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Ernesto De Fiori

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Busto di Erhard Weyhe, 1929

Ernesto De Fiori (Roma, 12 dicembre 1884San Paolo, 24 aprile 1945) è stato uno scultore, pittore e architetto italiano naturalizzato tedesco.

Mädchen, circa 1928

Figlio di Roberto, giornalista e di Maria Unger, austriaca-tedesca,[1] Ernesto De Fiori si interessò precocemente alle arti figurative e iniziò a studiare a Monaco di Baviera sotto la guida di Otto Greiner.[1] Rientrato a Roma nelle sue opere d'esordio evidenziò elementi espressionistici.[2]

Ben presto, dopo un soggiorno parigino si avvicinò alla scultura grazie agli insegnamenti di Hermann Haller e svolse la parte centrale della sua carriera proprio in Germania.[1]

Nelle prime sculture quali la Figura femminile accovacciata, la Figura femminile con le mani sui fianchi (1911) si ispirò ad Aristide Maillol e alle sculture di Pierre-Auguste Renoir e alle nervose semplificazioni di Edgar Degas,[1] ma contemporaneamente De Fiori si avvicinò alla plastica cubista, interessato soprattutto alla forma pura.[2]

Nel 1914 partecipò al Salon des Indépendants a Parigi e alla prima Esposizione libera futurista alla galleria Sprovieri di Roma.[2]

Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale nel primo dopoguerra ottenne successi e consensi partecipando a molte esposizioni in Svizzera, in Germania, in Belgio, caratterizzandosi per una certa peculiarità e originalità, impregnata da una base espressionista ed antinaturalista, come mostrato nelle teste-ritratto Karina-Ari (1922), Jack Dempsey (Vienna, Staatsgalerie), Beniamino Gigli (1925) e La signora Workman (1926). Nel 1936, abbandonò la Germania nazista per raggiungere in Brasile la madre e il fratello maggiore a San Paolo.[2][1]

In Brasile si dedicò prevalentemente alla pittura espressionista in contrasto con l'astrattismo, come dimostrò nella serie San Giorgio e il drago, rappresentante della dicotomia tra il bene e il male, e della desiderata sconfitta del nazismo.[2]

Il suo nobile ideale plastico-espressivo, di concentrata essenzialità è condensato nelle sue stesse parole: «voglio scolpire l'uomo non turbato dagli avvenimenti, in perfetto riposo mentale, in atteggiamento olimpico senza l'agitazione effimera dell'esistenza quotidiana; non è la sofferenza che eleva l'uomo, ma il modo di sopportarla».[1]

Il suo classicismo, gracile e carico di senso umano, mostrato attraverso semplificazioni derivate anche dagli elementi cubistici, fu molto soggettivo e personale, come i suoi nudi efebici e i suoi pensosi ritratti, immagini di divinità decadute, già fuori di un perduto paradiso classicista.[1]

  • Figura femminile accovacciata (1911);
  • Figura femminile con le mani sui fianchi (1911);
  • L'uomo che saluta;
  • Karina-Ari (1922);
  • Jack Dempsey (Staatsgalerie);
  • Beniamino Gigli (1925);
  • La signora Workman (1926);
  • Camminatore (1927);
  • Cariatidi;
  • Donna che cammina.
  1. ^ a b c d e f g De Fiori, Ernesto, in le muse, IV, Novara, De Agostini, 1965, p. 115.
  2. ^ a b c d e Annateresa Fabris, De Fiori, Ernesto, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 33, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1987. URL consultato il 2 aprile 2021.
  • (DE) Beatrice Vierneisel, Ernesto de Fiori. Das plastische Werk 1911-1936, Berlin, 1992, 252 pagine (catalogo ragionato dell'opera scultorea).
  • (DE) Waldemar Grzimec, Deutsche Bildhauer des Zwanzigsten Jahrhunderts. Leben, Schulen, Wirkungen, Wiesbaden, 1969, pp. 135-142, 282-285.
  • (PT) Mayra Laudanna (curadoria), Ernesto de Fiori. Uma Retrospectiva: pintura, desenho e escultura, Sao Paolo, 1997.
  • (EN) P. M. Bardi, The arts in Brazil, Milano, 1956, pp. 34, 361.
  • W. Hoffrnann , Bologna 1962, pp. 25, 97 s, La scultura del XX secolo, Bologna, 1962, pp. 25, 97 s.
  • (PT) S. Milliet, Pintura quase sempre, Porto Alegre, 1944, pp. 253-256.
  • (DE) K. Scheffler, Die europische Kunst im 19. Jahrh., II, Berlino, 1927, p. 326.
  • (PT) W. Zanini, Tendências da escultura moderna, San Paolo, 1971, pp. 55, 58, 66.

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