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Valerio Casali. Il Music-Hall è uno spettacolo di varietà composto da diverse attrazioni, quali canzoni, balletti, giochi di prestigio, esercizi acrobatici, numeri comici.
Nasce in Inghilterra nel 1848, quando Charles Morton, un ex
cameriere di "pub", acquista un caffè con annessi un granaio e
una scuderia, che trasforma in sala di riunioni, dove degli operai
vanno a cantare per distrarsi; Morton ha l'idea di aggiungere a
questi spettacoli amatoriali dei professionisti, creando di fatto il
Music-Hall.
Il successo di questi spettacoli va crescendo dapprima a
Londra, dove nel 1854 il locale creato da Morton viene battezzato Canterbury-Hall e trasformato in una vera Music-Hall; più
tardi, in America, il genere conosce un immenso successo; le
sale si moltiplicano ovunque e tutto il quartiere di Broadway
diventa il centro degli spettacoli di New York. Da qui il MusicHall, pervaso dalla nuova musica negro-americana, il "Jazz", e
arricchito di danze nuove, quali il "Charleston", si diffonde in
tutto il mondo.
L'interesse di Le Corbusier per il Music-Hall si fonda su
diverse motivazioni:
1, la novità e la vitalità del genere, in contrasto con vecchie
usanze manierate, che poteva spingerlo a vedere nel Music-Hall
la forma di spettacolo dell'era macchinista;
2, la costante presenza della musica jazz, che l'architetto
apprezzava grandemente1;
3, la presenza degli "acrobati", nel senso vero e proprio del
termine, ma anche più genericamente intesi come gente di spettacolo, che fa cose di difficoltà notevole, al di fuori del comune;
costoro costituiscono per Le Corbusier un universo umano a
parte, che vive continuamente a rischio di vita (anche metaforicamente, a causa della disapprovazione altrui) ricercando e
praticando la perfezione; in questo senso egli stesso, nel suo
campo, si riteneva un "acrobata".
Le Corbusier, Josephine Baker e il
Music Hall
IL MUSIC-HALL NE L'ESPRIT NOUVEAU, 1920 - 1925
Nei primi 3 numeri della rivista il "Music-Hall" figura specificamente nell'elenco degli argomenti trattati riportato in copertina. A
partire dal n. 4 "Music-Hall", "Cinéma" e "Cirque" sono aboliti,
mentre compare una più generica rubrica "Spectacles".
La rivista si interessa con continuità al Music-Hall, sul quale
compaiono, nell'intero arco delle pubblicazioni, sei articoli, tutti a
firma di René Bizet, ad eccezione dell'ultimo, scritto da J.
Monchanin.
Il primo2 svolge il tema della critica agli spettacoli rappresentati a Parigi in quel momento, visti come incapaci di sfruttare
ed esaltare le vere possibilità del genere, nel quale, invece, l'autore manifesta grande fiducia.
Il secondo3 è scritto sotto forma di colloquio tra due persone,
un sostenitore e un detrattore del Music-Hall e costituisce un'esaltazione senza remore del genere in se stesso, senza riferimenti a particolari spettacoli.
Il terzo4, scritto ancora sotto forma di dialogo tra le due
medesime persone, tratta più specificamente il tema dei clowns.
Il dialogo evidenzia la diffidenza dei tradizionalisti nei confronti
del nuovo genere di spettacolo, tema molto sentito da Le
Corbusier, che sempre ha combattuto la resistenza della
tradizione per poter sostenere le sue proposte nuove e rivoluzionarie.
Il quarto articolo5 riprende il tema del primo, la critica degli
spettacoli parigini.
Il quinto6 è nuovamente svolto in forma di dialogo, questa
volta tra uno spettatore ed una "direttrice" alla quale lo spettatore rimprovera la pochezza dello spettacolo.
Il sesto7 si ricollega ad alcuni degli articoli precedenti
nell’sprimere insoddisfazione per quanto rappresentato a Parigi.
La serie di scritti testimonia nel suo insieme la fiducia nelle
possibilità del genere e l'interesse vivo di Parigi per il Music-Hall,
cui fa riscontro la bassa qualità degli spettacoli messi in scena.
Il pubblico aspettava l'avvento di un grande spettacolo di
Music-Hall.
Benchè occupato nella redazione degli articoli di architettura
–1 Vedi al proposito: Valerio Casali, "Le Corbusier, la musica, l'architettura", Parametro 234, Faenza, maggio-giugno 2001, pp. 40-66. –2 René Bizet, "Le Music-Hall -Les
revues à grand spectacle", L'Esprit Nouveau 3, pp. 352-354. –3 René Bizet, "Dialogue sur l'esthétique du Music-Hall", L'Esprit Nouveau 6, pp. 675-678.
1 Josephine Baker, fotografia di scena.
e di urbanistica, Le Corbusier era al corrente di quanto veniva
pubblicato sulla rivista, e, in qualità di condirettore, non poteva
disapprovare il contenuto degli articoli; si deve dunque ritenere
che l'atteggiamento de L'Esprit Nouveau nei confronti del MusicHall rifletta sostanzialmente quello dello stesso Corbu.
