Nella capanna di Medicina. Visibile e invisibile nelle tradizioni native nordamericane, 2024
“Sulle orme della tradizione” si arriva nella capanna di Medicina. Cosa intendono i nativi nordam... more “Sulle orme della tradizione” si arriva nella capanna di Medicina. Cosa intendono i nativi nordamericani per Medicina? Queste popolazioni sono presenti con noi, su questo Pianeta, ed è quasi un miracolo che siano sopravvissute, lungo i secoli, a epidemie, guerre, persecuzioni, marginalità e degrado sociale. Le loro tradizioni sciamaniche, negli ultimi decenni riscoperte e reinterpretate, mettono in comunicazione il nostro tempo presente con un tempo ancestrale, comune a tutta l’umanità. Ora che il futuro stesso dell’umanità è messo in gioco, le risorse culturali dei popoli nativi che hanno resistito vengono in aiuto. La “tradizione” di cui esse parlano non è collocata indietro nel tempo, in un passato inarrivabile, è qui, intorno a noi, una fonte di vita alla quale sempre possiamo attingere. In questo senso, Medicina. Questo libro raccoglie un percorso di saggi specifici, intrecciati tra loro e collegati dall’esperienza di essere “dentro” le situazioni, come accade durante le ricerche degli antropologi: che osservano e riflettono da un territorio di margine, si, ma poi ritrovano il loro “centro” in un rinnovato e plurale senso di umanità.
Il libro cerca di articolare un percorso “sulle orme” delle tradizioni native nordamericane, ovve... more Il libro cerca di articolare un percorso “sulle orme” delle tradizioni native nordamericane, ovvero alla ricerca di una traccia. La traccia di umanità delle culture native nordamericane, negata e soffocata dai processi di colonizzazione e assimilazione lungo oltre cinque secoli. La traccia che i tradizionalisti nativi hanno cercato è la stessa che gli antropologi hanno cercato. Questa ricerca, dai due diversi versanti, si è particolarmente intensificata con la ripresa delle tradizioni sciamaniche native, nella seconda metà del Novecento, e, nello stesso periodo, con la ripresa della ricerca etnografica dell’antropologia postcoloniale e postmoderna. Il libro cerca di cogliere questo particolare incrocio, dai due versanti, cercando di evitare schematismi e luoghi comuni: in questo senso il sottotitolo “Gli indiani d’America e noi”. Il percorso del libro si snoda su temi generali, quali i conflitti culturali relazionali tra Nativi e Bianchi durante l’epoca coloniale e su aspetti specifici, quali i confini delle riserve e dei territori nativi, le rivendicazioni contro le nuove forme di espropriazione e abuso di questi territori, cosi come la ripresa e la difesa delle tradizioni religiose sciamaniche dalle nuove forme di consumo e abuso spirituale. Il tema del conflitto tra le culture native nordamericane e la cultura dominante risulta pienamente leggibile soltanto da una prospettiva storica che non neghi quegli aspetti di mescolamento e di cooperazione che hanno “fatto l’America” nella collaborazione tra i protagonisti in gioco, su livelli molto diversi quali quello tecnologico, linguistico e religioso. Il libro ha cercato di porre l’attenzione su come la negazione di questa traccia di incontro, metissage e collaborazione tra culture sia un altro “marchio” del colonialismo moderno, che ha contrapposto “primitivi” e “civilizzati”, razze, religioni inconciliabili, culture essenzialmente contrapposte, categorie in conflitto. La ripresa delle tradizioni sciamaniche, nel rapporto mitico e simbolico tra animalità e umanità, ha visto, oltre agli specialisti rituali, gli artisti nativi contemporanei come anticipatori e protagonisti. In un processo che è stato particolarmente intenso nell’ultimo decennio del Novecento, negli stessi anni nei quali è avvenuta la ricerca etnografica svolta dall’autore nella regione dei Grandi Laghi, tra Stati uniti e Canada, sulle orme di una importante cerimonia di iniziazione sciamanica. Le tracce di queste tradizioni, che si supponevano generalmente troppo esili o già cancellate, su sono dimostrate presenti e vitali, in grado di disegnare un futuro reale per le comunità native nordamericane.
AM. Rivista della Società Italiana di Antropologia Medica, Oct 1, 2017
Può essere teorizzata una “antropologia della devianza”? L’obiettivo di questo contributo è mette... more Può essere teorizzata una “antropologia della devianza”? L’obiettivo di questo contributo è mettere in evidenza alcuni elementi e coppie tematiche che possono entrare in sinergia, in una interlocuzione al confine tra Filosofia e Antropologia Culturale. Il rapporto salute/devianza appare problematico e rivolto al passato, alla “tradizione”, nel nostro mondo secolarizzato e orientato al relativismo. Da un’altra prospettiva appare però questo rapporto, se consideriamo l’eclissarsi dell’etica dell’incontro vis-a-vis con l’Altro – così come era stata pensata da Levinas – nelle pratiche di comunicazione dei social networks. Attraverso i nessi tra il pensiero di Levinas e quello di Ernesto De Martino, può essere compito dell’antropologia rovesciare la prospettiva sulla devianza: mostrando i rischi psicopatologici dell’isolamento degli individui in una rete quasi esclusivamente virtuale di comunicazione e delle corrispondenti “perdite di senso” che ciò comporta. Un modo di comunicare che di fatto tende ad allontanare le persone dagli incontri e dalle relazioni concrete di solidarietà e sostituzione (mettersi al posto di, agire per Altri). L’attuale crisi umanitaria, intesa come crisi di un’antropologia dell’accoglienza riflette, come una forma di devianza, questa negazione dell’Altro.
[Quarta di copertina] Il mondo che ci circonda è attraversato in misura sempre maggiore da proces... more [Quarta di copertina] Il mondo che ci circonda è attraversato in misura sempre maggiore da processi antropologici. Trasformazioni che non riguardano solamente lo scenario multiculturale delle nostre società ma che investono istituzioni e sistemi valoriali quali la famiglia e l’educazione. L’antropologia culturale, facendo tesoro di oltre un secolo di ricerca etnografica, può offrire un contributo per capire questo mondo in trasformazione, attraverso analisi di contesto, nel tentativo di superare schematismi e visioni troppo rigide. Questo libro è un invito a considerare il rapporto tra l’antropologia culturale intesa come disciplina e l’antropologia spontanea, ovvero ciò che ognuno è in grado di fare nel riconoscimento dell’umanità dell’altro e nella comprensione delle differenze etniche come diversità culturali. L’ospitalità e il viaggio sono ambiti ideali per questo genere di riflessione. L’incontro con l’altro ci impegna nella messa in causa della nostra vita interiore, così come...
