Escarun

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Escarun
Origini
Luogo d'origineItalia (bandiera) Italia
RegionePiemonte
Diffusioneprovincia di Cuneo
Dettagli
Categoriaformaggio
Ingredienti principali
  • latte pecorino o caprino

L'escarun (dall'occitano "piccolo gregge") è un formaggio prodotto nelle valli della provincia di Cuneo, in Piemonte.[1][2]

Storia

L'escarun è un formaggio di origine occitana un tempo preparato dai pastori che svernavano le colline cuneesi.[1][2] Oggi l'escarun è un alimento molto raro che viene prodotto in quantità ridotte negli alpeggi del Cuneese[3] e in un caseificio di Farigliano.[1]

Caratteristiche

L'escarun è un formaggio a base di latte ovino o caprino.[1] È cilindrico, le sue forme pesano dai 2 ai 7 chilogrammi, e presenta una pasta friabile e chiara. La crosta è invece gialla e tendente al rosso. L'escarun ha un sapore forte e che può diventare talvolta piccante con il procedere della stagionatura. Può inoltre presentare una leggera erborinatura.[2][3] Oltre a essere consumato da solo, l'escarun si abbina bene con confetture, castagne o noci.[3]

Produzione

La tecnica di produzione dell'escarun è quella a "pasta rotta" ed è simile a quella usata per preparare il castelmagno.[1][4] Dopo la coagulazione, la pasta del formaggio viene rotta, strizzata in un fagotto e formata. In seguito, il prodotto viene strizzato una seconda volta, avvolto in un'altra tela e trasferito in fascere dove viene pressato a mano. In seguito viene posto a una stagionatura di circa quattro mesi.[2][3] L'escarun viene prodotto fra la primavera e il primo periodo estivo.[4]

Note

  1. ^ a b c d e Dizionario delle cucine regionali italiane, Slow Food, 2010, p. 244.
  2. ^ a b c d 500 eccellenze piemontesi, Slow Food, 2008, p. 61.
  3. ^ a b c d La grande cucina regionale - Piemonte, Corriere della Sera, 2005.
  4. ^ a b Istituto Nazionale di Sociologia Rurale, Dizionario enciclopedico dei formaggi, a cura di Corrado Barberis, Milano, Mondadori, 2008, p. 173, ISBN 978-88-04-57563-4.

Voci correlate

Collegamenti esterni

  • Escarun, su cucina.corriere.it. URL consultato il 4 giugno 2020.