell Lung Cancer viene eseguita tramite:
 TC torace con mdc
 TC addome superiore (da sbobina canale B: serve per valutare le ghiandole surrenali ed il fegato)
 Mediastinoscopia
 Se serve ago-biopsia transbronchiale
Il principale problema della CT è il fatto che utilizza un criterio dimensionale per valutare la malignità di
una lesione, ovvero si utilizza il centimetro:

 Se la lesione è <1 cm viene considerata benigna


 Se la lesione è > 1 cm viene considerata maligna.
L’accuratezza del criterio dimensionale è del 60-80%, ovvero sovra o sotto-stadia le lesione nel 40% dei
casi. In particolare il 75% dei linfonodi metastatici che vengono riscontrati sono sotto il cm, quindi la
valutazione esclusivamente dimensionale del linfonodo risulta difficile.
Per fare in modo che l’accuratezza diagnostica sia superiore al 60-70% si utilizza la PET-TC combinata.
Esempi:
4) Nell’immagine proiettata, all’interno del cavo ascellare, si vede un linfonodo di 10mm di dimensione
corrispondente esattamente al cut-off, di aspetto tondeggiante. Viene definito positivo o negativo?
Sulla base della valutazione dimensionale si sa che tanto più è tondeggiante tanto più è sospetto
mentre più è allungato meno è sospetto. Con la PET la lesione è captante. Quindi riassumendo
presenza di linfonodo di 1 cm alla TC, captante alle PET  LINFONODO POSITIVO. Dietro al
linfonodo in questione se ne possono osservare altri due. Uno di questi è decisamente più grande,
ma alla PET non è captante nonostante le elevate dimensioni.
5) Altro esempio proiettato mostra un linfonodo di 10mm alla TC, tondo con core lipidico centrale
(segno di benignità). Alla PET il linfonodo non è captante: viene classificato come linfonodo reattivo
negativo.
6) Ultimo esempio con linfonodo di 17 mm alla TC, forma allungata e presenza di core lipidico al suo
interno. Alla PET risulta non captante, quindi il linfonodo è negativo.

D:Per quale motivo un processo infettivo non capta glucosio?


Il processo infettivo capta glucosio. A livello linfonodale generalmente sono le infezioni fungine e la TBC
ad essere altamente captanti, mentre i processi flogistici lo sono meno rispetto al tumore. In ogni caso è
sempre importante ricordare il fatto che il SUV non dev’essere considerato come un numero assoluto.
Per
esempio, in un paziente con febbre e che ha avuto una polmonite, bisogna stare molto attenti a definire
come neoplastico un linfonodo captante.

Caso clinico 3:
Caso di NSLCL classificato come:

T4  grossa lesione polmonare che appare come necrotico-colliquativa nella regione centrale (4.5x4.7)
N2  coinvolgimento linfonodi ilari
M1 Lesione metastatica a livello surrenalico e a livello della cresta iliaca (si vede anche nella TC, anche
se la sua individuazione risulta decisamente più difficile).
T4 N2 M1 = IV stadio  inoperabile

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