Is the celebrated Maori notion of Hau – transcripted by anthropologist Elsdon Best and popularize... more Is the celebrated Maori notion of Hau – transcripted by anthropologist Elsdon Best and popularized in the famous Essay on the Gift by Marcel Mauss – the source of an original misunderstanding, that affected about half a century of anthropological exegesis? Could this misunderstanding be of a "philosophical" order more than "anthropological", dealing with the concept of thirdness and otherness? The discourse about gift will be re-considered beginning from a sort of tripartition: "conditional" gift, "unconditional" gift and "ineffable" gift. The tripartition offers three points of support: a metaphysical scheme rather archaic, if not "traditional". Each of the three patterns, even if in vertical ordering, is anchored in the horizontal level of everyday life and cultural variation. Trying to cross these two levels – anthropological and metaphysical – is the aim of the present contribution.
La spiegazione corrente sulle conoscenze erboristiche delle culture tradizionali è che esse si ba... more La spiegazione corrente sulle conoscenze erboristiche delle culture tradizionali è che esse si basano su un sapere cumulativo, ottenuto attraverso prove empiriche e tramandato oralmente. Dalla prospettiva di queste culture –ad esempio in un contesto sciamanico – la spiegazione è completamente diversa e mette in campo elementi spirituali o mitici. Completamente diversa è anche la concezione stessa della pianta e dei suoi effetti terapeutici. Il “discorso” dell’etnobotanica – così come quello dell’etnomedicina – si pone dunque in una prospettiva interculturale attraverso visoni del mondo radicalmente differenti
The current explanation about herbal knowledge in traditional cultures is that it is based on cumulative knowledge, obtained through empirical evidence and passed down orally. From the perspective of these cultures - for example in a shamanic context - the explanation is completely different and brings in spiritual or mythical elements. Completely different is also the conception itself of the plant and of its therapeutic effects. The "discourse" of ethnobotany - as well as that of ethnomedicine - is therefore placed in an intercultural perspective through radically different worldviews
“L’antitrickster. Studi italiani sul Briccone Divino”, pp. 85-108 in Faldini Luisa (a cura di), Verso le Americhe: studi e percorsi dell’americanistica italiana, E.C.I.G., Genova 2007., 2007
Nell'ambito degli studi sul Trickster nordamericano, la
messa in opera di categorie interpretati... more Nell'ambito degli studi sul Trickster nordamericano, la
messa in opera di categorie interpretative definite ed escludenti - da
parte di antropologi e storici delle religioni - fa capo alla medesima
istanza di controllo di una figura che è invece - categorialmente -
furori controllo. Il Trikster/trasformer è in perpetua fuga da una
dimensione folklorica a una mistica, da una buffonesca e oscena a
una spirituale e demiurgica, in bilico tra la trasgressione dell'ordine
cosmico e la stessa creazione del mondo. Come "trasformer" veicola
un discorso analogo a quello del Proteo della nostra tradizione
classica. Una figura cangiante, che non accetta alcun limite di forma.
Che rimane tuttavia irretita nei limiti delle singole forme nelle quali
era riuscita a trasformarsi.
La Midewiwin e gli antropologi. Campi magnetici”, pp.45- 64 in Lanoue Guy - Spagna Francesco (a cura di), La forza nelle parole. Percorsi narrativi degli Indigeni canadesi da Jacques Cartier a oggi, Rivista di Studi Canadesi, suppl. al n. 13, 2000., 2000
The question about the post-contact origins of the Midewiwin took place, in the ethno-historical... more The question about the post-contact origins of the Midewiwin took place, in the ethno-historical debate, at the beginning of the sixties. Scholars as Harold Hickerson (1963) revisited the Jesuit Relations of 17th and 18th centuries as historical sources, and criticised Walter James Hoffman (1885), pioneer of the studies on Midewiwin, who maintained the aboriginal (pre-contact) characters of the ceremony. From this critic essay of Hickerson has been constructed the anthropological paradigm of the Midewiwin as a “nativist” movement, developed in response of the social and cultural crisis that took place in the first centuries of colonisation. This paradigm influenced most of American and European scholars in anthropology and history of religion. But if we focus on those original statements of Hickerson, we discover that some of them are quite groundless, or hypothetical at the best. Furthermore, the anthropological work of this scholar has been critical reviewed by Jennifer S. H. Brown and Laura L. Peers (Hickerson 1988, p. 135-151). So, all the premises and the sources for the interpretation of the Midewiwin should be reconsidered.
Lanoue G. - Spagna F. (a cura di), La forza nelle parole. Percorsi narrativi degli Indigeni canadesi da Jacques Cartier a oggi, Rivista di Studi Canadesi, suppl. al n. 13, 2000. ISSN 1120-3420, 2000
Con “la forza nelle parole” intendiamo individuare tre registri di discorso che possono fare da f... more Con “la forza nelle parole” intendiamo individuare tre registri di discorso che possono fare da filo conduttore agli interventi presentati in questo volume. Tre registri che per forza di cose, come vedremo, sono interrelati. Il primo riguarda la forza magica delle parole, nel contesto mitico e sciamanico delle tradizioni native americane, la formula evocativa dello sciamano, che chiama a sé e presentifica le potenze della natura, o quella del cantore, come nell'invocazione eschimese agli Spiriti dell’Aria, riportata nel contributo di Giulia Bogliolo Bruna, da cui abbiamo estrapolato il titolo; o ancora la forza nelle parole del mito cosmogonico, o nel mito di fondazione. Il secondo riguarda le parole dei dominatori arrivati dall’Europa, che volutamente si sono sovrapposte alle parole native, coprendole, riducendole al silenzio, alla schiavitù, alla subalternità. Sono le parole dei conquistatori, dei missionari, degli antropologi che hanno imposto la propria verità e la propria supremazia in ambito religioso come in ambito politico o culturale. Parole che hanno accusato i nativi di superstizione, di inciviltà, di debolezza. Parole che hanno voluto per forza piegare, plagiare, convincere i nativi al proprio sistema di valori e alla necessità storica del nuovo ordine che andavano costruendo. Parole che hanno dato ordini, che hanno deciso il destino delle persone, come mai prima era avvenuto. Il terzo registro è quello della resistenza e della riaffermazione del discorso nativo, lungo i secoli della dominazione fino a oggi. La rivalutazione di questo discorso in sede antropologica. I nuovi “percorsi narrativi”, la nuova visibilità della parola nativa. Le wordarrows, le “parole-freccia” nella significativa espressione di Gerald Vizenor, l’accademico sanguemisto, il nuovo trickster a cavallo tra due culture che si fronteggiano.
