Vini del Nuovo Mondo: differenze tra le versioni
←Nuova pagina: I '''vini del Nuovo Mondo''' sono quei vini prodotti al di fuori delle tradizionali aree viticole dell'Europa e del Medio Oriente, in particolare da Argentina, Australia, Canada, Cile, Messico, Nuova Zelanda, Sud Africa e Stati Uniti. La frase connota una distinzione tra questi vini del "Nuovo Mondo" e quei vini prodotti nei paesi del "Vecchio Mondo" con una lunga storia di produzione vinicola, essenzialmente in Europa, in particolare: F... |
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Il '''vino del Nuovo Mondo''' è un termine usato in [[enologia]] per riferirsi al [[vino]] prodotto al di fuori delle tradizionali aree viticole dell'[[Europa]] e del [[Medio Oriente]], in particolare in Argentina, Australia, Canada, Cile, Messico, Nuova Zelanda, Sudafrica e Stati Uniti. Si contrappongono ai [[vini del Vecchio Mondo]], ovvero vini con una lunga storia di produzione vinicola.<ref>{{cita news|url=https://www.winebuyers.com/en/blog/out-with-the-old-in-with-the-new|titolo=Old World vs New World wines: what you need to know|lingua=en}}</ref><ref name="differenze">{{cita news|url=https://winefolly.com/deep-dive/new-world-vs-old-world-wine/|titolo=The Real Differences Between New World and Old World Wine|lingua=en}}</ref> |
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I vini del Nuovo Mondo hanno generalmente un corpo più pieno, alcol elevato, acidità inferiore e pronunciati aromi di frutta rispetto ai vini del Vecchio Mondo tendenti a un corpo più leggero, una minore gradazione alcolica, una maggiore acidità e un sapore meno fruttato con più mineralità.<ref name="differenze" /> |
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==Caratteristiche== |
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===Stile=== |
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Poiché i vigneti del Nuovo Mondo si trovano generalmente in climi pių caldi di quelli dell'Europa centro-settentrionale - infatti alcune delle principali regioni del Nuovo Mondo sono desertiche irrigate - le uve del Nuovo Mondo tendono ad essere pių mature. [Citazione necessaria] Pertanto i vini del Nuovo Mondo tendono ad essere corrispondentemente pių alcolici e corposo. Critici come Robert M. Parker, Jr. hanno influenzato i produttori e i consumatori del Nuovo Mondo verso uno stile pių fruttato, con un maggiore uso del legno nuovo. Tuttavia, negli ultimi anni c'č stata una reazione contro alcuni degli stili molto legnosi e alcolici che caratterizzavano gli Chardonnay australiani della fine degli anni '80, ad esempio, poiché sono stati identificati vigneti pių freschi e i produttori di vino sono diventati pių sofisticati e pių sobri. |
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==Paesi== |
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===Etichetta varietale=== |
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Le regioni vinicole considerate<ref name="differenze"/> come "Nuovo mondo" sono: |
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Il vino tradizionalmente del Nuovo Mondo utilizzava nomi di famose regioni europee, come Borgogna, Champagne, Sherry, Porto e Hock. Ciō ha dato ai consumatori un'idea generale del sapore del vino. La situazione č cambiata quando i produttori di vino hanno sviluppato la fiducia per sviluppare i propri stili di vino come Grange. I produttori europei si sono opposti all'uso dei loro nomi regionali e scrittori come Frank Schoonmaker negli Stati Uniti hanno incoraggiato l'uso di nomi varietali usati sul vino d'Alsazia. Uno dei motivi era che, a differenza dell'Europa, non c'era storia di localitā particolari associate a particolari stili di vino e i produttori di vino potevano acquistare uva da molte fonti. In effetti, vini come Grange ignoravano specificamente l'origine delle uve per ottenere uno stile pių coerente. Cosė guidata da produttori di vino come Robert Mondavi, l'etichettatura varietale č diventata comune negli anni '60 e '70 e da allora si č diffusa nella maggior parte dell'Europa orientale e in gran parte dell'Europa occidentale. |
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* USA (California) |
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*Argentina |
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*Cile |
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*Australia |
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*Nuova Zelanda |
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*Sudafrica |
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*Cina |
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== Storia == |
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Successivamente, i produttori di vino del Nuovo Mondo hanno "riscoperto" l'arte di assemblare i vini, con miscele come Shiraz/Cabernet Sauvignon, Semillon/Sauvignon blanc e la combinazione del Rodano di Grenache, Shiraz e Mourvedre ("GSM") che stanno diventando pių comuni. E poiché i viticoltori del Nuovo Mondo hanno compreso meglio i terreni e il clima dei loro vigneti, il terroir č arrivato nel Nuovo Mondo, con la "terra rossa" di Coonawarra nota per i suoi Cabernet Sauvignon, la Valle dell'Eden e la Valle di Clare e il Bío-Bío cileno Valle per Riesling. |
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=== I primi vini nelle Americhe === |
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===Marketing=== |
