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Frate Cipolla Con Domande

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(per l’introduzione vedi file Elisabetta da Messina)

Giovanni Boccaccio da Decameron


Frate Cipolla
La novella, narrata da Dioneo, è tra le più celebri del Decameron: appartiene alla sesta giornata,
dedicata a coloro che riescono a cavarsi d’impaccio grazie alla presenza di spirito e alla capacità
di usare in modo brillante e imprevedibile la parola.
Nella novella si racconta la vicenda di fra’ Cipolla, frate arguto, che per aumentare le elemosine
dei fedeli, fa leva sulla credulità popolare. Lascia intendere ai contadini del borgo di Certaldo di
essere in possesso di una preziosa e miracolosa reliquia, una penna dell’ala dell’arcangelo Gabrie-
le. In realtà si tratta di una penna di pappagallo.
Due giovani burloni, dotati di mente arguta quanto quella del frate, gli sottraggono la penna, so-
stituendola con dei pezzi di carbone, per vedere come egli riesca a uscire dall’inattesa e imbaraz-
zante circostanza.
L’abile frate, nel vedere il carbone al posto della penna, per nulla intimorito, sa rovesciare la situa-
zione a suo favore, avvalendosi di una singolare prontezza di riflessi e di una ancor più singolare
ricchezza oratoria, tutta permeata di cialtronesca comicità. Egli inventa una lunga, strampalata e
del tutto improbabile storia; dice di essere venuto fortunosamente in possesso – durante un fanta-
sioso e bizzarro viaggio – di alcuni pezzi di carbone appartenuti alle braci su cui era stato arso san
Lorenzo, di cui due giorni dopo ricorreva la festa. Ed esalta, con abile gioco di parole, le illusorie
proprietà miracolose della falsa reliquia. Il popolo di Certaldo, del tutto convinto, offre al frate ele-
mosine così abbondanti, come mai erano state raccolte prima d’allora.

L’aggettivo esprime il A Certaldo1, paese della Valdelsa, era solito andare ogni anno a raccogliere le
giudizio del narratore,
che rivela apertamen- elemosine fatte al suo ordine dagli sciocchi un frate di Sant’Antonio2, che si chia-
te il suo disprezzo per mava Frate Cipolla, accolto volentieri non meno per il suo nome che per la de-
i fedeli creduloni. vozione alla Chiesa, anche perché quel territorio produce cipolle famose in tut-
Nuovo intervento del ta la Toscana. Frate Cipolla era piccolo, rosso di capelli e con la faccia simpati-
narratore che ironizza ca; amava molto le allegre compagnie; inoltre, pur essendo ignorante, era un ot-
sul nome del frate.
timo parlatore e pronto alla battuta. In quella campagna era compare, amico o
conoscente quasi di tutti. Secondo le abitudini, il mese di agosto andò, tra gli al-
tri paesi, anche a Certaldo, e una domenica mattina, mentre tutta la buona gen-
Dal latino dominae, te dei dintorni era convenuta alla messa nella chiesa parrocchiale, quando gli
che significa “signore,
padrone” in segno di parve giunto il momento giusto, si fece avanti e disse – Signori e donne, come
deferenza lusingatrice. voi sapete è vostra usanza mandare ogni anno ai poveri dell’illustre Sant’Anto-
nio parte del vostro grano e delle vostre biade3, chi poco o chi molto, secondo
la dimensione del podere e della propria devozione, affinché il Beato Sant’An-
tonio faccia per voi la guardia ai buoi, agli asini, ai maiali e alle pecore vostre;
oltre a ciò siete soliti pagare quella piccola quota che si paga una volta all’anno.
Io sono stato mandato dal mio superiore, l’abate, a raccogliere le vostre offerte
e perciò, con la benedizione di Dio, all’ora di vespro4, quando sentirete suona-
re le campanelle, verrete qui, fuori dalla chiesa, là dove, come siamo soliti fare,
Frate Cipolla, terrò la mia piccola predica e voi bacerete la croce. Oltre a ciò, poiché so che
con falsa umiltà, siete tutti devotissimi di Sant’Antonio, vi farò una grazia particolare: vi mostrerò
minimizza
le sue doti oratorie, una santissima reliquia, che io medesimo portai dalla Terrasanta5, oltremare. Si
di cui è, invece, tratta di una delle penne dell’arcangelo6 Gabriele che rimase nella camera del-
ben conscio. la Vergine Maria quando l’angelo le portò la lieta novella7 in Nazaret8.
Detto questo, tacque e ritornò alla messa. Tra i molti presenti nella chiesa, quan-
do Frate Cipolla diceva queste cose, c’erano anche due giovani molto astuti, che

