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Le Tecnologie Digitali Per La Progettazione Didattica - G.rossi

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Le tecnologie digitali

per la progettazione didattica


Pier Giuseppe Rossi
Università degli Studi di Macerata, Dipartimento di Scienze dell’Educazione
e della Formazione
doi: 10.7358/ecps-2014-010-ross pg.rossi@unimc.it

DIGITAL TECHNOLOGIES FOR LEARNING DESIGN

Abstract
The paper aims to analyze how educational technologies are changing the process of instruc-
tional design and the processes of personalization and inclusion. The contribution starts by
examining the state of the art of instructional design today and how teachers perform their
design tasks according to the approach based on «teachers’ thinking». The artefacts used in
the design process and in the digital author software to support the design itself will be then
explored. Starting from the existing scenario, future opportunities are assessed according to
the needs created by the complexity of the current context and by the potentialities of today’s
technologies. The hypothesis is the possibility of creating an artefact for design which can
merge two moments that occur before class, the design and preparation of materials. The
artefact is meant as a bridge crossing three moments of didactic activity, that is, designing,
in-class interaction and documentation. The PROPIT project («Designing for personaliza-
tion and inclusion with technologies»), which implies the use of such an artefact, will be
briefly described.

Keywords: Design, Digital artifatcs, Enactivism, Personalization, Professionalism.

1. La progettazione dell’agire didattico

Per comprendere il ruolo degli artefatti tecnologici nella progettazione di-


dattica il primo passo è indagare come i docenti pianificano la loro azione.
Wanlin (2013), confrontando varie ricerche, evidenzia che durante la proget-

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tazione i docenti focalizzano essenzialmente la loro attenzione su tre elemen-


ti: obiettivi, contenuti, attività. Due sono le possibili logiche per connettere
i tre elementi: (a) si ritiene che pur essendo connessi siano tra loro autonomi
e pertanto vadano esaminati in successione, (b) si ritiene che siano in stretta
relazione fin dalla fase inziale, come trame interne allo stesso spazio di pro-
getto, e pertanto vadano analizzati con un processo ricorsivo.
Nei modelli classici dell’ID (Instructional Design) i tre elementi sono vi-
sti come legati da una logica lineare a waterfall, ovvero dalla definizione degli
obbiettivi discende prima la scelta dei contenuti e materiali, e, poi, la strut-
tura delle attività. Così è organizzato ADDIE, il modello di progettazione
proposto negli anni sessanta per rispondere all’esigenza di realizzare percorsi
formativi di qualità per l’esercito statunitense. ADDIE, il cui acronimo sta
per Analysis, Design, Development, Implementation, Evaluation, è il capostipite
dei modelli prescrittivi successivi. Dopo ADDIE e sulla scia di ADDIE sono
stati realizzati fino ai nostri giorni molte variazioni che però mantengono del
capostipite gli elementi caratterizzanti. Nel 1997 un’indagine ha individuato
alcune centinaia di modelli (Gustafson & Branch, 1997).
Dagli anni ’90 del secolo scorso vari autori hanno criticato tali model-
li per la logica burocratica e la struttura step by step (Jonassen, 1990; You,
1993; Gordon & Zemke, 2000; Zemke, 2002; Cennano & Kalk, 2005;
Bichelmeyer et al., 2006).
Oggi la maggioranza delle analisi evidenzia la necessità di modelli non
prescrittivi che siano in grado di curvarsi sui contesti e che superino la linea­
rità (Branch & Kopcha, 2014), ma non sempre tali critiche e la proposta
di non linearità colgono i motivi più profondi per cui, a nostro avviso, la
modellizzazione di ADDIE non corrisponde alle pratiche didattiche e non è
applicabile in tutte le situazioni educative.
Il primo fattore, già sottolineato da Bichelmeyer e Tripp nel 1990, è che
difficilmente nella fase iniziale del progetto si hanno a disposizione tutti i da-
ti necessari. In base a questa considerazione gli stessi autori hanno proposto il
modello basato sul rapid prototyping.
Il secondo fattore, a mio avviso più rilevante, è che i vari elementi
(obiettivi, contenuti, strategie e metodologie) non si presentano alla men-
te del progettista isolati e collegabili con logiche induttive o deduttive, ma
già interni a processi complessi, a fili della stessa trama, che poi è l’azione
didattica. A supporto di tale analisi possono esserci di aiuto le neuroscienze.
Quando Rizzolati e Senigallia (2006) descrivono i processi connessi alla presa
di una tazzina sottolineano come la mente parta dalla visione globale dell’a-
zione e non l’analizzi come una successione di movimenti. Così l’avvicinare
il braccio e l’afferrare, ma anche l’osservare l’oggetto, il percepirlo, insieme
alla finalità del gesto, sono fortemente connessi e fanno tutti parte di un’u-

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nica azione. Tali movimenti sono modellizzati come un unico automatismo