LA "REVUE NÈGRE"
L'avvenimento che il pubblico parigino aspettava si verificò, e
dovette ben superare le aspettative, il 2 ottobre 1925, col debutto della "Revue Nègre" al Thèatre des Champs-Elysées: uno
spettacolo vigoroso e sfrenato, inno alla cultura negra, sostenuto da musica jazz e danze indiavolate -quanto sconosciute- in
cui Josephine Baker (ill. 1) si esibisce ballando e cantando in
costume succintissimo, manifestando una travolgente carica
erotica ed una stupefacente abilità di ballerina, provocando
grande scandalo ed ottenendo un immenso successo.
Janet Flanner, corrispondente del New Yorker, così descrive,
la sera della prima, l'esibizione di Joséphine:
Entrò completamente nuda, con solo una piuma di fenicottero rosa tra le gambe, portata a testa in giù mentre faceva
la spaccata sulle spalle di un gigante nero. A metà del palcoscenico l'uomo si fermò, e con le lunghe dita la tenne a
mo'di cesto intorno alla vita, la fece ruotare lentamente per
posarla sul palcoscenico, dove rimase in piedi... Era un'indimenticabile statua femminile di ebano. Un grido di saluto
esplose nel teatro.
Qualsiasi cosa sia accaduta poi fu senza importanza. Due
elementi specifici erano stati stabiliti ed erano indimenticabili
- il suo magnifico corpo scuro, un nuovo modello che provò
per la prima volta ai francesi che nero era bello, e la perspicace risposta del pubblico maschile bianco nella capitale
dell'edonismo di tutta l'Europa - Parigi.
Non è certo che Le Corbusier abbia presenziato allo spettacolo,
ma è più che lecito supporlo, sia per l'interesse che, come
abbiamo visto, aveva per il Music-Hall, sia per l'eccezionalità
dell'evento, che suscitò a Parigi grandissimo rumore; ma ancor
1
–4 René Bizet, "Les clowns et les fantaisistes", L'Esprit Nouveau 9, pp. 1.061-1.063. –5 René Bizet, "Revue de l'année -Le Music-Hall", L'Esprit Nouveau11-12, pp. 1.2971.298. –6 René Bizet, "Music-Hall", L'Esprit Nouveau 14, pp. 1.662-1.663. –7 J. Monchanin, "Music-Hall -Un four", L'Esprit Nouveau 20, s.n.p.
137
2a
2b
2c
più per il fatto che -qualche anno più tardi- egli ebbe ad affermare che « Jamais elle (Josephine Baker) n'a été utilisée
comme elle le méritait, sauf peut-être, au moment de la revue
nègre des Champs-Elysées »8.
50 AQUARELLES DE MUSIC-HALL OU LE 'QUAND-MÊME'
DES ILLUSIONS
Nel settembre 1926 Le Corbusier realizza per Marcel Levaillant,
un amico di La Chaux-de-Fonds, una serie di 50 acquerelli
sul tema del Music-Hall; un lavoro di grande impegno di cui
l'autore, nel presentarlo all'amico, non nega il valore: « Je n'ai
pas camelotté, je ne veux pas que mon nom soit sous des
saletés »9.
Dalle sette tavole –oltre al frontespizio– che sono riuscito a
riunire10 (ill. 2), risulta come l'opera sia imperniata sulla figura
umana, pervasa di movimento ed animata da un cromatismo
prepotente.
Ora, se Le Corbusier ha dipinto in gioventù paesaggi e
figure umane, anche impiegando coloriture vivaci, nel 1918 ha
iniziato una nuova ricerca, arrivando ad elaborare, insieme ad
Amedée Ozenfant, la teoria purista, che esplicita in maniera
"ortodossa" fino al 1925. In questo ambito la figura umana è
completamente misconosciuta e comparirà nelle composizioni
lecorbusiane solo attorno al 1928, per invaderle negli anni 30; il
movimento è totalmente assente e tale resterà quasi sempre
anche negli anni seguenti; il cromatismo è limitato ai pochi
sobrissimi toni della grande gamme.
2d
2e
2f
Le caratteristiche del lavoro sul Music-Hall risultano ancora
del tutto estranee alla ricerca tardo-purista che Jeanneret11
svolge nel 1926, con la quale comincia ad affacciarsi nei suoi
quadri qualche circoscritto elemento di novità: un contenuto
allargamento del repertorio formale (introduzione di alcuni
oggetti naturali e di guanti) accompagnato da qualche deformazione delle inflessibili forme puriste e dalla comparizione di
colorazioni più animate.
