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Didattica Universale Italiano Per Le Classi 1 2 3

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IL LIBRO

Didattica
D I D AT T I C A U N I V E R S A L E

Italiano per le classi 1-2-3


Didattica universale I I. Sciapeconi, E. Pigliapoco e R&S
Il concetto di inclusione, specie nel contesto scolastico IN QUESTO VOLUME
italiano, è legato al mondo della gestione della classe di
alunni e alunne con Bisogni Educativi Speciali o disabilità, Classe prima

universale
al fine quindi di rispondere a bisogni specifici di alcuni. 1. Ascoltare e prendere la parola per esprimersi; 2. Leggere e scrivere
parole e frasi; 3. Riflettere sulle parole e arricchire il lessico
La dimensione universale della didattica Classe seconda
propone un superamento di questa logica e si 1. Scrivere un testo per comunicare; 2. Leggere un testo a voce alta;

Italiano
pone al contrario come azione programmatica 3. Riflettere sulle parole e arricchire il lessico
per pianificare un percorso di apprendimento Classe terza
significativo, realmente inclusivo e fondato 1. Scrivere un testo creativo; 2. Leggere per comprendere ed esporre;
sulle caratteristiche del gruppo a cui si rivolge. 3. Riflettere sulle parole e arricchire il lessico

In quest’ottica la serie «Didattica universale» propone guide


didattiche disciplinari che incentivano l’innovazione inclusiva,
mediante una progettazione mirata al raggiungimento
CLASSE PRIMA TRAGUARDO
1
Presentazione Progettazione
Attivazione UDL
1
UDL
2
UDL
3
Compito di
realtà finale
per le classi
1-2-3
TRAGUARDO 1 SVILUPPO UDL 2: Giochiamo con i suoni e le parole
Ascoltare e prendere la parola
per esprimersi
L’attivazione basata sulla routine dell’appello ha già proposto alla classe alcuni
semplici giochi di tipo fonologico. I bambini hanno iniziato a isolare all’interno

di traguardi chiave e unità di lavoro capaci di sviluppare


ATTIVAZIONE: L’appello attivo p. 56 delle parole i primi suoni e, a partire da questa prima conquista, sono stati coin-
volti in semplici attività.
SVILUPPO UDL 1: Presentiamoci! p. 61 In questo secondo traguardo, ampliamo la casistica dei giochi da proporre e cer-
chiamo di affinare sempre più la capacità di discriminare i suoni all’interno delle
SVILUPPO UDL 2: Giochiamo con i suoni e le parole p. 65 frasi e delle parole.

apprendimento e partecipazione in tutto il gruppo classe. SVILUPPO UDL 3: Le nostre emozioni

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Vi presento un amico o un’amica


p. 71

p. 76
Competenze coinvolte
 Riconoscere e classificare parole su base fonologica e semantica.
 Partecipare a giochi linguistici.

Ogni volume è strutturato in tre sezioni principali:


Tempi
TRAGUARDO 2
Complessivamente, si può destinare circa un’ora al giorno alle attività di
Leggere e scrivere parole e frasi
seguito descritte. L’indicazione di massima è variare spesso e basarsi princi-
palmente sui segnali di attenzione/disattenzione che la classe manda.

• sezione 1: introduzione al concetto di didattica universale


ATTIVAZIONE: L’aula insegna p. 89
Materiali necessari
Carta e pennarelli colorati per scrivere lettere, sillabe e parole.
SVILUPPO UDL 1: Le vocali p. 92

SVILUPPO UDL 2: Le consonanti p. 100

e spiegazione del modello di riferimento; SVILUPPO UDL 3: Doppie in gioco

SVILUPPO UDL 4: L’officina delle frasi


p. 110

p. 114
Descrizione
Descrizione dell’attività
Per le attività che seguono vale buona parte delle indicazioni fornite per la routine
dell’appello. Proponiamo, cioè, una serie di giochi e piste operative piuttosto brevi,
da presentare tutti i giorni e da alternare con una certa frequenza.

• sezione 2: indicazioni trasversali per una pianificazione


Il lavoro dei bambini e delle bambine, nel periodo iniziale della classe prima, è
COMPITO DI REALTÀ FINALE: La mostra degli animali fantastici p. 120 prevedibilmente influenzato dai brevi tempi di attenzione.
Per iniziare, si può proporre alla classe la filastrocca riportata di seguito, tratta dal

Programmazione annuale,
volume L’alfabeto con le filastrocche di Patrizia Fiori (Erickson, 2010) e disponibile
TRAGUARDO 3
nelle risorse online.

didattica efficace e inclusiva;


Riflettere sulle parole
e arricchire il lessico Risorse online
C1_T1_UDL2
sch_01
ATTIVAZIONE: Lunedì «Mostra e racconta» p. 132

• sezione 3: programmazione didattica articolata in


SVILUPPO UDL 1: Libera scelta p. 135

SVILUPPO UDL 2: Carte e parole p. 140

traguardi e unità di lavoro per la didattica della disciplina


traguardi e unità di lavoro
SVILUPPO UDL 3: Un caleidoscopio di parole p. 144

SVILUPPO UDL 4: L’alfabeto da correre p. 148

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Costruire un alfabetiere mobile p. 151

nelle diverse classi, con riferimenti alle Indicazioni


Nazionali (MIUR, 2012). Classe prima • 65

Sulla base della programmazione didattica annuale, sarà


possibile attivare le programmazioni specifiche che le
esigenze della classe richiederanno.
Struttura del percorso della
classe prima.
Descrizione dell’attività di
un’unità di lavoro. SCUOLA PRIMARIA
Ivan Sciapeconi, Eva Pigliapoco
Una Guida per «innovare includendo» e Ricerca e Sviluppo Erickson
in modo responsabile e creativo
la didattica delle discipline. GRANDI GUIDE
D I D AT T I C A

GLI AUTORI
I VA N S C I A P ECO N I E VA P I G L I A P O CO
Insegnante di scuola primaria, è autore di guide didattiche, Insegnante di scuola primaria, è autrice di guide didattiche
libri di testo per la primaria e di libri di narrativa per ragazzi. e libri di testo per la primaria. Conduce corsi di formazione
Conduce corsi di formazione sui temi della didattica sui temi della didattica inclusiva, della didattica per
GRAN
inclusiva, della didattica per competenze, della scrittura competenze, della scrittura creativa e del problem solving DI
creativa e del problem solving interdisciplinare. interdisciplinare. GUI
DE
DI
RICERCA E SVILUPPO ERICKSON DAT
Il Team persegue il fine di sviluppare e diffondere TI
competenze, metodologie, strumenti e prodotti derivati CA
sia dalla ricerca scientifica sia dalle migliori prassi e
caratterizzati da qualità, innovazione e pragmaticità.

€ 27,50

MATERIALE ONLINE vai su:


9 788859 028215
https://risorseonline.erickson.it
www.erickson.it
IL LIBRO

Didattica
D I D AT T I C A U N I V E R S A L E

Italiano per le classi 1-2-3


Didattica universale I I. Sciapeconi, E. Pigliapoco e R&S
Il concetto di inclusione, specie nel contesto scolastico IN QUESTO VOLUME
italiano, è legato al mondo della gestione della classe di
alunni e alunne con Bisogni Educativi Speciali o disabilità, Classe prima

universale
al fine quindi di rispondere a bisogni specifici di alcuni. 1. Ascoltare e prendere la parola per esprimersi; 2. Leggere e scrivere
parole e frasi; 3. Riflettere sulle parole e arricchire il lessico
La dimensione universale della didattica Classe seconda
propone un superamento di questa logica e si 1. Scrivere un testo per comunicare; 2. Leggere un testo a voce alta;

Italiano
pone al contrario come azione programmatica 3. Riflettere sulle parole e arricchire il lessico
per pianificare un percorso di apprendimento Classe terza
significativo, realmente inclusivo e fondato 1. Scrivere un testo creativo; 2. Leggere per comprendere ed esporre;
sulle caratteristiche del gruppo a cui si rivolge. 3. Riflettere sulle parole e arricchire il lessico

In quest’ottica la serie «Didattica universale» propone guide


didattiche disciplinari che incentivano l’innovazione inclusiva,
mediante una progettazione mirata al raggiungimento
CLASSE PRIMA TRAGUARDO
1
Presentazione Progettazione
Attivazione UDL
1
UDL
2
UDL
3
Compito di
realtà finale
per le classi
1-2-3
TRAGUARDO 1 SVILUPPO UDL 2: Giochiamo con i suoni e le parole
Ascoltare e prendere la parola
per esprimersi
L’attivazione basata sulla routine dell’appello ha già proposto alla classe alcuni
semplici giochi di tipo fonologico. I bambini hanno iniziato a isolare all’interno

di traguardi chiave e unità di lavoro capaci di sviluppare


ATTIVAZIONE: L’appello attivo p. 56 delle parole i primi suoni e, a partire da questa prima conquista, sono stati coin-
volti in semplici attività.
SVILUPPO UDL 1: Presentiamoci! p. 61 In questo secondo traguardo, ampliamo la casistica dei giochi da proporre e cer-
chiamo di affinare sempre più la capacità di discriminare i suoni all’interno delle
SVILUPPO UDL 2: Giochiamo con i suoni e le parole p. 65 frasi e delle parole.

apprendimento e partecipazione in tutto il gruppo classe. SVILUPPO UDL 3: Le nostre emozioni

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Vi presento un amico o un’amica


p. 71

p. 76
Competenze coinvolte
 Riconoscere e classificare parole su base fonologica e semantica.
 Partecipare a giochi linguistici.

Ogni volume è strutturato in tre sezioni principali:


Tempi
TRAGUARDO 2
Complessivamente, si può destinare circa un’ora al giorno alle attività di
Leggere e scrivere parole e frasi
seguito descritte. L’indicazione di massima è variare spesso e basarsi princi-
palmente sui segnali di attenzione/disattenzione che la classe manda.

• sezione 1: introduzione al concetto di didattica universale


ATTIVAZIONE: L’aula insegna p. 89
Materiali necessari
Carta e pennarelli colorati per scrivere lettere, sillabe e parole.
SVILUPPO UDL 1: Le vocali p. 92

SVILUPPO UDL 2: Le consonanti p. 100

e spiegazione del modello di riferimento; SVILUPPO UDL 3: Doppie in gioco

SVILUPPO UDL 4: L’officina delle frasi


p. 110

p. 114
Descrizione
Descrizione dell’attività
Per le attività che seguono vale buona parte delle indicazioni fornite per la routine
dell’appello. Proponiamo, cioè, una serie di giochi e piste operative piuttosto brevi,
da presentare tutti i giorni e da alternare con una certa frequenza.

• sezione 2: indicazioni trasversali per una pianificazione


Il lavoro dei bambini e delle bambine, nel periodo iniziale della classe prima, è
COMPITO DI REALTÀ FINALE: La mostra degli animali fantastici p. 120 prevedibilmente influenzato dai brevi tempi di attenzione.
Per iniziare, si può proporre alla classe la filastrocca riportata di seguito, tratta dal

Programmazione annuale,
volume L’alfabeto con le filastrocche di Patrizia Fiori (Erickson, 2010) e disponibile
TRAGUARDO 3
nelle risorse online.

didattica efficace e inclusiva;


Riflettere sulle parole
e arricchire il lessico Risorse online
C1_T1_UDL2
sch_01
ATTIVAZIONE: Lunedì «Mostra e racconta» p. 132

• sezione 3: programmazione didattica articolata in


SVILUPPO UDL 1: Libera scelta p. 135

SVILUPPO UDL 2: Carte e parole p. 140

traguardi e unità di lavoro per la didattica della disciplina


traguardi e unità di lavoro
SVILUPPO UDL 3: Un caleidoscopio di parole p. 144

SVILUPPO UDL 4: L’alfabeto da correre p. 148

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Costruire un alfabetiere mobile p. 151

nelle diverse classi, con riferimenti alle Indicazioni


Nazionali (MIUR, 2012). Classe prima • 65

Sulla base della programmazione didattica annuale, sarà


possibile attivare le programmazioni specifiche che le
esigenze della classe richiederanno.
Struttura del percorso della
classe prima.
Descrizione dell’attività di
un’unità di lavoro. SCUOLA PRIMARIA
Ivan Sciapeconi, Eva Pigliapoco
Una Guida per «innovare includendo» e Ricerca e Sviluppo Erickson
in modo responsabile e creativo
la didattica delle discipline. GRANDI GUIDE
D I D AT T I C A

GLI AUTORI
I VA N S C I A P ECO N I E VA P I G L I A P O CO
Insegnante di scuola primaria, è autore di guide didattiche, Insegnante di scuola primaria, è autrice di guide didattiche
libri di testo per la primaria e di libri di narrativa per ragazzi. e libri di testo per la primaria. Conduce corsi di formazione
Conduce corsi di formazione sui temi della didattica sui temi della didattica inclusiva, della didattica per
GRAN
inclusiva, della didattica per competenze, della scrittura competenze, della scrittura creativa e del problem solving DI
creativa e del problem solving interdisciplinare. interdisciplinare. GUI
DE
DI
RICERCA E SVILUPPO ERICKSON DAT
Il Team persegue il fine di sviluppare e diffondere TI
competenze, metodologie, strumenti e prodotti derivati CA
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INDICE

7 Prefazione La serie «Didattica universale»


31 Introduzione Pianificare l’inclusione

47 Classe prima
49 Traguardo 1 – Ascoltare e prendere la parola per esprimersi
81 Traguardo 2 – Leggere e scrivere parole e frasi
125 Traguardo 3 – Riflettere sulle parole e arricchire il lessico

157 Classe seconda


159 Traguardo 1 – Scrivere un testo per comunicare
197 Traguardo 2 – Leggere un testo a voce alta
223 Traguardo 3 – Riflettere sulle parole e arricchire il lessico

249 Classe terza


251 Traguardo 1 – Scrivere un testo creativo
285 Traguardo 2 – Leggere per comprendere ed esporre
321 Traguardo 3 – Riflettere sulle parole e arricchire il lessico
PREFAZIONE
La serie «Didattica universale»

Francesco Zambotti e Sara Franch, Area Educazione Ricerca e Sviluppo, Erickson

Perché universale? Non bastava inclusiva?