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Le bevande alcoliche venivano prodotte dalle popolazioni indigene delle Americhe prima dell'era della scoperta. È noto che le popolazioni indigene usavano mais, patate, quinoa, [[Schinus]] e fragole per produrre bevande alcoliche. Nonostante l'esistenza di specie del genere ''Vitis'' (a cui appartiene ''Vitis vinifera'') in Venezuela, Colombia, America centrale e Messico, le popolazioni indigene non fermentavano queste specie e quindi non producevano vino<ref name=":4">{{Cita libro|nome=José del|cognome=Pozo|titolo=Historia del vino chileno|url=https://www.worldcat.org/oclc/255069967|accesso=24 aprile 2023|edizione=3. ed|data=2004|editore=Ed. Universitaria|oclc=255069967|ISBN=9561117355}}</ref>. |
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Essendo meno dipendenti dalla geografia, i vini del Nuovo Mondo hanno posto maggiore enfasi sul marchio come strumento di marketing, seguendo l'esempio dato dalla tedesca Blue Nun e dal portoghese Mateus Rosé, marchi creati rispettivamente nel 1927 e nel 1942. Uno stile particolare di branding č stato il "vino creatura" che utilizza animali sulle loro etichette. Senza l'ereditā parziale del codice napoleonico di cui preoccuparsi, i vigneti del Nuovo Mondo tendono ad essere molto pių grandi di quelli in Borgogna, ad esempio, il che ha consentito economie di scala e una migliore capacitā di negoziare con i rivenditori di massa. Con i supermercati che vendono una quota crescente di vino in molti mercati, i produttori del Nuovo Mondo sono in una posizione migliore per sfruttare questa tendenza verso volumi elevati e margini bassi. |
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I coloni spagnoli nelle Americhe inizialmente portarono animali e piante del Vecchio Mondo nelle Americhe per l'autoconsumo nel tentativo di riprodurre la dieta che avevano in Spagna e in Europa. Un ulteriore stimolo per la produzione di vino del Nuovo Mondo nell'America spagnola potrebbe essere stato che i vini europei esportati nelle Americhe in generale non venivano trasportati in bottiglie né sigillati con tappi di sughero che li rendevano inclini ad essere acidi<ref name=":4"/>. |
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===Proprietā=== |
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Le maggiori dimensioni delle aziende vinicole del Nuovo Mondo le hanno rese obiettivi attraenti per le multinazionali delle bevande che cercano di sfruttare la tendenza a bere vino piuttosto che birra o liquori. Cosė, il Gruppo Foster ha acquistato sia Beringer Blass (una holding di Wolf Blass, Mildara Wines e molti altri) che Southcorp Wines (holding di Penfolds, Lindemans, Wynns e molti altri). Pernod-Ricard ha acquistato Montana Wines, Diageo possiede Blossom Hill e Constellation Brands ha un portafoglio che abbraccia il Nuovo Mondo, da Ravenswood e Vincor a Nobilo e Hardys. |
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I tentativi di coltivare la vite nelle Americhe iniziarono a Hispaniola durante il secondo viaggio di Colombo nel 1494. [[Ferdinando II d'Aragona]], re di Spagna, vietò l'impianto di viti a Hispaniola nel 1503<ref name=":1">{{Cita pubblicazione|nome=David Joel|cognome=Mishkin|data=1966|titolo=The American Colonial Wine Industry: An Economic Interpretation|accesso=24 aprile 2023|url=https://hdl.handle.net/2142/61108}}</ref>. Dopo l'insediamento della vite in I vigneti di Hispaniola all'inizio del XVI secolo furono stabiliti con successo in Messico nel 1524<ref name=":1" />. Hernán Cortés, conquistatore del Messico, promosse l'impianto della vite e ne fece nel 1524 un requisito per i coloni spagnoli che volevano acquisire terreni nell'altopiano messicano per stabilire vigneti nelle loro terre<ref name=":1" />. Si sa che la coltivazione della vite in Perù fu intrapresa da Bartolomé de Terrazas e Francisco de Carabantes negli anni Quaranta del Cinquecento. Quest'ultimo stabilì vigneti a Ica da dove le viti furono poi portate in Cile e in Argentina<ref name=":4"/>. |
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== Collegamenti esterni == |
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* {{Collegamenti esterni}} |
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La più comune delle prime uve era un'uva nera chiamata ''Mission'' (spagnolo: Misión) che fu piantata in Messico e successivamente anche in Texas<ref>{{Cita libro|lingua=en|nome=Karen|cognome= MacNeil|titolo=The wine bible|url=http://archive.org/details/winebible00kare|accesso=24 aprile 2023|data=2001|editore=New York : Workman Pub.|ISBN=978-1-56305-434-1}}</ref>, e successivamente in California. Uve dello stesso ceppo furono piantate in Perù dove ricevette il nome di ''Negra peruana'' (nero peruviano) e da questo venne l'uva cilena più comune: il ''País''. Questa uva cilena fu introdotta in quella che oggi è l'Argentina, dove divenne nota come ''Criolla chica''. Si suppone che queste uve siano originarie della Spagna, ma esiste anche la possibilità che provengano dall'Italia in quanto assomigliano molto alla varietà ''Mónica'' coltivato in Sardegna oltre che in Spagna<ref name=":4"/>. |
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Nella seconda metà del XVI secolo, la domanda di vino tra i coloni spagnoli provocò un'impennata delle esportazioni di vino spagnolo in Messico e Cuba. Tuttavia, questo non era il caso di Perù, Cile e Argentina, dove la coltivazione dei vigneti si era rivelata un successo e, quindi, richiedeva meno importazioni di vini spagnoli. Rispetto al Perù e al Cile, i coloni spagnoli in Messico stabilirono pochissimi vigneti in confronto<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Prudence M.|cognome=Rice|data=1996|titolo=The Archaeology of Wine: The Wine and Brandy Haciendas of Moquegua, Peru|rivista=Journal of Field Archaeology|volume=23|numero=2|pp=187–204|accesso=24 aprile 2023|doi=10.2307/530503|url=https://www.jstor.org/stable/530503}}</ref>. |