I 50 acquarelli costituiscono dunque un'opera singolarissima
e "fuori tendenza", frutto dello specifico interesse di Le
Corbusier per il Music-Hall –costumi, maschere, acrobazie,
atteggiamenti e positure assunte dal corpo femminile durante le
esibizioni– al punto che egli forza la sua linea di condotta
purista, evidentemente inadatta a rappresentare il soggetto in
maniera efficace ed adotta tecniche diverse allo scopo di
arrivare ad un valido trattamento del tema; di questo e dei suoi
acquarelli dirà:
Il ne s'agit pas d'encadrer ces navets. Ca ne vaut que vu
rapidement, en cinéma (…) Faire vite, passer vite, regarder
vite. Ca suffit. Le Music-Hall est une chose passagère, rapide; il en nait un certain éblouissement provenant de la
cacophonie et des cuisses des dames.12
Il lavoro viene realizzato poco dopo l'esplosiva apparizione della
"Revue Nègre" (1925) e in concomitanza con la rappresentazione de "La Folie du jour" al Folies-Bergère, che portano l'interesse entusiastico del pubblico parigino sul Music-Hall e sulla
figura della soubrette-rivelazione: Josephine Baker. Con ogni
probabilità sono proprio queste rappresentazioni a stimolare l'interesse di Corbu ed a spingerlo alla scelta del tema del Music-
–8 Citato in: Jean Petit, Le Corbusier parle, Forces Vives, Paris 1967, p. 33. –9 Le Corbusier, lettera a Marcel Levaillant, Parigi, 5.11.926. –10 L'opera è stata esposta
alla Galérie Cour Saint-Pierre di Ginevra dal 23.11 al 12.11.1972 e successivamente venduta a fogli separati. –11 Le Corbusier continua a firmare le sue pitture
"Jeanneret" fino al 1928. –12 Le Corbusier, lettera a Marcel Levaillant, Parigi, 19.9.927. –13 Per la suddivisione dell'opera di Le Corbusier in sei diversi periodi, vedi:
Valerio Casali, "Le Corbusier 1958: il Padiglione Philips e il Poème Electronique", Quaderni della Civica Scuola di Musica di Milano, febbraio 1995, pp. 10-20. –14 Nasce
in uno "slum" negro di St. Louis, Illinois, il 3 giugno 1906, da Carrie MacDonald, discendente da Indiani Apalachee e schiavi negri del South Carolina, e da Eddie Carson,
un percussionista di "vaudeville". La sua infanzia è assai difficile: poverissima, a otto anni lavora come cameriera, costretta a dormire nel deposito del carbone ed a subire
un trattamento particolarmente duro. Sposa Willie Wells nel 1919 e nel 1921 Will Baker, del quale conserva il cognome. Impara a ballare in una sala di "vaudeville"
locale e comincia a lavorare nello spettacolo: nel 1922 partecipa ad uno show itinerante con base a Philadelphia e poi a New-York, in "Shuffle Along", il primo musical di
Broadway completamente negro, in "Chocolate Dandies", sempre a New-York e in uno show al Plantation Club di Harlem. Si fa notare tra le ballerine di fila facendo smorfie, mosse comiche, improvvisando: comincia a formarsi uno stile molto personale. Nel 1925 lascia l'America e si trasferisce a Parigi dove è ingaggiata per la "Revue
Nègre" al thèatre des Champs-Elysées con un cachet da star. La rivista, cui partecipavano grandi personaggi come il clarinettista Sidney Bechet, fece un effetto esplosivo e sancì il successo di Josephine. Nel 1926 è al Folies-Bergère con "La folie du Jour". Ha 20 anni e fa sensazione danzando nuda, con una sola cintura di banane
alla vita. Nel dicembre dello stesso anno apre a Parigi il suo proprio night club. Verso la fine dell'anno incontra Pepito Abatino, che diviene suo compagno e manager. Tra
il 1928 ed il 1929 affronta una grande tournée mondiale durante la quale conosce, in Sud America, Le Corbusier. Nel 1930 trionfa in "Paris qui remue" al Casino de Paris,
in cui canta "J'ai deux amours", la canzone che diverrà il suo simbolo; nel 1934 si esibisce ne "La Créole" al théatre Marigny, nel 1936 in "Ziegfeld Follies" in America.
CASALI, JOSEPHINE BAKER
2a-h Le Corbusier, 8 tavole (frontespizio, nn. 20, 22, 24, 25, 33, 43, 50) da 50
aquarelles de Music-Hall ou le "QUAND-MÊME" des Illusions, tempera su carta,
32x24 cm.
2g
2h
Hall. Bisogna inoltre notare che una tavola della serie –la n. 43–
rappresenta una ballerina di colore con il bacino decisamente
proteso all'indietro, una gamba tesa e l'altra piegata, positura
che riprende un atteggiamento molto tipico di Josephine (ill. 2g
e 11); inoltre, benchè tratti il tema con maggiore compostezza
"geometrica", questo acquarello presenta una forte analogia con
uno dei disegni che tre anni più tardi Le Corbusier farà della ballerina (ill. 10). L'acquarello, dunque, potrebbe essere una rappresentazione di Josephine, che Le Corbusier aveva quasi certamente visto negli spettacoli parigini; e molto verosimilmente
potrebbe essere stata proprio Joséphine a catalizzare l'interesse del pittore sul Music-Hall e ad ispirare l'intero lavoro.
LE CORBUSIER NEL 1929
Ha 42 anni; giunto a considerevolissima maturità professionale,
è un personaggio di grande spicco, conosciuto nel mondo intero
e ritenuto il simbolo stesso dell'architettura moderna.
Ha creato la nuova dottrina pubblicando testi rivoluzionari
quali Vers une architecture (1923), L'Art décoratif d'aujourd'hui
(1925) e Urbanisme (1925), ed ha edificato la nuova architettura
dell'età macchinista realizzando le "ville bianche", una serie di
costruzioni "puriste" di cui l'ultima, la celebre Villa Savoye, è in
costruzione.