Il libro Sulle orme della tradizione. Gli Indiani d’America e noi, di Francesco Spagna (Imprimitu... more Il libro Sulle orme della tradizione. Gli Indiani d’America e noi, di Francesco Spagna (Imprimitur
2008), affronta dal punto di vista antropologico e storico le questioni relative all’insieme di popoli e
culture native che vivono in Nord America da decine di migliaia di anni e che sono sopravvissute a
quella crisi globale del loro tradizionale stile di vita determinata dall’arrivo dei colonizzatori
europei nel 16° secolo. Il volume cerca di far emergere in primo luogo la straordinaria capacità di
resistenza culturale che questi popoli hanno dimostrato negli ultimi cinque secoli della loro storia.
Una resistenza che suscita tuttora una sorta di fascinazione e che ha in effetti esercitato una sottile
ma persistente influenza culturale sui popoli europei e euroamericani. Sul piano antropologico, la
figura dell’Indiano d’America è stata, in diverse forme lungo i secoli, utilizzata in Occidente come
un artificio retorico per riflettere sull’umanità in generale e sui rapporti tra società e natura. Rispetto
agli Indiani d’America abbiamo dunque a che fare con un antica e stratificata immagine culturale,
da noi costruita, che può essere messa a confronto con il percorso di sopravvivenza ed
emancipazione compiuto da questi popoli nel loro reale vissuto storico.
“Sulle orme della tradizione” è anche il percorso intrapreso, in forme diverse, sia dagli antropologi
classici, americani ed europei, che si sono preoccupati di raccogliere le ultime testimonianze della
tradizione prima che esse venissero disperse o cancellate – sia dai “tradizionalisti” nativi americani
contemporanei, che rivendicano la ripresa e la rinascita della loro cultura tradizionale. Il concetto di
tradizione utilizzato dai nativi è però completamente diverso da quello usato dai primi antropologi,
che ragionavano in una concezione lineare e progressiva del tempo.
Questo testo può essere utile, in senso generale, per ripensare da una prospettiva particolare i temi
dell’identità culturale, della globalizzazione e dell’intercultura.
Sulle orme della tradizione è il primo volume di una collana che sarà dedicata alle culture native
nordamericane. L’autore è dottore di ricerca in Antropologia Culturale e ha compiuto ricerche sul
terreno presso le comunità native americane della zona dei Grandi Laghi, tra Stati Uniti e Canada.
Native peoples of Subarctic Canada: environment, history and tradition. Worldview and ideology of... more Native peoples of Subarctic Canada: environment, history and tradition. Worldview and ideology of Native peoples of the Subarctic displays a different conception of nature regarding to the one of the White settlers and, in general, to Western imaginery of wilderness. An outline of historical relations between these Algonquian, Athapaskan and Tlingit speaking peoples with White newcomers (from the contact-transitional period to the present ) shows that a “Frontier” – along with destruction of landscape – is an ongoing process. Nevertheless, the capability of some of these Native groups to face environmental problems in a changing world, and the strength of their culture and traditions is someway surprising.
Spagna "It is extremely difficult for an ethnologist to assess at its true value such a phen... more Spagna "It is extremely difficult for an ethnologist to assess at its true value such a phenomenon as the universal acceptance of Western civilisation" 1 . Lévi–Strauss wrote Race et Histoire in 1952, after the terrible events of World War II, during a period when Western culture was battling with a strong crisis of values, in a decade which later turned out to be crucial for the end of colonialism. The difficulty Lévi–Strauss referred to certainly depended on the strong ambivalence which characterized the relationship between Western civilization and the other peoples of the world: the awareness, which also emerges clearly in Tristes Tropiques 2 , that the orderliness and harmony of the Western world led to the "elimination of a huge amount of terrible by-products"; by-products that were thrown at others and which characterized the heavy inheritance of colonialism. From other people's perspectives, the modernization of the Western world, with its scientific-...
Parlare di animali è un modo traslato di parlare di faccende umane. Gli animali ci offrono un’inf... more Parlare di animali è un modo traslato di parlare di faccende umane. Gli animali ci offrono un’infinità di metafore. Travestendoci nella pelle di un animale, guardiamo all’umanità dal di fuori, da un punto prospettico esterno. Viviamo in un universo immaginario di animali umanizzati e di umani animalizzati. La linea di confine tra umanità e animalità può essere labile, indefinita o al contrario molto rimarcata o enfatizzata. Su questo tema universale le differenze culturali sono notevoli. Scopo di questo articolo è introdurre alla visione dell’animalità (e del rapporto tra umanità/animalità) presso le culture native dell’America subartica. Le tradizioni culturali aborigene di questo ambiente sono infatti un interessante esempio di cosmovisione fortemente centrata sulla sfera animale e sulle sue simbologie. Ed. or. in: Ferri L. - Giannelli L. (a cura di), Visioni e interpretazioni del Nord artico e subartico, Quaderni del CISAI, Siena, 2006
Nella capanna di Medicina. Visibile e invisibile nelle tradizioni native nordamericane, 2024
“Sulle orme della tradizione” si arriva nella capanna di Medicina. Cosa intendono i nativi nordam... more “Sulle orme della tradizione” si arriva nella capanna di Medicina. Cosa intendono i nativi nordamericani per Medicina? Queste popolazioni sono presenti con noi, su questo Pianeta, ed è quasi un miracolo che siano sopravvissute, lungo i secoli, a epidemie, guerre, persecuzioni, marginalità e degrado sociale. Le loro tradizioni sciamaniche, negli ultimi decenni riscoperte e reinterpretate, mettono in comunicazione il nostro tempo presente con un tempo ancestrale, comune a tutta l’umanità. Ora che il futuro stesso dell’umanità è messo in gioco, le risorse culturali dei popoli nativi che hanno resistito vengono in aiuto. La “tradizione” di cui esse parlano non è collocata indietro nel tempo, in un passato inarrivabile, è qui, intorno a noi, una fonte di vita alla quale sempre possiamo attingere. In questo senso, Medicina. Questo libro raccoglie un percorso di saggi specifici, intrecciati tra loro e collegati dall’esperienza di essere “dentro” le situazioni, come accade durante le ricerche degli antropologi: che osservano e riflettono da un territorio di margine, si, ma poi ritrovano il loro “centro” in un rinnovato e plurale senso di umanità.
