Thesis Chapters by Nicolò Dal Bello
La riflessione proposta in questo progetto di tesi magistrale intende delineare un campo letterar... more La riflessione proposta in questo progetto di tesi magistrale intende delineare un campo letterario fiumano autonomizzato dalle dinamiche di potere che colpirono la città a partire dalla conclusione della Prima guerra mondiale. Gli autori qui analizzati – Viktor Garády, Géza Kenedi e Lőrinc Szabó per la parte ungherese, Enrico Morovich e Paolo Santarcangeli per quella italiana – sono accomunati dalla nazionalità magiara e dall’interiorizzazione di un ethos fiumano di libertà che permise loro di produrre una letteratura desiderosa di restituire un’immagine della città intima e naturale, lontana dalle leggi della violenza simbolica e dei campi del potere. Sotto il profilo il profilo teorico, le varie considerazioni di critica letteraria sono integrate con riferimenti storici e la sociologia di Pierre Bourdieu. La ricerca inizia con una riflessione sulla problematica definizione di “letteratura dell’esodo” per giungere poi a definire le premesse del campo letterario fiumano come spazio sociale risultante dalla particolare conformazione di Fiume come “corpus separatum” – insensibile alle dinamiche della violenza simbolica tipica di una società sottomessa al potere. Si tenta di dimostrare come un campo letterario autonomo fiumano sia il riflesso dell’assimilazione di un ethos determinato dalla città stessa contrapponendosi ad un habitus imposto a seguito della trasformazione di Fiume da corpo autonomo a dominazione provinciale (conseguenza dell’impresa dannunziana). L’obbiettivo è quello di riunire sotto il concetto di “campo letterario” una serie di autori che, seppur distanti temporalmente, sono stati geograficamente e culturalmente vicini, produttori di una letteratura che condivide tematiche, obiettivi ma anche il desiderio di ricreare, attraverso la scrittura, un’esperienza di memoria che nessuna forma di violenza simbolica potrà mai strappare loro.
Tesi di laurea triennale sul romanzo "Epepe" di Ferenc Karinthy. Vi si analizza l'incapacità di c... more Tesi di laurea triennale sul romanzo "Epepe" di Ferenc Karinthy. Vi si analizza l'incapacità di comunicare del protagonista alla luce delle teorie linguistiche di Bachtin, Barthes e Foucault, nonché un'approccio dal punto di vista della teoria della ricezione di un'opera nata sotto lo stampo del realismo sovietico.
Papers by Nicolò Dal Bello
Rivista di Studi ungheresi 22, 2023
Questo breve saggio è un estratto da un lavoro di tesi magistrale dal titolo «Potevo arrivare al ... more Questo breve saggio è un estratto da un lavoro di tesi magistrale dal titolo «Potevo arrivare al mare anche senza di loro». Ethos e campo letterario negli esuli di Fiume: vi si delinea un campo letterario fiumano autonomizzato dalle dinamiche di potere che colpirono la città a partire dalla conclusione della Prima guerra mondiale. Gli autori analizzati – Viktor Garády, Géza Kenedi e Lőrinc Szabó per la parte ungherese, Enrico Morovich e Paolo Santarcangeli per quella italiana – sono accomunati dalla nazionalità magiara e dall’interiorizzazione di un ethos fiumano di libertà che permette loro di produrre una letteratura desiderosa di restituire un’immagine della città intima e naturale, lontana dalle leggi della violenza simbolica e dei campi del potere. Sono sviluppate le considerazioni di critica letteraria integrandole con dei riferimenti alla storiografia istro-dalmata e alla sociologia di Pierre Bourdieu. Dopo una riflessione sulla problematica definizione di “letteratura dell’esodo” si giunge a definire le premesse del campo letterario fiumano come spazio sociale risultato della città come corpus separatum insensibile alle dinamiche della violenza simbolica tipica di una società sottomessa al potere. Questo saggio vuole proporre alcune riflessioni sull’opera di Viktor Garády, mettendo a disposizione la traduzione inedita di alcuni frammenti delle sue raccolte nell’ottica di una letteratura ungaro-fiumana distante dalla famosa “fiumanità di passaggio” tanto cara ad altri autori ungheresi, iscrivendo l’opera di Garády a una sorta di “surrealismo fiumano” di cui l’italiano Enrico Morovich può essere un altro rappresentante.
Rivista di Studi ungheresi 20, 2021
Questo breve saggio è un estratto da un lavoro di tesi triennale dal titolo “Quella non era casa ... more Questo breve saggio è un estratto da un lavoro di tesi triennale dal titolo “Quella non era casa sua. Linguaggio e spaesamento in Epepe di Ferenc Karinthy”. Come suggerisce il sottotitolo, l’elaborato prevede un duplice percorso: una prima parte sfrutta le teorie linguistiche di Michail Bachtin e Michel Foucault per ricercare nella storia raccontata da Karinthy delle argomentazioni teoriche circa l’incomunicabilità e la metalinguistica: difatti, la possibile importanza per la teoria della letteratura di Epepe è nella possibilità di ricavarci un palliativo alla non coincidenza. Ma fermarsi alla sola questione linguistica sarebbe limitante, perché un’opera di stampo distopico come Epepe fu strumento per parlare indirettamente di “cose che non si potrebbero dire alla luce del sole”: utilizzando l’approccio biografico, viene ipotizzato come il racconto di un “luogo orribile” usato da Karinthy per trasfigurare la sua contemporaneità, un Novecento ungherese caratterizzato dal tentativo totalitario di sostituire la realtà effettuale con la sua parte ideologica. Karinthy, ripudiando il dogmatismo del realismo socialista (di cui fu un esponente), si ritrovò uomo spaesato a casa propria e vittima di una schizofrenia linguistica. Tale approccio sarebbe però incompleto senza una premessa sulla tradizione letteraria ungherese novecentesca, che il saggio riporta delineando una panoramica sulla storia del romanzo magiaro dalla rivoluzione del 1848 fino al crollo del muro di Berlino, da una letteratura intesa come comune destino nazionale al realismo socialista, terminando con una breve biografia di Ferenc Karinthy e l’introduzione al romanzo oggetto, Epepe.
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