Si trova sull'orlo di una svolta fondamentale, che coinvolge
tutti gli aspetti della sua attività e comporta l'allontanamento dai
modi puristi ed il viraggio verso il "periodo espressionista"13:
- in architettura si manifesta una propensione all'uso di mate-
riali naturali e di coperture inclinate o a volta, con l'abbandono
dell'"assolutismo" purista in favore di una progettazione più sensibile ai volori regionali.
- nei confronti dell'urbanistica si verifica un forte aumento di
interesse ed il passaggio da un'urbanistica "teorica", tipica degli
anni 20, ad una "applicata"; a contatto con la realtà sudamericana, l'architetto crea progetti di insiemi urbani senza precedenti.
- la pittura si apre agli objets à reaction poètique –elementi
naturali quali conchiglie, sassi e radici– ed al corpo umano, segnatamente quello femminile, che comincia a popolare le opere
del maestro; compaiono colorazioni più vive e si infrange la rigida compostezza purista.
Nel determinarsi di tali cambiamenti l'esperienza sudamericana e l'incontro con Joséphine Baker rivestono un ruolo determinante.
JOSEPHINE BAKER NEL 192914
Ha 23 anni; dopo i grandi successi parigini della "Revue Nègre"
del 1925 e de "La Folie du Jour" del 1926, è ormai un mito, un
simbolo ovunque conosciuto ed amato; ha conquistato il pubblico con la grande capacità di ballerina, la irresistibile presenza
sulla scena, la esuberante bellezza fisica, la carica erotica, l'atteggiamento trasgressivo e burlesco; ma anche con la sua semplicità, l'ingenuità di bambina, la bontà del cuore, lo spirito di carità, la ferma volontà antirazzista.
Da tre anni è legata a Pepito Abatino, un Conte siciliano che
Qui ritrova ancora vivo l'odio razziale che aveva conosciuto durante la sua infanzia e si da a combatterlo strenuamente, continuando per tutta la vita a battersi ovunque
per l'abolizione delle discriminazioni razziali. Nel 1937 prende la cittadinanza francese e nel 1938 sposa Jean Lion. Durante la II guerra mondiale, dopo l'occupazione del
Belgio da parte della Germania, si prodiga per la Croce Rossa, assistendo i rifugiati; sotto l'occupazione tedesca offre una collaborazione intrepida alla resistenza
francese, dando un grande contributo per la libertà della Francia; diventa luogotenente nelle Forze Libere Francesi ed è insignita della Croce di Guerra, della Legione
d'Onore e della Rosette de la Résistance. Nel 1947 sposa Jo Bouillon; nel castello che ha aquistato a Les Milandes, in Dordogna, lavora alacremente per realizzare il
"villaggio della fraternità". Nel 1950 comincia ad adottare piccoli orfani di ogni razza e religione, che, in numero di 12, costituiranno la "tribù arcobaleno", per dimostrare
che uomini di razze diverse possono amarsi e convivere fraternamente, perchè "in fondo (di razza n.d.a.) ce n'è una sola: la razza umana". Nel 1956 si ritira dalle scene
per dedicarsi completamente alla sua "tribù", ma per far fronte ai gravi problemi economici legati alla gestione del castello, torna ad esibirsi nel 1959, con "Paris mes
Amours" al thèatre Olympia di Parigi. L'enorme successo la spinge a riprendere il lavoro, esibendosi a ritmo frenetico in ogni parte del mondo, nella speranza di salvare
la proprietà di Milandes; ma i suoi sforzi saranno vani: dovrà abbandonarla ai creditori, ritrovandosi in povertà. Dopo una leggendaria esibizione allo Sporting Club di
Monaco si trasferisce con la sua "tribù" a Roquebrune, in una villa offertale da Grace Kelly, che però Josephine pagherà in seguito completamente. Nonostante il progredire dell'età continua a dare spettacoli a ritmo serrato in tutto il mondo, dando prova di inesauribile vitalità e moltiplicando i successi. Nel 1975, all'età di 69 anni torna
ancora e per l'ultima volta sulle scene a Parigi, con uno spettacolo autobiografico: "Joséphine". Dopo 14 trionfali rappresentazioni dello show, cade in coma durante il
sonno e muore il 12 aprile 1975. I funerali vengono celebrati a Parigi, nella chiesa de La Madeleine, ove, alla presenza di un pubblico imponente, la Francia le tributa gli
onori militari. È sepolta nel cimitero di Monaco.
139
3 Schema del viaggio di Le Corbusier in Sud America.
4 Joséphine Baker - fotografia di scena.
5 Joséphine Baker fotografata con Jo Bouillon e la "tribù arcobaleno".
3
4
ha conosciuto a Parigi nel 1926 e che è anche il suo attentissimo manager; sotto la sua guida sta compiendo una grande
tournée internazionale che la porta, nel corso di due anni –tra il
1928 e il 1929– dapprima nelle grandi città d'Europa e poi in
Sudamerica.
IN SUD AMERICA: INCONTRO (ill. 3)
Josephine Baker, in compagnia di Pepito Abatino, parte
da Genova nella primavera del 1929 sul "Conte Verde"15 e
raggiunge Buenos Aires16, ove soggiorna lungamente, dando un gran numero di spettacoli17. Compie poi una tournée
in Argentina, al termine della quale torna di nuovo nella
capitale, in cui sarà una terza volta dopo la permanenza a Montevideo. Lascia quindi l'Argentina per spostarsi
in Cile e finalmente in Brasile, a San Paolo e a Rio de
Janeiro.
