Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
Vai al contenuto

Gioachino Rossini

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
La versione stampabile non è più supportata e potrebbe contenere errori di resa. Aggiorna i preferiti del tuo browser e usa semmai la funzione ordinaria di stampa del tuo browser.
Gioachino Rossini ritratto da Vincenzo Camuccini (Museo del Teatro alla Scala, Milano)

Gioachino Antonio Rossini o Gioacchino (1792 – 1868), compositore italiano.

Citazioni di Gioachino Rossini

  • [A Franz Liszt] Come pianista sei sulla vetta. Più di questo non puoi darci. Ma ti resta la composizione: là non vi sono limiti.[1]
  • Datemi il conto della lavandaia e vi metto in musica anche quello.[2]
  • Grazie a Dio è finita questa povera piccola messa. È musica sacra... o musica diabolica? Io sono nato per l'opera buffa, come ben sapete.[3]
  • Mi domandate cosa io ritenessi dell'amore? Amore prosperoso è un bel passatempo, amore sgraziato all'incontro, è, come già vi feci l'osservazione, un dente guasto del cuore, o per dir meglio un callo dell'anima.[4]

Citazioni su Gioachino Rossini

  • [Confrontando i due musicisti] Bellini facendo risonare la sola corda elegiaca del dolore sulla sua lira, ha conquistato l'affetto di tutti i cuori sensibili; egli è il benvenuto d'ogni anima amante e sventurata, Per tal modo ha preso il suo posto d'onore sul trono della gloria, donde non potrebbe esser più smosso, se prima il cuore umano non fosse atrofizzato.
    Rossini poi prevale in questo, egli non ha trattato un genere solo, non ha commosso il cuore umano per un verso solo; e questo costituisce la sua preminenza su Bellini. Egli è stato grandissimo nella trattazione generale delle passioni, nessuna delle quali fu curata meno potentemente delle altre dal suo ingegno portentoso. L'arte musicale fu compresa da lui nella sua totalità; egli la modificò, l'innovò, le impose la legge: Bellini si accontentò a coltivare una faccia sola di quell'arte, ma fu la più intima, la più profonda, la più necessaria. Furono grandi entrambi, ma uno fu l'aquila, l'altro fu l'usignolo. (Francesco Florimo)
  • Di ingegni come quello del Rossini è già molto averne uno per secolo! (Girolamo Alessandro Biaggi)
  • È difficile scrivere la storia di un uomo ancora vivo... Lo invidio più di chiunque abbia vinto il primo premio in denaro alla lotteria della natura... A differenza di quello, egli ha vinto un nome imperituro, il genio e, soprattutto, la felicità. (Stendhal, nella prefazione della Vita di Rossini)
  • Il genio di Rossini era fecondo come quello di Napoleone: dovunque esso toccava dava vita a nuove e vigorose energie. Il contatto di Napoleone creava gli eroi, quello di Rossini i cantanti. (Gino Monaldi)
  • Il Rossini al pari del Goethe compone con fronte serena e col fuoco alle mani, di sorta che tu vedi muovere sulla scena alcune bellissime ombre, ma quasi mai una viva creatura vittima della passione traboccante. L'anima sua non perde mai la serenità, tanto che egli crea uno Stabat allegro e facile, e non mesto e profondo. Fantasia ariostesca, ma anche ironia ariostesca ha il Rossini. E dietro ai personaggi tragici parmi sempre di scorgere Figaro che li beffa. (Nicola Marselli)
  • Napoleone I e Gioachino Rossini sono i più grandi uomini del secolo nostro. La sua patria si vanta di lui, come la Grecia si vantò d'Omero o di Tacito Roma. (Francesco Regli)
  • Nella Matilde di Schabran, composta nel carnevale del 1824 pel Teatro Tordinona di Roma, il Rossini versò fiumi di fantasia. Di idee melodiche nuove di getto, di motivi originalissimi, di geniali e vivacissime cabalette, di adagi spiranti la grazia più gentile e i più gentili sentimenti, ve n'ha una vera dovizia. Nella Matilde di Schabran, come uscì dalle mani del Rossini, c' è materia bastante per sei e più opere, e tale merito da dar fama ad altrettanti compositori.