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Nel XVI e XVII secolo la principale area vinicola delle Americhe era la costa centrale e meridionale del Perù, in particolare nell'area di Ica e Pisco. A parte il Perù e il Cile, il Paraguay si sviluppò nonostante le sue alte temperature in una zona vinicola nel XVI secolo. [[Hernando Arias de Saavedra]] che visitò la città di Asunción nel 1602 disse che c'erano 187 vigneti per un totale di 1.768.000 singole piante<ref name="scielo.cl">{{Cita pubblicazione|nome=Lorenzo|cognome=Huertas Vallejos|data=0/2004|titolo=Historia de la producción de vinos y piscos en el Perú|rivista=Universum (Talca)|volume=19|numero=2|pp=44–61|accesso=24 aprile 2023|doi=10.4067/S0718-23762004000200004|url=http://www.scielo.cl/scielo.php?script=sci_abstract&pid=S0718-23762004000200004&lng=en&nrm=iso&tlng=en}}</ref>. Altre fonti citano 2.000.000 e 1.778.000 piante nello stesso periodo. Il vino paraguaiano veniva esportato a valle fino a Santa Fe e da lì al [[Río de la Plata]]<ref name=":3"/>. Si sa anche che il vino paraguaiano ha raggiunto Córdoba nell'Argentina centrale. |
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=== Cambiamenti nelle Americhe e apertura del Sudafrica === |
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Nel 1595 la Corona Spagnola vietò l'impianto di nuovi vigneti nelle Americhe, ma quest'ordine fu largamente ignorato<ref name="scielo.cl"/>. Il divieto mirava a proteggere il vino iberico dalla concorrenza del vino peruviano e può essere considerato un esempio di mercantilismo delle merci. Inoltre, la corona spagnola vietò l'esportazione di vino peruviano in Panamá e in Guatemala rispettivamente nel 1614 e nel 1615. L'applicazione delle restrizioni alla crescita e al commercio del vino nell'impero spagnolo era generalmente debole. L'unico mercato nelle Americhe che la corona spagnola è riuscita - in una certa misura - ad assicurarsi per il vino iberico è stato il Messico<ref name=":4"/>. |
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La crescita dell'estrazione mineraria a Potosí nell'odierna Bolivia, che divenne la città più grande delle Americhe nel XVII secolo, creò una domanda costante di vino che veniva fornito principalmente dal Perù. A Potosí una parte degli stipendi veniva pagata con il vino. Inoltre, i viticoltori peruviani rifornivano la città di Lima, il centro politico più importante del Sud America nei secoli XVI e XVII. In Cile la domanda di vino era garantita dall'Armata di Arauco, un esercito permanente finanziato con l'argento di [[Potosí]] che combatteva i nativi [[Mapuche]]. Ritenendo che il vino paraguaiano non potesse competere in questi tre mercati, i paraguaiani abbandonarono la viticoltura e cercarono invece entrate dalle esportazioni di tabacco e [[Ilex paraguariensis|yerba mate]]. Nel XVIII secolo in Paraguay praticamente non si coltivava vino<ref name=":3"/>. |
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Nel 1687 l'intera costa meridionale del Perù fu colpita dal terremoto del 1687 che distrusse le città di Villa de Pisco e Ica<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Cortés|cognome=Olivares|nome2=Hernán|cognome2=F|data=0/2005|titolo=El origen, producción y comercio del pisco chileno, 1546-1931|rivista=Universum (Talca)|volume=20|numero=2|pp=42–81|accesso=24 aprile 2023|doi=10.4067/S0718-23762005000200005|url=http://www.scielo.cl/scielo.php?script=sci_abstract&pid=S0718-23762005000200005&lng=es&nrm=iso&tlng=es}}</ref>. Il terremoto distrusse cantine e contenitori di fango utilizzati per la conservazione del vino<ref name=":3"/>. Questo evento segnò la fine del boom del vino peruviano. La [[soppressione della Compagnia di Gesù]] nell'America spagnola nel 1767 fece sì che i vigneti gesuiti in Perù venissero messi all'asta a prezzi elevati, ma i nuovi proprietari non avevano la stessa esperienza dei gesuiti contribuendo a un calo della produzione. La vinificazione peruviana è stata ulteriormente messa in discussione dal fatto che la produzione di pisco, anch'esso a base di uva, è passato dall'essere stato superato all'inizio del XVIII secolo dal vino fino a rappresentare il 90% delle bevande all'uva preparate in Perù nel 1764<ref name=":3"/>. Dopo il passaggio alla produzione di pisco i vigneti in Perù hanno incontrato problemi economici poiché nel Alla fine del XVIII secolo la corona spagnola revocò il divieto di produzione di rum in Perù, che era più economico da produrre ma di qualità inferiore rispetto al pisco<ref name=":3"/><ref>{{Cita pubblicazione|nome=Lorenzo|cognome=Huertas Vallejos|data=0/2004|titolo=Historia de la producción de vinos y piscos en el Perú|rivista=Universum (Talca)|volume=19|numero=2|pp=44–61|accesso=24 aprile 2023|doi=10.4067/S0718-23762004000200004|url=http://www.scielo.cl/scielo.php?script=sci_abstract&pid=S0718-23762004000200004&lng=es&nrm=iso&tlng=es}}</ref>. |