Le Corbusier si imbarca il 14 settembre 192918 a Bordeaux19
sul transatlantico "Massilia", che in 14 giorni di navigazione20 lo
porta a Buenos Aires, dove sbarca, dopo un breve scalo a
Montevideo, il 27 settembre21 (non il 28, come affermò un giornale argentino22) - nella notte.
Compie un lungo soggiorno nella capitale argentina, durante
il quale tiene –tra il 3 e il 19 ottobre– una serie di 10 conferenze
e compie numerose escursoni all'interno del continente, viaggiando più volte sugli aerei pilotati da Mermoz e Saint-Exupéry.
Si imbarca successivamente per Rio de Janeiro sul "Giulio
Cesare", la stessa nave su cui si trova Josephine Baker.
5
Che i due abbiano viaggiato nel medesimo tempo sul "Giulio
Cesare" è confermato da uno dei disegni che Le Corbusier fa
di Josephine (ill. 17), datato «Giulio Cesare, nov. 1929»; si
può però ipotizzare che il loro primo incontro sia avvenuto
in precedenza, come comproverebbe un rapido disegno del
volto di Josephine (ill. 15) recante la scritta «Joséphine B. A.
1929»23; se "B. A." sta, come ritengo, per Buenos Aires, l'incontro sarebbe avvenuto già nella capitale argentina, dove
ambedue hanno soggiornato –come abbiamo visto– per un
lungo periodo.
Sono ancora insieme a San Paolo –dove il 27 novembre Le
Corbusier assiste ad uno spettacolo nel corso del quale
Josephine canta "Baby"24 e dove esegue ancora un disegno di
Josephine (ill. 19) datato «Sao Paulo 27 Nov. 1929»– ed a Rio
de Janeiro, da dove si imbarcano sul transatlantico "Lutétia",
che salpa il 9 dicembre25 ed arriva a Bordeaux dopo 12 giorni di
viaggio26, il 21 dicembre 192927.
L'interesse che Le Corbusier prova per Josephine è legato a
diversi aspetti della sua personalità, caratterizzata dalla presenza di un costante dualismo: da una parte egli apprezza la femmina africana dal fisico esuberante, e, d'altra parte, la ricchezza
interiore, l'animo buono, il "cuore limpido", che si manifesta
attraverso il volto dalle fattezze incredibilmente geometriche che
lo avvicinano ad un oggetto "purista" – esse stesse fonte di interesse formale per Le Corbusier; da l'altra parte subisce il fascino
dell'"animale da spettacolo" dalla travolgente capacità di azione,
ma scorge il valore della ballerina "acrobata", l'essere di
eccezionali capacità, che opera nell'esattezza e nella precisione28:
–15 «Da Genova, un bel giorno di primavera del 1929 ci imbarchiamo sul 'Conte Verde'», in: Josephine Baker e Jo Bouillon, Joséphine, La Salamandra, Milano 1981, p.
80. –16 «Davanti a noi sfila Rio, il suo gran Cristo, la collana delle sua baia e quella strana collina chiamata Pan di Zucchero… Noi andiamo molto più lontano: a Buenos
Aires», ibidem, p. 80. –17 «(A Buenos Aires) facciamo duecento repliche in ragione di due o tre al giorno», ibidem, p. 81. –18 Nella sua agenda (cominciata il 1 dicembre 1928) Le Corbusier annota: « Départ 13 sept. 10 h. »; non specifica però se si tratti della partenza da Parigi per il porto d'imbarco, o dell'imbarco vero e proprio per
Buenos Aires. Ritengo che si debba senz'altro propendere per la prima ipotesi: il 13 settembre Le Corbusier partì da Parigi per Bordeaux e da qui il 14 settembre salpò
alla volta del Sudamerica. E'infatti certo che arrivò a Buenos Aires il 27 settembre (vedi nota 7). Considerando che Le Corbusier arrivò a Buenos Aires dopo 14 giorni di
na-vigazione, precisazione più volte ribadita (vedi nota 6), l'imbarco deve essere avvenuto 14 giorni prima dell'arrivo, vale a dire il 14 settembre 1929. –19 Che la partenza sia avvenuta da Bordeaux è confermato dall'itinerario registrato da alcuni disegni sullo sketchbook B4: il passaggio davanti a La Coruna (p. 1) e Vigo (p. 3), lo scalo
e la corrida a Lisbona (pp. 5, 7, 9) - (ill. 3). –20 « Nous, nous avons mis quatorze jours entre ciel et mer, sans rien voir », in: Le Corbusier, Précisions sur un état présent
de l'architecture et de l'urbanisme, Crès, Paris 1930, p. 4; « Au bout des quatorze jours de traversée, à l'horizon apparait le Nouveau Monde, les terres de la Pampa,
avec leur tête étincelante: la Cité d'Affaires de Buenos Aires », in: Le Corbusier, La Ville Radieuse, L'Architecture d'Aujourd'hui, Paris 1935, p. 220. –21 Le Corbusier fa
un di-segno di Montevideo sullo sketchbook B4, p. 21, datato 27 settembre 1929 e descrive la sosta nella capitale Uruguayana: « Notre paquebot, après quatorze jours
de mer, a perdu une heure ou deux à Montevideo. Si bien qu'au lieu d'arriver à Buenos Aires de jour, j'y suis arrivé de nuit », in: Le Corbusier, Précisions, cit., p. 199.