ovvero prendere-la-tazzina-per-bere-il-caffè. Il processo vede l’azione come
un processo olistico e, se già attuata in precedenza, è simulata mentalmente
prima di essere attuata.
Da interviste effettuate con insegnanti si coglie come nel pensare l’azio-
ne didattica la loro attenzione si focalizzi sulle attività viste da subito come
un intreccio di cose da fare, di contenuti, di obiettivi, di reazioni e di com-
portamenti degli studenti. L’attenzione agli obiettivi è presente, ma raramen-
te, specialmente nei docenti esperti, da essa prende avvio la progettazione.
Laurillard evidenzia come la progettazione possa essere descritta come una
narrazione in cui le attività (parla di Learning Activities – LA) costituiscono
i nodi principali. Ugualmente Britain (2007 e 2004) parla di LA come os-
satura della progettazione. L’azione come nucleo olistico fondante nell’agire
didattico e, quindi, nella progettazione è stato approfondito anche in altre
sedi (Rossi, 2009; Rivoltella & Rossi, 2012).
Alcuni autori introducono il concetto di design space (Beadouin-Lafon
& Mackay, 2003) per descrivere la modalità complessa con cui si procede nei
processi di progettazione. Secondo tali autori i progettisti creano un design
space per ogni specifico progetto: essi esplorano questo spazio, lo espandono
o lo riducono e impongono dei vincoli mentre aggiungono ed eliminano
degli elementi. All’interno dello spazio si collocano obiettivi, contenuti e
strategie. Questo processo è iterativo e si qualifica più per la logica ricorsi-
va che riduzionista. Il progettista, infatti, raramente inizia da uno specifico
elemento e aggiunge poi in modo analitico dettagli sempre più precisi fino
alla soluzione finale. Al contrario fin dalla fase iniziale costruisce uno spazio
complesso, per poi esplorarlo viverlo e simularlo mentalmente (Gero & Kan-
nengiesser, 2002). Il docente non analizza analiticamente i vari elementi, ma
pensa all’azione didattica come a una scena di un film, in cui i componenti
sono tra loro intrecciati. Sceglie tra tutte le azioni pensate quelle che ritiene
più efficaci e più sostenibili.
L’aspetto spaziale del fare progettuale ovvero la tendenza a visualizzare,
elaborare e modificare mentalmente emerge anche dalle ricerche che partono
dal paradigma del pensiero degli insegnanti. Yinger e Clark (1982) hanno
mostrato che la visualizzazione dell’attività come si svolgerà nel contesto spe-
cifico della propria classe sembra essere un tratto essenziale del processo di
progettazione. Altri autori sottolineano come l’artefatto progettuale permet-
ta di memorizzare «l’immagine della lezione» ovvero il flusso delle sequenze
(Morine-Dershimer & Vallance, 1976; Morine-Dershimer, 1979; Smith &
Sendelbach, 1979; Tochon, 1993).

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2. Le finalità e i livelli della progettazione

Alcune indagini sulle finalità della progettazione hanno rilevato che i docen-
ti progettano per organizzare l’attività e semplificare l’azione (Sardo Brown,
1990), per accrescere l’efficacia di un’azione che si svolge in tempi limitati
(Bromme, 1982; Creemers & Westerhof, 1982; Wanlin & Bodeux, 2006) e
per diminuire il livello di incertezza (Clark & Yinger, 1979; Clark & Elmore,
1981).
La progettazione diminuisce il livello di incertezza anche grazie alla rou-
tinizzazione delle procedure. Il docente, mentre esplicita la propria proget-
tazione, prende consapevolezza, prima, ed elabora, poi, delle routine ovvero
procedure utili a controllare e coordinare sequenze di azioni e ad affrontare
situazioni che si ripetono frequentemente nella vita della classe. Sicuramente
le routine emergono in azione, ma difficilmente durante l’azione il docente
riesce a attivare quei processi riflessivi necessari per acquisirne consapevo-
lezza. Sono routine, ad esempio, le modalità con cui si inizia e si conclude
la lezione, con cui si correggono i compiti, si affrontano i momenti di stan-
chezza in classe, o le situazioni di trasgressione delle regole, oppure ancora, si
risponde alle domande e agli eventi inattesi o imprevisti. Se l’ID costruisce i
propri percorsi sulla stabilità dei contenuti e delle discipline, la progettazione
dei docenti nella scuola, si fonda maggiormente sulla risposta ad alcune situa-
zioni che si ripetono nella vita della classe e per le quali ogni docente, in base
alla sua filosofia educativa, ha costruito, più o meno consapevolmente, delle
routine. Le routine semplificano il processo di progettazione e di organizza-
zione dell’azione (Yinger, 1980).
Dalle ricerche che analizzano la progettazione partendo dal paradigma
del pensiero degli insegnanti (Shulman, 1987) emerge che nel fare proget-
tuale sono presenti differenti livelli: annuale, dei moduli o unità, settimana-
le, giornaliero (Yinger & Clark, 1982; Sardo Brown, 1988; Charlier, 1989;
Tochon, 1993; Yildirim, 2003; Wanlin, 2013). Per Tillema la natura delle
decisioni prese diviene sempre più concreta passando dal livello annuale a
quello giornaliero perché maggiormente influenzato dal contesto classe. Se
i vari livelli sono tra loro connessi la progettazione della lezione permette di
rendere più mirata anche la progettazione annuale (Tillema, 2003).
In altro contributo (Rossi, 2014) si è descritta la pianificazione come
insieme interagente di due livelli, un livello macro che contiene la progetta-
zione annuale e i moduli, uno micro che esplode la struttura della lezione. I
due livelli si rimandano continuamente e si differenziano non per la granula-
rità, ma per gli elementi su cui si focalizzano: il piano macro è più attento alla
struttura disciplinare e alla rete dei contenuti e delle competenze, il livello
micro ai mediatori, alle strategie e alle interazione didattiche.

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3. Una prima sintesi

I docenti hanno tre principali riferimenti durante la progettazione: conte-


nuti, obiettivi e strategie che, però, si intrecciano nell’attività. L’azione è lo
spazio pluridimensionale in cui opera e si incorpora la progettazione. La
rappresentazione spaziale, esplicita o mentale, accompagna frequentemente
i processi progettuali. La progettazione è finalizzata a semplificare l’azione
didattica, in particolare quando prevede la gestione di procedure complesse
e si sviluppa su più livelli tra loro collegati, ma ciascuno con caratteristiche
differenti. Potremmo pertanto affermare che la progettazione è un artefatto
semplesso e non solo in quanto la sua funzione è quella di rendere sostenibile
la gestione dell’azione didattica, ma anche perché ha il ruolo di anticipare
l’attività in classe, prevedendo come essa si svolgerà e quali difficoltà potran-
no incontrare gli studenti. Inoltre l’azione progettata, come sintesi di finali-
tà, obiettivi, strategie e dinamiche può essere vista come variabile complessa
(Berthoz, 2011).