Con il termine universale si intende la didattica capace di pianificare e dirigere la


propria azione educativa nel rispetto di tutte le variabili personali che compongono
la classe e la comunità scolastica. È la didattica di base, generale e disciplinare,
che si rivolge al 100% degli alunni e delle alunne e si costruisce a partire dalle
differenze presenti in classe.
È un passo avanti rispetto al solo concetto di inclusione, che, specie nel contesto
italiano, rimane ancora connotato da un certo grado di specialità, di risposta al
bisogno di alcuni, legato al mondo della gestione della classe in presenza di alunni e
alunne con Bisogni Educativi Speciali o disabilità (e dalle relative Normative nelle
quali è stato appunto inizialmente inserito il concetto di inclusione). Un concetto,
quello di inclusione, che da più fronti inizia a stare stretto nel panorama culturale
italiano (e non). Come scrive Vera Gheno, nel concetto di «inclusività» permane
un limite, uno squilibrio tra chi include e chi è incluso: «sopravvive l’idea che esista
chi ha in qualche modo il potere o il diritto di includere» (Gheno, 2022, p. 54),1
pur nelle migliori intenzioni di accogliere, dare legittimità ed equità di soluzioni.
La dimensione universale della didattica propone quindi un superamento deciso
della logica per cui l’inclusione sia necessaria per rispondere a bisogni specifici di
alcuni, e si pone al contrario come azione programmatica di base, per la scuola in
ogni situazione, per pianificare un percorso di apprendimento significativo, real-
mente inclusivo e fondato sulle caratteristiche del gruppo a cui si rivolge. Come
scrive Ianes, «se vogliamo davvero muoverci verso l’universalità dovremmo essere
ossessionati dallo scoprire, comprendere e valorizzare in ogni modo le differenze
dei nostri alunni» (Canevaro e Ianes, 2021, p. 11).2
In quest’ottica la serie «Didattica universale» è composta da guide didattiche
disciplinari, che incentivino l’innovazione inclusiva, mediante una progettazione
didattica mirata al raggiungimento di traguardi chiave e Unità di lavoro capaci
di sviluppare apprendimento e partecipazione in tutto il gruppo classe, senza
distinzione, nei principali ambiti disciplinari.
È ormai chiaro, infatti, che in ogni ordine e grado di scuola le caratteristiche per-
sonali, sociali e culturali sono talmente varie e variabili, che una didattica rigida,
improntata su una certa tradizionale «normalità», a cui si vanno ad aggiungere mi-
sure specifiche per rispondere ai bisogni di alcuni, non è più sufficiente né efficace.
Ancora Gheno ci spinge in maniera decisa a «smontare l’idea del normocentrismo
che è alla base della nostra società» (Gheno, 2022, p. 61). Pur parlandone in
ambito linguistico e non educativo, questo invito è del tutto estendibile al nostro
contesto scolastico e didattico. Continuare a pensare che esista una norma che
debba essere adattata per rispondere al bisogno di qualcuno, non è il presupposto
per la creazione di un contesto di apprendimento universale e realmente inclusivo.
Dati di ricerca ed evidenze didattiche dimostrano che per affrontare con consape-
volezza e coerenza le sfide quotidiane dell’apprendimento, è necessario innovare
sia le strategie didattiche e gli strumenti, sia le visioni pedagogiche e culturali che

1
Gheno V. (2022), Chiamami così, Trento, Il Margine.
2
Canevaro A. e Ianes D. (2021), Un’altra didattica è possibile, Trento, Erickson.

Prefazione – La serie «Didattica universale» • 7


sottendono l’azione in classe nell’ottica della differenziazione, della flessibilità,
della responsabilità e autonomia personale, utilizzando nella maniera più efficiente
possibile tutte le risorse di cui la scuola dispone, sia all’interno della classe, sia
nell’Istituto, sia nella rete extrascolastica.
Tra queste risorse, le prime utilizzabili in maniera nuova ed efficiente sono quelle
umane, rappresentate sia dal corpo docente curricolare e di sostegno sia dalle
tante figure professionali che operano nella scuola, come educatori professionali,
psicologi scolastici, assistenti all’autonomia e alla comunicazione, senza scordare
il personale ATA che pure può portare un grande contributo allo sviluppo di un
contesto realmente inclusivo.
La didattica universale, inoltre, mette alla base della sua azione un ruolo di pri-
mo piano della comunità classe, del lavoro collaborativo, attivo e costruttivo di
compagni e compagne nel corso dell’attività didattica. Questa è certamente una
delle risorse meno sfruttate a pieno nella scuola italiana, specialmente negli ordini
superiori. È invece un fertile terreno di innovazione inclusiva, nella misura in cui
non ci si limiti a proporre solo metodologie di lavoro di gruppo per fare eseguire
compiti già precostituiti, ma si costruisca giorno per giorno una vera comunità
di apprendimento aperto, basata sulla conoscenza reciproca, sull’aiuto spontaneo,
sull’empatia, sul dialogo e sulla costruzione di un contesto di lavoro collaborativo
e partecipativo.
La serie di guide «Didattica universale» ha quindi la finalità di offrire una pro-
grammazione didattica articolata e flessibile capace di accompagnare nei diversi anni e
per i diversi ambiti disciplinari l’azione didattica, proponendo dei percorsi ampi di
lavoro in cui vi siano grandi possibilità di personalizzazione per i diversi contesti
classe in cui verranno utilizzati.
Ogni volume è strutturato in tre parti principali:
– un’introduzione che illustra il modello di riferimento;
– una sezione con indicazioni trasversali per la creazione di un contesto inclusivo
in classe;
– la descrizione di traguardi, indicazioni di programmazione e Unità di lavoro
per la didattica della disciplina nelle diverse classi, rispetto al modello teorico
proposto.
Grazie alle Unità di lavoro si andranno quindi a creare degli spazi di azione edu-
cativa e didattica in cui sarà più semplice programmare e gestire anche l’utilizzo di
strumenti specifici e piani didattici personalizzati e individualizzati, dal momento che
la caratteristica di base della classe sarà la flessibilità. Sulla base della program-
mazione didattica annuale proposta delle guide, infatti, sarà possibile attivare le
diverse programmazioni specifiche che le esigenze della classe richiederanno.
Tuttavia, la solida base universale della proposta presente nei volumi, garantirà
una migliore gestione anche di queste necessarie programmazioni specifiche.
Valorizzare le caratteristiche di ciascuno, promuovere un insegnamento sensibile
alle differenze, capace di stimolare i diversi stili di insegnamento e di apprendi-
mento creando una comunità coesa in cui le competenze relazionali e disciplinari
si sviluppino per raggiungere i fondamentali traguardi scolastici, è la missione della
serie «Didattica universale». Per innovare la didattica delle discipline in maniera
inclusiva, responsabile e creativa e permettere a ogni insegnante di affrontare con
maggiore sicurezza il lavoro in classe.

8 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


Didattica universale per l’innovazione inclusiva:
il modello di riferimento

Quali dimensioni didattiche attivare e in quali contesti?

I processi didattici di innovazione non possono che essere finalizzati alla costru-
zione di un contesto educativo inclusivo e più in generale di una società più equa
e rispettosa delle differenze.
Questa finalità specifica è certamente una grande sfida, che a volte sentiamo anche
superiore alle nostre forze, di singoli individui impegnati quotidianamente nella
scuola. Certamente sappiamo bene che un contesto inclusivo, con una dirigenza
e un clima scolastico che valorizza e promuove i principi di unicità e inclusività
può essere un grande facilitatore. Tuttavia, ciascuna persona ha un grande potere
di scelta individuale nella programmazione didattica delle proprie attività, e nell’in-
fluenzare il corpo docente e il corpo di professionisti che operano nell’Istituto.
Con questa consapevolezza abbiamo cercato di proporre un modello di didattica
generale che andasse ad aumentare le possibilità di innovazione inclusiva. Que-
sto stesso modello fa da cornice di riferimento al progetto di collaborazione che
Erickson propone assieme a Rizzoli Education per la scuola primaria e secondaria
di primo grado. In questa partnership abbiamo appunto coniato il progetto DAII
(Didattica Aumentata per l’Inclusione e l’Innovazione) e gli stessi principi didattici
sottendono la struttura di questa serie editoriale.
Alla base del modello DAII ci sono due domande chiave:
– «Quali azioni didattiche devo mettere al centro della mia azione come insegnante
per promuovere una didattica disciplinare davvero capace di valorizzare tutte
le differenze che compongono il gruppo classe?»
– «Come organizzare gli spazi e il contesto della mia didattica per far sì che il
gruppo classe possa sfruttare a pieno tutte le potenzialità dei propri componenti
e del territorio in cui si trova a vivere?».
Da queste due domande chiave deriva per l’appunto lo scheletro del modello
didattico sul quale sono costruite queste guide e che ritroverete nelle successive
sezioni e traguardi dell’intera opera. Abbiamo individuato sette dimensioni di-
dattiche chiave per la promozione di una didattica universale:
1. Progettazione didattica
2. Didattica sensibile alle differenze
3. Valutazione, monitoraggio e autovalutazione
4. Crescita dell’autonomia, autodeterminazione e libertà di scelta
5. Crescita della consapevolezza
6. Competenze emotive e cura del gruppo
7. Sviluppo della creatività.
Le sette macro-dimensioni didattiche, che andremo a presentare nel dettaglio in
questa prima sezione, interagiscono con spazi e contesti differenti, che la scuola
non sempre valorizza in pieno:
– lo spazio fisico della scuola, dell’aula e dell’Istituto,
– lo spazio territoriale extrascolastico,
– lo spazio digitale.
I traguardi e le Unità di lavoro che compongono la terza sezione della guida, così
come le indicazioni trasversali sulla creazione di un contesto inclusivo contenute
nella seconda sezione, hanno quindi lo scopo di promuovere un approccio pie-

Prefazione – La serie «Didattica universale» • 9


namente inclusivo attivando quanti più fattori di innovazione sia nelle strategie
didattiche, sia nei materiali, sia nei luoghi nei quali il gruppo classe vive, impara
e socializza.

Progettazione didattica
Didattica sensibile alle differenze
Valutazione, monitoraggio e autovalutazione
Crescita dell’autonomia, autodeterminazione e libertà di scelta
Crescita della consapevolezza
Competenze emotive e cura del gruppo
Sviluppo della creatività

Spazio fisico
dell’Istituto

Spazio territoriale
Spazio digitale extrascolastico

I contesti: basta solo l’aula?

La domanda è retorica, ovviamente, ma quando ci cimentiamo con la program-


mazione disciplinare molto spesso siamo concentrati principalmente sulle com-
petenze specifiche della disciplina, sulle conoscenze e sulle strategie didattiche
principali che vogliamo attivare per raggiungerle. Facciamo più fatica a immaginare
il contesto generale di azione e lo limitiamo in maniera spontanea spesso al solo
spazio fisico della classe, se non addirittura a quello del banco.
Un ragionamento pienamente inclusivo, al contrario, parte da una riflessione sui
contesti che arricchiscono le possibilità di differenziazione didattica e di innova-
zione. Abbiamo già anticipato che lo spazio digitale, lo spazio dell’Istituto e lo spazio
extrascolastico sono i tre terreni che cercheremo di sfruttare al meglio nella nostra
proposta. Pur brevemente, dato che per ciascuno esiste una vasta letteratura spe-
cifica, vorremmo presentare le principali opportunità collegate a ciascuno dei tre.

Lo spazio fisico della scuola: quali gradi di libertà?

Un plesso scolastico ci offre diversi gradi di azione e libertà di scelta a seconda


del contesto professionale in cui ci troviamo a lavorare e della struttura vera
e propria degli edifici. Ci sono scuole molto innovative che da anni riflettono
sull’importanza degli spazi educativi e scuole che invece sono ferme a una rigida
impostazione di trenta-quaranta anni fa. Tuttavia, è assodato che improntare la
propria didattica sulla flessibilità degli spazi porti grandi vantaggi in termini di
attivazione, coinvolgimento, partecipazione e crescita di competenze (Tosi, 2019).3

3
Tosi L. (2019), Fare didattica in spazi flessibili, Firenze, Giunti Scuola.

10 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


Possiamo quindi individuare tre ambiti di ampliamento di opportunità didattiche:
le aule, gli spazi informali, gli spazi esterni.

aule
spazi informali
spazi esterni

Le aule

Senza affrontare qui i temi legati all’allestimento degli spazi, dal punto di vista
strettamente didattico, il lavoro nelle aule scolastiche determina e svela la nostra
impostazione generale. Come indicazione generale, certamente c’è quella di creare
un contesto flessibile, in cui i banchi vengano disposti a seconda delle esigenze
del momento (in maniera cooperativa a isola, a ferro di cavallo per i momenti
dialogici e individuali), riservando, se l’aula lo consente, degli spazi liberi per
il movimento o per momenti informali. Anche gli spazi verticali hanno grande
importanza per documentare attivamente il lavoro dei gruppi, o per utilizzare ma-
teriali che interagiscano con il lavoro nei banchi (ad esempio i materiali della serie
Poster Attivi Erickson). Troppo spesso, infatti, i muri servono solo per mostrare
lavori già finiti, o peggio, per poster generici di case editrici o iniziative culturali.
Il modello «Senza zaino» ha fatto scuola in questo senso, pur sapendo che non
è sempre possibile strutturare i nostri spazi in maniera così articolata, rimane
un punto di riferimento importante per chiunque voglia interrogarsi sul come
utilizzare lo spazio dell’aula in funzione degli alunni e delle alunne (Orsi, 2017).4

Spazi informali

Pur con tutte le limitazioni che spesso l’edilizia scolastica impone agli insegnanti,
la finalità sarebbe quella di pensare i contesti di apprendimento come supporto
alla valorizzazione di diverse modalità di apprendimento e di efficace gestione
di un lavoro differenziato. Per superare questi limiti, tanti esempi di edilizia
scolastica inclusiva ci dimostrano che può essere utile pensare modalità diverse
di gestione degli spazi. L’organizzazione DADA, in cui sono le classi a spostarsi
nei laboratori allestiti, è una pratica qui da noi ritenuta innovativa, ma utilizzata
da decenni nelle scuole statunitensi di ogni ordine e grado. Un’altra strategia è
valorizzare i corridoi in modo che vengano trasformati in spazi di aggregazione
attiva, utilizzati strutturalmente nel corso dell’attività didattica, come spazi di
confronto e collaborazione tra gruppi o per incontri di monitoraggio tra docenti
e alunni e alunne.

4
Orsi M. (2017), A scuola senza zaino, Trento, Erickson.

Prefazione – La serie «Didattica universale» • 11


Spazi esterni

Discorso ancora più radicale andrebbe fatto sugli spazi esterni degli istituti, ves-
sati normalmente da rigidissime interpretazioni della normativa sulla sicurezza.
Le cancellate della scuola delimitano spesso uno spazio esterno che rimane non
pensato per la didattica, ma solo per le pause (pur considerando la pausa come un
momento di non apprendimento, che è un errore non da poco) e per il parcheggio
di biciclette e automobili.
L’idea che il cortile della scuola primaria non sia uno spazio asfaltato, ma uno
spazio a misura di bambine e bambini è ancora considerata rivoluzionaria e
eccezionale, perché di fondo la principale preoccupazione è quella della manu-
tenzione e della spesa correlata a questi spazi. Sebbene sia chiaro che ciascuno di
noi non è completamente responsabile di queste scelte (che anzi spesso ricadono
sull’amministrazione locale), è vero però che l’utilizzo dello spazio esterno ricade
molto sulle scelte che proponiamo come docenti così come le possibili proposte
di modifica o di arredamenti alternativi.
Il fuori mette in gioco tantissimi fattori motivazionali, esperienziali, sociali che
rimangono inespressi nel lavoro al banco. E il primo fuori che possiamo sfruttare
è quello sicuro all’interno dei nostri cancelli, per quanto limitato e disfunzionale
esso sia. È chiaro che se vogliamo muoverci verso l’universalità, il contesto fisico
d’azione deve ampliarsi per mettere in gioco abilità e strategie differenti, altrimenti
ricadiamo nella norma e nell’innovazione di facciata.