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Il declino del vino peruviano indusse persino il Perù a importare del vino dal Cile, come accadde nel 1795 quando Lima importò 5.000 troves (spagnolo: ''botijas'') da [[Concepción (Cile)|Concepción]] nel sud del Cile<ref name=":4"/><ref name=":3">{{Cita pubblicazione|nome=Pablo|cognome=Lacoste|data=0/2004|titolo=La vid y el vino en América del Sur: el desplazamiento de los polos vitivinícolas (siglos XVI al XX)|rivista=Universum (Talca)|volume=19|numero=2|pp=62–93|accesso=24 aprile 2023|doi=10.4067/S0718-23762004000200005|url=http://www.scielo.cl/scielo.php?script=sci_abstract&pid=S0718-23762004000200005&lng=es&nrm=iso&tlng=es}}</ref>. Questa particolare esportazione ha mostrato l'emergere del Cile rispetto al Perù come regione vinicola<ref name=":3" />. Eduard Friedrich Poeppig affermò, come altri prima di lui, che i vini di Concepción erano i migliori del Cile, probabilmente a causa del clima meno arido del Cile meridionale<ref name=":4" />. |
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Il [[Nuovo Mondo]] ha importato vino fin dai primi giorni della colonizzazione europea, in particolare per scopi religiosi. Forse il primo esempio significativo del commercio che andava dall'altra parte fu Constantia, un vino da dessert dal Sudafrica, che nel XVIII secolo era diventato uno dei preferiti dai reali europei<ref>{{Cita web|url=http://www.winepros.com.au/jsp/cda/reference/oxford_entry.jsp?entry_id=798|titolo=Winepros - Oxford Companion to Wine - Entry|sito=web.archive.org|data=8 agosto 2008|accesso=24 aprile 2023|dataarchivio=8 agosto 2008|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080808133437/http://www.winepros.com.au/jsp/cda/reference/oxford_entry.jsp?entry_id=798|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita news|lingua=en|nome=Tim|cognome=Atkin|url=https://www.theguardian.com/lifeandstyle/2009/jan/18/tim-atkin-wine-south-africa|titolo=Happy returns|pubblicazione=The Guardian|data=18 gennaio 2009|accesso=24 aprile 2023}}</ref>. |
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=== I vini del Nuovo Mondo nell'era industriale === |
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Talee di vite dal [[Capo di Buona Speranza]] furono portate nella colonia penale del [[Nuovo Galles del Sud|New South Wales]] dal governatore Phillip sulla First Fleet (1788)<ref name="OZ_AWC3">{{Cita libro|cognome=Clark|nome=Oz|titolo=Australian Wine Companion|url=https://archive.org/details/ozclarkesaustral0000ozcl|anno=2004|editore=Time Warner Book Group UK|isbn=0-316-72874-8|p=s.12}}</ref>. Un tentativo di vinificazione da queste prime viti fallì, ma con perseveranza altri coloni riuscirono a coltivare con successo viti per la vinificazione e il vino prodotto in Australia era disponibile per la vendita a livello nazionale negli anni '20 dell'Ottocento<ref>{{Cita libro|cognome=Hartley|nome=Clive|titolo=The Australian Wine Guide|editore=Hospitality Books|città=Putney, NSW|anno=2002|isbn=0957703449}}</ref>. Nel 1822 Gregory Blaxland divenne la prima persona ad esportare vino australiano e fu il primo produttore di vino a vincere un premio all'estero<ref>{{cita news|editore=A.N.U.|città=Canberra|opera=Wine Talk|url=http://artserve.anu.edu.au/raid1/student_projects/wine/wia.html|titolo=The Wine Industry of Australia 1788 1979|data=1979|accesso=8 settembre 2006|nome=Gerald|cognome=Walsh}}</ref>. Nel 1830 furono stabiliti vigneti nella Hunter Valley<ref name="OZ_AWC3"/>. Nel 1833 James Busby tornò dalla Francia e dalla Spagna con una seria selezione di vitigni tra cui le uve francesi più classiche e una buona selezione di uve per la produzione di vino liquoroso<ref name="OZ_AWC3"/>. |
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I primi produttori di vino australiani affrontarono molte difficoltà, in particolare a causa del clima australiano poco familiare. Tuttavia alla fine ottennero un notevole successo. "''All'Esposizione di Vienna del 1873 i giudici francesi, assaggiando alla cieca, lodarono alcuni vini di Victoria, ma si ritirarono per protesta quando fu rivelata la provenienza del vino, sulla base del fatto che i vini di quella qualità dovevano essere chiaramente francesi''"<ref name="shw2">{{Cita libro|cognome=Phillips|nome=Roderick|titolo=A short history of wine|url=https://archive.org/details/shorthistoryofwi0000phil_r7h2|editore=Allen Lane|città=London|anno=2000|p=[https://archive.org/details/shorthistoryofwi0000phil_r7h2/page/n306 265]|isbn=0-7139-9432-0}}</ref>. I vini australiani hanno continuato a vincere grandi onori nelle competizioni francesi. Uno Syrah vittoriano (chiamato anche Shiraz) in competizione all'Esposizione di Parigi del 1878 fu paragonato allo Château Margaux e "il suo gusto completò la sua trinità di perfezione". Un vino australiano vinse una medaglia d'oro "di prima classe" all'Esposizione Internazionale di Bordeaux del 1882 e un altro vinse una medaglia d'oro "contro il mondo" all'Esposizione Internazionale di Parigi del 1889<ref name="shw2"/>. |
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Il vino cileno iniziò a modernizzarsi nel 1851 quando Silvestre Ochagavia importò talee di varietà francesi. Silvestre Ochagavia è accreditato di aver introdotto in Cile le varietà [[Cabernet sauvignon|Cabernet Sauvignon]], [[Pinot nero]], Cot, Merlot, Semillon e Riesling. Seguirono altri ricchi viticoltori<ref name="Rytkonen2">{{Cita libro|cognome=Rytkönen|nome=Paulina|anno=2004|titolo=Fruits of Capitalism|serie=Lund Studies in Economic History|volume=31|pp=56–57|editore=Almquiest & Wiksell Intl|isbn=978-9122020943}}</ref>. Nel 1870 l'industria del vino era l'area più sviluppata dell'agricoltura cilena<ref name="Rytkonen2"/>. |
