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Agrumi 06 Ricerca

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Gli agrumi

botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio


coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato
gli agrumi ricerca
Miglioramento genetico
Alessandra Gentile

www.colturaecultura.it
Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l.

Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l.

I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono


riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono
state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da
agenzie fotografiche.

Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 -


97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106
- 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in
alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).
ricerca

Miglioramento genetico
Il miglioramento genetico delle piante coltivate è basato sulla
Gli agrumi presentano ampia
scelta delle piante migliori all’interno di una popolazione varia-
variabilità genetica
bile, ovvero, laddove non vi è variabilità, sulla possibilità di in-
• L’ampia variabilità esistente è durla utilizzando tecniche diverse. Il programma di miglioramento
determinata da diversi fattori, quali: genetico può considerarsi concluso allorché vengono verificati in
- elevato numero di generi e specie; campo la stabilità dei caratteri e il comportamento bioagronomico
- i ntercompatibilità; complessivo del genotipo di nuova costituzione. Gli agrumi, nel
- presenza di numerosi ibridi e di una loro complesso, sono caratterizzati da un’ampia variabilità gene-
complessa genealogia; tica che è stata esplorata soltanto parzialmente e che è molto
- lunga storia di diffusione; differente tra le diverse specie anche in funzione delle diverse ca-
- diffusione in un’ampia fascia ratteristiche riproduttive. A tale proposito basti citare l’alto grado
longitudinale; di apomissia (formazione di embrioni senza che sia avvenuta la
- utilizzo a fini alimentari e medicinali; fecondazione) che contraddistingue il mandarino Cleopatra, por-
- instabilità genetica; tinnesto che si riproduce sempre per autoimpollinazione in con-
- presenza di chimere d’innesto dizioni naturali e che viene considerato pressoché omozigote, a
e citochimere autogene; differenza, per esempio, del clementine Comune, varietà autoin-
- interferenza dei fattori ambientali compatibile in cui si registra più del 50% di condizione eterozigo-
(biotici e non); te per tutti i geni.
- facilità nella propagazione gamica La maggior parte delle cultivar di agrumi si è originata da semina
e agamica di fortuna o da mutazioni gemmarie insorte in cultivar già esistenti
e, in linea generale, si può affermare che un numero relativamente
esiguo di genotipi di un certo significato commerciale si è origi-
nato da programmi di incrocio e da mutagenesi indotta. Tuttavia,
più recentemente, e in particolare per il comparto dei mandarino-
simili, il numero di nuovi individui ottenuti mediante tali tecniche è
cresciuto notevolmente anche in virtù di innovazioni agronomiche
e tecnologiche che hanno consentito di migliorare l’efficienza e
abbreviare i tempi per la valutazione dei nuovi genotipi.
La realizzazione di programmi di miglioramento genetico degli
agrumi basati sull’impiego dei metodi convenzionali è ostacolato
da diversi aspetti della biologia fiorale che condizionano e limita-
no i successi conseguibili. Tra essi vanno menzionati:
– l’elevato grado di eterozigosi a cui si aggiunge la mancanza
quasi totale di conoscenze sul controllo genetico di specifici
caratteri, molti dei quali poligenici. Pertanto, la probabilità di
ricombinare i geni desiderati di una cultivar di successo in un
ibrido è veramente esigua e le popolazioni F1 che si ottengono
sono caratterizzate da un’elevata segregazione dei caratteri;
– la lunga fase giovanile dei semenzali zigotici e nucellari che ren-
de estremamente lungo il periodo necessario per la valutazio-
ne e la selezione delle nuove varietà consentendo, di fatto, di
analizzare solo la progenie F1 impedendo lo sviluppo di pro-
grammi più lunghi. Tale aspetto determina, altresì, la necessità
di disporre di ampie superfici per la valutazione bioagronomica
dei genotipi in esame. Inoltre, le caratteristiche dei frutti ottenu-

320
miglioramento genetico

ti dalla prima fioritura e fruttificazione del nuovo individuo non


consentono di trarre indicazioni esatte in quanto spesso, in tale
fase, esse si discostano ancora da quelle che saranno proprie
dell’individuo adulto; Genomica
– la sterilità, morfologica, citologica e fattoriale, parziale o totale di
polline e ovulo che impedisce l’incrocio di alcuni genotipi quali • Al genere Citrus appartengono piante
le cultivar di arancio appartenenti al gruppo Navel, il pompelmo diploidi con una dimensione stimata
Marsh e i satsuma; del genoma aploide di circa 367 Mb e
– l’embrionia nucellare, cioè lo sviluppo di embrioni avventizi 2n = 18 cromosomi. All’inizio del 2010
somatici da cellule della nucella, che determina la formazione sono state depositate nelle banche dati
di popolazioni di semenzali geneticamente identici al genitore pubbliche le sequenze nucleotidiche
femminile con conseguente mancanza della ricombinazione ge- complete di due genotipi di agrumi.
netica. In alcuni incroci, infatti, nonostante i numerosi sforzi pro- Una linea aploide di clementine
fusi, non si ottengono ibridi o quelli ottenuti sono troppo pochi è stata scelta dall’International Citrus
per fornire una popolazione sufficientemente grande nell’ambito Genomic Consortium (ICGC) come
della quale poter ritrovare ricombinanti superiori. Questa diffi- genoma di riferimento per tutti i
coltà di incrocio assume maggiore significato per quelle specie Citrus e sequenziata con il metodo
in cui pochi o nessun genotipo monoembrionico sono disponi- whole genome shotgun (http://
bili, come per esempio in arancio e pompelmo. www.phytozome.net/clementine.
Appare evidente, pertanto, che le peculiarità della biologia ripro- php). Contemporaneamente è stata
duttiva degli agrumi rendono il lavoro di miglioramento genetico depositata una bozza della sequenza
particolarmente lento, complesso e costoso e tali difficoltà diven- della varietà Ridge Pineapple di
tano ancora più significative per la costituzione dei portinnesti arancio dolce (http://www.phytozome.
per i quali, ovviamente, sono anche da valutare, oltre all’affinità di net/citrus.php), ottenuta utilizzando
innesto e all’influenza sull’habitus vegetativo delle principali cul- metodi di sequenziamento di nuova
tivar, anche le modificazioni dei principali caratteri qualitativi dei generazione. Recentemente, anche
frutti (colore, zuccheri, acidità ecc.). Proprio perché il portinnesto un gruppo di ricerca cinese ha
influenza in maniera significativa moltissime caratteristiche bioa- sequenziato un genotipo doppio aploide
di arancio dolce (http://citrus.hzau.edu.
cn/orange/index.php) e sono in corso
risequenziamenti di decine di
genotipi. L’ottenimento di informazioni
complete relative ai genomi delle
specie ancestrali e dei genotipi coltivati
sarà utile per comprendere le basi
genetiche della diversificazione intra-
e interspecifica e per identificare
i geni chiave che regolano numerosi
caratteri di interesse agronomico.
Tali informazioni potranno in futuro
risultare utili per adottare più efficienti
programmi di miglioramento genetico

Plantule di agrumi originate da semi di una specie monoembrionica


(a destra) e da semi di una specie poliembrionica (a sinistra)

321
ricerca

gronomiche e produttive delle varietà, il miglioramento genetico


dei portinnesti ha un impatto elevato per il successo di un impian-
to agrumicolo.
Tuttavia, nonostante le difficoltà, sostanziali progressi sono stati
fatti nella costituzione di nuovi genotipi soprattutto nel gruppo dei
mandarino-simili. L’adozione delle recenti biotecnologie, quali la
variabilità somaclonale, l’ibridazione somatica e la trasformazio-
ne genetica, e la loro integrazione con gli strumenti di biologia
molecolare (marcatori per la selezione precoce assistita e cono-
scenze derivanti dal sequenziamento dell’intero genoma aploide
degli agrumi) nei programmi di miglioramento genetico offrono e
offriranno sempre più strumenti rapidi ed efficienti per la costitu-
zione di nuovi genotipi più rispondenti alle mutevoli richieste del
consumatore, soprattutto in termini di salubrità e valore nutraceu-
tico del frutto.

Obiettivi del miglioramento genetico degli agrumi


Definire i diversi obiettivi del miglioramento genetico degli agrumi
è piuttosto complicato perché bisogna considerare una moltepli-
cità di specie che vengono prodotte con finalità diverse (produ-
zione per il consumo fresco, per il succo, a fini ornamentali, come
portinnesti). Peraltro occorre ricordare come, alcune volte, obiet-
Il miglioramento genetico dei portinnesti è tivi di grande valenza sono stati realizzati in maniera inconsapevo-
determinante per il successo di un impianto
le: si pensi a tal proposito alla costituzione dei portinnesti citrange
Troyer e citrange Carrizo, originatisi da un incrocio tra Poncirus
trifoliata e arancio dolce Washington Navel realizzato con l’obiet-
tivo di trasferire il carattere di resistenza al freddo del Poncirus
nell’arancio dolce. Gli ibridi ottenuti, invece, hanno manifestato un
Particolare di fiore, frutticino e germoglio
di Poncirus trifoliata

322
miglioramento genetico

ottimo comportamento nei confronti della Phythophtora, agente


del marciume del colletto degli agrumi, facendo presto assumere
a tali portinnesti un ruolo di grande valenza, anche per la resisten-
za alla tristeza (CTV, Citrus Tristeza Virus) da essi manifestata ed
ereditata dal genitore Poncirus.
In linea generale, volendo distinguere tra le varietà e i portinne-
sti, gli obiettivi prioritari dei programmi di miglioramento genetico
possono essere così schematizzati:
– v arietà:
a) caratteristiche della pianta: precoce entrata in produzione,
elevata produttività, costante produzione;
b) caratteristiche del frutto: pezzatura, apirenia, contenuto in
succo, epoca di maturazione interna ed esterna, facilità di
sbucciatura per i mandarini, contenuto in solidi solubili tota-
li, acidità del succo, resistenza del frutto maturo sull’albero,
elevata resistenza in post-raccolta, contenuto in composti
nutraceutici (vitamina C, antocianine ecc.);
–p  ortinnesti:
a) caratteristiche della pianta: velocità di accrescimento, svi-
luppo dell’apparato radicale, adattabilità a condizioni pedo-
logiche limitanti (contenuto in calcare, struttura e tessitura Pianta di limone affetta dal malsecco
del suolo, salinità), adattabilità a condizioni climatiche av-
verse (resistenza alle gelate, all’aridità), resistenza a stress
biotici (Phytophthora, Armillaria mellea, nematodi, virus e
viroidi ecc.);
b) caratteristiche dei frutti: elevata resa in semi poliembrionici.

Metodi di miglioramento genetico


Selezione clonale e nucellare
La maggior parte delle cultivar di agrumi oggi utilizzate ha avu-
to origine da mutazioni gemmarie sorte spontaneamente; la loro
frequenza è piuttosto rilevante, soprattutto se si confronta con
quella riscontrata in altri fruttiferi, e varia in funzione della spe-
cie e della cultivar: è più elevata nel satsuma, nell’arancio dolce
e nel clementine di quanto non sia nel limone, nel cedro e nel
pompelmo. L’insorgenza delle mutazioni è anche influenzata dal-
le condizioni ambientali e dalle pratiche colturali realizzate, per
esempio la potatura, che determina lo sviluppo di gemme latenti
e avventizie. Recentemente è stato dimostrato che almeno una
delle cause responsabili di modifiche dell’assetto genetico del-
le piante di agrumi è rappresentata dalla presenza di elementi
trasponibili abbondantemente distribuiti sui cromosomi che, in
seguito al verificarsi di alcune condizioni, saltano su regioni nuo-
ve del cromosoma, impedendo o modificando l’espressione dei
geni dove questi si inseriscono, e, pertanto, determinando l’in-
sorgenza di nuovi caratteri.
Il processo di selezione prevede, dopo aver individuato la mu- Gommosi provocata da Phytophthora
tazione di interesse, il prelievo della marza del ramo mutato e il

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ricerca

conseguente innesto per la valutazione dell’uniformità delle ca-


ratteristiche rilevate per alcuni anni (2-3). Avuta la certezza della
stabilità della modificazione insorta, il nuovo genotipo viene ri-
sanato attraverso la tecnica del microinnesto e la nuova varietà
viene innestata su diversi portinnesti per una valutazione com-
plessiva.
Non tutte le modificazioni individuate portano al rilascio di un
nuovo genotipo. Infatti, in agrumicoltura è piuttosto comune il
verificarsi di un fenomeno noto con il termine di “chimera” che
consiste nella contemporanea presenza di tessuti di differente co-
stituzione genetica; in realtà tale fenomeno può anche originarsi
per irregolarità dei processi mitotici o per effetto dell’innesto. Le
chimere possono essere autogene o sintetiche. Nel primo caso la
modificazione riguarda una cellula dell’apice vegetativo e, in fun-
zione dello strato istogeno che è interessato, si parla di mutazioni
periclinali, mericlinali e settoriali. Le chimere sintetiche invece non
riguardano una modificazione dell’assetto genetico della cellula
dell’apice meristematico, ma si originano in seguito allo sviluppo
di gemme avventizie nel punto di innesto di due bionti. Pietro Nati
nel 1624 ha descritto la “bizzarria” che successivamente Tanaka
(1927) identificò come composta da una parte interna di cedro e
uno strato esterno di arancio amaro. Nel complesso, l’insorgenza
Arancio amaro variegato tratto da Antonio di tali chimere di innesto è rara e non ha rilevanza sul piano ap-
Targioni Tozzetti
plicativo.
Nelle forme chimerali di tipo periclinale o mericlinale le modifi-
cazioni non vengono trasmesse per seme rendendo, pertanto,
instabili tali forme; per esempio, è stato riportato che piante diver-
se di arancio Shamouti producono semenzali con caratteristiche

Bizzarria tratta da Antonio Targioni Tozzetti


Chimera settoriale in frutti di arancio

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miglioramento genetico

rispondenti al tipo e semenzali, invece, con caratteristiche tipiche


dell’arancio Beledi. Tale fenomeno è legato, infatti, all’origine chi-
merale dell’arancio Shamouti che ha avuto origine, probabilmen-
te, come mutazione senza semi insorta in una branca di arancio
Beledi. Un altro esempio di tale tipo è la produzione di frutti co-
siddetti “apiati” (erroneamente attribuita alla puntura delle gemme
da parte delle api) in piante di arancio Ovale le cui caratteristiche
sono riconducibili a quelle del Biondo Comune. Diversi sono i casi
riportati in letteratura e che riguardano la comparsa di piante con
caratteri ancestrali come, per esempio, piante con frutti di tipo
cedro in limone Villafranca. È comunque importante sottolineare
come tutte le cultivar che presentano un’origine chimerica siano
instabili; una possibilità per la selezione soltanto dei tipi con le ca-
ratteristiche mutate può essere rappresentata dall’isolamento di
semenzali nucellari ottenuti anche mediante l’impiego di tecniche
di coltura in vitro.
La maggior parte delle modificazioni genetiche che si verifica in Frutti variegati di arancio Valencia originatisi
natura è peggiorativa e può determinare uno scadimento delle da mutazione periclinale
caratteristiche delle cultivar interessate. Risulta fondamentale,
pertanto, in questo caso, individuarle ed eliminarle con la potatura
per mantenere lo standard varietale.
Nonostante la selezione di nuovi genotipi attraverso l’insorgen-
za di mutazioni spontanee sia certamente un processo lungo e
difficile, essa rappresenta senza dubbio il metodo più utilizzato
per il miglioramento genetico degli agrumi, probabilmente per-
ché consente di mantenere la maggior parte delle caratteristiche
originarie negli individui che mutano e perché essi non devono
superare la fase giovanile tipica dei semenzali per essere valutati
nelle caratteristiche qualitative dei frutti. L’origine, per esempio,
dell’arancio Washington Navel e di tutti i relativi mutanti precoci
(Naveline, Newhall) e tardivi (Chislett, Powell ecc.) nella matura-
zione è a carico dell’arancio Selecta in cui è insorta la mutazione
relativa alla formazione del navel (ombelico) nel frutto. Anche la
moltitudine di clementine oggi disponibili caratterizzati da epo-
che diverse di maturazione (da quelli molto precoci ai tardivi) si è
originata a partire dal clementine Comune a seguito di mutazioni
gemmarie, così come i numerosissimi cloni di arancio Tarocco
diversificati per morfologia del frutto, caratteristiche qualitative ed
epoca di maturazione.
La selezione nucellare è stata molto utilizzata nel passato per il
risanamento dalle malattie da virus. Essa consiste nel propagare
i semenzali nucellari ottenuti dalle cultivar poliembrioniche che
risultano essere virus-esenti. Tuttavia, le piante nucellari pre-
sentano caratteri giovanili quali l’eccessiva spinescenza, che si
mantiene anche dopo diversi cicli di innesto, il ritardo della mes-
sa a frutto e l’insoddisfacente qualità dei frutti durante i primi
anni di fruttificazione. Attraverso la selezione nucellare è stato Cloni di arancio Tarocco
possibile ottenere linee nucellari delle più importanti cultivar di

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ricerca

arancio, mandarino e pompelmo, mentre risultati poco significa-


tivi si sono registrati per il limone in quanto i cloni nucellari sono
risultati più suscettibili al malsecco delle vecchie linee. Oggi per
Autoincompatibilità il risanamento delle varietà dalle malattie da virus si utilizza il
e partenocarpia microinnesto.
• Gli agrumi sono caratterizzati da Ibridazione
una serie di peculiarità della biologia
Oltre alla sterilità gametica, gli agrumi sono caratterizzati da fe-
riproduttiva tra le quali si distinguono
la poliembrionia, l’autoincompatibilità
nomeni di auto- e interincompatibilità che, se da un lato pongono
e la partenocarpia. A differenza di altre problemi nel momento in cui si vogliono realizzare degli incroci,
specie arboree da frutto, molte specie dall’altro offrono l’opportunità di produrre frutti apireni grazie alla
di agrumi, di fatto, riescono a produrre spiccata tendenza alla partenocarpia.
frutti in assenza di fecondazione. La È stato ipotizzato che l’autoincompatibilità fosse determinata dalla
partenocarpia e l’autoincompatibilità presenza dell’allele Sf autocompatibile dominante. Recentemen-
sono due caratteri, spesso abbinati, che te, l’analisi di progenie ottenute da incroci tra satsuma e diverse
consentono di ottenere frutti privi di semi cultivar di mandarino autoincompatibili (Fortune, Ellendale) e au-
tocompatibili (Murcott, Wilking) quali donatori di polline ha portato
• Una migliore conoscenza dell’interazione alla verifica di rapporti di segregazione che hanno consentito di
tra il polline e il pistillo nei fiori di agrumi ipotizzare che il satsuma abbia un allele autocompatibile e uno
contribuisce a realizzare programmi autoincompatibile, confermando, pertanto, il modello preceden-
di miglioramento genetico più efficienti temente proposto. Negli ultimi anni, uno studio agronomico, isto-
e a pianificare impianti commerciali più logico e molecolare ha evidenziato i rapporti di interazione tra pol-
idonei per l’ottenimento di produzioni line e pistillo in genotipi auto- e intercompatibili durante il percorso
apirene. La letteratura scientifica
del polline all’interno dello stilo. Sono stati altresì individuati alcuni
relativa allo studio del meccanismo di
geni candidati coinvolti nel meccanismo dell’incompatibilità.
autoincompatibilità degli agrumi è stata
L’autoincompatibilità è assai frequente nel pummelo, limone, cle-
arricchita, nonostante l’importanza
mentine e in alcuni tangeli. La presenza di tale carattere è assai
economica a livello mondiale
difficile da predire in molte progenie considerando il ruolo che
della coltura, solamente negli ultimi
i diversi ancestrali hanno avuto nella costituzione genetica dei
anni. È stato sinora accertato che
genitori.
l’autoincompatibilità è sotto il controllo
Tutte le specie appartenenti al genere Citrus sono intercompati-
di un sistema proteico non del tutto
bili ed è possibile anche l’ibridazione con altri generi affini qua-
caratterizzato, simile a quello delle
li Fortunella e Poncirus. Pertanto l’incrocio ha rappresentato e
solanacee e delle rosacee. In particolare
rappresenta tuttora una delle strategie più utili per l’induzione di
per gli agrumi, studi istologici hanno
nuova variabilità.
permesso di evidenziare i drastici
Gli incroci naturali, spesso aiutati dalla diffusione operata dall’uo-
cambiamenti morfologici e fisiologici
a carico del fiore che accompagnano la
mo del germoplasma agrumicolo, e la successiva selezione, natu-
fase progamica durante l’intero processo
rale o artificiale, sono stati responsabili dell’evoluzione del genere
fecondativo. Un’ampia disponibilità Citrus attraverso la costituzione di numerose specie che combi-
di informazioni sulla biologia riproduttiva nano diverse caratteristiche delle specie considerate originarie
è di fondamentale importanza degli agrumi coltivati.
per la realizzazione di programmi La lunga fase giovanile, tipica dei semenzali zigotici e nucellari,
di miglioramento genetico. è tuttavia uno dei principali ostacoli che si incontrano nello svol-
gimento di programmi di incrocio. Il raggiungimento della frutti-
ficazione, tuttavia, che si consegue più lentamente in arancio di
quanto non avvenga nella maggior parte delle cultivar di manda-
rino, non determina anche la scomparsa di altre caratteristiche
morfologiche tipiche dello stadio giovanile, quale l’elevata spine-

326
miglioramento genetico

scenza, che può mantenersi per diversi anni. La durata della fa-
se giovanile dipende molto dal genotipo e recenti ricerche hanno
concluso che essa è sotto il controllo di diversi geni.
L’incrocio sessuale controllato, quale metodo di miglioramen-
to genetico, è certamente un processo lungo che prosegue per
passaggi successivi che vanno dalla demasculazione del fiore
della varietà selezionata, prima che il proprio polline sia maturo,
all’isolamento con tessuto non tessuto per evitare la fecondazio-
ne incontrollata, all’impollinazione controllata con il polline della
varietà donatrice prescelta opportunamente raccolto sui fiori già
demasculati, al recupero all’individuazione e alla selezione degli
embrioni zigotici, all’allevamento di moltissimi semenzali e, infi-
ne, alla selezione dei tipi migliori. I semenzali ottenuti vengono
innestati su portinnesti vigorosi al fine di ridurre i tempi per la va-
lutazione delle caratteristiche dei frutti. Al fine di individuare gli
individui zigotici, l’utilizzo del genitore femminile clementine mo-
noembrionico ha rappresentato il metodo più utilizzato, anche se
oggi la disponibilità di tecniche di analisi del DNA rendono possi-
bile conoscere con certezza l’origine dei semenzali in epoca assai
precoce. Inoltre, la popolazione di semenzali che si ottiene può
presentare caratteristiche intermedie a quelle dei genitori, alcuni
caratteri propri di uno solo dei genitori, nuovi caratteri che non
sono presenti in nessuno dei due genitori oppure caratteristiche Viaggio del polline in fiori di cultivar
incompatibili (a sinistra) e compatibili
che erano presenti nelle forme ancestrali. Pertanto, da un lavoro (a destra)
di ibridazione verranno selezionati soltanto quegli individui che
presenteranno caratteristiche specifiche migliorative rispetto a
quelle di ciascuno genitore.

Pool genico di specie di agrumi

SPECIE PRINCIPALI
C. grandis (Pummelo)
C. medica (Cedro)
C. limon C. paradisi
C. aurantium C. aurantifolia (Limone) (Pompelmo)
(Arancio amaro) (Limetta)
C. sinensis
C. reticulata (Arancio dolce)
(Mandarino)
Tangor GENERI AFFINI
Fortunella
IBRIDI
japonica
Poncirus trifoliata (Kumquat)
Orangelo
Citradia Tangelo

Citrumelo
Citrandarin
Citrange Citrangequat

327
ricerca

Nel complesso gli ibridi di agrumi possono essere così classi-


ficati:
– intraspecifici: sono incroci realizzati tra cultivar appartenenti alla
Gli ibridi di mandarino stessa specie;
– interspecifici: sono ibridi ottenuti per incrocio tra specie appar-
• Molti sono gli ibridi che hanno arricchito tenenti allo stesso genere. Molti ibridi interessanti da un punto
il panorama varietale dei mandarini
di vista commerciale appartengono a questa categoria e pre-
e sono entrati con successo nel mercato
cisamente: i tangeli (Citrus reticulata x C. paradisi) e i tangor
negli ultimi anni; tra questi si ricordano
(C. reticulata x C. sinensis);
il mandarino Primosole, molti clementine,
– intergenerici: sono difficili da ottenere anche se, allorché l’in-
alcuni ibridi triploidi
crocio è coronato da successo, gli ibridi sono vigorosi; alcuni di
• La crescente diffusione del clementine e questi ibridi hanno un’importanza assai rilevante quali portinne-
di altri ibiridi nel bacino del Mediterraneo sti (citrange e citrumelo);
è andata a discapito della coltivazione – ibridi complessi: si originano a seguito di incroci tra ibridi inter-
dei cosiddetti mandarini “veri” specifici o intergenerici e sono il risultato di due o più incroci.
• Uno degli obiettivi primari dei programmi In realtà, l’incrocio sessuale non ha contribuito in maniera sostan-
di miglioramento genetico ha riguardato ziale alla costituzione di cultivar di interesse nell’arancio dolce, nel
l’ottenimento di frutti apireni; i principali pompelmo, nel limone e nella lima. Per quanto riguarda il limone,
successi sono stati ottenuti attraverso bisogna sottolineare che, con lo specifico obiettivo di trasferire il
la costituzione di individui triploidi, carattere di resistenza al malsecco in cultivar con buone caratte-
geneticamente sterili e pertanto apireni ristiche agronomiche, sono stati eseguiti, in Italia e in altri paesi
del bacino del Mediterraneo, a partire dal 1946, numerosi incroci
• Un altro importante obiettivo tra specie e cultivar diverse, ma sino a oggi non è stato possibile
del miglioramento genetico è stato
selezionare alcun genotipo dotato sia di tolleranza al patogeno sia
l’ampliamento del calendario
di adeguate caratteristiche bioagronomiche.
di maturazione, perseguito con successo
soprattuttto nel clementine attraverso
Nell’ambito, invece, del complesso gruppo dei mandarini, l’incro-
la selezione di cloni con differente epoca
cio sessuale ha consentito di ampliare fortemente la piattaforma
di maturazione varietale. I numerosi tangor e tangeli oggi ampiamente diffusi pro-
vengono da specifici programmi di ibridazione realizzati presso
le diverse istituzioni scientifiche operanti in campo nazionale e
internazionale.
Numerosi ibridi intergenerici e interspecifici sono stati costituiti
per il raggiungimento di specifici obiettivi. Tra questi il mandari-
no Primosole, ottenuto dall’incrocio tra il mandarino Avana e il
satsuma Miyagawa, ha avuto una notevole diffusione in Italia e in
Spagna per la precocità di maturazione e l’apirenia dei frutti.
Più recentemente l’attenzione dei ricercatori in diverse regioni
agrumicole si è concentrata sulla costituzione di individui triploidi,
importanti perché sterili e pertanto caratterizzati da produzione
di frutti apireni. La lima acida Bearss (Citrus x latifolia) è un ibrido
naturale triploide originatosi presumibilmente da un incrocio tra
una lima e un altro agrume che presenta sterilità dell’ovulo e che
pertanto produce frutti apireni. I primi genotipi triploidi costituiti
per incrocio artificiale sono stati l’Oroblanco e il Melogold, ottenu-
ti dall’incrocio tra un genitore femminile 4x (pummelo Chandler) e
uno maschile 2x (pompelmo Duncan).
Frutti dell’ibrido di mandarino Primosole Altri ibridi triploidi costituiti da oltre 25 anni hanno una notevole
importanza commerciale; tra essi, per esempio, il mandarino Wi-

328
miglioramento genetico

nola rinvenuto in Israele da un incrocio tra il mandarino Wilking


e il tangelo Minneola. In Italia, il CRA-ACM di Acireale ha svolto
nell’ultimo ventennio un intenso lavoro di ibridazione utilizzando
un genitore femminile diploide monoembrionico (al fine di essere
certi sulla natura ibrida degli embrioni ottenuti) e individui maschili
tetraploidi. Dalle diverse combinazioni di incrocio che sono state
realizzate e che hanno riguardato diverse specie quali arancio dol-
ce, clementine, pummelo, limone e cedri, è emerso chiaramente
che le caratteristiche più importanti del frutto risultano fortemente
influenzate dal genitore maschile utilizzato nell’incrocio. Nell’am-
bito di tutti gli ibridi ottenuti da tale programma, alcuni di essi,
già in valutazione, hanno fatto registrare buone caratteristiche sia
in termini di produttività sia di qualità dei frutti. Anche in Spagna
sono stati recentemente costituiti interessanti ibridi triploidi (Safor,
Garbì).
Alla luce delle difficoltà biologiche e dei lunghi tempi necessari
per l’ottenimento e la valutazione degli ibridi, appare chiaro che i
programmi di miglioramento genetico basati sull’incrocio consen-
tono di valutare al massimo le progenie F1.

Mutagenesi indotta
La possibilità di indurre mutazioni mediante irraggiamento con
agenti fisici (radiazioni ionizzanti quali raggi gamma, x, UV ) o chi- Frutti di Tangelo Minneola
mici (trattamenti con colchicina, con EMS ecc.) rappresenta un
metodo potente per la produzione di nuova variabilità all’interno
della quale, successivamente, operare un’adeguata selezione.
Comunque essa venga provocata, la mutazione, a differenza di
quello che avviene mediante l’incrocio, può interessare uno qua-
lunque dei 100.000 o più geni del genoma nucleare e anche alcuni
di quelli presenti negli organelli citoplasmatici. Ciò significa che la
variabilità che viene così determinata è estremamente più ampia
e può portare a una modificazione anche in quei geni (geni ubiqui-
tari) che sono in comune tra tutte le varietà di una specie. Anche
questo metodo di miglioramento genetico presenta alcune limita-
zioni. L’azione dell’agente mutageno non può essere determinata
a priori e, pertanto, essere diretta nei confronti di uno specifico
gene; ciò significa, in altri termini, che l’alterazione a carico del
cromosoma è assolutamente casuale e può determinare l’insor-
genza di caratteristiche indesiderate e la successiva necessità di
analizzare una grande popolazione di mutanti all’interno dei quali
operare la selezione. Inoltre, tali mutazioni possono non essere
stabili nel tempo. La modificazione determinata dal fattore muta-
geno nei confronti della struttura molecolare del DNA può essere
resa vana dal ripristino della struttura originaria in seguito a ul-
teriori mutazioni geniche, traslocazioni e aberrazioni cromosomi-
che, che insorgono prima ancora che la mutazione sia manifesta
ed espressa fenotipicamente. Ovviamente, la maggior parte delle Frutti dell’ibrido triploide Safor
alterazioni positive indotte nel genoma di un organismo causano,

329
ricerca

comunque, disturbi nel sistema generale così altamente sofistica-


to, bilanciato e sinergico.
La mutagenesi indotta può portare anche alla produzione di chi-
mere settoriali e mericlinali, cioè alla produzione di mutazioni che,
in dipendenza della proporzione del settore mutato e dello strato
di cellule interessato, possono essere instabili. Grande attenzio-
ne nell’impiego di tale metodo deve essere rivolta all’adozione di
particolari accorgimenti volti a ridurre la probabilità di insorgenza
di tale fenomeno e, a tal fine, è preferibile selezionare i potenziali
mutanti nella seconda generazione dall’evento di mutagenesi.
Questo metodo di miglioramento genetico può rappresentare un
sistema particolarmente interessante per ottenere nuove cultivar,
specialmente nel caso dell’arancio dolce e del pompelmo che
non si prestano a essere modificati mediante l’incrocio. La grande
variabilità di genotipi commercialmente importanti che sono stati
ottenuti in seguito all’insorgenza di mutazioni naturali ha stimolato
fortemente l’impiego delle sostanze mutagene per il raggiungi-
mento di specifici obiettivi.
Un intenso lavoro di miglioramento genetico attraverso la muta-
genesi indotta è stato svolto nell’ultimo trentennio in Israele e più
recentemente in Sud Africa e in altri Paesi agrumicoli e sono stati
rilasciati numerosi genotipi, la maggior parte dei quali appartenen-
ti al gruppo dei mandarini. Il primo genotipo costituito utilizzando
tale tecnica è stato il pompelmo Star Ruby, selezionato da Hensz
in Texas nel 1970 in seguito al trattamento con neutroni termici di
semi di pompelmo Hudson nel 1959. La selezione ottenuta era
contraddistinta dal colore particolarmente rosso della polpa (do-
vuto all’accumulo di licopene, pigmento tipico del pomodoro) e

Origine di alcune varietà di pompelmo


Prima pianta di pompelmo
arancio
Mutazione gemmaria
Duncan
Walters Selezioni
di semenzali Royal Triumph
Marsh Jackson

Foster Cecity Frost Marsh Sun Fruit


Little River
Hudson Thompson Reed Shambar Pink Blush
Irraggiamento
Fawcett Red Burgundy Webb Ruby
Star Ruby A & I 1-48
Henderson Irraggiamento
Ray Ruby Rouge la Toma

Flame Rio Red

330
miglioramento genetico

dalla minore acidità del frutto. Cloni senza semi sono stati ottenuti
per l’arancio Pineapple, per i pompelmi Duncan e Foster, per il
clementine Monreal e per il limone Eureka a partire da gemme
ascellari o semi delle rispettive cultivar con semi.
In Italia, giovani frutticini di limone Femminello siracusano sono
stati irradiati con raggi gamma e gli ovuli non sviluppati da essi
prelevati sono stati coltivati in vitro. Da tale programma è stato se-
lezionato un mutante, denominato Femminello 2KR, che manife-
sta breve durata della fase giovanile, assenza di spine e precoce
entrata in produzione associata a ottime caratteristiche qualitative
dei frutti.
Recentemente grande attenzione è riservata ad alcuni mandari-
ni simili, ottenuti per irraggiamento con Cobalto 60 di gemme di
varietà di buone caratteristiche ma dotate di semi; tra questi, per
esempio, il mandarino Michal, privo di semi rispetto alla varietà
originaria. Il trattamento con tale agente mutageno ha consentito
di ottenere i rispettivi mutanti apireni, tra i quali il Tango, ottenuto
in California a partire da W. Murcott (Nadorcott), e il Mor, ottenuto
in Israele per irraggiamento del mandarino Murcott.

Biotecnologie innovative
Le biotecnologie innovative hanno fatto registrare nell’ultimo de-
cennio un notevole sviluppo e offrono potenzialità per il supera-
mento o, comunque, l’attenuazione di alcune problematiche con-
nesse con lo sviluppo di programmi di miglioramento genetico
degli agrumi. Nell’ambito del complesso ventaglio di tecniche
disponibili, esse possono essere fondamentalmente raggruppate
in due categorie, ciascuna delle quali deve essere considerata di
supporto ai metodi classici di miglioramento genetico.