L’extrascuola

Paradossalmente si fa sempre più fatica a uscire da scuola e a far entrare il territorio


nelle attività didattiche. Burocrazia, leggi sulla sicurezza, difficoltà nell’attivare
progetti specifici e complicate relazioni scuola-famiglia sembrano minare sempre
più frequentemente la possibilità di utilizzare il tessuto sociale e il territorio in
cui si vive, riducendo spesso la scuola a una bolla a sé stante.
Il territorio è invece fonte inesauribile di possibilità per un apprendimento più
efficace, sia come outdoor education, sia come relazioni con associazioni, musei,
cooperative, enti di ricerca ed esperti che possano portare una visione specializzata
su un ambito tematico affrontato a scuola. In quest’ottica, come scrive Biancato,
possiamo parlare di scuola diffusa in cui lo studente «apprende per 24 ore al giorno
per tutta la vita» e di scuola aperta in cui percorsi formativi di comunità «costru-
iscano ponti tra ciò che impara dentro e fuori la scuola, così che le opportunità
di apprendimento siano moltiplicate e diversificate attraverso una didattica per
esperienze» (Biancato, 2020, p. 51).5
L’extrascuola rappresenta certamente il banco di prova di una scuola che voglia re-
almente lavorare sullo sviluppo delle competenze e sull’autenticità e significatività
della proposta. È nella connessione con il fuori, con le altre dimensioni culturali
e sociali che il territorio ci propone che possiamo spendere le nostre competenze
e dare vita a una didattica autentica. Al contrario, rimanere esclusivamente iso-
lati in una didattica di classe o di istituto, che simula la realtà circostante, toglie
opportunità di apprendimento e di partecipazione sociale.

5
Biancato L. (2020), 101 idee per organizzare la scuola oltre la distanza, Trento, Erickson.

12 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


Lo spazio digitale

Il mondo digitale non è solamente quello connesso del Web, ma è un ecosistema


molto più ampio e complesso. Comprende software tradizionali e mass media come
la radio e la televisione (che i bambini e le bambine guardano ormai prevalente-
mente in streaming e su più dispositivi nell’arco della giornata), così come app e
videogiochi, software specificatamente didattici, robot e componenti fisici utili
per le attività di tinkering, coding e making, oltre ovviamente a tutti i contenuti
della rete Internet, le piattaforme di gestione della didattica online e i relativi
strumenti di collaborazione e condivisione, senza dimenticare i contenuti speci-
fici delle piattaforme dei testi digitali adozionali. A questo si possono aggiungere
naturalmente tutti gli strumenti specifici per la facilitazione, l’adattamento e gli
ausili per persone con disturbi dell’apprendimento o con disabilità specifiche.
Questo vastissimo panorama di strumenti e contenuti crea un vero e proprio
spazio didattico che rimane molto spesso inesplorato nell’impostazione tradi-
zionale. Sono moltissime le opportunità didattiche e inclusive che il digitale può
portare se inserito coerentemente in una progettazione didattica universale (le
Unità di lavoro del volume ne proporranno alcune), e per questo c’è una vasta
produzione specifica editoriale.
È evidente come il digitale possa aumentare in maniera determinante le possibilità
di attivazione dei diversi stili di apprendimento, di crescita di consapevolezza e
autonomia nella ricerca delle informazioni, dello sviluppo di artefatti creativi,
oltre che ovviamente di progetti di lavoro in cui è più semplice inserire strumen-
ti, ausili e risorse dedicate ad alunne e alunni con disabilità. Questo scenario va
ovviamente attualizzato sulle diverse età, con usi differenti al crescere delle età,
ma già nei primi anni della scuola primaria l’integrazione tra strumenti digitali
e attività analogiche può dare vita a interessantissimi spazi didattici autentici e
significativi.

Le sette dimensioni chiave per la didattica universale

1. Progettazione didattica

Una serie di guide didattiche è per sua stessa natura uno strumento di progettazio-
ne. La prospettiva universale è radicalmente incentrata su un’azione strutturata di
programmazione, pianificazione e scelta da parte del corpo docente. Predisporre
il contesto di apprendimento, attivare le risorse, scegliere le strategie didattiche
e gli strumenti per valorizzare tutti gli alunni e le alunne della classe è lo scopo
stesso della progettazione.
È necessario fare chiarezza su un punto centrale di questo approccio: il rapporto
tra differenze e diversità. Non è un vezzo linguistico, ma un punto di partenza
fondamentale. Una delle critiche più frequenti a un approccio sensibile alle dif-
ferenze è il seguente: «Devo fare una cosa diversa per ogni alunno per insegnare
italiano? È impossibile da gestire!».
Questa è la tipica confusione tra differenza e diversità. Lavorare sulle differenze
non significa programmare in maniera diversa tutte le azioni didattiche, ma anzi
significa creare il contesto di apprendimento in cui, rispetto a finalità ampie come
quelle dello sviluppo delle competenze disciplinari, si possa lavorare con tanti
materiali diversi e con tante tipologie diverse di collaborazione. Non in maniera
individualistica (io faccio ciò che mi viene più facile), ma in maniera collettiva

Prefazione – La serie «Didattica universale» • 13


(insieme mettiamo in gioco i nostri differenti approcci e costruiamo il nostro ap-
prendimento). In questo schema di gioco risiedono momenti individuali di lavoro,
momenti di gruppo, momenti di dialogo a classe intera e momenti esperienziali.
La didattica universale paga un tributo importante di indirizzo alla prospettiva
dello Universal Design for Learning, pur non essendo costruita secondo le linee
guida internazionali stilate dal CAST (Savia, 2016).6
Nel recente volume di Murawski e Scott, curato nell’edizione italiana da Silvia
Dell’Anna, vengono evidenziati in maniera molto chiara i concetti chiave dell’ap-
proccio UDL che hanno dimostrato maggiore efficacia a livello internazionale
nella pratica didattica (Murawski e Scott, 2021).7 Un principio base ha particolare
importanza e vogliamo qui riportarlo direttamente dalla fonte:

Dal principio universale sopra riportato emerge in maniera forte il principio della
pluralità, del progettare la propria azione didattica in maniera plurale non solo
utilizzando tante risorse differenti, ma differenziando le modalità di lavoro e di
relazione tra pari (al tema della differenziazione sarà dedicato il prossimo pa-
ragrafo). Riflettere sul perché dell’apprendimento, sul cosa e sul come, così come
riportato dal paradigma UDL, ci porta a riflettere sull’innovazione importante
rappresentata dallo scenario della didattica per competenze, che riporta al centro
la finalità alta e di lungo periodo dell’apprendimento e che modifica fortemente
anche il piano delle metodologie e delle relazioni tra pari, ma anche tra docente-
studente, utili per raggiungere i traguardi di competenze previsti.
Per lavorare sul piano delle competenze, l’insegnante deve tener conto delle In-
dicazioni Nazionali e dei traguardi di competenze che ogni alunno e alunna deve
sviluppare nel corso della scuola del primo ciclo e, puntando a questi obiettivi,
deve progettare la struttura didattica con i contenuti e le abilità specifiche della
disciplina.

6
Savia G. (2016), Universal Design for Learning. La Progettazione Universale per l’Apprendimento
per una didattica inclusiva, Trento, Erickson.
7
Murawski W. e Scott K.L. (2021), Universal Design for Learning in pratica. Strategie efficaci per
l’apprendimento inclusivo, Trento, Erickson.

14 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


In questo senso le competenze dovrebbero diventare il cardine della programma-
zione dell’intera annualità (e, in ottica più ampia, dell’intero ciclo).
L’intera struttura delle nostre guide didattiche parte da questo assunto:
– individuare i traguardi chiave anno per anno nell’ambito disciplinare;
– identificare le Unità di lavoro necessarie per raggiungere i traguardi tramite un
approccio universale;
– includere strategie e materiali per mettere in gioco le sette dimensioni del mo-
dello DAII;
– proporre un compito di realtà finale per ogni traguardo;
– pianificare il percorso in itinere di monitoraggio e valutazione.

TRAGUARDO Presentazione Progettazione


1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 2 3 realtà finale

Questo schema di progettazione è ispirato dalla proposta dei cicli di attività didattiche
per competenza, così come teorizzata da Trinchero (2017),8 e dalla progettazione
a ritroso come proposta da Castoldi (2017).9 In questa struttura l’attivazione e
le Unità di lavoro per competenza si uniscono alle attività di monitoraggio e di
certificazione finali.
Al piano delle competenze è strettamente legato quello delle metodologie attive nel
contesto di una didattica sensibile alle differenze: queste permettono di realizzare
una didattica significativa (cioè legata alle preconoscenze e alla motivazione)
e flessibile (cioè in grado di adattarsi a diversi contesti di classe e sociali). Alla
differenziazione delle metodologie dedicheremo il prossimo paragrafo.
Infine, il piano delle relazioni: tutto ciò che accade in ambito educativo ha una
base nella relazione. Per questo, fare progettazione didattica significa anche in-
terrogarsi sulle relazioni tra l’insegnante e la classe, tra compagni e compagne di
classe, tra il contesto scuola e il contesto casa, ecc. Anche questa dimensione è
uno degli aspetti intrinseci del modello, che tratteremo più avanti.

2. Didattica sensibile alle differenze

Una didattica plurale è la finalità ultima della proposta universale; un contesto


didattico capace di stimolare e far convivere modi diversi di lavorare, di insegnare
e di imparare, organizzando il lavoro con tecniche e strategie specifiche e con i
relativi diversi tipi di materiali.
Un approccio didattico sensibile alle differenze è il cuore della nostra proposta,
nell’indirizzare il come apprendere: come predisporre le strategie, i setting, i
materiali per raggiungere i traguardi prefissati. Anche in questo caso, il principio
ispiratore è quello dello Universal Design for Learning insieme agli studi sulla dif-
ferenziazione didattica di Caroline Tomlinson.
Pur nelle differenze tra i due approcci, in entrambi esiste una forte attenzione a
indicare la crescita delle competenze come risultato dell’incontro tra le risorse
interne della persona (le conoscenze, le abilità, gli aspetti emotivi e motivazionali)
e le risorse esterne (ad esempio le metodologie proposte, gli strumenti, i contesti).

8
Trinchero R. (2017), Costruire e certificare competenze nel primo ciclo, Milano, Rizzoli.
9
Castoldi M. (2017), Costruire Unità di apprendimento. Guida alla progettazione a ritroso, Roma,
Carocci.

Prefazione – La serie «Didattica universale» • 15


Da ciò deriva l’indicazione principale che risiede nella creazione di ambiti di
apprendimento plurali fin dal primo giorno di scuola. Superando l’adattamento e
quello che Tomlinson chiama l’approccio sartoriale o della micro-differenziazione
(Tomlinson, 2001, p. 3)10 che ci porta a pensare di dover fare una cosa diversa
per ciascun bisogno.
Si costruisce invece una didattica sensibile alle differenze con un «progettare
proattivo che si basa su una conoscenza approfondita di tutti gli alunni e delle loro
caratteristiche, dai livelli iniziali di competenza agli stili di apprendimento, alle
appartenenze socioculturali, agli interessi e alle preferenze (Tomlinson, 2014).11
Ciò significa lavorare sul piano dei contenuti, dei processi e dei prodotti, ma è
importantissimo considerare anche la sfera personale della motivazione.
La differenziazione e la differenza stessa devono diventare la norma, la base e il
valore della didattica universale. Differenziare in classe significa prevedere meto-
dologie, strumenti e contesti in grado di attivare tutte le risorse cognitive, relazio-
nali, comportamentali presenti nel gruppo classe (ma anche nel corpo docente).
LA DIFFERENZIAZIONE
DIDATTICA

è la

risposta dell’insegnante ai bisogni di allievi e allieve

attraverso

 attività rispettose  gruppi flessibili  monitoraggio e


delle esigenze revisione continui

INSEGNANTI

possono differenziare il

 contenuto  processo  prodotto

in accordo con

 prontezza  interessi  profilo di


apprendimento

Demo sottolinea come la differenziazione sia connessa principalmente a un rischio:


il sovraccarico lavorativo per l’insegnante, che ha la sensazione di non potercela
fare a tenere opportunamente conto di tutte le differenze presenti all’interno
della classe fino a che l’impostazione tradizionale, trasmissiva e frontale della

10
Tomlinson C.A. (2001), How to differentiate instruction in mixed ability classrooms (2nd edition),
Alexandria, VA, Association for Supervision and Curriculum Development.
11
Tomlinson C.A. (2014), The differentiated classroom. Responding to the needs of all learners (2nd
edition), Alexandria, VA, Association for Supervision and Curriculum Development.

16 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


lezione non sia messa in discussione: «Se infatti l’insegnante è il primo attore
di una lezione, in un ruolo centrale e di fortissima responsabilità, nasce anche
un grande senso di fatica. È un insegnante che deve farsi carico di comprendere
tutte le differenze dei propri alunni e di progettare coerentemente una proposta
didattica per ognuno di loro capace di tenerne conto. È suo il compito di spiegare
efficacemente, di predisporre i materiali più adatti, di progettare i tempi giusti
per ognuno, di sostenere anche affettivamente nel migliore dei modi ogni alunno
nel suo personale percorso di crescita. Gestire una classe quando si comprende la
grande eterogeneità delle alunne e degli alunni che si hanno di fronte non può mai
essere un compito semplice. Penso però che la gestione di tutte queste differenze
possa diventare più sostenibile solo se l’insegnante si fa un po’ da parte e aumenta
invece la partecipazione attiva dei bambini. Non significa abdicare al ruolo di guida
e di adulto rispetto ai soggetti in formazione, ma di farsi regista anziché primo
attore e di andare in scena, invece, con l’intero gruppo classe» (Demo, 2017).12
Sono ormai moltissimi gli approcci che a livello internazionale concorrono a per-
corsi di differenziazione efficaci. Tali approcci stimolano la valorizzazione delle
intelligenze multiple, dei diversi stili cognitivi, dell’esplorazione diretta, della
didattica laboratoriale e dell’apprendimento cooperativo. Questo ovviamente
senza dimenticare il ruolo importante giocato dall’adattamento dei materiali per
alunne e alunni con BES che però, da solo, non è più sufficiente a garantire percorsi
inclusivi efficaci per tutti. L’eterogeneità delle classi è tale che il solo adattare i
materiali non è più sufficiente, è necessario cambiare il contesto e le metodologie
di base, l’impostazione generale della lezione nell’ottica della partecipazione e
della didattica attiva.
In quest’ottica tutte le proposte presentate in questa serie di volumi perseguono
questa macrofinalità generale, di valorizzazione delle differenze e di ampliamento
del riconoscimento del ruolo proattivo degli alunni e delle alunne nella costruzione
del proprio apprendimento.

3. Valutazione, monitoraggio e autovalutazione

La progettazione didattica è un’attività intrinsecamente connessa alla valutazione.


Non è possibile, infatti, organizzare un sistema di valutazione efficace e inclusivo se
non partendo dalla programmazione. La valutazione è un elemento fondamentale
della didattica e consta di una serie di passaggi e di azioni in sequenza:
– definizione di obiettivi generali, personalizzati, individualizzati
– osservazione della situazione in entrata
– monitoraggio da parte dell’insegnante
– feedback costante e supportivo
– autovalutazione da parte di alunne e alunni
– valutazione tra pari
– prove di verifica strutturate
– prove di competenza (certificazioni).
La valutazione, quindi, si situa in una dimensione molto più ampia di quelle della
verifica e dell’interrogazione, del voto e del giudizio. Valutare per promuovere
l’apprendimento è un processo costante e quotidiano di monitoraggio, che in ot-
tica inclusiva mira anche a sostenere e monitorare lo sviluppo delle competenze
chiave previste dalle indicazioni nazionali.