1. Certaldo: borgo tra Firenze e Siena, luo- 3. biade: cereali usati per l’alimentazione di 7. la lieta novella: secondo il Vangelo sono
go di origine del Boccaccio. alcuni animali. le parole con cui l’arcangelo Gabriele an-
2. Sant’Antonio: ordine religioso fondato 4. ora di vespro: nel pomeriggio. nuncia a Maria che sarebbe divenuta la ma-
da sant’Antonio, monaco egiziano, protet- 5. Terrasanta: è la Palestina, la terra in cui dre di Gesù.
tore degli animali, vissuto tra il III e IV seco- Gesù visse e operò. 8. Nazaret: piccola città della Galilea, in Pa-
lo dopo Cristo. Nel Medioevo si era diffusa 6. arcangelo: secondo la dottrina cattolica, lestina, dove visse Gesù.
la fama che i frati di tale ordine mettessero gli arcangeli costituiscono una categoria di
in circolazione false reliquie, al fine di au- spiriti celesti, tra i più vicini a Dio, superio-
mentare le offerte dei fedeli. ri agli angeli.

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS GIOVANNI BOCCACCIO, DA DECAMERON, FRATE CIPOLLA 1


Sono gli unici due si chiamavano Giovanni del Bragoniera e Biagio Pizzini, i quali, dopo aver riso
cittadini di Certaldo tra sé della reliquia del frate, di cui tuttavia erano molto amici, decisero di fargli
che non si lasciano
ingannare dalla falsa uno scherzo a proposito di quella penna.
reliquia. Avendo saputo che frate Cipolla quel giorno avrebbe pranzato nel centro del
paese con un amico, appena seppero che si era messo a tavola, andarono all’al-
bergo dove il frate aveva lasciato i suoi bagagli, con questa intenzione: che Bia-
gio distraesse il servo di frate Cipolla, mentre Giovanni cercava tra le cose del
L’intento è di assistere frate quella penna, facendola poi sparire, per vedere come poi se la sarebbe ca-
a una gustosa e diver- vata frate Cipolla quando avesse dovuto mostrarla ai fedeli.
tente scenetta.
Frate Cipolla aveva un servo, che alcuni chiamavano Guccio Balena, altri Guc-
Soprannomi palese- cio Imbratta, altri ancora Guccio Porco. Questi era veramente un cattivo sogget-
mente dispregiativi.
to, pieno di ogni possibile difetto. A lui, lasciandolo all’albergo, frate Cipolla ave-
va affidato le sue cose, ordinandogli di non lasciare avvicinare nessuno che le
potesse toccare, specialmente le sue bisacce, che contenevano le reliquie. Ma
Guccio Imbratta era più desideroso di stare in cucina, che un usignolo sopra i
verdi rami, soprattutto se il suo fiuto di donnaiolo gli faceva sentire la presenza
di una donna. Avendone vista una nella cucina dell’albergo, grassa e grossa, pic-
La similitudine cola e malfatta, con un paio di poppe così grosse, che sembravano due recipien-
sottolinea il tratto ti per portare il letame, tutta sudata, unta e affumicata, Guccio Imbratta si pre-
animalesco del
personaggio, aspetto cipitò nella cucina come un avvoltoio che si getta su una carogna, dopo aver la-