Biotecnologie per l’ottenimento di nuova variabilità


Esistono alcune moderne tecnologie che consentono di generare
nuova variabilità allorché questa non è disponibile all’interno di
una specifica varietà o perché mediante i metodi tradizionali non
Frutti di mandarino Michal irradiato (in alto)
è possibile indurla. Tali metodi vengono indicati come “metodi pa- e frutti di mandarino Michal con semi
rasessuali” in contrapposizione a quelli sessuali. (in basso)
Tra essi, vengono ricordati, perché più ampiamente utilizzati:
– la variabilità somaclonale (compresa la selezione in vitro);
– l’ibridazione somatica;
– la trasformazione genetica.
Il primo metodo si riferisce alla possibilità di generare variabilità
in tessuti vegetali, allevati in vitro; tale variabilità può avere origini
diverse: essa può insorgere spontaneamente proprio in funzione
del metodo di coltivazione artificiale (è tanto più frequente quanto
più il metodo di coltivazione in vitro prevede il passaggio da una
fase di coltura di callo), può essere già presente nel tessuto che Selezione in vitro di calli di limone
si mette in coltura e pertanto l’allevamento in vitro ne consente utilizzando la tossina di Phoma tracheiphila
soltanto la manifestazione, ovvero può essere indotta mediante

331
ricerca

l’impiego di fattori di stress che determinano l’insorgenza di muta-


zioni. Quest’ultimo metodo ha consentito di selezionare linee cel-
lulari di agrumi che hanno manifestato tolleranza ad alcuni agenti
di stress biotici o abiotici (filtrati colturali di Phoma tracheiphila e
Phytophthora citrophthora, alte concentrazioni di NaCl ecc.).
L’ibridazione somatica consiste nell’isolare e unire due protoplasti
(cioè cellule private della parete cellulare) mediante un processo
fisico o chimico. È un metodo che consente di superare qualunque
problema legato all’incompatibilità sessuale tra i genitori che si vo-
gliono unire, dal momento che le cellule utilizzate per la fusione so-
no prelevate dal soma della pianta e non dalla linea gamica. Con-
sente, inoltre, di realizzare non un rimescolamento del patrimonio
genetico dei due partner della fusione, bensì un’addizione dei due
genomi (sia nucleare che citoplasmatico) con un risultato che è
ben diverso da quello conseguibile mediante l’incrocio sessuale.
Il limite di tale tecnica risiede nel fatto che, sebbene teoricamente
sia possibile ottenere protoplasti da qualunque individuo, è più
difficile disporre di un metodo di rigenerazione in vitro a partire da
cellule isolate. Inoltre, diventa difficile da prevedere quale nuovo
assetto genetico si avrà nell’ibrido costituito; esso potrà avere, in
funzione del fatto che la fusione sia simmetrica o asimmetrica, un
Protoplasti isolati da callo di agrumi corredo genetico tetraploide o diploide. È stato dimostrato che
individui tetraploidi posseggono caratteri complementari a quelli
dei genitori così come individui diploidi – ottenuti attraverso un
procedimento donatore-ricevente mediante il quale un genitore
a) Adesione di protoplasti isolati da
callo e da mesofillo di agrumi; b) cellula dona il DNA nucleare e l’altro quello citoplasmatico e noti con il
proveniente da fusione di protoplasto da termine di cibridi – posseggono tipi di DNA mitocondriale diver-
callo e da mesofillo (si noti il colore verde si da quelle presenti nei due genitori. Quest’ultima applicazione
e bianco della cellula al centro); c) colonie
di calli di agrumi

a) b) c)

332
miglioramento genetico

dell’ibridazione somatica ha senza dubbio una valenza maggiore


della produzione di individui tetraploidi perché consente di otte-
nere cibridi con una morfologia propria del genitore che fornisce
il DNA nucleare e con un riassortimento del DNA citoplasmatico
che, come dimostrato in altre specie, è depositario di geni assai
importanti quali quelli che codificano per la resistenza a stress di
natura biotica e abiotica.
Il numero di ibridi somatici fertili (4n=4x) è in continuo aumento
e numerosi sono i casi di individui costituiti a partire da genitori
anche sessualmente incompatibili e appartenenti a generi distanti
tra loro come Citrus e Severinia. L’università della Florida, e più
precisamente il Citrus Research Education Center, ha prodotto
un grande numero di ibridi somatici soprattutto con riferimento
alla costituzione di portinnesti, il cui giudizio complessivo dovrà
tenere conto della loro fertilità, e di nuove cultivar di arancio dolce
allotetrapoidi sviluppate per essere utilizzate quali partner nell’in-
crocio con diploidi al fine di ottenere individui triploidi.
L’induzione di nuova variabilità, in maniera mirata e specifica, può
certamente essere conseguita con l’applicazione della trasforma-
zione genetica. Tale tecnica consente di aggiungere un carattere Cellula di limone tetraploide (4n=36)
specifico a una cultivar o a un portinnesto senza modificare il pa-
trimonio genetico complessivo, evitando l’insorgenza di caratteri
non desiderati e senza dover sottostare ai lunghi tempi richiesti
dai cicli di reincrocio necessari allorché si vuole trasferire un ca-
rattere mediante i metodi sessuali.
I metodi per la trasformazione genetica sono diversi, ma certamen-
te quello più ampiamente impiegato prevede l’utilizzo di un vettore
per il trasferimento della sequenza genica che si vuole inserire. È un
metodo che non ha barriere né sessuali né filogenetiche; così geni
isolati da batteri, funghi, virus e quant’altro possono essere inseriti
nel genoma di un vegetale. Numerosi sono gli esempi di trasforma-
zione genetica degli agrumi che fanno principalmente riferimento
all’introduzione di geni per ottenere resistenza a stress biotici, in
particolare al virus della tristeza, per modificare l’habitus vegetati-
vo della pianta, per ridurre il numero di semi e il periodo giovanile
dei semenzali, per indurre resistenza ad alcuni funghi ecc. Tuttavia,
per completare il processo di trasformazione genetica è necessa-
rio disporre di un metodo efficiente di rigenerazione in vitro che, di
fatto, ha fortemente limitato il numero di specie che sono state og-
getto di trasformazione. Molte sperimentazioni, infatti, sono state
condotte impiegando soltanto alcune specie considerate modello,
quali i citrange Troyer e Carrizo e alcune varietà di arancio.
Numerosi laboratori sono impegnati nell’affinamento dei metodi
di trasformazione genetica per un grande numero di specie di
agrumi, anche se oggi il limite più importante è rappresentato dal-
la mancanza di disponibilità di geni agronomicamente importanti,
identificati, isolati e clonati da specie quanto più vicine a quelle Cellula di limone diploide (2n=18)
che si vogliono trasformare.

333
ricerca

Biotecnologie per una selezione più rapida ed efficace


All’interno di un programma di miglioramento genetico è fonda-
mentale contare su un metodo di selezione efficiente che consen-
Il miglioramento genetico del ta di individuare, in tempi rapidi e con scarsi margini di errore, gli
limone per resistenza al malsecco individui che non possiedono le caratteristiche desiderate. Allor-
ché si esegue un programma basato sull’incrocio, per esempio,
• Sin da quando questa malattia diventa indispensabile poter individuare rapidamente gli individui
si manifestò (1918) numerosi sono stati
di origine nucellare da quelli zigotici. A tale proposito, nel passato
i tentativi di trasferire il carattere
l’impiego di genotipi con caratteristiche morfologiche dominanti
di resistenza alle cultivar di limone
(quali la foglia trifogliata) rappresentava un valido aiuto per tale
• Tutte le tecniche di miglioramento finalità. Oggi le tecniche di analisi del DNA ci consentono – utiliz-
genetico, da quelle più tradizionali zando quantità assai limitate di tessuto – di distinguere gli indivi-
alle più innovative, sono state utilizzate dui sulla base delle loro differenze genetiche. Numerose sono le
a questo scopo. Si ricordano così tecniche che già esistono e continuamente delle nuove ne ven-
la selezione clonale e quella nucellare gono messe a punto rendendo il settore dei marcatori molecolari
e finanche l’incrocio che, nonostante uno di quelli più dinamici tra tutti quelli biotecnologici.
l’ottenimento di numerosi ibridi I marcatori molecolari possono essere di supporto in molte fasi dei
intraspecifici e interspecifici, programmi di miglioramento genetico condotto con le tecniche
non ha prodotto i risultati sperati. convenzionali, potendo contribuire alla scelta mirata dei genitori fi-
Anche la variazione del numero no alla selezione precoce dei semenzali, consentendo di accelerare
di ploidia è stata una strategia notevolmente le procedure classiche di selezione, specie per quei
perseguita, ma gli individui triploidi caratteri che si rivelano con difficoltà o che si esprimono solo dopo
con resistenza al malsecco non il superamento della fase giovanile. I marcatori costituiscono, infine,
presentavano soddisfacente qualità un mezzo molto efficace per la realizzazione delle mappe genomi-
dei frutti che che rappresentano uno strumento importante per l’isolamento
• Altra metodologia impiegata è stata
la mutagenesi indotta grazie alla quale
è stato ottenuto il limone 2KR che,
pur non avendo modificato
1 2 3 4
il comportamento nei confronti
del malsecco, rientra tra le cultivar
di interesse nazionale
• Tentativi sono stati effettuati anche
attraverso la selezione in vitro
con la tossina del fungo e con 7
l’ibridazione somatica con risultati solo 5 6 8
parzialmente esaustivi del problema
• Alcuni risultati interessanti sono
stati di recente ottenuti attraverso
il trasferimento, tramite trasformazione
genetica, di un gene (chit42) isolato
da un fungo e codificante per una
endochitinasi in grado di interferire
con diversi funghi patogeni
Schema per la costituzione di piante di agrumi transgeniche a partire
dall’infezione degli internodi (1, 2), il microinnesto delle gemme (3, 4)
e la rigenerazione di piante complete (5, 6) sulle quali effettuare
le verifiche molecolari (7, 8)

334
miglioramento genetico

e il clonaggio dei geni, per agevolare la selezione assistita di nuovi


genotipi ottenuti con metodi diversi. Le informazioni sulle sequenze
del genoma di agrumi, e in particolare per quelle che codificano per
specifici caratteri, sono piuttosto esigue a confronto con altre spe- Il gene delle antocianine
cie erbacee e arboree. Con la finalità di ampliare le informazioni sul-
la genomica degli agrumi, nel 2004 è stato costituito un consorzio • I flavonoidi sono metaboliti secondari,
denominato International Citrus Genome Consortium, al quale par- di cui le antocianine costituiscono
tecipano i principali Paesi agrumicoli coinvolti negli studi molecolari la principale classe. Le antocianine
sugli agrumi che hanno sequenziato il genoma del clementine. sono pigmenti di colore rosso,
porpora e blu che si accumulano
nei vacuoli, soprattutto nelle cellule
Esempio di polimorfismi microsatelliti (a) epidermiche, colorando tessuti diversi
e SNP (b) in specie di agrumi a seconda della specie. Lo studio
della biosintesi delle antocianine
a) Pummelo è stato rivolto a due tipi di geni:
strutturali, implicati nella biosintesi
delle antocianine, e regolatori,
responsabili della regolazione e del
controllo della biosintesi stessa. Nello
Limone Femminello specifico è stato dimostrato che la
struttura dei geni strutturali calcone
sintasi, diidroflavonol-4-reduttasi,
antocianidina sintasi, UDP-glucosio
flavonoide 3-O-glicosiltransferasi
Arancio amaro e glutatione transferasi è uguale
nelle accessioni di arance bionde
e pigmentate, a differenza del loro
livello di espressione che varia con la
Clementine pigmentazione. Questi dati sono stati
Comune necessari per approdare allo studio dei
geni regolatori, che si è concluso con
l’isolamento di un gene appartenente
Pompelmo Duncan alla famiglia dei Myb-like, chiamato
Ruby, la cui espressione è trascurabile
nella polpa di arance bionde, elevata
nelle cultivar pigmentate. Nello
150 160 170 specifico la differenza tra le arance
bp bionde e quelle pigmentate è ascrivibile
al promotore di Ruby, costituito da
b) un retrotrasposone, una porzione
del quale, ovvero una LTR (Long
Terminal Repeats) è responsabile della
presenza/assenza delle antocianine

335
gli agrumi ricerca
Arancio
Giovanni La Rosa

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97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106
- 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in
alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).
ricerca

Arancio
Introduzione
Il sapore amaro dei succhi Esistono due specie di arancio: l’arancio amaro (Citrus aurantium
• I succhi di agrumi, dopo un certo tempo L.), utilizzato come portinnesto, e l’arancio dolce [Citrus sinensis
dalla spremitura, tendono ad assumere (L.) Osbeck], coltivato per la produzione di frutti da destinare sia al
un sapore amaro. Responsabile consumo fresco sia alla trasformazione industriale.
è la limonina, composto terpenoide In questo capitolo tratteremo solo dell’arancio dolce. Questa
presente nei frutti sotto forma specie, ibrido naturale tra pummelo e mandarino, si è originata
di un precursore non amaro nel Sud-Est asiatico in un’area tropicale compresa tra il decimo
(monolattone dell’acido limonoico). e il venticinquesimo parallelo nord che corrisponde al nord-est
Questo è riscontrabile nell’albedo, dell’India e alla parte meridionale della Cina. Si tratta, perciò, di
nei semi, nelle membrane degli spicchi una pianta sempreverde con foglie a lamina più o meno espansa,
e nelle vescicole del succo dove, con ricca di stomi e senza strutture atte a limitare la traspirazione, con
pH intorno a 5, si mantiene stabile, esigenze idriche medio-elevate; non presenta fabbisogno in fred-
mentre passando nel succo, con pH do e con temperature al di sotto dello zero subisce danni.
intorno a 3, si idrolizza e si converte in Le prime coltivazioni di arancio sono state realizzate nei luoghi
limonina. Quando la sua concentrazione di origine; nel bacino del Mediterraneo è stato introdotto verso la
si mantiene inferiore a 6 ppm il succo metà del XV secolo. In Italia, in date diverse, sarebbe arrivato tra
è senz’altro bevibile; a partire da 9 ppm il XV e il XVI secolo a opera di navigatori genovesi e/o portoghesi,
si avverte il sapore amaro, in alcune aree della Sicilia le arance si chiamano ancora “portualli”
che si accentua fino a diventare e l’aranceto “portuallera”. Tra gli agrumi, a livello mondiale, è la
sgradevole con valori superiori a specie più diffusa, la cui produzione rappresenta quasi il 70% di
15-20 ppm. Il processo di idrolizzazione quella agrumicola totale. I maggiori Paesi produttori sono Brasile
è rallentato dalle basse temperature, e Stati Uniti, nell’area mediterranea Spagna e Italia.
perciò le spremute vanno conservate In Italia circa i due terzi della produzione di agrumi è rappresentata
in frigorifero da arance. Le regioni maggiormente interessate sono quelle meri-
dionali con in testa la Sicilia, che fornisce oltre la metà del prodot-
to; seguono Calabria, Basilicata, Puglia, Sardegna e Campania.
Frutti di Tarocco

336
arancio

Cultivar
Nel complesso le cultivar di arancio sogliono distinguersi in tre
raggruppamenti principali:
– bionde comuni; Le cultivar di arancio dolce
– bionde ombelicate (Navel);
–p  igmentate. • Bionde comuni
Un quarto raggruppamento è rappresentato dalle cultivar che - c on e senza semi
producono frutti a bassa acidità. - a lta resa in succo
La maggior parte delle varietà coltivate deriva da mutazioni gemmarie - d olci (bassi valori di limonina)
spontanee, piuttosto frequenti negli agrumi e in particolare nell’aran- - c ultivar più diffusa Valencia Late
cio. Un certo numero deriva anche da selezioni nucellari, tecnica che • Bionde ombelicate (Navel)
sfrutta il fenomeno della poliembrionia e che costituisce anche un - s enza semi
metodo di risanamento. Per questa via, però, si ottengono piante - b assa resa in succo
che presentano una fase giovanile più o meno lunga. Ormai per il - a lti valori di limonina
risanamento si preferisce fare ricorso alla pratica del microinnesto. - c ultivar capostipite Washington Navel

Bionde comuni
• Bionde pigmentate
- t ipicamente italiane
È il gruppo più antico e numeroso, comprendente cultivar che pro- - p olpa rossa per alta presenza
ducono frutti con semi e altre che producono frutti apireni; l’epoca di antocianine
di maturazione varia da precoce a tardiva. I frutti della maggior parte - s uperiore tenore di vitamina C
delle cultivar si adattano alla trasformazione industriale, poiché pre- - c ultivar più diffusa Tarocco
sentano alta resa in succo e bassi valori di limonina, un composto
che, se presente in concentrazione elevata, conferisce ai succhi un
sapore piuttosto amaro. Diversi sono i fattori che concorrono alla
sua biosintesi e alla sua evoluzione nei frutti e nei possibili derivati;
importante è il fattore genetico (cultivar) ma anche il portinnesto
può influenzare la sua concentrazione. Soggetti tipo limone (ale-
mow e rough lemon) tendono a presentare più alti contenuti.

Biondo comune. Trattasi di una cultivar popolazione tipica del-


la vecchia agrumicoltura siciliana che comprendeva diversi cloni,
spesso indistintamente coltivati. Tra essi si ricordano il Biondo ric-
cio, il Biondo di spina e il Biondo nostrale, tutti con frutti più o meno
ricchi di semi e di basso pregio, nessuno dei quali è ormai più pre-
sente in coltura. Altri cloni non di origine siciliana e a diffusione lo-
cale sono il Biondo di Tursi e il Biondo Staccia, tipici della Basilicata,
e il Tardivo di San Vito, che ha presentato un minimo di diffusione
in Sardegna.

Belladonna. Non ha avuto mai particolare diffusione a causa del-


la sua irregolare produttività; presenta una spiccata alternanza e
non è raro osservare piante per metà cariche e per metà no. Tut-
tavia i frutti sono di buona qualità, molto succosi, con pochi semi
o del tutto apireni e di gusto gradevole. È di frequente presente
negli orti annessi alle abitazioni rurali.

Ovale. Denominato anche Calabrese, deriva da una mutazione Belladonna


chimerale di Biondo comune e perciò presenta una certa instabi-

337
ricerca

lità. Spesso sulle piante si riscontrano rami che producono frutti


tipo Biondo che gli agricoltori chiamano impropriamente “apia-
ti”, mentre si tratta di un ritorno ancestrale. L’ape, ingiustamente
accusata, non può dare luogo a modificazioni dei frutti che non
derivano da un atto fecondativo ma dallo sviluppo di un tessuto
somatico che è quello dell’ovario.
È stata la cultivar italiana di maggiore pregio, apprezzata per la
bontà dei frutti e principalmente per la loro tardiva epoca di ma-
turazione. La raccolta poteva essere effettuata a maggio inoltrato;
se protratta ulteriormente si verificava un parziale rinverdimento
della buccia. I frutti, inoltre, si prestavano bene a essere conser-
vati fino all’estate, quando si utilizzavano anche ambienti freschi
naturali come grotte e luoghi esposti a tramontana.
La produttività non era sempre soddisfacente a causa di una bas-
sa plasticità; presentava aree di elezione al di fuori delle quali pro-
duceva con irregolarità. Le piante, inoltre, erano soggette al feno-
meno della rifiorenza che dava luogo alla formazione di frutti detti
Rifiorenza in pianta di Ovale bastardi inservibili per la commercializzazione e che andavano
eliminati poiché scompensavano ulteriormente l’equilibrio produt-
tivo. Da circa trent’anni non si realizzano nuovi impianti; esistono
ormai pochi vecchi impianti nei territori provinciali di Siracusa, Ca-
Chimera tania e Messina. Il suo declino è coinciso con l’introduzione del-
la cultivar Valencia a maturazione altrettanto tardiva, di maggiore
• Con il termine chimera, nella mitologia plasticità e che non presenta l’inconveniente della rifiorenza.
greca, si indicava qualcosa di mostruoso
e innaturale. In biologia si definisce
Valencia Late. La denominazione fa pensare a un’origine spa-
chimera un individuo che presenta cellule
gnola mentre quasi certamente, per la prima volta, è stata rinve-
aventi genomi diversi; nelle piante tale
fenomeno si realizza quando in una
gemma si verifica una mutazione che non
interessa l’intero cono meristematico
• La pianta che ne deriverà per
propagazione agamica conterrà tessuti
costituiti da cellule mutate e tessuti
costituiti da cellule non mutate; da ciò
la possibilità di osservare sulla stessa
pianta tratti morfologici diversi
• Di frequente in certe piante ornamentali
si alternano foglie regolarmente verdi
a foglie variegate: quelle di colore verde
hanno origine da istogeni non mutati
• La coesistenza di tessuti diversi può
determinarsi anche a seguito
di chimere d’innesto, allorquando tessuti
provenienti dai due bionti concrescono
indistintamente
Pianta di Valencia con fiori e frutti

338
arancio

nuta in un’area agrumicola del Portogallo. È la cultivar più diffusa


nel mondo, presenta ampia plasticità e in tutti i Paesi in cui è stata
introdotta raramente ha manifestato problemi di produttività.
I suoi frutti resistono a lungo sulla pianta e per un certo tempo
(aprile-maggio) coesistono con quelli del ciclo produttivo succes-
sivo. Il periodo di raccolta è piuttosto ampio e può variare da metà
marzo a tutto maggio; si conservano bene anche in post-raccolta.
La produzione, a livello mondiale, è prevalentemente destinata
alla trasformazione industriale, in quanto i frutti sono pressoché
apireni e presentano alta resa in succo.
In Italia questa cultivar che, come detto, a partire dagli anni ’70-’80
ha praticamente sostituito l’Ovale, si è diffusa abbastanza rapida-
mente e inizialmente ha avuto buon esito mercantile; tuttavia, con
il crescere della produzione l’interesse è scemato anche perché
la qualità dei frutti prodotti non sempre è ottimale, probabilmen-
te a causa di un’insufficiente disponibilità di calore; nell’ambito
dell’arancio, infatti, la Valencia è la cultivar a maggior fabbisogno
in caldo. Il diminuito apprezzamento, inoltre, è imputabile all’av- Valencia Delta
vento di cultivar Navel tardive, come la Lane Late, maggiormente
gradite dal consumatore.
Esistono diversi cloni di Valencia, i più importanti dei quali sono
Olinda, Frost, Hughes e Campbell. In Italia, a cura dell’Università
di Catania, sono stati introdotti e osservati i cloni Delta e Midk-
night originari del Sud Africa; entrambi producono frutti di buona
qualità che maturano 3-4 settimane prima rispetto a quelli di Va-
lencia Late e resistono a lungo sulla pianta.
Altre cultivar straniere di un certo rilievo sono Cadenera, Berna
e Salustiana in Spagna, Hamlin e Pineapple in Florida, destinate
esclusivamente all’estrazione dei succhi, Pera in Brasile, anch’es-
sa destinata all’industria e Shamouti in Israele; nessuna di queste
ha avuto mai diffusione in Italia.

Bionde Navel
Tutte le cultivar di questo raggruppamento producono frutti con
una cicatrice stilare più o meno ampia tale da ricordare la ci-
catrice ombelicale, da cui il nome. Ciò è dovuto al fenomeno
della sincarpia (più frutti in uno) che dà luogo alla formazione di
un frutticino parzialmente sviluppato derivante da un secondo
verticillo di carpelli. Questo si colloca nella parte distale del frut-
to principale determinando una certa pressione verso l’esterno,
causa della mancata cicatrizzazione regolare nel punto di distac-
co dello stilo dall’ovario. Altra caratteristica costante dei frutti
è l’apirenia: poiché i fiori sono sterili, le antere non producono
polline e l’embriosacco regredisce precocemente. Nella polpa si
riscontrano tracce di semi non sviluppati, rappresentati dai tegu-
menti seminali.
I frutti non sono ottimali per la trasformazione industriale perché, Valencia Midknight
in genere, presentano bassa resa in succo e alti valori di limonina;

339
ricerca

la non elevata succosità non costituisce un limite per il consumo


fresco anzi conferisce maggiore croccantezza alla polpa.
Nessuna cultivar Navel ha avuto origine in Italia.
Origini della Washington Navel
Washington Navel. È la capostipite delle cultivar di questo grup-
• Sembra che la Washington Navel abbia po; deriva da una mutazione gemmaria di Selecta, che a sua volta
emesso i primi vagiti intorno al 1820
avrebbe avuto origine in Portogallo dall’arancio “de Umbigo” già
a San Salvador de Bahia, in Brasile,
descritto all’inizio del XIX secolo. Dopo la Valencia è la cultivar più
dove avrebbe avuto origine da
diffusa nel mondo.
mutazione spontanea di una pianta
I frutti sono di pezzatura medio-elevata, maturano a partire da
di arancio Selecta; inizialmente
gennaio e possono essere raccolti fino a tutto febbraio. È presen-
venne chiamata “Bahia” e per
te nei principali Paesi agrumicoli del mondo. In Italia, inizialmente,
i primi cinquant’anni conservò tale
è stata introdotta una linea denominata Brasiliano che ha avuto il
denominazione
centro di maggiore diffusione a Ribera, in provincia di Agrigento;
• Fu a seguito della corrispondenza la sua produzione ha rifornito i mercati del Meridione d’Italia e in
tra un missionario presbiteriano particolare di Palermo.
che dimorava in Brasile e W. Sanders, Ne esistono due cloni: Brasiliano m500, risanato mediante mi-
tecnico del Dipartimento di Agricoltura croinnesto presso l’Università di Catania e Brasiliano nucella-
di Washington, che nel 1870 fu re 92 selezionato presso il Centro di Miglioramento Genetico di
importato materiale di propagazione Palermo. Successivamente è stata importata la linea nucellare
presso il suddetto dipartimento. C.E.S.3033 costituita da Frost in California. Quest’ultima, che si è
Delle piante moltiplicate per innesto, moderatamente diffusa in Sicilia, Basilicata e Sardegna, non sem-
nel 1875, tre furono inviate in California pre esprime elevata produttività.
a Luther ed Elizabeth Tibbets, che
le impiantarono nel loro giardino Navelina. È una mutazione originaria della California inizialmente
a Riverside denominata “Early Navel”. Le principali differenze con la Washing-
ton Navel consistono nella minore taglia della pianta e nell’antici-
• Per sottolineare l’importanza che a po di maturazione di circa tre settimane. I frutti sono leggermente
questa cultivar via via è stata attribuita
basti ricordare che a Riverside la pianta più piccoli, la produttività è buona e costante. Più o meno diffusa
considerata capostipite costituisce nei principali Paesi agrumicoli, nel bacino del Mediterraneo è par-
il monumento storico numero 20 ticolarmente affermata in Spagna e Italia. Nel nostro Paese la sua
della California e non c’è ricercatore
che transiti da quelle parti senza
renderle omaggio
• Non tutti gli studiosi, però, concordano
con le suddette origini; esistono diversi
indizi che fanno supporre una sua
presenza in Portogallo antecedente
al 1820. Tuttavia, solo dopo
l’introduzione negli Stati Uniti
ha inizio la sua notevole diffusione

Arancia ombelicata In evidenza la presenza


di un secondo frutticino

340
arancio

diffusione ha avuto inizio negli anni ’70 e rapidamente ha avuto


riscontri positivi di mercato in virtù della sua precocità. Il mode-
rato sviluppo della pianta, peraltro, ha consentito di aumentare
la densità degli impianti facendo ottenere elevate produzioni per
ettaro.
Nelle aree costiere dove si esalta la precocità, la raccolta può
essere effettuata a inizio ottobre, quando la buccia presenta an-
cora una pigmentazione insufficiente; in questo periodo, in gene-
re, si fa ricorso alla pratica della deverdizzazione comunemente
chiamata “stufatura”. Il successo iniziale ha fatto sì che questa
cultivar venisse impiantata anche in aree non precoci col risultato
di accrescere la disponibilità di frutti nei mesi di novembre e di-
cembre, quando già sul mercato sono presenti produzioni di tipo
pigmentato preferite dal consumatore.
Attualmente si dispone di tre cloni: uno di origine nucellare, Na-
velina ISA 315, e due da microinnesto, Navelina m35 e Navelina
V.C.R.

Newhall. Questa cultivar, anch’essa originaria della California Navelina m35


come mutazione di W. Navel, è molto simile alla Navelina per
epoca di maturazione e produttività, i frutti sono leggermente più
allungati e anticipano di qualche giorno la pigmentazione della
buccia. È abbastanza diffusa in Spagna e anche in Italia sta su-
scitando un certo interesse; ne esistono diverse selezioni, le più
note delle quali sono INIALES 55/1, SRA 182 e V.C.R.

Newhall
Brasiliano m500

341
ricerca

Navelate. È una mutazione di W. Navel rinvenuta in Spagna nel


1948 e rilasciata per la propagazione dieci anni dopo. Il Paese
dove si è maggiormente diffusa è quello di origine; in tutti gli altri
in cui è stata introdotta, compresa l’Italia, ha avuto poco succes-
so a causa della bassa produttività. In Spagna per attenuare tale
difetto si fa ricorso all’uso di fitoregolatori alliganti e a incisione
anulare.
I frutti, di ottima qualità, sono di pezzatura medio-elevata, di for-
ma tendente all’ovale e di ottimo sapore; l’epoca di maturazione è
medio-tardiva; anche se il valore del rapporto di maturazione è già
idoneo per il consumo a partire da gennaio, i frutti si mantengono
bene sulla pianta fino a marzo-aprile.

Lane Late. Attualmente è la cultivar Navel tardiva di maggiore


interesse. Il suo nome le deriva dal signor L. Lane Curlwaa, pro-
prietario dell’azienda in cui è stata rinvenuta la mutazione su una
pianta di W. Navel in Australia nel 1950. La pianta è molto simile a
Lane Late quella di W. Navel e anche i frutti si somigliano; quelli di Lane Late
hanno una buccia più sottile e più liscia, un ombelico più piccolo e
dei solchi piuttosto pronunciati che dalla zona calicina si possono
estendere fino alla zona equatoriale. I frutti, che già a fine gennaio
presentano valori sufficienti del rapporto di maturazione, resisto-
no bene sulla pianta per oltre tre mesi. In Australia, dove questa
cultivar rappresenta circa il 30% della produzione dei Navel, la
raccolta si protrae sino a fine ottobre, in Spagna, Italia e altri Paesi
dell’emisfero boreale sino ad aprile/maggio.
Le prime osservazioni condotte presso l’Università di Catania ne
hanno confermato tutte le caratteristiche positive e fino a stagio-
ne inoltrata non si sono manifestati casi di cascola pre-raccolta
e/o di granulazione, fenomeni che con una certa frequenza sono
stati segnalati in California, dove si sconsiglia l’impiego di portin-
nesti tipo limone.
Negli ultimi anni, nella parte finale della campagna di commercia-
lizzazione, i frutti di Lane Late, maggiormente graditi dai consu-
matori, tendono a sostituire quelli di Valencia.

Cara Cara. Il nome coincide con quello dell’azienda in cui è stata


scoperta la mutazione su una pianta di W. Navel nella provin-
cia di Valencia, in Venezuela, nel 1976. La particolarità di questa
cultivar è che i suoi frutti presentano un’intensa e uniforme pig-
mentazione rossa della polpa, molto simile a quella dei frutti del
pompelmo Star Ruby, il pigmento che conferisce tale caratteri-
stica, infatti, è il licopene e non gli antociani. Altra peculiarità di
questi frutti è che con la spremitura la pigmentazione si trasmette
solo in parte al succo, che appare leggermente rosato. Le re-
stanti caratteristiche dei frutti, compresa l’epoca di maturazione,
Cara Cara sono pressoché identiche a quelle di W. Navel e anche la pianta
è molto simile.

342
arancio

Presenta una certa diffusione in California e in Spagna dove è sta-


ta introdotta rispettivamente nel 1987 e nel 1988; in Italia si stanno
realizzando i primi impianti.
Esistono diverse altre cultivar di Navel; tra le tardive particolare Deverdizzazione
interesse stanno suscitando Powell e Chislett, mutazioni indivi-
duate in Australia i cui frutti possono essere raccolti un paio di • Nei frutti di agrumi prodotti da cultivar
a epoca di maturazione precoce, specie
settimane dopo rispetto a quelli di Lane Late. Le prime osserva-
se provenienti da aree dove
zioni condotte in Italia presso l’Università di Catania hanno con-
il decorso climatico di inizio autunno
fermato tali caratteristiche ribadendo, peraltro, che l’espressione
si mantiene piuttosto mite, quando
della tardività dei frutti delle cultivar Navel non è dovuta all’evo-
i valori del rapporto di maturazione
luzione dei processi di maturazione interna, ma alla loro capacità
raggiungono livelli idonei per
di mantenersi a lungo sulla pianta senza manifestare fenomeni di
la commercializzazione, la buccia può
senescenza.
presentare ancora un colore più o meno
Altre tardive sono Summer Gold e Rhode Late. Tra le precoci un
verde. Ciò è dovuto al permanere
certo interesse sta riscuotendo la Fukumoto, con epoca di matu-
della clorofilla, la cui biodegradazione
razione più o meno coincidente con quella di Navelina e Newhall.
è favorita dalle basse temperature
Oltre che in Giappone, Paese di origine, si sta diffondendo in Ca-
lifornia e Australia; in Italia non si dispone ancora di risultati circa • Considerato che il consumatore
il suo comportamento. associa il concetto di maturazione
Recentemente in Australia presso la Chislett Developments è sta- alla pigmentazione della buccia,
ta segnalata una nuova mutazione di Navelina denominata M7, i si può fare ricorso alla pratica della
cui frutti anticiperebbero di un paio di settimane la maturazione; deverdizzazione (stufatura). I frutti
a oggi gli unici dati disponibili sono quelli ottenuti nel luogo di per un certo tempo (24-72 ore) vengono
origine. posti in ambiente controllato dove,
oltre a regolare la temperatura, si
Pigmentate immette etilene, ormone tipico della
Non si ha certezza della data e del luogo in cui per la prima volta maturazione che provoca la scomparsa
compare una pianta che produce frutti a polpa rossa. Il primo a della clorofilla il cui persistere
farne cenno sembra essere il Ferrari a metà del XVII secolo in maschera la piena colorazione. Questa
Hesperides. tecnica, affinché dia buoni risultati,
Nel libro IV della trattazione si parla di mele d’oro che fanno deve essere eseguita quando i frutti
risplendere le isole in cui vengono coltivate (le Filippine). Di hanno già sintetizzato i giusti livelli
tali frutti vengono distinti cinque generi (quinquplicis generis); di pigmenti tipici quali carotenoidi,
uno di questi presenta la polpa di colore rosso e sa di uva ma xantofille e antociani
è straordinariamente differente (sapiat uvam [...] mire dispar).
L’autore racconta di aver sentito (audivi flavescere) notizie di
questi straordinari frutti da un monaco del suo stesso ordine
che a lungo e con vantaggio per la salute si era trattenuto nelle
isole.
In seguito, Risso e Poiteau, all’inizio del XIX secolo, descrivono
alcune tipologie di frutti pigmentati quali l’Oranger à pulpe Rouge
(Citrus aurantium hirochunticum), l’Oranger piriforme, l’Oranger
de Gènes e l’Oranger de Malte.
Solo dopo qualche secolo in Italia è Giuseppe Insenga in Agru-
mi siciliani a fare menzione dell’arancio ovale sanguigno (Citrus
aurantium ellipticum Nobis); va ricordato che al tempo l’arancio
amaro e l’arancio dolce erano considerati due varietà della stessa Succo rosso
specie.

343
ricerca

In seguito, nel 1935, in L’Agricoltura siciliana, è il Casella a fare


un’esauriente rassegna delle varietà pigmentate fino ad allora co-
nosciute e più o meno diffuse in coltura:
– Tarocco o T. propriamente detto o T. dal Muso;
– T. Liscio o T. Ovale o Calabrese sanguigno;
– Tarocchino;
– Sanguinello comune o Sanguigno a pignu, Sanguinello moscato
e Sanguinello moscato doppio;
– doppio sanguigno Signorelli;
– Ovaletto sanguigno;
– Vaccaro;
– Moro o Selezionato o Belladonna sanguigno;
– Sanguigno Zuccherino;
– Sanguigni di spina o di “ariddu” .

Leggendo la descrizione dell’autore si evince come nel caso della


Sanguigno più che di una varietà si trattasse di una popolazio-
ne comprendente genotipi simili, con differenze ora minime ora
marcate. A volte, infatti, si trattava di ben individuate mutazioni
Tarocchino
gemmarie, a volte di semplici semenzali.
I Sanguigni, tuttavia, hanno avuto il merito di aver costituito quasi
certamente la base genetica di partenza che ha dato origine alle
più pregiate varietà di Sanguinello, di Moro e di Tarocco. Il primo
autore a parlare della Tarocco è il Casella: “questa varietà deve il
nome alla forma che si avvicina a quella di una trottola. Conosciu-
ta nei primi anni di questo secolo (1900) si è diffusa da qualche
decennio in qua. La sua culla è stata Piedagaggi di Carlentini nella
provincia di Siracusa. Di Naro Gesualdo la riscontrò in un agrume-
to in contrada Carbone, donde si è diffusa in altre contrade dello
stesso territorio (Buonafede, Cassinino, Viciniori etc.) e in molte
altre zone agrumetate della provincia di Siracusa (Lentini, Franco-
fonte, etc.), di Catania (zone etnee e del circondario), di Caltagi-
rone e di Messina (Francavilla di Sicilia). Si può dire che non vi è
oggi territorio agrumetato dove il Tarocco non sia stato introdotto
o non si vada introducendo”.
Non dice l’autore qual è l’origine genetica, ma molto probabilmente
si tratta di una mutazione spontanea di altra cultivar a polpa rossa
di più antica esistenza. Ne descrive tre tipi: il Tarocco propriamente
detto o Tarocco dal Muso o Tarocco di Francofonte, il Tarocco Li-
scio o Tarocco Ovale o Calabrese sanguigno e il Tarocchino.
Il più importante è sicuramente il primo che è ancora oggi apprez-
zato per la forma caratteristica dei frutti, la pezzatura e il sapore;
nel tempo per successive mutazioni ha dato origine a diversi altri
cloni attualmente in coltura di cui si dirà in seguito. Scarso riscontro
ha avuto il Tarocco Liscio mentre una certa diffusione ha avuto il
Tarocchino, apprezzato per il buon sapore; la denominazione è do-
Frutti di Moro a piena maturazione vuta alla forma dei frutti che è simile a quella del Tarocco e alla pez-
zatura più piccola, ma in realtà si tratta di un tipo di Sanguinello.