Il libro cerca di articolare un percorso “sulle orme” delle tradizioni native nordamericane, ovve... more Il libro cerca di articolare un percorso “sulle orme” delle tradizioni native nordamericane, ovvero alla ricerca di una traccia. La traccia di umanità delle culture native nordamericane, negata e soffocata dai processi di colonizzazione e assimilazione lungo oltre cinque secoli. La traccia che i tradizionalisti nativi hanno cercato è la stessa che gli antropologi hanno cercato. Questa ricerca, dai due diversi versanti, si è particolarmente intensificata con la ripresa delle tradizioni sciamaniche native, nella seconda metà del Novecento, e, nello stesso periodo, con la ripresa della ricerca etnografica dell’antropologia postcoloniale e postmoderna. Il libro cerca di cogliere questo particolare incrocio, dai due versanti, cercando di evitare schematismi e luoghi comuni: in questo senso il sottotitolo “Gli indiani d’America e noi”. Il percorso del libro si snoda su temi generali, quali i conflitti culturali relazionali tra Nativi e Bianchi durante l’epoca coloniale e su aspetti specifici, quali i confini delle riserve e dei territori nativi, le rivendicazioni contro le nuove forme di espropriazione e abuso di questi territori, cosi come la ripresa e la difesa delle tradizioni religiose sciamaniche dalle nuove forme di consumo e abuso spirituale. Il tema del conflitto tra le culture native nordamericane e la cultura dominante risulta pienamente leggibile soltanto da una prospettiva storica che non neghi quegli aspetti di mescolamento e di cooperazione che hanno “fatto l’America” nella collaborazione tra i protagonisti in gioco, su livelli molto diversi quali quello tecnologico, linguistico e religioso. Il libro ha cercato di porre l’attenzione su come la negazione di questa traccia di incontro, metissage e collaborazione tra culture sia un altro “marchio” del colonialismo moderno, che ha contrapposto “primitivi” e “civilizzati”, razze, religioni inconciliabili, culture essenzialmente contrapposte, categorie in conflitto. La ripresa delle tradizioni sciamaniche, nel rapporto mitico e simbolico tra animalità e umanità, ha visto, oltre agli specialisti rituali, gli artisti nativi contemporanei come anticipatori e protagonisti. In un processo che è stato particolarmente intenso nell’ultimo decennio del Novecento, negli stessi anni nei quali è avvenuta la ricerca etnografica svolta dall’autore nella regione dei Grandi Laghi, tra Stati uniti e Canada, sulle orme di una importante cerimonia di iniziazione sciamanica. Le tracce di queste tradizioni, che si supponevano generalmente troppo esili o già cancellate, su sono dimostrate presenti e vitali, in grado di disegnare un futuro reale per le comunità native nordamericane.
AM. Rivista della Società Italiana di Antropologia Medica, Oct 1, 2017
Può essere teorizzata una “antropologia della devianza”? L’obiettivo di questo contributo è mette... more Può essere teorizzata una “antropologia della devianza”? L’obiettivo di questo contributo è mettere in evidenza alcuni elementi e coppie tematiche che possono entrare in sinergia, in una interlocuzione al confine tra Filosofia e Antropologia Culturale. Il rapporto salute/devianza appare problematico e rivolto al passato, alla “tradizione”, nel nostro mondo secolarizzato e orientato al relativismo. Da un’altra prospettiva appare però questo rapporto, se consideriamo l’eclissarsi dell’etica dell’incontro vis-a-vis con l’Altro – così come era stata pensata da Levinas – nelle pratiche di comunicazione dei social networks. Attraverso i nessi tra il pensiero di Levinas e quello di Ernesto De Martino, può essere compito dell’antropologia rovesciare la prospettiva sulla devianza: mostrando i rischi psicopatologici dell’isolamento degli individui in una rete quasi esclusivamente virtuale di comunicazione e delle corrispondenti “perdite di senso” che ciò comporta. Un modo di comunicare che di fatto tende ad allontanare le persone dagli incontri e dalle relazioni concrete di solidarietà e sostituzione (mettersi al posto di, agire per Altri). L’attuale crisi umanitaria, intesa come crisi di un’antropologia dell’accoglienza riflette, come una forma di devianza, questa negazione dell’Altro.
[Quarta di copertina] Il mondo che ci circonda è attraversato in misura sempre maggiore da proces... more [Quarta di copertina] Il mondo che ci circonda è attraversato in misura sempre maggiore da processi antropologici. Trasformazioni che non riguardano solamente lo scenario multiculturale delle nostre società ma che investono istituzioni e sistemi valoriali quali la famiglia e l’educazione. L’antropologia culturale, facendo tesoro di oltre un secolo di ricerca etnografica, può offrire un contributo per capire questo mondo in trasformazione, attraverso analisi di contesto, nel tentativo di superare schematismi e visioni troppo rigide. Questo libro è un invito a considerare il rapporto tra l’antropologia culturale intesa come disciplina e l’antropologia spontanea, ovvero ciò che ognuno è in grado di fare nel riconoscimento dell’umanità dell’altro e nella comprensione delle differenze etniche come diversità culturali. L’ospitalità e il viaggio sono ambiti ideali per questo genere di riflessione. L’incontro con l’altro ci impegna nella messa in causa della nostra vita interiore, così come...
Is the celebrated Maori notion of Hau – transcripted by anthropologist Elsdon Best and popularize... more Is the celebrated Maori notion of Hau – transcripted by anthropologist Elsdon Best and popularized in the famous Essay on the Gift by Marcel Mauss – the source of an original misunderstanding, that affected about half a century of anthropological exegesis? Could this misunderstanding be of a "philosophical" order more than "anthropological", dealing with the concept of thirdness and otherness? The discourse about gift will be re-considered beginning from a sort of tripartition: "conditional" gift, "unconditional" gift and "ineffable" gift. The tripartition offers three points of support: a metaphysical scheme rather archaic, if not "traditional". Each of the three patterns, even if in vertical ordering, is anchored in the horizontal level of everyday life and cultural variation. Trying to cross these two levels – anthropological and metaphysical – is the aim of the present contribution.