–22 «Llegó anoche el arquitecto M. Le Corbusier", La Nación (Buenos Aires), 29 settembre 1929. –23 Questo disegno è pubblicato sul catalogo della mostra "Le
Corbusier" tenuta a Madrid, Centro de Arte Reina Sofia, 29 giugno - 10 settembre 1987, p. 70, con una didascalia che ne fa risalire la data di esecuzione al 1921; tale
datazione non può che essere errata (cfr. nota 1, biografia di Josephine Baker) e deve essere corretta in: 1929.
CASALI, JOSEPHINE BAKER
Un acrobate n'est pas un pantin
Il consacre son existence à une activité
par laquelle, en danger de mort permanent,
il réalise des gestes hors série, aux limites
de la difficulté, et dans la rigueur
de l'exactitude, de la ponctualité … quitte
à se rompre le cou, à se briser les os, à
s'assommer.
Personne ne l'en a chargé
Personne ne lui doit gratitude quelconque
Mais, lui, il est entré dans un
univers hors série, celui de l'acrobatie.
Résultat: bien sur ! il fait des choses
que les autres ne peuvent faire.
Résultat : Pourquoi fait-il cela ? Se
demande autrui ; c'est un prétentieux, c'est
un anormal ; il nous fait peur; il nous fait pitié ;
il nous embête !29
E ancora: ama la selvaggia scatenata dalla bellezza prepotente
– per Le Corbusier il selvaggio è oggetto di grande apprezzamento30 – e nondimeno la donna moderna, civilizzata, che guida
l'automobile e pilota l'aereo.
Questo duplice atteggiamento, questa duplice personalità,
trovano un profondo riscontro nel pensiero lecorbusiano, continuamente teso tra due poli, così come anche la sua architettura, sempre in equilibrio tra gli opposti31: " tout se passe entre
deux "32.
Josephine stessa descrive questa sua doppia natura:
C'è la Joséphine del Vésinet33 e la Joséphine del Casino de
Paris34.
Quella del Casino ha partecipato alla corsa delle Caterinette
per arrivare dal signor Poiret35 e posare davanti ai fotografi in cerata nera; ha inaugurato la Mostra delle Josephine (…) una sfilza di Josephine in tutte le posizioni della
danza (…). La Josephine del Casino "va a cavallo" al Bois36,
guida una roadster, impara a pilotare un aereo …
La Josephine del Vésinet cura i conigli e le anatre, accarezza i gatti, corre insieme ai cani, fa la siesta con Chiquita37...
La Josephine del Casino fa vocalizzi, canta in tutti i galà, per
i vecchi coloniali, l'Associazione degli Ispettori di Pubblica
Sicurezza, i Pompieri, i Garibaldini dell'Argonne, che so, e fa
autografi e ancora autografi (…) La Josephine del Vésinet
porta un collo da collegiale.38
Bisogna poi notare che, oltre all'onnipresente dualismo, altri
aspetti accomunano le due personalità; infatti, al pari di Le
Corbusier, Josephine è: utopista (per il suo infaticabile
perseguire la realizzazione di un mondo senza odi razziali);
autodidatta; instancabile nel lavoro; perfezionista sulla scena;
donna del suo tempo proiettata verso il futuro che –come
abbiamo visto– ama l'automobile e l'aereo. E ancora in maniera
simile a Le Corbusier è, per la novità e la libertà del suo operato, un simbolo di innovazione e di trasgressione, aborrito dai
benpensanti.
Josephine, da parte sua, apprezza in Le Corbusier l'uomo
come l'architetto; di lui scrive: «Da Rio ci imbarchiamo sul
'Lutétia'. A bordo c'è anche l'architetto Le Corbusier. Ha appena
concluso un giro di conferenze. E'semplice e allegro.
