Elisa Orsi
Mi occupo principalmente di storia della critica (dantesca) e poesia del Due-Trecento italiano, con particolare attenzione alla ricezione figurativa della Commedia e alle strategie visuali della poesia duecentesca.
Mi impegno anche in attività di formazione e divulgazione scientifica, rivolte sia a studenti e insegnanti sia a un pubblico altro "eventualmente interessato" a Dante e alla poesia del Medioevo.
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- 2022: Dottorato in Studi italianistici (Università di Pisa; supervisore prof. Marcello Ciccuto - prof. Alberto Casadei), con una tesi dal titolo "BISMIC: bibliografia internazionale degli studi sui manoscritti illustrati della Commedia (repertorio online e analisi critica)".
- 2017: Laurea magistrale in Lingua e Letteratura Italiana, con una tesi dal titolo “Tutto sa chi è dottor di rima: percorsi interpretativi nella poesia di Bonagiunta Orbicciani” (Università di Pisa; relatore prof. Marcello Ciccuto; correlatore prof. Alberto Casadei).
- 2013: Laurea triennale con un elaborato dedicato a "Figura di Erich Auerbach e alla sua ricezione" (Università di Trento; relatore prof. Claudio Giunta).
Mi impegno anche in attività di formazione e divulgazione scientifica, rivolte sia a studenti e insegnanti sia a un pubblico altro "eventualmente interessato" a Dante e alla poesia del Medioevo.
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- 2022: Dottorato in Studi italianistici (Università di Pisa; supervisore prof. Marcello Ciccuto - prof. Alberto Casadei), con una tesi dal titolo "BISMIC: bibliografia internazionale degli studi sui manoscritti illustrati della Commedia (repertorio online e analisi critica)".
- 2017: Laurea magistrale in Lingua e Letteratura Italiana, con una tesi dal titolo “Tutto sa chi è dottor di rima: percorsi interpretativi nella poesia di Bonagiunta Orbicciani” (Università di Pisa; relatore prof. Marcello Ciccuto; correlatore prof. Alberto Casadei).
- 2013: Laurea triennale con un elaborato dedicato a "Figura di Erich Auerbach e alla sua ricezione" (Università di Trento; relatore prof. Claudio Giunta).
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Papers by Elisa Orsi
duplice funzione comunicativa del testo: da un lato, l’iperbolica rappresentazione
della sofferenza amorosa del poeta, intesa a suscitare nella donna
(‘voi’) un sentimento di compassione; dall’altro, l’ammonimento sulla natura
crudele dell’amore rivolto a chi ancora non ne abbia sperimentato le
sofferenze (‘tu’). Il doppio messaggio è reso concreto e memorabile grazie a
due ‘epigrafi’ racchiuse nel testo, una strategia didattico-visuale che consente
di mettere in relazione il Mare amoroso con altre rappresentazioni
negative di amore di fine Duecento, come la corona di sonetti Del carnale
amore di Guittone d’Arezzo.
*
This paper analyses the Mare amoroso, underlining its double communicative
dimension. On the one hand, the text is addressed to the
beloved dea, aiming to inspire her (‘voi’) with compassion; on the other
hand, the poem conveys a warning about the inevitable pain caused by
love, addressed to the reader (‘tu’). These ideas are expressed using a visual
strategy: two inscriptions embedded in the text. Therefore it is possible
to compare the poem with other negative representations of love, such as
Guittone D’Arezzo’s Del carnale amore.
come poeta d’amore, in virtù della preminenza del tema amoroso nel corpus delle rime, ma anche per influenza del dialogo sul “dolce stil novo” di Purgatorio XXIV e della tenzone con Guido Guinizzelli. Il saggio propone una rilettura della poesia di Bonagiunta a partire da un’analisi della sua componente morale. Dall’esame di sonetti, ballate e canzoni emerge una visione positiva, ciclica e pragmatica del mondo, che accomuna la produzione d’argomento amoroso a quella d’argomento morale, restituendoci un Bonagiunta “organico”, portavoce di una riuscita integrazione fra etica amorosa ed etica civile.
Talks by Elisa Orsi
L'intervento si propone di iniziare a chiarirne i contorni, analizzando una serie di testi di (o attribuiti a) Bonagiunta Orbicciani, prototipo di questa poesia politica in senso debole.
In questo panorama spicca la figura di Bonagiunta Orbicciani da Lucca, significativa non soltanto per il posizionamento nella retroguardia della prima genealogia poetica della letteratura italiana, ma anche perché rappresentativa della varietà e complessità dei problemi filologici e storico-critici proposti dallo studio di un minore duecentesco, sulla cui valutazione grava anche il giudizio influente di Dante.
L’intervento, attraverso una riflessione metodologica e operativa, intende offrire alla discussione le questioni proposte dalla costruzione di un discorso storico-critico su Bonagiunta, la cui esperienza poetica “di transizione”, mediata dall’interferenza dantesca, resta difficile da valutare nella sua specificità.