che Boccaccio di- sciato la camera di frate Cipolla aperta e tutte le sue cose abbandonate. Per
sprezza. quanto fosse agosto, Guccio si pose a sedere vicino al fuoco e cominciò a par-
lare con la cameriera, che si chiamava Nuta9, e a raccontare un mucchio di fan-
donie, per rendersi interessante, ma lei non si lasciò ingannare dalle vanterie di
Guccio, che non riuscivano a nascondere la realtà del suo abito sbrindellato, del
suo cappuccio unto, dei suoi discorsi vuoti.
I due giovani trovarono dunque Guccio Porco impegnato a circuire la Nuta e,
contenti di ciò, poiché evitavano metà della fatica, senza trovare ostacoli, entra-
rono nella camera del frate, che era aperta. Videro subito la bisaccia e, dentro
di essa, avvolta in un drappo di seta, trovarono una cassettina, in cui c’era una
penna di pappagallo, di quelle della coda. Capirono che si trattava di quella, che
Lungo intervento egli aveva promesso di mostrare ai certaldesi. Certo a quei tempi era facile far
del narratore, dietro credere che la penna fosse di origine angelica, poiché le usanze lussuose del-
cui si avvertono le
considerazioni del l’Oriente non erano passate in Toscana, se non in piccolissima parte; se erano
Boccaccio. poco conosciute altrove, in quella contrada non lo erano quasi per nulla, anzi,
poiché a Certaldo perdurava ancora la semplicità un po’ rozza degli antichi, non
solo non avevano mai visto dei pappagalli, ma, per la maggior parte, non ne ave-
vano mai sentito parlare.
I due giovani, dunque, contenti per aver trovato la penna, la presero e, per non
lasciare la cassettina vuota, visti dei pezzi di carbone in un angolo della stanza,
riempirono con quelli la cassetta, quindi la richiusero e lasciarono ogni cosa co-
me l’avevano trovata. Senza essere visti da alcuno, si allontanarono con la pen-
na e cominciarono ad aspettare che cosa avrebbe detto frate Cipolla trovando
carboni al posto della penna.
Ancora un aggettivo I fedeli semplicioni che erano nella chiesa, sentendo che avrebbero visto la pen-
che rivela il disprezzo na dell’arcangelo Gabriele, terminata la messa tornarono a casa e sparsero la vo-
del narratore per
l’ignoranza dei ce. Così, dopo il pranzo, una gran massa di uomini e donne si affollò nel centro
popolani. del paese, tanto che vi si stava a stento, tutti con un gran desiderio di vedere la
famosa penna. Frate Cipolla, dopo aver ben pranzato e ben riposato, alzatosi po-
co prima delle quindici, si accorse che si era ormai radunata una gran quantità
di contadini per vedere la penna; allora mandò a dire a Guccio Imbratta di ve-
nire con le campanelle, portando le bisacce. Questi, staccatosi con qualche fa-
tica dalla cucina e dalla Nuta, raggiunse il centro del paese a passo lento, ansi-
mando, perché il bere smodatamente lo aveva appesantito. Seguendo gli ordini