344
arancio

Altra importante varietà trattata dal Casella senza indicarne la de-


rivazione genetica è l’arancio Moro o Selezionato o Belladonna
sanguigno, così descritto: “è una varietà la cui coltivazione si è
diffusa nell’ultimo decennio quasi unicamente in agro di Lentini ed Clima e pigmentazione
un po’ in quello di Carlentini, ove continua a diffondersi. A Lentini
è conosciuta anche col nome di Selezionato ed è talvolta detta • La pigmentazione, oltre che dal
anche Vaccaro, denominazione quest’ultima assolutamente erra- genotipo, è influenzata da fattori
ta, perché appartiene a varietà perfettamente distinta. Il frutto è un ambientali, in particolare dal clima;
po’ tozzo, ha pezzatura quasi sempre inferiore alla media, pericar- nelle annate con temperature minime
po mediamente spesso ed aderente al resto, endocarpo a logge più basse risulta più intensa. I frutti
ben sviluppate, con emergenze di colore rosso violaceo ricordan- prodotti dalla parte di pianta esposta
te quello dei sorosi del Morus nigra L., semi assenti o quasi, sapo- a tramontana pigmentano prima
re piuttosto gradevole che peggiora fino a diventare sgradevole a e di più di quelli esposti a mezzogiorno.
maturazione avanzata o dopo un lungo periodo di conservazione”. Altro fattore è dato dall’escursione
La colorazione delle emergenze avviene molto per tempo, prima termica tra giorno e notte: più ampio
ancora che l’esocarpo ingiallisca e costituisce il principale carat- è questo intervallo, maggiore
tere diagnostico delle varietà. Successivamente molti altri autori è la sintesi. In diverse aree della piana
hanno descritto varietà di arancio a polpa rossa e principalmente di Catania dove il massiccio dell’Etna
cloni di Tarocco, come vedremo più avanti. Nel panorama agrumi- determina forti escursioni giornaliere
colo mondiale la produzione di arance rosse riguarda quasi esclu- la pigmentazione è massima. Anche
sivamente l’Italia; in altri Paesi varietà pigmentate sono presenti la luce sembra svolgere una certa
più o meno sporadicamente e mai forniscono produzioni di una funzione. In seno alla chioma i frutti
certa entità. Ciò, principalmente, è imputabile alla bassa plasticità situati verso l’esterno pigmentano di
che esse presentano, specie per quanto riguarda i fattori climatici. più rispetto a quelli posti più all’interno
In Italia, peraltro, non in tutte le regioni agrumicole esprimono al e nello stesso frutto la parte rivolta
meglio le loro caratteristiche produttive e nella stessa Sicilia, che verso l’esterno accumula
è la regione più importante, non tutte le aree risultano ugualmente più antocianine rispetto alla parte
idonee. Le province maggiormente interessate sono quelle di Ca- rivolta verso l’interno; i frutti di piante
tania, Siracusa ed Enna. non potate o di impianti piuttosto fitti
La produzione italiana di arance rosse attualmente si avvicina a 1 sono meno colorati
milione di tonnellate e rappresenta circa il 50% di quella aranci-
cola totale. Nel passato intercettava una quota maggiore, fino a
raggiungere oltre il 70% tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli an-
ni ’80. Negli ultimi 40 anni, mentre la produzione delle pigmentate
è cresciuta di poco, quella delle bionde si è quasi raddoppiata in
seguito alla consistente diffusione delle cultivar Valencia e Na-
velina, specie quest’ultima in virtù della sua precocità ed elevata
produttività.
In Sicilia le proporzioni sono diverse, i frutti a polpa rossa incido-
no per circa il 70%. Nell’ambito del gruppo, nel tempo si è avu-
ta una sostanziale modifica della composizione varietale che ha
visto crescere notevolmente la diffusione della cultivar Tarocco
mentre si sono ridotte le superfici destinate alle cultivar Moro e
Sanguinello. Del tutto scomparse, ormai, le cultivar del gruppo
Sanguigni. La colorazione tipica che caratterizza i frutti di tutte
le cultivar di questo raggruppamento è dovuta alla presenza di
pigmenti rossi appartenenti alla classe delle antocianine; quella Gesualdo Di Naro, agricoltore
di Francofonte
presente in maggiore concentrazione è la cianidina-3-glucoside

345
ricerca

(CY3G). Gli antociani trovano sede allo stato di soluzione nei va-
cuoli cellulari detti cianoplasti.
L’intensità della colorazione rossa è variabile ed è correlata a fat-
Peculiarità delle arance rosse tori genetici e ambientali; i frutti della stessa varietà, infatti, in an-
nate diverse e/o in luoghi differenti, possono presentare varia in-
• Oltre che per la presenza di antocianine tensità di pigmentazione. Inoltre, non c’è sempre correlazione tra
le arance rosse si distinguono per la pigmentazione interna ed esterna: in genere i frutti del gruppo
diverse altre caratteristiche: Sanguigni pigmentano di più all’esterno, quelli dei Sanguinelli si
- presentano più alti valori di vitamina comportano all’opposto, quelli di Moro raggiungono una colora-
C; questa nei diversi frutti di agrumi zione intensa sia interna che esterna, quelli di Tarocco si compor-
raggiunge valori tra 50 e 60 mg per tano in modo variabile in funzione del clone. Solitamente la polpa
100 ml; il succo rosso, in particolare comincia a pigmentare prima rispetto alla buccia.
quello dei frutti di Tarocco, raggiunge Circa la funzione degli antociani nell’economia dei vegetali le teo­
valori di oltre 70 mg; rie sono diverse:
- sia i frutti che il succo sono di gusto – esplicherebbero una funzione protettiva sui cloroplasti dalla luce
particolarmente gradevole, dato da un troppo intensa;
rapporto armonico tra zuccheri e acidi – eserciterebbero una funzione protettiva contro il gelo per l’azione
e da una serie di sostanze aromatiche termogenica che essi sarebbero capaci di esplicare in rapporto
quali il limonene, il butanoato di etile all’assorbimento delle radiazioni a maggiore lunghezza d’onda;
e gli esanoli; – indurrebbero un abbassamento del punto di congelamento.
- i succhi rossi, inoltre, si Certo è che le piante di ambienti a inverni rigidi nella stagione
contraddistinguono per il più alto fredda perdono le foglie e vanno in dormienza per meglio difen-
contenuto di acidi idrossicinnamici e dersi dalle basse temperature; la formazione delle antocianine in
per i maggiori livelli di acido cumarico; autunno potrebbe essere interpretata come un tentativo di difesa
- i contenuti di acidi durante dalle minime termiche e di resistenza nei confronti dei fenomeni di
l’evoluzione dei processi senescenza che precedono l’abbandono delle foglie “morte”. Si
di maturazione non si abbassano tratterebbe di una morte benefica, considerato che rappresenta
mai al punto da conferire un sapore una strategia efficace affinché la pianta possa superare periodi
piuttosto scialbo avversi, riducendo al minimo i processi vitali, per poi riprendere in
primavera il ciclo successivo.
Le ipotesi su esposte non sono certo applicabili per spiegare le
funzioni degli antociani nelle arance; tuttavia, come nelle foglie, la
loro sintesi si realizza durante i processi di maturazione ovvero a
fine ciclo e in corrispondenza di abbassamenti termici.
Relativamente agli aspetti salutistici, è da sottolineare che le an-
tocianine hanno un forte potere antiossidante, poiché tendono a
ostacolare i radicali liberi che sono causa dei processi d’invecchia-
mento e di degenerazione cellulare. Inoltre, sono in grado di preve-
nire patologie dell’apparato digerente come gastrite e ulcera grazie
alla loro azione protettiva della mucosa gastrica e delle pareti dei
vasi sanguigni; quest’ultima funzione è anche in grado di limitare i
danni a carico dell’apparato cardiocircolatorio. L’elevato potere an-
tiossidante della CY3G pare sia da attribuire a un effetto sinergico
che si instaura con le altre sostanze antiossidanti presenti in questi
frutti come flavononi, acidi idrossicinnamici e acido ascorbico.
Indagini condotte su popolazioni nella cui dieta era stato previsto
Sanguinello Vaccaro il consumo di arance rosse o dei relativi succhi hanno rilevato una
minore frequenza di patologie tumorali.

346
arancio

Sanguigni. Si solevano distinguere in Sanguigno comune e San-


guigno doppio ma in realtà all’interno di ciascuna cultivar erano
compresi diversi genotipi più o meno differenti, spesso derivan-
ti da seme. La pigmentazione si manifestava di più all’esterno,
a maturazione; la buccia, specie quella dei frutti di Sanguigno
doppio, assumeva una colorazione rosso-violacea dovuta alla
maggiore concentrazione di una specifica antocianina, la delfi-
nidina-3-glucoside. All’attacco peduncolare, attorno alla rosetta,
si formava una certa concavità dove si accumulava acqua che
diveniva causa di cascola pre-raccolta.
Non si trattava di cultivar di pregio, ma all’inizio dello scorso
secolo in Sicilia rappresentavano la prima arancicoltura a frutti
pigmentati e comunque hanno costituito la base genetica da cui
sono derivate le successive pigmentate.

Sanguinelli. Questo gruppo comprende diverse selezioni alcune


delle quali di un certo pregio come il Sanguinello moscato e il
Sanguinello moscato Cuscunà di cui negli anni ’50 presso il CRA-
ACM di Acireale sono state costituite le rispettive linee nucellari. Sanguigno doppio
Hanno avuto discreta diffusione, oltre che per la buona qualità
dei frutti, per la tardiva epoca di maturazione; la raccolta poteva
essere protratta fino a marzo. Attualmente esiste ancora un certo
numero di impianti commerciali, ma difficilmente se ne costitu-
iscono altri da quando si sono resi disponibili cloni di Tarocco
tardivi.
Nella vecchia agrumicoltura siciliana un certo ruolo ha avuto il
Sanguinello Vaccaro. I suoi frutti presentavano buccia intensa-
mente pigmentata e per questa peculiarità spesso venivano mi-
schiati ad altre partite di arance per dare maggiore colore; erano
pure apprezzati per la compattezza della buccia che conferiva
particolare resistenza ai trasporti.
Altri genotipi sono afferibili ai Sanguinelli: il già citato Tarocchino,
i cui frutti hanno forma e grana simile a quella dei Tarocchi, da cui
il nome, mentre le caratteristiche interne sono tipiche del Sangui-
nello e l’Ovaletto, che prende il nome dalla forma dei frutti che
ricordano quella dei frutti di Ovale ma sono di pezzatura minore; il
Casella lo aveva denominato Ovaletto sanguigno.

Moro. È la cultivar che pigmenta di più: a piena maturazione sia la


polpa sia la buccia presentano una colorazione tra il rosso intenso
e il violaceo. A maturazione avanzata, quando si abbassano i con-
tenuti di acidi, i frutti assumono un sapore caratteristico (odore di
cimice) dovuto a processi ossidativi a carico delle antocianine. La
raccolta non dovrebbe protrarsi oltre febbraio.
Di tutte le pigmentate è quella che presenta maggiore stabilità
genetica e perciò non ha dato luogo a mutazioni gemmarie: ne
è stata descritta solo una da Spina nel 1959 denominata Moro Sanguinello moscato
Bonfiglio. Sostanzialmente si è diffuso un solo genotipo, del quale

347
ricerca

esiste una linea nucellare costituita presso il CRA-ACM di Acire-


ale, la Moro 58-8D-1, e una linea risanata mediante microinnesto
presso l’Università di Catania, la Moro m45.
Da alcuni decenni le superfici coltivate con questa cultivar han-
no subito una progressiva contrazione, e molti impianti sono stati
estirpati o reinnestati. Da qualche anno si avverte un certo inte-
resse in virtù di un possibile impiego nell’industria di trasformazio-
ne anche per tagliare altri succhi scarsamente pigmentati.

Tarocco. Ormai è riduttivo parlare al singolare della cultivar Tarocco


considerato che al suo interno sono stati individuati e descritti pa-
recchi cloni con caratteristiche assai diverse relativamente all’epo-
ca di maturazione, alla forma dei frutti e ai livelli di pigmentazione.
Già negli anni ’60 esisteva una linea nucellare, il Tarocco nucellare
57-1E-1, che costituiva l’unica distinzione rispetto alla restante
popolazione coltivata in modo indifferenziato e denominata ge-
nericamente Tarocco vecchio clone. Successivamente, sono sta-
te rinvenute e osservate tutta una serie di mutazioni gemmarie
Moro nucellare 58-8D-1 spontanee, attualmente più o meno diffuse principalmente nelle
aree agrumicole siciliane.
Dei cloni di maggiore interesse, di seguito, si descrivono le carat-
teristiche salienti.

Tarocco nucellare 57-1E-1. Si tratta della prima selezione di Ta-


rocco, costituita nel 1957 presso l’allora Istituto Sperimentale per
l’Agrumicoltura di Acireale; come detto la sua diffusione ha avuto
inizio negli anni ’60 e si è affermata piuttosto rapidamente malgra-
do, inizialmente, presentasse una fase giovanile piuttosto lunga.
Va ricordato che al tempo, per accedere alle provvidenze vigenti,
i nuovi impianti di Tarocco dovevano essere realizzati con questa
linea e solo dopo diversi anni sono stati ammessi via via altri cloni,
primi tra questi il Tarocco Galici e il Tarocco Catania.
Oltre che per la lunga fase giovanile si caratterizzava per l’elevata
vigoria e la notevole presenza di spine; col passare del tempo e
con i diversi passaggi d’innesto, la durata della fase giovanile è
diminuita e le piante possono entrare in produzione già al terzo-
quarto anno. Una pianta adulta può produrre oltre 2 quintali di
frutti in virtù del notevole sviluppo della chioma che, per contro,
non consente densità superiori a 300-350 piante per ettaro.
L’epoca di maturazione è piuttosto precoce; nelle zone costiere la
raccolta può avere inizio nella prima metà di dicembre e continua-
re per tutto gennaio, periodo oltre il quale i frutti possono essere
soggetti a cascola e a fenomeni di senescenza, mentre nelle aree
più interne può essere ritardata di qualche mese.
I frutti sono di pezzatura media, subsferici, a grana fine e pigmen-
tano poco sia all’interno sia nella buccia; i principali pregi sono la
Tarocco nucellare 57-1E-1 precocità e la produttività, il maggiore difetto la spinescenza che,
specie in presenza di vento, è causa di ferite ai frutti.

348
arancio

Tarocco dal Muso. Tra i cloni di più antica coltivazione, si caratte-


rizza per la pezzatura medio-elevata dei frutti e per la presenza di
un lobo pedicellare piuttosto pronunciato, da cui la denominazio-
ne. La pianta è sensibile al vento e tende a fruttificare nella parte
più bassa e interna della chioma; le foglie sono di colore verde
chiaro, i fiori spesso derivano da gemme miste e perciò sono ter-
minali di un germoglio di circa 10 cm; ne consegue che la fioritura
non è mai molto intensa ma la produttività è buona in virtù di una
elevata allegagione.
I frutti, pur presentando bassi livelli di pigmentazione, sono ap-
prezzati per la pezzatura, per la buccia sottile e a grana fine, per
la forma classica della Tarocco e per l’elevata succosità; l’epoca
di maturazione cade tra febbraio e marzo.

Tarocco Scirè. È il clone che ha avuto la maggiore diffusione


negli ultimi venti anni sia come nuovi impianti sia come reinnesti;
oltre che per la produttività e la qualità dei frutti, probabilmente,
il particolare apprezzamento gli deriva dalla buona persistenza
dei frutti sulla pianta, caratteristica non frequente nell’ambito Tarocco dal Muso
delle pigmentate. Il rapporto di maturazione presenta valori in-
torno a 8 già a inizio gennaio, ma poiché i contenuti di acidi
diminuiscono molto lentamente la produzione si mantiene bene
sulla pianta fino a febbraio-marzo e pertanto la raccolta può es-
sere effettuata in un arco di tempo superiore a due mesi. I frutti
sono di pezzatura media, forma subsferica con buccia di spes-
sore medio e tessitura compatta; la pigmentazione antocianica
è piuttosto bassa.
La pianta è di vigore medio-elevato. Le foglie sono di colore verde
intenso e presentano una certa eterofillia; quelle di piante giovani
o di rami assurgenti sono a lamina particolarmente espansa e a
sviluppo irregolare.
In terreni non profondi e/o poco fertili la pezzatura dei frutti può
risultare insufficiente, specie in caso di alta produzione. Si dispo-
ne di una linea nucellare, Arancio Tarocco Scirè nucellare D 2071,
e di due linee risanate mediante microinnesto, Arancio Tarocco
Scirè V.C.R. e Tarocco Scirè m11.

Tarocco Gallo. Ha avuto una certa diffusione per la precoce


epoca di maturazione e la buona qualità dei frutti, che sono di
sapore gradevole, di buona pezzatura e di forma leggermente
ovale con umbone pedicellare poco pronunciato. In aree precoci
il valore del rapporto di maturazione raggiunge livelli idonei per il
consumo a partire da metà dicembre, quando la buccia può an-
cora presentare chiazze di colore verde chiaro. La pigmentazione
antocianica è pressoché assente nella buccia mentre la polpa
pigmenta di più.
La resistenza dei frutti sulla pianta è piuttosto bassa e a piena Tarocco Scirè
maturazione sono frequenti fenomeni di cascola.

349
ricerca

Tarocco rosso. Si tratta di un clone a media epoca di maturazio-


ne; risulta interessante per l’intensa pigmentazione della polpa e
della buccia che a piena maturazione presenta un colore rosso
vellutato. Questa caratteristica, tuttavia, non si esprime in modo
costante negli anni e nei diversi luoghi di coltivazione; andrebbe
coltivato in quegli ambienti in grado di esaltare la biosintesi dei
pigmenti antocianici.

Tarocco Sciara. Sia la pianta che i frutti sono molto simili a quelli
di Tarocco dal Muso e anche l’epoca di maturazione è più o meno
coincidente. Negli ultimi anni sta suscitando un certo interesse,
specie per l’elevata pezzatura dei frutti e la buona produttività.
Si dispone di una linea nucellare ottenuta mediante coltura in vitro
di ovuli non sviluppati presso il CRA-ACM di Acireale, denominata
Arancio Tarocco Sciara nucellare C1882.

Tarocco Ippolito. Deriva da una mutazione rinvenuta nei primi


anni ’90 nel lentinese; le prime osservazioni condotte presso
Tarocco rosso l’Università di Catania hanno consentito di esprimere giudizi po-
sitivi riguardanti diverse caratteristiche dei frutti. Tra queste la più
rilevante è l’intensa pigmentazione, specie della polpa: dopo la
cultivar Moro i frutti di Ippolito sono quelli che presentano i più
alti contenuti di antociani. La pezzatura è piuttosto elevata, la for-
ma leggermente ovale con lobo pedicellare appena accennato; la
buccia è di spessore medio, a grana fine, a tessitura compatta e
presenta screziature rosso-vinose.

Tarocco Ippolito
Impianto di Tarocco Sciara

350
arancio

Il sapore è particolarmente gradevole dato da un armonico rap-


porto tra zuccheri e acidi. La produttività è buona e i frutti resisto-
no bene sulla pianta per un ampio periodo; la raccolta nelle aree
precoci può avere inizio la prima metà di gennaio e proseguire per
tutto febbraio e oltre nelle zone a vocazione tardiva.
Ha già suscitato un certo interesse e diversi sono gli impianti co-
stituiti, malgrado il breve tempo trascorso dalla sua scoperta.

Tarocco Meli. È una selezione nucellare ottenuta nel 1988 da


coltura in vitro di ovuli non sviluppati presso il CRA-ACM di Aci-
reale; la pianta è di notevole sviluppo e piuttosto spinescente.
Presenta una discreta diffusione ed è principalmente apprezzata
per la tardiva epoca di maturazione (marzo-aprile) e la buona
pezzatura.
I frutti hanno forma tendenzialmente ellissoidale; la buccia è di
spessore medio e pigmenta molto poco mentre la polpa rag-
giunge buoni livelli di pigmentazione. A piena maturazione i frutti
perdono di consistenza e si possono verificare fenomeni di ca-
scola. Impianto di Tarocco Meli

Cloni di Tarocco e mercato


• Considerato l’ampio arco di tempo
in cui è possibile riscontrare sul
mercato la presenza di frutti di
Tarocco, sarebbe auspicabile che
anche il consumatore cominciasse
a distinguere le caratteristiche dei
diversi cloni per meglio apprezzarne
le peculiarità. A tale scopo sarà
necessario che la raccolta, il
confezionamento e l’etichettatura
vengano effettuati in maniera distinta
e ciò, a oggi, non sempre avviene. Può
accadere che la stessa confezione
contenga frutti provenienti da zone di
coltivazioni diverse o, peggio, da cloni
a diversa epoca di maturazione, con la
conseguenza che nella stessa mensa
possono arrivare frutti troppo e/o poco
maturi. Affinché si instauri un rapporto
di fidelizzazione tra produzione e
consumo è indispensabile che i frutti
vengano commercializzati quando
esprimono al meglio le potenzialità
qualitative tipiche di ciascun genotipo
Cloni tardivi di Tarocco

351
ricerca

Tarocco Sant’Alfio. È il clone più tardivo; il succo presenta valori


del rapporto di maturazione intorno a 8 da fine febbraio, ma i frutti
si mantengono bene sulla pianta fino a tutto maggio. La pezza-
tura è media, la forma è sferoidale; la buccia, sottile e a tessitura
compatta, raggiunge livelli di pigmentazione antocianica piuttosto
modesti, così come la polpa. L’epoca di maturazione particolar-
mente tardiva ne consente la presenza sul mercato in un periodo
in cui i frutti di altre pigmentate o sono assenti o presentano segni
di senescenza più o meno marcati.
Esistono diverse altre linee di Tarocco: tra le precoci ricordiamo il
Tarocco Tapi, il Tarocco TDV e il Tarocco Gabella, tra le tardive il
Tarocco Messina e, per l’intensa pigmentazione dei suoi frutti, il
Tarocco Lempso.

Cultivar a basso contenuto di acidi

Vaniglia apireno. Denominato anche Maltese, produce frutti a


polpa bionda e a bassissima acidità che possono essere raccolti
Vaniglia apireno da dicembre a marzo. Veri e propri impianti commerciali, tranne
qualche eccezione, esistono solo a Ribera, in provincia di Agri-
gento. La produzione è destinata ai mercati locali e in particolare
quelli del palermitano; in altre aree è riscontrabile come piante
sparse e negli orti familiari. La caratteristica di produrre frutti a
bassa acidità è presente anche in altre specie di agrumi come
limone e lima; sembra trattarsi di una mutazione che interferisce
sulla biosintesi degli acidi organici.

Maltese sanguigno. Per quanto riguarda il sapore e i contenuti di


acidi, i frutti di questa cultivar sono molto simili a quelli di Vaniglia
apireno ma sono con semi, di pezzatura più piccola e pigmentati

Maltese sanguigno
Impianto di Tarocco rosso

352
arancio

nella polpa e nell’albedo. La pigmentazione non è data dalle an-


tocianine ma dal licopene. Il Maltese sanguigno non è mai stato
coltivato in impianti commerciali.

Malgrado la notevole crescita della produzione di cultivar bionde


l’Italia continua a caratterizzarsi, a livello mondiale, come l’unico
Paese che produce apprezzabili quantità di arance pigmentate di
elevata qualità. Considerato che la diffusione raggiunta dalle culti-
var bionde nel nostro Paese è ormai piuttosto alta, si ritiene auspi-
cabile un’inversione di tendenza affinché le pigmentate possano
tornare a rappresentare una più alta quota di produzione, come
avveniva negli anni ’70-’80. A tale riguardo va sottolineato che at-
tualmente esistono i presupposti per fornire ai consumatori frutti
di alta qualità per un ampio arco di tempo. Rimanendo nell’am-
bito della Tarocco, che è la cultivar di maggiore pregio, mentre
un tempo esauriva la sua produzione in un periodo concentrato
(gennaio-febbraio) oggi si può essere presenti sul mercato da di-
cembre a maggio in virtù dei numerosi genotipi disponibili; solo
quelli a oggi descritti sono una ventina e alcuni di essi presentano
già una notevole diffusione.
Frutti di Tarocco Ippolito

Calendario di maturazione dei principali cloni di Tarocco


Dicembre Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio
5 10 15 20 25 30 5 10 15 20 25 30 5 10 15 20 25 30 5 10 15 20 25 30 5 10 15 20 25 30 5 10 15 20 25 30
Tapi
TDV
57-1E-1
Gabella
Gallo
Fondaconuovo
Scirè
Tringale n.l.
Dal Muso
Ippolito
Lempso
Rosso
Vitale
Sciara
Giarretta
Reina
San Martino Piana
Meli
Messina a f. r.
Sant’Alfio

353
gli agrumi ricerca
Limone
Giovanni Continella

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I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono


riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono
state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da
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Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 -


97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106
- 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in
alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).
ricerca

Limone
Origine e diffusione

Il limone [Citrus limon (L.) Burm. f.], sebbene sia un agrume ben
distinto dal punto di vista agronomico e commerciale, non è da
considerare una specie vera, ma di origine ibrida, coinvolgendo i
genomi di una specie vera, il cedro (Citrus medica L.), e di un’altra
specie derivata dal pummelo, probabilmente l’arancio amaro (Ci-
trus aurantium L.). Dal limone vero e proprio derivano, per incrocio
naturale con altri agrumi, diversi ibridi:
– i limoni cedrati (Citrus limonimedica Lush.), utilizzati sia per il
consumo diretto sia anche come sostituti del cedro in pasticce-
ria (Spadafora, Piretto ecc.);
– un “lemonange”, probabile incrocio di limone e arancio, deno-
minato limone Meyer, usato come pianta ornamentale;
– i “lemonime” (il più noto, tra questi ibridi con la lima, è il cosid-
detto “limone Perrine”);
– infine i lemandarin, originari della Cina meridionale dall’incrocio
con il mandarino e denominati limonia rossa (hong ning-mong) e
limonia bianca (bai ning-mong), utilizzati come portinnesti.
Tra i limone-simili devono essere citati tre agrumi utilizzati oggi in
tutto il mondo come portinnesti: il limone rugoso, noto interna-
zionalmente come Rough lemon (Citrus jambhiri), il limone Vol-
Raffigurazione del limone nell’opera kameriano (Citrus volkameriana) e l’alemow (Citrus macrophylla),
di Antonio Targioni Tozzetti nonché due limoni-simili originari dell’India, galgal e katta, dove
quest’ultimo è impiegato come portinnesto.
La zona di origine del limone non è ben definita, ma la si ricondu-
ce a un areale che comprende il nord-est dell’India, il nord della

Limonia rossa
Limoneto moderno e razionale in Sicilia

354
limone

Birmania (Myanmar) e la provincia cinese dello Yunnan. In questi


ambienti si sarebbe differenziato il limone, che non sarebbe stato
introdotto nel Mediterraneo fino all’XI secolo, anche se frutti ad
esso molto simili sono rappresentati negli affreschi della Casa del Limone o limone cedrato?
Frutteto di Pompei e nei mosaici della Villa del Casale di Piazza
Armerina, che però probabilmente raffiguravano limoni cedrati. • L’antica presenza del limone nel bacino
del Mediterraneo, e particolarmente
L’introduzione dei limoni nel Mediterraneo, e segnatamente in Si-
in Italia, sarebbe testimoniata, secondo
cilia, risale agli inizi del XII secolo, come testimonia Ugo Falcan-
alcuni autori (Tolkowski, Calabrese),
do che li descrive come lumias, e alcuni anni dopo in Spagna,
da diverse sculture e pitture; tra queste,
nell’area di Siviglia, come asserisce Ibn al-Awwam.
gli affreschi della Casa del Frutteto
Il limone fu poi introdotto da Cristoforo Colombo, nel suo secon-
di Pompei. In realtà la conformazione
do viaggio (1493), nell’isola di Hispaniola (Haiti), da cui si diffuse
esterna dei frutti di alcune varietà di
nei diversi Paesi delle Americhe durante il secolo successivo, da-
limone cedrato (Piretto) è perfettamente
gli olandesi in Sud Africa dove lo importarono nel 1654 e, infine, simile a quella del limone
dagli inglesi in Australia dove giunse nel 1788.
Oggi il limone ha consolidato la sua presenza, oltre che nei tradi-
zionali paesi del bacino del Mediterraneo (particolarmente la Spa-
gna, l’Italia, la Turchia e la Grecia), anche nell’America settentrio-
nale (in particolare la California) e nell’America meridionale (prima
fra tutte l’Argentina). In molti Paesi produttori a clima subtropicale,
semitropicale o tropicale, la sua funzione viene svolta dalle lime
acide, ovvero dalla lima messicana (Citrus aurantifolia), a frutto
piccolo, e dalla lima Bearss (Citrus latifolia) a frutto relativamente
grande, coltivate particolarmente in India, Egitto e Messico la pri-
ma, negli Stati Uniti (Florida) la seconda.

Morfologia e biologia
Dal punto di vista morfologico il frutto si distingue dagli altri
agrumi per la sua conformazione da ovale a ellittica e per la pre-

Affresco di un limone-simile nella Casa


del Frutteto a Pompei
Frutti di limone cedrato Piretto

355
ricerca

senza all’apice di una protuberanza detta umbone, più o meno


pronunciata, che lo rende simile al seno di una donna, come vie-
ne rappresentato dal pittore spagnolo di Cordova Julio Romero
Forzatura del limone de Torres (1880-1930) nella sua tela Naranjas y Limones.
Dal punto di vista biologico, il limone si distingue dagli altri
• La “forzatura del limone” è una tecnica agrumi per la sua maggiore sensibilità alle basse temperature,
agronomica escogitata superata solo da quella delle lime e del cedro. Ciò ha indotto gli
in Sicilia. Consiste nel praticare agrumicoltori a metterlo in coltura in ambienti particolarmente
uno stress idrico, denominato “secca”, miti, dove non si registrano gelate, per cui in Italia si trova nel-
qui abbastanza diffusa e poi adottata le aree costiere a clima più dolce presenti in Sicilia, con oltre
anche in altri Paesi. La sospensione l’85% della limonicoltura nazionale, e in Calabria. In altri areali
della somministrazione di acqua agrumicoli esso è dislocato in maniera oasistica, talvolta, come
irrigua viene effettuata in piena estate è il caso della penisola sorrentina, adeguatamente protetto dai
(luglio) fino a provocare una forte freddi dalle classiche “pagliarelle” o, più di recente, da reti di
sofferenza, che si manifesta nella plastica.
chioma con un iniziale appassimento. Altra peculiarità biologica è costituita dall’attitudine alla rifioren-
Successivamente, si interviene con za che si manifesta in maniera variabile in relazione alla varietà.
ripetute irrigazioni e concimazioni Nel caso di attitudine elevata e di condizioni ambientali parti-
azotate a cui segue il superamento colarmente favorevoli, eventualmente potenziate dall’intervento
dello stress con emissione agronomico della “forzatura”, si possono registrare le seguenti
di numerosi fiori che daranno origine fruttificazioni, abbastanza distinte anche per alcuni aspetti mor-
a fruttificazioni fuori stagione fologici:
che raggiungeranno la maturazione – i “marzani” provenienti da fioriture precocissime di fine marzo,
commerciale l’estate successiva che danno origine a frutti rotondeggianti con un tipico umbone
e delle quali il gruppo centrale e più schiacciato e che maturano nel settembre successivo;
importante prende il nome di “verdelli” – i “limoni invernali” che comprendono i “limoni ammarsanati”, i
“primofiore” e i “limoni biancuzzati”, tutti derivati dalla fioritura

Dipinto di Romero de Torres dal titolo


Arance e limoni

356
limone

principale che si manifesta lungo i mesi di aprile, maggio e inizio


di giugno e che maturano tra fine settembre e marzo;
– i “bianchetti” e “biancuzzi”, caratterizzati da una buccia di co-
lore giallo chiaro, provenienti da fiori in antesi tra fine giugno e
luglio e che raggiungono la maturazione commerciale tra marzo
e aprile;
– la fioritura più fuori stagione di piena estate e che si protrae
fino all’inizio dell’autunno; essa può essere esaltata dall’inter-
vento per la “forzatura del limone” conseguente a uno stress
idrico denominato in Sicilia “secca”. È quella che comprende
fruttificazioni diverse denominate “maiolini”, “verdelli”, “ago-
stari” e “bastardi”, che si raccolgono scalarmente da maggio
fino a settembre, provenendo da fioriture avvenute da agosto
a ottobre.
Un’altra peculiarità del limone deriva dal suo comportamento
verso alcune importanti malattie: mentre esso dimostra tolle-
ranza verso la più importante e devastante malattia da virus, la
tristeza, per converso è l’agrume più suscettibile al malsecco, Frutti di limone “verdello”
malattia fungina che si sviluppa lungo i vasi conduttori portando
al disseccamento di parte o dell’intera pianta. Questa gravissi-
ma malattia, comparsa in Italia negli anni ’30 del secolo scorso,
ha condizionato lo sviluppo della coltura e, una volta accertati gli
scarsi risultati della lotta chimica, ha imposto come risoluzione
del problema il ricorso alla tolleranza o alla resistenza di tipo
genetico.

Varietà italiane
Il materiale genetico un tempo in coltura era costituito da diversi
tipi di limoni accomunati dalla denominazione di “Femminello
comune”, dotato di elevata produttività e di buone caratteristi- Albero di limone con grave attacco
che agronomiche. Si trattava, dal punto di vista genetico, di una di malsecco
cultivar-popolazione, ovvero di materiale eterogeneo con com-
portamento abbastanza diversificato anche verso il nuovo te-
mibilissimo parassita fungino. Gli esiti disastrosi dell’epidemia
portarono alla decimazione dei limoneti, tanto che in un primo
tempo si poté contrastare la malattia solo usando nuove varie-
tà alternative, come Monachello e Interdonato, dotate di buona
tolleranza o resistenza al parassita e con caratteri agronomici
e merceologici diversi rispetto alla cultivar-popolazione Femmi-
nello.
Successivamente, anche in virtù della selezione naturale operata
dal malsecco, furono individuati nel corso degli anni alcuni cloni
di Femminello che associavano alle buone caratteristiche agrono-
miche della cultivar una media o rilevante tolleranza alla malattia
(Femminello Santa Teresa, Femminello Continella, Femminello
Fior d’arancio, Femminello Dosaco, Adamo, Cerza ecc.).
Oggi in Italia, le principali varietà di limoni in coltura sono autoc- Femminello Fior d’arancio
tone, poiché quelle alloctone (spagnole e statunitensi in primo

357
ricerca

luogo) hanno dimostrato elevata suscettibilità al malsecco; oltre


al Femminello Comune, ancora presente negli impianti anziani e
di mezza età, tutte le altre cultivar che vengono diffuse nel nostro
Paese sono state risanate dalle malattie da virus quasi esclusiva-
mente con la tecnica del microinnesto.
Le principali cultivar sono descritte di seguito.
– Il Femminello Fior d’arancio è denominato anche Femminello
Zagara bianca perché è sprovvisto del caratteristico colore vio-
laceo dei petali e dei giovani germogli che si manifesta in tutte
le altre cultivar di limone. Gli alberi sono abbastanza vigorosi e
assurgenti, con una tipica foglia arrotondata all’apice e sprov-
visti di spine; la cultivar, che possiede una media tolleranza al
malsecco ed è abbastanza rifiorente, presenta frutti di buone
dimensioni e provvisti di pochi semi.
– Il Femminello Siracusano, originatosi probabilmente a sud di
Siracusa, presenta notevole vigore, portamento espanso, po-
che spine; i frutti, costituiti in larghissima prevalenza da “limoni
Femminello Siracusano invernali”, sono ricchi di semi, di cospicue dimensioni e con-
seguente buona precocità di maturazione commerciale. La sua
modesta tolleranza al malsecco ne costituisce un limite nelle
aree dove il fungo è particolarmente virulento. Dal Femminel-
lo Siracusano è stata ottenuta nel 1976 una selezione nucella-
re isolata da un frutto irradiato con raggi gamma, denominata
2KR, che accentua alcune caratteristiche positive della cultivar
di provenienza, assieme alla quale costituisce la base genetica
dell’IGP “Limone di Siracusa”.

Monachello
Sovraccrescimento del fusto della cultivar Monachello innestata
su arancio amaro

358
limone

La presenza delle seguenti cultivar è ridotta e talora anche con-


centrata in oasi ben delimitate.
– Il Monachello, rinvenuto nella costa ionica messinese, presen-
ta una serie di caratteristiche morfologiche e biologiche che lo
distinguono nettamente: l’albero ha una chioma globosa e pen-
dula, i frutti sono quasi esclusivamente invernali per la sua scar-
sa attitudine alla rifiorenza e caratterizzati da una buccia liscia
ma più o meno spessa, con conseguente minore resa in succo,
che presenta un’acidità più bassa. Tra le peculiarità biologiche
è negativa la sua scarsa compatibilità d’innesto con l’arancio
amaro, che provoca un sovraccrescimento del fusto al di sopra
del punto d’innesto e un conseguente progressivo deperimen-
to dell’albero, per cui è necessario ricorrere ad altri portinnesti
compatibili o all’interposizione di un intermediario. È invece po-
sitiva la sua elevata resistenza al malsecco, la sola ragione per
cui è ancora presente, seppure in misura limitata (6-7%), nella
limonicoltura italiana. Femminello Continella
– L’Interdonato è presente in maniera limitata nell’areale della pro-
vincia di Messina dove fu rinvenuto e denominato con il co- Una somiglianza
gnome dello scopritore. È una pianta di elevato vigore, poco
spinescente e con portamento assurgente, che produce frutti • Il limone Interdonato, rinvenuto oltre un
(chiamati anche fini o speciali) caratteristici per la forma ellittico- secolo fa nella costa ionica messinese,
cilindrica, l’umbone pronunciato e appuntito, la buccia liscia, le ha una conformazione identica
dimensioni medio-grandi che vengono raggiunte rapidamente, al limone raffigurato nel trattato
prestandosi a essere raccolti molto precocemente a settembre- Hesperides di Giovanni Battista Ferrari
ottobre. Coltivato in un’area ristretta della costa ionica messi- (1646); che si tratti della stessa entità?

Raffigurazione nell’Hesperides di G.B. Ferrari


Interdonato

359
ricerca

nese, rappresenta meno del 2% della limonicoltura nazionale


ed è qualificato dal marchio IGP; è stato da tempo introdotto e
largamente coltivato in Turchia.
– Il Femminello Continella è caratterizzato da un portamento con-
tenuto, con foglie medio-piccole e brevi, numerose spine, non-
ché da alta predisposizione alla rifiorenza; i frutti sono apireni, di
dimensioni medio-piccole, globosi e dotati di un piccolo umbo-
ne e di scorza sottile. Manifesta una soddisfacente tolleranza al
malsecco nell’ambiente in cui è stato a suo tempo isolato (falde
dell’Etna) e in cui viene limitatamente coltivato.
Tra le molte altre tipologie di limone di origine siciliana ormai in via
di estinzione (Femminello Incappucciato, Femminello Carrubba-
ro, Femminello Quattrocchi ecc.), va ricordata un’antica cultivar,
denominata Lunario, volendo così indicare che la sua attitudine
alla rifiorenza è tanto spiccata da prodursi con un ritmo mensile
Femminello Incappucciato così come il ciclo lunare. Produce frutti di forma cilindrico-ellittica
con una buccia molto liscia, un marcato lobo pedicellare, detto
“collo”, e un umbone pronunciato. Oggi è esclusivamente adotta-
ta per produrre piante ornamentali.
Delle oasi limonicole dell’Italia continentale si citano brevemente
poche cultivar autoctone.
– Il Femminello sfusato di Favazzina, coltivato nella costa tirrenica
della Calabria che ha il suo centro a Scilla (RC), produce frutti
ellittici e abbastanza lisci.
– Il Femminello ovale di Sorrento. coltivato nella zona compre-
sa tra questa città e Massalubrense (Napoli), produce frutti non
dissimili a quelli del Femminello comune.
– Lo Sfusato Amalfitano, antica cultivar della costiera amalfitana
(Salerno), è caratterizzato dal frutto di forma ellittico-allungata,
di grosse dimensioni e con un umbone grande e appuntito.
Queste due ultime cultivar godono di un notevole apprezzamento
Lunario commerciale, alimentato dal turismo che frequenta questo prege-
vole ambiente e dal marchio IGP.