Se la poesia di Bonagiunta, infatti, è ormai saldamente collocata tra i proto-stilnovisiti, a fianco del padre nobile Guinizzelli, al «trapiantatore dei modi siciliani in Toscana», frequentatore di una poesia convenzionale, resta complesso riconoscere una propria specificità. La poesia del lucchese verrà perciò ripercorsa nei suoi caratteri salienti, cercando di ricostruire le ragioni di una minorità storico-critica, che, prima ancora di venir fissata nella ricostruzione dantesca, sembra preannunciata dal conformismo comunale intrinseco alla sua stessa poesia.
nel segno della didassi, sono stati messi in luce i legami del testo con la cultura provenzale e il genere
dell’ensenhamen (Contini 1939; Fenzi 1991; Barucci 2008), ma sono stati anche individuati possibili
contatti con la lirica toscana della vecchia mainera (Fenzi 1991; Giunta 1998; Giunta 2008; Menichetti
2012) e, in particolar modo, evidenti affinità con la canzone Similemente onore di Bonagiunta Orbicciani
(Giunta 1998; Menichetti 2012). Questo contributo si propone di approfondire il confronto tra la canzone
dantesca e quella del rimatore lucchese, evidenziando come il focus della didassi consenta di rilevare
continuità e discontinuità non solo all’interno della storia dei generi, ma anche tra le poetiche dei rimatori
a cavallo tra vecchia e nuova mainera. Nel nostro caso, assisteremo al passaggio dalla “poesia della
misura” di Bonagiunta, in cui prassi del fino amante e dell’uomo saggio si corrispondono perfettamente
nel segno del riconoscimento della collettività (e dunque, potremmo dire con Fenzi 1991, del sollazzo)
alla “crisi” di Dante, che, dietro la spinta della riflessione morale, cerca una nuova legittimazione in una
temporanea “vacanza solitaria” dall’ispirazione amorosa, senza più interlocutori possibili. Il confronto
testimonierà il passaggio da una poesia della “genealogia delle virtù” a una più consapevolmente
intellettualizzata, ma soprattutto dimostrerà come sul terreno del modo didascalico si giochi, per questi
rimatori, la partita della propria autolegittimazione poetica e sociale.
Della produzione del rimatore fiorentino, iniziatore del filone comico, è nota la natura
stilisticamente e tematicamente bipartita: un corpus di sonetti di carattere ‘giocoso’ coesiste con un gruppo altrettanto consistente, che sviluppa i topoi dell’eros cortese in sostanziale continuità con l’esperienza siciliana. In questo senso, Rustico è figura-chiave, non solo in quanto capostipite, ma poiché ci permette di osservare la genesi della ‘comicità’ da una posizione privilegiata: cronologicamente anteriore e perciò non direttamente implicata con gli esiti poetici e storiografici della temperie stilnovista.
Il bifrontismo di Rustico verrà perciò problematizzato all’interno del contesto dei rimatori della generazione ‘prima di Dante’, evidenziandone alcune possibili coordinate. In particolare, la materia ‘comico-realistica’ di Rustico verrà presa in esame ponendo particolare attenzione al legame tra vituperium e inclinazione moralistica. Quest’ultima componente, nella sua
tendenza a dimostrarsi tramite l’«io testimone» e «l’oggettività del ritratto» (Mengaldo 1971), incarna una delle sfumature di quell’esemplarità caratteristica di alcuni fra i primi rimatori autenticamente toscani (Bonagiunta Orbicciani in chiave laico-municipale; il Guittone post-conversione in chiave moralizzatrice e religiosa) e, assieme alla vocazione per una lirica amorosa sciolta dalle contingenze, richiama la comune matrice siciliana.
duplice funzione comunicativa del testo: da un lato, l’iperbolica rappresentazione
della sofferenza amorosa del poeta, intesa a suscitare nella donna
(‘voi’) un sentimento di compassione; dall’altro, l’ammonimento sulla natura
crudele dell’amore rivolto a chi ancora non ne abbia sperimentato le
sofferenze (‘tu’). Il doppio messaggio è reso concreto e memorabile grazie a
due ‘epigrafi’ racchiuse nel testo, una strategia didattico-visuale che consente
di mettere in relazione il Mare amoroso con altre rappresentazioni
negative di amore di fine Duecento, come la corona di sonetti Del carnale
amore di Guittone d’Arezzo.
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This paper analyses the Mare amoroso, underlining its double communicative
dimension. On the one hand, the text is addressed to the
beloved dea, aiming to inspire her (‘voi’) with compassion; on the other
hand, the poem conveys a warning about the inevitable pain caused by
love, addressed to the reader (‘tu’). These ideas are expressed using a visual
strategy: two inscriptions embedded in the text. Therefore it is possible
to compare the poem with other negative representations of love, such as
Guittone D’Arezzo’s Del carnale amore.
come poeta d’amore, in virtù della preminenza del tema amoroso nel corpus delle rime, ma anche per influenza del dialogo sul “dolce stil novo” di Purgatorio XXIV e della tenzone con Guido Guinizzelli. Il saggio propone una rilettura della poesia di Bonagiunta a partire da un’analisi della sua componente morale. Dall’esame di sonetti, ballate e canzoni emerge una visione positiva, ciclica e pragmatica del mondo, che accomuna la produzione d’argomento amoroso a quella d’argomento morale, restituendoci un Bonagiunta “organico”, portavoce di una riuscita integrazione fra etica amorosa ed etica civile.