12
Demo H. (2017), Didattica aperta e inclusione, Trento, Erickson.

Prefazione – La serie «Didattica universale» • 17


INTRODUZIONE
Pianificare l’inclusione

Per avviare una riflessione sul concetto di inclusione, sul modo in cui essa è entrata
progressivamente nelle scuole, si può partire da un’immagine: un sasso che cade
in uno stagno. Quel sasso, la Legge 517/1977, è stato lanciato ormai 45 anni fa e
ha consentito la chiusura delle scuole speciali in Italia.
Da allora il concetto di inclusione si è allargato, come effettivamente farebbero
le onde in uno stagno, e ha portato con sé una specifica tutela per i bambini e le
bambine con disabilità, ma anche per chi ha un disturbo specifico dell’apprendi-
mento e, infine, per chi ha uno speciale bisogno educativo e merita un’altrettanta
speciale attenzione.
A ben vedere, il concetto di inclusione ha trasformato il nostro rapporto con la
normalità, ridefinendola non più sulla base di una linea di demarcazione fissa e
immutabile, l’idea che un tempo si aveva della disabilità, ma in base a una serie
di condizioni soggettive e oggettive che vanno di volta in volta compensate, ne-
goziate o sfidate.
In questa nuova accezione complessa e multidimensionale della normalità, la
scuola assume un ruolo ovviamente strategico perché la compensazione, la nego-
ziazione e anche la sfida devono avvenire in ambito didattico. La classe inclusiva
è quel contesto ricco di stimoli in cui, proprio grazie alla varietà e a una precisa
idea culturale dell’insegnante, ogni soggettività trova un proprio spazio.
In una classe inclusiva, in via del tutto teorica, non si parte dalla domanda su come
rispondere a uno specifico bisogno, ma su come organizzare il contesto in modo
che qualsiasi bisogno emerga trovi già una risposta al suo interno.
Ovviamente la realtà è spesso più complessa di questo riferimento ideale, ma un
buon riferimento ideale può essere di grande aiuto quando si affronta una realtà
complessa.
Come si disegna, quindi, un contesto di questo tipo? Quali strumenti sono irri-
nunciabili? Come valutare l’influenza di tali strumenti sulle dinamiche di appren-
dimento e sulle relazioni?
In queste pagine definiamo alcuni cardini a nostro avviso fondamentali per ri-
spondere a simili domande. In alcuni casi, queste linee generali sono riprese e
approfondite nel dettaglio nella descrizione dei diversi traguardi o all’interno
della presentazione delle Unità di apprendimento.
Per una maggior chiarezza espositiva, abbiamo riunito la loro presentazione
all’interno di quattro paragrafi generali:
– l’aula
– la classe
– la classe inclusiva al lavoro
– la valutazione e il rapporto con le famiglie.

L’aula

Talvolta l’aula viene percepita come una variabile indipendente rispetto al lavoro
scolastico. Sembra ovvio che le caratteristiche dell’aula o il tipo di arredo presente
negli spazi scolastici non siano direttamente sotto il controllo dell’insegnante.
Si tratta di dati sui quali si può fare poco. Non è detto che sia necessariamente
così e, soprattutto, non si può ignorare che il setting d’aula abbia un profondo
impatto sull’apprendimento e sulla socializzazione dei bambini e delle bambine.

Introduzione – Pianificare l’inclusione • 31


Le aule scolastiche hanno spesso arredi standard, pensati su paradigmi piuttosto
datati, e non è detto che siano facilmente orientabili all’inclusione. Ciononostan-
te, le scelte dell’insegnante possono agire in modo sostanziale anche in questo
ristretto margine di manovra.
La prima considerazione riguarda, ovviamente, la disposizione dei banchi. Un
tema che spesso porta a una contrapposizione tra i sostenitori della sistemazione
«a isole» e i fautori di una disposizione più o meno dichiaratamente frontale.
In un’ottica pienamente inclusiva, dovremmo pensare il setting d’aula in funzione
della specifica lezione e delle altrettanto specifiche esigenze individuali. In un
esempio: inutile riunire i banchi in gruppi da quattro, se poi si ricorre in modo
frequente alla lavagna, costringendo la classe a un continuo cambio di focalizza-
zione dell’attenzione.
Molto meglio pensare alla disposizione dei banchi con sistemazioni variabili,
magari pensando a veloci cambi di postazione o allestendo spazi provvisori con
le sole sedie: un setting, questo, utile per assistere a una lettura pubblica o a una
spiegazione.
Man mano che i bambini e le bambine crescono si potrà richiedere una gestione
autonoma dello spazio, mentre in principio è meglio predisporre il contesto di
apprendimento all’inizio delle lezioni e durante gli intervalli. Un buon ausilio per
rendere gli spostamenti più facili è rappresentato dai dispositivi antirumore da
applicare alle sedie, che rendono silenzioso il loro spostamento.
La riflessione sull’ambiente di apprendimento, però, non coincide del tutto con la
gestione dei banchi. Si potrebbe dire, anzi, che sono proprio i piccoli accorgimenti
osservabili nell’organizzazione dell’aula che raccontano meglio il clima inclusivo
che si respira in una classe.
Prendiamo, ad esempio, gli angoli tematici di un’aula-laboratorio. Un insegnan-
te che adotti questo tipo di organizzazione comunica la propria disponibilità a
favorire l’apprendimento autonomo e disinteressato da parte degli alunni e delle
alunne. Più avanti, nella descrizione delle Unità di lavoro sono state illustrate
alcune soluzioni, ma qui possiamo anticipare una precisazione metodologica su
questo punto, un’osservazione che potrebbe essere lo spunto per un approfon-
dimento ulteriore.
La scuola è un’istituzione formativa intenzionale, e ciò vuol dire che il suo compito
esplicito e riconosciuto è di insegnare e formare. Questo non vuol dire, però, che
tutti gli apprendimenti e la formazione passino attraverso la progettazione inten-
zionale della scuola o degli insegnanti. Anzi: è difficile non riconoscere quanto la
maggior parte delle conoscenze, delle abilità e delle competenze sia appresa ed
esercitata fuori dalle mura scolastiche. L’apprendimento autonomo è una risorsa
naturale, e l’allestimento di angoli tematici nelle aule scolastiche cerca proprio di
intercettare questa naturale tendenza dei bambini e delle bambine.
Prevedere nell’aula un angolo lettura — con tutte le caratteristiche di comodità
e le opportunità che un luogo di questo genere offre — può favorire il giusto
contesto veramente per tutti e per tutte.
Altri angoli possono essere destinati ai giochi matematici, alla scrittura autonoma
o alla risoluzione dei conflitti. Quest’ultimo, in particolare, merita un piccolo
approfondimento: sono sufficienti un tavolino, un paio di sedie, una ciotola da
riempire con caramelle per l’occasione e poco altro. L’angolo della pace è il luogo
in cui i bambini e le bambine in conflitto vanno a cercare un chiarimento e una
mediazione. L’insegnante raramente interviene a dirimere e a distribuire torti e
ragioni. Salvo situazioni davvero particolari, di norma sono i singoli individui a
dover trovare una soluzione ai problemi che li riguardano.

32 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


L’angolo della pace è inoltre un luogo sempre visibile, anche in tempi più tranquilli,
e ricorda a tutta la classe che il conflitto non può essere eliminato. Va semplice-
mente conosciuto e affrontato nella maniera più produttiva.
Nei traguardi illustrati di seguito sono presentate alcune Unità di lavoro in cui una
parte degli apprendimenti è stimolata dagli allestimenti dell’aula: i cartelloni o gli
alfabetieri murali non sono solo abbellimenti che danno colore alle pareti. Sono,
invece, strumenti irrinunciabili e di grande efficacia cognitiva sui quali torneremo
più avanti, quando entreremo maggiormente nel merito della descrizione della
classe e del fondamentale ruolo delle routine.
Sempre anticipando i traguardi che compongono questo volume, va precisato che
non dovremmo parlare di aula, ma di aule al plurale.
Infatti una parte consistente delle attività illustrate nelle pagine seguenti preve-
de attivazioni motorie. Si tratta di parti strutturali della proposta didattica, che
necessitano di spazi appositi. Troppo spesso il movimento è collegato e inserito
all’interno della sola educazione motoria, mentre in realtà dovrebbero essere gli
aspetti motori a entrare nelle diverse discipline e nelle diverse proposte operati-
ve. Le neuroscienze hanno già da tempo messo in relazione l’apprendimento al
movimento e pensiamo sia ora di far discendere da queste evidenze un cambia-
mento nella didattica.
Ecco, quindi, la necessità di progettare le diverse Unità a tutto tondo, anche
pensando quali spazi occupare e per quale tipo di attivazione cognitiva e motoria
perché, per dirla con uno slogan «l’aula insegna».

La classe

L’aula insegna, è vero, ma ciò avviene solo se la gestione della classe è il risulta-
to di una serie di scelte consapevoli, frutto di una precisa riflessione culturale
dell’insegnante. Questa azione riflessiva si manifesta attraverso le scelte e le
metodologie didattiche di volta in volta adottate. Si potrebbe dire, quindi, che
l’approccio inclusivo è la visione dell’insegnante, e che prende corpo attraverso
una specifica «cassetta degli attrezzi». Più la cassetta è fornita, più facilmente
l’insegnante riuscirà a mettere in pratica la propria «visione inclusiva».
Gli attrezzi a nostra disposizione sono molti, ma vanno selezionati secondo alcuni
criteri difficilmente eludibili.
– In una classe inclusiva si valorizzano stili di apprendimento differenti, ovvero
si fa particolare attenzione alle modalità preferenziali di apprendimento che
sfruttano i punti di forza degli alunni e delle alunne. Si presentano quindi vari
stimoli e proposte di lavoro differenti.
– In una classe inclusiva c’è la consapevolezza che la partecipazione è diffusa e
necessaria. Le lezioni non sono pacchetti di contenuti che passano dall’insegnante
ai bambini e alle bambine, ma interazioni ed esperienze condivise. Si può dire
che la lezione inclusiva è costruita insieme.
– Il tema dell’interazione ha una serie di conseguenze, la più interessante delle
quali è la motivazione e lo sviluppo della fiducia fondamentale. Gli alunni e le
alunne che vivono in una classe inclusiva percepiscono l’esperienza scolastica
come qualcosa di «adatto a sé». Una delle conseguenze di quest’ultimo punto
è che la classe inclusiva non è — banalmente — «facile» o «più facile» perché
anche una riduzione della complessità produrrebbe un contesto di apprendimento
poco «adatto a sé».

Introduzione – Pianificare l’inclusione • 33


Abbiamo già detto che una classe inclusiva non è quella al cui interno sono presenti
alunni con certificazione 104, DSA o genericamente bambini e bambine con Biso-
gni Educativi Speciali. Una classe realmente inclusiva anticipa queste distinzioni
proponendo un ambiente universale, adatto a tutti e a tutte.
Per non restare nel campo delle enunciazioni astratte, ci avviciniamo pian piano
al tema delle strategie didattiche che saranno utilizzate e riprese nella descrizione
delle diverse Unità di lavoro.
Entriamo, cioè, nel merito della nostra «cassetta degli attrezzi».

Apprendimento cooperativo

È una delle strategie didattiche più conosciute e si basa sull’assunto che ogni
apprendimento avviene in base a una mediazione sociale. L’insegnante organizza
i gruppi e stabilisce in quale modo ogni componente è legato agli altri. Questa
interdipendenza può essere progettata in base a vari criteri. Ad esempio, se ogni
bambino o bambina ha un ruolo specifico si parla di «interdipendenza di ruoli»,
mentre se il gruppo condivide gli stessi materiali si ha invece una «interdipenden-
za di materiale». È proprio l’interdipendenza a garantire che non si manifestino,
all’interno dei gruppi, dei meccanismi di delega da chi è meno competente a chi
ha qualche risorsa in più. Ciascun membro del gruppo deve svolgere il proprio
compito affinché la consegna venga rispettata.
Nella composizione dei gruppi di lavoro consigliamo sempre di utilizzare la tecnica
dell’assegnazione casuale.
Questa scelta ha numerosi vantaggi:
– l’insegnante si pone al riparo da eventuali richieste o contestazioni; se prevalesse
l’idea che il lavoro di gruppo è la valorizzazione di relazioni amicali, la strategia
potrebbe perdere una parte consistente del proprio potenziale inclusivo. La scelta
casuale non è, quindi, una posizione difensiva, ma una necessaria focalizzazione
sul lavoro;
– può capitare che la scelta casuale riunisca in un unico gruppo diversi compo-
nenti in difficoltà. Questo, in sé, non rappresenta un reale problema perché a
noi interessa che ciascun bambino o ciascuna bambina dia il massimo rispetto
alle proprie possibilità. Il lavoro finale potrebbe non essere particolarmente
curato, ma l’obiettivo è il miglioramento personale, non il raggiungimento di
uno standard;
– se la scelta casuale riunisce insieme bambini e bambine particolarmente com-
petenti, il confronto sarà ugualmente utile perché nel gruppo si dovranno spe-
rimentare modalità di mediazione e negoziazione delle soluzioni. Non è detto
che un gruppo molto competente incontri meno problemi rispetto a uno meno
brillante, specie sotto il profilo della mediazione della leadership.
L’apprendimento cooperativo è una delle strategie più facili da implementare in
classe e consente di lavorare contemporaneamente sulle competenze cognitive
e sulle abilità sociali.
Una delle indicazioni organizzative da tenere in considerazione è sempre il
confronto faccia a faccia. Specie con i bambini e le bambine dei primi tre anni
della scuola primaria, la disposizione dei banchi dovrebbe facilitare un confronto
frontale. Da preferire, quindi, la coppia o il piccolissimo gruppo.

34 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


Tutoring

Sul lato opposto dell’apprendimento cooperativo, in una ipotetica linea delle


strategie inclusive, potremmo porre il tutoring con il quale si chiede ad alcuni
alunni e alunne di sostenere l’apprendimento dei compagni e delle compagne. Se
l’apprendimento cooperativo valorizza delle relazioni orizzontali, degli scambi alla
pari, il tutoring esalta il rapporto asimmetrico fra soggetti che hanno conoscenze
o abilità diverse.
Per rendere adatto il tutoring a una classe inclusiva bisogna progettare con cura
l’intervento. In particolare, è importante fare in modo che tutti e tutte nel tempo
abbiano l’occasione di esercitare il ruolo di tutor e di tutorato, magari su argomenti
differenti o in riferimento ad abilità diverse e adatte alle caratteristiche di ciascuno.
Un’idea potrebbe essere quella di stabilire un momento specifico nella progetta-
zione settimanale, un momento ben determinato in cui la classe intera è coinvolta
nel tutoring.
Le possibilità organizzative sono sostanzialmente due:
– l’argomento da approfondire è uguale per tutta la classe. L’attività di tutoraggio è
compiuta dai bambini e dalle bambine più competenti su quello specifico tema.
Nel corso delle settimane, tutti hanno l’opportunità di svolgere la funzione di
tutor;
– gli argomenti da approfondire sono diversi. Alcuni bambini e alcune bambine
svolgono il ruolo di tutor in un gruppo e poi assistono al tutoraggio dei compa-
gni e delle compagne in altri gruppi. È difficile immaginare che tutti gli alunni e
tutte le alunne riescano a interpretare il ruolo di tutor nella stessa «tappa», ma
questo può avvenire nel corso di poche settimane.
Contrariamente a quanto si pensa normalmente, nel tutoring non impara solo il
tutorato. Il tutoring è una pratica di apprendimento interattivo nella quale chi
supporta un compagno o una compagna ha necessità di memorizzare concetti
e farsi carico dell’altro o dell’altra. Il senso di responsabilità che questa postura
cognitiva impone è un motore significativo nello sviluppo di competenze sociali,
relazionali e cognitive.