Varietà straniere
Tra le cultivar non italiane primeggiano quelle dei maggiori produt-
tori, quali Spagna, Stati Uniti, Argentina.
In Spagna, nella regione più tradizionalmente ed estesamente li-
monicola, quella di Murcia, sono state selezionate le due cultivar
che si sono ampiamente imposte e su cui oggi si concentra l’inte-
ra limonicoltura spagnola, la Fino e la Verna.
– La cultivar Fino, originata probabilmente da un semenzale, è la
più importante e per la sua modesta rifiorenza naturale produce
abbondanti frutti che maturano commercialmente da ottobre a
febbraio. Sono di forma ellittica, con un piccolo umbone, polpa
succosa e acida e un certo numero di semi, con l’eccezione di
Fino 95 qualche clone (Fino 95) che è apireno. Se sottoposto a forzatu-
ra, produce verdelli denominati dagli spagnoli “rodrejos”.

360
limone

– La cultivar Verna sviluppa piante di buon vigore e con poche


spine. I frutti sono di elevata pezzatura con una forma allunga-
ta per la presenza, oltreché di un umbone pronunciato, anche
di un “collo” più o meno evidente. In virtù della sua rifiorenza,
produce una fruttificazione principale che cresce lentamente e
giunge a maturazione in un’epoca relativamente tardiva (mar-
zo-luglio) e successivamente (agosto-ottobre) il prodotto della
seconda fioritura. I frutti, che presentano una buccia alquanto
spessa, contengono pochi semi e una minore percentuale di
succo rispetto al Fino.

Negli Stati Uniti, e particolarmente in California, la coltura del li-


mone è concentrata su due cultivar, l’Eureka e la Lisbon.
– Eureka è il nome che è stato dato in California a metà del XIX
secolo a un semenzale derivato da semi originari dalla Sicilia.
È divenuta rapidamente la cultivar più diffusa non solo in que- Verna
sto stato, ma anche in altri importanti Paesi limonicoli come
l’Australia e il Sud Africa e ha contribuito significativamente alla
produzione di limoni in Argentina e in molti altri Paesi. Le piante
sono relativamente poco vigorose e con un portamento espan-
so, i frutti sono di dimensioni medie, con pochi semi, buccia
medio-sottile, succosi e con acidità elevata. Il loro accresci-
mento è lento e in California vengono raccolti da febbraio a
giugno.
– Lisbon deve il suo nome al fatto che i semi da cui derivò, all’ini-
zio del XIX secolo in Australia, erano stati importati dal Porto-
gallo. Introdotta intorno al 1870 in California, è stata apprezza-
ta soprattutto per la sua maggiore tolleranza al freddo rispetto
all’Eureka, che ne ha indotto la diffusione nella Central Valley
della California, in Arizona e in molti altri Paesi come l’Austra-
lia, l’Uruguay e l’Argentina. Le piante sono vigorose, con un
denso fogliame, alquanto spinescenti e altamente produttive. Eureka
I frutti, dotati di un umbone pronunciato e di pochi semi, sono
succosi e maturano precocemente, per cui in California si rac-
colgono da ottobre a febbraio.
Nell’America meridionale la cultivar che ha preso il sopravvento
è la Genoa, derivata da semi di frutti di origine italiana (probabil-
mente spediti – e da ciò il nome – dal porto di Genova) utilizzati
in California nella seconda metà del XIX secolo. Le piante sono
a portamento contenuto, senza spine, con un denso fogliame e
abbastanza tolleranti al freddo.
I frutti sono globosi con un piccolo umbone, con pochi semi e
molto succo ricco di acidità. È molto diffusa in Cile e in Argenti-
na, dove viene largamente impiegata anche per la trasformazio-
ne industriale.
Molte altre varietà di limoni sono in coltura negli altri Paesi agru-
micoli. Si citano, in particolare, quelle diffuse in Grecia (Maglini, Lisbon
Karistini, Adamopoulos) e in Turchia (Kutdiken, Lamas).

361
gli agrumi ricerca
Mandarino e simili
Alberto Continella, Giuseppe Russo

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- 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in
alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).
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Mandarino e simili
Origine e tassonomia
Il mandarino in Europa Al pari degli altri agrumi, l’origine dei mandarini non è esattamente
definita, sebbene l’area nativa si possa collocare tra l’India nord-
• Un’ulteriore attestazione della recente orientale, la Cina meridionale e la penisola indocinese. I mandarini
comparsa in Europa del mandarino
sono stati coltivati in Cina per diverse migliaia di anni e la prima
rispetto ad altri agrumi quali arancio,
citazione in letteratura risale al XXI secolo a.C. ne Il tributo di Yu,
limone, cedro, pummelo, la cui
in cui si narra che i frutti di mandarino, pummelo e arancio ama-
presenza era già testimoniata in
ro venivano portati in dono all’imperatore. La loro introduzione in
numerosi scritti e disegni, è data dalla
Occidente avviene in epoca moderna, nel 1805, quando Sir Abra-
raffigurazione nell’Histoire naturelle
ham Hume li porta in Gran Bretagna; da qui nel 1810 arrivano a
des orangers (1818-1822) di un solo
Malta e in Sicilia.
mandarino su un totale di 171 varietà
Dal punto di vista tassonomico il gruppo dei mandarini è il più
di agrumi descritti, la maggior parte
complesso tra gli agrumi. La classificazione formulata da Swingle
rappresentati in 109 tavole
è estremamente restrittiva, poiché individua una singola specie,
Citrus reticulata, in cui include le diverse tipologie di mandarino,
ad eccezione del C. tachibana, originario del Giappone, e del C.
indica, un mandarino proveniente dall’India. Diversamente Tana-
ka nella sua classificazione, più rigorosa e rispettosa dei caratteri
botanici e morfologici, individua ben 36 specie.
In questo testo si fa riferimento alla classificazione effettuata da
Hodgson, che distingue i mandarini in:
– Citrus deliciosa Tenore mandarino Mediterraneo
– Citrus nobilis Loureiro mandarino King
– Citrus reticulata Blanco mandarino Comune
– Citrus unshiu Marcowicz satsuma
– mandarini a frutto piccolo

Tavola che raffigura l’“Arancio Mandarino”,


tratta dall’Histoire naturelle des orangers
di Risso e Poiteau
Impianto di mandarino Nova nella Piana di Catania con vista dell’Etna

362
mandarino e simili

A questi mandarini vanno aggiunti i numerosi ibridi interspecifici


sia ottenuti in natura sia costituiti per mano dell’uomo, quali i tan-
gor (ibridi di mandarino x arancio) e i tangeli (ibridi di mandarino
x pummelo o pompelmo). Il termine “mandarino-simile” include
diverse entità genetiche che presentano caratteri comuni quali
una buccia facilmente pelabile, la scarsa serbevolezza dei frutti,
la buona adattabilità alle diverse condizioni climatiche, ma anche
rilevanti diversità nella morfologia della foglia, nel portamento del-
la pianta, nella dimensione dei frutti, nell’epoca di maturazione.
Tale raggruppamento è il più eterogeneo tra gli agrumi: esistono
genotipi sia monoembrionici che poliembrionici, sia autofertili che
autoincompatibili. Un termine oggi utilizzato nei Paesi anglosas-
soni per indicare i mandarini a buccia color rosso-arancio è “tan-
gerino”, nome originariamente attribuito in Inghilterra ai mandarini
importati da Tangeri in Marocco. Spesso i mandarini e mandarino-
simili vengono anche definiti “agrumi a frutto piccolo”. La produ-
zione mondiale di mandarini nel ventennio 1990-2010 è passata
da 13 a 21,5 milioni di tonnellate registrando una crescita che non
ha eguali negli altri agrumi. Due terzi della produzione si collocano
in Asia, dove la sola Cina ne produce oltre 8,5 milioni di tonnellate.
Nel bacino del Mediterraneo la produzione di mandarini è concen-
trata in Spagna, con 2 milioni di tonnellate, seguita dall’Italia con
circa 800.000 tonnellate. Di seguito vengono descritte le cultivar Avana
dei mandarini e mandarino-simili di maggiore rilevanza, passata
e/o presente, nell’ambito dell’agrumicoltura italiana.

Mandarino Mediterraneo (C. deliciosa Ten.)


Dalla Cina giunse nel Mediterraneo nei primi anni del XIX seco-
lo e si trattava probabilmente del mandarino di Canton (Szekan
o mandarino di settembre). Le numerose denominazioni con cui
questo mandarino è conosciuto nel mondo sono fuorvianti in
quanto fanno pensare all’esistenza di numerose varietà. In Italia
viene considerato “il mandarino” per antonomasia.

Avana. La pianta è di medie dimensioni e habitus globoso con


foglie piccole e tipicamente lanceolate (negli Stati Uniti tale spe-
cie viene indicata con il nome di Willowleaf). Piuttosto resistente
al freddo, è fortemente soggetta ad alternanza di produzione. Il
frutto matura tra dicembre e gennaio e si presenta schiacciato ai
poli e con un leggero collare alla base percorso da solchi radiali.
Caratteristica è la produzione a grappolo. La buccia, facile al di-
stacco, ha un tipico colore giallo aranciato ed è ricca di ghiandole
oleifere contenenti un’essenza caratteristica e distintiva. La polpa,
tenera e succosa, è di colore arancio chiaro e dal gusto dolce e
aromatico, e presenta un elevato numero di semi. Nonostante il
successivo ottenimento per mutazione gemmaria dell’Avana api- Caratteristica fruttificazione a grappolo
reno, caratterizzata dalla presenza di pochi semi, si è osservato il dell’Avana
progressivo declino della coltivazione di questa varietà.

363
ricerca

Tardivo di Ciaculli. È una mutazione dell’Avana ottenuta nell’omo-


nima borgata di campagna della Conca d’Oro nei pressi di Paler-
mo. Ha avuto un discreto successo a motivo dell’epoca di raccol-
La Conca d’Oro ta più tardiva, tra febbraio e marzo, in cui non si aveva presenza
di altri mandarini, e presenta un sapore più dolce dell’Avana. Oggi
• La pianura circostante la città di è poco presente sui mercati, viste la preferenza del consumatore
Palermo viene denominata Conca d’Oro per i frutti apireni e l’introduzione di varietà di mandarino a matu-
in considerazione della coltivazione di razione tardiva.
aranci, mandarini e limoni sin dal XVI
secolo. Nelle aree periurbane, infatti, Mandarino King (C. nobilis Lour.)
gli agrumi erano utilizzati a scopo Il piccolo gruppo dei King, originario dell’Indocina, deriva forse da
decorativo e l’agrumeto veniva definito un incrocio naturale tra arancio e mandarino. Per quanto concer-
“giardino” ne l’aspetto commerciale, assumono una relativa importanza solo
le varietà King of Siam, in Cambogia e Vietnam, e Kunembo, in
Giappone. Le due cultivar differiscono per pezzatura ed epicarpo,
essendo la seconda più piccola e con una buccia leggermente
meno rugosa. La pianta di King of Siam è mediamente vigorosa,
con foglie verde scuro e ampie. I frutti, grandi come arance, mo-
strano una buccia particolarmente grossolana di color arancio,
spessa e ricca di oli essenziali. La polpa, moderatamente acida e
dolce, presenta un gusto poco contrastato e circa 10-15 semi. In
virtù della tardiva maturazione, è stata utilizzata come parentale
per il conseguimento di varietà di buona diffusione nel mondo,
come Kinnow e Wilking.

Mandarino Comune (Citrus reticulata Blanco)


Anch’essi sono originari dei Paesi orientali dove sono diffusi in
modo prevalente. La cultivar più importante è il Ponkan, deno-
minata Nagpur Suntara in India e Batangas nelle Filippine. Oggi

King
Tardivo di Ciaculli

364
mandarino e simili

è probabilmente il mandarino più estensivamente coltivato nel


mondo, essendo molto diffuso in Cina, India e Brasile. La pianta,
vigorosa, presenta uno sviluppo assurgente, buona produttività
e una spiccata alternanza. Il frutto è di grande pezzatura, oblato,
con una buccia mediamente spessa di color arancio che tende a
staccarsi anche a maturazione incipiente. La polpa è succosa e
gustosa con pochi semi. È uno dei mandarini che trova nel clima
tropicale l’ambiente più favorevole: qui, infatti, la qualità e la di-
mensione dei frutti raggiungono i massimi livelli.

Satsuma (C. unshiu Marcow.)


L’origine del satsuma, al pari di altri mandarini, non è ben definita.
Viene spesso riportato che sia di origine giapponese, ma pare deri-
vi invece, nel 1400, dal mandarino Tsao Chieh proveniente dalla cit-
tà cinese di Wenzhou, o più verosimilmente da una mutazione del
mandarino Bendiguanchu, altro mandarino locale di Wenzhou, ben Ponkan
1000 anni prima. Il termine unshiu è un adattamento giapponese di
Wenzhou quale conseguenza della lettura in nipponico dei caratteri
cinesi. La parola satsuma, invece, viene attribuita alla moglie di un
diplomatico americano in Giappone, il generale Van Valkenberg,
che la usò per indicare delle piante che nel 1878 inviò negli Stati
Uniti; essa proviene dal precedente nome della attuale Prefettura di
Kagoshima, sulla punta meridionale dell’isola di Kyushu, dove pare
abbia avuto origine. In Giappone, dove rappresenta circa il 90%
della coltura degli agrumi, è conosciuto come mikan, termine usato
per indicare gli agrumi in generale o, formalmente, unshiu mikan.
Tra gli agrumi commestibili è secondo solo al kumquat per la resi-
stenza al freddo, specialmente se innestato su Poncirus. Si cono-
scono all’incirca un centinaio di varietà ottenute, soprattutto, da
mutazioni dovute alla scarsa stabilità genetica. Sono raggruppati,
Satsuma coltivato in Cina su telo bianco
a seconda dell’epoca di maturazione, in molto precoci (Goko Wa- per ridurre le perdite di umidità del terreno
se), precoci (Wase), a maturazione media (Nakate) e tardiva (Ban- per evaporazione
sei). Si raccolgono infatti dal mese di agosto a metà dicembre.
In Europa tradizionalmente il satsuma inizia la campagna agruma-
ria tra fine settembre e inizio ottobre quando i frutti, pur essendo
idonei per il consumo, presentano ancora un colore verde. Con-
siderato che non si prestano bene alla pratica della deverdizza-
zione, il consumatore li accetta anche con pigmentazione insuffi-
ciente. Le varietà più precoci hanno avuto una buona diffusione in
Spagna, dove la superficie ad essi dedicata ha raggiunto 16.000
ettari nel 1986 e sono state selezionate alcune mutazioni. Le cul-
tivar più importanti del gruppo Wase sono la Okitsu, la Miho e la
Miyagawa, e tra le tardive la Sugiyama.

Miyagawa. La pianta presenta un portamento espanso e pendulo


dei rami e le foglie sono alquanto estese. Il frutto oblato, di medie Pigmentazione verde dei frutti di satsuma
dimensioni, ha una buccia color arancio che si distacca facilmen- al momento della raccolta
te dalla polpa. Presenta 10-12 segmenti con pellicola spessa e

365
ricerca

resistente; i frutti sono privi di semi. La cultivar Miyagawa, oltre a


essere quella maggiormente coltivata in Giappone, si è diffusa in
Italia negli anni ’80, ma oggi la sua coltivazione è in diminuzione.
A seguito di un programma di miglioramento genetico mediante
incrocio tra satsuma e altri mandarini, presso l’Università di Ca-
tania sono stati ottenuti sei ibridi denominati Primosole, Etna, Si-
meto, Bellezza, Desiderio e Sirio; i primi tre presentano già una
certa diffusione.

Primosole. Il Primosole è un ibrido di satsuma Miho x mandarino


Carvalhais rilasciato nel 1993. La pianta è di dimensioni medie
e le foglie presentano una tipica conformazione a coppa pur in
assenza di stress idrico. I frutti, apireni, maturano a ottobre, so-
no facili da sbucciare, di buona pezzatura e di sapore gradevole.
Questa cultivar ha avuto un buon riscontro a livello commerciale
Primosole diffondendosi in Italia e all’estero.

Etna. Ibrido di satsuma Okitsu x clementine Comune. La pianta,


di media vigoria e ad habitus piuttosto compatto, ha foglie ellit-
tiche di color verde scuro. I frutti sono oblati, di pezzatura me-
dio-elevata, apireni; l’epicarpo, mediamente aderente, è di color
arancio intenso; la polpa gustosa ha sapore simile a quello del
clementine Comune. Si raccoglie in novembre.

Simeto. Ottenuto dall’incrocio di satsuma Miho e mandarino


Avana apireno, presenta un habitus leggermente più assurgente
dell’Avana, cui assomiglia per forma delle foglie e dei frutti, oltre
che per sapore e pigmentazione. I frutti sono apireni, di pezzatura
superiore (160-180 g) e anticipano la maturazione di una decina
di giorni, raccogliendosi tra novembre e dicembre. La produttività
è soddisfacente, sebbene soffra di alternanza.
Etna

Tangor
Questo gruppo di agrumi comprende gli ibridi tra i mandarini e
l’arancio dolce o amaro. Il nome tangor deriva da tang di tangeri-
ne e or di orange.

Murcott. Questo tangor è stato costituito nei primi anni del XX


secolo nell’ambito di un programma di miglioramento genetico in
Florida e i genitori sono sconosciuti. Diffusosi nella seconda metà
del secolo scorso, è noto anche con i nomi Honey (miele), per la
dolcezza della polpa, o Smith, dal cognome di colui che, succes-
sivamente al signor Murcott, ha diffuso questo nuovo ibrido. La
pianta è moderatamente vigorosa, le foglie piccole e lanceolate.
I frutti si trovano sui rami perlopiù in posizione terminale per cui
sono soggetti a danni da vento e da sole. Presenta una buccia
Simeto sottile, lucida, di color arancio; la polpa tenera e succosa ha un
gusto prelibato, ma purtroppo contiene numerosi semi. L’epoca di

366
mandarino e simili

maturazione è compresa tra febbraio e marzo. La pianta è sogget-


ta a una spiccata alternanza che, oltre a incidere sulla pezzatura
dei frutti, in casi estremi può portare al collasso la pianta stessa.

Nadorcott®. La storia di questo mandarino è lunga e tormenta-


ta. Fu selezionato nel 1964 nella Stazione sperimentale Afourer
dell’INRA in Marocco da una popolazione di semenzali di Mur-
cott. Di recente è stato individuato il genitore maschile: la varietà
Mandalina. I frutti di questa selezione si distinguevano da quelli
di Murcott per l’epicarpo più facilmente sbucciabile, di un colore
tendente al rosso, e per essere apireni se coltivati in aree isolate.
Negli anni ’80 fu prima nominato INRA21W e successivamente
Afourer, dal nome della Stazione, con cui ancora oggi è in molti
Paesi maggiormente conosciuto. In seguito si diffuse negli Sta-
ti Uniti, dove è conosciuto con il nome W. Murcott o Delite. Nel
1995 E.B. Nadori brevettò la varietà con il nome Nadorcott. I frutti
sono di buona pezzatura e di buon sapore, maturano tra gennaio
e fine febbraio e hanno di recente avuto un buon successo nel
mercato europeo.

Ortanique. L’origine è sconosciuta e sembrerebbe un ibrido natu-


rale tra il tangerino e l’arancio dolce; è stato individuato in Giamaica
nel 1920 da C.P. Jackson. La pianta è moderatamente vigorosa; il Murcott
portamento è rotondeggiante ed espanso con chioma densa e fo-
glie di misura intermedia tra il mandarino e l’arancio. Il frutto è gros-
so, con buccia leggermente rugosa che si stacca con difficoltà dal-
Nadorcott®

367
ricerca

la polpa, senza semi se viene coltivato in assenza di impollinatori.


L’epoca di maturazione è tardiva, da febbraio ad aprile. In Italia, do-
po una prima diffusione in coltura dovuta soprattutto al pregio della
tardività, negli anni ’90 questo agrume è stato progressivamente
sostituito perché non più accettato dal mercato, considerato che i
frutti presentano un epicarpo coriaceo difficile a sbucciarsi.

Clementine
All’interno dei tangor il gruppo numericamente e commercialmen-
te più importante è costituito dal clementine, tanto che nella clas-
sificazione tassonomica alcuni autori lo considerano una specie a
sé stante (Citrus clementina Hort. ex Tan.). Il clementine Comune
o mandarancio è stato isolato intorno al 1900 da padre Clément
Rodier da una semina di mandarini a Misserghin, in Algeria, ed è
un ibrido naturale. Secondo Trabut, che lo ha descritto per primo,
è derivato probabilmente dall’incrocio del mandarino Avana e di
una selezione di arancio amaro chiamato Granito.
Ortanique Studi mediante marcatori molecolari svolti presso l’Università di
Catania hanno accertato che i genitori sono stati il mandarino
Avana e l’arancio dolce.
Nell’ambito della produzione di mandarini e mandarino-simili dei
Pae­ si del Mediterraneo, stimata intorno a 4.325.000 tonnellate
(24,7% del totale), il clementine occupa una posizione preminente.
In Italia la coltura del clementine Comune si è estremamente spe-
cializzata e diffusa in Calabria, Basilicata e Puglia, dove le condizio-

Principali mutazioni di clementine selezionate nei Paesi del bacino del Mediterraneo (segue)
Paese di Anno di Mutazione
Varietà Osservazioni
origine diffusione di
Fedele Italia 1966 Comune Pianta di vigore e produzione media, frutto di colore arancio intenso e precoce
Pianta di portamento assurgente con chioma densa, frutto schiacciato ai poli,
Tardivo Italia 1969 Comune
di colore arancio e a maturazione tardiva
Monreal per Pianta di aspetto compatto, molto produttiva con qualche seme,
Monreal verde Italia 1974
irraggiamento epoca di maturazione media (metà novembre)
Spinoso Italia 1988 Comune Pianta di vigore medio, produttiva, epoca di maturazione precoce (metà ottobre)
Pianta di aspetto molto compatto, produttiva, frutto piccolo,
Rubino Italia 1991 Comune
epoca di maturazione tardiva (gennaio-febbraio)
Pianta assurgente con foglie più grandi del clementine Comune,
Oroval Spagna 1950 Comune
frutto con buccia spessa e precoce
Pianta espansa, con foglie più grandi del clementine Comune,
Nules Spagna 1953 Comune
frutto con buccia spessa e maturazione medio-tardiva
Pianta compatta, con foglie più grandi del clementine Comune,
Hernandina Spagna 1966 Comune
frutto a maturazione tardiva (fine gennaio-febbraio)
Esbal Spagna 1966 Comune Pianta molto produttiva e di maturazione media
Pianta caratterizzata da portamento globoso, vigore medio-elevato,
Arrufatina Spagna 1968 Nules
produttività buona, epoca di maturazione precoce

368
mandarino e simili

ni pedoclimatiche favoriscono l’ottenimento di soddisfacenti pro-


duzioni dotate di buone caratteristiche qualitative. Inoltre, in consi-
derazione della loro autoincompatibilità, le colture specializzate, in
assenza di impollinatori, consentono la produzione di frutti apireni, Clementine e mandarini:
ottenendo risultati lusinghieri nei mercati nazionali ed esteri. Recen- diffusione
temente l’aumento indiscriminato delle superfici investite a questa
coltura, sia nelle regioni meridionali italiane, passate da 12.778 ettari
• Il clementine è maggiormente diffuso
in Calabria, Basilicata e Puglia, mentre
nel 1985 a 29.507 nel 2011, sia in Spagna, maggiore Paese espor- il mandarino si coltiva soprattutto
tatore nel bacino del Mediterraneo, ha enormemente inflazionato in Sicilia
l’offerta di questo agrume. La diffusione della coltura ha contribuito
in un secolo all’isolamento, per mutazioni spontanee, di un notevole
numero di selezioni che si sono diversificate dall’originario genotipo
00
per varie caratteristiche quali l’epoca di maturazione, la pezzatura, 20.0
il colore della buccia, l’habitus vegetativo e altre ancora. 00
La prima di queste mutazioni, riscontrata in Algeria, a Perregaux, 16.0
nel 1940 e chiamata Monreal, dal nome dell’agricoltore che l’ave- 0
2.00
va individuata, risultava più produttiva e con frutti più grossi ri- ha 1
spetto al clementine Comune ma, a differenza di questo, presen- 8000
tava numerosi semi poiché autofertile. La Monreal ha avuto una
discreta diffusione, ma dagli anni ’90 i consumatori europei inizia- 4000
rono a non gradire i semi decretandone la sostituzione con sele-
0
zioni apirene più precoci (Caffin, Spinoso, Corsica 2, SRA 89) e a a
pani Puglia asilicat Calabria Sicilia ardegn
a
Cam B S
più tardive (Hernandina e Tardivo). Ciò ha permesso di estendere
il calendario di raccolta da ottobre a febbraio rendendo il mercato Superficie coltivata a mandarini (rosa)
meno inflazionato. e clementine (giallo)

(continua) Principali mutazioni di clementine selezionate nei Paesi del bacino del Mediterraneo
Produttività elevata a maturazione precoce,
Clemenpons Spagna 1968 Nules
il frutto tende a spigare se non viene raccolto per tempo
Marisol Spagna 1970 Oroval Migliorativa rispetto alla Oroval come qualità del frutto
Oronules Spagna 1970 Comune Pianta vigorosa, epoca di maturazione precoce
Orogrande Spagna 1978 Nules Pianta espansa con foglie più grandi del clementine Comune, epoca di maturazione precoce
Loretina Spagna 1992 Marisol Migliorativa rispetto alla Marisol come qualità del frutto
Clemenrubì Spagna 1996 Oronules Pianta molto compatta a crescita lenta, la più precoce in assoluto con produzione medio-scarsa
SRA 92 Francia 1960 Comune Selezione del clementine Comune che non si è diffusa in Italia
Corsica 2 Francia 1962 Comune Pianta compatta molto produttiva, maturazione precoce
SRA 63 Francia 1963 Comune Selezione del clementine Comune molto diffusa in Italia
SRA 85 Francia 1965 Comune Selezione del clementine Comune che non si è diffusa in Italia
SRA 88 Francia 1965 Comune Selezione del clementine Comune che non si è diffusa in Italia
SRA 89 Francia 1965 Comune Pianta compatta, con internodi raccorciati, produttiva e precoce, discretamente diffusa in Italia
Pianta con foglie di colore verde intenso, compatta,
Caffin Marocco 1968 sconosciuta
con frutti di colore arancio intenso e precoci, produzione medio-scarsa
Nour Marocco 1980 sconosciuta Pianta compatta, con foglie più grandi del clementine Comune, epoca di maturazione tardiva
Pianta di aspetto compatto, produttiva con molti semi,
Monreal Algeria 1940 Comune
epoca di maturazione media (metà novembre)

369
ricerca

Selezioni di clementine più diffuse in Italia


Clemenrubì®. Si tratta di una mutazione spontanea del clemen-
tine Oronules individuata in Spagna, a Loriguilla (Valencia), nel
1996, e brevettata nel 2005. L’albero è poco vigoroso e di lento
accrescimento, la chioma compatta; il frutto, di media pezzatura,
è tra i più precoci, sebbene la buccia permanga di colore verda-
stro nella zona apicale. Facile da sbucciare, conviene raccoglierlo
appena maturo per evitare fenomeni di spigatura e granulazione. I
frutti sono soggetti a danni da spaccatura e da colpo di sole.

Caffin. È stato isolato nel 1968 in Marocco, a Azemmour, da Caffin.


La pianta ha un vigore medio-basso e una chioma espansa media-
mente assurgente; le foglie sono di colore verde più intenso rispetto
agli altri clementine. Il frutto ha forma oblata e buccia di colore arancio
intenso; l’epoca di maturazione è precocissima (primi di ottobre).
Clemenrubì®
Spinoso. Il clementine Spinoso è stato isolato nel 1988 in Italia a
Metaponto (Matera) presso l’azienda Pantanello da Angelo Star-
rantino. La pianta ha un vigore medio, chioma espansa media-
mente assurgente; le spine sono presenti nei rami più vigorosi e
si attenuano nei rametti apicali; fruttifica regolarmente. Il frutto ha
forma più schiacciata rispetto al clementine Comune. L’epoca di
maturazione è precoce (metà ottobre).

SRA 89. È stato introdotto in Corsica da Folleli (SRA) nel 1965. La


pianta ha vigore medio, chioma compatta e internodi ravvicinati;
la fruttificazione inizia precocemente. La forma del frutto è oblata,

Caffin

Spinoso
SRA 89

370
mandarino e simili

la buccia è di colore arancio. L’epoca di maturazione è precoce


(fine ottobre-primi di novembre).

Corsica 2. È stato isolato nel 1962 in Marocco a Saida Rabat.


La pianta ha vigore medio, chioma folta e globosa, spine assenti,
fruttificazione abbondante e costante. La forma del frutto è oblata,
simile al clementine Comune e la buccia è di colore arancio. L’epo-
ca di maturazione è precoce (fine ottobre-primi di novembre).

SRA 63. Il clementine SRA 63, proveniente da Boufarik in Algeria,


è stato introdotto in Corsica nel 1963 dall’SRA. La pianta ha vigo-
re medio ed è una selezione del clementine Comune molto diffusa
nell’agrumicoltura italiana. La forma del frutto è oblata, l’epoca di
maturazione è media (fine novembre-dicembre).

Hernandina. È stato isolato nel 1966 in Spagna a Picassent (Va- Corsica 2


lencia). La pianta ha vigore medio, chioma folta; le foglie sono di
dimensioni maggiori rispetto a quelle del clementine Comune; la
corteccia del tronco e delle branche è più scura. Entra in produ-
zione precocemente e presenta una certa alternanza. La forma
del frutto è oblata; la buccia è di colore arancio; in qualche frutto
la parte apicale rimane verde pallido. L’epoca di maturazione è
tardiva (gennaio-metà febbraio).

Clementine Tardivo. Il clementine Tardivo deriva da mutazione


spontanea di clementine Comune ed è stato individuato nel 1969
a Giarre (Catania). La pianta presenta media vigoria ed è legger-

SRA 63

Hernandina
SRA 63

371
ricerca

mente assurgente. I frutti sono di buona pezzatura e di forma


sub-sferica, la buccia a grana fine è di colore arancio intenso. Pe-
culiarità del clementine Tardivo è che il frutto matura a dicembre-
gennaio sebbene la buccia rimanga di colore verde e resista bene
sulla pianta fino a febbraio-marzo.

Tangeli. Sono ibridi tra mandarini e pummelo o pompelmo. Il no-


me tangelo deriva da tang di tangerine ed elo di pummelo.

Minneola. Il Minneola è stato ottenuto dall’incrocio del pompelmo


Duncan x il tangerino Dancy presso la U.S. Department of Agricultu-
re della Florida nel 1931. La pianta è vigorosa, la chioma è poco den-
sa, le foglie sono grandi e simili a quelle dell’arancio. Il frutto, che ha
dimensione intermedia tra un’arancia e un mandarino, presenta il lo-
bo pedicellare sviluppato, un colore arancio intenso e si sbuccia con
difficoltà. A maturazione avvenuta ha bassa serbevolezza sia sulla
pianta sia in post-raccolta, pertanto la sua diffusione è limitata.
Minneola
Mapo. È stato ottenuto in Italia nel 1950 presso il CRA-ACM di
Acireale, derivato dall’incrocio tra il pompelmo Duncan e il man-
darino Avana. Essendo i suoi frutti di elevata pezzatura, a ma-
turazione precoce (ottobre) e facilmente sbucciabili, seppur con
semi, ha riscontrato un certo interesse e diffusione negli anni ’80.
La presenza nello stesso periodo di frutti facili da sbucciare ma
apireni (satsuma) ha fatto sì che il mapo venisse sempre meno
accettato dal consumatore.

Ibridi triploidi
Presso il CRA-ACM di Acireale la costituzione di ibridi triploidi di
agrumi è iniziata nel 1978, utilizzando l’incrocio di genitori femminili
2X monoembrionici e genitori maschili 4X. Il vantaggio di questa
strategia è che, utilizzando un genitore femminile monoembrioni-
co diploide, si ottengono esclusivamente ibridi senza l’interferenza
degli embrioni nucellari. Il clementine e il mandarino Fortune sono
Mapo stati usati come genitori femminili, mentre selezioni tetraploidi di
arancio Biondo, di Tarocco, di mandarino Avana sono state usate
come genitori maschili. I triploidi producono gameti sterili e frutti
Ibridi triploidi per via partenocarpica. La costituzione di ibridi innovativi per la
pezzatura del frutto, la pigmentazione antocianica, la facile sbuc-
• La caratteristica principale degli ibridi ciatura, l’epoca di maturazione, la produttività e la rapida entrata
triploidi è di produrre frutti apireni,
peculiarità essenziale per il mercato in produzione ha confermato l’interesse per la strategia utilizzata.
dei mandarino-simili; infatti,
lo sbilanciamento cromosomico 3X Tacle®. Il Tacle è ibrido di clementine Monreal 2X x arancio Ta-
(27 cromosomi) non consente rocco 4X brevettato nel 2001. La pianta ha un elevato sviluppo,
la produzione di gameti fertili habitus vegetativo assurgente ed espanso e spine di medie di-
mensioni; le foglie hanno forma ellittica e apice appuntito. Il frutto
ha una forma oblata e un peso medio di circa 150 g; la buccia
ha un colore arancio intenso con pigmentazione antocianica, una

372
mandarino e simili

consistenza soffice ed è mediamente aderente alla polpa, che è


di colore arancio intenso con screziature antocianiche. Il sapore
è intermedio tra quello del clementine e del Tarocco. La raccolta
inizia a fine dicembre e si prolunga a tutto gennaio, tuttavia la
persistenza dei frutti sulla pianta è bassa.

Alkantara®. L’Alkantara è stato ottenuto dall’incrocio del clementi-


ne Oroval 2X x arancio Tarocco® 4X e brevettato nel 2004. La pian-
ta ha uno sviluppo contenuto e un portamento espanso. Le spine
sono di piccole dimensioni. Le foglie hanno forma ellittica, apice
arrotondato. Il frutto ha una forma oblata e un peso medio di cir-
ca 200 g; la buccia ha un colore arancio intenso, una consistenza
soffice ed è poco aderente alla polpa. Quest’ultima presenta a ma-
turità avanzata una buona pigmentazione antocianica e un sapore
particolare e distintivo. La raccolta inizia a fine novembre e si pro-
trae a tutto gennaio; la persistenza dei frutti sulla pianta è buona. Tacle®

Mandared®..Il Mandared è un ibrido di clementine di Nules 2X x


arancio Tarocco 4X brevettato nel 2004. La pianta ha un elevato
sviluppo e un habitus vegetativo assurgente ed espanso. Le spine
sono di medie dimensioni e le foglie hanno forma ellittica. Il frutto ha
una forma oblata e un peso medio di circa 170 g; la buccia è sottile,
di grana fine e di colore arancio intenso, con media aderenza alla
polpa. Quest’ultima presenta a maturità una notevole pigmentazio-
ne antocianica. L’epoca di raccolta inizia a metà febbraio e si pro-
lunga a tutto marzo; la persistenza dei frutti sulla pianta è media.

Mandalate®. Il Mandalate è stato ottenuto dall’incrocio di Fortu-


ne 2X x mandarino Avana 4X e brevettato nel 2004. La pianta ha

Alkantara®

Mandared®
Mandalate ®

373
ricerca

uno sviluppo medio e un habitus vegetativo espanso. Le spine


sono di piccole dimensioni e le foglie hanno forma ellittica. Il
frutto ha una forma oblata e un peso medio di circa 100 g; la
buccia è sottile, di grana fine e di colore arancio, con scarsa
aderenza alla polpa. Il sapore è simile a quello del mandarino
Avana. Matura dopo il mandarino Tardivo di Ciaculli, ma, a diffe-
renza di quest’ultimo, rimane succoso. L’epoca di raccolta inizia
a fine febbraio e si prolunga a tutto aprile; i frutti resistono bene
sulla pianta.

Winola®. Triploide spontaneo ottenuto dall’incrocio di mandari-


no Wilking x Minneola, fu costituito nel 1979 da Vardi e Spiegel-
Roy al Volcani Center in Israele e brevettato nel 1993. La pianta
è mediamente vigorosa con chioma ricadente, la produzione si
trova all’interno. I frutti, di media pezzatura e color arancione in-
tenso, si caratterizzano per un’elevata consistenza, un epicarpo
coriaceo non facile da sbucciare e un sapore caratteristico, con
Winola® valori di acidità mediamente elevati. L’epoca di maturazione si
colloca nel mese di marzo.
Nova

374
mandarino e simili

Altri ibridi
Nova. Il Nova è stato ottenuto nel 1942 dall’incrocio di clemen-
tine Comune x tangelo Orlando da Gardner e Bellow presso lo
U.S. Department of Agriculture di Orlando (Florida) ed è stato
descritto e rilasciato nel 1964. La pianta è poco vigorosa e la
chioma compatta, le foglie sono simili a quelle del clementine,
ma leggermente più grandi. Il frutto matura a fine dicembre e si
mantiene in buone condizioni fino a tutto gennaio. Negli ultimi
decenni si è molto diffuso nel bacino del Mediterraneo, special-
mente in Spagna, dove è stato commercializzato con il nome di
Clemenvilla. In presenza di impollinatori, come il clementine e il
Primosole, produce frutti con semi.