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La regione di Mendoza, o storicamente Cuyo, ha vissuto un boom del vino senza precedenti nel XIX secolo e all'inizio del XX secolo, che l'ha trasformata nella quinta area vinicola del mondo e la prima in America Latina<ref name="Lacoste4">{{Cita pubblicazione|cognome=Lacoste|nome=Pablo|anno=2004|url=http://www.scielo.cl/scielo.php?pid=S0718-23762004000200005&script=sci_arttext&tlng=es|titolo=La vid y el vino en América del Sur: el desplazamiento de los polos vitivinícolas (siglos XVI al XX)|rivista= Universum |volume=19|numero=2|lingua=es|pp=62–93|doi=10.4067/S0718-23762004000200005}}</ref>. L'istituzione della ferrovia Buenos Aires-Mendoza nel 1885 pose fine al lungo e costoso commercio di carri che collegava queste due regioni dell'Argentina e diede il via allo sviluppo dei vigneti a Mendoza<ref name="Lacoste4"/>. Inoltre, la massiccia immigrazione a [[Río de la Plata|Río de La Plata]] principalmente dall'Europa meridionale ha aumentato la domanda e ha acquistato [[know-how]] per l'industria vinicola argentina vecchio stile. I vigneti di Mendoza ammontavano a 1.000 ettari nel 1830 ma crebbero fino a 45.000 nel 1910, superando il Cile che nel XIX secolo aveva un'area più ampia coltivata a vite e un'industria più moderna. Nel 1910 circa l'80% della superficie dei vigneti argentini era piantata con ceppi francesi, principalmente ''Malbec<ref name="Lacoste4"/>''. |
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Durante il XIX secolo la vinificazione peruviana andò ulteriormente in declino. La domanda nell'Europa industrializzata ha indotto molti viticoltori peruviani a spostare l'uso del suolo dai vigneti ai redditizi campi di cotone, contribuendo ulteriormente al declino dell'industria del vino e del pisco<ref name="Orich">{{Cita pubblicazione|cognome=Cortés Olivares|nome=Hernán, F.|anno=2005|url=http://www.scielo.cl/scielo.php?pid=S0718-23762005000200005&script=sci_arttext&tlng=es|lingua=es|titolo=El origen, producción y comercio del pisco chileno, 1546-1931|rivista= Revista Universum |volume=20|numero=2|pp=42–81|doi=10.4067/S0718-23762005000200005}}</ref>. Ciò era particolarmente vero durante il periodo della guerra civile americana (1861-1865), quando i prezzi del cotone salirono alle stelle a causa del blocco del sud e dei suoi campi di cotone<ref name="Lacoste4"/>. Anche in Sudafrica la vinificazione subì un duro colpo negli anni '60 dell'Ottocento con l'attuazione del [[Trattato Cobden-Chevalier]] nel 1860 che costrinse i vini sudafricani a competere con i vini francesi in Gran Bretagna e provocò un raddoppio delle importazioni di vino francese in Gran Bretagna<ref>{{Cita libro|nome=Llewellyn|cognome=Woodward|titolo=The Age of Reform, 1815–1870|url=https://archive.org/details/ageofreform181510000sirl|edizione=2|editore=Oxford University Press|anno=1962|p=[https://archive.org/details/ageofreform181510000sirl/page/n198 179]}}</ref>. Anche i vigneti sudafricani subirono una seconda battuta d'arresto dopo l'arrivo della peste della [[Daktulosphaira vitifoliae|fillossera]] negli anni ottanta dell'Ottocento<ref>{{cita web|cognome1=Ponte|nome1=Stefano|cognome2=Ewert|nome2=Joachim|anno=2007|titolo=South African Wine – An Industry in Ferment|url=http://www.tralac.org/wp-content/blogs.dir/12/files/2011/uploads/20071016_WP08PonteSAWineIndustryinFerment.pdf|editore=tralac Working Paper No. 8|sito=tralac.org|accesso=8 giugno 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160919110900/http://www.tralac.org/wp-content/blogs.dir/12/files/2011/uploads/20071016_WP08PonteSAWineIndustryinFerment.pdf|urlmorto=si}}</ref>. |
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=== XX secolo === |
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Le esportazioni di vino cileno verso l'Argentina sono state ostacolate dalla mancanza di un trasporto terrestre efficace e da una serie di timori bellici. Questa situazione è cambiata dopo la firma dei Pactos de Mayo nel 1902 e l'inaugurazione della Transandine Railway nel 1909, rendendo improbabile la guerra e facile il commercio attraverso le Ande. I governi hanno deciso di firmare un accordo di libero scambio. L'associazione dei viticoltori argentini, ''Centro Vitivinícola Nacional'', dominata da immigrati europei, ha protestato vigorosamente contro l'accordo di libero scambio poiché i vini cileni erano considerati una minaccia per l'industria locale. Le lamentele dei viticoltori argentini, unite a quelle degli allevatori cileni, finirono per far crollare i progetti di un accordo di libero scambio<ref name="lacoste2">{{Cita pubblicazione|cognome=Lacoste|nome=Pablo|anno=2004|titolo=Vinos, carnes, ferrocarriles y el Tratado de Libre Comercio entre Argentina y Chile (1905-1910).|rivista= Historia |lingua=es|doi=10.4067/S0717-71942004000100004|volume=37|numero=1|pp=97–127|issn=0073-2435|editore=Instituto de Historia Pontificia Universidad Católica de Chile}}</ref>. |
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== Galleria d'immagini == |
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File:ViñedoCafayate.jpg|Vigneto a Cafayate, Argentina |
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File:Capitulo-CIX.jpg|L'attività mineraria a Potosí ha creato un'enorme domanda di vino nel Sud America del XVII secolo. Disegno di Pedro Cieza de León del 1553. |
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File:Stellenbosch-region.JPG|Vigna a Stellenbosch, Sudafrica |
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File:Vendimia.png|Vendemmia nella provincia di Mendoza in Argentina, circa 1890 |