4. Gli artefatti progettuali

Ma come si reifica la progettazione? La progettazione può essere una trac-


cia presente solo nella mente del docente, oppure essere reificata in uno o
più artefatti, cosa che avviene frequentemente per il piano annuale, spesso
anche a causa delle richieste istituzionali. Come sottolineano alcuni autori,
una progettazione esplicita incide sui percorsi di professionalizzazione degli
insegnanti in quanto facilita la riflessione sui processi e una condivisione dei
materiali tra i docenti (Britain, 2007). Anche Laurillard individua nella con-
divisione degli artefatti progettuali tra docenti un passaggio utile allo svilup-
po professionale e alla sostenibilità del processo di insegnamento.
Ma che forma hanno gli artefatti progettuali? E, poi, come le tecnologie
li stanno modificando?
Occorre precisare il termine artefatto.
Un artefatto è un’entità ideata, progettata e costruita intenzionalmente per
raggiungere uno o più scopi (Manzini, 1990; Rizzo, 2000). La caratteristica
peculiare degli artefatti è data dall’intenzionalità: essi sono il risultato di azioni
intenzionali, piuttosto che involontarie od opportunistiche. (Rossi & Toppa-
no, 2009, p. 21)

Il termine entità indica sia oggetti materiali, sia concetti. Bereiter (2002)
amplia la nozione di artefatto e parla di artefatti concettuali. Il progetto di-

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dattico, se esplicitato, in quanto reificazione di un’idea e supporto all’azione,


è un artefatto.
La ricerca in rete ha permesso di recuperare e poi analizzare le pro-
gettazioni/programmazioni annuali di alcune decine di scuole italiane o di
associazioni di insegnanti. Sono state raccolte progettazione dei tre livelli di
scuola e provenienti dalle macro regioni in cui è divisibile l’Italia (Nord-Est,
Nord-Ovest, Centro, Sud, Isole). Sono state analizzate 10 progettazioni per
ogni categoria che hanno fornito risposte omogenee e tra loro coerenti. L’e-
same si è concentrato sulla struttura dell’artefatto: nella quasi totalità dei casi
l’artefatto utilizzato è una tabella, i cui campi rispondono a logiche simili.
Le etichette dei campi non sono sempre le stesse anche se appartengono a
categorie simili. Riportiamo alcuni esempi: competenze, conoscenze, abili-
tà; competenza, obiettivi di apprendimento, obiettivi specifici, metodologia;
nuclei tematici, conoscenze, abilità; traguardi, obbiettivi, contenuti, indica-
tori di valutazione. Non molto diverse, sono le programmazioni, anche esse
presenti in rete, proposte da riviste specializzate e da comunità di insegnanti.
Ad esempio il sito Saperescuola presenta una tabella a due colonne: traguardi
per lo sviluppo delle competenze e obiettivi di apprendimento, mentre nel
sito Altervista la tabella è composta da nuclei tematici, conoscenze, abilità-
competenze.
L’uso della tabella per reificare la progettazione ha un limite in quanto
non esplicita il legame che connette i vari campi. In ogni riga si hanno va-
rie competenze, varie conoscenze e varie abilità (o altro elemento), ma non
si evince come la singola competenza si leghi alla singola conoscenza e alla
singola attività. Ancora meno comprensibile è il nesso che lega le strategie/
modalità operative e le competenze/obiettivi/abilità. Molto spesso si scrive
che per quel dato modulo si attueranno attività frontali e attività di gruppo,
ma senza ancorarle a nessuno specifico processo e senza connettere obiettivo
e task. Gli artefatti progettuali tabellari, pertanto non descrivono l’azione,
così come nessun legame tra macro e micro progettazione viene esplicitato.
Per comprendere come operano gli insegnanti nella progettazione,
seguendo l’approccio del pensiero degli insegnanti, sono stati intervistati
134 docenti di varie scuole e di ordini diversi. L’intervista era condotta da
un ricercatore universitario. Alcune domande richiedevano di descrivere le
modalità con cui si realizzava la progettazione annuale, altre su come ci si
stava preparando per la lezione del giorno dopo. Con la prima domanda si
chiede ai docenti se esplicitano le progettazioni. La quasi totalità costruisce
la progettazione annuale in forma tabellare, mentre pochissimi costruisco-
no artefatti per esplicitare la progettazione giornaliera (13%) e quelli che
lo fanno, non la realizzano con continuità (9%). Si richiedeva, poi, come e
quanto l’attività di progettazione annuale indirizzasse e supportasse le attività

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Le tecnologie digitali per la progettazione didattica

didattiche quotidiane. I docenti hanno sottolineato la separazione tra lavoro


di progettazione annuale e lavoro di aula (68%), la scarsa utilità del lavoro di
progettazione annuale (76%) e comunque un utilizzo che non ne giustifica
l’impegno e la fatica necessaria per la sua realizzazione (87%). Alcuni hanno
evidenziato come la progettazione annuale abbia fornito un guida generica
(22%), mentre la maggioranza ha vissuto il lavoro di progettazione come un
impegno burocratico e amministrativo che poco ha a che fare con la didattica
in classe (72%). Gli aspetti positivi della progettazione sono legati ai processi
riflessivi che attiva.
Gli stessi insegnanti nel descrivere le modalità con cui pianificano la
lezione del giorno dopo hanno parlato di un’attività soprattutto mentale, an-
che se nella maggioranza dei casi è accompagnata dalla ricerca o produzione
di materiali, ovvero documenti che completano l’esposizione dei contenuti
proposta dal libro di testo, immagini o video, schede di lavoro. L’uso delle
fotocopie per tali materiali è ancora dominante, anche se negli ultimi anni,
anche grazie alle LIM, sono sempre più diffusi supporti digitali che oltretutto
permettono di ampliare le tipologie di media utilizzabili. A proposito dei
materiali digitali molti docenti hanno però sottolineato una difficoltà che
spesso incontrano dovuta alla ricerca, selezione, organizzazione e catalogazio-
ne sistematica degli stessi. I materiali digitali sono recuperati o da prodotti
annessi ai libri di testo o da Internet. Una prima operazione è la selezione
non sempre facile dovuta a una qualità non omogenea dei materiali presenti
in rete e alla necessità di curvarli alle esigenze del proprio percorso. Inoltre la
maggioranza dei docenti non adotta procedure per l’archiviazione e la catalo-
gazione dei materiali stessi.