Diventiamo amici. Lo diverto con le canzoncine che gli cantic-
–24 « Quand le 27 novembre 1929, à Saint-Paul, Joséphine Baker, dans un idiot spectacle de variétés, chante Baby… », in: Le Corbusier, Précisions, cit., p. 12. –25 Il
« 10 décembre 1929 à bord du 'Lutétia' au large de Bahia » (Ibidem, p. 1), Le Corbusier scrive il "Prologue Américain" precisando di essersi imbarcato il giorno prima: «
I'ai embarqué hier » (Ibidem, p. 1). –26 « Chez nous, a Paris, quand j'arriverai dans douze jours… », Ibidem, p. 2. Le Corbusier scrive questa frase, contenuta nel
"Prologue américain", il 10 dicembre, cioè il giorno dopo la partenza del 'Lutétia' da Rio; mancavano dunque 11 giorni all'arrivo a Bordeaux, oltre ad un giorno per raggiungere Parigi. –27 Il 21 dicembre è all'estuario della Gironda, vale a dire al porto di Bordeaux; infatti alla fine della trascrizione dell'ottava conferenza di Buenos Aires
("La 'Cité Mondiale' et considérations peut-être inopportunes") annota: « Estuaire de la Gironde, 21 décembre 1929 » (Ibidem, p. 232). La minore durata del viaggio di
ritorno rispetto a quello di andata dipende probabilmente dall'esclusione della sosta a Lisbona. –28 Per Le Corbusier (che si riteneva egli stesso un "acrobata", come
abbiamo visto prima) la precisione è la condizione essenziale per la creazione di opere d'arte. –29 Le Corbusier, L'atelier de la recherche patiente, Vincent, Freal, Paris
1960, p. 197. –30 « Je cherche les sauvages, non pour y trouver la barbarie, mais pour y mesurer la sagesse…», in: Le Corbusier, La Ville Radieuse, cit., p. 6, e: Le
Corbusier, L'Atelier de la recherche patiente, cit., p. 253. –31 A proposito del dualismo che informa l'opera e il pensiero di Le Corbusier, vedi: "Le Corbusier: la nature
comme paysage", in: AA.VV., Le Corbusier et la nature, Fondation Le Corbusier, Paris 1991, pp.131-140. Traduzione italiana in: Mondo Sabino, Rieti, 10 maggio 1997,
pp. 15-18. –32 Le Corbusier, Mise au point, Forces Vives, Paris 1966. –33 Comune alla periferia di Parigi ove si trovava la "Villa Beau-Chêne", residenza di Josephine
negli anni 30. –34 Una delle più rinomate sale da spettacolo parigine, ove Josephine trionfò nel 1930 in "Paris qui remue". –35 Uno dei grandi sarti del alta moda parigina dell'epoca. –36 Il "Bois de Boulogne", grande parco all'ovest di Parigi. –37 Il ghepardo che Josephine teneva con sé come un gatto. –38 Josephine Baker e Jo Bouillon,
Joséphine, cit., p. 92.
141
6 - 8 Le Corbusier e Josephine Baker
sul "Lutétia"; 9-21 dicembre 1929.
9 e 10 L C, matita e acquarello su carta
con scritta: Joséphine; firmato e datato:
L.C. Nov. 29; 42,5 x 24,5 cm.
11 Josephine Baker sulla scena di "La
Folie du Jour", 1926.
12 e 13 L C, matita e gessetto su carta;
firmato e datato: L-C 1929; 42,5 x 25
cm.
14 L C, matita e gessetto su carta; firmato e datato L-C 1929; 42,5 x 25,5
cm.
6
chio durante le nostre passeggiate sul ponte. La sua architettura
del futuro mi sembra così intelligente: per terra solo il verde, con
giardini per i pedoni, e le macchine per aria, su ponti sospesi …
Ma dice anche: 'La città è fatta per l'uomo, e non il contrario,
Joséphine! …'»39
FOTOGRAFIE
Esistono tre fotografie che ritraggono Le Corbusier insieme a
Josephine, tutte prese a bordo del "Lutétia" durante il viaggio di
ritorno da Rio de Janeiro a Bordeaux, dunque databili tra il 9 e il
21 Dicembre 1929.
La prima (ill. 6) è una foto "in posa" di un gruppo di 5 persone
di cui i due fanno parte; Josephine occupa il centro dell'immagine e del gruppo, Le Corbusier le è accanto; all'estrema destra
si riconosce Pepito Abatino.
La seconda (ill. 7) riprende la balconata di una sala da spettacolo affollata di pubblico; all'estremità della prima fila
Josephine siede tra Le Corbusier e Pepito Abatino.
La terza (ill. 8) li mostra durante il party mascherato organizzato in coincidenza del passaggio dell'Equatore: « Cette photographie a été prise à l'occasion des "Fêtes de la Ligne" (passage de l'Equateur) à bord du "Lutétia", Rio de Janeiro Bordeaux, en décembre 1929. Joséphine Baker et Corbu
obtiennent le premier prix de travestis décerné par les
voyageurs eux-mêmes … »40. Le Corbusier, seduto accanto a
Josephine, indossa una canottiera a righe orizzontali e una
grossa collana, ha il viso dipinto di nero ed i capelli incollati alla
testa; benchè non risultino visibili nella foto, sappiamo che doveva avere anche una calzamaglia o un pantalone nero ed una
cintura di piume: è mascherato da Josephine Baker in costume
da scena, come racconta la stessa Josephine: «Al ballo in
maschera del passaggio dell'equatore ci sono due Josephine
Baker: io e… lui! Si è vestito di nero con una cintura di
piume! E'irresistibilmente buffo: 'Signor Le Corbusier,
che peccato che lei sia architetto! Sarebbe stato un ottimo
partner!'»41.
7
8
Questa fotografia può essere datata con maggiore precisione delle altre, considerando che la distanza tra Rio e
l'Equatore, corrispondente a circa la metà di quella che separa
l'Equatore da Bordeaux, costituisce 1/3 dell'intero tragitto;
dunque se il viaggio ebbe una durata complessiva di 12 giorni –
dal 9 al 21 dicembre– il "Lutétia" doveva essere all'Equatore
dopo circa quattro giorni di navigazione, vale a dire il 13 dicembre 1929.