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File:Australian wine zones2.png|Aree vinicole australiane |
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File:Chilean vineyard in Andes foothills.jpg|Molti dei vigneti cileni si trovano su terreni pianeggianti ai piedi delle Ande. |
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==Note== |
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<references/> |
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{{Viticoltura nel mondo}} |
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{{Produzione di vino}} |
{{Produzione di vino}} |
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{{Scienze applicate}} |
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{{Controllo di autorità}} |
{{Controllo di autorità}} |
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{{portale|alcolici|cucina}} |
{{portale|alcolici|cucina}} |
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[[Categoria:Enologia| |
[[Categoria:Enologia| ]] |
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Versione attuale delle 14:09, 28 giu 2024
Il vino del Nuovo Mondo è un termine usato in enologia per riferirsi al vino prodotto al di fuori delle tradizionali aree viticole dell'Europa e del Medio Oriente, in particolare in Argentina, Australia, Canada, Cile, Messico, Nuova Zelanda, Sudafrica e Stati Uniti. Si contrappongono ai vini del Vecchio Mondo, ovvero vini con una lunga storia di produzione vinicola.[1][2]
I vini del Nuovo Mondo hanno generalmente un corpo più pieno, alcol elevato, acidità inferiore e pronunciati aromi di frutta rispetto ai vini del Vecchio Mondo tendenti a un corpo più leggero, una minore gradazione alcolica, una maggiore acidità e un sapore meno fruttato con più mineralità.[2]
Paesi
[modifica | modifica wikitesto]Le regioni vinicole considerate[2] come "Nuovo mondo" sono:
- USA (California)
- Argentina
- Cile
- Australia
- Nuova Zelanda
- Sudafrica
- Cina
Storia
[modifica | modifica wikitesto]I primi vini nelle Americhe
[modifica | modifica wikitesto]Le bevande alcoliche venivano prodotte dalle popolazioni indigene delle Americhe prima dell'era della scoperta. È noto che le popolazioni indigene usavano mais, patate, quinoa, Schinus e fragole per produrre bevande alcoliche. Nonostante l'esistenza di specie del genere Vitis (a cui appartiene Vitis vinifera) in Venezuela, Colombia, America centrale e Messico, le popolazioni indigene non fermentavano queste specie e quindi non producevano vino[3].
I coloni spagnoli nelle Americhe inizialmente portarono animali e piante del Vecchio Mondo nelle Americhe per l'autoconsumo nel tentativo di riprodurre la dieta che avevano in Spagna e in Europa. Un ulteriore stimolo per la produzione di vino del Nuovo Mondo nell'America spagnola potrebbe essere stato che i vini europei esportati nelle Americhe in generale non venivano trasportati in bottiglie né sigillati con tappi di sughero che li rendevano inclini ad essere acidi[3].
I tentativi di coltivare la vite nelle Americhe iniziarono a Hispaniola durante il secondo viaggio di Colombo nel 1494. Ferdinando II d'Aragona, re di Spagna, vietò l'impianto di viti a Hispaniola nel 1503[4]. Dopo l'insediamento della vite in I vigneti di Hispaniola all'inizio del XVI secolo furono stabiliti con successo in Messico nel 1524[4]. Hernán Cortés, conquistatore del Messico, promosse l'impianto della vite e ne fece nel 1524 un requisito per i coloni spagnoli che volevano acquisire terreni nell'altopiano messicano per stabilire vigneti nelle loro terre[4]. Si sa che la coltivazione della vite in Perù fu intrapresa da Bartolomé de Terrazas e Francisco de Carabantes negli anni Quaranta del Cinquecento. Quest'ultimo stabilì vigneti a Ica da dove le viti furono poi portate in Cile e in Argentina[3].
La più comune delle prime uve era un'uva nera chiamata Mission (spagnolo: Misión) che fu piantata in Messico e successivamente anche in Texas[5], e successivamente in California. Uve dello stesso ceppo furono piantate in Perù dove ricevette il nome di Negra peruana (nero peruviano) e da questo venne l'uva cilena più comune: il País. Questa uva cilena fu introdotta in quella che oggi è l'Argentina, dove divenne nota come Criolla chica. Si suppone che queste uve siano originarie della Spagna, ma esiste anche la possibilità che provengano dall'Italia in quanto assomigliano molto alla varietà Mónica coltivato in Sardegna oltre che in Spagna[3].
Nella seconda metà del XVI secolo, la domanda di vino tra i coloni spagnoli provocò un'impennata delle esportazioni di vino spagnolo in Messico e Cuba. Tuttavia, questo non era il caso di Perù, Cile e Argentina, dove la coltivazione dei vigneti si era rivelata un successo e, quindi, richiedeva meno importazioni di vini spagnoli. Rispetto al Perù e al Cile, i coloni spagnoli in Messico stabilirono pochissimi vigneti in confronto[6].
Nel XVI e XVII secolo la principale area vinicola delle Americhe era la costa centrale e meridionale del Perù, in particolare nell'area di Ica e Pisco. A parte il Perù e il Cile, il Paraguay si sviluppò nonostante le sue alte temperature in una zona vinicola nel XVI secolo. Hernando Arias de Saavedra che visitò la città di Asunción nel 1602 disse che c'erano 187 vigneti per un totale di 1.768.000 singole piante[7]. Altre fonti citano 2.000.000 e 1.778.000 piante nello stesso periodo. Il vino paraguaiano veniva esportato a valle fino a Santa Fe e da lì al Río de la Plata[8]. Si sa anche che il vino paraguaiano ha raggiunto Córdoba nell'Argentina centrale.