L'intervento si propone di iniziare a chiarirne i contorni, analizzando una serie di testi di (o attribuiti a) Bonagiunta Orbicciani, prototipo di questa poesia politica in senso debole.
In questo panorama spicca la figura di Bonagiunta Orbicciani da Lucca, significativa non soltanto per il posizionamento nella retroguardia della prima genealogia poetica della letteratura italiana, ma anche perché rappresentativa della varietà e complessità dei problemi filologici e storico-critici proposti dallo studio di un minore duecentesco, sulla cui valutazione grava anche il giudizio influente di Dante.
L’intervento, attraverso una riflessione metodologica e operativa, intende offrire alla discussione le questioni proposte dalla costruzione di un discorso storico-critico su Bonagiunta, la cui esperienza poetica “di transizione”, mediata dall’interferenza dantesca, resta difficile da valutare nella sua specificità.
Se la poesia di Bonagiunta, infatti, è ormai saldamente collocata tra i proto-stilnovisiti, a fianco del padre nobile Guinizzelli, al «trapiantatore dei modi siciliani in Toscana», frequentatore di una poesia convenzionale, resta complesso riconoscere una propria specificità. La poesia del lucchese verrà perciò ripercorsa nei suoi caratteri salienti, cercando di ricostruire le ragioni di una minorità storico-critica, che, prima ancora di venir fissata nella ricostruzione dantesca, sembra preannunciata dal conformismo comunale intrinseco alla sua stessa poesia.
nel segno della didassi, sono stati messi in luce i legami del testo con la cultura provenzale e il genere
dell’ensenhamen (Contini 1939; Fenzi 1991; Barucci 2008), ma sono stati anche individuati possibili
contatti con la lirica toscana della vecchia mainera (Fenzi 1991; Giunta 1998; Giunta 2008; Menichetti
2012) e, in particolar modo, evidenti affinità con la canzone Similemente onore di Bonagiunta Orbicciani
(Giunta 1998; Menichetti 2012). Questo contributo si propone di approfondire il confronto tra la canzone
dantesca e quella del rimatore lucchese, evidenziando come il focus della didassi consenta di rilevare
continuità e discontinuità non solo all’interno della storia dei generi, ma anche tra le poetiche dei rimatori
a cavallo tra vecchia e nuova mainera. Nel nostro caso, assisteremo al passaggio dalla “poesia della
misura” di Bonagiunta, in cui prassi del fino amante e dell’uomo saggio si corrispondono perfettamente
nel segno del riconoscimento della collettività (e dunque, potremmo dire con Fenzi 1991, del sollazzo)
alla “crisi” di Dante, che, dietro la spinta della riflessione morale, cerca una nuova legittimazione in una
temporanea “vacanza solitaria” dall’ispirazione amorosa, senza più interlocutori possibili. Il confronto
testimonierà il passaggio da una poesia della “genealogia delle virtù” a una più consapevolmente
intellettualizzata, ma soprattutto dimostrerà come sul terreno del modo didascalico si giochi, per questi
rimatori, la partita della propria autolegittimazione poetica e sociale.
Della produzione del rimatore fiorentino, iniziatore del filone comico, è nota la natura
stilisticamente e tematicamente bipartita: un corpus di sonetti di carattere ‘giocoso’ coesiste con un gruppo altrettanto consistente, che sviluppa i topoi dell’eros cortese in sostanziale continuità con l’esperienza siciliana. In questo senso, Rustico è figura-chiave, non solo in quanto capostipite, ma poiché ci permette di osservare la genesi della ‘comicità’ da una posizione privilegiata: cronologicamente anteriore e perciò non direttamente implicata con gli esiti poetici e storiografici della temperie stilnovista.
Il bifrontismo di Rustico verrà perciò problematizzato all’interno del contesto dei rimatori della generazione ‘prima di Dante’, evidenziandone alcune possibili coordinate. In particolare, la materia ‘comico-realistica’ di Rustico verrà presa in esame ponendo particolare attenzione al legame tra vituperium e inclinazione moralistica. Quest’ultima componente, nella sua
tendenza a dimostrarsi tramite l’«io testimone» e «l’oggettività del ritratto» (Mengaldo 1971), incarna una delle sfumature di quell’esemplarità caratteristica di alcuni fra i primi rimatori autenticamente toscani (Bonagiunta Orbicciani in chiave laico-municipale; il Guittone post-conversione in chiave moralizzatrice e religiosa) e, assieme alla vocazione per una lirica amorosa sciolta dalle contingenze, richiama la comune matrice siciliana.