Didattica laboratoriale

La classe inclusiva si avvantaggia in modo a dir poco sostanziale da una visione


dell’aula come laboratorio. Con l’espressione «didattica laboratoriale» si intende
la messa in pratica di un modello teorico appreso in precedenza, anche se questa
definizione rischia di essere fuorviante se non opportunamente argomentata.
Immaginiamo un laboratorio artigiano o artistico, non possiamo fare a meno di
notare che:
– un esperto o un’esperta ha intorno a sé alcune persone che fanno pratica;
– chi apprende inizialmente imita l’esperto o l’esperta che fornisce indicazioni,
consigli e soluzioni a specifici problemi. Gli interventi di questa figura esperta
sono orientati al miglioramento delle tecniche di chi deve apprendere, allo
scioglimento di eventuali tensioni nel gruppo, al consolidamento della fiducia
di base…;
– il lavoro pratico avviene per progetti reali. È vero che, specie all’inizio, le eser-
citazioni hanno una certa rilevanza, ma l’apprendimento reale avviene con la
sperimentazione e la messa in pratica personale delle tecniche apprese;

Introduzione – Pianificare l’inclusione • 35


– la valutazione dell’esperto o dell’esperta è sempre formativa e serve per preparare
il terreno alla prossima prova. Potremmo dire che la valutazione sommativa è
in mano a terzi, ovvero ai destinatari «dell’opera».
All’interno di questa descrizione, troviamo molti spunti interessanti per la didat-
tica, spunti che riprenderemo quando tratteremo i compiti di realtà e che sono
un tratto fondamentale nella didattica per competenza.
La didattica laboratoriale getta nuova luce su diverse strutture dell’azione didattica
e mostra degli scenari di innovazione. Essa, infatti, porta a:
– rivedere il ruolo dell’insegnante che affianca gli alunni e le alunne in un percorso
di apprendimento che è radicalmente personalizzato;
– pensare l’inclusione non come concessione a chi ha una necessità in più, ma
come modalità di gestione del laboratorio;
– ridefinire il compito che passa da «scolastico» a «progettuale». Con questi due
termini intendiamo operare una distinzione piuttosto netta tra:
a) le proposte operative che hanno come riferimento l’insegnante che assegna,
corregge e valuta (il compito scolastico);
b) le proposte operative che hanno come riferimento un destinatario reale ed
esterno. In questa seconda modalità, l’insegnante forse assegna e magari cor-
regge in alcune fasi, ma chi valuta realmente il risultato sono soggetti diversi
e interconnessi: gli stessi alunni e alunne, il committente, l’insegnante. La
valutazione di un compito progettuale è quindi complessiva e sistemica.
Qualsiasi riflessione sulla didattica laboratoriale rischia di non essere completa
se non si specifica a «quale laboratorio» ci si riferisce. In particolare, per rendere
esplicito il riferimento a una classe inclusiva, dobbiamo aggiungere la componente
della creatività.
Oggi definiamo «creative» quelle persone che si confrontano con problemi spes-
so multidisciplinari, che necessitano di particolare intuizione e la cui soluzione
avviene anche attraverso il ricorso a una vasta gamma di esperienze personali.
Sono creativi gli ideatori di pubblicità, gli scrittori, gli artisti… è questo il tipo di
laboratorio al quale facciamo aderire il nostro modello.
In una classe orientata all’inclusione, così come in un laboratorio creativo, i pro-
blemi da affrontare hanno caratteristiche specifiche. Eccone alcune:
– problemi completamente nuovi. Nessun creativo si impegna realmente a risol-
vere una situazione già affrontata da altri, se non per migliorarne la soluzione.
La novità del problema porta con sé un elemento di sfida cognitiva che rappre-
senta il centro di tutta la proposta. È la sfida cognitiva a ingaggiare la persona
impegnata nel problem solving e a permeare tutto il suo lavoro;
– problemi poco definiti. Il compito di un creativo non è mai completamente
definito. Anzi, la stessa necessità di determinare il compito in prima persona, a
partire da alcuni dati e da un obiettivo di massima, aiuta a trovare una soluzione
originale e non sperimentata prima. Questa è la condizione tipica affrontata
dalle persone che devono applicare la propria creatività: uno scrittore o una
scrittrice che si mette all’opera non dispone di tutti gli elementi per completare
il proprio lavoro, ma li definisce man mano. È, anzi, la scarsa definizione del
problema da affrontare che pone al centro del processo risolutivo la necessità
di «intuire» una possibile pista da seguire. In una didattica laboratoriale, quindi,
l’applicazione di un algoritmo per la soluzione di un problema non è mai un
compito significativo: al limite può rappresentare una tappa di avvicinamento
alla competenza da raggiungere. Quando descriveremo le proposte didattiche
riprenderemo spesso l’indicazione dei compiti poco definiti e chiariremo questo

36 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


aspetto che, dal punto di vista teorico, può sembrare eccessivamente fumoso,
mentre nella realtà è molto pratico;
– problemi basati su dati incompleti. Visto che il compito è poco definito, a mag-
gior ragione lo sono i dati. Ancora meglio: i pochi dati e le poche informazioni
a disposizione contribuiscono a rendere poco definito il problema da risolvere
e obbligano i bambini e le bambine a mettersi alla ricerca del necessario per
portare a termine la sfida assegnata. In pratica, i dati incompleti e il compito
poco definito fanno parte dello stesso pacchetto iniziale di informazioni su cui
la classe si trova a riflettere;
– problemi incentrati su soluzioni aperte. In ambito creativo, la soluzione è sempre
aperta. Assegnato un compito a tre persone diverse, si otterranno necessariamente
tre risultati differenti. Portare in classe il paradigma della didattica laboratoriale
vuol dire valorizzare e «far funzionare» principalmente questo aspetto. Sotto
il profilo dell’inclusione, il lavoro sulle soluzioni aperte porta a tenere in con-
siderazione il prodotto di ciascun bambino e di ciascuna bambina. Tutti i com-
ponenti della classe si attivano intorno alla propria zona di sviluppo personale
che, per definizione, è diversa da una persona all’altra. In questa prospettiva il
ruolo dell’insegnante è cruciale. Stiamo definendo un approccio didattico in
cui gli alunni e le alunne sono liberi di sperimentare e di costruire il proprio
percorso di apprendimento: potrebbe sembrare che l’insegnante debba ridurre
drasticamente la sua influenza. In realtà, la sua è una figura ancora fondamen-
tale perché orienta e stimola tutti i bambini e tutte le bambine, conoscendone
le caratteristiche personali, a uscire dalla zona di comfort;
– situazioni automotivanti. La forza di un laboratorio di tipo creativo è la mo-
tivazione che ogni compito porta con sé. Una persona che esercita la propria
creatività difficilmente considera il lavoro come tale, ma lo ritiene piuttosto una
naturale emanazione della propria personalità. I bambini e le bambine arrivano
nella scuola primaria con un elevatissimo tasso di motivazione e un’importante
aspettativa rispetto all’esperienza dell’apprendimento. Chiunque abbia insegnato
in una classe prima sa che di fronte a compiti difficilissimi, quale l’apprendi-
mento della lettura e della scrittura, la voglia di apprendere è altissima. Se non
organizzato e sollecitato, questo piccolo capitale iniziale rischia di dissolversi e
lasciare il campo ad apatia e demotivazione;
– impegni calendarizzati. Ogni creativo ha una o più scadenze bene evidenziate
sul calendario. Alla riflessione appena fatta sulla motivazione ne va aggiunta,
quindi, una sul senso di responsabilità utile alla crescita. Stabilire date e scadenze
andrebbe letto in questa dimensione sostanzialmente educativa;
– rivolti a un destinatario reale. Ritorneremo su questo aspetto, ma intanto ac-
cenniamo al fatto che il lavoro creativo è sempre rivolto verso l’esterno. L’os-
servazione di persone che non hanno partecipato alle fasi della progettazione e
della realizzazione mette a disposizione della classe sia dati per la valutazione
sia la spinta motivazionale per svolgere creativamente il proprio lavoro.

Compiti di realtà

Strettamente collegati alla didattica laboratoriale, i compiti di realtà possono


contribuire alla costruzione di una classe inclusiva perché fondono molte delle
strategie fin qui presentate.
In un compito di realtà viene proposta una situazione sfidante e spesso gli alunni
e le alunne al lavoro hanno a propria disposizione una parte dei contenuti e delle

Introduzione – Pianificare l’inclusione • 37


abilità necessari per la soluzione. Tutto quello che non è fornito dall’insegnante
deve essere ricercato in prima persona, anche e soprattutto esercitando un pro-
blem solving creativo.
Torniamo, quindi, alla dimensione aperta e poco definita del compito che ripren-
deremo ulteriormente quando entreremo nel merito della valorizzazione della
creatività.
In un compito di realtà, una parte anche importante del lavoro è svolta in modo
cooperativo nel gruppo di lavoro. Questa parte di apprendimento condiviso ini-
zialmente occuperà una quantità di tempo piuttosto limitata, ma può aumentare
man mano che i bambini e le bambine diventano più esperti. Non bisogna però
credere che un compito totalmente incentrato sull’apprendimento cooperativo
sia migliore o più auspicabile di un compito «misto», ovvero composto di attività
cooperative e individuali.
Prevedere momenti diversi consente a ciascuno di applicare competenze differenti,
e la varietà della proposta è sempre un’ottima scelta.
Il referente della sfida cognitiva, lanciata dal compito di realtà, è sempre esterno
all’aula scolastica. Una lettera da scrivere al consiglio di istituto della scuola, per
fare un esempio molto semplice, non è efficace perché è ben valutata dall’in-
segnante, ma se produce effetti nei suoi destinatari. Progettare attività il cui
destinatario è reale ed esterno produce effetti significativi anche da un punto di
visto educativo perché va a esplorare l’ambito di efficacia di una possibile azione
personale o di gruppo.
Anche in questo caso, il ruolo dell’insegnante è ridefinito: affianca la classe,
mette a disposizione il suo «sapere esperto» per il raggiungimento di un obiet-
tivo comune e, all’occorrenza, orienta le scelte della classe lasciandole però
l’ultima parola.
Una considerazione non meno importante riguarda il tempo da destinare al
lavoro. Chi ha sperimentato l’esperienza di compiti di realtà ben progettati ha
osservato un’altissima motivazione da parte degli alunni e delle alunne. Uno
degli indicatori più efficaci di questa motivazione è una diffusa percezione della
«necessità» del compito: i bambini e le bambine percepiscono la sfida posta
dal compito come parte della propria giornata, e non solo relativa all’ambito
scolastico. Anche da un punto di vista di impegno orario, quindi, la distinzione
tra tempo-scuola e tempo libero viene superata in modo spontaneo. La ricerca,
gli approfondimenti, la produzione di semilavorati possono essere svolti a casa.

Role playing

Il role playing è una prima forma di esercitazione durante la quale gli alunni e
le alunne si sperimentano in un ruolo davanti al resto della classe. Non si tratta
necessariamente di una drammatizzazione o di una rappresentazione teatrale,
ma della messa in pratica di strategie e comportamenti utili in situazioni diverse
da quelle esperite normalmente.
Un esempio: i componenti della classe sono chiamati ad assumere il ruolo di guida
per una mostra. Ogni alunno e ogni alunna ha il compito di illustrare una o più
opere dell’allestimento.
Per la classe, quindi, lo studio delle diverse opere è solo uno degli impegni da
assolvere, perché il vero compito è legato a una competenza ben più complessa
e riguarda la capacità di parlare della mostra.

38 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


CLASSE PRIMA

TRAGUARDO 1
Ascoltare e prendere la parola
per esprimersi

ATTIVAZIONE: L’appello attivo p. 56

SVILUPPO UDL 1: Presentiamoci! p. 61

SVILUPPO UDL 2: Giochiamo con i suoni e le parole p. 65

SVILUPPO UDL 3: Le nostre emozioni p. 71

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Vi presento un amico o un’amica p. 76

TRAGUARDO 2
Leggere e scrivere parole e frasi

ATTIVAZIONE: L’aula insegna p. 89

SVILUPPO UDL 1: Le vocali p. 92

SVILUPPO UDL 2: Le consonanti p. 100

SVILUPPO UDL 3: Doppie in gioco p. 110

SVILUPPO UDL 4: L’officina delle frasi p. 114

COMPITO DI REALTÀ FINALE: La mostra degli animali fantastici p. 120

TRAGUARDO 3
Riflettere sulle parole
e arricchire il lessico

ATTIVAZIONE: Lunedì «Mostra e racconta» p. 132

SVILUPPO UDL 1: Libera scelta p. 135

SVILUPPO UDL 2: Carte e parole p. 140

SVILUPPO UDL 3: Un caleidoscopio di parole p. 144

SVILUPPO UDL 4: L’alfabeto da correre p. 148

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Costruire un alfabetiere mobile p. 151


TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 2 3 realtà finale

TRAGUARDO 1
Ascoltare e prendere la parola per esprimersi

Presentazione del traguardo


Il primo traguardo della classe prima è incentrato sull’ascolto e sul parlato.
Una scelta, questa, legata anzitutto al fatto che potrebbero essere presenti in classe
bambini e bambine più in difficoltà di fronte ad attività legate allo scritto, che
richiedono tempi di maturazione differenti soprattutto nei primi mesi di scuola.
La scelta di focalizzare un’intera Unità sulla «voce», tuttavia, nasce anche perché
la capacità di ascolto e un progressivo affinamento dell’espressione orale sono
competenze che contribuiscono a determinare un clima di classe positivo e sono,
in definitiva, capacità che influenzeranno addirittura gli anni a venire.
La conoscenza del gruppo e la regolazione degli scambi comunicativi sono due
dimensioni che intercettano alcuni grandi temi fondamentali per la vita di classe.
– La conoscenza delle proprie emozioni. Le dinamiche relazionali che osserviamo
tra i bambini e le bambine si fondano sulla capacità di ciascuno di riconoscere
e mediare rispetto alle proprie emozioni. Esiste, cioè, uno spazio tra un’emo-
zione poco piacevole (la rabbia) e le sue manifestazioni (ad esempio un urlo)
e, se questo spazio idealmente inteso è trattato in modo razionale, gli effetti
dell’emozione negativa sono contenuti. In altri termini, un rapporto ben gestito
tra le persone e le proprie emozioni passa attraverso la conoscenza e la razio-
nalizzazione. Nei primi mesi della classe prima, le emozioni possono essere
molto impegnative per i bambini e le bambine. Siamo di fronte a un complesso
insieme di aspettative ed esigenze, anche per questo dobbiamo aiutare gli alunni
e le alunne a gestire il loro mare di emozioni. Nel traguardo che descriviamo
nelle pagine seguenti, una importante Unità di lavoro è dedicata dunque alla
gestione delle emozioni.
– Il rapporto con gli altri. Si parla e si ascolta perché si è in comunicazione con
qualcuno. Anzi, per meglio dire: per essere realmente in comunicazione con
qualcuno è necessario saper ascoltare e parlare. Molto spesso, una poco adeguata
costruzione del gruppo classe finisce per polarizzare i bambini e le bambine
in due grandi categorie, normalmente presenti: «esuberanti» e «rinunciatari».
Queste due categorie non comportano alcun giudizio di valore, né rappresen-
tano dei profili psicologici: usiamo queste espressioni come semplificazione di
quanto avviene in termini comunicativi. Infatti, sia quelli che potremmo definire
«esuberanti» sia i «rinunciatari» mancano il vero obiettivo della comunicazione.
Nel primo caso si finisce per parlare comunque, senza considerare chi ascolta
o senza ascoltare chi vorrebbe intervenire. Nel secondo caso si finisce per non
intervenire comunque, pur avendo qualcosa di importante da dire. Non si trat-
ta, però, solo di una questione di giustizia (consentire a tutti e a tutte di dire la
propria), ma anche di costruzione del gruppo. Fare in modo che ognuno possa
far sentire la propria voce, e allo stesso tempo conquistare l’ascolto diffuso,
si trasforma in poco tempo nella costruzione di un gruppo coeso. Ciascuno si
riconosce nel gruppo e il gruppo riconosce ogni membro: il nostro obiettivo di
lungo termine è esattamente questo.
– Il rapporto con la scuola. In questo caso parliamo dei saperi scolastici, perché
non bisogna mai dimenticare che i bambini e le bambine arrivano in classe prima
con un notevole carico di aspettative. La classe prima è associata al diventare
grandi e all’imparare a leggere e a scrivere. Non è raro che, nei primi giorni e
specie se non vengono proposte attività riconoscibili come un po’ impegnative,
qualcuno chieda: «Quando iniziamo a fare scuola?».

Classe prima • 49
TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 2 3 realtà finale

Quindi, per non frustrare le aspettative degli alunni e delle alunne, anche un
traguardo relativo all’ascolto e al parlato dovrebbe prevedere attività funzionali
all’acquisizione della lettura e della scrittura. Si dovrebbero, cioè, progettare
quei giochi e quelle attività che portano a «scrivere con la voce», identificando
progressivamente in modo sempre più efficace i suoni che compongono ogni
parola.
A questo proposito è utile precisare che il presente traguardo è pensato su un arco
temporale di circa due mesi (settembre-ottobre). Vista la particolare dimensione
della classe prima, e la generale attenzione che investe la lettoscrittura, però,
questo non significa ritardare la presentazione delle prime lettere. In base alla
conoscenza che via via l’insegnante si forma in merito alla propria classe, può
decidere di aggiungere le proposte contenute nel traguardo successivo a quelle
presentate in queste pagine.
Un’ultima considerazione, ma fondamentale, riguarda il gioco. Per l’apprendi-
mento in classe prima — anche se la considerazione andrebbe estesa ben oltre
questa fascia d’età — vale quanto detto da Daniel Pennac (1993)1 in merito alla
lettura: «apprendere» (come «leggere») è un verbo che non regge l’imperativo.
Dire a un bambino o a una bambina di sei anni «impara» difficilmente ottiene
risultati significativi.
Per questo, le attività presentate nelle pagine seguenti si basano su un approccio
ludico o su routine significative che hanno l’obiettivo di intercettare la naturale
predisposizione al successo scolastico di ogni alunno e di ogni alunna.

Le competenze in gioco
Le attività proposte nel primo traguardo mirano a sviluppare:

3 COMPETENZE FONDAMENTALI

Competenze sociali
Competenze Competenze legate
finalizzate al lavoro
di lingua italiana all’autonomia
comune

ɖ Ascoltare. ɖ Partecipare ɖ Operare scelte


ɖ Parlare. attivamente nelle personali.
conversazioni di
coppia e di classe.
ɖ Esprimere le proprie
emozioni.

1
Pennac D. (1993), Come un romanzo, Milano, Feltrinelli.

50 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 2 3 realtà finale

Dalle Indicazioni Nazionali alle 7 dimensioni didattiche

Quanto chiarito in premessa porta in primo piano una funzione della scuola ben espressa dalle
Indicazioni del 2012.
«La scuola propone situazioni e contesti in cui gli alunni riflettono per capire il mondo e se stessi,
[…] trovano stimoli per sviluppare il pensiero analitico e critico […]. Favorisce lo sviluppo delle
capacità necessarie per imparare a leggere le proprie emozioni e a gestirle, per porsi obiettivi
non immediati e perseguirli».
Nello scenario disegnato dalle Indicazioni si trova a vari livelli un richiamo alla scuola come
ambiente di relazione, nel quale il contesto insegna perché mette in comunicazione soggetti
diversi che hanno l’opportunità di sviluppare le proprie competenze in funzione della necessità
di confrontarsi con gli altri.
Inoltre, le Indicazioni dedicano alla comunicazione orale un intero paragrafo nel quale si precisa
che «la comunicazione orale nella forma dell’ascolto e del parlato è il modo naturale con cui
il bambino, a un tempo, entra in rapporto con gli altri e “dà i nomi alle cose” esplorandone la
complessità».
Dare i nomi alle cose è il primo e fondamentale approccio alla conoscenza. Le proposte di questo
traguardo, in particolare, si soffermano nel dare un nome alle emozioni la cui gestione, come
accennato in premessa, costituisce il principale ingrediente della costruzione di un gruppo coeso.
Accanto a questo, non va poi dimenticato che attraverso l’oralità si sviluppano sofisticate
competenze cognitive. Infatti, la scuola è fondamentale per sviluppare la «capacità di intera-
gire, di nominare in modo sempre più esteso, di elaborare il pensiero attraverso l’oralità e di
comprendere discorsi e testi di vario tipo».
Sebbene dalle Indicazioni ci separi ormai più di un decennio, sembra molto attuale il richiamo
all’oralità, specie se connesso ai rischi di una scuola basata sulla performance, sulle schede da
completare. Le proposte operative sul parlato e sull’ascolto ci chiedono di far attenzione ai
tempi distesi dell’apprendimento, di concedere a tutti gli alunni e a tutte le alunne il tempo e
lo spazio per esprimersi in modo libero e disinteressato.
Anche perché le attività orali promuovono «la capacità di ampliare il lessico, ascoltare e pro-
durre discorsi per scopi diversi e man mano più articolati e meglio pianificati». Tutte abilità
fondamentali per il successo scolastico.

Il traguardo si basa su alcuni presupposti che ne caratterizzano la progettazione:


Progettazione – l’ascolto e il parlato sono il primo livello delle competenze che ruotano intorno
alla piena socializzazione dei bambini e delle bambine. Anche per questo, il primo
traguardo è strettamente connesso con la costruzione del gruppo classe;
– l’appello della giornata, inteso come prima routine di classe, è il momento in cui
ciascun componente della classe inizia a prendere coscienza degli altri bambini
e delle altre bambine. È, pertanto, un’ottima occasione per far conoscere i nomi,
i visi e anche le emozioni di tutti i compagni e di tutte le compagne di classe;
– abbinate all’appello della giornata sono le proposte didattiche relative al presen-
tarsi agli altri. I bambini e le bambine si fanno conoscere attraverso i disegni,
parlando delle proprie emozioni, ma anche sottoponendosi a una semplice
intervista;
– infine, un lavoro sull’ascolto e il parlato può essere un buon punto di partenza
per iniziare a lavorare sugli aspetti fonologici della lingua italiana. Giochi e at-
tività per riconoscere i vari suoni, infatti, sono il primo passo per affrontare la
scrittura delle parole.

La valutazione dei progressi della classe è affidata, in questo primo traguardo,


Valutazione all’osservazione sistematica dell’insegnante. Da un punto di vista temporale, il
traguardo interessa il primissimo periodo della prima e difficilmente la valutazione
può tenere conto di elementi diversi.

Classe prima • 51
TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 2 3 realtà finale

La differenziazione della proposta didattica consente di tenere alto il livello dell’at-


Differenziazione tenzione e della motivazione. Le attività sono generalmente brevi e basate su:
– movimento
– disegno
– riconoscimento
– scambi comunicativi
– giochi.

I bambini e le bambine sperimentano i primi momenti di autonomia, soprattutto


Autonomia nelle relazioni interpersonali e nella scoperta delle prime attività didattiche. In
e libertà di scelta particolare, nella seconda Unità di lavoro, dedicata ai primi giochi fonologici, la
classe inizia a riflettere sulla lingua e a costruire le prime esperienze che porte-
ranno all’importante acquisizione della lettoscrittura.

La cura del gruppo è il focus centrale di tutto il traguardo. La conoscenza del


Competenze emotive gruppo classe:
e cura del gruppo – parte dalle routine dell’attivazione;
– prosegue con l’Unità di lavoro dedicata alla presentazione di sé;
– continua fino al compito di realtà, nel quale ogni alunno e ogni alunna presenta
alla classe un compagno o una compagna.
Rilevante — e non potrebbe essere diversamente, visto il filo conduttore del
traguardo — è anche il ruolo delle emozioni personali. Questo argomento è al
centro dell’Unità di lavoro numero 3 («Le nostre emozioni») e propone alcune
suggestioni sulla Educazione Razionale Emotiva.

Il lavoro sulla comunicazione orale ha come obiettivo sostanziale l’acquisizione di


Consapevolezza una consapevolezza linguistica e di una appartenenza al gruppo classe più marcate.

Consapevolezza e appartenenza, però, devono tener conto dell’esercizio fon-


damentale della creatività degli alunni e delle alunne. A questo proposito, nelle
Creatività diverse Unità di lavoro sono stati messi in evidenza alcuni suggerimenti specifici.
La dimensione inclusiva della classe è una conquista irrinunciabile e si fonda,
innanzi tutto, sulle convinzioni profonde dell’insegnante, le quali poi si sostan-
ziano in proposte operative.
Nel presente traguardo, queste ultime puntano su alcuni principi generali, ovvero:
– la classe è il luogo dell’espressione personale e solo chi si sente (e ha l’opportu-
nità di sentirsi) pienamente partecipe è un soggetto incluso. Per questo, tutte
le proposte che seguono insistono sul doppio binario della socializzazione e
dell’espressione orale;
– in riferimento alla facilitazione, alla semplificazione e alla personalizzazione delle
proposte, vista anche la natura degli obiettivi, spetta all’insegnante far valere
la propria capacità di mediazione. In una classe, di solito, ci sono sia soggetti
molto attivi sia bambini e bambine rinunciatari, e a tutti vanno offerte le stesse
opportunità;
– il kit delle proposte è vario perché anche sotto il profilo dell’inclusione, nei primi
periodi della classe prima, bisogna tenere presenti le caratteristiche di tutti gli
alunni e di tutte le alunne, i tempi di attenzione e le aspettative di ciascuno;
– la costruzione delle relazioni di classe. Questo dato fondamentale, sia per gli
apprendimenti sia per l’inclusione di tutti e di tutte, va costruito da subito e con
una progettazione intenzionale.

52 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 2 3 realtà finale

Bowey J.A. (2005),


Predicting individual
APPROFONDIMENTO AL TRAGUARDO 1
differences in learning to Quali sono i principali processi cognitivi ed emotivo-motivazionali che sostengono
read. In M.J. Snowling
le attività di questo traguardo?
e C. Hulme (a cura di),
The science of reading:
A handbook, Oxford, • Le abilità fonologiche come prerequisito della lettura e della scrittura
Balckwell, pp. 155-172. Imparare a leggere in una lingua trasparente come l’italiano richiede di imparare ad associare
doi:10.1002/ specifiche forme scritte ai relativi suoni.
9780470757642.ch9 Considerato questo, risulta chiaro perché una grande mole di ricerche ha evidenziato come le
abilità fonologiche siano un precursore fondamentale dell’abilità di lettura (Bowey, 2005; Mu-
Muter V., Hulme C., ter et al., 2004). Queste riguardano la capacità di riflettere e manipolare i suoni delle parole.
Snowling M.J. e Stevenson Più nello specifico ci riferiamo alla sensibilità rispetto alla struttura sonora delle parole
J. (2004), Phonemes, rimes, (coglierne le rime ad esempio e saperle produrre), alla capacità di individuare, segmentare
vocabulary, and grammatical
e fondere le sillabe di una parola e i suoi fonemi. Le abilità fonologiche riguardano anche
skills as foundations of
la capacità di cogliere somiglianze nei suoni iniziali o finali di parole diverse e la capacità di
early reading development:
elidere, aggiungere o invertire fonemi tra parole date.
Evidence from a longitudinal
study, «Developmental Alcune attività che sostengono lo sviluppo della consapevolezza fonologica sono:
Psychology», vol. 40, pp. – esercizi di fusione sillabica, in cui il bambino o la bambina sente il suono delle sillabe di
663-681. doi:10.1037/ una parola e deve indovinare di quale parola si tratta;
0012-1649.40.5.665 – esercizi di segmentazione sillabica, in cui il bambino o la bambina deve dividere in sillabe
una parola udita;
– esercizi di fusione fonemica, in cui il bambino o la bambina sente il suono isolato delle
lettere di una parola e deve individuare di quale parola si tratta;
– individuazione del suono iniziale o finale di una parola;
– esercizi di segmentazione fonemica, in cui il bambino e la bambina devono dividere in
Salovey P. e Mayer fonemi una parola udita.
J.D. (1990), Emotional • L’intelligenza emotiva
intelligence. Imagination,
cognition and personality, L’intelligenza umana non è un costrutto unitario, ma è formata da diversi tipi di intelligenze.
vol. 9, n. 3, pp. 185-211. Una di queste è l’intelligenza emotiva, che viene descritta come un insieme di capacità che
concorrono al riconoscimento, all’espressione e al controllo delle risposte emotive sia rispetto
Elias M.J. e Weissberg R.P. a se stessi sia rispetto agli altri (Salovey e Mayer, 1990).
(2000), Primary prevention: Una persona con un buon livello di intelligenza emotiva mostra solitamente un buon livello
Educational approaches to di equilibrio psicologico. È consapevole delle proprie emozioni e di quelle degli altri. È aperta
enhance social and emotional a esperienze emotive positive e negative, è capace di dare un nome alle proprie emozioni e
learning, «Journal of School di comunicarle in modo efficace. Questa consapevolezza la porta a una regolazione efficace
Health», vol. 70, n. 5, pp. delle emozioni sia internamente sia in contesti sociali, e tutto questo contribuisce fortemente
186-190. al suo benessere (Salovey e Mayer, 1990).
Le persone che, invece, non sono capaci di regolare le proprie emozioni a volte ne diven-
Elias M.J., Zins J.E., tano schiave. Faticano a fare quelle scelte che le porterebbero a una vita ricca di emozioni
Weissberg R.P., Frey K.S., piacevoli. Chi poi non riesce a riconoscere le emozioni altrui o, anche peggio, che porta altri
Greenberg M.T., Haynes
a provare emozioni spiacevoli spesso finisce per avere notevoli problemi in ambito sociale
N.M., Kessler R., Schwab-
(Salovey e Mayer, 1990).
Stone M.E. e Shriver T.P.
(1997), Promoting social L’intelligenza emotiva può essere concettualizzata come composta da tre elementi principali:
and emotional learning, – la capacità di riconoscere le emozioni. Il saper riconoscere e nominare le proprie emo-
Alexandria, VA, Association zioni è fondamentale per poi riuscire ad avere un controllo su di esse. Poiché viviamo in
for Supervision and una comunità di persone, risulta molto importante anche riconoscere le emozioni negli
Curriculum Development. altri per riuscire ad agire in modo funzionale in un contesto sociale;
– la capacità di regolare le emozioni. Una volta che riconosciamo le nostre emozioni pos-
Payton J.W., Wardlaw D.M., siamo mettere in atto in modo più o meno consapevole delle azioni che permettono di
Graczyk P. A., Bloodworth tenerle sotto controllo e di esprimerle in modo funzionale;
M.R., Trompsett C.J. e – la capacità di utilizzare le proprie emozioni. Le persone che sono maggiormente con-
Weissberg R.P. (2000), sapevoli delle proprie emozioni possono essere più capaci di tenere in considerazione i
Social and emotional propri stati d’animo quando devono scegliere tra le possibili alternative in una situazione
learning: A framework for o affrontare un problema.
promoting mental health and I bambini e le bambine che riescono a usare in modo efficace le proprie emozioni riescono
reducing risk behavior in
anche a controllare le proprie reazioni istintive quando si trovano in situazioni stressanti,
children and youth, «Journal
a comunicare agli altri in modo efficace le proprie emozioni, a sviluppare relazioni positive
of School Health», vol. 70,
e sane con familiari e amici e a divenire persone di successo a scuola, più tardi nel lavoro e
n. 5, pp. 179-184.
in generale nella loro vita (Elias e Weissberg, 2000; Elias et al., 1997; Payton et al., 2000).