5. Tecnologie digitali per la costruzione


di artefatti progettuali
L’e-learning, il frequente utilizzo di mediatori multimediali e classi sempre
più complesse per la presenza di differenti culture, abilità e conoscenze stan-
no determinando la necessità di una progettazione articolata ed esplicita.
Dagli anni ’90 del secolo scorso sono stati attivati vari progetti per realiz-
zare standard per la progettazione, per garantirne l’integrazione dei Learning
Object negli LMS (Learning Management System ovvero ambienti di appren-
dimento online) e la condivisione fra differenti docenti. Sono stati anche
proposti programmi autore per costruire gli artefatti progettuali così come
sono stati proposte modalità per descrivere segmenti di attività che si ripe-
tono con frequenza nell’azione didattica. Tali segmenti sono definiti nella

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letteratura anglofona pattern. Come precisa Laurillard (2012) proprio perché


i pattern didattici sono un buon modo per affrontare situazioni complesse e
per far circolare le idee,
la comunità che ruota intorno alla progettazione didattica avrà anche bisogno
di strumenti che sostengono un’infrastruttura intorno a un pattern. Ci si riferi-
sce a un insieme di strumenti per creare progettazioni e archivi per immagazzi-
nare, organizzare e fornire meccanismi di accesso alle risorse create e di ricerca
delle stesse. (ivi, p. 290)

La ricerca nel settore degli ITS ha sicuramente favorito tale elaborazione, in-
tegrando nei programmi autore agenti intelligenti con funzione di supporto
e di valutazione.

6. Gli standard

Uno dei primi standard per la progettazione è stato EML (Educational Mod-
elling Language) realizzato dall’Open University of the Netherlands da cui è
derivata nel 2003 la prima versione di LD (Learning Design), prodotto dal
consorzio IMS 1 e connesso agli standard che il consorzio stesso aveva ela-
borato per LO (Learning Object). Nelle intensioni dei progettisti IMS-LD
sarebbe dovuto essere un prodotto pedagogically-free ovvero avrebbe dovu-
to supportare la progettazione indipendentemente dalla filosofia educativa
dell’insegnante. Dopo la prima implementazione sono state realizzate varie
release. Nei primi anni il progetto ha creato intorno a sé molto interesse e
vari LMS, tra cui Moodle, hanno trasformato la loro struttura per garantire
l’interoperabilità. Già alla fine della prima decade del presente millennio gli
sviluppi e soprattutto le sperimentazioni sono diminuite di molto. Abbiamo
intervistato i principali progettisti di LD e hanno evidenziato due i problemi.
Da un lato l’esplosione del web 2.0 ha proposto modalità di lavoro e pratiche
comunitarie e partecipative che ben poco avevano a che fare con il modello
LD e con la sua complessità. Dall’altro, e sicuramente questo è stato il pro-
blema principale, la realizzazione di una progettazione richiedeva molto tem-
po e presentava molte difficoltà anche operative. In realtà le esigenze tecnolo-
giche, derivanti dall’interoperabilità, hanno prevalso sulle esigenze didattiche
e il prodotto finale era laborioso e poco rispondente alle esigenze dei docenti.
Come per i modelli dell’ID, il tempo necessario per realizzare una pro-
gettazione con IMS-LD potrebbe essere giustificato solo per corsi attivati
1
http://www.imsglobal.org/index.html.

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Le tecnologie digitali per la progettazione didattica

senza modifiche per vari anni, frequentati da un gruppo numeroso di studen-


ti e messi in atto senza una significativa curvatura sul contesto.
McAndrew e Goodyear (2007) elencano i principali problemi insiti
nella progettazione supportata da programmi autore digitali in base ai mo-
delli dell’ID: un linguaggio troppo poco ricco per esprimere la complessità
del­l’agire didattico, un costo alto in termini di tempo e di conoscenze dello
specifico linguaggio, un linguaggio informatico complesso che richiede com-
petenze tecnologiche non di base (ivi, p. 93).

7. Programmi autore

In relazione ai programmi autori Britain, in una review del 2007, elenca al-
cuni programmi autore per la progettazione: Reload LD editor (costruito in
simbiosi con lo standard IMS-LD), MOT+, DialogPlus ed eXe. Se i primi due
editor sono maggiormente adatti a progettisti della formazione e richiedono
competenze tecniche avanzate, gli ultimi due non richiedono competenze
tecniche avanzate.
Laurillard (2012) in una review suddivide in diverse tipologie gli stru-
menti per la progettazione. In primis presenta i toolkit per la progettazione di-
dattica e tra questi inserisce LAMS, il toolkit proposto da Conole e Fill (2005),
iCOPER (Derntl et al., 2009) e CloudWorks 2. Elenca poi strumenti dedicati:
strumenti interattivi di progettazione (Boyle, 2008; San Diego et al., 2008), una
piattaforma personalizzabile per l’apprendimento basato sull’inquiry (Schwartz
et al., 1999; Anastopoulou et al., 2009). Infine sottolinea l’esistenza di raccolte
di risorse e archivi di LO (Boyle, 2008), raccolte di pattern (Agostinho 2006;
Mor & Winters, 2007; Derntl et al., 2009), resoconti sulle pratiche (Donald et
al., 2009), e un wiki per condividere le idee sulla progettazione didattica.
Le tecnologie digitali possono ricoprire efficacemente diversi ruoli di supporto
e, data la complessità del processo relativo alla progettazione didattica, tutti
questi metodi saranno probabilmente elementi per una infrastruttura di sup-
porto per i docenti. (Laurillard, 2012, p. 293)
Il gruppo di lavoro di cui la ricercatrice è responsabile presso il LKL (London
Knowledge Laboratory) ha realizzato il toolkit per la progettazione Learning
Designer 3 (Laurillard & Masterman, 2009; Charlton & Magoulas, 2010). Lo
strumento permette di progettare due livelli, modulo e lezione, tra loro con-
nessi. La lezione si struttura come successione di attività e il toolkit propone