9. Nuta: diminutivo di Benvenuta.

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di frate Cipolla, si pose sulla porta della chiesa e cominciò a suonare le campa-
nelle. Quando tutto il popolo si fu radunato, frate Cipolla, senza essersi accorto
di ciò che era successo alle sue bisacce, cominciò la sua predica e fece un lun-
go discorso, molto opportuno per i suoi scopi. Poi, essendo giunto il momento
dell’esposizione della penna, dopo aver recitato solennemente il “Credo”, fece
accendere due grossi ceri e, toltosi il cappuccio, in segno di reverenza, comin-
ciò lentamente a sviluppare il drappo di seta che avvolgeva la cassettina.
Spannung. A questo punto disse alcune parole in lode dell’arcangelo Gabriele e della sua
reliquia, quindi aprì la cassetta. Quando la vide piena di carboni, non pensò af-
fatto che ne fosse responsabile Guccio Balena, perché non riteneva che fosse ab-
bastanza furbo per un’azione del genere e neppure lo maledisse, per non aver
impedito che altri la facesse, ma bestemmiò10 silenziosamente contro se stesso,
che aveva affidato le proprie cose a Guccio, conoscendolo negligente, disubbi-
diente, trascurato e smemorato. Tuttavia, senza cambiar colore, alzò la faccia e
le mani al cielo e disse ad alta voce, in modo che tutti lo udissero: – O Dio, sem-
pre sia lodata la tua potenza! –. Poi richiuse la cassetta e, rivolto ai fedeli, disse:
Inizio del racconto – Signori e donne, voi dovete sapere che, quando ero ancora molto giovane, io
nel racconto.
fui mandato dal mio superiore in quelle terre dove appare il sole11 e mi fu affi-
dato l’incarico di cercare, finché non li trovassi, i privilegi12 del Porcellana13, i
Giro di parole, quali, per quanto non costassero nulla di bollo, sono molto più utili agli altri che
sconfinante nel non
sense, che allude alla a noi. Per questa ragione, messomi in cammino, allontanandomi da Vinegia e
completa inutilità andandomene per il Borgo dei Greci, quindi cavalcando per il Regno del Garbo
di tali privilegi.
e per Baldacca, giunsi in Parione dove, non senza soffrire la sete, dopo parec-
chio tempo giunsi in Sardegna. Ma perché vi vado enumerando tutti i paesi in
cui sono capitato?
Io finii, passato il braccio di San Giorgio14, in Truffia e in Buffia, paesi molto abi-
Luoghi immaginari
i cui nomi richiamano tati e con popoli numerosi, e di lì pervenni nella terra di Menzogna, dove trovai
i difetti dei certaldesi molti dei nostri frati e di altri ordini religiosi, i quali andavano tutti tentando di
e di molti religiosi. evitare i disagi per amor di Dio, poco curandosi della fatica degli altri, se c’era
la possibilità di guadagnarci.
Dopo giunsi alle montagne dei Baschi15, dove tutte le acque scorrono verso il
L’abilità oratoria
trasforma un fatto basso. In breve mi addentrai talmente nel territorio, che io arrivai fino in India
naturale in evento Pastinaca16, là dove, ve lo giuro per l’abito che porto addosso, io vidi volare i
straordinario.
pennati17, cosa incredibile per chi non l’avesse vista con i suoi occhi. Ma non
potendo trovare ciò che cercavo, poiché da lì in avanti si può procedere solo per
via d’acqua, tornandomene indietro, arrivai in quelle Sante Terre, dove durante
l’estate il pane freddo vale quattro denari e il caldo si ha per niente. Qui trovai
Ancora un gioco di
il venerabile padre Non-mi-blasmate-se-voi-piace18, degnissimo patriarca di Ge-
parole in quanto rusalemme, il quale, per riguardo all’abito di Sant’Antonio che io porto, volle
non è sottintesa la che io vedessi tutte le sante reliquie, che egli aveva presso di sé. Ce n’erano tan-
parola pane; il caldo
è quello della tempe- te che, se io anche volessi contarle, non ci riuscirei neppure in parecchie miglia;
ratura dell’aria. tuttavia, per non deludervi, ve ne elencherò alcune.