Classe prima • 53
TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 2 3 realtà finale

• A quali strategie educative si attinge in questo traguardo?


I presupposti su cui si basano i programmi di Educazione Razionale Emotiva ci vengono dagli
studi di Albert Ellis: se noi riusciamo a pensare in modo razionale, la forza traumatica di qualun-
que evento si riduce drasticamente. Infatti varie forme di disagio psicologico ed emotivo non
vengono determinate dalle caratteristiche dell’evento in sé, ma dai pensieri, spesso distorti
e irrazionali, per mezzo dei quali lo interpretiamo e gli assegniamo un significato negativo.
L’espressione «Educazione Razionale Emotiva» sta a indicare che possiamo educare il bam-
bino a trasformare le proprie emozioni disfunzionali imparando a usare in modo costruttivo
la propria capacità di pensare razionalmente.
Solitamente un programma di Educazione Razionale Emotiva si sviluppa attraverso tre fasi:
– innanzitutto si cerca di aiutare il bambino a riconoscere, a identificare le proprie emozioni,
a essere consapevole di come si sente quando prova un certo disagio emotivo;
– poi si tratta di aiutarlo a identificare il rapporto esistente fra modo di sentirsi e modo
di pensare e a rendersi conto che se si sente in un certo modo è perché pensa secondo
determinate modalità;
– infine, si cercherà di aiutare il bambino a intervenire su quei meccanismi mentali che sono
alla base di emozioni disfunzionali, operando una trasformazione nel proprio dialogo inter-
no, ossia nel modo in cui parla a se stesso quando interpreta e valuta ciò che gli accade.
Per saperne di più è possibile visitare il sito http://www.educazione-emotiva.it/basi-ere.htm

54 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 � 3 realtà finale

Progettazione del traguardo


Obiettivi
Il primo traguardo lavora su questi obiettivi specifici.

OBIETTIVI SPECIFICI
Obiettivi specifici

Acquisizione ed espansione
Ascolto e parlato
del lessico ricettivo e produttivo

ɖ Prendere la parola negli scambi ɖ Ampliare il patrimonio lessicale


comunicativi (dialogo, conversazione, attraverso esperienze scolastiche ed
discussione) rispettando i turni di extrascolastiche e attività di interazione
parola. orale.
ɖ Comprendere l’argomento e le ɖ Usare in modo appropriato le parole
informazioni principali di discorsi man mano apprese.
affrontati in classe.
ɖ Raccontare storie personali.

Calendarizzazione e durata
Calendarizzazione
e durata
Mesi Fase Durata

Settembre-ottobre Attivazione: L’appello attivo 30 minuti, ogni giorno

1 ora e mezza
Settembre-ottobre UDL 1: Presentiamoci!
ogni due/tre giorni

UDL 2: Giochiamo con i suoni


Settembre-ottobre 1 ora al giorno
e le parole

Settembre-ottobre UDL 3: Le nostre emozioni 2 settimane

Compito di realtà: Vi presento


Fine ottobre 2 ore
un amico o un’amica

Come valorizziamo il gruppo


Come valorizzare In questo traguardo, il coinvolgimento dei bambini e delle bambine avviene con
il gruppo occasionali lavori di coppia non strutturati. Si propone un primo livello di socia-
lizzazione, una conoscenza reciproca in occasioni di lavoro molto vicine al gioco.
Proprio la socializzazione, oltre all’attivazione del parlato e dell’ascolto, è uno
degli obiettivi della proposta: i bambini e le bambine devono, pertanto, avere
l’opportunità di praticarla.

Classe prima • 55
TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 � 3 realtà finale

ATTIVAZIONE: L’appello attivo


L’appello quotidiano costituisce una delle prime routine significative che scandi-
scono la vita scolastica. I bambini e le bambine della classe prima possono trovare
proprio nell’appello una pratica di continuità rispetto alla scuola dell’infanzia,
dove spesso la giornata scolastica si apre in modo simile.
Nel nostro caso, il momento dell’appello assume vari significati:
– la conoscenza reciproca. La conoscenza interpersonale tra bambini e bambine di
sei anni sembra un processo naturale, ma in realtà servono pratica e attenzione
per allargare il più possibile la rete delle relazioni. L’appello offre l’occasione per
memorizzare i nomi e per associarli ai visi della classe. Offre anche l’opportunità
di un «momento dedicato» a ciascuno e a ciascuna: dire alla classe «Ci sono»,
«Eccomi», alzare la mano, o alzarsi in piedi, non sono le uniche possibilità di
giocare all’appello. Si possono concordare mille altre possibilità, anche a partire
dai suggerimenti dei bambini e delle bambine. L’insegnante può, inizialmente,
lanciare una proposta diversa al giorno (saltare, ballare, cantare, battere le mani,
mimare, mostrare un disegno, ecc.), finché emergeranno nuove idee dalla classe.
A partire da questo primo e fondamentale livello di conoscenza, possono poi
essere presentati ulteriori stimoli e giochi;
– un primo avvio delle attività fonologiche. A partire dai nomi degli alunni e delle
alunne si può procedere ad attività funzionali al riconoscimento dei suoni che
compongono le parole.
È questo, in definitiva, l’aspetto più interessante delle routine scolastiche. In quan-
to prevedibili e regolarmente scandite, esse determinano il contesto rassicurante
all’interno del quale introdurre piccole richieste cognitive, ogni volta più complesse,
fino a determinare dei cambiamenti significativi nelle competenze della classe.
Vedremo come nella descrizione dell’attività.

Competenze coinvolte
ɖ Partecipare alle attività di classe.
ɖ Socializzare con il gruppo classe.

Spazi e tempi
ɖ L’aula, la palestra, il cortile, il corridoio: ogni spazio è utile per il
momento dell’accoglienza.
ɖ L’attivazione viene praticata tutti i giorni per circa 30 minuti al giorno.
I diversi suggerimenti proposti sopra possono andare ben oltre i due
mesi di questo traguardo e rappresentano una pratica utile per tutto
l’anno scolastico.

Materiali necessari
Cartellone o cartoncini, a seconda della soluzione adottata dall’insegnante.
Foto degli alunni e delle alunne in formato tessera.

Descrizione dell’attività
Descrizione L’attività prevede la realizzazione iniziale di un cartellone da parte dell’insegnante.
Visto che dovrà essere gestito dai bambini e dalle bambine della classe, andrebbe
posizionato a un’altezza adeguata. Il cartellone può essere sostituito da una serie
di cartoncini, sempre posizionati ad altezza bambino/a: la scelta tra queste due
possibilità è spesso condizionata dalle caratteristiche dell’aula (è necessario uno

5� • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 � 3 realtà finale

spazio sufficientemente libero e ben visibile da tutta la classe). Per semplicità, da


questo momento ci riferiremo genericamente al «cartellone dell’appello».
Il cartellone ospita una riga con quattro piccoli quadrati di velcro per ogni alunno
o alunna. Il risultato dovrebbe essere simile a quello mostrato di seguito (le righe
varieranno in base al numero degli alunni).

NOMI ALUNNI E ALUNNE FOTO RITRATTO ATTIVITÀ UDL 3 ATTIVITÀ EXTRA

A parte, l’insegnante prepara:


– i nomi dei bambini e delle bambine opportunamente plastificati. Sul retro del
nome viene posizionato il velcro che consentirà il posizionamento sul cartellone;
– le fototessere dei bambini e delle bambine, anch’esse plastificate e munite di
velcro sul retro.
Il cartellone, quindi, è pensato per ospitare:
– nella prima colonna i fogli plastificati con i nomi dei bambini e delle bambine;
– nella seconda colonna le foto;
– la terza colonna è destinata a un’attività della terza Unità di lavoro;
– la quarta colonna a proposte didattiche non previste nel curricolo di italiano (ad
esempio, un lavoro sui mesi tipicamente inserito nella progettazione di storia).
In questo caso, si plastificano i mesi di nascita degli alunni e delle alunne in vista
di un’attività sui compleanni.
Nel corso dei due mesi, ovvero il tempo che dedichiamo a questo traguardo, la
proposta operativa che abbiamo chiamato «L’appello» aumenta progressivamente
di difficoltà. Partiamo dai primi giorni di scuola e procediamo in ordine di tempo.

I primi giorni di scuola


Sul cartellone sono posizionati i nomi dei bambini e delle bambine e le loro fo-
tografie. L’insegnante si colloca accanto all’elenco, nomina gli alunni e le alunne
e mostra con il dito le foto.
L’obiettivo dichiarato è controllare se ci sono assenti, ma l’appello non deve essere
percepito come pratica burocratica. È in realtà la prima occasione per creare un
clima positivo e possibilmente di gioco. L’insegnante può fingere di non ricono-
scere le foto o sbagliare i nomi o inventarsi dei tormentoni che portino in classe
il giusto umorismo.

Le prime attivazioni
Le fotografie vengono posizionate sui banchi degli alunni e delle alunne. È ancora
l’insegnante a nominare i bambini e le bambine, ma in questo caso è la stessa
persona nominata a sistemare la foto accanto al proprio nome.

Classe prima • 57
TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 � 3 realtà finale

All’inizio si consiglia di mantenere l’ordine alfabetico per fare in modo che il nome
scritto nella prima colonna non sia l’unico stimolo per risolvere questa vera e
propria situazione problematica. Ancora una volta l’insegnante abbina il nome al
volto del bambino o della bambina chiamato a collocare la foto. In questo caso,
un approccio umoristico può prevedere richieste («Mostraci la stessa espressione
che avevi nella foto…») o piccoli sketch («No, ma questa foto non è tua… ma sei
sicuro/sicura? Ma sei cambiato/cambiata…»).
Un’attivazione altrettanto semplice consiste nel posizionare sul cartellone le
foto dei bambini e delle bambine e chiedere di collocare il proprio nome nella
prima colonna.

Attivazioni sempre più complesse


Dopo alcune ripetizioni delle attivazioni più semplici si possono proporre com-
piti un po’ più complessi. Ad esempio, a turno, i bambini e le bambine vengono
chiamati per:
– estrarre da una ciotola una foto a caso. Dopo aver nominato la persona estratta,
con l’aiuto dell’insegnante, la foto viene sistemata nella giusta posizione sul
cartellone;
– pescare una foto a caso, girare tra i banchi e chiedere il nome al bambino o alla
bambina estratto/a prima di collocare la foto sul cartellone;
– cercare la foto di un preciso alunno o alunna da collocare nella giusta posizione;
– gestire l’appello in prima persona. Il bambino o la bambina deve, quindi, pescare
tutte le foto e sistemarle sul cartellone: ovviamente, almeno all’inizio, con l’aiuto
dell’insegnante.
Come accennato precedentemente, l’attivazione viene richiesta non solo a chi
è chiamato o chiamata a gestire l’appello, ma a tutta la classe. Ogni bambino e
ogni bambina, infatti, si metterà in gioco annunciando la sua presenza in modi
differenti (solo voce, solo corpo, corpo e voce, ecc.).

Attivazione con le parole


Ricordiamo che l’obiettivo fondamentale di tutta questa proposta è la conoscenza
reciproca tra gli alunni e le alunne. Questo non esclude, però, la possibilità di
aggiungere progressivamente attività di tipo linguistico.
Ad esempio, il momento dell’appello può essere l’occasione in cui ciascuno ri-
conosce prima l’etichetta con il proprio nome e la colloca accanto alla fotografia
posizionata sul cartellone. Poi si potrà procedere con il riconoscimento del nome
degli altri e delle altre.
Sarà cura dell’insegnante, anche in ottica di personalizzazione, calibrare le ri-
chieste ai bambini e alle bambine in base al loro grado di maturazione linguistica.
Questa proposta va ovviamente presentata in modo graduale: all’inizio il riconosci-
mento avviene fra due nomi, poi fra tre e poi in situazioni sempre più complesse.
Il riconoscimento del proprio nome fornisce all’insegnante le prime informazioni
utili sulla classe per il percorso di lettoscrittura.
Altre osservazioni interessanti possono essere ricavate da domande del tipo:
– quali altri nomi iniziano come (nome di un bambino o di una bambina)…?
– con quale suono inizia il nome di…?
– con quale suono finisce il nome di…?
– quale frutto (animale, oggetto…) inizia con lo stesso suono di…?
L’appello fornisce cioè il contesto in cui emergono le competenze linguistiche dei
bambini e delle bambine e, contemporaneamente, si verifica un fondamentale
«apprendimento per immersione».

5� • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 � 3 realtà finale

Ultima tappa di questo percorso, che però richiede molto tempo e non va certo
forzata nelle stesse tempistiche per l’intera classe, è il riconoscimento di tutti i
nomi e la loro sistemazione nella giusta posizione.