Fortune. Il Fortune è stato ottenuto nel 1964 dall’incrocio di cle-


mentine Comune x Dancy da J.R. Furr presso lo U.S. Depart-
ment of Agriculture di Indio (California). La pianta è vigorosa; la
densa chioma fruttifica all’interno e i frutti sono così protetti dal
sole. La maturazione avviene in marzo-aprile. Negli anni passati Fortune
si è diffuso soprattutto in Spagna dove costituisce la cultivar tar-
diva più importante; anche in Italia ha avuto una certa diffusione,
che in questi ultimi anni si è ridotta per la sensibilità del frutto al
fungo Alternaria alternata che lo rende incommerciabile.

Recenti innovazioni varietali


Alcune varietà di recente costituzione appaiono promettenti nei
Paesi di origine e potrebbero nel prossimo futuro riscuotere inte-
resse anche in Italia. Tra queste si riportano alcune cultivar rite-
nute più promettenti. La Tango®, ottenuta in California mediante
mutazione indotta per irraggiamento del W. Murcott e brevettata
nel 2011, si distingue per l’apirenia del frutto; l’Orri®, mutazione
indotta per irraggiamento della cultivar Orah e ottenuta in Israe­
le, in cui si è notevolmente diffusa negli ultimi dieci anni e che
matura a febbraio-marzo; la Mor, mutazione indotta del Murcott
ottenuta in Israele, i cui frutti sono simili a quelli di Murcott per
il sapore ma quasi del tutto apireni. Tre mandarini medio-tardivi
di elevata pezzatura sono stati brevettati in California, Tahoe
Gold®, Yosemite Gold®, Shasta Gold®; presso l’IVIA in Spagna
sono stati costituiti il Safor® e il Garbì®, ibridi triploidi rispettiva- Pianta brevettata
mente di Fortune x Kara e di Fortune x Murcott, che producono
frutti apireni a maturazione tardiva. • Per “pianta brevettata” s’intende
un genotipo di nuova costituzione
Mandarini a frutto piccolo sottoposto a privativa come forma
Delle 36 specie di mandarino classificate da Tanaka, alcune non di proprietà industriale da parte del
sono state incluse in quelle sopra descritte. Vengono di seguito costitutore. Il simbolo utilizzato per tali
riportate le specie che hanno oggi importanza sotto l’aspetto varietà è ® e comporta il pagamento dei
commerciale per il consumo fresco nei mercati asiatici o per il relativi diritti da parte dell’agricoltore
loro utilizzo come portinnesto o a scopo ornamentale e che, per-
tanto, verranno trattati estensivamente negli specifici capitoli.

375
ricerca

Calamondino (C. madurensis Lour.; C. mitis Blanco)


Probabile ibrido di kumquat e mandarino, il frutto non è edibile
per la buccia dal sapore amaro; si differenzia dal kumquat anche
per la morfologia delle parti interne del fiore (ovario). La pianta
è, nel gruppo degli agrumi ornamentali, tra le più utilizzate per la
rifiorenza e l’eleganza delle foglie.

Mandarino Cleopatra (C. reshni Hort. ex Tan.)


Di origine indiana, si è diffuso come portinnesto soprattutto per la
tolleranza ai sali. La pianta, attraente per la chioma rotondeggian-
te e le foglie piccole di color verde scuro, presenta frutti di colore
rosso-arancio.

Citrus sunki Hort. ex Tan.


Proveniente dalla Cina, la pianta è di sviluppo medio. I frutti, non
edibili per il succo acido, sono piccoli e depressi su entrambi i
poli e presentano una buccia molto aderente. In Cina viene oggi
Calamondino utilizzato come portinnesto.
È stato di recente impiegato in California come parentale in pro-
grammi di miglioramento genetico per il conseguimento di nuovi
portinnesti.

Lima di Rangpur (Citrus limonia Osbeck)


Probabile ibrido di mandarino e lima, è molto utilizzato in Brasile
come portinnesto.
Produce frutti mandarino-simili di color arancio intenso utilizzati
per la preparazione di bevande dissetanti.

Citrus amblycarpa (Hassk.) Ochse


Red Tangerine Detto anche Nasnaran, è originario dell’Indonesia. Ha frutti gialli,
piccoli e acidi. Viene utilizzato come portinnesto.

Citrus depressa Hay.


Originaria dell’isola di Formosa, la pianta si presenta vigorosa con
chioma rotondeggiante. I frutti di color arancio sono schiacciati
ai poli e con buccia sottile, la polpa è gelatinosa e acida. Cono-
sciuto anche con il nome di Shekwasha, viene impiegato a scopo
ornamentale.

Citrus oleocarpa Hort. ex Tan.


Noto con il nome di Timkat in Cina e Yuhikitsu in Giappone, si
tratta di un mandarino dal frutto piccolo, giallo aranciato e obla-
to. La polpa, saporita e subacida, presenta un colore più intenso
rispetto alla buccia.

Red Tangerine
Bendizao Si colloca al terzo posto tra i mandarini maggiormente coltivati in
Cina per un totale di 500.000 tonnellate l’anno. Il frutto presenta

376
mandarino e simili

una buccia dal colore rosso intenso, tanto da essere denominato


“tangerino scarlatto”. Il nome locale è Hungchieh o Hongju. Viene
utilizzato anche come portinnesto.

Citrus succosa Hort. ex Tan.


Noto con il nome di Bendizao, viene coltivato in Cina con una
produzione di circa 200.000 tonnellate annue. Il frutto, simile al
satsuma, ha una bassa acidità e presenta semi.

Citrus kinokuni Hort. ex Tan.


Antica pianta originaria della Cina, dove è denominata Nanfengmi-
ju, si è diffusa in Giappone ed è conosciuta con il nome di Kishu
mikan. Ancora oggi è popolare per il gusto gradevole e la fragran-
za distintiva. I frutti di color arancio intenso sono piccoli e hanno
pochi semi. Si producono circa 100.000 tonnellate l’anno.

Citrus lycopersicaeformis Hort. ex Tan.


Nota con il nome di Kokni o Kodakithuli, proviene dall’India. I frutti
sono molto piccoli e di color arancio intenso; presentano una pol- Nanfengmiju
pa di gusto gradevole in piena maturazione.

Calendario di maturazione delle principali varietà di mandarini e mandarino-simili


Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Febbraio Marzo Aprile
10 20 30 10 20 30 10 20 30 10 20 30 10 20 30 10 20 30 10 20 30 10 20 30
Miyagawa
Primosole
Clemenrubì®
Caffin
Spinoso
SRA 89
Etna
Corsica 2
SRA 63
Comune
Simeto
Alkantara®
Avana
Tacle®
Nova
Hernandina
Satsuma e suoi ibridi Tardivo
Clementine Nadorcott®
Triploidi Mandared®
Mandarino Tardivo di Ciaculli
Altri ibridi Mandalate®
Fortune

377
gli agrumi ricerca
Pummelo e pompelmo
Giuseppe Reforgiato Recupero,
Santo Recupero

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97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106
- 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in
alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).
ricerca

Pummelo e pompelmo
Il pummelo, specie vera
Usi medicinali del pummelo Il pummelo (C. maxima), insieme al cedro e al mandarino, rappre-
senta una delle tre specie vere esistenti nel genere Citrus; tutte le
• Nelle Filippine e nel Sud-Est asiatico, altre specie sono ibridi naturali, alla cui formazione spesso ha con-
decotti di foglie, fiori e scorza vengono
corso l’uomo con la diffusione e la concentrazione di individui rac-
somministrati per il loro effetto
colti da varie aree geografiche. I frutti del pummelo, antico antenato
sedativo nei casi di epilessia e tosse
del pompelmo, anche se molto più dolci e meno acidi, raggiungo-
convulsiva. Il decotto di foglie viene
no nel genere Citrus le maggiori dimensioni (sino a 9-10 kg).
applicato su gonfiori e ulcere. Il succo
La loro forma è rotonda o leggermente a pera. La buccia è gial-
del frutto si prende come febbrifugo.
la, spessa ed elastica; la polpa può essere di colore variabile dal
In Brasile la gomma che trasuda dagli
giallo al rosso (con diverse gradazioni a seconda della cultivar). I
alberi malati trova impiego come
pummeli pigmentati sono simili ai gialli, tranne che per il colore
rimedio per la tosse. L’estratto ottenuto
rosso causato dal carotenoide licopene, che varia dal rosa chiaro
dai fiori è utilizzato per combattere
al rosso intenso.
l’insonnia e anche come cardiotonico.
Come il pompelmo, può risultare molto variabile per numero di
Gli estratti fogliari hanno dimostrato
semi, succosità, dolcezza, anche se generalmente è più dolce;
attività antibiotica
inoltre, quando viene consumato fresco, i segmenti vengono pri-
vati delle membrane che li avvolgono. L’albero del pummelo è
abbastanza alto (da 5 a 15 m). Le foglie sono di colore verde scuro
e coriacee, lunghe 12,5 cm e larghe 6 cm in media. Gli alberi pro-
ducono grandi fiori bianchi profumati. Il frutto richiede una signi-
ficativa quantità di calore per diventare dolce e quindi si giova di
un clima tropicale o subtropicale. Il pummelo, come il pompelmo,
Foto P. Sidoti
contiene il flavanone naringina, che impartisce un sapore amaro
alla polpa.

Origine, tradizioni e aree maggiormente interessate


alla coltura
Il pummelo, originario del Sud-Est asiatico, cresce spontaneo sul-
le rive dei fiumi nelle isole Fiji e Tonga, in Malesia. È anche noto
come pamplemousse, pomelo, limone bali, limau besar e, natu-
ralmente, shaddock. Quest’ultimo nome deriva dal fatto che nel
1696 è stato introdotto nelle Barbados dal capitano Shaddock.
In Cina i primi riferimenti ai pummeli coltivati risalgono all’epoca
della dinastia Zhou (1045-256 a.C.). Attualmente questo agrume
è molto coltivato nel Sud (nelle province di Fujian, Guangdong,
Guangxi, Hunan, Zhejiang, Sicuan). I cinesi credono che man-
giare pummeli porti fortuna e prosperità; infatti il loro consumo è
sempre notevole durante il Capodanno cinese, perché si ritiene di
buon augurio.
È anche molto coltivato nel Sud della Thailandia sulle sponde del
fiume Tha Chine, a Taiwan, nel Giappone meridionale (dove viene
chiamato buntan o zabon), nel sud dell’India, in Malesia, Indone-
sia, Nuova Guinea e Tahiti. Inoltre è diffuso nei Caraibi e negli Stati
Uniti (California e Florida). Si ritiene che l’introduzione nelle Indie
abbia contribuito a un miglioramento delle sue caratteristiche per

378
pummelo e pompelmo

la presenza di frutti con buccia meno spessa e maggiore succosi-


tà. Gli Arabi lo hanno introdotto in Spagna, dove è stato coltivato
su piccola scala, ma generalmente il clima europeo troppo freddo
è inadatto a stimolare un idoneo grado di maturazione e questa
è la principale ragione che ha portato le aree agrumicole europee
a trascurare questo agrume. Essendo una specie non apomittica,
la propagazione per seme ha portato a un notevole aumento della
variabilità. Nel Citrus Variety Collection di Riverside, dove è pre-
sente la più vasta collezione di germoplasma agrumicolo esisten-
te al mondo, sotto la voce pummelo sono elencate 64 accessioni
che fanno riferimento a 49 diversi biotipi.

Le diverse cultivar
In Cina. Il pummelo Guanxi Honey è coltivato nella Cina sudorien-
tale, nella contea di Pinghe, dove occupa una superficie totale di
300.000 ettari; viene coltivato da più di 500 anni ed è stato usato
come tributo all’imperatore. Si tratta di una varietà senza semi,
dolce, succosa e sempre caratterizzata da un profumo che ricor-
da il miele. Il peso del frutto varia da 1,5 a 2 kg.
In Cina si trova anche il pummelo Liang Ping Yau, di dimensioni Frutti del pummelo Shatianyu
molto grandi. Il frutto, che contiene molti semi, ha forma piriforme,
presenta sino a 14 segmenti irregolari ed è molto apprezzato nel
Sud-Est asiatico per il particolare aroma.
Un’altra varietà molto diffusa è il pummelo Shatianyu, dalla carat-
teristica forma a pera.
Foto P. Sidoti
In Giappone. Hirado Buntan’ (Hirado) deriva da un semenzale
isolato nella prefettura di Nagasaki, in Giappone. Il frutto è oblato,
leggermente depresso e di grandi dimensioni. A maturità la buc-
cia diventa di colore giallo brillante, liscia e lucida. La polpa è di
spessore e succosità medi, di buon sapore subacido, debolmen-
te amaro. L’albero è di dimensioni abbastanza grandi, vigoroso,
insolitamente tollerante al freddo. Le foglie sono grandi, spesse e
largamente alate. Hirado, una delle varietà commerciali più diffuse
in Giappone, appartiene ai pummeli a polpa bianca. A volte il co-
lore viene descritto come un pallido giallo-verdastro. In Florida si
trova una nuova selezione con la polpa rosa, che si è rapidamente
diffusa.
Mato Buntan è una cultivar che è stata introdotta dal sud della Ci-
na dapprima a Taiwan, nel 1700, e in seguito in Giappone. È molto
popolare sia in Cina sia in Giappone. Il frutto è medio-grande,
ricco di semi, di forma variabile da obovoide a piriforme. La polpa
è poco acida, di colore giallo-verdastro.

In California. Wainwright è un pummelo coltivato in California,


di probabile derivazione cinese. Il frutto, di colore giallo, si sbuc-
cia facilmente e ha un aroma piacevole, anche se contiene molti
semi.

379
ricerca

Chandler è un incrocio effettuato a Riverside (California) tra i


pummeli Siamese Sweet e Siamese Pink. In Israele, dove viene
chiamato Jaffa Red Pomelo, la sua polpa raggiunge, grazie alle
idonee condizioni climatiche, un colore rosso intenso. La polpa è
dolce e gradita al consumatore che predilige frutti con bassi livelli
di acidità.
Pink Pummelo è una cultivar pigmentata appartenente al gruppo
thailandese. In California si caratterizza per le qualità interne; an-
che se il frutto contiene parecchi semi, una ridotta acidità lo rende
apprezzabile.
Siamese Sweet è stato introdotto negli Stati Uniti nel 1930 dal
United States Department of Agriculture (USDA): il frutto non pre-
senta acidità, ma è leggermente amaro. In Thailandia viene rac-
colto quando perde il colore verde e conservato in casa per alcuni
mesi per migliorarne il sapore e la succosità. In California è stato
utilizzato nei programmi di incrocio ed è stato uno di genitori di
Oroblanco, Melogold e Chandler.

In Indonesia. Pandan Bener e Pandan Wangi sono due varie-


tà coltivate nell’isola di Java, in Indonesia. Entrambe producono
frutti oblati o rotondeggianti con polpa pigmentata. Pandan Wan-
gi è più produttiva di Pandan Bener.
Particolare della fruttificazione di pummelo
Chandler
In Vietnam e Thailandia. Le principali varietà coltivate in Vietnam
sono Da Xanh e Nam Roi, in Thailandia Thong Dee, i cui frutti
hanno la polpa leggermente rossastra e in particolari condizioni
risultano apireni.

In Malesia. I pummeli coltivati in Malesia a seconda delle carat-


teristiche vengono classificati nel gruppo thailandese, cinese o
indonesiano. Il gruppo thailandese comprende tipi variabili nella
forma e solitamente di dimensioni inferiori rispetto agli altri, anche
se generalmente sono considerati di qualità superiore; crescono
nello stato di Kedah, situato nella parte nordoccidentale della pe-
nisola malese.
Al gruppo cinese appartengono tipi a polpa bianca con frutti piri-
formi. La varietà principale, chiamata Shatian, è caratterizzata da
un frutto di media grandezza, e cresce negli stati di Johor, Negeri
Sembilan e Melaka. Il gruppo indonesiano, estremamente vario,
è contraddistinto generalmente da frutti a polpa bianca, a basso
contenuto di acidità. Le varietà più comuni sono Tambun White e
Tambun Pink.

In Africa. Red Shaddock è una cultivar isolata in Africa a Tambuti


(Swaziland). Ha un sapore particolare dovuto a un basso conte-
nuto di acidità. La polpa di Red Shaddock è molto simile a quella
Frutti di pummelo Chandler del pompelmo Star Ruby, di colore rosso intenso, ma ha molti
semi. La buccia è simile a quella di un pompelmo giallo.

380
pummelo e pompelmo

A Tahiti. Sarawak, detto anche pummelo Tahiti, rientra tra i pum-


meli ritenuti di eccellente qualità, anche se poco conosciuti. Que-
sto frutto di piccole e medio-grandi dimensioni ha una buccia
liscia, un po’ più sottile di quella di un pummelo tradizionale. I Caratteristiche che distinguono
frutti medio-precoci si mantengono bene sulla pianta. La polpa è il pummelo dal pompelmo
di colore giallo-verdastro e succosa. Il sapore caratteristico, che
ricorda quello della lima, è apprezzato da molti. La pianta è vigo- • Presenza di pubescenza nei giovani
germogli e lungo la nervatura centrale
rosa.
nella pagina inferiore
Il pompelmo • Maggiore ampiezza delle alette
Nonostante la maggior parte degli agrumi sia originaria dell’Asia, del peziolo, che arrivano a sovrapporsi
il pompelmo rappresenta un’eccezione, in quanto questa specie con la lamina fogliare
è stata isolata nell’isola caraibica delle Barbados. Nei Caraibi le • Maggiori dimensioni dei frutti, che
prime introduzioni di agrumi si devono a Cristoforo Colombo, e inoltre sono piriformi
successivamente a inglesi e olandesi; alcuni agrumi (per esempio
il pummelo) furono importati dalle isole della Malesia. La prima • Maggiore spessore della buccia
descrizione scientifica del pompelmo risale al 1837 per opera di J. • Presenza di 16-18 segmenti invece
Macfadyen, che attribuì al “frutto proibito della Giamaica” il nome dei 12 del pompelmo
di Citrus paradisi, accreditandosi per la prima descrizione scien- • Tendenza dei segmenti ad aprirsi
tifica del pompelmo. in corrispondenza del punto di sutura
In realtà autori successivi, basandosi sulla forma del frutto semi-
oblata (non piriforme) e sulla presenza del peziolo del pompelmo, • Generalmente maggiore apertura
ritengono più aderente all’attuale pompelmo la descrizione di un dell’asse carpellare
“pompelmo delle Barbados”, rispetto al frutto proibito. Oggi si • Polpa croccante e non molto succosa
ritiene che il pompelmo sia derivato da un incrocio naturale di
pummelo e arancio dolce. La caratteristica di poliembrionia e la
• Facilità con cui i tegumenti dei
segmenti si separano dalle vescicole
conseguente possibilità di propagazione attraverso semenzali del succo
apomittici hanno certamente favorito la conservazione originaria
del biotipo. Si distinguono due grandi categorie di pompelmi: a • Semi rigidamente monoembrionici
polpa gialla e rosa, che tende e intensificarsi nei climi tropicali • Fruttificazione generalmente singola
sino diventare rosso intenso. (non a grappolo)
L’epoca di raccolta del pompelmo è eccezionalmente lunga, tan-
to che in alcuni climi può durare tutto l’anno. Dopo aver raggiunto
la maturità il frutto si conserva bene sulla pianta e continua a cre-
scere in dimensioni per diversi mesi. Nelle zone in cui la stagione
di raccolta inizia nel mese di settembre-ottobre il pompelmo può
essere tenuto sulla pianta fino alla fine di aprile.

La storia del miglioramento genetico del pompelmo


Sebbene il pompelmo fosse conosciuto in tutte le Indie occiden-
tali già nel XIX secolo, solo alla fine di questo secolo crebbe la sua
importanza commerciale, quando iniziò ad affermarsi in Florida,
e a ciò certamente contribuì l’isolamento e la diffusione di Marsh
Seedless, la prima cultivar apirena. Successivamente la preferen-
za del consumatore per le cultivar pigmentate ne ha determinato
il declino.
Il Foster rappresenta la prima cultivar rosa isolata, che però non è
mai diventata popolare a causa dell’elevato numero di semi, an-

381
ricerca

che in conseguenza del successivo isolamento del pigmentato e


apireno Thompson. La pigmentazione rosa pallido del Thompson
è però limitata esclusivamente alla polpa, per cui questa cultivar
è stata a sua volta rimpiazzata dal pompelmo Ruby (Redblush
e Ruby Red sono sinonimi), mutazione del Thompson con una
maggiore pigmentazione (sia all’interno sia all’esterno).
Star Ruby è una cultivar relativamente più recente, ottenuta per ir-
raggiamento dell’Hudson. Lo scopo iniziale era ottenere una culti-
var apirena, ma a seguito dell’irraggiamento è stata isolata questa
nuova cultivar che, oltre a essere apirena, è anche notevolmente
più pigmentata (sia all’interno sia all’esterno).
Ray Ruby è una mutazione di Ruby Red con una pigmentazione
esterna e interna maggiore, ma comunque minore rispetto a quel-
la di Star Ruby.
Rio Red, rilasciato in Texas, è stato anche propagato in Flori-
da e California. Deriva dalla mutazione gemmaria di un clone
(chiamato A&L-1-48) di Ruby Red, sottoposto a irraggiamento
con neutroni termici. Rio Red produce frutti con un contenu-
to di licopene simile allo Star Ruby, ma la pianta non presenta
gli inconvenienti tipici di questa varietà (sensibilità all’uso degli
erbicidi). In Texas Rio Red rappresenta il 70% degli impianti di
pompelmo.
Fruttificazione a grappolo di pompelmo Una mutazione gemmaria di Thompson chiamata Fawcett Red
Marsh Seedless, dalla tipica forma
rotondeggiante ha dato luogo a un’altra mutazione detta Henderson, la cui pol-
pa è caratterizzata da un colore più intenso di quella del Ruby.
Una selezione nucellare di Henderson è stata rilasciata in Florida
nel 1987 con il nome di Flame; ha una pigmentazione simile allo
Star Ruby, ma è considerata tollerante al freddo.

Pianta di pompelmo Marsh Seedless


Frutti di pompelmo Star Ruby

382
pummelo e pompelmo

Ibridi con il pompelmo

Arancio di Poorman (pompelmo della Nuova Zelanda). Si ri-


tiene possa essere un ibrido con il pummelo e quindi un tangelo I tre gruppi delle varietà
naturale. Per via della somiglianza del frutto con quello del pom- di pompelmo
pelmo, viene inserito nell’elenco degli ibridi di pompelmo. È dif-
fuso in Nuova Zelanda perché, a causa della ridotta necessità di
• Giallo: Duncan, Marsh, Oroblanco,
Goldens, Wheeney, Sweetie e Melogold
calore, può essere coltivato in alternativa al pompelmo.
• Rosa: Foster, Henderson (Henderson
Oroblanco e Melegold. Derivano dallo stesso incrocio (pummelo Ruby), Marsh Pink (Thompson), Ray
acidless CRC 2240 × Marsh Seedless 4x), effettuato a Riverside Ruby, Redblush (Ruby, Ruby Red, Ruby
nel 1958, e sono i primi ibridi triploidi selezionati. Oroblanco ras- Sweet, Henninger), Shambar
somiglia al pompelmo, anche se manca del sapore amaro, men- • Rosso intenso: Rio Red (Rio Star),
tre Melegold è più simile a un pummelo. Flame, Star Ruby (Sunrise, Jaffa
Sunrise)
Mapo. È un tangelo rilasciato da F. Russo presso il CRA-ACM di
Acireale, ottenuto dall’incrocio del mandarino Avana con il pom-
pelmo Duncan. È precoce, ma la presenza di semi ha progressi-
vamente fatto sì che l’interesse per la sua diffusione diminuisse.
Altri tangeli che hanno raggiunto una certa diffusione sono l’Or-
lando e il Minneola, ottenuti dall’incrocio del mandarino Dancy
con il pompelmo Duncan.

Chironja. È un ibrido naturale isolato a Portorico nel 1956, con


caratteristiche intermedie tra l’arancio e il pompelmo. Il frutto è di
dimensioni simili al pompelmo, dal quale si differenzia perché la
polpa giallo-arancio manca del sapore amaro. Inoltre, la fruttifica-
zione non è a grappolo, come avviene nel pompelmo.

Omonimie e sinonimie
• La corretta attribuzione varietale è
complicata non solo dall’utilizzo di
nomi diversi per varietà identiche
o molto simili (Ruby Red e Red
Blush; Oroblanco e Sweethie), ma
anche dall’esistenza in alcune aree
di denominazioni commerciali che
accomunano varietà diverse. Per
esempio in Texas sotto il nome Ruby
Sweet vengono incluse le varietà rosa
Henderson, Ray Ruby e Ruby Red
(Redblush), sotto il nome Rio Star le
varietà fortemente pigmentate Rio Red
e Star Ruby

Fruttificazione a grappoli dell’Oroblanco

383
ricerca

D-2238. È un ibrido triploide recentemente tenuto in considera-


zione presso il CRA-ACM. Ottenuto dall’incrocio del clementine
Monreal con un pompelmo tetraploide, manifesta una notevole
e costante produzione. Il frutto tiene bene sulla pianta, riduce
l’acidità prima del pompelmo Marsh Seedless e non possiede il
sapore amaro determinato dalla naringina.

Perché il succo di pompelmo è stato preso in considerazione


dal consumatore?
L’elevato consumo di succo di pompelmo non può essere esclu-
sivamente attribuito al suo gusto e valore nutritivo. La compo-
sizione dei carotenoidi nel pompelmo differisce da quella che si
riscontra nella maggior parte dei frutti di agrumi. I carotenoidi nel
pompelmo giallo consistono essenzialmente in idrocarburi non
colorati come il phytoene, mentre il pompelmo rosso possie-
de il licopene (lo stesso pigmento presente nel pomodoro), che
conferisce il colore rosso, e il beta-carotene, responsabile del
colore arancio. In realtà, gran parte dell’entusiasmo che ha pro-
mosso il suo uso deriva dalla ricerca medica, che ha suggerito
che il succo di pompelmo riduca la formazione di placche ate-
rosclerotiche e inibisca la tumorigenesi della cellula mammaria.
È stato dimostrato l’effetto della naringina come antiossidante
Frutti di tangelo Mapo nello stimolare l’espressione genica degli enzimi maggiormente
coinvolti nella riparazione del DNA in cellule tumorali della pro-
stata dopo uno stress ossidativo. Tradizionalmente al succo di

Duncan
Oroblanco

Star Ruby

Fruttificazione singola dell’Oroblanco


Frutti dei pompelmi Oroblanco, Duncan e Star Ruby

384
pummelo e pompelmo

pompelmo sono state attribuite le proprietà di antiossidante,


antinitrosaminico, antisettico, cardiotonico, disintossicante, ipo-
colesterolemizzante, sedativo e digestivo. Alla luce delle attività
di cui sopra, è stato tradizionalmente ritenuto coadiuvante nei
casi di anoressia, ipertrofia prostatica benigna, varie malattie tu-
morali, diabete, disuria, elevato colesterolo, infezioni batteriche,
insonnia.

L’altro lato della medaglia: i casi in cui ne va limitato


il consumo
Accanto agli effetti positivi recentemente è stato sottolineato un
effetto indesiderato, attribuibile al contenuto di furanocumarine
del succo di pompelmo. Le furanocumarine (FC) sono composti
chimici organici che hanno mostrato di indurre interazioni poten-
zialmente pericolose, in quanto incrementano la biodisponibili-
tà di alcuni farmaci. Queste interazioni si basano sull’inibizione
dell’enzima intestinale dell’uomo P450 (CYP) 3A4 e sul conse-
guente aumento dei livelli del farmaco. Le FC più abbondanti
sono paradisin C, 6,7-dihydroxybergamottin (6,7-DHB), berga-
mottin. Dopo l’ingestione di succo di pompelmo le FC inducono
il catabolismo di (CYP) 3A4 da parte degli enterociti intestinali e
sono necessari 3-4 giorni per il suo ripristino. Pertanto i livelli nel
sangue di alcuni farmaci (per esempio le statine, generalmente Frutti dell’ibrido triploide di pompelmo
D-2238
assunte da chi ha alti livelli di colesterolo) si possono notevol-
mente incrementare, producendo effetti negativi.

Indirizzi del miglioramento


genetico
• Per la selezione di cultivar di pompelmo
che possono incontrare il gradimento
da parte del consumatore, la mancanza
dei semi e l’attrattività determinata
da un intenso colore rosso sono
considerate caratteristiche prioritarie
nella selezione di questo agrume.
Anche cultivar con un contenuto
più basso di furanocumarine sono
auspicabili per un particolare segmento
di consumatori

Frutti dei pompelmi Star Ruby, Ruby, Pink e Shambar

385
gli agrumi ricerca
Cedro
Gregorio Gullo

www.colturaecultura.it
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riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono
state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da
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Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 -


97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106
- 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in
alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).
ricerca

Cedro
Foto Pontificia Commissione di Archeologia Sacra
Origine
Il cedro era noto nell’antichità come medica malus, malum felix o
semplicemente citrus, nome utilizzato, successivamente, da Lin-
neo per descrivere l’intero genere Citrus.
La conoscenza di questa specie di agrumi risale al 4000 a.C. Se-
mi di cedro sono stati rinvenuti in quella che era la parte meridio-
nale della Babilonia, nella città di Nippur. I ritrovamenti, pur non
confermando la coltivazione del cedro, attestano che la pianta era
nota già ai tempi della civiltà babilonese (circa 6000 anni fa); il ter-
mine medica è da collegare alla sua presenza nella Media, attuale
regione nordoccidentale dell’Iran (700-500 a.C.).
Pittura muraria con raffigurazioni dei simboli Tuttavia secondo molti studiosi, tra cui Miquel, questa specie
della religione ebraica in una catacomba avrebbe avuto origine in Cina, mentre secondo altri, tra cui De
di Villa Torlonia a Roma Candolle, nella regione dell’Himalaya, nell’India occidentale. Il mi-
stero della sua origine ha dato al cedro un importante ruolo nella
leggenda orientale.

Diffusione
Alessandro Magno, durante la campagna d’Asia (334-324 a.C.),
conobbe il cedro come il “meraviglioso albero con le mele d’oro”.
Il suo esercito diffuse questa pianta nella regione del Mediterra-
neo, nel 325 a.C. Alcuni studiosi affermano che cedri furono pian-
tati e coltivati in Grecia dai soldati di Alessandro Magno intorno al
300 a.C.; da qui si sarebbero poi diffusi nelle isole del mar Egeo,
in Sardegna, Corsica e infine Palestina, grazie ai coloni ebrei che
avevano conosciuto questo agrume durante i quattro secoli di
schiavitù in Egitto.
Secondo altri, invece, il cedro sarebbe giunto direttamente in Pale-
stina durante il passaggio dell’esercito di Alessandro Magno, do-
po aver attraversato il Vicino Oriente e, successivamente, sarebbe
stato diffuso dai Palestinesi durante il loro peregrinare nel Mediter-
raneo, in quanto essenziale per le liturgie di questo popolo.
Testimonianze scritte sul cedro si devono al fondatore della bota-
nica, Teofrasto, che nel 313 a.C., nella sua Storia delle piante, lo
denominò “melo medico o persico”.
Tuttavia, è accertato che dal 200 a.C. il cedro era saldamente sta-
bilito in Grecia e aveva anche cominciato a diffondersi in direzione
ovest verso l’Italia meridionale.
Rutilio Palladio considera i cedri tra i primi agrumi portati in Italia,
e la sua opinione è confermata dai murales scoperti a Pompei e
dal rinvenimento, nella “Casa degli Ebrei”, luogo di incontro della
comunità giudaica, di vasi provvisti di fiori che contenevano, ine-
quivocabilmente, resti di radici di alberi di agrumi; pertanto entro
Copertina del volume Le cédratier dans l’anno 79 d.C. il cedro era diffuso nella zona di Napoli.
l’antiquité di Victor Loret Virgilio, nelle Georgiche, scrive del cedro: “In Media crescono le
mele della felicità (Felix malum) il cui succo ha un persistente sa-

386
cedro

pore miserabile, ma è un eccellente rimedio contro l’assunzione


di veleni”.
Victor Loret nel suo scritto del 1891 Le cedratier dans l’antique
sottolinea l’importanza millenaria del cedro in ambito culturale e La “riviera del cedro”
religioso. Nel corso del IV secolo d.C. la coltivazione degli agrumi
era stata introdotta con successo in Sardegna, Sicilia e Italia con- • La “riviera del cedro” si estende
da Capo Bonifati sino a Scalea, per una
tinentale a sud di Napoli.
lunghezza di circa 80 km, risalendo
Attualmente il cedro è coltivato nel bacino del Mediterraneo, in
dalla costa fino a un’altitudine non
Medio Oriente, India, dove cresce anche spontaneamente, Indo-
superiore ai 300 m s.l.m. (limite
nesia, Australia, Stati Uniti e America meridionale (Brasile). In Italia
altitudinale massimo definito anche
è presente soprattutto in Calabria, prevalentemente concentrato
dalla legge regionale). Nei comuni che
nella fascia costiera dell’alto Tirreno cosentino, la cosiddetta “ri-
rientrano in quest’area si produce
viera del cedro” (CS) che si estende per circa 80 km.
il 98% del cedro nazionale. La maggiore
produzione si concentra a Santa Maria
Inquadramento botanico
del Cedro (60%), mentre il 20% è
Seguendo la classificazione proposta da Swingle, il cedro appar-
distribuita su una fascia collinare
tiene alla famiglia delle Aurantioideae, tribù Citreae, sottotribù Citri-
neae, genere Citrus, sottogenere Eucitrus, specie Citrus medica. • I comuni della “riviera del cedro” sono
Aieta, Belvedere Marittimo, Bonifati,
Ambiente pedoclimatico Buonvicino, Cetraro, Diamante, Grisolia,
Il cedro è una specie tipicamente mediterranea, che predilige ter- Maierà, Orsomarso, Papasidero, Praia
reni sabbiosi-limosi. Tra gli agrumi è il più sensibile al freddo: una a Mare, Sangineto, San Nicola Arcella,
temperatura che si mantenga per alcuni giorni intorno ai 4 °C può Santa Domenica Talao, Santa Maria
comprometterne la produzione. La temperatura media ottimale del Cedro, Scalea, Tortora, Verbicaro
annua è compresa tra 12 e 15 °C, con medie estive di 23-25 °C e
medie invernali di 6-7 °C. Squilibri fisiologici determinati da venti
freddi o caldi (scirocco) si traducono in danni ai fiori, alle foglie e
alla struttura scheletrica della pianta. Per questo motivo, in Cala-
bria, le cedriere trovano localizzazione in vallate o lungo il corso
delle fiumare, su terreni sciolti non distanti dal mare, protette da Tortora
canneti o da reti di polietilene; infatti la “riviera del cedro” per la Aieta
Praia
sua particolare conformazione geografica è caratterizzata da un San Nicola Papasidero
clima mite (temperato-caldo d’estate e temperato-freddo d’inver- Arcella
Scalea Santa Domenica Talao
no). In questa regione, la superficie investita a cedro è stata stima- Orsomarso
ta intorno a 41 ettari nel 1994 e 60-70 ettari nel 2011. Santa Maria Verbicaro
del Cedro Grisolia CAL
Maierà
Forma di allevamento Diamante Buonvicino
Il legno del cedro, a differenza di quello della maggior parte degli
Mar Tirreno

ABR

Belvedere Sangineto
altri agrumi, si presenta fragile: da ciò la necessità, a volte, di uti- Marittimo
lizzare forme di allevamento coadiuvate da strutture di sostegno, Bonifati
IA

poiché i rami principali durante la fase di maturazione dei frutti Cetraro


vengono gravati da pesi che potrebbero non essere in grado di
reggere autonomamente. Il sistema di allevamento ha subito negli
Paola
anni una notevole innovazione: inizialmente si utilizzava un per-
golato che prevedeva un’impalcatura a file binate, con distanze COSENZA
tra le bine ravvicinate (2,50 × 2,50 m o 2,50 × 3,50 m), separate
da un corridoio di servizio che veniva successivamente occupato La “riviera del cedro”
dalle chiome, complicando ulteriormente le operazioni colturali

387
ricerca
Foto F. Perrone Foto F. Perrone

Cibo sacro delle Sirene


• La leggenda racconta come i giovani
pescatori delle coste calabrolucane,
dopo aver goduto dei favori
delle Sirene, fossero usi omaggiare
le sensuali creature con un esemplare
del prezioso agrume di cedro

Tradizionale pergolato (a sinistra) e impalcatura e forma di allevamento


a vaso adottato nella doppia T (a destra)

sulla pianta; in seguito si è passati a un pergolato con bine più


distanziate (3 × 3 m o 3 × 4 m), sino a giungere dapprima alla fila
singola, e attualmente all’evoluta doppia T.
La maggiore densità di piantagione (1500 piante ha-1) e la mag-
giore frammentazione aziendale sono caratteristiche della zona
Schema della disposizione a bine
delle piante di cedro e corridoio di servizio
interna della “riviera del cedro”, mentre l’area adiacente alla costa
ha una densità di 900-1200 piante ha-1.
Nel tradizionale pergolato, al centro dell’interfila, in coincidenza
con il centro della distanza sulla fila di due piante, si installano
pali, generalmente di castagno, adottando le stesse distanze usa-
te per il sesto d’impianto. I pali di castagno, montanti (installati
Foto F. Perrone
anche in corrispondenza della pianta), sono collegati tra loro me-
diante gruppi di tre canne, sia nel senso longitudinale sia in quello
trasversale, utilizzando legacci di varia natura (ferro, rafia, vimini),
a un’altezza di circa 1 m dal suolo. Sul lato esterno un’altra ordi-
tura di canne, parallela al corridoio di servizio, è posta a 70-90 cm
dal suolo.
La pianta si trova al centro di un rettangolo o di un quadrato. Ogni
quadrella è caratterizzata da un’ulteriore orditura di canne, dispo-
sta lungo il filare in corrispondenza delle piante. Altre tre traverse
si impiegano disponendole, trasversalmente alla fila, a un quarto
della loro lunghezza, realizzando in tal modo otto piccoli settori
rettangolari o quadrati, al fine di rendere più agevole l’operazione
di copertura per la difesa dalle basse temperature e dal vento.
Questo è lo schema dell’antico impianto, ancora oggi individuabi-
le nel 60% delle zone più interne, che richiede molta manodopera
Forma di allevamento a doppia T sia per la realizzazione del pergolato sia per le operazioni di rac-
colta e potatura.