2
http://cloudworks.ac.uk/cloudscape/view/1882.
3
https://sites.google.com/a/lkl.ac.uk/ldse/.

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una lista di tipologie di LTA (Learning Teaching Activities) da cui attingere


per «comporre la lezione». In tal modo permette non solo di costruire una
progettazione esplicita, ma supporta il processo. Inoltre per valutare l’arte-
fatto prodotto visualizza con un grafico a torta la presenza nel progetto delle
diverse tipologie di apprendimento per comprendere se vi sia stato un uso
equilibrato di tali tipologie.
L’uso del tool non richiede nessuna competenza tecnica. Il tool è stato
utilizzato, negli anni accademici 2013/14 e 2012/13, da oltre 200 studenti
della Laura Magistrale in Scienze Pedagogiche dell’Università degli Sudi di
Macerata. Benché il tool sia ancora in una versione beta e vada utilizzato con
una serie di accortezze, ha supportato gli studenti nella progettazione soprat-
tutto su due piani: nella implementazione e nella valutazione.
Ultimamente sono apparsi tool basati sulla logica del web 2.0 per la co-
struzione di percorsi/materiali didattici come ad esempio Blend Space. Sono
programmi interessanti in quanto permettono di creare aggregazioni efficaci di
oggetti multimediali, quali video, audio, testi e immagini, in modo semplice e
rapido. Il limite è la scarsa attenzione alle problematiche dell’insegnamento e
della didattica, ovvero supportano in modo limitato il processo di progettazio-
ne degli insegnanti. L’attenzione principale è tecnologica e non sempre risulta
facile adattare tali artefatti alle esigenze dell’educazione formale.

8. Come le tecnologie possono modificare


la progettazione
L’introduzione delle nuove tecnologie nella progettazione, così come Learn-
ing Designer ha evidenziato, permette di supportare l’attività del docente e
la sua professionalità, facilitando la realizzazioni di reti di docenti. Tali tool
da un lato connettono macro e micro progettazione, dall’altro visualizzano
strutture di attività per anticipare la lezione come rete di azioni. Ma, ed è
questa la pratica che il contributo vuole introdurre, l’artefatto progettuale
potrebbe anche essere utilizzato come mediatore didattico durante la lezione
così da supportare l’attività del docente in azione e da migliorare la motiva-
zione, l’orientamento e la partecipazione degli studenti.

8.1. Le tecnologie come aggregatori

Nel descrivere gli aspetti innovativi del digitale, in particolare in ambito edu-
cativo, nella maggioranza dei casi l’attenzione si focalizza sulla: (1) presenza

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di media diversi, anche tra loro integrati, (2) potenzialità di strumenti per
specifiche attività o procedure, quali simulazione, calcolo, costruzione di gra-
fici, automatizzazione di procedure.
Si pone minore attenzione, invece, sul fatto che la presenza delle tec-
nologie in didattica incide sul ritmo globale e sull’architettura (e visualiz-
zazione) del processo nel suo insieme. Una categoria di artefatti tecnologici
è quella degli aggregatori. Se confrontati con oggetti simili non digitali, gli
strumenti digitali garantiscono facilità e flessibilità nella predisposizione e
organizzazione, e fluidificano il passaggio tra livelli e tra differenti materiali.
Nella progettazione il digitale permette di rendere fluido il passaggio tra ma-
cro e micro progettazione e tra la struttura e i materiali. Inoltre l’aggregatore
permette di visualizzare spazialmente la progettazione stessa grazie all’utilizzo
di diagrammi di flusso o di mappe.
Se il diagramma di flusso o la mappa rendono evidente la logica reti-
colare e connessionista, il digitale permette l’inserimento nei nodi non solo
del concetto e di alcune note relative a tempi e spazi, ma anche dei link ai
materiali e ai contenuti che ne sostanziano l’articolazione o l’attività.
Si collega in tal modo il percorso alle attività, la logica della struttura
alle attività da svolgere e ai materiali da utilizzare. È questo il valore aggiunto
delle tecnologie.
Già oggi sono utilizzati in campo educativo tecnologie che aggregano
ed esplicitano la struttura mentre permettono l’accesso ai materiali. Si pen-
si all’e-portfolio che non solo «mette in ordine» vari contributi e costruisce
un elenco ragionato degli stessi, come farebbe un curriculum cartaceo, ma
permette di accedere ai documenti e passare dallo schema logico ai materia-
li. Questo ruolo «ponte» delle tecnologie rende più veloce il passaggio, ma
riduce la distanza anche concettuale tra la struttura che assegna un senso
e il materiale che dovrebbe supportare tale senso o dovrebbe validarlo. La
riduzione della distanza impatta non solo quantitativamente, ma anche qua-
litativamente sui processi logici sottesi.
Limitato è stato, finora, l’utilizzo degli aggregatori nel campo della pro-
gettazione didattica.
La proposta che segue riprende posizioni, precedentemente esplicitate,
in particolare quelle di Laurillard e di Britain, e focalizza l’attenzione sulla
potenzialità delle tecnologie per realizzare architetture, strutture pertinenti –
relevance structure (Marton & Tsui, 2004; Marton & Pang, 2006) –, pattern
e frame work progettuali (Laurillard, 2012) che a un tempo forniscano una
rappresentazione del processo e supportino le attività. Quando in didattica
si parla di strutture pertinenti, ci si riferisce prevalentemente ai contenuti
trattati, ai concetti approfonditi. Non sempre si pensa che la struttura stessa
del progetto, ovvero del percorso da attuare, debba essere una struttura rile-