10. bestemmiò: il termine rinvia all’abitu- 14. Vinegia, Borgo de’ Greci, Garbo, Bal- Bosforo, ma si riferisce anche a una contra-
dine di alcuni ecclesiastici abituati a espri- dacca, braccio di San Giorgio: tutti questi da fiorentina.
mersi in termini irrispettosi. nomi sono ambivalenti, perché si riferisco- 15. Baschi: la regione dei Baschi, situata tra
11. dove appare il sole: espressione volu- no sia a luoghi lontani, sia a quartieri di Fi- Spagna e Francia, nelle fantasiose parole del
tamente equivoca, giocata sulla sostituzione renze. Vinegia è l’antico nome di Venezia e frate appare come una lontana regione
del verbo sorgere con il verbo apparire. Ci- insieme il nome di una via della città tosca- orientale.
polla vuole far pensare all’Oriente, dove na. Borgo de’ Greci, oltre che allusione alla 16. Pastinaca: pianta dalle radici dolci, qui
sorge il sole, ma di fatto si riferisce a tutti i Grecia e quindi all’Oriente, è una via del spacciata per una regione indiana.
luoghi del mondo, perché il sole appare centro di Firenze. Il Regno del Garbo è uno 17. pennati: piccole falci usate per potare.
ovunque. Stato nordafricano e il nome di una antica È un altro termine ambivalente: qui si riferi-
12. privilegi: vaga allusione a misteriosi do- contrada fiorentina, oggi detta via Condot- sce anche ai pennuti, cioè agli uccelli.
cumenti. ta. Baldacca allude alla città di Bagdad e a 18. Non-mi-blasmate-se-voi-piace: non mi
13. Porcellana: nome di un ospedale di Fi- una strada vicina a Orsammichele. Braccio biasimate per piacere. Storpiatura popolare-
renze. di San Giorgio è una denominazione del sca di un’espressione dal registro alto.

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Lo Spirito Santo Egli mi mostrò in primo luogo il dito dello Spirito Santo, così fermo e così saldo,
non ha corpo. come non fu mai; poi un ciuffo di capelli del serafino che apparve a San Fran-
cesco; un’unghia dei cherubini; una delle costole del Verbum-caro-fatti-alle-fi-
nestre19, alcuni abiti della santa Fede cattolica; molti raggi della stella che appar-
ve ai tre Re Magi in oriente; un’ampolla del sudore di San Michele, quando
combatté col diavolo; la mascella di San Lazzaro; uno dei denti della Santa Cro-
ce; una ampolletta col suono delle campane del Tempio di Salomone; la penna
dell’arcangelo Gabriele, della quale vi ho parlato. Il patriarca mi diede anche dei
carboni, con il quale fu arrostito il beatissimo martire San Lorenzo20. Io mi sono
portato tutte quelle reliquie in convento e le ho tenute tutte. È vero che il mio
superiore non ha mai permesso di mostrarle prima di verificare se sono autenti-
che o no, ma grazie ad alcuni miracoli fatti da esse e ad alcune lettere ricevute
dal patriarca, ora si è convinto della loro autenticità e mi ha dato licenza di mo-
strarle. Io, temendo di affidarle ad altri, le porto sempre con me. A dir la verità,
io porto la penna dell’arcangelo Gabriele in una cassetta, affinché sia al riparo,
e i carboni, con cui fu arrostito San Lorenzo, in un’altra, ma le due cassette so-
no così somiglianti, che spesso mi è successo di scambiarle, come è successo og-
gi: infatti io credevo di aver portato qui la cassetta con la penna, mentre ho por-
tato quella con i carboni. Tuttavia io non credo che sia stato un errore, anzi, mi
In chiusura, pare che sia stata la volontà di Dio e che Egli stesso mi abbia posto nelle mani
magistralmente, frate la cassetta dei carboni, per ricordarmi che fra due giorni sarà la festa di San Lo-
Cipolla attribuisce
al volere di Dio lo renzo. Perciò Dio ha voluto che io, mostrandovi i carboni con cui il santo fu ar-
scambio delle false rostito, ravvivi nelle vostre anime la devozione che dovete avere in lui.
reliquie, beffando
con rara arguzia i Perciò voi, figli miei benedetti, toglietevi i cappucci e avvicinatevi devotamente
due beffatori. a vedere i carboni. Prima, però, voglio che sappiate che chiunque sia toccato
Con un nuovo gioco
con un segno di croce da questi carboni, per tutto l’anno potrà essere sicuro che
di parole. Cipolla il fuoco non lo brucerà senza che lo senta.
trasforma in prodigio Dopo che ebbe detto ciò, cantando una lode di San Lorenzo, aprì la cassetta e
un fatto naturale.
mostrò i carboni.
Dopo che la moltitudine di gonzi li ebbe contemplati a lungo con devozione,
Nuovamente il
narratore esprime tutti si affollarono intorno a frate Cipolla, dando offerte più generose del consue-
disprezzo per i to e scongiurandolo di toccarli con la reliquia.
fedeli creduloni.
Per questa ragione frate Cipolla, presi in mano i carboni, cominciò a tracciare le
croci più grandi che riusciva a fare sopra i loro camicioni bianchi, i loro farsetti,
i veli delle donne, affermando che quanto più si consumavano facendo quelle
Anche se l’avventura croci, tanto più ricrescevano poi nella cassetta, così come più volte aveva costa-
è ormai conclusa, tato.
Cipolla non smette
di farsi beffe degli In questo modo, oltretutto, ricevendo moltissime offerte per aver segnato con
sciocchi. una croce di carbone tutti i certaldesi, con una pronta trovata riuscì a prendere
in giro coloro che, sottraendogli la penna, avevano voluto beffarlo.
Costoro, presenti alla sua predica, dopo aver udito quale straordinario rimedio
aveva trovato e come avesse preso il discorso alla lontana per cavarsi d’impiccio,
avevano tanto riso da smascellarsi.
Dopo che la folla dei fedeli creduloni si fu allontanata, si avvicinarono a lui fa-
cendogli gran festa e gli rivelarono ciò che avevano fatto; quindi gli resero la sua
penna, la quale l’anno seguente gli rese non meno di quanto, quel giorno, gli
avevano reso i carboni.