Cambiamenti nelle Americhe e apertura del Sudafrica
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1595 la Corona Spagnola vietò l'impianto di nuovi vigneti nelle Americhe, ma quest'ordine fu largamente ignorato[7]. Il divieto mirava a proteggere il vino iberico dalla concorrenza del vino peruviano e può essere considerato un esempio di mercantilismo delle merci. Inoltre, la corona spagnola vietò l'esportazione di vino peruviano in Panamá e in Guatemala rispettivamente nel 1614 e nel 1615. L'applicazione delle restrizioni alla crescita e al commercio del vino nell'impero spagnolo era generalmente debole. L'unico mercato nelle Americhe che la corona spagnola è riuscita - in una certa misura - ad assicurarsi per il vino iberico è stato il Messico[3].
La crescita dell'estrazione mineraria a Potosí nell'odierna Bolivia, che divenne la città più grande delle Americhe nel XVII secolo, creò una domanda costante di vino che veniva fornito principalmente dal Perù. A Potosí una parte degli stipendi veniva pagata con il vino. Inoltre, i viticoltori peruviani rifornivano la città di Lima, il centro politico più importante del Sud America nei secoli XVI e XVII. In Cile la domanda di vino era garantita dall'Armata di Arauco, un esercito permanente finanziato con l'argento di Potosí che combatteva i nativi Mapuche. Ritenendo che il vino paraguaiano non potesse competere in questi tre mercati, i paraguaiani abbandonarono la viticoltura e cercarono invece entrate dalle esportazioni di tabacco e yerba mate. Nel XVIII secolo in Paraguay praticamente non si coltivava vino[8].
Nel 1687 l'intera costa meridionale del Perù fu colpita dal terremoto del 1687 che distrusse le città di Villa de Pisco e Ica[9]. Il terremoto distrusse cantine e contenitori di fango utilizzati per la conservazione del vino[8]. Questo evento segnò la fine del boom del vino peruviano. La soppressione della Compagnia di Gesù nell'America spagnola nel 1767 fece sì che i vigneti gesuiti in Perù venissero messi all'asta a prezzi elevati, ma i nuovi proprietari non avevano la stessa esperienza dei gesuiti contribuendo a un calo della produzione. La vinificazione peruviana è stata ulteriormente messa in discussione dal fatto che la produzione di pisco, anch'esso a base di uva, è passato dall'essere stato superato all'inizio del XVIII secolo dal vino fino a rappresentare il 90% delle bevande all'uva preparate in Perù nel 1764[8]. Dopo il passaggio alla produzione di pisco i vigneti in Perù hanno incontrato problemi economici poiché nel Alla fine del XVIII secolo la corona spagnola revocò il divieto di produzione di rum in Perù, che era più economico da produrre ma di qualità inferiore rispetto al pisco[8][10].
Il declino del vino peruviano indusse persino il Perù a importare del vino dal Cile, come accadde nel 1795 quando Lima importò 5.000 troves (spagnolo: botijas) da Concepción nel sud del Cile[3][8]. Questa particolare esportazione ha mostrato l'emergere del Cile rispetto al Perù come regione vinicola[8]. Eduard Friedrich Poeppig affermò, come altri prima di lui, che i vini di Concepción erano i migliori del Cile, probabilmente a causa del clima meno arido del Cile meridionale[3].
Il Nuovo Mondo ha importato vino fin dai primi giorni della colonizzazione europea, in particolare per scopi religiosi. Forse il primo esempio significativo del commercio che andava dall'altra parte fu Constantia, un vino da dessert dal Sudafrica, che nel XVIII secolo era diventato uno dei preferiti dai reali europei[11][12].
I vini del Nuovo Mondo nell'era industriale
[modifica | modifica wikitesto]Talee di vite dal Capo di Buona Speranza furono portate nella colonia penale del New South Wales dal governatore Phillip sulla First Fleet (1788)[13]. Un tentativo di vinificazione da queste prime viti fallì, ma con perseveranza altri coloni riuscirono a coltivare con successo viti per la vinificazione e il vino prodotto in Australia era disponibile per la vendita a livello nazionale negli anni '20 dell'Ottocento[14]. Nel 1822 Gregory Blaxland divenne la prima persona ad esportare vino australiano e fu il primo produttore di vino a vincere un premio all'estero[15]. Nel 1830 furono stabiliti vigneti nella Hunter Valley[13]. Nel 1833 James Busby tornò dalla Francia e dalla Spagna con una seria selezione di vitigni tra cui le uve francesi più classiche e una buona selezione di uve per la produzione di vino liquoroso[13].
I primi produttori di vino australiani affrontarono molte difficoltà, in particolare a causa del clima australiano poco familiare. Tuttavia alla fine ottennero un notevole successo. "All'Esposizione di Vienna del 1873 i giudici francesi, assaggiando alla cieca, lodarono alcuni vini di Victoria, ma si ritirarono per protesta quando fu rivelata la provenienza del vino, sulla base del fatto che i vini di quella qualità dovevano essere chiaramente francesi"[16]. I vini australiani hanno continuato a vincere grandi onori nelle competizioni francesi. Uno Syrah vittoriano (chiamato anche Shiraz) in competizione all'Esposizione di Parigi del 1878 fu paragonato allo Château Margaux e "il suo gusto completò la sua trinità di perfezione". Un vino australiano vinse una medaglia d'oro "di prima classe" all'Esposizione Internazionale di Bordeaux del 1882 e un altro vinse una medaglia d'oro "contro il mondo" all'Esposizione Internazionale di Parigi del 1889[16].
Il vino cileno iniziò a modernizzarsi nel 1851 quando Silvestre Ochagavia importò talee di varietà francesi. Silvestre Ochagavia è accreditato di aver introdotto in Cile le varietà Cabernet Sauvignon, Pinot nero, Cot, Merlot, Semillon e Riesling. Seguirono altri ricchi viticoltori[17]. Nel 1870 l'industria del vino era l'area più sviluppata dell'agricoltura cilena[17].