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vante e pertinente e che lo studente debba visualizzarla per percepirla come


tale.
L’esplicitazione di tali strutture impatta sia su come il docente prende
consapevolezza, anticipa e poi gestisce l’azione didattica, sia su come lo stu-
dente partecipa all’azione stessa. Se compito del docente è quello di motivare
lo studente e permettergli di generare le proprie articolazioni concettuali e
azioni (costruzione e esplicitazione), puntare l’attenzione sulla struttura del
corso e della lezione è un elemento alla base dell’allineamento tra gli obiettivi
del docente e quelli dello studente.
Un ulteriore vantaggio, che l’uso delle tecnologie potrebbe garantire, è
connesso con un altro elemento precedentemente approfondito. Si è detto
che molti docenti si raffigurano mentalmente la progettazione con un’imma-
gine spaziale. Molti software permettono la visualizzazione dei progetti con
strumenti grafici e danno corpo alle idee, fornendo sia una visione d’insieme
sia la possibilità di modificare la granularità. In altro settore Google Map per-
mette di passare dalla visione del pianeta ai particolari di una via e ogni livello
mostra dettagli diversi.

8.2 Le tecnologie come artefatti ponte nei processi

Altro effetto dell’introduzione delle tecnologie nei processi produttivi è sta-


to quello di costruire artefatti ponte tra le varie fasi dalla progettazione alla
realizzazione del prodotto. Due esempi per esplicitare il concetto. Oggi i
giornalisti producono i loro articoli già in un formato adatto alla pubblica-
zione senza passare attraverso la manipolazione del linotipista, così come il
prodotto di chi impagina va direttamente in stampa. Ugualmente lo schizzo
del­l’architetto o del designer, con la digitalizzazione, diviene un artefatto uti-
lizzabile, grazie a stampanti 3D, per costruire i modelli e, poi, per elaborare
le schede di lavorazione e i disegni esecutivi (Ciccarelli, 2002; Rossi & Top-
pano, 2009). Figure come quella del modellista sono divenute obsolete e in
vari settori si passa in modo diretto dal disegno al modello e dal modello
al prototipo. Tali cambiamenti hanno richiesto che il singolo professionista
acquisisse competenze differenti e divenisse una figura ibrida. Altre figure
ibride introdotte dalle tecnologie digitali e in particolare dal web 2.0 sono i
prosumer che superano, in parte, la divisione tra chi costruisce e chi utilizza
prodotti digitali.
Se volgiamo lo sguardo al settore della progettazione didattica si perce-
pisce immediatamente come il vento del web 2.0 non sia ancora percepibile
e che l’artefatto progettuale non abbia acquisito ancora quella longitudinali-
tà dalla fase iniziale preparatoria alla fase dell’azione didattica. Rimane uno

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Le tecnologie digitali per la progettazione didattica

strumento in mano al docente e non viene usato esplicitamente in classe


durante la lezione con gli studenti e, poi, nella documentazione. In ambito
educativo sono stati scarsamente presenti, come hanno evidenziato Carroll,
Chin, Rosson e Neale (2000) modalità operative quali l’User Centered Ap-
proach e il Partecipatory Design (Willis & Wright, 2000; Krug, 2005; Carr-
Chellman, 2007; Baek et al., 2008).

9. Un artefatto per la progettazione didattica

In base alle precedenti analisi, relative al modo di progettare degli insegna-


ti, alla necessità di una progettazione esplicita e al supporto potenziale delle
tecnologie, è stata implementata la seguente ipotesi progettuale: realizzare
un artefatto digitale che reifichi e rappresenti la struttura della pianificazione
didattica, supporti il docente nella fase di progettazione, sia utilizzabile come
mediatore didattico durante la lezione per fornire uno scaffolding all’attività
dei docenti e un orientamento agli studenti.
Le ipotesi di ricerca sono pertanto:
1. Le tecnologie forniscono alla progettazione didattica strumenti per co-
struire strutture pertinenti e flessibili anche grafiche, per meglio delineare
lo spazio concettuale dell’agire educativo, impattando sulla consapevolez-
za progettuale degli insegnanti.
2. La struttura ipertestuale garantisce una connessione tra macro e micro
progettazione.
3. La creazione dell’artefatto digitale impatta sull’allineamento tra docenti e
studenti e sull’autonomia degli studenti.
4. La struttura ipertestuale e la visualizzazione in classe rendono sostenibile
la personalizzazione e l’inclusione.
Sintetizzando quanto fino ad ora affermato, la progettazione ha come
nodi centrali le attività, si avvale di raffigurazioni spaziali, si struttura su più
livelli, tra loro connessi, ma ciascuno con una propria logica. Un artefatto
progettuale esplicito semplifica l’azione e permette al docente di gestirla e
allo studente di anticiparla e orientarsi. I principali programmi autore fino a
ora utilizzati realizzano artefatti di supporto visibili ai soli insegnanti, mentre
molti prodotti del web 2.0 esplicitano il prodotto finale, ma non accompa-
gnano i processi di progettazione. Inoltre la complessità della classe pone il
problema della personalizzazione e dell’inclusione (Giaconi & Rossi, 2014)
che, insieme alla disponibilità di molti materiali anche multimediali digitali,
richiedono strumenti a supporto della progettazione, in quanto il solo utiliz-
zo della memoria può risultare poco efficace e dispersivo. Infine progettare