    Eppure al Tordinona, dove le prime tre rappresentazioni vennero dirette dal[5] Paganini, la Matilde ebbe un esito freddissimo; tanto che l'Impresa non intendeva pagargliela. E l'anno dopo, a Milano, non ebbe fortuna migliore. (Girolamo Alessandro Biaggi)
  • Per mangiare il tacchino dobbiamo essere in due, io e il tacchino, ridacchiava quel ghiottone di Gioacchino Rossini. (Cesare Marchi)
  • Prima ancora che sfolgorassero alla luce della ribalta le opere di Bellini, era comparso il Barbiere di Siviglia (1816), composto in tredici giorni da quel vero mago della musica, che fu Gioachino Rossini di Pesaro (1792-1868). Genio potente e facile egli produsse rapidamente, dando sempre alle sue opere un calore ed un brio straordinario; dall'Otello alla Semiramide, al Guglielmo Tell (1829) è tutto un ascendere continuo alle più sublimi vette dell'arte. Poi quando gli parve di aver detto tutto ciò che l'ispirazione gli era venuto dettando, si tacque e si riposò nella gloria. (Pietro Orsi)
  • Rossini, con la forza del suo genio, abbatte d'un colpo le formule e le convenzioni del suo tempo e obbliga i cantanti a dare un significato al canto, pure conservando la poesia degli arabeschi vocali. Ma questi arabeschi Rossini li scrive in modo che il tema melodico, qualora spogliato di quegli ornamenti, perderebbe gran parte del suo vigore e della sua efficacia.
    La grande riforma rossiniana sta appunto in quel mirabile connubio del canto fiorito con la espressione drammatica della poesia: connubio non mai tentato prima di lui, né più ottenuto da' suoi imitatori. (Gino Monaldi)
  • Sarei da tenere per pazzo da catena se negassi il genio del Rossini, se negassi l'importanza incalcolabile della sua grand'opera di rivoluzionario contro le vecchie forme, se negassi lo splendore e la sapienza della sua arte musicale!
    Ma il Rossini è, per me, simile a Vittorio Alfieri; rivoluzionario finché vi furono i tiranni e finché la rivoluzione esisteva soltanto, come idea astratta, nel campo dei sogni e, come aspirazione irrequieta, in un cantuccio degli animi generosi; poi codino e spaventato dell'opera, alla quale egli stesso aveva lavorato, quando la rivoluzione apparve terribile e sanguinosa sul terreno dei fatti compiuti! (Raffaello Giovagnoli)
  • Un insulto, e grave, ebbe a soffrire Rossini nella stessa Bologna da un centinaio di Siciliani, che non conoscendolo ed essendo stanchi da lunghe marcie, all'invito fatto di suonar davanti la casa dell'illustre maestro una delle sue melodie, risposero con urli e con fischi che indignarono cosifattamente Rossini che il giorno addietro, seguito dalla moglie, partì per Firenze. (Giovanni Masutto)
  • Un libro su Leopardi non può cominciare che come un'opera buffa: preferibilmente di Gioachino Rossini, che era nato vicino a Recanati, a Pesaro, e poi aveva infiammato Milano, Roma, Parigi e tutto il mondo musicale. Il protagonista di questa opera buffa non è Giacomo, sebbene amasse sino alle lacrime Il barbiere di Siviglia e La donna del lago, ma suo padre Monaldo, nato a Recanati nel 1766 da un'antica famiglia che risaliva, o diceva di risalire, al tredicesimo secolo. (Pietro Citati)