La spiegazione corrente sulle conoscenze erboristiche delle culture tradizionali è che esse si ba... more La spiegazione corrente sulle conoscenze erboristiche delle culture tradizionali è che esse si basano su un sapere cumulativo, ottenuto attraverso prove empiriche e tramandato oralmente. Dalla prospettiva di queste culture –ad esempio in un contesto sciamanico – la spiegazione è completamente diversa e mette in campo elementi spirituali o mitici. Completamente diversa è anche la concezione stessa della pianta e dei suoi effetti terapeutici. Il “discorso” dell’etnobotanica – così come quello dell’etnomedicina – si pone dunque in una prospettiva interculturale attraverso visoni del mondo radicalmente differenti
The current explanation about herbal knowledge in traditional cultures is that it is based on cumulative knowledge, obtained through empirical evidence and passed down orally. From the perspective of these cultures - for example in a shamanic context - the explanation is completely different and brings in spiritual or mythical elements. Completely different is also the conception itself of the plant and of its therapeutic effects. The "discourse" of ethnobotany - as well as that of ethnomedicine - is therefore placed in an intercultural perspective through radically different worldviews
“L’antitrickster. Studi italiani sul Briccone Divino”, pp. 85-108 in Faldini Luisa (a cura di), Verso le Americhe: studi e percorsi dell’americanistica italiana, E.C.I.G., Genova 2007., 2007
Nell'ambito degli studi sul Trickster nordamericano, la
messa in opera di categorie interpretati... more Nell'ambito degli studi sul Trickster nordamericano, la
messa in opera di categorie interpretative definite ed escludenti - da
parte di antropologi e storici delle religioni - fa capo alla medesima
istanza di controllo di una figura che è invece - categorialmente -
furori controllo. Il Trikster/trasformer è in perpetua fuga da una
dimensione folklorica a una mistica, da una buffonesca e oscena a
una spirituale e demiurgica, in bilico tra la trasgressione dell'ordine
cosmico e la stessa creazione del mondo. Come "trasformer" veicola
un discorso analogo a quello del Proteo della nostra tradizione
classica. Una figura cangiante, che non accetta alcun limite di forma.
Che rimane tuttavia irretita nei limiti delle singole forme nelle quali
era riuscita a trasformarsi.
La Midewiwin e gli antropologi. Campi magnetici”, pp.45- 64 in Lanoue Guy - Spagna Francesco (a cura di), La forza nelle parole. Percorsi narrativi degli Indigeni canadesi da Jacques Cartier a oggi, Rivista di Studi Canadesi, suppl. al n. 13, 2000., 2000
The question about the post-contact origins of the Midewiwin took place, in the ethno-historical... more The question about the post-contact origins of the Midewiwin took place, in the ethno-historical debate, at the beginning of the sixties. Scholars as Harold Hickerson (1963) revisited the Jesuit Relations of 17th and 18th centuries as historical sources, and criticised Walter James Hoffman (1885), pioneer of the studies on Midewiwin, who maintained the aboriginal (pre-contact) characters of the ceremony. From this critic essay of Hickerson has been constructed the anthropological paradigm of the Midewiwin as a “nativist” movement, developed in response of the social and cultural crisis that took place in the first centuries of colonisation. This paradigm influenced most of American and European scholars in anthropology and history of religion. But if we focus on those original statements of Hickerson, we discover that some of them are quite groundless, or hypothetical at the best. Furthermore, the anthropological work of this scholar has been critical reviewed by Jennifer S. H. Brown and Laura L. Peers (Hickerson 1988, p. 135-151). So, all the premises and the sources for the interpretation of the Midewiwin should be reconsidered.
Lanoue G. - Spagna F. (a cura di), La forza nelle parole. Percorsi narrativi degli Indigeni canadesi da Jacques Cartier a oggi, Rivista di Studi Canadesi, suppl. al n. 13, 2000. ISSN 1120-3420, 2000
Con “la forza nelle parole” intendiamo individuare tre registri di discorso che possono fare da f... more Con “la forza nelle parole” intendiamo individuare tre registri di discorso che possono fare da filo conduttore agli interventi presentati in questo volume. Tre registri che per forza di cose, come vedremo, sono interrelati. Il primo riguarda la forza magica delle parole, nel contesto mitico e sciamanico delle tradizioni native americane, la formula evocativa dello sciamano, che chiama a sé e presentifica le potenze della natura, o quella del cantore, come nell'invocazione eschimese agli Spiriti dell’Aria, riportata nel contributo di Giulia Bogliolo Bruna, da cui abbiamo estrapolato il titolo; o ancora la forza nelle parole del mito cosmogonico, o nel mito di fondazione. Il secondo riguarda le parole dei dominatori arrivati dall’Europa, che volutamente si sono sovrapposte alle parole native, coprendole, riducendole al silenzio, alla schiavitù, alla subalternità. Sono le parole dei conquistatori, dei missionari, degli antropologi che hanno imposto la propria verità e la propria supremazia in ambito religioso come in ambito politico o culturale. Parole che hanno accusato i nativi di superstizione, di inciviltà, di debolezza. Parole che hanno voluto per forza piegare, plagiare, convincere i nativi al proprio sistema di valori e alla necessità storica del nuovo ordine che andavano costruendo. Parole che hanno dato ordini, che hanno deciso il destino delle persone, come mai prima era avvenuto. Il terzo registro è quello della resistenza e della riaffermazione del discorso nativo, lungo i secoli della dominazione fino a oggi. La rivalutazione di questo discorso in sede antropologica. I nuovi “percorsi narrativi”, la nuova visibilità della parola nativa. Le wordarrows, le “parole-freccia” nella significativa espressione di Gerald Vizenor, l’accademico sanguemisto, il nuovo trickster a cavallo tra due culture che si fronteggiano.
Il libro Sulle orme della tradizione. Gli Indiani d’America e noi, di Francesco Spagna (Imprimitu... more Il libro Sulle orme della tradizione. Gli Indiani d’America e noi, di Francesco Spagna (Imprimitur
2008), affronta dal punto di vista antropologico e storico le questioni relative all’insieme di popoli e
culture native che vivono in Nord America da decine di migliaia di anni e che sono sopravvissute a
quella crisi globale del loro tradizionale stile di vita determinata dall’arrivo dei colonizzatori
europei nel 16° secolo. Il volume cerca di far emergere in primo luogo la straordinaria capacità di
resistenza culturale che questi popoli hanno dimostrato negli ultimi cinque secoli della loro storia.