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richiede tempo. Sulla strada della sua sostenibilità un passaggio potrebbe


consistere nel connettere il lavoro per ideare il percorso alla predisposizione
dei materiali didattici.
Per affrontare queste problematiche è stato promosso il progetto PROPIT
(Progettare per la personalizzazione e l’inclusione con le tecnologie).
Il progetto prevede di costruire i vari livelli progettuali con diagrammi
di flusso tra loro connessi: il diagramma della progettazione annuale i cui
nodi sono i moduli e/o le unità di apprendimento, il diagramma dei moduli/
unità i cui nodi sono le lezioni, il diagramma delle lezioni i cui nodi sono le
attività. In ogni nodo attività sono presenti alcune note con le informazioni
che gli insegnanti reputano importanti (durata, obiettivi, competenze, foca-
lizzazioni) e il link ai materiali da utilizzare, link che rimandano o a Internet
(ad esempio nel caso di video presenti in YouTube), oppure a prodotti realiz-
zati dagli insegnanti stessi (schede di approfondimento, compiti, proposte di
attività) collocati in un cloud (nelle nostre sperimentazioni utilizziamo Google
Drive che permette anche attività collaborative tra studenti).
I diagrammi pertanto reificano delle reti che collegano diacronicamente
i livelli diversi e sincronicamente i materiali utilizzati a lezione, divenendo in
tal modo uno strumento per l’insegnante nella gestione dell’azione didattica.
I diagrammi sono visualizzati in classe tramite LIM e utilizzati come
ossatura della lezione, per favorire la consapevolezza degli studenti sulla strut-
tura del percorso. La connessione tra mappe di livelli diversi permette con un
solo click di passare dalla focalizzazione della lezione del giorno alla visione
della mappa annuale evidenziando dove sia posizionato nel percorso globale
il frammento di conoscenza analizzato nella singola lezione.
La presenza dell’artefatto in classe e la facile manipolazione che caratte-
rizza gli artefatti digitali permette che gli stessi durante la lezione siano imple-
mentati aggiungendo nodi e materiali frutto degli eventi che caratterizzano
l’azione didattica. In tal modo si garantisce la flessibilità della progettazione e
la possibilità di inglobare l’evento.
L’artefatto relativo alla lezione prevede che alcuni nodi siano posti dia-
cronicamente (in successione). Ma in alcuni casi i nodi potrebbero essere
posti in parallelo così da essere utilizzati nello stesso intervallo di tempo da
gruppi diversi di studenti. I nodi presentano attività alternative tra loro e la
differenza potrebbe dipendere dal mediatore utilizzato, dal compito assegna-
to, dall’approfondimento richiesto. La sincronia impatta con l’inclusione e
la personalizzazione creando percorsi plurimi gestibili anche in autonomia
dagli studenti.
Le tecnologie digitali hanno un ruolo strategico in PROPIT. La loro
struttura reticolare facilita la rappresentazione del processo, il linguaggio di-
gitale permette di aggregare prodotti multimediali, l’utilizzo del diagramma

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Le tecnologie digitali per la progettazione didattica

tramite LIM garantisce una visione uno a molti, la presenza dei materiali nel
cloud supporta la possibilità per il singolo studente di vedere mappe e pro-
dotti sul proprio tablet o PC sia in classe sia a casa, e di operare sullo stesso.
Il supporto informatico garantisce la flessibilità e la manipolazione in tempo
reale.

10. Le attività sperimentali, i primi risultati sperimentali


e problemi emersi
Il progetto PROPIT, coordinato dal gruppo EDIT 4, è stato attivato dal Di-
partimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo
del­l’Università degli Studi di Macerata e vede coinvolti docenti dell’ateneo
maceratese, dell’Università degli Studi del Molise e dell’Università «Suor Or-
sola Benincasa» di Napoli. Al progetto hanno aderito scuole di varie regioni
e di differenti livelli 5.
Il progetto adotta la metodologia della ricerca collaborativa tra scuola
e università (Desgagnè & Larouche, 2010). Le competenze progettuali dei
docenti della scuola e la loro esperienza didattica e disciplinare si confron-
tano con le proposte del progetto, modificandole e curvandole alle esigenze
dei contesti, e con le metodologie di ricerca per la validazione del percorso,
avanzate dai ricercatori universitari.
Nel periodo febbraio-maggio 2014 sono stati realizzati singoli moduli
per mettere a punto il prototipo e testarlo nelle classi. Da settembre sono sta-
te predisposte progettazioni annuali che verranno attuate nelle classi durante
l’anno scolastico 2014/15.
L’esperienza fino ad ora realizzata ha confermato alcune ipotesi e evi-
denziato alcuni problemi.
Come è emerso da alcuni incontri tra ricercatori universitari e inse-
gnanti delle scuole, la costruzione del diagramma aumenta la consapevolezza
dei docenti, permette una gestione più precisa dei tempi e una maggiore
tranquillità nella gestione della classe. Inizialmente alcuni docenti avevano
paventato che l’uso delle mappe richiedesse tempo. Un breve periodo di ro-
daggio ha garantito un uso trasparente delle tecnologie. I problemi iniziali
hanno riguardato la didattica e la necessità di passare nella progettazione da
una logica per obbiettivi a una logica per attività.

4
http://www.editlab.it/.
5
Tra gli altri: IC Torre (PN), LS Rivoli (TO), IC Sassoferrato (AN), IC Fermi (MC),
IC Caldarola (MC), IPSIA SBT (AP), IC Pomigliano d’Arco (NA).