da L. Pesce, Le più belle storie del Medioevo, Petrini, Torino

19. Verbum-caro-fatti-alle-finestre: Vangelo di Giovanni Verbum caro factum 20. San Lorenzo: martire del III secolo do-
l’espressione è una storpiatura, non priva est, che significa “La parola di Dio si è in- po Cristo.
di una sfumatura irriverente, della frase del carnata”.

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DOMANDE

1. Per quale motivo ogni anno, nel mese di agosto, frate Cipolla si reca nel borgo di
Certaldo?
2. Qual è la falsa reliquia che il frate intende mostrare ai fedeli di Certaldo, per indurli ad
aumentare le offerte in favore del convento di Sant’Antonio? Di che cosa si tratta in
realtà?
3. Solo due persone nel paese non si lasciano ingannare dalla falsa reliquia di frate
Cipolla e deridono in segreto la promessa del frate di esibire la penna dell’arcangelo
Gabriele. Come si chiamano?
4. Chi è Guccio? Quali sono i suoi soprannomi? Qual è il suo interesse predominante?
Quale prerogativa del suo padrone cerca di emulare? Vi riesce?
5. Quale beffa architettano Giovanni e Biagio per mettere in difficoltà frate Cipolla e
divertirsi alle sue spalle? Come riesce il frate a uscire d’impaccio?
6. Riassumi la gustosa predica di frate Cipolla, soffermandoti in particolare sulla
narrazione del fantasioso viaggio.
7. Elenca almeno cinque delle false reliquie che il frate afferma di aver ricevuto dal
patriarca di Gerusalemme.
8. Riscrivi il finale della novella, ipotizzando che uno dei fedeli riesca a smascherare
pubblicamente l’inganno delle false reliquie. Sostituisciti a frate Cipolla e cerca di
escogitare una trovata per uscire dall’imbarazzante situazione.Oppure puoi
immaginare che i due amici burloni, dopo aver sottratto la penna, lascino la
cassettina vuota. Secondo te che cosa potrebbe architettare il fantasioso frate di
fronte a questa imprevista ed improvvisa sparizione? A chi potrebbe attribuire la
misteriosa scomparsa? Al diavolo, allo Spirito Santo, allo stesso arcangelo Gabriele,
a un collega invidioso, o a chi altri?

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