Come possiamo favorire l’inclusione e personalizzare il materiale


Come La pratica dell’appello è a forte mediazione del docente. Inclusione e personalizza-
personalizzare zione dipendono dalla sua capacità di interagire con i bambini e le bambine. Al di
là di situazioni specifiche, le dinamiche che si possono creare sotto il profilo della
partecipazione ruotano intorno a due atteggiamenti, esuberanti e rinunciatari.
Spesso la rigidità non è una soluzione: stabilire un ordine preciso degli interventi,
ad esempio, metterebbe in difficoltà i più timidi, che potrebbero non rispondere
immediatamente all’attivazione e che vanno convinti con calma. Il consiglio è
chiamare a lavorare sull’appello più bambini o bambine nell’arco della stessa
mattinata. È più facile, in questo modo, rispondere alle esigenze di attenzione
di chi vorrebbe partecipare sempre e contemporaneamente coinvolgere chi non
vorrebbe esporsi. Anche rimandare è una buona strategia. Alcune frasi non pos-
sono mancare nel repertorio di un insegnante:
– «Sì, adesso chiedo a… tra un po’ coinvolgo te»;
– «Oggi ho già pensato di coinvolgere… ma domani ti chiamo, promesso»;
– «Ho già pensato di coinvolgerti, ma preferisco farti fare una cosa più complicata…
per te ho un’idea spaccacervelli».
Per convincere i bambini e le bambine meno propositivi, invece, servono tempo
e rassicurazioni. In questi casi si può:
– chiedere di scegliere un compagno o una compagna come aiutante. Svolgere in
coppia una delle attività proposte per l’appello è sicuramente più comodo che
affrontare il cartellone da soli;
– stabilire insieme quando assumere l’incarico di gestire l’appello: è, in termini
diversi, la stessa strategia del rimandare vista sopra.

Cosa possiamo osservare


Cosa Durante lo svolgimento dell’attività possiamo osservare e valutare i progressi in
osservare merito a:
– la partecipazione
– la loro creatività
– le competenze di base per la lettoscrittura.
Di seguito presentiamo le domande-guida per la costruzione di una griglia di
osservazione (disponibile per la stampa nelle risorse online), utile a monitorare
Risorse online i progressi della classe.
C�_T�_attivazione
griglia osservazione
PARTECIPAZIONE

Partecipa in modo attivo e sicuro al momento dell’appello attivo?

Memorizza i nomi dei compagni e delle compagne?

CREATIVITÀ

Propone forme alternative per fare l’appello attivo?

Classe prima • 59
TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
1 � 3 realtà finale

LETTOSCRITTURA

Riconosce e differenzia i suoni?

Legge il proprio nome?

Riconosce il nome dei compagni e delle compagne individuando alcune lettere o sillabe?

Legge in modo sicuro il nome degli altri e delle altre?

�0 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
� � 3 realtà finale

SVILUPPO UDL 2: Giochiamo con i suoni e le parole


L’attivazione basata sulla routine dell’appello ha già proposto alla classe alcuni
semplici giochi di tipo fonologico. I bambini hanno iniziato a isolare all’interno
delle parole i primi suoni e, a partire da questa prima conquista, sono stati coin-
volti in semplici attività.
In questo secondo traguardo, ampliamo la casistica dei giochi da proporre e cer-
chiamo di affinare sempre più la capacità di discriminare i suoni all’interno delle
frasi e delle parole.

Competenze coinvolte
ɖ Riconoscere e classificare parole su base fonologica e semantica.
ɖ Partecipare a giochi linguistici.

Tempi
Complessivamente, si può destinare circa un’ora al giorno alle attività di
seguito descritte. L’indicazione di massima è variare spesso e basarsi princi-
palmente sui segnali di attenzione/disattenzione che la classe manda.

Materiali necessari
Carta e pennarelli colorati per scrivere lettere, sillabe e parole.

Descrizione dell’attività
Descrizione Per le attività che seguono vale buona parte delle indicazioni fornite per la routine
dell’appello. Proponiamo, cioè, una serie di giochi e piste operative piuttosto brevi,
da presentare tutti i giorni e da alternare con una certa frequenza.
Il lavoro dei bambini e delle bambine, nel periodo iniziale della classe prima, è
prevedibilmente influenzato dai brevi tempi di attenzione.
Per iniziare, si può proporre alla classe la filastrocca riportata di seguito, tratta dal
volume L’alfabeto con le filastrocche di Patrizia Fiori (Erickson, 2010) e disponibile
nelle risorse online.
Risorse online
C�_T�_UDL�
sch_��

Classe prima • �5
TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
� � 3 realtà finale

La memorizzazione della filastrocca avviene in classe, per ripetizioni successive.


L’insegnante legge una prima volta esagerando il suono delle vocali, poi riprende
la filastrocca dall’inizio e invita anche i bambini e le bambine a pronunciare le
vocali allo stesso modo. Ovviamente non è necessaria una spiegazione sistematica,
né una distinzione tra vocali e consonanti. È sufficiente che gli alunni e le alunne
inizino a pronunciare i suoni delle lettere seguendo le indicazioni dell’insegnante.
Inoltre, la filastrocca andrebbe interpretata anche da un punto di vista motorio,
con gesti e movimenti.
La filastrocca può diventare una sorta di «sigla» delle attività proposte di seguito.

Tagliare le parole con le mani


La proposta è molto semplice: l’insegnante nomina una parola e la classe deve
scandirla battendo le mani a ogni sillaba. Così, ad esempio, per la parola SOLE:
SO (battito) LE (battito).
Per guidare tutti i bambini e tutte le bambine, si può iniziare con il coinvolgimen-
to di tutta la classe, ma presto si può arrivare a coinvolgere a uno a uno tutti gli
alunni e le alunne.

Parole in movimento
Gli alunni e le alunne ricevono disegni o foto (cane, cavallo, moto, mora, sapone,
sale…).
Prima di iniziare il gioco, l’insegnante invita tutti e tutte a nominare il contenuto
del foglio appena ricevuto.
L’inizio del gioco è segnato dall’avvio di una musica di sottofondo, durante la
quale i bambini e le bambine:
– camminano per l’aula mostrando in modo ben evidente il contenuto del proprio
foglio;
– osservano i fogli degli altri.
Quando l’insegnante interrompe la musica, ciascun giocatore deve cercare i
compagni con i quali accoppiarsi in base all’indicazione fornita dall’insegnante.
Alcune indicazioni possono essere:
– «Cerca le parole che iniziano come la tua»
– «Cerca le parole che finiscono come la tua»
– «Cerca le parole che hanno la stessa lunghezza della tua»
– «Cerca le parole che non iniziano come la tua»
– …

Un bastimento carico di…


«Un bastimento carico di…» è un grande classico dei giochi scolastici e può essere
impiegato nelle attività fonologiche.
I bambini e le bambine si posizionano, in piedi, dietro la propria sedia.
L’insegnante pronuncia la frase di rito («È arrivato un bastimento carico di…») e
aggiunge una sillaba o una lettera. All’inizio può anche proporre un insieme di sillabe.
Esempio: è arrivato un bastimento carico di MA, ME e MI.
A turno, gli alunni e le alunne pronunciano una parola che inizia con una delle
sillabe stabilite dall’insegnante. Chi non riesce a dire una nuova parola, quindi
non pronunciata da altri bambini o altre bambine, si siede.
Quando resta in piedi un piccolo gruppo di alunni e alunne (ad esempio quattro)
il gioco termina. Si sconsiglia di proseguire fino alla proclamazione di un solo vin-
citore perché la scelta potrebbe creare situazioni competitive poco desiderabili,
soprattutto con bambini e bambine così piccoli.

�� • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
� � 3 realtà finale

Parole incatenate
Il gioco delle parole incatenate consiste nel trovare una parola che inizia con la
sillaba finale della parola precedente.
Quindi, data la parola «CANE», i giocatori e le giocatrici devono nominare una
parola che inizi con NE, ad esempio «NEVE».
Il giocatore successivo deve quindi pensare una parola che inizi con la sillaba VE.
L’attività può essere organizzata come segue:
– un bambino o una bambina si pone al centro dell’aula e pronuncia una parola a
voce alta. Ad esempio: CANE;
– successivamente, chiama un compagno o una compagna;
– la persona chiamata, seguendo la regola descritta sopra, pronuncia una parola
che inizia con NE. Nel nostro esempio: NEVE;
– visto che la risposta è corretta, chi ha pronunciato la seconda parola (NEVE)
raggiunge al centro dell’aula il bambino o la bambina che ha pronunciato la prima
(CANE) e lo prende o la prende sottobraccio;
– progressivamente si forma la catena di parole che dà il titolo al gioco.
Dopo quattro o cinque passaggi, l’insegnante interrompe l’attività e, soprattutto
le prime volte, può provare a riepilogare le parole pronunciate. Successivamente,
chiede ai bambini e alle bambine che sono ancora al proprio posto di fare altrettanto:
la classe è chiamata, pertanto, a prestare attenzione allo svolgimento del gioco.

Famiglie di parole
Il lavoro sulle famiglie di parole rappresenta una proposta avanzata e si basa su
alcune figure da ritagliare e incollare. Per la descrizione dell’attività, si rimanda ai
materiali tratti da Prime competenze di letto�scrittura di Lerida Cisotto e il Gruppo
RDL(Erickson, 2009) disponibili nelle risorse online e proposti di seguito in
Risorse online anteprima.
C�_T�_UDL�
sch_��

Classe prima • �7
TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
� � 3 realtà finale

�� • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
� � 3 realtà finale

Come possiamo favorire l’inclusione e personalizzare il materiale


Come Valgono molte delle indicazioni già fornite per l’attivazione attraverso la routine
personalizzare dell’appello.
Inclusione e personalizzazione vanno curate a partire dalla necessaria partecipa-
zione. Organizzare le proposte in modo da associare al compito cognitivo anche
una situazione di movimento aiuta sicuramente a stemperare la tensione e a
definire il giusto contesto ludico.
Gran parte delle attività è condotta direttamente dall’insegnante e questo consente
di differenziare la complessità delle richieste.
Sulla personalizzazione nei confronti dei bambini e delle bambine che sanno già
scrivere si è già detto: si possono cioè proporre attività di scrittura in abbinamento
ai compiti fonologici.
Una parte dell’attività prevede esercizio di ritaglio delle figure. I bambini e le
bambine più in difficoltà possono ricevere fotocopie ingrandite o forbici che
facilitino la motricità fine.

Cosa possiamo osservare


Cosa Durante lo svolgimento dell’attività possiamo osservare e valutare i progressi in
osservare merito a:
– le competenze linguistiche
– la partecipazione
– l’autonomia.
Di seguito presentiamo le domande-guida per la costruzione di una griglia di
osservazione (disponibile per la stampa nelle risorse online), utile a monitorare
Risorse online i progressi della classe.
C�_T�_UDL�
griglia osservazione
COMPETENZE LINGUISTICHE

Riconosce i suoni nelle parole?

Riconosce parole simili su base fonologica?

Riconosce parole simili su base semantica?

Classifica le parole in base ai criteri dati?

PARTECIPAZIONE

Partecipa in modo corretto e sicuro alle diverse proposte ludiche?

AUTONOMIA

Si muove autonomamente nelle diverse proposte operative?

Chiede aiuto all’insegnante?

Chiede aiuto ai compagni e alle compagne?

Classe prima • �9
TRAGUARDO Presentazione Progettazione
1 Attivazione UDL UDL UDL Compito di
� � 3 realtà finale

Creatività
In classe prima, più ancora che in altri passaggi del ciclo scolastico, l’eterogeneità delle classi
è un dato molto rilevante. I bambini e le bambine che arrivano a scuola con una teoria della
lingua già molto ben strutturata e quelli che sanno già scrivere e leggere rischiano di trovare
poco motivanti le proposte esclusivamente fonologiche.
Nulla vieta, però, di assegnare a questi bambini e a queste bambine uno specifico ruolo di
scrittori e scrittrici. Se prendiamo il gioco della catena di parole, ad esempio, i nomi detti ad
alta voce (CANE, NEVE, …) potrebbero essere scritti dagli alunni e dalle alunne già capaci ed
essere consegnati a chi forma la catena.

Libri e materiali consigliati all’interno dell’UDL


Materiali utili /
Varianti Cisotto L. e Gruppo RDL (2009), Prime competenze di letto-scrittura� Trento, Erickson.
Fiori P. (2010), L’alfabeto con le filastrocche� Trento, Erickson.

70 • Didattica universale — Italiano per le classi 1 - 2 - 3


CLASSE SECONDA

TRAGUARDO 1
Scrivere un testo per
comunicare

ATTIVAZIONE: Un’intervista per iniziare! p. 165

SVILUPPO UDL 1: Il museo delle parole p. 169

SVILUPPO UDL 2: Io a scuola p. 173

SVILUPPO UDL 3: A scuola senza bussola p. 175

SVILUPPO UDL 4: Descrivere cooperativamente p. 182

SVILUPPO UDL 5: Idee per migliorare la nostra scuola p. 186

SVILUPPO UDL 6: Regole da ricordare p. 190

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Vi presentiamo la nostra scuola p. 193

TRAGUARDO 2
Leggere un testo a voce alta

ATTIVAZIONE: Mille e un personaggio p. 202

SVILUPPO UDL 1: Libri millegusti p. 206

SVILUPPO UDL 2: Diamo voce alla lettura p. 211

SVILUPPO UDL 3: Leggere a più voci p. 215

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Ciak… si legge! p. 218

TRAGUARDO 3
Riflettere sulle parole
e arricchire il lessico

ATTIVAZIONE: Parole in coppia p. 227

SVILUPPO UDL 1: Alla ricerca delle conte p. 230

SVILUPPO UDL 2: Rime per correre p. 233

SVILUPPO UDL 3: La valigetta della poesia p. 236

SVILUPPO UDL 4: Il nostro rimario p. 239

SVILUPPO UDL 5: La Magica scatola delle idee p. 241

COMPITO DI REALTÀ FINALE: I nostri «biglietti della fortuna» p. 245


CLASSE TERZA

TRAGUARDO 1
Scrivere un testo creativo

ATTIVAZIONE: Fiabe a sorpresa p. 259

SVILUPPO UDL 1: Personaggi delle fiabe p. 263

SVILUPPO UDL 2: Caccia al tesoro tra le fiabe p. 270

SVILUPPO UDL 3: Il «Cambiafiabe» p. 275

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Un pasticcio di fiabe da… mettere


p. 282
in scena!

TRAGUARDO 2
Leggere per comprendere
ed esporre

ATTIVAZIONE: Mille e un argomento da approfondire p. 292

SVILUPPO UDL 1: Testi senza segreti p. 296

SVILUPPO UDL 2: Nuvole di parole p. 302

SVILUPPO UDL 3: Studiare con le carte p. 307

SVILUPPO UDL 4: Una mappa per navigare p. 311

COMPITO DI REALTÀ FINALE: Come in un documentario p. 317

TRAGUARDO 3
Riflettere sulle parole e
arricchire il lessico

ATTIVAZIONE: La tombola delle parole p. 328

SVILUPPO UDL 1: Ortografia, un gioco da ragazzi e da ragazze p. 332

SVILUPPO UDL 2: Individuare e classificare parole p. 338

SVILUPPO UDL 3: Cogliere il significato di parole nuove p. 343

SVILUPPO UDL 4: Tra sinonimi e contrari p. 349

COMPITO DI REALTÀ FINALE: L’Atlante delle parole p. 353

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