Una resistenza che suscita tuttora una sorta di fascinazione e che ha in effetti esercitato una sottile
ma persistente influenza culturale sui popoli europei e euroamericani. Sul piano antropologico, la
figura dell’Indiano d’America è stata, in diverse forme lungo i secoli, utilizzata in Occidente come
un artificio retorico per riflettere sull’umanità in generale e sui rapporti tra società e natura. Rispetto
agli Indiani d’America abbiamo dunque a che fare con un antica e stratificata immagine culturale,
da noi costruita, che può essere messa a confronto con il percorso di sopravvivenza ed
emancipazione compiuto da questi popoli nel loro reale vissuto storico.
“Sulle orme della tradizione” è anche il percorso intrapreso, in forme diverse, sia dagli antropologi
classici, americani ed europei, che si sono preoccupati di raccogliere le ultime testimonianze della
tradizione prima che esse venissero disperse o cancellate – sia dai “tradizionalisti” nativi americani
contemporanei, che rivendicano la ripresa e la rinascita della loro cultura tradizionale. Il concetto di
tradizione utilizzato dai nativi è però completamente diverso da quello usato dai primi antropologi,
che ragionavano in una concezione lineare e progressiva del tempo.
Questo testo può essere utile, in senso generale, per ripensare da una prospettiva particolare i temi
dell’identità culturale, della globalizzazione e dell’intercultura.
Sulle orme della tradizione è il primo volume di una collana che sarà dedicata alle culture native
nordamericane. L’autore è dottore di ricerca in Antropologia Culturale e ha compiuto ricerche sul
terreno presso le comunità native americane della zona dei Grandi Laghi, tra Stati Uniti e Canada.
Native peoples of Subarctic Canada: environment, history and tradition. Worldview and ideology of... more Native peoples of Subarctic Canada: environment, history and tradition. Worldview and ideology of Native peoples of the Subarctic displays a different conception of nature regarding to the one of the White settlers and, in general, to Western imaginery of wilderness. An outline of historical relations between these Algonquian, Athapaskan and Tlingit speaking peoples with White newcomers (from the contact-transitional period to the present ) shows that a “Frontier” – along with destruction of landscape – is an ongoing process. Nevertheless, the capability of some of these Native groups to face environmental problems in a changing world, and the strength of their culture and traditions is someway surprising.
Spagna "It is extremely difficult for an ethnologist to assess at its true value such a phen... more Spagna "It is extremely difficult for an ethnologist to assess at its true value such a phenomenon as the universal acceptance of Western civilisation" 1 . Lévi–Strauss wrote Race et Histoire in 1952, after the terrible events of World War II, during a period when Western culture was battling with a strong crisis of values, in a decade which later turned out to be crucial for the end of colonialism. The difficulty Lévi–Strauss referred to certainly depended on the strong ambivalence which characterized the relationship between Western civilization and the other peoples of the world: the awareness, which also emerges clearly in Tristes Tropiques 2 , that the orderliness and harmony of the Western world led to the "elimination of a huge amount of terrible by-products"; by-products that were thrown at others and which characterized the heavy inheritance of colonialism. From other people's perspectives, the modernization of the Western world, with its scientific-...
Parlare di animali è un modo traslato di parlare di faccende umane. Gli animali ci offrono un’inf... more Parlare di animali è un modo traslato di parlare di faccende umane. Gli animali ci offrono un’infinità di metafore. Travestendoci nella pelle di un animale, guardiamo all’umanità dal di fuori, da un punto prospettico esterno. Viviamo in un universo immaginario di animali umanizzati e di umani animalizzati. La linea di confine tra umanità e animalità può essere labile, indefinita o al contrario molto rimarcata o enfatizzata. Su questo tema universale le differenze culturali sono notevoli. Scopo di questo articolo è introdurre alla visione dell’animalità (e del rapporto tra umanità/animalità) presso le culture native dell’America subartica. Le tradizioni culturali aborigene di questo ambiente sono infatti un interessante esempio di cosmovisione fortemente centrata sulla sfera animale e sulle sue simbologie. Ed. or. in: Ferri L. - Giannelli L. (a cura di), Visioni e interpretazioni del Nord artico e subartico, Quaderni del CISAI, Siena, 2006
L' universalismo e i suoi benefici continuano a rappresentare il nostro "invito" all'Altro - anc... more L' universalismo e i suoi benefici continuano a rappresentare il nostro "invito" all'Altro - anche se la fatale ambivalenza permane e l'Altro (che sia musulmano, immigrato clandestino o Indiano d'America) continua a essere rappresentato in termini di minaccia o di resistenza, o a persistere come elemento di difficile tematizzazione. Anche laddove la modernità tenta di resistere alla corrosione del postmodernismo, essa subisce comunque quella azione termodinamica di accelerazione e "surriscaldamento" dei suoi processi che ha portato l'antropologo Marc Augé a parlare di "surmodernità". I "valori professati" sono sempre quelli che Lévi-Strauss aveva individuato in "Razza e storia": la quantità di energia disponibile pro-capite e l'allungamento della vita umana. I recenti progressi nel campo delle biotecnologie della medicina e della farmacologia continuano a propagare su scala planetaria questi valori e la necessità della loro universale accettazione. Tuttavia, sono ormai diversi decenni che l'antropologia medica mostra un quadro piuttosto contrastante rispetto all'immagine della presunta diffusione dei saperi e delle pratiche della cosiddetta "medicina occidentale" sul pianeta.
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Papers by Francesco Spagna
Questo libro raccoglie un percorso di saggi specifici, intrecciati tra loro e collegati dall’esperienza di essere “dentro” le situazioni, come accade durante le ricerche degli antropologi: che osservano e riflettono da un territorio di margine, si, ma poi ritrovano il loro “centro” in un rinnovato e plurale senso di umanità.
Il percorso del libro si snoda su temi generali, quali i conflitti culturali relazionali tra Nativi e Bianchi durante l’epoca coloniale e su aspetti specifici, quali i confini delle riserve e dei territori nativi, le rivendicazioni contro le nuove forme di espropriazione e abuso di questi territori, cosi come la ripresa e la difesa delle tradizioni religiose sciamaniche dalle nuove forme di consumo e abuso spirituale. Il tema del conflitto tra le culture native nordamericane e la cultura dominante risulta pienamente leggibile soltanto da una prospettiva storica che non neghi quegli aspetti di mescolamento e di cooperazione che hanno “fatto l’America” nella collaborazione tra i protagonisti in gioco, su livelli molto diversi quali quello tecnologico, linguistico e religioso. Il libro ha cercato di porre l’attenzione su come la negazione di questa traccia di incontro, metissage e collaborazione tra culture sia un altro “marchio” del colonialismo moderno, che ha contrapposto “primitivi” e “civilizzati”, razze, religioni inconciliabili, culture essenzialmente contrapposte, categorie in conflitto. La ripresa delle tradizioni sciamaniche, nel rapporto mitico e simbolico tra animalità e umanità, ha visto, oltre agli specialisti rituali, gli artisti nativi contemporanei come anticipatori e protagonisti. In un processo che è stato particolarmente intenso nell’ultimo decennio del Novecento, negli stessi anni nei quali è avvenuta la ricerca etnografica svolta dall’autore nella regione dei Grandi Laghi, tra Stati uniti e Canada, sulle orme di una importante cerimonia di iniziazione sciamanica. Le tracce di queste tradizioni, che si supponevano generalmente troppo esili o già cancellate, su sono dimostrate presenti e vitali, in grado di disegnare un futuro reale per le comunità native nordamericane.