388
cedro

La presenza dei pali di sostegno laterali, inoltre, rende difficile la


meccanizzazione; ciò ha determinato l’evoluzione nell’attuale si-
stema a doppia T, realizzato con struttura totalmente metallica, me-
tallica con palificazione centrale in legno, cemento precompresso I panicelli
e trasverse metalliche poste a due altezze, 100 e 180 cm. Questa
forma è presente nella zona costiera della “riviera del cedro” e nel • “Sorrido pensando a quegli invogli
restante 40% della zona più interna, con una produzione che sfiora di fronde compresse e risecche, venuti
i 21 kg pianta-1 e una produzione a ettaro di circa 21 tonnellate. di Calabria, che un giorno vi stupirono
Nella cedriera caratterizzata dall’antica forma di allevamento la e incantarono, quando ve li offersi sopra
produzione è di poco superiore ai 17 kg pianta-1, ma con una resa una tovaglia distesa su l’erba di Dama
per ettaro di circa 27 tonnellate, da attribuire alla maggiore densità Rosa [...] Gli invogli erano
di impianto. Nella doppia T, due orditure di fili di ferro zincato (re- di forma quadrilunga come volumetti
centemente sostituiti da fili in materiale sintetico), opportunamente suggellati d’un solitario che avesse
tenute in tensione da tiranti posti alla testa del filare, si muovono confuso felicemente la biblioteca e
parallelamente, lungo il filare, collegate a trasverse in metallo o le- l’orto. Ci voleva l’unghia per rompere
gno, alle quali sono legate le branche con la produzione. la prima buccia. La membrana andava
Nella forma a doppia T, dopo l’impianto le piante vengono allevate in frantumi ma le nervature resistevano
lungo l’intelaiatura, con ripetute cimature per contenere il vigore come quelle del dosso d’un libro legato
della pianta e piegature per rendere possibile una rapida messa in cartapecora. La seconda foglia era
a frutto. Il risultato è un pergolato basso, impalcato a 1,1 m, in più tenace e la terza ancor più, e la
corrispondenza della prima T. La seconda T è utilizzata esclusiva- quarta più ancora. Il viluppo si faceva
mente per il sostegno della rete ombreggiante. Nell’antica forma più stretto assottigliandosi. Le dita
di allevamento i materiali utilizzati per la copertura sono posti a non arrivavano mai in fondo; e l’attesa
contatto con le piante. irritava la curiosità; e l’indugio faceva
Il vecchio sistema di protezione invernale, che prevedeva l’impie- credere al gusto che là dentro si celasse
go di stuoie, canne, felci, ha lasciato il posto alla rete antigrandine, la più saporita cosa del mondo. E m’ho
con ombreggiamento al 50%, rimossa, nelle cedriere utilizzate per tuttavia nella memoria quella grazia del
uso alimentare, nel periodo primaverile, mentre in quelle utilizzate viso chino, ove la bocca si socchiude
e chiude per l’acqua che le viene. Ecco
l’ultima foglia in cui è avvolto il segreto,
Foto F. Perrone
profumata come il bergamotto. L’unghia
la rompe; le dita s’aprono e si tingono
di sugo giallo, si ungono di non so che
unguento solare. Pochi acini di uva
appassita e incotta, color tanè oscuro, di
quel colore che ‘pare ottenga nell’occhio
il primo grado’, pochi acini umidi e quasi
direi oliati di quell’olio indicibile ove
nuota alcun occhio castagno ch’io
mi so, pochi acini del grappolo della vite
del sole appariscono premuti l’un contro
l’altro, con un che di luminoso nel bruno,
con un che di ardente senza fiamma,
con un sapore che ci delizia prima
di essere assaporato...”
Tratto da G. D’Annunzio, La Leda senza cigno
Cedri opportunamente legati per evitare danni da strofinio, da destinare
ai riti religiosi

389
ricerca

per finalità religiose ebraiche la rete permane per tutto l’anno. In


queste ultime si richiede una maggiore quantità di manodopera,
impiegata per fissare i rametti con i frutti e quindi “bloccarli”, evi-
Il cedro nel rituale ebraico tando così danni da strofinio con altri frutti e rami o con gli even-
tuali aculei, che tuttavia vengono rimossi in prossimità dei frutti.
• Le piante destinate alla produzione di Interessanti prospettive nelle forme di allevamento si aprono per
cedri da utilizzare nei riti della religione
il prossimo futuro. Infatti, forme di allevamento alternative sono in
ebraica sono sottoposte a particolari
prova in alcune aziende della “riviera del cedro”. Tra queste sono
cure. I rametti portanti i frutti vengono
state individuate sia una forma a T, con corridoio di servizio e totale
fissati alle strutture. Si procede
copertura dell’impianto con rete ombreggiante, sia una forma a Y,
alla rimozione degli aculei vicino
sempre sotto copertura totale, che si presta molto bene alla coltu-
ai frutti per evitare danni accidentali
ra del cedro, poiché riesce a utilizzare tutta la superficie, agevolan-
sulla superficie dei cedri. Le piante
do le operazioni di raccolta e le operazioni colturali, in genere.
devono essere autoradicate e di età
Queste forme di allevamento sperimentali potrebbero ridurre i co-
superiore ai 4 anni
sti di manodopera, a fronte però di un maggiore investimento al
momento dell’impianto.

Frangiventi
La cedriera deve essere realizzata in zone non soggette a forti
venti. La protezione nelle vecchie cedriere è effettuata con frangi-
venti vivi o morti: tra quelli morti, sono diffuse le reti in sostituzio-
ne delle stuoie di paglia o i muri di cinta, mentre tra quelli vivi si
menzionano le tuie o gli oliveti allevati a siepe o le canne, utilizzati
anche per la realizzazione del pergolato.

Caratteristiche botaniche
Le foglie, ricche di ghiandole oleifere, sono glabre, ovali-oblun-
ghe, con margine dentato, di consistenza coriacea, con nerva-

Foto F. Perrone

Forme di allevamento a T e Y poste


a confronto, sotto rete ombreggiante
Sistema di copertura a tutto campo

390
cedro

tura principale rilevata; il colore, che inizialmente è rossiccio,


nella foglia adulta diventa verde lucido e intenso nella pagina Foto F. Perrone
superiore, e più chiaro nel versante inferiore. Il picciolo è breve
e non alato.
Il fiore è grande, profumato, portato da un’infiorescenza race-
mosa (3-12), di colore rosso violaceo in boccio.
Presenta un calice gamosepalo con cinque lobi, corolla con cin-
que petali di colore bianco, tendenzialmente carnosi, e un numero
variabile di stami filamentosi (3-30), pistillo abbastanza elementa-
re con stilo e stimma lobato. I fiori possono essere ascritti a due
tipologie: quelli completi e quelli unisessuati, per aborto del gine-
ceo. I fiori completi solitamente sono posizionati alle estremità dei
rami mentre quelli unisessuati si sviluppano lungo l’asse del ramo.
I fiori unisessuati sono destinati a cadere.
La fioritura è continua, con un flusso primaverile, uno estivo (il
più importante) e uno autunnale.

Frutti
I frutti sono di varia forma, oblunghi con apice ottuso, mammel-
lone pronunciato e stilo persistente. La buccia, liscia o bitorzo-
luta, è ricca di ghiandole che producono un olio particolarmen-
te profumato. La polpa è povera di succo. Questi agrumi sono
ascrivibili a tre gruppi: cedri dolci, acidi e semiacidi. I cedri acidi Fiore di cedro
sono caratterizzati da fiori in boccio di colore porpora, tendente
al rosso al loro schiudersi, e germogli colorati di rosa; il rivesti-
mento del seme è scuro e la polpa è acida. I cedri dolci presen-
Foto F. Perrone
tano fiori e germogli caratterizzati dall’assenza della colorazione
porporina e rosa tipica dei cedri acidi.

Rametto con fiori di cedro


Foglie di cedro

391
ricerca

Cultivar

Cedri acidi
Classificazione dei frutti della cv Liscia di Diamante o Italiana o Calabrese. Il frutto, di forma ova-
Liscia di Diamante le-ellissoidale lobata, è di grandi dimensioni e presenta una cavità
peduncolare rugosa, circondata da un colletto basso. L’apice è
• Dal punto di vista commerciale i frutti mammellonato. Ha una buccia sottile, liscia, a volta lobata e co-
della Liscia di Diamante sono suddivisi
in cinque classi:
stoluta, che a maturazione raggiunge una colorazione giallo limo-
- Extralarge: >450 g
ne. Ha profumo intenso, albedo carnoso, endocarpo croccante,
- Large: da 330 a 450 g
poco succo di sapore acido. Ha sostituito l’omonima cv Calabre-
- Small: da 100 a 330 g
se (nota anche come Vozza Vozza o Rugosa per la sua particolare
- Rust: prodotto con macchie di ruggine
forma da irregolare a bitorzoluta). È la cultivar più diffusa in Italia e
- Discard: prodotto di scarto, giallo,
la più richiesta dall’industria dolciaria, per la canditura, nei mercati
bitorzoluto e tondeggiante
sia nazionali che internazionali.

Riccia o Bitorzoluta o Rugosa. Ha una buccia spessa, rugosa,


bitorzoluta, con la presenza di solchi in corrispondenza della ca-
vità peduncolare. Il colore è giallo limone. Di forma subsferica,
presenta dimensioni ridotte rispetto alla Liscia di Diamante.

Policarpa. Si tratta di una cultivar diffusa in Grecia. Il frutto è di


dimensioni medie, di forma subsferica, globosa, con apice arro-
tondato, asimmetrica. La buccia, di colorazione giallo citrino, è
spessa e fortemente solcata in corrispondenza della cavità pe-
Foto F. Perrone duncolare. La polpa è poco succosa e acida.

Limoniforme. È la più importante cultivar di cedro coltivata in


Grecia. È simile alla Liscia di Diamante, dalla quale si differenzia

Foto F. Perrone

Cedri della cv Liscia di Diamante, con


persistenza stilare, molto ricercati per i
rituali ebraici; si noti la legatura dei frutti
Frutto di cedro della cv Liscia di Diamante

392
cedro

per le profonde costolature longitudinali e la presenza di bitorzoli


sull’epicarpo.

Etrog. I frutti di questa cultivar, originaria della Palestina, hanno Festa delle Capanne
dimensione medio-piccola, forma ellissoidale-fusiforme e colora-
zione della buccia a maturazione simile a quella del limone. Inol- • Denominata anche festa dei tabernacoli
o festa del raccolto (festa del Sukkot), è
tre, la buccia è spessa, carnosa, caratterizzata da una superficie
celebrata intorno alla prima quindicina
lievemente rugosa e bitorzoluta. Lo stilo è persistente e l’umbone
di ottobre
apicale prominente e rugoso.
• Per una settimana gli Ebrei abitano in
Cedri dolci una capanna (sukkà) non fissata al
Corsicana o Corsa. Questa cultivar è originaria della Corsi- suolo, costruita all’aperto, utilizzando
ca, come si deduce dal nome; successivamente si è diffusa materiali vegetali, con un tetto
in Francia (Provenza), Spagna meridionale, Portorico, Florida e che lascia vedere il cielo, a ricordo
California. dell’esodo dall’Egitto, durante il
Il frutto è grande, di forma ellissoidale-ovale, con buccia rugosa, passaggio nell’inospitale deserto,
leggermente costoluta, di colore giallo a maturazione. L’area ba- a memoria della protezione che Dio
sale è arrotondata e l’umbone è quasi irrilevante. La polpa, priva concesse al suo popolo
di succo e di sapore dolce, è poco ricercata dai mercati esteri.
• Durante questi sette giorni, ad
eccezione del sabato, gli abitanti
Cedri semiacidi delle capanne devono agitare in ogni
Appartengono a questa categoria il cedro Earle e il Digitato o Ma- direzione un mazzetto, che tengono
no di Buddha. nella destra, composto da un ramo
Il cedro Earle è stato individuato in California e successivamente di palma dattifera (lulàv), due rami
coltivato in Portorico e a Cuba, mentre poco rilevante è la sua di salice di fiume (aravà) e tre rami
presenza in Florida e California. di mirto (hadas), mentre recano nella
Di dimensioni medie, è caratterizzato da una depressione radiale sinistra un frutto di cedro (etrog)
al centro e dalla presenza di un apice mammellonare. La buccia

Foto F. Perrone

Foto F. Perrone

Frutto della cv Limoniforme


Frutto della cv Policarpa

393
ricerca

è liscia, leggermente lobata e costoluta. La polpa è scarsa, lieve-


mente acidula.
Il cedro Digitato o Mano di Buddha, coltivato da tempi remoti in
Indocina, Cina e Giappone, per uso religioso o per scopo orna-
mentale, ha un frutto di grandi dimensioni, con buccia quasi liscia,
di colore giallo limone. Caratteristica è la suddivisione longitudi-
nale del frutto in numerose sezioni che per la loro forma fusiforme
richiamano all’idea le dita di una mano.

Limoni cedrati
I limoni cedrati sono ibridi tra limone e cedro. I frutti sono simili al
cedro per pezzatura e spessore del mesocarpo, mentre la polpa
Limone cedrato Spadafora di grandi ricorda quella del limone. Anche la pianta è più vicina al limone
dimensioni “Pirittuni” che al cedro, essendo meno esigente e più resistente alle basse
temperature.
I limoni cedrati sono utilizzati come surrogato del cedro nella pre-
parazione dei canditi.
Tra i limoni cedrati, la cultivar più apprezzata è la Spadafora
di Trabia, attualmente coltivata su pochi ettari, nel comune di
Trabia; è denominata, in funzione delle dimensioni, Pirittuni e
Piretto.
Da ricordare, infine, il limone Ponderosa e il limone cedrato di
Catona, la cui coltivazione è limitata alla provincia di Reggio Ca-
labria.
La cedrina (Citrus medica citrea gibocarpa) è una varietà di cedro
usata solo per la produzione dell’essenza, che si estrae dalle fo-
glie. Si tratta di una sostanza dal forte odore di cedro, composta
essenzialmente da limonina e citrale, le due essenze tipiche del
cedro.

Limone cedrato Spadafora di piccole


dimensioni “piretto”

Limone Ponderosa
Cedro Mano di Buddha

394
cedro
Foto F. Perrone

Fasi della lavorazione dei cedri


• Prima salamoiatura: i cedri sono
sottoposti a salamoiatura mediante
immersione in botti contenenti
soluzione salina. La prima salamoiatura
si conclude quando le bucce
acquisiscono un aspetto cristallino
• Sbuzzatura: i frutti, dopo essere stati
tagliati a metà, vengono privati della
polpa con un’operazione
di scucchiaiatura
• Incoronatura: dopo la sbuzzatura
Frutti di cedro in salamoia, salamoiati e pronti per la sbuzzatura le scorze di cedro vengono sovrapposte
le une alle altre
Il cedro in cucina
Il cedro, oltre a essere utilizzato per la preparazione di canditi, • Stratificatura: le scorze “incoronate”
vengono disposte nelle botti a cerchi
entra nella produzione di liquori, granite e gelati. Nella pasticceria
concentrici, realizzando diversi strati
artigianale, trasformato in crema e in marmellata, esalta la pasta
sfoglia e la pasta frolla di ogni crostata. Inoltre, si inserisce in alcu- • Seconda salamoiatura: le botti vengono
ne ricette della gastronomia locale, sia di primi sia di secondi piatti riempite di salamoia e inviate ai centri
(di carne o pesce), acquisendo un ruolo rilevante per le sue pre- specializzati nella canditura
gevoli qualità organolettiche. Un ruolo rilevante ha assunto l’olio
extravergine d’oliva aromatizzato al cedro. Ricercati sono i cosid-
detti “panicelli” di D’Annunzio, che lo stesso autore menzionò nel
racconto La Leda senza cigno, pubblicato nel 1916.
Foto F. Perrone

Vendita ambulante di limoni cedrati


Cedri canditi e prodotti ottenuti dal cedro (confetture e liquori)

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gli agrumi ricerca
Bergamotto
Valentino Branca

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I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono


riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono
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alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).
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Bergamotto
Origine
Il bergamotto (Citrus bergamia Risso) è un agrume di origine ac­
certata da studi recenti con marcatori molecolari da ibridazione di
C. aurantium x C. limon.
Citato per la prima volta dal botanico e medico Johann Christoph
Volkamer, in una delle sue opere sulle esperidee, secondo Galle­
sio sarebbe un ibrido di C. aurantium × C. limon, mentre Savasta­
no lo descrive come una mutazione di limone e Chapot ipotizza
sia un ibrido tra C. aurantium e C. aurantifolia. Secondo Swingle,
il bergamotto sarebbe da considerare una varietà botanica di C.
aurantium L., mentre Tanaka lo classifica come una specie auto­
noma: C. bergamia Risso.
Per quanto concerne il luogo di provenienza, altri studiosi lo fanno
provenire dalla Cina, dalla Grecia, da Pergamo, città dell’Asia, o
dalla città spagnola di Berga, dove sarebbe stato importato da
Cristoforo Colombo di ritorno dalle isole Canarie.

Storia
Secondo Chapot la presenza del bergamotto sarebbe stata ac­
certata nella città di Reggio Calabria fin dal XV secolo. L’unico al­
tro paese che presenta coltivazioni di un qualche rilievo è la Costa
d’Avorio, dove il bergamotto è stato introdotto all’epoca della co­
lonizzazione francese. Ma oltre il 90% della produzione mondiale
di questo agrume proviene dalla provincia di Reggio Calabria, che

Zone di produzione del bergamotto in Calabria

396
bergamotto

è quella con la più elevata eliofania d’Italia, protetta dai venti del
nord dal massiccio dell’Aspromonte. Foto Laruffa Editore
Per secoli questo agrume è stato utilizzato perlopiù a scopi orna­
mentali, nei giardini delle famiglie dell’aristocrazia, a cominciare
dai Medici (si riconoscono diversi bergamotti nei quadri di Bar­
tolomeo del Bimbo raccolti al Museo di fisica e storia naturale di
Firenze) e, marginalmente, in gastronomia.
È stata soltanto la successiva scoperta delle proprietà del suo
olio essenziale a dare uno slancio deciso alla coltivazione e allo
sviluppo dell’attività di estrazione dell’essenza, a partire dal 1750;
attività intorno alla quale si è sviluppata una vera e propria civiltà e
una cultura del bergamotto, che ha profonde radici contadine ed
è evoluta nel tempo verso dimensioni prima artigianali e poi, dalla
Cesti e panieri imbottiti di iuta usati
metà dell’Ottocento, industriali. per la raccolta e il trasporto dei frutti
All’inizio non solo la raccolta, ma anche l’estrazione dell’essenza
veniva fatta a mano, utilizzando spugne naturali per far sprizzare
il nettare del bergamotto dalla sua scorza; ed è stato così per
generazioni, fino all’invenzione delle prime “macchine calabresi”.
I primi bergamotteti di cui si ha notizia vennero impiantati vicino al
capoluogo calabrese intorno al 1750 da alcuni lungimiranti agri­
coltori, quali Nicola Parisi e i Valentino. La fortuna dell’essenza di
bergamotto si deve però all’italiano Gian Paolo Feminis che, emi­
grato a Colonia nel 1680, formulò l’Aqua admirabilis, utilizzando
insieme ad altre essenze l’olio estratto manualmente pressando
la scorza del frutto e facendola assorbire da spugne naturali, col­
locate in appositi recipienti.
Famiglie che lavoravano durante il periodo
Foto Laruffa Editore del bergamotto

397
ricerca

Le acque di colonia, oggi vastamente impiegate, traggono la loro


origine proprio da tale ricetta, in quanto i Farina, eredi del Feminis,
la brevettarono nel 1704 con il nome della città tedesca e la dif­
fusero con grande successo in tutto il mondo. Da allora, il berga­
motto resta uno dei grandi prodotti basilari per la realizzazione del
profumo, sempre al passo con i tempi e adattabile a tutti i tipi di
composizione, al riparo da evoluzioni sociali e mode. Anche uno
dei più diffusi tè inglesi, l’Earl Grey, ha tra i costituenti fondamen­
tali l’essenza di bergamotto, come pure profumi molto noti come
Eau Sauvage di Dior.

Superficie
Sin dalla metà del XVIII secolo, la superficie destinata alla coltura
del bergamotto è aumentata con un ritmo vertiginoso, in ragione
della progressiva richiesta dell’essenza, fino a raggiungere e tal­
Taglio manuale dei frutti volta superare i 4000 ettari (1932). Allo stato attuale, è oltremodo
aleatoria la definizione dell’esatta superficie interessata da questa
coltura, che, dall’inizio degli anni ’70, ha registrato una drastica
riduzione per motivi riconducibili in primo luogo alla speculazione
edilizia e poi alla sfiducia generata dalle continue crisi di mercato.
La statistica ufficiale quantificava in 3500 ettari le superfici colti­
vate nel 1970; nel 1980 la superficie censita ammontava a 3809
ettari, poi ridotta a 2442 nel 1990, mentre l’ISMEA, in uno studio
sulle piante officinali, faceva riferimento a 1500 ettari. Sempre la
statistica ufficiale quantifica in 1460 ettari le superfici coltivate al
2009. Si ha ragione di ritenere, sulla base dei rilevamenti effettuati
sul territorio e delle indagini condotte presso i trasformatori, che
la superficie coltivata si attesti oggi sui 1100 ettari. Per quanto
concerne l’ubicazione territoriale, le superfici censite si estendo­

Cavatura, con appositi coltelli,


delle semicalotte (famiglia Amodeo)

Immersione in acqua e calce


delle semicalotte cavate
Germoglio in fioritura

398
bergamotto

no dai limiti del comune di Reggio Calabria sino al confine con la


limitrofa provincia di Catanzaro, risalendo lungo la costa ionica e
localizzandosi prevalentemente sui bordi delle fiumare. Le con­
centrazioni maggiori si registrano nei territori comunali di Reggio
Calabria (16,7% della superficie), Condofuri (15,3% della super­
ficie), Brancaleone (14,1% della superficie), Melito Porto Salvo
(11,6% della superficie), Bova Marina (10,3% della superficie),
oltre che in altri 18 comuni (10% della superficie). Nei momenti
di crisi, la gestione in forma associativa del mercato dell’essenza
si è realizzata a opera di un consorzio appositamente costituito
intorno al 1930, ma svuotato nel tempo delle sue funzioni. Recen­
temente, nel 2004, si è avviata, per volontà di alcuni imprenditori
privati, una nuova fase di promozione con la costituzione del nuo­
vo consorzio, “Unionberg OP”, sorto allo scopo di concentrare e
commercializzare il prodotto, nonché di offrire assistenza ai propri
associati che, in base allo statuto, si impegnano a conferire alme­ Semicalotte dopo il trattamento in acqua
no il 75% dell’olio essenziale ricavato dalle superfici dichiarate. e calce, pronte per l’estrazione a spugna

La pianta
La pianta di bergamotto si presenta di medio vigore, con portamen­
to variabile da assurgente a espanso; l’altezza in genere non è supe­
riore ai 4 metri. Si tratta di un albero sempreverde, con tronco dirit­
to, a sezione rotondeggiante, di colore grigio tendente al nero nelle
piante adulte. I rami sono irregolari e divaricati a costituire la chioma
a vaso aperto, con ramificazioni fragili e inermi, sebbene spesso alla
base di quelle terminali si riscontrino piccole spine rudimentali.
Durante l’emissione del nuovo germoglio le foglie si presentano
di colore verde chiaro; solo in seguito diventano di colore scuro
superiormente e verde più chiaro inferiormente.

Fuoriuscita degli oli essenziali dagli otricoli


dopo il trattamento con acqua e calce

Estrazione manuale con il metodo a spugna


Lavaggio dei frutti, prima della lavorazione, in un piccolo impianto artigianale

399
ricerca

I fiori, profumatissimi, possono presentarsi terminali, ascellari,


isolati o numerosi e riuniti in corimbo. Il fiore è ermafrodita prov­
visto di un peduncolo; il calice è tubulato, con sepali di colore
verde pallido saldati alla base; i sepali sono a forma triangolare,
con tessuto carnoso provvisto di molte glandule che ne rendono
ruvida la superficie. La corolla è dotata di 5 petali di forma lanceo­
lata inseriti alternativamente con i sepali, di colore bianco perla
nella parte superiore, a superficie lievemente convessa e provvisti
di poche ma grosse glandule di essenza.
La fioritura inizia dalla fine del mese di marzo e si prolunga per tutto
aprile, fino alla prima decade di maggio. Il frutto è una bacca pluri­
carpellare di grandezza diversa a seconda della varietà. La forma è
variabile e può essere arrotondata, depressa, piriforme, umbona­
ta. L’esocarpo è piuttosto liscio, di colore verde se immaturo (ricco
di clorofilla) e tendente al giallo citrino se maturo. La colorazione
Emulsione di essenza, acqua e frazione al momento della maturazione industriale è giallo-verdognola. Il
solida dopo l’operazione di abrasione peso del frutto può variare dagli 80 ai 300 g e sulla stessa pianta
dell’epicarpo
si possono trovare frutti di diverse dimensioni. Il frutto se lasciato
a lungo sulla pianta ingiallisce e da un colore chiaro diviene giallo
intenso rendendo difficile l’estrazione dell’essenza.
La resa in essenza (scopo primario della coltivazione del berga­
motto) aumenta con il progredire della maturazione del frutto ed è
massima nel periodo della maturazione industriale, compreso tra
la prima decade di dicembre e la fine di gennaio. L’essenza, per
l’ulteriore maturazione dei frutti, subisce alcuni processi di trasfor­
mazione, per cui diminuisce sensibilmente dalla fine di gennaio in
poi. La fruttificazione in piante giovani inizia generalmente al terzo
anno dall’impianto, aumenta progressivamente sino a raggiunge­
Impianti di bergamotto nell’areale reggino
(inizio ’900)

400
bergamotto

re la pienezza a 15 anni e si mantiene costante per 20-25 anni con


un numero di frutti per pianta che oscilla da 300 a 800.
Il periodo di raccolta varia in ragione della cultivar, della natura,
dell’esposizione del terreno, delle condizioni atmosferiche e delle
cure colturali.
La produzione oscilla da 15 a 20 t ha-1 di frutti; da ogni tonnellata
di frutti si ottengono mediamente 4,5-5,5 kg di essenza genuina.
È difficile descrivere gli impianti, perlopiù obsoleti e distribuiti lun­
go le fiumare, senza alcun carattere di particolare innovazione e
tutti innestati su arancio amaro, mentre fino all’inizio del XX secolo
il portinnesto più utilizzato era la limetta dolce, che assicurava alte
rese e ottima qualità dell’essenza. Le distanze di impianto variano
da 4 × 4,5 m a 5 × 5 o 6 × 4 m negli impianti più recenti.
Frutti della cv Castagnaro
Descrizione delle cultivar
Esistono tre varietà coltivate: la più diffusa è la cv Fantastico (70%
degli impianti), seguita da Femminello (20%) e Castagnaro (10%).

Castagnaro
Si tratta probabilmente di un ibrido naturale. L’albero è di medio
sviluppo, con portamento assurgente, mediamente resistente ai
Pianta della cv Castagnaro

401
ricerca

venti; i frutti, di forma e volume variabile, sono quasi tutti umbo­


nati, ingrossati equatorialmente, con epidermide rugosa e spes­
so solcata.
Il peso medio del frutto è di 180 g, la resa in essenza è elevata,
la buccia è resistente e l’estrazione non facile. La fioritura inizia
alla fine di aprile, per ultimarsi alla fine di maggio. L’epoca di
maturazione va dalla fine di novembre alla fine di febbraio; nelle
annate di carica si possono ottenere anche 200 kg di frutti per
pianta. È la più rustica e la meno esigente delle cultivar e tende
all’alternanza di produzione. Da 1 kg di frutto si estraggono 4,5
g di essenza.

Frutti della cv Femminello Femminello


Si tratta di una pianta di ridotto sviluppo, poco longeva e di de­
bole vigore; i frutti, di forma rotondeggiante, costanti in volume,
con una buccia liscia e di colore giallo paglierino, si presentano
isolati, con un peso medio di 120 g; l’esocarpo è liscio e ricco
di glandule di oli essenziali, di qualità superiore rispetto a quella
della cv Castagnaro. La fioritura inizia alla fine di marzo e rag­
giunge il suo apice in aprile-maggio; la pianta adulta porta in
Piante della cv Femminello

402
bergamotto

media 50 kg di frutti, senza alternanza. L’epoca di maturazione


anticipa quella della cv Castagnaro e si estende da novembre
a gennaio. Da 1 kg di frutto si estraggono 5,9 g di essenza, di
eccellente qualità.

Fantastico
Probabilmente trattasi di una mutazione gemmaria della cv Ca­
stagnaro; è un albero di elevato vigore, con portamento assur­
gente, di elevata produttività. I frutti riuniti in grappoli, di for­
ma riconducibile a una trottola o una pera, sono uniformi come
pezzatura; il loro peso medio è di 150 g, con massimi di 200 g.
L’esocarpo, regolare e un po’ ruvido, è ricchissimo di glandule
essenziali. La fioritura inizia ai primi di aprile e termina alla fine Frutti della cv Fantastico
di maggio. La produzione è abbastanza costante; in media si
raggiungono 120 kg per pianta. La maturazione si estende da
novembre a gennaio.
La qualità dell’essenza è ottima; da 1 kg di frutti si ottengono 6,5
g di essenza. Commercialmente è la cultivar più redditizia, per­
mettendo di ottenere un’essenza ottima, abbinata a una buona
produzione e a una discreta adattabilità.
Frutti della cv Fantastico

403
gli agrumi ricerca
Altri agrumi
Giuseppe Reforgiato Recupero,
Santo Recupero

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97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106
- 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in
alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).
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Altri agrumi
Vengono considerati minori quegli agrumi che, pur essendo
Cocktail Margarita tassonomicamente distanti, sono accomunati da un peculia-
• Il Margarita è un tipico cocktail re e limitato utilizzo, non paragonabile a quello di altre specie
messicano prodotto mescolando largamente coltivate. In alcuni casi la loro destinazione ha ri-
tequila (liquore ottenuto dalla guardato particolari segmenti di mercato (succhi, liquori, canditi,
distillazione dell’agave blu), liquore ornamentale o specifici usi domestici). Alcune specie descritte
all’arancia, succo di lima messicana. (per esempio le lime) in realtà sono scarsamente coltivate nel
Va shakerato con ghiaccio e servito nostro territorio; va però rilevato che il loro utilizzo, molto co-
nella tipica coppetta, detta crusta, mune in altri paesi, si sta diffondendo anche in Italia attraverso
con l’orlo cosparso di sale l’importazione dei frutti, agevolata da una sempre più diffusa in-
ternazionalizzazione delle abitudini alimentari. Per altre specie la
• Le proporzioni dei tre componenti presenza è limitata esclusivamente a istituzioni scientifiche (orti
possono così variare: botanici, università, centri di ricerca).
- 60% tequila, 20% liquore all’arancia,
20% succo di lima fresco Lima
- 50% tequila, 25% liquore all’arancia,
25% succo di lima fresco Lima messicana (Mexican lime, Key lime, Bartender’s lime,
- 33% tequila, 33% liquore all’arancia, West Indian lime)
33% succo di lima fresco La lima messicana (C. aurantifolia Swing.), originaria dal Nord
dell’India, dove è nota come kaghzi nimbu, fu introdotta nell’area
• L’associazione mondiale dei barman mediterranea dai crociati; in Italia era nota già nel XIII secolo. Gli
(IBA) raccomanda, per il vero
Margarita, 7 parti di tequila, 4 parti spagnoli la introdussero nelle isole caraibiche nel XVI secolo e,
di liquore all’arancia e 3 parti di succo in seguito, in Messico. In Florida, è coltivata principalmente nelle
di lima. Sono note alcune varianti isole Key e a Fort Myers, a ovest di Miami. In Messico, principale
zuccherate e alla frutta (fragola, produttore mondiale, seguito da India ed Egitto, trova diverse
mirtillo, pesca e banana) utilizzazioni, per guarnire cibi, preparare bevande alternative alle
limonate, curare infiammazioni, alleviare punture d’insetto, pro-
fumare il corpo e, in particolare, come componente fondamen-
tale di una bevanda alcolica nazionale.
Circa il 40% del prodotto di questo paese è destinato all’indu-
stria di trasformazione per la produzione di succhi e oli essen-
ziali, esportati prevalentemente negli Stati Uniti. A questa specie
è attribuita un’origine complessa, a cui hanno partecipato il ce-
dro, il pummelo e una specie del genere Microcitrus (Barrett e
Rhodes, 1976).
Più recentemente, sulla base dei dati ottenuti con marcatori mo-
lecolari RAPD e SCAR, è stato riportato anche il coinvolgimento
di C. micrantha (Nicolosi et al., 2000). L’albero è di medio vigore,
a portamento espanso, quasi cespuglioso, con rami sottili e cor-
te spine. L’estrema sensibilità al freddo ne limita la coltivazione
negli ambienti italiani. Da qualche anno nei vivai a destinazione
ornamentale si è diffuso un clone senza spine. I fiori sono picco-
li, singoli o riuniti in gruppi, con petali e stili leggermente colorati
di rosso; le foglie sono piuttosto piccole, di forma ellittica con
Fiori della lima messicana apice arrotondato o leggermente appuntito. I frutti, che pesano
25-35 g, hanno forma rotondeggiante o leggermente ellittica e

404
altri agrumi

buccia sottile, ricca di profumati oli essenziali, con piccolo um-


bone; a maturità sono di colore giallo brillante e poco persistenti
sulla pianta. La polpa è suddivisa in 10-12 segmenti succosi,
particolarmente acidi: il colore verdastro la differenzia dai co-
muni limoni. I semi sono altamente poliembrionici. I semenzali di
questa lima sono utilizzati come piante indicatrici del virus della
“tristeza”.

Lima di Tahiti
La lima di Tahiti (C. latifolia Tan.) viene anche identificata come
lima persiana, ma è noto che originariamente non era diffusa
né nell’antica Persia né a Tahiti. La specie si diffuse dall’Asia
nel resto del mondo attraverso due percorsi: in Europa e nel
bacino del Mediterraneo da una rotta commerciale che passava
dall’antica Persia; in California, nella seconda metà del XIX se-
colo, dall’Australia attraverso Tahiti. I commercianti portoghesi
la introdussero, infatti, in Brasile già nel XVI secolo e da questo
paese essa si diffuse nel XIX secolo in Australia e a Tahiti. In
California è stata anche chiamata Bearss seedless, dal nome
del primo agricoltore. In Europa è coltivata estesamente soltanto
nell’isola tunisina di Djerba, dove è chiamata Sakhesli, termine
che fa riferimento alla sua introduzione dall’isola greca di Chios.
L’albero è di medio vigore con rami scarsamente spinescenti, Frutto della lima messicana
i germogli e fiori sono leggermente colorati di rosso, le foglie
ellittiche, medio-grandi con alette appena accennate o assenti.
I frutti sono naturalmente apireni per la condizione di triploidia,

Fruttificazione della lima di Tahiti

405
ricerca

determinata cioè da un triplo assetto cromosomico; sono più


piccoli dei comuni limoni (ma più grandi dei frutti della lima mes-
sicana), succosi e caratterizzati da un epicarpo sottile ricco di
Cocktail Caipirinha profumati oli essenziali e di colore giallo-verdastro.
I rari semi sono monoembrionici. L’utilizzo dei frutti, come anche
• La Caipirinha è una bevanda alcolica la sua sensibilità al freddo, sono simili a quelli della lima messi-
tradizionale del Brasile, divenuta cana. La diffusione dell’Huanglongbing nelle aree di maggiore
molto comune anche negli Stati Uniti coltivazione sta riducendo fortemente le sue potenzialità.
e in Europa, dove viene servita dai più
famosi barman. Il termine deriva Lima di Palestina
dalla parola portoghese caipira che La lima di Palestina (C. limettioides Tan.) è originaria dall’India,
indica gli abitanti delle zone rurali dove è diffusa e coltivata da lungo tempo con il nome di Mitha
• Per un buon bicchiere di Caipirinha Nimbu ed è utilizzata anche come portinnesto. I suoi frutti, come
occorrono: quelli di altri agrumi (per esempio l’arancio Vaniglia), si carat-
- ½ frutto di lima di Tahiti terizzano per la mancanza di acidità. In India è conosciuta la
- 2-3 cucchiaini di zucchero di canna varietà Soh Synteng, che si differenzia dalla Mitha Nimbu per i
- 50 ml di cachaça (liquore di canna) frutti acidi e germogli e fiori colorati di rosso. È coltivata in modo
- ghiaccio tritato limitato anche in Vietnam, Egitto, Siria e Palestina. In Italia non
sono noti impianti specializzati, mentre è discretamente utilizza-
• Tagliare il frutto a cubetti, riponendoli ta nei vivai ornamentali per le pregevoli caratteristiche estetiche
in un robusto bicchiere da cocktail.
Aggiungere lo zucchero e con il pestello inerenti l’abbondante produzione e persistenza del frutto sulla
(pito) eseguire movimenti rotatori, per pianta.
estrarre dalla buccia il succo La chioma presenta un habitus di crescita irregolare con lunghe
e gli oli essenziali che conferiscono spine sulle branche, appena accennate sui rami fruttificanti. Le
il tipico aroma. Aggiungere il ghiaccio foglie sono ellittiche, di media dimensione, con margine legger-
tritato, sin quasi all’orlo del bicchiere mente frastagliato e picciolo con alette appena accennate. La
e, infine, la cachaça. Mescolare con lo
stirrer. Strofinare il bordo del bicchiere
con una fetta di lima e far aderire
un po’ di zucchero di canna. Servire
con una sottile fetta di lima inserita
sul bordo del bicchiere e due cannucce.
Una variante, la Caipiroska, prevede
di sostituire la cachaça con vodka

Frutti della lima di Palestina

406
altri agrumi

fioritura è molto abbondante e i fiori sono di colore bianco, fre-


quentemente riuniti in gruppi.
Il frutto è globoso, leggermente ellittico oppure oblato, con um-
bone e cicatrice stilare evidenti. L’endocarpo è formato da 9-10
segmenti succosi e senza acidità, con pochi semi altamente
poliembrionici che evidenziano cotiledoni ed embrioni di colo-
re bianco. La buccia è sottile, liscia, di colore giallo intenso nei
frutti maturi, ricca di profumati oli essenziali. Nei paesi in cui è
coltivata è considerata adatta a prevenire infezioni del fegato e
curare sintomi influenzali. La scorza, opportunamente sbuccia-
ta e macerata in alcol, viene utilizzata per ottenere profumati e
gradevoli liquori.