  • Anche da vecchio, il Rossini parlava spesso delle mirabili composizioni del Beethoven: ma raccomandava ai giovani, i quali ricorrevano a lui per consiglio, di non innamorarsi troppo dello stile beethoveniano, per evitare il pericolo della imitazione. «Vedete (diceva) che cosa accadde nei passati secoli agli imprudenti che vollero imitare Michelangiolo. Beethoven è il grandissimo fra i grandi, ma deve stare da sé. Io che non scrivo più, mi diletto a studiare i tre santi padri della musica tedesca: ma il Beethoven lo prendo a rare dosi, una volta la settimana: Haydn un po' più spesso: in quanto poi al Mozart, lo prendo tutti i giorni e non mi fa male.»
  • Gioacchino Rossini, con esempio unico al mondo, scrive nel medesimo anno (1816) il Barbiere e l'Otello: la commedia dell'eterno riso, e la tragedia del pianto e del terrore.
  • Il Rossini accetta con la massima disinvoltura impegni, a mantenere i quali ogni più gagliarda fibra si fiaccherebbe: scrive talvolta, in un solo anno, ben quattro opere: ma incomincia a scriverle quando pochi giorni, due o tre settimane al più lungo, mancano al termine fatale della consegna. Nei giorni e nei mesi che precedono, e che gl'impresari e le direzioni dei teatri s'immaginano il maestro impieghi nella meditazione e nel lavoro, egli continua allegramente quella sua vita spensierata ed errabonda, va di casa in casa a rallegrar le brigate, si occupa ad ammannire pranzi e cene, corteggia le belle dame, e chi si arrischi di ricordargli che impresari, direttori, artisti e pubblico aspettano a braccia aperte l'annunziata opera, è ricevuto con mali modi e col titolo di guastafeste. L'importante per lui è di avere negli ultimi giorni un libretto purchessia, scritto magari alla diavola, con quel lasciarsi andare che distingue la letteratura melodrammatica del primo quarto di secolo. Poi a un tratto egli si chiude in casa, apre la valvola delle melodie, e in pochi giorni l'opera è fatta. Sarà un capolavoro, o non sarà nulla: a lui poco importa. Gli basta che l'impegno sia mantenuto, le parti sieno distribuite; e nell'intervallo fra una prova e l'altra il maestro, lieto del riconquistato riposo, ricomincia la vita svagolata di prima.
  • Non agiato soltanto ma ricco, di una ricchezza, si noti bene, non derivatagli dai diritti d'autore, che una legislazione imperfetta regolava male o non regolava affatto, amante soprattutto del quieto vivere, della buona cucina, dell'allegra compagnia di pochi amici, egli s'era creata per tempo una filosofia impregnata d'indifferenza serena, che lo induceva a considerare come superflua una gloria, la quale venisse ad aggiungersi a quell'altra con tanta facilità conquistata. Questa qui gli bastava: ce n'era perfino d'avanzo. Del nome suo era pieno il mondo: l'eco degli applausi tributati alle sue opere sì ripercoteva nei teatri dei due emisferi: il genio di lui, come pioggia fecondatrice, aveva lasciate impronte durabili in tutto il vasto campo dell'arte, e la commedia, la farsa, il dramma, la tragedia si può dire che avessero ottenuto da lui il più largo contributo di sorrisi e di lacrime, di pietà e di terrore. Perché ripetersi? perché affaticarsi? Non che esaurita, la vena melodica di Gioacchino Rossini, a malapena premuta, avrebbe potuto ancora alimentare per anni e anni l'inesausta curiosità dei pubblici che impazienti aspettavano. Ma egli non volle: e da questa sua ostinazione nessuno valse mai a rimuoverlo.

Note

  1. Citato in Historia, n. 13, Cino Del Duca Editore, dicembre 1958.
  2. Citato in Indro Montanelli, L'Italia giacobina e carbonara, Rizzoli, Milano 1972, p. 612.
  3. Citato in AA.VV., Il libro della musica classica, traduzione di Anna Fontebuoni, Gribaudo, 2019, p. 148. ISBN 9788858022894
  4. Da una lettera a Isabella Colbran; citato in Eduard Maria Oettinger, Rossini. Romanzo comico, traduzione di Adolfo Pick, Tipografia del Commercio, Venezia, 1867.
  5. Nel testo "del".

Opere

Voci correlate

Altri progetti