Il “discorso” dell’etnobotanica – così come quello dell’etnomedicina – si pone dunque in una prospettiva interculturale attraverso visoni del mondo radicalmente differenti
The current explanation about herbal knowledge in traditional cultures is that it is based on cumulative knowledge, obtained through empirical evidence and passed down orally. From the perspective of these cultures - for example in a shamanic context - the explanation is completely different and brings in spiritual or mythical elements. Completely different is also the conception itself of the plant and of its therapeutic effects.
The "discourse" of ethnobotany - as well as that of ethnomedicine - is therefore placed in an intercultural perspective through radically different worldviews
messa in opera di categorie interpretative definite ed escludenti - da
parte di antropologi e storici delle religioni - fa capo alla medesima
istanza di controllo di una figura che è invece - categorialmente -
furori controllo. Il Trikster/trasformer è in perpetua fuga da una
dimensione folklorica a una mistica, da una buffonesca e oscena a
una spirituale e demiurgica, in bilico tra la trasgressione dell'ordine
cosmico e la stessa creazione del mondo. Come "trasformer" veicola
un discorso analogo a quello del Proteo della nostra tradizione
classica. Una figura cangiante, che non accetta alcun limite di forma.
Che rimane tuttavia irretita nei limiti delle singole forme nelle quali
era riuscita a trasformarsi.
Il primo riguarda la forza magica delle parole, nel contesto mitico e sciamanico delle tradizioni native americane, la formula evocativa dello sciamano, che chiama a sé e presentifica le potenze della natura, o quella del cantore, come nell'invocazione eschimese agli Spiriti dell’Aria, riportata nel contributo di Giulia Bogliolo Bruna, da cui abbiamo estrapolato il titolo; o ancora la forza nelle parole del mito cosmogonico, o nel mito di fondazione.
Il secondo riguarda le parole dei dominatori arrivati dall’Europa, che volutamente si sono sovrapposte alle parole native, coprendole, riducendole al silenzio, alla schiavitù, alla subalternità. Sono le parole dei conquistatori, dei missionari, degli antropologi che hanno imposto la propria verità e la propria supremazia in ambito religioso come in ambito politico o culturale. Parole che hanno accusato i nativi di superstizione, di inciviltà, di debolezza. Parole che hanno voluto per forza piegare, plagiare, convincere i nativi al proprio sistema di valori e alla necessità storica del nuovo ordine che andavano costruendo. Parole che hanno dato ordini, che hanno deciso il destino delle persone, come mai prima era avvenuto.
Il terzo registro è quello della resistenza e della riaffermazione del discorso nativo, lungo i secoli della dominazione fino a oggi. La rivalutazione di questo discorso in sede antropologica. I nuovi “percorsi narrativi”, la nuova visibilità della parola nativa. Le wordarrows, le “parole-freccia” nella significativa espressione di Gerald Vizenor, l’accademico sanguemisto, il nuovo trickster a cavallo tra due culture che si fronteggiano.
2008), affronta dal punto di vista antropologico e storico le questioni relative all’insieme di popoli e
culture native che vivono in Nord America da decine di migliaia di anni e che sono sopravvissute a
quella crisi globale del loro tradizionale stile di vita determinata dall’arrivo dei colonizzatori
europei nel 16° secolo. Il volume cerca di far emergere in primo luogo la straordinaria capacità di
resistenza culturale che questi popoli hanno dimostrato negli ultimi cinque secoli della loro storia.
Una resistenza che suscita tuttora una sorta di fascinazione e che ha in effetti esercitato una sottile
ma persistente influenza culturale sui popoli europei e euroamericani. Sul piano antropologico, la
figura dell’Indiano d’America è stata, in diverse forme lungo i secoli, utilizzata in Occidente come
un artificio retorico per riflettere sull’umanità in generale e sui rapporti tra società e natura. Rispetto
agli Indiani d’America abbiamo dunque a che fare con un antica e stratificata immagine culturale,
da noi costruita, che può essere messa a confronto con il percorso di sopravvivenza ed
emancipazione compiuto da questi popoli nel loro reale vissuto storico.
“Sulle orme della tradizione” è anche il percorso intrapreso, in forme diverse, sia dagli antropologi
classici, americani ed europei, che si sono preoccupati di raccogliere le ultime testimonianze della
tradizione prima che esse venissero disperse o cancellate – sia dai “tradizionalisti” nativi americani
contemporanei, che rivendicano la ripresa e la rinascita della loro cultura tradizionale. Il concetto di
tradizione utilizzato dai nativi è però completamente diverso da quello usato dai primi antropologi,
che ragionavano in una concezione lineare e progressiva del tempo.
Questo testo può essere utile, in senso generale, per ripensare da una prospettiva particolare i temi
dell’identità culturale, della globalizzazione e dell’intercultura.
Sulle orme della tradizione è il primo volume di una collana che sarà dedicata alle culture native
nordamericane. L’autore è dottore di ricerca in Antropologia Culturale e ha compiuto ricerche sul
terreno presso le comunità native americane della zona dei Grandi Laghi, tra Stati Uniti e Canada.
Questo libro raccoglie un percorso di saggi specifici, intrecciati tra loro e collegati dall’esperienza di essere “dentro” le situazioni, come accade durante le ricerche degli antropologi: che osservano e riflettono da un territorio di margine, si, ma poi ritrovano il loro “centro” in un rinnovato e plurale senso di umanità.