Limetta romana
L’origine della limetta romana (C. limetta Risso), chiamata anche
limoncella, patriarca, è molto antica e un frutto con caratteristi-
che analoghe è raffigurato in un mosaico pompeiano (n. 9994)
del I secolo d.C. conservato al Museo nazionale di Napoli. Gio-
vanni Battista Ferrari in Hesperides descrive in modo dettagliato
questo agrume con il nome lima dulcis. L’albero è di sviluppo
modesto, con chioma rotondeggiante e rami scarsamente spi-
nescenti. I fiori, di colore bianco, sono odorosi, singoli o riuniti in
piccoli gruppi. I germogli non mostrano colorazione antocianica. Frutto e fiori della limetta romana
Le foglie, di dimensione media e ovoidali, hanno apice arroton-
dato e margine leggermente crenato. I frutti sono di media pez-
zatura (60-70 g), globosi e depressi ai poli, con tipica solcatura e
caratteristico umbone. La buccia è sottile, ricca di oli essenziali
delicatamente profumati. La polpa è di colore giallastro e senza
acidità.
In Marocco è coltivata la limonette de Marrakech che ha carat-
teristiche simili alla limetta romana, da cui tuttavia differisce per
l’acidità della polpa dei frutti e la colorazione rosso antociani- F. margarita
co dei germogli. Nel Meridione, in passato, era facile rinvenire
questa specie nei pressi delle abitazioni rurali. I frutti di questo
agrume, opportunamente sbucciati e posti a macerare in alcol,
servono per preparare un gustoso e aromatico liquore casalin-
go. Studi recenti eseguiti con l’ausilio di marcatori molecolari
hanno messo in evidenza la possibilità che la limetta romana sia
stata uno dei genitori del bergamotto. F. hindsii
F. japonica

Lima a forma di dito


La lima a forma di dito [Microcitrus australasica var. sanguinea
(F.M. Bail) Swing.], definita nell’area di origine (Queensland e
New South Wales, Australia) australian finger lime, da un punto
di vista sistematico è molto diversa dalle altre lime, appartenen- F. obovata F. crassifolia
do a un altro genere (Microcitrus). I suoi frutti presentano la ca-
ratteristica di avere la polpa di colore da rosa a rosso, grazie alla Le varie specie di kumquat a confronto
notevole variabilità delle forme selvatiche. Le vescicole del suc-

407
ricerca

co sono compresse all’interno del frutto e tendono a separarsi


facilmente dai segmenti quando il frutto è aperto, per cui sono
state definite caviale di agrume. Attualmente ne sono prospettati
Il kumquat ovale diversi utilizzi gastronomici.
nel miglioramento genetico
Kumquat
• Di recente è stato individuato un ibrido Mentre in precedenza i kumquat erano considerati tassonomica-
naturale ritenuto promettente per la
produzione ornamentale, scarsamente mente all’interno del genere Citrus, Swingle (1915) ne sancisce
spinescente, con frutti piccoli, l’appartenenza al genere Fortunella, in quanto l’ovario contiene
rotondi, di colore giallo brillante un numero minore di loculi e ovuli (all’interno di ciascun loculo);
e buccia gradevolmente profumata. lo stigma è cavernoso; caratteristica è la produzione di frutti pic-
La maturazione estiva di questo coli con polpa acida e buccia dolce, edule.
genotipo può essere sfruttata per Di seguito vengono descritte le specie più note.
la produzione di agrumi ornamentali,
con frutti maturi in un periodo in cui Kumquat ovale o Nagami
gli altri agrumi non presentano questa Il kumquat ovale [F. margarita (Lour.) Swing.], descritto per la
caratteristica prima volta in un testo cinese del 1178 con il nome di Chin Kan
(arancia d’oro), è originario della Cina meridionale. In Giappone
è coltivato da molti secoli ed è noto come Nagami. In Europa
è stato introdotto nel 1846 da Robert Fortune (da cui il nome),
botanico della London Horticultural Society. L’albero sviluppa
in modo moderato e tollera le basse temperature invernali in
quanto semidormiente. È sensibile al deficit di zinco che induce
ridotto sviluppo fogliare. La fioritura è tipicamente estiva (primi
di luglio).

Pianta di kumquat ovale, che evidenzia


una notevole fruttificazione
Particolare della fruttificazione del kumquat ovale

408
altri agrumi

I frutti sono piccoli (circa 12 g), di forma ovale, con buccia liscia di
colore arancio intenso, ricca di oli essenziali, persistenti sull’albe-
ro. L’endocarpo è formato da 4 segmenti leggermente acidi con
2-8 semi, tipicamente monoembrionici. Questa caratteristica ge- Il kumquat ovale in pasticceria
netica ha favorito la formazione di ibridi naturali.
In Italia il Kucle, probabile incrocio con il clementine, è coltivato a • In Calabria da pochi anni è iniziata
una produzione artigianale di frutti
scopo ornamentale. Negli Stati Uniti, nel 1965, da un semenzale è
canditi senza aggiunta di conservanti
stato selezionato l’ibrido Nordmann Seedless, che produce frutti
chimici, seguendo ricette di tradizione
quasi apireni. In Sicilia sono coltivati pochi ettari di questa specie
contadina. I frutti canditi sono
in coltura specializzata. Il frutto è raccolto tra febbraio e aprile e
di gusto gradevole, ma la copertura
commercializzato in confezioni di 0,5-1,0 kg negli spazi dei su-
con cioccolato fondente li rende ancora
permarket dedicati ai prodotti esotici. Come pianta ornamentale
più prelibati e ricercati
si rinviene frequentemente nei giardini pubblici e privati. A Dade
City (Florida) ogni anno si svolge il festival del kumquat, espressa-
mente dedicato a questo agrume e ai prodotti trasformati, come
gelatine, canditi e liquori.

Kumquat rotondo o Marumi


In Europa, il botanico svedese Carl Peter Thunberg fu il primo
a descrivere le caratteristiche del kumquat rotondo [F. japonica
(Thunb.) Swing.] nel trattato Flora Japonica del 1784. Questo kum­
quat è originario dal Giappone, dove è detto Kin Kan o Marumi, e
sembrerebbe essere il prodotto dell’incrocio naturale tra il kum­
quat ovale e un altro kumquat non bene identificato. In Italia è
conosciuto come kumquat a frutto rotondo e non risulta coltivato
a livello industriale. La scarsa persistenza del frutto sull’albero,
dopo la maturazione fisiologica, fa sì che questa specie sia scar-
samente utilizzata anche nell’ambito del vivaismo ornamentale.
È presente nelle collezioni di germoplasma e sporadicamente si
rinviene nei giardini privati.
L’albero sviluppa scarsamente e ha rami di colore verde, legger-
mente spinescenti, e foglie che, rispetto a quelle del kumquat
ovale, evidenziano una rotondità più pronunciata nella parte me-
diana della lamina e piccole alette sul picciolo. I frutti sono roton-
di, talvolta leggermente ovali, di pezzatura inferiore a quelli del
Nagami (circa 10 g), con buccia sottile di colore giallo-arancio
intenso. L’endocarpo è formato da 5 segmenti che contengono
ognuno 1-2 semi poliembrionici con cotiledoni ed embrioni verdi.
I frutti, consumati allo stato fresco, risultano di gusto gradevole,
scarsamente dotati di oli essenziali e poco aciduli. I possibili usi
culinari sono la canditura, le conserve in salamoia, la prepara-
zione di marmellate e gelatine; i frutti affettati vengono utilizzati
come ingredienti delle insalate e in alcuni paesi orientali sono
aggiunti al tè.

Kumquat a frutto grande e rotondo o Meiwa Canditi di kumquat ovale ricoperti


L’origine del kumquat Meiwa (F. crassifolia Swing.) non è nota e, di cioccolato
secondo Swingle, potrebbe essere un semenzale ibrido derivato

409
ricerca

dall’incrocio tra il kumquat ovale e il Marumi. Risulta essere este-


samente coltivato in Cina, nella provincia di Chekiang e, in modo
più limitato in Giappone, nella prefettura di Fukuoka, dove è se-
gnalata anche una mutazione con foglie e frutti variegati. In Italia,
dove è conosciuto come Meiwa, non è coltivato in agrumeti spe-
cializzati, ma è presente nelle collezioni di germoplasma o, come
pianta singola, nei giardini. Trova scarsa utilizzazione nell’ambito
del vivaismo ornamentale per la non eccellente tenuta dei frutti
maturi sull’albero. La semidormienza lo rende tollerante alle basse
temperature invernali. È soggetto alle disfunzioni fisiologiche da
carenza di zinco, che riduce la dimensione delle foglie e raccorcia
la lunghezza degli internodi dei rametti. Questi sono scarsamen-
te spinescenti. Una selezione nucellare, diffusa da qualche anno
nei vivai ornamentali, è completamente priva di spine. La fioritura
è abbondante e tipicamente estiva. I frutti hanno caratteristiche
marcatamente distintive rispetto al Marumi, in quanto, pur essen-
do di forma rotondeggiante, sono di maggiore pezzatura (circa
15 g), con buccia di colore arancio non particolarmente intenso e
scarsamente dotata di oli essenziali; l’endocarpo ha un maggiore
numero di segmenti (6-7), la polpa è meno succosa e acida. I
semi, poliembrionici, sono in numero limitato per frutto (3-5) con
cotiledoni ed embrioni verdi. Consumati allo stato fresco, i frutti
Particolare della fruttificazione del kumquat sono più gradevoli e dolci del Nagami e si prestano ottimamente
rotondo
per essere trasformati in canditi, marmellate, gelatine e liquori.
Frutti del kumquat Meiwa

410
altri agrumi

Kumquat a frutto molto piccolo o kumquat selvatico


di Hong Kong
Il kumquat di Hong Kong [F. hindsii (Champ.) Swing.] produce il
frutto più piccolo del genere Fortunella, di forma rotondeggian-
te, che raramente supera un centimetro di diametro. La forma
selvatica di questa specie si rinviene nel territorio di Hong Kong,
da cui prende anche il nome, e nelle province cinesi del Che-
kiang e Kwangtung ed è naturalmente tetraploide. In Giappone
è noto come Mame o Hime Kinkan. Una forma diploide coltivata,
di solito chiamata kumquat fagiolo d’oro, ha frutti leggermente
più grandi, foglie più sottili e spine più corte. L’albero sviluppa
scarsamente e ha lunghe spine anche sui rami fruttificanti, fo-
glie piuttosto piccole, di forma ovale, con lamina di colore verde
molto intenso, piccioli senza alette o appena accennate. La fio-
ritura è abbondante e si differenza dagli altri kumquat, in quanto
si inizia nella stagione primaverile. I frutti, non eduli e non parti-
colarmente profumati, pesano 0,6-1,5 g e sono rotondi o legger-
mente ovali, con buccia sottile e liscia, di colore giallo-arancio
molto intenso a maturazione. L’endocarpo, di colore aranciato,
è composto da 4 segmenti scarsamente succosi. I semi, in nu-
mero di 3-4 per frutto, sono piuttosto piccoli, scarsamente po-
liembrionici, con cotiledoni ed embrioni di intenso colore verde.
In Italia questo kumquat non è presente in impianti commerciali. F. hindsii coltivata in vaso
Trova discreta utilizzazione nei vivai ornamentali per produrre
piante di piccola taglia che emulano i tradizionali bonsai giap-
ponesi. Un ibrido recentemente ottenuto da libera impollinazio-
ne appare piuttosto promettente per l’utilizzo ornamentale. Lo
sviluppo e la morfologia della chioma sono simili a quelle della
F. hindsii, mentre i frutti, più persistenti sull’albero, risultano di
maggiore pezzatura, forma ovale e colore giallo brillante.

Kumquat a frutto molto grande e rotondo o Changshou


Questo kumquat, chiamato in Cina Changshou (F. obovata hort.
ex Tan.) e in Giappone Fukushu, secondo Swingle è il prodotto
dell’incrocio naturale tra due specie di kumquat, non bene iden-
tificate. L’albero, vigoroso e produttivo, ha portamento globoso,
rami fitti con internodi ravvicinati e corte spine sui rami più vec-
chi, assenti sui rami fruttificanti. Le foglie, di forma ovale, so-
no più grandi rispetto a quelle degli altri kumquat, con margine
crenato e apice arrotondato. Il picciolo è privo di alette. I frutti
hanno forma tipicamente obovata e peso maggiore rispetto agli
altri kumquat (25-35 g), con base e apice leggermente incavati.
La buccia è piuttosto sottile, di colore giallo-arancio brillante.
La polpa è scarsamente acidula e composta da 6-7 segmenti
che contengono 5-6 semi. Questi sono di media dimensione,
poliembrionici, con cotiledoni ed embrioni verdi.
Nei vivai ornamentali è discretamente utilizzato e apprezzato. Ibrido naturale di F. hindsii
Coltivato in vaso, infatti, sviluppa una folta chioma e un’abbon-

411
ricerca

dante fruttificazione. La persistenza del frutto maturo sull’albero


è tuttavia inferiore rispetto a quella del kumquat ovale. I frutti
consumati allo stato fresco risultano più dolci di quelli del Naga-
Le bibite a base di chinotto mi, per la scarsa quantità di oli essenziali della buccia e l’acidità
della polpa. Inoltre, opportunamente sbucciati e privati dall’al-
• Dal chinotto si ricava una tipica bevanda bedo, si prestano per la preparazione di squisite confetture.
analcolica italiana dal gusto dolceamaro,
dissetante e gustosa, che contiene piccole Chinotto
percentuali di succo ed estratti aromatici L’introduzione del chinotto (C. myrtifolia Raf.), come anche quel-
di origine vegetale. L’origine di questa la di altri agrumi, è attribuita ai navigatori liguri del Cinquecen-
bibita è incerta: alcuni sostengono che sia to. Anche se molti dati storici fanno riferimento all’introduzio-
stata inventata dalla ditta San Pellegrino, ne nell’area mediterranea dalla Cina, secondo alcuni autori la
altri dalla ditta Neri di Capranica (VT), specie dovrebbe essere individuata come arancio delle Indie
che la pubblicizzò e diffuse negli anni orientali, in quanto molto simile al Suntara, frutto a cui si attribui­
’60 con uno slogan molto efficace. scono proprietà terapeutiche. Secondo altri il chinotto potrebbe
All’estero è consumata, prevalentemente, essersi originato come mutazione spontanea nell’area del Me-
dalla comunità italiana. In Canada è diterraneo. Il Ferrari nel 1646 ne descrisse le caratteristiche in
commercializzata col marchio Brio, Hesperides e il Volkamer, 67 anni dopo, lo indicò come aranzo
in Australia con quello Bisleri nanino da China in Hesperides Norimbergenses.
Le foglie, molto piccole e di forma simile a quelle del mirto, ne
hanno determinato la classificazione botanica. L’albero sviluppa
scarsamente e si differenzia dagli altri agrumi anche per la par-
ticolare caratteristica dei rametti con internodi molto ravvicinati
(da 2 a 5 mm).
Particolare della fruttificazione
della F. obovata

412
altri agrumi

I fiori sono piccoli e bianchi con antere ricche di polline. Le foglie


hanno forma ovata con apice appuntito e margine intero. La pro-
duzione è abbondante. I frutti possono essere singoli o riuniti in
gruppi, particolarmente, nella parte apicale dei rametti, di picco- Il chinotto nel miglioramento
la pezzatura (30-60 g), con apice stilare incavato e buccia di me- genetico
dio spessore, di colore arancio intenso, ricca di oli essenziali.
In Liguria è stato coltivato tra il 1800 e il 1930. Nel 1877 la ditta • Il chinotto, per la particolare morfologia,
è utilizzato nel lavoro di miglioramento
francese Silvestre-Allemand si trasferì, infatti, a Savona per av-
genetico per costituire ibridi con
viare il processo di trasformazione dei frutti, che erano stabilizzati
caratteristiche di pregio ornamentale.
in salamoia e rivenduti in Francia per essere canditi e utilizzati
In particolare, ibridi ottenuti dagli incroci
nella preparazione di dessert dal gusto dolceamaro. Le gelate
chinotto × cedro Mano di Buddha
che colpirono il territorio di Savona, dopo il 1930, determinarono
e limone Meyer × chinotto hanno
il declino di questa coltura. Nel 2000, infatti, le statistiche ISTAT
evidenziato interessanti caratteristiche,
censivano soltanto 1 ettaro di chinotto coltivato in Italia. Dal 2004
anche a carico del colore dei fiori
il chinotto di Savona, prodotto sia lungo la costa sia nell’imme-
diato entroterra tra Varazze e Finale Ligure (Savona), fa parte del
presidio Slow Food, istituito per valorizzare i prodotti trasformati
(bibite, marmellate, liquori e frutti canditi) secondo antiche ricette.
In Sicilia, in questo ultimo decennio, sono stati effettuati investi-
menti produttivi per circa 10 ettari, sotto lo stimolo di una nota
ditta nazionale che produce l’omonima bibita.
Nell’ambito della collezione di germoplasma del CRA-ACM è an-
che presente una selezione, sempre a internodi corti, ma con fo-
glie più larghe del tipico chinotto.

Pianta adulta di chinotto


Descrizione del chinotto nel testo del Volkamer

413
gli agrumi ricerca
Agrumi ornamentali
Francesco Sottile, Fabio De Pasquale

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- 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in
alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
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Agrumi ornamentali
Premessa
L’uso degli agrumi come ornamento, nel mondo, ha una storia
millenaria che si lega indissolubilmente con l’evoluzione e le mi-
grazioni dei popoli, l’interesse dei mercanti che da Oriente si so-
no spostati verso Occidente, il culto della conoscenza botanica
del genere Citrus presente in buona parte della fascia climatica
tropicale e subtropicale. E con il termine “ornamento” non si
intende esclusivamente il diletto che può derivare dalle piante,
quanto il ruolo che i frutti singolarmente, le fronde fruttificanti,
le fronde fiorite, i fiori in grappolo ovvero l’albero intero, sia in
campo sia in vaso, giocano nel dare piacere ai sensi dell’essere
umano.
Dobbiamo certamente agli Arabi il primo evidente esempio di in-
teresse in tal senso per la diffusione della specie e dei sistemi in-
novativi per la sua coltivazione nel Mediterraneo da cui è derivato
un importante ruolo decorativo, di diletto per la vista e per l’olfat-
to. Essi riconobbero, soprattutto nei limoni e nei cedri, proprietà
L’Hesperidarium dei fratelli Tintori aggiuntive rispetto a quelle esclusivamente alimentari, riportando
è un mirabile esempio di uso degli una serie di benefici di natura terapeutica e cosmetica che ne
agrumi per scopi ornamentali finalizzati potevano derivare.
all’apprezzamento del visitatore. In lunghi
periodi dell’anno è possibile attraversare Fino all’era della diffusione della cultura islamica, l’uso degli agru-
archi di fruttificazione di limone Lunario mi come pianta ornamentale non ha particolari riscontri. Virgilio, in
o di Volkameriano, che dimostrano Historia naturalis, parla del cedro come di una pianta simile all’al-
lo straordinario risultato che deriva loro apprezzandone la tenacia dei rami, delle foglie persistenti
dal connubio tra la plasticità della specie
e la maestria del vivaista e l’aroma dei fiori, come caratteristiche tutte importanti per una
pianta da ornamento. Plinio, in modo più esplicito, dice che il ce-
Fruttificazione di calamondino (Citrus mitis)

414
agrumi ornamentali

dro “…serve da ornamento delle case”; nelle successive opere di


agricoltura dell’epoca romana, vengono forniti numerosi dettagli
della propagazione e coltivazione di questa specie, anche in vaso,
indicando i primi sistemi di protezione per la difesa delle piante L’Hesperidarium
dal freddo.
La cultura islamica, invece, mostra un legame straordinario con • È l’unico reale esempio italiano
gli agrumi, per il loro contributo all’estetica e all’ornamento, e an- di giardino di agrumi immaginato,
cora oggi chiari e magnifici esempi esistono in diverse aree del progettato e realizzato per consentire
bacino del Mediterraneo: in Spagna, la moschea di Cordoba ma una serie di attività ludiche, didattiche,
anche a Granada e a Siviglia; in Italia, tra tutti, il giardino islamico o di semplice intrattenimento, legando
all’interno del Castello di Maredolce a Palermo (il Giardino della il mondo degli agrumi, di quelli a uso
Fawarah). ornamentale in particolare, al mondo
L’esaltazione del senso ornamentale che questa specie è in gra- del turismo
do di assumere viene raggiunta in epoca rinascimentale quando, • Nasce in Toscana, terra di antiche
prioritariamente in Italia e con particolare evidenza in Toscana, tradizioni per l’agrumicoltura
culla del nostro Rinascimento, gli agrumi giocano un ruolo premi- ornamentale, nella provincia di Pisa, in
nente nel percorso culturale che fa riferimento all’estetica. cui si è consolidato un forte e radicato
In questo contesto, peraltro, si sviluppa proprio l’arte della rea- tessuto vivaistico. Ed è frutto dell’idea
lizzazione di giardini per il diletto della nobiltà e gli agrumi sono e della lungimiranza di un’intera
sempre il baricentro intorno al quale ruotano tante altre specie or- famiglia, i Tintori, che poco meno di un
namentali da fronda e da fiore. Per una maggiore varietà di forme decennio fa hanno iniziato a costruire
e di colori, soprattutto nel periodo mediceo, iniziò peraltro anche un percorso che accompagnasse
una consistente attività di importazione di nuove varietà, spesso il turista attraverso alberi di agrumi
prive di interesse alimentare, che venivano trasportate dal conti- caratterizzati da una grandissima
nente asiatico in contenitore. variabilità di specie, di cultivar,
La coltivazione in vaso assume pian piano connotati di tecnica di accessioni, di tipologie molto
agronomica raffinata: nelle regioni del Nord Italia, ma anche in tutta caratteristiche per finalità ornamentali.
Europa, al di sopra di certe latitudini, gli agrumi evidenziano intol- Il tutto immerso in un’azienda
leranza alle basse temperature con problemi di sopravvivenza.At- vivaistica che da diversi decenni è
traverso l’allevamento in contenitore, disponendo le piante in am- impegnata nella produzione di piante di
biente protetto, durante l’inverno, esse sopravvivevano e venivano agrumi in contenitore, esclusivamente
esposte di nuovo in pien’aria al ritorno della bella stagione. per scopi ornamentali, con un’azione di
Nascono in questo modo quelle che con il tempo diverranno le più accompagnamento per la gestione e la
conosciute Orangeries, che si diffondono in gran parte d’Europa manutenzione delle piante e, in alcuni
con mirabili esempi in Francia dove pian piano arrivava l’espe- casi, per il ricovero invernale
rienza medicea.
l ruolo degli agrumi ornamentali non manca peraltro di esempi,
• L’Hesperidarium è oggi una meta fissa
del turista attento che va oltre
anche in tempi più recenti, nell’alberatura urbana e nell’alberatura i percorsi consueti e cerca i legami tra
di giardini pubblici e privati. Lo stesso può dirsi per l’allestimento il territorio e le sue tradizioni. Il fascino
estetico di chiostri ed edifici religiosi, dove le piante di agrumi della visita nel periodo autunnale
possono assumere anche il doppio ruolo di ornamento e alimen- tra tante forme e colori dei frutti in
tazione. Si ricorda per esempio l’arancio della Basilica di Santa prossimità della loro maturazione ha
Sabina in Roma che, oltre a essere un esemplare di rara bellezza, eguali solo nel periodo primaverile,
è circondato da un alone di mistero grazie alla leggenda che narra quando si resta inebriati dai profumi
che a piantarlo sia stato san Domenico nel 1200. delle abbondanti zagare
Il riferimento all’uso ornamentale degli agrumi come sistema vivai-
stico di natura commerciale è certamente storia più recente, che
prende avvio in modo consistente sul finire del XX secolo. Questo

415
ricerca

specifico comparto vivaistico, infatti, a fronte di una disponibilità


di ampi comprensori dell’area mediterranea, particolarmente vo-
cati, si affaccia solo oggi nelle statistiche ufficiali mentre prima era
La Sicilia e i due poli vivaistici solo menzionato in lavori puntuali.
La pianta di agrume, infatti, nella sua più diversificata declinazio-
• La Sicilia, per posizione geografica ne varietale, ha sempre mantenuto anche un ruolo ornamentale,
nella fascia subtropicale, gode sebbene le piante siano state sempre realizzate con obiettivi e
di condizioni climatiche ideali per metodologie decisamente diverse da quelle ornamentali. In questi
lo svolgimento dell’attività vivaistica, contesti, alcuni vivaisti siciliani si ritrovavano spesso a soddisfare
in particolare nelle aree costiere. specifiche richieste con partite di piante in fitocella, che poco o
Nell’ultimo ventennio, gli addetti al nulla avevano di diverso rispetto a quelle prodotte per il pieno
vivaismo, mostrando attenzione alle campo, da sottoporre a completa ricoltivazione una volta giunte
richieste dei mercati, hanno avviato a destinazione. Il tutto con esiti che dal punto di vista qualitativo
una produzione ornamentale, prima sono sempre stati molto scadenti.
in pien’aria, e successivamente Da quel momento in poi la storia del comparto è più recente e
ricorrendo ad apprestamenti protettivi vicina ai giorni nostri. Lo sviluppo del comparto che ha condotto
con rete antigrandine e film plastico in circa un ventennio l’Italia, e la Sicilia in particolare, a consolida-
per i mesi freddi re una posizione di primato mondiale nella produzione di piante
• Oggi sono identificabili in Sicilia di agrumi ornamentali in vaso, nasce e si sviluppa a seguito di
due grandi comprensori con attività un periodo di crisi dell’agrumicoltura di pieno campo. Il graduale
vivaistica ornamentale: Milazzo e arresto degli impianti di agrumi a causa della forte crisi commer-
comuni limitrofi (Me) e Marsala (Tp), ciale del settore determinò, nel giro di pochi anni, un sostanziale
che si diversificano per molteplici ingolfamento dei vivai che producevano piante in fitocella inne-
fattori produttivi e ambientali e state (ordinariamente su semenzali di arancio amaro). I vivaisti
pertanto si evidenziano diverse dovettero interrompere le fasi iniziali della produzione e studiare
potenzialità produttive. Il polo di soluzioni alternative, di breve periodo, per lo smaltimento delle
Milazzo, essendo antica la tradizione piante invendute, e di lungo periodo, per il rinnovamento dell’at-
vivaistica, vanta la presenza nel tività attraverso un’adeguata rimodulazione delle infrastrutture e
territorio di manodopera altamente delle tecniche di produzione.
specializzata, mentre il polo produttivo Il vivaismo agrumicolo ornamentale oggi fa riferimento a una pro-
della provincia di Trapani sembra avere duzione nazionale di circa 5 milioni di piante prodotte in Toscana,
prospettive di maggiore sviluppo non Liguria, Puglia, Calabria e Sicilia (oltre il 90% in Sicilia) ed esportate
tanto per una maggiore ricettività delle nel Nord Europa. Nell’Isola, sono le province di Messina, Catania,
imprese vivaistiche, quanto per una Siracusa e Trapani quelle maggiormente coinvolte; il messinese
superiore disponibilità di spazi che, (già noto per la produzione di piante di agrumi per il pieno campo)
in questo settore, acquisiscono sempre fa registrare oltre 280 ettari di superficie a vivaio, mantenendo
maggiore interesse e valore, spesso un’elevatissima polverizzazione aziendale. Oggi, almeno
e per la presenza di un aeroporto il 60% delle superfici vivaistiche è in ambiente protetto, ma sono
solo poche le aziende che hanno un ciclo colturale completo, dal-
• Rimane, tuttavia, indiscussa la qualità la propagazione alla commercializzazione. Moltissime aziende vi-
della produzione floricola (piante in
vaso e fiore reciso) di entrambe le aree vaistiche di piccole dimensioni, infatti, lavorano piante semi-finite
siciliane, che pone la Sicilia al top che vengono poi completate da strutture più grandi prima della
a livello internazionale commercializzazione.
In pochi anni le professionalità già presenti sul territorio si sono
convertite alla nuova tipologia di produzione, rimodulando i para-
metri di riferimento della qualità del prodotto verso un vivaismo di
carattere esclusivamente ornamentale che ancora oggi coinvolge
molti giovani del territorio. Oggi il vivaismo agrumicolo ornamen-

416
agrumi ornamentali

tale, tra continui avanzamenti scientifici e importanti innovazioni


tecniche, è orientato al consolidamento di un’elevata competitivi-
tà locale che si concretizza sempre più in una realtà industriale.

La pianta “tipo” e la sua qualità


Il vivaismo agrumicolo ornamentale è, come accennato, un siste-
ma produttivo e imprenditoriale di buona rilevanza economica che
evidenzia una continua evoluzione verso forme, colori e profumi
in grado di innovare e accrescere l’interesse dell’utilizzatore finale.
Uno degli aspetti evolutivi più importanti ha riguardato il raggiun-
gimento di un elevato standard qualitativo e di una sostanziale
flessibilità al confezionamento della produzione. La pianta “tipo”
è coltivata in vaso rotondo di diametro variabile e allevata a globo
in modo da metterne in evidenza il fusto dal quale si originano i
diversi ordini di ramificazione.
Un alberello di agrumi con finalità ornamentale, inoltre, deve es-
sere condotto in modo da avere flussi vegetativi idonei all’otteni-
mento di chiome folte, che devono adeguatamente riempirsi di
fiori.
Tali obiettivi, in linea generale, sono raggiunti attraverso una serie
di ripetute potature realizzate in diversi momenti dell’anno; si rie-
Pianta di Fortunella margarita in ciotola.
sce in questo modo a ottenere una chioma di qualità in un tempo Questa tipologia di vaso non rientra più
economicamente ragionevole. Raggiunto un buon grado di matu- nelle grandi produzioni vivaistiche per l’alto
rità, rilevabile dall’equilibrato rapporto tra la chioma e l’apparato costo di produzione e di trasporto
radicale, viene indotta la fioritura attraverso una serie di interventi,
durante la stagione più fredda, con potature blande e nutrizione
minerale adeguata; qualora occorra, le suddette tecniche colturali
sono precedute da interventi con fitoregolatori.
Dopo il risveglio vegetativo sarà apprezzabile la fioritura e, dopo la
cascola fisiologica dei frutti, può avviarsi il finissaggio della pianta
lasciando crescere liberamente i rami in modo da evidenziare il
portamento assurgente della specie con la fruttificazione ubicata
sui rami principali.
La pianta ornamentale di agrumi, inoltre, per essere leggera e fa-
cilmente trasportabile, è allevata con miscele di substrati con il
miglior compromesso tra leggerezza e capacità di ritenzione di
elementi minerali e acqua.
Tutti questi elementi rappresentano i pochi ma precisi interventi
colturali che condensano il miglior sistema per l’ottenimento di
una pianta di qualità, dalla quale oggi non si può prescindere per
garantirsi l’accesso a mercati esteri, di grande interesse ma an-
che particolarmente esigenti. Molte di queste specifiche condi-
zioni hanno valore anche per la produzione di piante destinate Spalliera di calamondino a inizio fioritura
all’arredo urbano di viali, che oggi rappresentano inoltre parte con una folta vegetazione in vaso Ø 14.
dell’innovazione nel comparto agrumicolo per scopi ornamentali. Questa tipologia di piante è molto richiesta
in quanto, se di ottima qualità, incontra un
La certificazione genetico-sanitaria, con l’indicazione di tutti i re- grande apprezzamento e bassi costi
quisiti che, a norma di legge, sono contenuti nel passaporto, com- di produzione e di trasporto
pleta la qualità intrinseca della pianta di agrume ornamentale tale

417
ricerca

da non essere vettore di virus e virus-simili, ed esplicita ogni riferi-


mento utile a poter seguire la tracciabilità della filiera produttiva.

La produzione e le tecniche
La pianta in vaso di agrume ornamentale è prodotta in vivaio au-
torizzato e strutturato nel rispetto delle norme vigenti dell’Unione
Europea; esse, più specificamente, riguardano le piante destinate
al trasferimento in pieno campo ma non escludono quelle prodot-
te per altre finalità o destinazioni comprendendo, quindi, anche
quelle per uso ornamentale.
La necessità di disporre di materiale di propagazione sano, ov-
vero che rispetti la citata normativa, ha spesso indotto, se non
obbligato, i vivaisti, in forma singola o associata, a mantenere un
adeguato numero di piante madri.
Germinatoi, bancali di radicazione con letto riscaldato e impianto
di nebulizzazione per mist propagation, serre di acclimatazione,
ombrai, invasatrici, oltre alle strutture e alle attrezzature per il con-
fezionamento e la movimentazione, rappresentano la dotazione
ordinaria di un vivaio impegnato nella produzione industriale di
Conca aperta multivarietale. Tipico piante di agrumi in vaso per uso ornamentale.
esemplare di grande pregio, di produzione Originariamente, la tecnica di produzione di piante di agrumi de-
non ordinaria ma di grande fascino stinate alla commercializzazione florovivaistica partiva dalla pro-
soprattutto per la presenza nello stesso
vaso di più specie fruttificanti duzione del semenzale, prioritariamente di arancio amaro (Citrus
aurantium L.), adesso interamente sostituito dal limone Volkame-
riano (Citrus volkameriana Ten. & Pasq.) e dal Citrus macrophylla
West.; dopo l’attesa di almeno una stagione di crescita, si pro-
cedeva all’innesto a marza. Tale sistema produttivo è oggi con-
siderato poco sostenibile dal punto di vista economico, anche
se risulta ancora largamente in uso nelle strutture vivaistiche di
piccola dimensione, in cui il lavoro di campo è affidato a una con-
duzione familiare e il cui prodotto è una pianta da ricoltivare.
Le imprese vivaistiche che propendono verso l’industrializzazione
dell’attività produttiva riconoscono l’importanza di produrre stock
di piante di buona qualità e uniformi e tendono quindi a conver-
tire il ciclo produttivo tradizionale “seme - semenzale - innesto”
escludendo il seme e riducendo la variabilità ad esso attribuibile.
Pertanto, con specifico riferimento alle tecniche di propagazione,
è opportuno suddividere i genotipi in coltivazione in due grandi
gruppi, ovvero quelli con elevata predisposizione alla moltiplica-
zione per talea e quelli che, al contrario, evidenziano una capacità
di rizogenesi scarsa o nulla.
In virtù di questa distinzione, il materiale vegetale (talee e marze)
proveniente dalle piante madri viene propagato agamicamente
applicando la tecnica di mist propagation. Attraverso tale sistema
è possibile ottenere barbatelle franche di piede, da avviare diret-
Semenzale di Citrus volkameriana pronto
per il trapianto dal semenzaio al vaso Ø 12 tamente alla filiera produttiva in vaso di tutti i genotipi che pre-
nel quale la pianta verrà innestata sentano un’elevata capacità rizogena (Citrus limon, Citrus mitis o
madurensis, Citrus medica).