La regione di Mendoza, o storicamente Cuyo, ha vissuto un boom del vino senza precedenti nel XIX secolo e all'inizio del XX secolo, che l'ha trasformata nella quinta area vinicola del mondo e la prima in America Latina[18]. L'istituzione della ferrovia Buenos Aires-Mendoza nel 1885 pose fine al lungo e costoso commercio di carri che collegava queste due regioni dell'Argentina e diede il via allo sviluppo dei vigneti a Mendoza[18]. Inoltre, la massiccia immigrazione a Río de La Plata principalmente dall'Europa meridionale ha aumentato la domanda e ha acquistato know-how per l'industria vinicola argentina vecchio stile. I vigneti di Mendoza ammontavano a 1.000 ettari nel 1830 ma crebbero fino a 45.000 nel 1910, superando il Cile che nel XIX secolo aveva un'area più ampia coltivata a vite e un'industria più moderna. Nel 1910 circa l'80% della superficie dei vigneti argentini era piantata con ceppi francesi, principalmente Malbec[18].
Durante il XIX secolo la vinificazione peruviana andò ulteriormente in declino. La domanda nell'Europa industrializzata ha indotto molti viticoltori peruviani a spostare l'uso del suolo dai vigneti ai redditizi campi di cotone, contribuendo ulteriormente al declino dell'industria del vino e del pisco[19]. Ciò era particolarmente vero durante il periodo della guerra civile americana (1861-1865), quando i prezzi del cotone salirono alle stelle a causa del blocco del sud e dei suoi campi di cotone[18]. Anche in Sudafrica la vinificazione subì un duro colpo negli anni '60 dell'Ottocento con l'attuazione del Trattato Cobden-Chevalier nel 1860 che costrinse i vini sudafricani a competere con i vini francesi in Gran Bretagna e provocò un raddoppio delle importazioni di vino francese in Gran Bretagna[20]. Anche i vigneti sudafricani subirono una seconda battuta d'arresto dopo l'arrivo della peste della fillossera negli anni ottanta dell'Ottocento[21].
XX secolo
[modifica | modifica wikitesto]Le esportazioni di vino cileno verso l'Argentina sono state ostacolate dalla mancanza di un trasporto terrestre efficace e da una serie di timori bellici. Questa situazione è cambiata dopo la firma dei Pactos de Mayo nel 1902 e l'inaugurazione della Transandine Railway nel 1909, rendendo improbabile la guerra e facile il commercio attraverso le Ande. I governi hanno deciso di firmare un accordo di libero scambio. L'associazione dei viticoltori argentini, Centro Vitivinícola Nacional, dominata da immigrati europei, ha protestato vigorosamente contro l'accordo di libero scambio poiché i vini cileni erano considerati una minaccia per l'industria locale. Le lamentele dei viticoltori argentini, unite a quelle degli allevatori cileni, finirono per far crollare i progetti di un accordo di libero scambio[22].
Galleria d'immagini
[modifica | modifica wikitesto]-
Vigneto a Cafayate, Argentina -
L'attività mineraria a Potosí ha creato un'enorme domanda di vino nel Sud America del XVII secolo. Disegno di Pedro Cieza de León del 1553. -
Vigna a Stellenbosch, Sudafrica -
Vendemmia nella provincia di Mendoza in Argentina, circa 1890 -
Aree vinicole australiane -
Molti dei vigneti cileni si trovano su terreni pianeggianti ai piedi delle Ande.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (EN) Old World vs New World wines: what you need to know.
- ^ a b c (EN) The Real Differences Between New World and Old World Wine.
- ^ a b c d e f g José del Pozo, Historia del vino chileno, 3. ed, Ed. Universitaria, 2004, ISBN 9561117355, OCLC 255069967. URL consultato il 24 aprile 2023.
- ^ a b c David Joel Mishkin, The American Colonial Wine Industry: An Economic Interpretation, 1966. URL consultato il 24 aprile 2023.
- ^ (EN) Karen MacNeil, The wine bible, New York : Workman Pub., 2001, ISBN 978-1-56305-434-1. URL consultato il 24 aprile 2023.
- ^ Prudence M. Rice, The Archaeology of Wine: The Wine and Brandy Haciendas of Moquegua, Peru, in Journal of Field Archaeology, vol. 23, n. 2, 1996, pp. 187–204, DOI:10.2307/530503. URL consultato il 24 aprile 2023.
- ^ a b Lorenzo Huertas Vallejos, Historia de la producción de vinos y piscos en el Perú, in Universum (Talca), vol. 19, n. 2, 0/2004, pp. 44–61, DOI:10.4067/S0718-23762004000200004. URL consultato il 24 aprile 2023.
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- ^ Winepros - Oxford Companion to Wine - Entry, su web.archive.org, 8 agosto 2008. URL consultato il 24 aprile 2023 (archiviato dall'url originale l'8 agosto 2008).
- ^ (EN) Tim Atkin, Happy returns, in The Guardian, 18 gennaio 2009. URL consultato il 24 aprile 2023.
- ^ a b c Oz Clark, Australian Wine Companion, Time Warner Book Group UK, 2004, p. s.12, ISBN 0-316-72874-8.
- ^ Clive Hartley, The Australian Wine Guide, Putney, NSW, Hospitality Books, 2002, ISBN 0957703449.
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- ^ Llewellyn Woodward, The Age of Reform, 1815–1870, 2ª ed., Oxford University Press, 1962, p. 179.
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- ^ (ES) Pablo Lacoste, Vinos, carnes, ferrocarriles y el Tratado de Libre Comercio entre Argentina y Chile (1905-1910)., in Historia, vol. 37, n. 1, Instituto de Historia Pontificia Universidad Católica de Chile, 2004, pp. 97–127, DOI:10.4067/S0717-71942004000100004, ISSN 0073-2435.