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Pier Giuseppe Rossi

I maggiori problemi derivano dalle tecnologie. Per la costruzione delle


mappe è stato adottato VUE (Visual Understanding Environment), prodotto
dalla Tufts University di Boston, fruibile gratuitamente. È di facile gestio-
ne, personalizzabile e presenta una struttura essenziale. Nei nodi è possibile
collocare info e materiali. Ha però due limiti. In primis non presenta quelle
funzioni che, ad esempio, possiede Blend Space per poter inserire con un sem-
plice drag and drop materiali dalla rete. Costringe i docenti a copiare indirizzi
dalla rete e a incollarli nei nodi. Inoltre, e questo è per ora il limite principale,
non vi è l’app per Android e Apple e pertanto non è utilizzabile in quelle classi
che hanno adottato il tablet.
Il problema è dunque quello che normalmente incontrano i docenti quan-
do utilizzano le tecnologie: la mancanza di specifici tool per la didattica. Per
superare tale problema Laurillard suggerisce che siano i docenti a proporre le
caratteristiche e a guidare la progettazione. Proprio in questa direzione è in atto
un progetto per la realizzazione di un artefatto tecnologico che possa soddisfare
i requisiti evidenziati dalla sperimentazione e dalla ricerca sulla progettazione.
Nel prossimo anno l’indagine si focalizzerà sia su aspetti che riguardano
lo studente, sia su aspetti che riguardano il docente. In relazione a questo
ultimo si verificherà la sostenibilità con cui riesce a gestire la personalizza-
zione e l’inclusione, e gli effetti dell’esplicitazione della progettazione sulla
professionalità e sulla condivisione. In relazione allo studente, si vuole in-
dagare come la struttura incida sul metodo di studio, sulla partecipazione e,
soprattutto, sull’autonomia con cui gestisce il percorso e sulla loro capacità di
orientarsi e avere una visione complessa e complessiva del percorso.

11. Conclusione

Una delle osservazioni più comuni, tra i docenti che attuano la sperimen-
tazione, è relativa a come il progetto possa favorire la condivisione e la di-
scussione tra colleghi e incidere sulla consapevolezza professionale. Il nodo
della professionalità docente e l’importanza del confronto e della condivisio-
ne emergono come bisogno dei docenti e come strumenti utili alla qualità
del proprio lavoro. Il legame tra professionalità e progettazione didattica è
importante, soprattutto oggi. Se Laurillard intitola uno dei suoi saggi più
recenti Teaching as a design science non è un caso. La ricercatrice vede come
nodi centrali della professionalità docente, la progettazione didattica, la ca-
pacità di anticipare e poi regolare la complessità dell’agire didattico. Visioni
riduttivistiche, che fanno riferimento a un insegnante efficace o forniscono
le ricette su quello che in assoluto funziona, sono oggi quanto mai inutili per

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Le tecnologie digitali per la progettazione didattica

affrontare realtà complesse che richiedono processi personalizzati e inclusivi,


progettati in base a un’ampia conoscenza delle strategie disponibili e alla ca-
pacità di costruire percorsi curvati sul contesto.
L’introduzione delle tecnologie nella scuola, finora maggiormente pen-
sata in direzione della multimedialità o di artefatti per specifiche attività, po-
trebbe supportare il processo ricorsivo progettazione-azione-documentazio-
ne. Un artefatto progettuale digitale, che svolga il ruolo di ponte tra le diverse
fasi dell’agire didattico, garantisce la ricorsività: è l’artefatto progettuale, è il
mediatore che in classe descrive la struttura dell’azione, è lo strumento per la
documentazione e la riflessione finale.
Le idee ci sono, le tecnologie potrebbero permetterlo, ma non abbiamo
a oggi un artefatto perfettamente performante con le caratteristiche sopra
descritte. Lo sviluppo attuale delle tecnologie non sempre è adeguato alle
richieste dei contesti formali dell’apprendimento, mentre è molto più attento
ad altri settori e ai contesti informali. Come Laurillard sostiene, finora nella
scuola sono state importate tecnologie pensate per altri settori: così è per
Power Point, per gli strumenti di comunicazione e per la scrittura. Il salto di
qualità avverrà se i docenti, gli esperti della formazione, opereranno con gli
informatici nella progettazione di nuovi strumenti, per la didattica e pensati
per la didattica. Richiede un livello diverso di progettazione interdisciplinare
degli artefatti e una consapevolezza nuova della professionalità docente. Que-
sto è lo step che ci attende.

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Riassunto
Il contributo vuole analizzare come le tecnologie dell’educazione stiano modificando il pro-
cesso di progettazione didattica e i processi di personalizzazione e inclusione. Il contributo
seguirà il seguente percorso. Si partirà dallo studio dello stato dell’arte della progettazione
didattica e dall’analisi di come oggi progettano gli insegnanti, sulla base di indagini rea­
lizzate con l’approccio del pensiero degli insegnanti. Saranno, poi, esplorati gli artefatti
utilizzati oggi nella progettazione e i programmi autore digitali per supportare la proget-
tazione stessa. Partendo dall’esistente si cercherà di indagare quali potrebbero essere le pro-
spettive future in funzione delle esigenze poste dalla complessità del contesto attuale e dalle
potenzialità delle attuali tecnologie. L’ipotesi è quelle di realizzare un artefatto progettuale
che fonda i due momenti che anticipano la lezione (la progettazione e la preparazione di
materiali), e che attraversi i tre momenti dell’agire didattico, ovvero la progettazione, l’in-
terazione in classe e la documentazione. Si descriverà sinteticamente il progetto PROPIT
(«Progettare per la personalizzazione e l’inclusione con le tecnologie») che prevede il sup-
porto di tale artefatto e i primi risultati sperimentali.

Parole chiave: Artefatti digitali, Design, Didattica enattiva, Personalizzazione, Pro­­


fessionalità.

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