418
agrumi ornamentali

Sempre attraverso la tecnica della mist propagation si può proce-


dere alla produzione di piante bimembri dei genotipi con scarsa
o nulla capacità rizogena partendo da innesti-talea. Tale tecnica,
oggi sempre più diffusa nelle strutture vivaistiche opportunamente
attrezzate, consiste nel prelevamento contestuale di talee e marze
dalle piante madri; l’innesto viene eseguito a tavolo in ambiente
condizionato in modo da ottenere, preliminarmente, un comples-
so di due bionti senza alcuna radice che, solo immediatamente
dopo l’innesto, viene disposto in ambiente di radicazione. Più fre-
quentemente il portinnesto appartiene a Citrus volkameriana che
viene innestato con marze di Citrus aurantium, C. sinensis, C. de-
liciosa, ovvero di Fortunella spp.
Questa tecnica consente di produrre piante bimembri perfetta-
mente uniformi e in tempi notevolmente ridotti rispetto alla tecni-
ca tradizionale “seme - semenzale - innesto”.
In relazione alla stagionalità delle operazioni, nel caso di genotipi
caratterizzati da ottima predisposizione alla rizogenesi, le condi-
zioni climatiche di luglio sono ottimali per effettuare il prelievo del
materiale vegetale e ottenere le talee con 2-3 foglie.
Per la produzione di innesti-talea, invece, il momento ottimale
per avviare la radicazione è il periodo primaverile (aprile-maggio), Particolare di fruttificazione di Citrus
quando il portinnesto risulta in succhio e, quindi, in piena attività volkameriana. Nel moderno vivaismo
vegetativa. Il risultato della radicazione di talee e di innesti-talee questa è una specie a duplice attitudine:
può considerarsi ottimale quando il rendimento supera il 90% con a) pianta porta seme per la produzione
di semenzali da destinare al ciclo produttivo
densità di 400-500 talee/m2, con un elevato numero di radici per “seme - semenzale - innesto”; b) pianta per
talea (oltre 7-8) e una buona ripresa vegetativa già in bancale. la produzione di talee da desinare al ciclo
Il suddetto risultato dipende dal controllo dell’UR (80-90%) del produttivo “innesto-talea”
microambiente nel quale si effettua la lavorazione del materiale
vegetale, dal substrato di radicazione (ottimale è una miscela di
torba e agriperlite al 50%), dalla temperatura basale del bancale
non inferiore a 20 °C, dal trattamento rizogeno della base della ta-
lea (prodotti a base di NAA), dal controllo continuo dell’UR dell’at-
mosfera del bancale che, in eccesso o in difetto, può determinare
rispettivamente un rallentamento della radicazione o una dannosa
filloptosi.
In questo caso, il ciclo di produzione della pianta di agrumi or-
namentali con frutti può ridursi fino a 18-24 mesi, tenendo conto
che la presenza di frutti sia pure di piccola dimensione conferisce
alla pianta un discreto apprezzamento. In tal modo, peraltro, è
più facile produrre stock di piante uniformi e, grazie al breve ciclo
produttivo, la produzione può adattarsi meglio ai mutamenti delle
richieste di mercato.
Nella tradizionale tecnica di produzione delle piante bimembri, per Talee di Citrus limon cv Lunario in panetto
la produzione dei portinnesti i semi vengono posti a germinare su di torba, pronte per essere disposte in
bancale già dalla fine di dicembre, sotto apprestamenti protettivi. bancale di radicazione dotato di mist-
propagation. Ordinariamente, alle talee
Le plantule vengono quindi trapiantate in fitocella quando hanno viene effettuato un trattamento basale
uno sviluppo di 10-15 cm e proseguiranno nel primo anno di svi- con prodotti a base di NAA
luppo fino a raggiungere un calibro minimo per poter essere in-

419
ricerca

nestate a marza a circa 15-18 mesi dalla germinazione. La pianta


innestata, spesso allevata in fitocella o in vaso di polietilene rigido
nero, dovrà essere gestita in vivaio per almeno altri 24-36 mesi
dall’innesto prima di poterla avviare alla commercializzazione.
La pianta di agrume ornamentale, comunque prodotta, subisce il
primo taglio, per determinare l’altezza dell’imbrancatura, nel vaso
definitivo, che in qualche caso viene sostituito con il vaso nuo-
vo di uguale diametro al momento della commercializzazione. La
scelta del diametro del vaso è un momento importante perché
correlato all’altezza dell’imbrancatura e al diametro della chioma,
nonché ai rapporti diretti con il committente che ne precisa sem-
pre la dimensione.
La tecnica di coltivazione della pianta, nel vaso del diametro di
20, 18 o 15 cm e su adeguato substrato, prevede la libera vege-
tazione per i primi 6-8 mesi; quando l’apparato radicale è suffi-
cientemente sviluppato e in equilibrio con la chioma viene effet-
tuato il primo intervento di drastica potatura; la vegetazione che
ne deriva sarà caratterizzata da rami a internodi raccorciati e da
rami con sviluppo standard. Attraverso le successive potature,
ripetute con continuità, i secondi saranno opportunamente con-
Innesto talea di calamondino su Citrus
macrophylla pronto per essere posto
tenuti mentre dalle gemme ascellari dei primi si avrà produzione
in radicazione. Le foglie sono presenti di fiori e di frutti. Ultimata la cascola fisiologica dei frutti si inizia il
nei due bionti anche se è stata ridotta finissaggio della pianta con interventi di potatura mirati a creare
la loro superficie una pianta di qualità.
Il vaso, oggi esclusivamente di polietilene rigido con prevalenza di
colore tipo coccio, può essere di dimensioni variabili e la sua ca-
pacità dipende, come è ovvio, dalla dimensione finale della pianta
che si intende produrre. In linea generale, la chioma della pian-
ta prodotta e l’altezza complessiva della stessa devono essere,
rispetto al vaso che la contiene, approssimativamente il doppio
del diametro e poco più del doppio dell’altezza; senza facili ge-
neralizzazioni, questo tipo di proporzioni rappresenta un giusto
equilibrio tra la qualità della pianta prodotta e la capacità del vaso
di contenerla e, con gli adeguati apporti idrico-minerali, di soste-
nerla dal punto di vista nutritivo. La moderna tecnica vivaistica
tende a ridurre al minimo i travasi e molto spesso le piante, dopo
le operazioni di propagazione, vengono trasferite direttamente nel
vaso finale.
Negli ultimi anni si sta consolidando anche la produzione di piante
in vaso di dimensioni inferiori rispetto al classico Ø 20: se viene
usato il vaso Ø 15 rispetto a quello Ø 20 la densità di piante per
metro quadrato di vivaio può raddoppiare e l’efficienza nella fase
di confezionamento e trasporto può triplicare.
Un approccio tecnico differente riguarda le piante in conca e in
Innesto talea di Fortunella margarita su
vasca; sono esemplari di grandi dimensioni, per la cui prepara-
Citrus volkameriana caratterizzato da talea
lunga per ottenere un alberello con un fusto zione sono necessari diversi anni di coltivazione oltre a cure e
ben evidente attenzioni specifiche. Altra tipologia di produzione, infine, è quella
relativa alle piante di agrumi da viale, che sono allevate in conte-

420
agrumi ornamentali

nitore e caratterizzate da un fusto molto alto per via di un’imbran-


catura a 1,80 m dal colletto. La tecnica di produzione di questa
tipologia di piante è riferibile alla linea tradizionale “seme - semen-
zale - innesto”; è importante allevare in contenitore e con tutore
il semenzale del portinnesto per tre o più anni fino all’altezza di
2,00 m dal colletto. Nella primavera successiva al raggiungimento
di tale sviluppo si esegue l’innesto con la specie e/o la cultivar
prescelta, a seguito del quale la pianta riceverà le stesse cure di
quelle di produzione ordinaria.

La nutrizione idrico-minerale
Eventuali squilibri nutritivi possono danneggiare, anche irrimedia-
bilmente, la pianta di agrumi ornamentale. In tal caso, infatti, so-
no rare le opportunità di recupero, soprattutto quando l’evidenza
del danno comporta manifestazioni a carico della chioma. In tale
evenienza, le piante potranno essere recuperate solo attraverso
ricoltivazione con una potatura drastica e ripetendo tutte le tec-
niche descritte.
La gestione della nutrizione minerale della pianta di agrumi in va-
so è strettamente connessa con la tipologia di substrato di colti-
vazione e con l’acqua utilizzata per l’irrigazione.
Il substrato commerciale per la sua specifica composizione può
essere sfruttato in maniera ottimale nei primi 10-12 mesi prima Piante da viale di arancio amaro “Foglia di
salice” e di calamondino. Le diverse varianti
che si renda evidente un suo decadimento. Il ciclo biologico de- di Citrus aurantium e altre specie trovano
gli agrumi risente, quindi, negativamente del fenomeno “minera- largo uso nella produzione di piante da
lizzazione” a carico del substrato; per tale ragione, si è diffuso viale, usate tal quali o trapiantate in pieno
l’uso di rinnovare parte del substrato di coltivazione sostituendo campo nell’allestimento di ville e giardini
e integrando una parte del pane di terra; è tuttavia indispensabile
un buon impianto di fertirrigazione altamente informatizzato, in
grado di trasmettere in tempo reale dati di umidità e conducibilità
del substrato e, se necessario, dare un segnale per l’intervento di
modulazione.
Per quanto attiene alla tipologia di substrato, le miscele ottimali
presentano un equilibrato rapporto C/N e un’adeguata capacità
di ritenzione idrica, caratteristiche indispensabili per una corretta
gestione in vivaio, sia della nutrizione minerale sia di quella idrica.
La qualità dell’acqua aziendale dovrà essere nota e periodica-
mente monitorata, in quanto assume rilevanza nella composizio-
ne delle soluzioni nutritive standard per le diverse fasi fenologiche.
Lo stesso dicasi per la composizione chimica dell’acqua, per le
inevitabili relazioni tra essa e l’apporto dei sali e dell’acido nitrico
per l’ottenimento delle soluzioni nutritive. Le piante di agrumi, in-
fatti, si caratterizzano per una fortissima suscettibilità alla salinità
della soluzione nutritiva; a prescindere dal diverso rapporto tra gli
elementi minerali, i valori ottimali di conducibilità delle soluzioni Chioma equilibrata di calamondino
che evidenzia una netta differenziazione
nutritive dovrebbero oscillare tra 1500 e 1800 µmhos/cm. Quando tra la parte in accrescimento vegetativo
la conducibilità elettrica (EC, Electric Conductivity) dell’acqua su- e la fruttificazione
pera il valore di 500-600 µmhos/cm è opportuno intervenire con

421
ricerca

un adeguato trattamento di osmosi inversa o similare, per elimi-


nare gli elementi dannosi o in eccesso, riuscendo peraltro a utiliz-
zare l’acqua con tale conducibilità, così com’è o acidulata, tutte le
volte che la conducibilità del substrato dovesse superare i 1800-
2000 µmhos/cm. Per tutte queste evidenze, in una corretta attivi-
tà vivaistica l’EC della soluzione nutritiva in corso di utilizzazione
viene monitorata in tempo reale e continuativamente da un buon
impianto di fertirrigazione collegato a un adeguato software.
Nella coltivazione delle piante di agrumi in vaso per finalità orna-
mentali è assolutamente indispensabile operare nel rispetto delle
due fasi fisiologiche più importanti, quella vegetativa e quella ri-
produttiva, il cui andamento è in grado di modificare sensibilmente
la qualità finale della pianta. In tale corrispondenza, sono stati ela-
borati, con l’esperienza di vivaio e il supporto della ricerca scien-
tifica, diversi protocolli in relazione alle esigenze specifiche. Tali
protocolli sono oggi abbastanza generalizzabili per tutto il genere
Citrus, che non evidenzia grande variabilità in termini di esigenze
Fruttificazione di limone “Zagara bianca” e consumi. Un po’ diverso è l’approccio al genere Fortunella.
Per favorire l’induzione a fiore delle gemme vengono spesso pro-
poste, ancorché in via sperimentale, sostanze ormonali ad azione
brachizzante; esse, tuttavia, oltre a non essere sempre efficaci e
ad avere un’azione non sempre univoca, negli agrumi hanno un
lento effetto, che perdura nel tempo e che spesso influenza nega-
tivamente la fase vegetativa essenziale nel finissaggio della pian-
ta, compromettendo anche un congruo ingrossamento del frutto.
La fertirrigazione oggi viene effettuata quasi esclusivamente con
sistemi localizzati, vaso per vaso; il numero e la durata degli in-
terventi variano certamente a seconda del volume del vaso, delle
condizioni ambientali, del substrato nonché dello stadio fenologi-
co della pianta. È ormai sempre più frequente l’ausilio di sistemi
informatizzati in grado di gestire intere serre di coltivazione con
specifiche programmazioni che tengano conto delle particolari
condizioni ed esigenze del materiale vegetale, in modo da poter
opportunamente differenziare le cure colturali.

Gli ambienti
Se è vero che la produzione vivaistica di agrumi, nelle aree rivie-
rasche dei Paesi del Mediterraneo della fascia subtropicale, può
essere gestita anche in pien’aria, nel caso specifico degli agrumi
ornamentali, trattandosi di produzioni di alto pregio in cui unifor-
mità della chioma e assenza di evidenti difetti estetici sono para-
metri di qualità finale, i vivai specializzati effettuano il ciclo pro-
duttivo sotto coperture di diverso tipo. Fermo restando l’obiettivo
di protezione fisica delle piante, adottando specifiche coperture
è possibile governare meglio la stagione fredda, ancorché senza
Piante autoradicate dopo 20 giorni dal riscaldamento artificiale, in modo da consentire una migliore ge-
trasferimento in serra di acclimatazione stione dell’accrescimento delle piante e della successiva fase di
germogliamento e fioritura.

422
agrumi ornamentali

Gli apprestamenti protettivi di maggiore diffusione fanno capo a


due diverse tipologie: rete antigrandine fissa e film plastico per la
stagione più fredda, parzialmente rimovibile meccanicamente o
manualmente.
Altrettanto importante è il suolo su cui poggiano i vasi all’interno
della serra; senza opportuni accorgimenti, infatti, esso può essere
fonte di trasmissione di malattie a carico dell’apparato radicale.
Per tale ragione, il piano di terra su cui poggiano i vasi viene iso-
lato: il terreno agrario, dopo essere stato livellato imponendo una
leggera pendenza ben distribuita, viene coperto da teli di plastica
con i lembi sovrapposti e al di sopra viene disposto un telo di
tipo tessuto-non tessuto e, infine, 5-8 cm di pietrisco di media
granulometria sul quale poggiano i vasi. Va detto, infine, che al-
cune aziende estremamente specializzate hanno già optato per
impianti vivaistici su battuto di cemento che, per quanto di bassa
sostenibilità ambientale, rappresentano un’innovazione per una
gestione più accurata senza alcun condizionamento pedologico
e sanitario. Frutto di Citrus aurantium “Foetifera”,
un arancio amaro caratterizzato da
I genotipi, le forme e i colori alterazione nella morfologia del frutto
L’agrumicoltura ornamentale è legata a diverse specie del genere
Citrus e Fortunella, con diverse cultivar e accessioni, che forni-
scono buona parte del patrimonio genetico che oggi risulta mag- Fruttificazione di limone Lunario. Questa
giormente utilizzato nel comparto. cultivar, certamente la più diffusa in quanto
La maggior parte delle piante complessivamente prodotte in que- molto apprezzata dal consumatore,
sto settore appartiene al genere Citrus e in particolare alla specie presenta caratteristiche di alta efficienza
nella produzione in vivaio e nella successiva
commercializzazione

423
ricerca

limon; di esso la cultivar più rappresentata è la Lunario. La sua


specifica rifiorenza, la forma del frutto allungata, l’elevata forza di
resistenza al distacco che conferisce al frutto una sostanziale per-
sistenza sulla pianta, la colorazione verde intenso della chioma
sono tutte caratteristiche che hanno contribuito ad accrescerne la
diffusione e l’apprezzamento da parte del consumatore.
Sono diverse le accessioni e cultivar utilizzate dai vivaisti per la
produzione di piante con peculiari attrattività. Domina eviden-
temente l’appariscenza del frutto, per forma, colore o anomalie
morfologiche che creano curiosità e, conseguentemente, richie-
sta commerciale. È il caso del Citrus medica var. Sarcodactylis,
comunemente denominato “Mano di Buddha” che attrae sem-
pre un vasto pubblico di consumatori per le peculiari forme del
frutto, anche se manifesta carenze nella qualità della chioma e
specifiche sensibilità entomologiche. Non mancano le molteplici
forme, colori e morfologie fogliari nell’ambito della grande fami-
glia dell’arancio amaro, dei limoni, del bergamotto, del chinotto,
Le anomalie morfologiche dei frutti sono tra delle lime, dell’arancio dolce, del mandarino, dei limoni cedrati
le principali attrattività per il consumatore, ecc. che sono sempre presenti, sia pure in quantità e disponibi-
anche se spesso non corrispondono a
un’elevata qualità e durata dell’intera lità più limitate, nelle grandi forniture dei vivai a gestione indu-
pianta. È il caso del “Mano di Buddha”, striale.
una tipologia di cedro che suscita grande Anche il calamondino (Citrus mitis) è una specie considerata in-
curiosità e apprezzamento teressante, sebbene oggi la produzione sia limitata a piante di
ridotte dimensioni e in vaso piccolo (Ø 14-15).
Rilevante è la quota di produzione riservata alle specie del genere
Fortunella; i kumquat, come spesso vengono accomunati, sono
particolarmente apprezzati per l’abbondanza della fioritura e della
fruttificazione, ben equilibrata e persistente. Tra essi abbastanza
diffusi sono F. hindsii, F. obovata e F. margarita, che si divido-
no equamente la parte di produzione ad essi riservata. La specie
hindsii è apprezzata per la precocità della maturazione dei piccoli
frutti, mentre la specie margarita, la più diffusa, è nota per le ab-
bondanti e caratteristiche fruttificazioni primaverili.
Molto diffuso è anche l’uso di Citrus aurantium, soprattutto con
accessioni che presentano forme e colorazioni di frutto, morfolo-
gia fogliare o comportamento vegetativo sostanzialmente diversi
da quello standard. L’arancio amaro, peraltro, spesso con piante
propagate per seme, è stato molto utilizzato nelle alberature stra-
dali e negli ornamenti di viali e di ville soprattutto per via delle in-
tense colorazioni della vegetazione e dei frutti e in considerazione
anche della forte resistenza al distacco peduncolare che rende la
fruttificazione molto persistente. Lo sviluppo, come accennato,
della produzione di piante da viale ha reso disponibile, anche per
Fruttificazioni di Fortunella margarita, tali finalità, una serie di genotipi che fanno riferimento sia al gene-
specie di grande interesse per la sua
plasticità di adattamento nella produzione
re Citrus sia al genere Fortunella, che hanno molto diversificato la
di piante in vaso, con fruttificazione gamma di piante oggi in commercializzazione.
abbondante a febbraio o a maggio Con il crescere dell’importanza del settore, alcune istituzioni di
ricerca nazionali hanno attivato progetti di miglioramento geneti-

424
agrumi ornamentali

co finalizzati a diversificare la forma del frutto, la morfologia della


pianta, i colori e il profumo. Alcuni di essi sono entrati a far parte
delle ordinarie produzioni vivaistiche, sia pure limitatamente, co-
me per esempio il Limone Rosso ISA e l’ibrido Reale (clementine Attività di ricerca scientifica
Monreal x F. hindsii) derivati da attività di ricerca del CRA-ACM e produzione vivaistica
di Acireale. Sono attualmente in valutazione, invece, alcuni ibri-
di che derivano prevalentemente da incroci interspecifici, in certi • I rapporti tra comunità scientifica
e vivaismo agrumicolo ornamentale
casi anche a ploidia diversa, quasi tutti derivati dal limone e che
sono stati alla base della crescita
in fase preliminare hanno manifestato interessanti caratteristiche
del settore; le istituzioni scientifiche
migliorative rispetto al più diffuso Lunario.
(CNR, CRA, università) hanno seguito
Per quanto concerne il portinnesto, quando ritenuto indispensa-
con interesse l’evoluzione del settore
bile in alternativa alla produzione di piante franche di piede, la
attivando linee di ricerca specifiche
scelta più diffusa ricade sul C. volkameriana o su Alemow (C. ma-
che hanno migliorato le tecniche di
crophylla); in casi più limitati trovano uso anche i citrange.
coltivazione e di propagazione, nonché
Le piante di agrumi per uso ornamentale si prestano a una molte-
di gestione delle piante, l’ampliamento
plice varietà di forme di allevamento: non vi è dubbio che la forma
del quadro varietale e l’individuazione
più diffusa è quella ad alberello con la chioma a globo, con un vo-
dei punti di forza e di debolezza del
lume variabile in funzione dell’altezza del fusto e della dimensione
comparto: qualità, costi, tecnologie
del vaso. Le piante così allevate sono quelle che vengono prodot-
e strategie commerciali
te in maggiore quantità e in linea industriale ad alta specializza-
zione e che, contestualmente, trovano larga diffusione nei mercati • Attraverso progetti di miglioramento
del Nord Europa e in diversi Paesi extracomunitari. Esiste poi una genetico si sono resi disponibili diversi
vastissima gamma di forme: le piramidi, le conche di grandi di- genotipi di nuova costituzione e sono
mensioni, aperte o chiuse, spesso costituite da genotipi apparte- state riconsiderate le antiche collezioni
nenti a specie diverse, e le spalliere di varia dimensione con una allo scopo di selezionare ecotipi con
o più piante. Tutte queste forme possono avere altezza variabile caratteristiche di particolare attrattività
ma non superiore a 2 m, limite posto dai sistemi di trasporto or- • L’approfondimento tecnico sui sistemi
di propagazione e sulla nutrizione
minerale e la messa a punto di nuove
biotecnologie per il risanamento
da virus e viroidi hanno contribuito
a migliorare l’uniformità e la qualità
della produzione
• La ricerca in atto in Sicilia cerca
di dare ai vivaisti nuovi strumenti per
la risoluzione delle problematiche
connesse al controllo del virus della
tristeza. Crescono inoltre sistemi
di ricerca pubblico-privato dai quali
ci si attendono risultati utili per
incentivare la crescita della produzione
industriale di agrumi ornamentali, con
un incremento annuale stimato in Italia
che sfiora il 20%

Fruttificazione di Citrus grandis “Pyriformis”

425
ricerca

dinario. Va da sé che queste particolari tipologie rappresentano


una piccolissima parte della produzione delle piante ornamentali
di agrumi. In alcuni casi, soprattutto nel Nord Italia, piante di tale
forgia e pregio adornano i giardini delle ville private per poi essere
nuovamente ricoverate presso i vivai durante la stagione fredda,
quando in pien’aria potrebbero essere danneggiate dalle basse
temperature.

Considerazioni conclusive
La floricoltura è una branca dell’agricoltura intensiva che si di-
stingue per cicli di produzione più brevi di altre colture protette;
essendo caratterizzata da investimenti notevoli, è tra le poche
attività agricole che si prestano a essere condotte con modelli
industriali. Il complesso mondo del vivaismo ornamentale legato
alle piante di agrumi si avvia sempre più verso un sistema di pro-
duzione industriale di consolidata tecnologia. Le numerose azien-
de, singole o associate, che hanno contribuito alla crescita e allo
sviluppo di un settore economico di tale importanza sono oggi
proiettate verso nuovi mercati anche molto lontani dalle zone di
produzione, ma molto recettivi. La logistica dei trasporti è sempre
in fase evolutiva anche in termini di miglioramento dell’efficienza
delle rispettive combinazioni; è auspicabile, peraltro, che anche
Piante di limone in vaso Ø 20 già disposte nel settore florovivaistico si registri un deciso orientamento a fa-
su carrello e pronte per
la commercializzazione vore di trasporti più sostenibili dal punto di vista ambientale ed
economico.
Il contemporaneo adeguamento della logistica della commercia-
Citrus aurantium “Crispifolia”. Alcune
stabili alterazioni nella morfologia fogliare lizzazione e l’impegno verso la massimizzazione della qualità e
hanno reso interessanti alcuni genotipi l’omogeneità del prodotto, non disgiunta dal contenimento del
che suscitano un discreto apprezzamento
al consumo

426
agrumi ornamentali

costo unitario del prodotto, sono tutti fattori che contribuiscono


sensibilmente all’industrializzazione dell’attività produttiva.
È auspicabile che i risultati dell’attività di ricerca in corso e il mi-
glioramento dei trasporti siano sufficienti a industrializzare, sem-
pre più, l’attività produttiva degli agrumi ornamentali. Per raggiun-
gere tale obiettivo, un contributo sostanziale è stato offerto dalle
moderne tecniche di propagazione per talea e innesto-talea che,
oltre a permettere una maggiore uniformità del prodotto, riduce
sensibilmente i tempi di produzione e di conseguenza la perma-
nenza in vivaio. Esse, ampiamente descritte, sono oggetto di
collaudo da parte di vivaisti pionieri in un’attività sperimentale di
sviluppo pre-competitivo che coinvolge vivaisti ed enti di ricerca
in univocità di intenti e obiettivi.
In tale contesto, come in diversi altri, infatti, il miglioramento del
settore nasce e si sviluppa sulla continua convergenza di intenti Piante di calamondino in vaso Ø 14 già
tra imprese e ricercatori impegnati nel settore. L’affinamento delle disposte su carrello e pronte per
tecniche di propagazione, ma anche gli aspetti di nutrizione idrica la commercializzazione
e minerale spesso correlati ai singoli genotipi o alle singole com-
binazioni di innesto, unitamente a tutto ciò che è relativo alla scel-
ta del substrato e al dimensionamento del contenitore, sono tutti
aspetti che sviluppano esigenze di approfondimenti che possono
essere rapidi se perseguiti con l’apporto di tutte le componenti
impegnate nel settore.
Va comunque ribadito che le tecniche di produzione e di gestione
descritte nei paragrafi precedenti sono riconducibili ad ambienti
costieri mediterranei, a clima tropicale o subtropicale, e pertanto
non sempre generalizzabili in altre aree, ancorché idonee all’agru-
micoltura.
Fruttificazione di Citrus bergamia
“Castagnaro”

427
gli agrumi ricerca
Portinnesti
Eugenio Tribulato

www.colturaecultura.it
Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l.

Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l.

I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono


riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono
state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da
agenzie fotografiche.

Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 -


97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106
- 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in
alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465
(in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 -
558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).
ricerca

Portinnesti

Caratteristiche richieste Come per le altre colture arboree da frutto, il successo dell’agru-
meto dipende molto dalla combinazione portinnesto-varietà; la
al portinnesto
scelta sbagliata di uno dei due comporta un danno economico
• Poliembrionia all’azienda. L’esperienza insegna che occorrono diversi anni per
verificare se sono state fatte scelte giuste, tenendo conto anche
• Affinità d’innesto della natura dell’ambiente: terreno e clima.
• Produzione del nesto elevata Il primo aspetto da considerare è l’affinità tra i due individui che
e di qualità buona vengono “accoppiati”. Con affinità si intende un’unione efficiente
• Precocità di messa a frutto e duratura. Negli agrumi sono pochi i casi di disaffinità dal punto
di vista anatomico, mentre molto più grave è la reazione (o me-
• Tolleranza al CTV glio suscettibilità) della combinazione di innesto agli attacchi di
• Tolleranza ai sali patogeni, in particolare il virus della tristeza (CTV, Citrus Tristeza
• Tolleranza al calcare Virus). I portinnesti finora disponibili per gli agrumi hanno seri li-
miti di adattamento alle condizioni non favorevoli sotto i profili
• Tolleranza al marciume radicale bioagronomico e fitosanitario. Non esiste, pertanto, un portinne-
e alla gommosi del colletto
sto universale. Ovviamente, in terreni con buone caratteristiche
fisiche e chimiche tutti i portinnesti svolgono bene il loro lavoro;
i risultati cambiano quando l’ambiente presenta fattori limitanti:
calcare, salinità, elevata umidità ecc. Pertanto, una conoscenza
approfondita del profilo del portinnesto da scegliere e l’esperien-
za acquisita nello specifico ambiente sono determinanti per il ri-
sultato economico dell’agrumeto.
Arancio Tarocco su arancio amaro.
Diametro del tronco: 40 cm

428
portinnesti

La propagazione dei portinnesti degli agrumi avviene quasi sem-


pre per seme che, essendo poliembrionico, assicura la massima
uniformità dei semenzali e, quindi, delle piante innestate.

Nel passato
Fino alla prima metà del XIX secolo le piante di arancio dolce
erano ottenute direttamente dai semi, franche di piede (dette un
tempo piante di ariddu), che per la poliembrionia riproducevano i
caratteri della pianta madre. L’arancio dolce era utilizzato anche
come portinnesto di altre specie agrumicole. Il suo abbandono è
stato determinato dalla sua suscettibilità al marciume radicale e
alla gommosi del colletto da Phytophthorae. Man mano che gli
agrumi venivano coltivati anche in terreni meno ricchi di sabbia,
con maggiore percentuale di limo e argilla, la moria delle piante
su arancio dolce aumentava sensibilmente. Lo stesso fenomeno
avveniva nei limoneti poiché le piante venivano propagate sia per
seme sia per talea di limone.
L’arancio amaro o melangolo (Citrus aurantium), noto da tempo
immemorabile nel bacino del Mediterraneo, costituì l’alternativa
all’arancio dolce per la sua tolleranza al marciume radicale. Pertan-
to questa specie divenne il portinnesto più impiegato nel mondo,
mentre prima era apprezzato per la marmellata ottenuta con i suoi Arancio amaro da Risso e Poiteau
frutti e per le alberate delle città secondo una tradizione araba. È
un portinnesto che possiede numerosi aspetti positivi, capace di
Arancio amaro

429
ricerca

tollerare condizioni di terreno non favorevoli come calcare, salinità,


umidità elevata; inoltre conferisce al nesto una produttività quan-
titativamente e qualitativamente di buon livello. L’arancio amaro è
stato considerato il migliore portinnesto degli agrumi prima della
diffusione del CTV; la sua suscettibilità a questo virus ha costret-
to il mondo agrumicolo al suo abbandono. In combinazione con
arancio dolce, pompelmo e mandarino-simili è soggetto alla virosi;
si salva solo quando è innestato con il limone.

Nel presente
I successori dell’arancio amaro sono diversi soggetti, dei quali i più
diffusi nell’area mediterranea risultano i citrange ibridi tra arancio
dolce e poncirus (Citrus sinensis × Poncirus trifoliata); i più noti sono
il Troyer e il Carrizo, costituiti nel 1909 in California con l’obiettivo
di ottenere piante di arancio più resistenti alle basse temperature.
Mentre i loro frutti non sono idonei al consumo, ottengono grande
diffusione per la loro tolleranza alla tristeza. Prima della diffusione
del CTV i citrange erano utilizzati nei reimpianti, in successione
all’arancio amaro, al fine di superare la sindrome della stanchezza
del terreno che si instaura quando non si sostituisce il portinne-
Citrange Carrizo sto. Oggi il Carrizo viene preferito al Troyer per la sua maggiore
tolleranza ai nematodi. Al primo si attribuisce anche una maggiore
produttività del nesto. Comunque, entrambi inducono elevata qua-
lità dei frutti e, per le arance pigmentate, contenuti di antocianine
maggiori dell’arancio amaro. Tuttavia, rispetto a quest’ultimo i ci-
trange sono più sensibili al calcare e ai sali.
Un citrange di successiva costituzione è il C35 che ha la prero-
gativa di indurre alla pianta una dimensione più ridotta, circa un
Arancio Sanguinello su citrange Troyer

430
portinnesti

Mandarino Primosole su arancio amaro

quarto di quella delle piante sui due precedenti citrange. Il C35 è


un ibrido tra un arancio a polpa rossa e il poncirus, costituito in
California e rilasciato nel 1987. È un soggetto interessante, ma Poncirus Flying Dragon
l’alta sensibilità al calcare ne limita la diffusione.
Il poncirus, noto anche come arancio trifogliato, ha un profilo
bioagronomico molto interessante per cui è molto diffuso in Cina
e Giappone. È un agrume a foglia caduca, carattere che indu-
ce tolleranza alle basse temperature e che si trasmette anche al

Citrumelo Swingle
Piantine di citrange Carrizo in vivaio

431
ricerca

nesto. Le piante con questo soggetto danno un prodotto quanti-


tativamente e qualitativamente elevato. È tollerante al marciume
radicale e ciò lo rende più indicato di ogni altro portinnesto per gli
impianti in terreni soggetti a eccessi di umidità. Per contro, non
tollera i terreni calcarei e quelli contenenti anche modeste quanti-
tà di sali, aspetto che riduce notevolmente, sia in Italia sia in altri
paesi, la possibilità del suo impiego.
Del poncirus esistono diverse selezioni, distinte per la grandezza
dei fiori: a fiore grande e a fiore piccolo. Un tempo si riteneva che
le selezioni a fiore piccolo determinassero una riduzione della taglia
degli alberi; in realtà questo risultato si ottiene con il Flying Dragon
[Poncirus trifoliata var. monstruosa (T. Ito) Swingle], che si carat-
terizza per i rami e le spine curvilinei da cui deriva il nome “drago
volante”. Il suo comportamento bioagronomico è simile a quello del
poncirus, eccettuata la notevole riduzione della taglia delle piante
(oltre il 50%), sicché si può impiegare per impianti ad alta densità.
I citrumeli sono ibridi tra pompelmi e poncirus (Citrus paradisi ×
Poncirus trifoliata). Il più noto è lo Swingle (CES4475), mentre altri
ibridi sono Sacaton, CES1452. Sono soggetti molto vigorosi che
Alemow inducono al nesto quantità e qualità di frutta elevate. Lo Swingle
è resistente al freddo e alle Phytophthorae. La sua diffusione tut-
tavia è proponibile soltanto nei terreni con basso contenuto di
calcio, perché è soggetto alla clorosi ferrica più del citrange.
L’Alemow (Citrus macrophylla), originario dell’isola di Cebu, nelle
Filippine, presenta caratteristiche della pianta e del frutto che ri-
Piantine di Alemow in vivaio

432
portinnesti

chiamano quelle del limone. Mediante marcatori molecolari è sta-


to accertato, da Nicolosi et al., che si tratta di un ibrido tra cedro
e Citrus micrantha. Sebbene un tempo sia stato proposto anche
come soggetto del clementine, perché consentiva una produzione
notevolmente maggiore di altri portinnesti, la sua suscettibilità al
CTV oggi ne restringe l’impiego soltanto al limone, cui conferisce
rapida entrata in produzione, buona affinità e vigore, quantità di
frutti certamente maggiore di quella ottenibile su soggetto aran-
cio amaro. Un aspetto positivo dell’alemow è anche la tolleranza
al calcare e alla salinità del terreno. Il suo punto debole è la sua
suscettibilità alla xiloporosi, oltre che al CTV.
Oltre a quelli precedentemente descritti nei diversi paesi agrumi-
coli sono stati utilizzati (e in parte lo sono tuttora) numerosi altri
portinnesti, alcuni dei quali valutati e proposti dalle istituzioni di
ricerca, altri in base all’esperienza locale.
Il mandarino Cleopatra (Citrus reshni Hort. ex Tan.), originario
dell’India, è marginalmente utilizzato in alcuni paesi del Mediter-
raneo. Ha un buona tolleranza ai sali e al calcare. Gli si attribuisce
una fruttificazione irregolare, sebbene la qualità sia buona. Il limite
principale di questo soggetto è la sua sensibilità alla gommosi del Mandarino Cleopatra
colletto e al marciume radicale.
Il limone Volkameriano (Citrus volkameriana Pasq.) è un ibrido
tra arancio amaro e cedro, stando a quanto accertato da Nicolosi
et al. Fondamentalmente è stato proposto come portinnesto del
limone, cui conferisce precoce messa a frutto e alta produttività.

Pianta di mandarino Cleopatra

433
ricerca

Portinnesti e principali malattie da virus e da viroidi


Portinnesti CTV Exocortite Xiloporosi
Arancio amaro suscettibile tollerante tollerante
Citrange Troyer tollerante suscettibile tollerante
Citrange Carrizo tollerante suscettibile tollerante
Citrumelo tollerante tollerante tollerante
Poncirus tollerante suscettibile tollerante
Alemow suscettibile tollerante suscettibile

Quando viene innestato con arancio, pompelmo e mandarino-


simili il vigore della pianta è notevole ma la qualità dei frutti non è
soddisfacente. Essendo soggetto alla gommosi del colletto, non
è proponibile nei terreni con livelli elevati di umidità.
Tra i portinnesti richiamati dalla letteratura mondiale ricordiamo la
lima dolce di Palestina e la lima di Rangpur, nonché generi diversi
dai Citrus, come Severinia, Microcitrus, Citropsis, Eremocitrus e
altri, che sono stati saggiati principalmente per ottenere piante di
taglia ridotta (effetto nanizzante).
Limone Volkameriano da Risso e Poiteau Nel futuro
Come precedentemente detto, non esiste ancora un portinnesto
universale che si adatti alle diverse condizioni in cui si coltivano gli
agrumi nel mondo. Come per il miglioramento genetico delle va-
rietà, anche per i portinnesti la ricerca non ha raggiunto traguardi
definitivi, ma punta a ottenere nuovi soggetti con caratteristiche
sempre meglio rispondenti alle esigenze del comparto. Pertanto,
si riportano alcuni risultati di ricerche svolte in California, Spagna
e Italia.
L’Università della California nel 2008 ha rilasciato tre ibridi, Bitters,
Carpenter e Furr, ottenuti da incroci tra mandarino Sunki (Citrus
sunki Hort. ex Tan.) e Poncirus trifoliata.
Le piante innestate su Bitters hanno una taglia ridotta, producono
frutti di buona qualità e in quantità e presentano un eccellente
comportamento nei terreni calcarei. Carpenter e Furr comporta-
no uno sviluppo medio delle piante, tolleranza al calcare e alle
Phytophthorae.
In Spagna dall’IVIA sono stati costituiti due ibridi: Forner-Alcai-
de n. 5 e Forner-Alcaide n. 418. Il primo deriva dall’incrocio del
mandarino Cleopatra con il poncirus, il secondo dall’incrocio del
citrange Troyer con il mandarino comune. Sotto il profilo agrono-
mico, Forner-Alcaide n. 5 presenta tolleranza al calcare, ai sali e
all’asfissia radicale, ed è considerato seminanizzante. Il Forner-
Alcaide n. 418, cui è attribuita pure tolleranza al calcare e ai sali, è
Lima di Palestina un soggetto idoneo per gli impianti ad alta densità essendo parti-
colarmente nanizzante.

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portinnesti

In Italia nel 1969 dal CRA-ACM di Acireale è stata avviata una


ricerca con l’obiettivo di costituire nuovi portinnesti impiegando
il Citrus latipes (Swing.) come genitore femminile e il poncirus,
l’arancio amaro e il limone Volkameriano come genitori maschili.
Nello studio del comportamento produttivo degli ibridi ottenuti si
sono distinti finora tre ibridi tra C. latipes e poncirus, che lasciano
sperare in un impiego futuro; essi sono contraddistinti dalle sigle
F5P12, F6P12 e F6P13.
Etna, agrumi e cicogna

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