Il percorso del libro si snoda su temi generali, quali i conflitti culturali relazionali tra Nativi e Bianchi durante l’epoca coloniale e su aspetti specifici, quali i confini delle riserve e dei territori nativi, le rivendicazioni contro le nuove forme di espropriazione e abuso di questi territori, cosi come la ripresa e la difesa delle tradizioni religiose sciamaniche dalle nuove forme di consumo e abuso spirituale. Il tema del conflitto tra le culture native nordamericane e la cultura dominante risulta pienamente leggibile soltanto da una prospettiva storica che non neghi quegli aspetti di mescolamento e di cooperazione che hanno “fatto l’America” nella collaborazione tra i protagonisti in gioco, su livelli molto diversi quali quello tecnologico, linguistico e religioso. Il libro ha cercato di porre l’attenzione su come la negazione di questa traccia di incontro, metissage e collaborazione tra culture sia un altro “marchio” del colonialismo moderno, che ha contrapposto “primitivi” e “civilizzati”, razze, religioni inconciliabili, culture essenzialmente contrapposte, categorie in conflitto. La ripresa delle tradizioni sciamaniche, nel rapporto mitico e simbolico tra animalità e umanità, ha visto, oltre agli specialisti rituali, gli artisti nativi contemporanei come anticipatori e protagonisti. In un processo che è stato particolarmente intenso nell’ultimo decennio del Novecento, negli stessi anni nei quali è avvenuta la ricerca etnografica svolta dall’autore nella regione dei Grandi Laghi, tra Stati uniti e Canada, sulle orme di una importante cerimonia di iniziazione sciamanica. Le tracce di queste tradizioni, che si supponevano generalmente troppo esili o già cancellate, su sono dimostrate presenti e vitali, in grado di disegnare un futuro reale per le comunità native nordamericane.
Il “discorso” dell’etnobotanica – così come quello dell’etnomedicina – si pone dunque in una prospettiva interculturale attraverso visoni del mondo radicalmente differenti
The current explanation about herbal knowledge in traditional cultures is that it is based on cumulative knowledge, obtained through empirical evidence and passed down orally. From the perspective of these cultures - for example in a shamanic context - the explanation is completely different and brings in spiritual or mythical elements. Completely different is also the conception itself of the plant and of its therapeutic effects.
The "discourse" of ethnobotany - as well as that of ethnomedicine - is therefore placed in an intercultural perspective through radically different worldviews
messa in opera di categorie interpretative definite ed escludenti - da
parte di antropologi e storici delle religioni - fa capo alla medesima
istanza di controllo di una figura che è invece - categorialmente -
furori controllo. Il Trikster/trasformer è in perpetua fuga da una
dimensione folklorica a una mistica, da una buffonesca e oscena a
una spirituale e demiurgica, in bilico tra la trasgressione dell'ordine
cosmico e la stessa creazione del mondo. Come "trasformer" veicola
un discorso analogo a quello del Proteo della nostra tradizione
classica. Una figura cangiante, che non accetta alcun limite di forma.
Che rimane tuttavia irretita nei limiti delle singole forme nelle quali
era riuscita a trasformarsi.
Il primo riguarda la forza magica delle parole, nel contesto mitico e sciamanico delle tradizioni native americane, la formula evocativa dello sciamano, che chiama a sé e presentifica le potenze della natura, o quella del cantore, come nell'invocazione eschimese agli Spiriti dell’Aria, riportata nel contributo di Giulia Bogliolo Bruna, da cui abbiamo estrapolato il titolo; o ancora la forza nelle parole del mito cosmogonico, o nel mito di fondazione.
Il secondo riguarda le parole dei dominatori arrivati dall’Europa, che volutamente si sono sovrapposte alle parole native, coprendole, riducendole al silenzio, alla schiavitù, alla subalternità. Sono le parole dei conquistatori, dei missionari, degli antropologi che hanno imposto la propria verità e la propria supremazia in ambito religioso come in ambito politico o culturale. Parole che hanno accusato i nativi di superstizione, di inciviltà, di debolezza. Parole che hanno voluto per forza piegare, plagiare, convincere i nativi al proprio sistema di valori e alla necessità storica del nuovo ordine che andavano costruendo. Parole che hanno dato ordini, che hanno deciso il destino delle persone, come mai prima era avvenuto.
Il terzo registro è quello della resistenza e della riaffermazione del discorso nativo, lungo i secoli della dominazione fino a oggi. La rivalutazione di questo discorso in sede antropologica. I nuovi “percorsi narrativi”, la nuova visibilità della parola nativa. Le wordarrows, le “parole-freccia” nella significativa espressione di Gerald Vizenor, l’accademico sanguemisto, il nuovo trickster a cavallo tra due culture che si fronteggiano.
2008), affronta dal punto di vista antropologico e storico le questioni relative all’insieme di popoli e
culture native che vivono in Nord America da decine di migliaia di anni e che sono sopravvissute a
quella crisi globale del loro tradizionale stile di vita determinata dall’arrivo dei colonizzatori
europei nel 16° secolo. Il volume cerca di far emergere in primo luogo la straordinaria capacità di
resistenza culturale che questi popoli hanno dimostrato negli ultimi cinque secoli della loro storia.
Una resistenza che suscita tuttora una sorta di fascinazione e che ha in effetti esercitato una sottile
ma persistente influenza culturale sui popoli europei e euroamericani. Sul piano antropologico, la
figura dell’Indiano d’America è stata, in diverse forme lungo i secoli, utilizzata in Occidente come
un artificio retorico per riflettere sull’umanità in generale e sui rapporti tra società e natura. Rispetto
agli Indiani d’America abbiamo dunque a che fare con un antica e stratificata immagine culturale,
da noi costruita, che può essere messa a confronto con il percorso di sopravvivenza ed
emancipazione compiuto da questi popoli nel loro reale vissuto storico.
“Sulle orme della tradizione” è anche il percorso intrapreso, in forme diverse, sia dagli antropologi
classici, americani ed europei, che si sono preoccupati di raccogliere le ultime testimonianze della
tradizione prima che esse venissero disperse o cancellate – sia dai “tradizionalisti” nativi americani
contemporanei, che rivendicano la ripresa e la rinascita della loro cultura tradizionale. Il concetto di
tradizione utilizzato dai nativi è però completamente diverso da quello usato dai primi antropologi,
che ragionavano in una concezione lineare e progressiva del tempo.
Questo testo può essere utile, in senso generale, per ripensare da una prospettiva particolare i temi
dell’identità culturale, della globalizzazione e dell’intercultura.
Sulle orme della tradizione è il primo volume di una collana che sarà dedicata alle culture native
nordamericane. L’autore è dottore di ricerca in Antropologia Culturale e ha compiuto ricerche sul
terreno presso le comunità native americane della zona dei Grandi Laghi, tra Stati Uniti e Canada.