DISEGNI
Tra il 1929 e il 1930, nella pittura di Le Corbusier, mentre si diffonde e si consolida la presenza degli "objects à reaction poètique", entra prepotentemente la figura umana, in particolare
quella femminile, destinata a diventare il soggetto fondamentale
della pittura lecorbusiana.
Proprio il viaggio in Sudamerica ("prolungato" in quelli ad
Algeri), che gli fa più profondamente avvertire il fascino del primitivo e del selvaggio e l'incontro con Josephine Baker – essa
stessa "selvaggia" (ma non solo) –, svolgono un ruolo fondamentale nel determinare questo prepotente viraggio di interesse
verso il corpo femminile.
Josephine sembra aleggiare nella grande quantità di disegni
di donne realizzati in questo periodo; se ne può riconoscere la
posizione o l'atteggiamento, i lineamenti o l'espressione, il colore della pelle o l'attitudine selvaggia, al punto che è difficile
definire con precisione quali siano i disegni che effettivamente la
rappresentano. Inoltre proprio in questi anni l'elemento simbolico assume un'importanza crescente nella pittura lecorbusiana,
così che è possibile ipotizzare la presenza di Josephine, celata
dietro il simbolo, anche in disegni apparentemente senza rapporto con la star del Music-Hall.
I disegni esplicitamente intitolati "Joséphine", sono soltanto
cinque, ma oltre a questi ne esistono altri quattro che la rappresentano con certezza; ho suddiviso l'insieme di questi nove disegni in due gruppi che presentano alcune caratteristiche omogenee:
-39 Ibidem, p. 82. -40 Le Corbusier (segretaria di), lettera a Jo Bouillon, Parigi, 28 febbraio 1955.-41 Josephine Baker e Jo Bouillon, Joséphine, cit., p. 82.
CASALI, JOSEPHINE BAKER
9
10
11
I GRUPPO
E'costituito da cinque disegni, che ritraggono Josephine nuda, a
figura intera, in atteggiamenti di spettacolo, valorizzando l'aspetto "animale", erotico, selvaggio; la diversità delle tecniche impiegate e dei supporti utilizzati suggerisce una suddivisione in
due serie:
I serie
Il primo disegno (ill. 9) è tracciato a matita, in maniera molto rapida e presenta una colorazione ad acquerello che è stata probabilmente realizzata in un secondo tempo. Mostra la diva in
piedi, con le ginocchia unite, le mani poggiate sulle cosce e la
testa protesa in avanti, quasi a spingersi verso il pubblico; il
volto non è curato, né nella somiglianza né nell'espressione:
tutto l'interesse si rivolge al corpo ed alla sua capacità di
atteggiarsi, di muoversi, di assumere positure. La totale nudità
del soggetto potrebbe suggerire una realizzazione in ambiente
privato, durante una seduta di posa; tuttavia propendo per
l'ipotesi, surrogata dalla rapidità di esecuzione, che il disegno
sia stato realizzato durante uno spettacolo, semplicemente
omettendo di riprodurre i vestiti di scena – probabilmente succinti – della ballerina.
Il secondo (ill. 10), pur presentando una maggiore attenzione
nella rappresentazione del volto, è analogo al precedente per
supporto impiegato, tecnica di esecuzione, carattere e stile di
disegno ed è stato con ogni probabilità realizzato durante lo
stesso spettacolo. Ritrae Josephine in una positura molto caratteristica e ricorrente nelle sue danze, con le gambe piegate, il
bacino fortemente proteso all'indietro ed il busto eretto, in un
atteggiamento molto erotico, dal sapore aggressivo e selvaggio.
II serie
Il terzo (ill. 12) è realizzato su un supporto diverso (per materiale e dimensione) e con diversa tecnica: matita e gessetto;
descrive la medesima positura del precedente – con una variante costituita dalla posizione incurvata delle reni – ma il disegno è molto più curato ed anche il volto, questa volta
somigliante, è disegnato con attenzione. Questi elementi fanno
pensare che il lavoro sia stato realizzato in una diversa occa-
12
13
14
sione, con maggiore tempo a disposizione; o sulla base dei due
disegni precedenti, o durante una seduta di posa.
Il quarto (ill. 13) (tecnica e supporto come per il precedente)
ritrae ancora Josephine in piedi, ma in una posizione completamente diversa, statica e priva della tensione elastica che pervade i precedenti; il corpo è appoggiato alla parete, una gamba
inflessa, le mani unite dietro la schiena; sono sottolineate la
lunghezza delle gambe e la bellezza dei seni, ma la testa reclinata in un atteggiamento malinconico, conferisce al disegno una
intensa spiritualità. La traccia visibile di un precedente tentativo
con la testa diritta sul collo, permette di considerare l'effetto del
disegno con la testa eretta e mostra tutta l'importanza espressiva della positura finalmente scelta.
Il quinto disegno (ill. 14), ancora realizzato sul medesimo
supporto e con la medesima tecnica del precedente, riprende
Josephine in una posa diversa: sdraiata, le gambe piegate e un
braccio ugualmente piegato sotto la testa; la totale nudità che
caratterizza tutti i disegni sin qui considerati, è mitigata dalla presenza di un panno attorno ai fianchi. La posizione non sembrerebbe derivare da una posa di spettacolo; piuttosto si manifesta il riferimento ad alcuni lavori di gioventù di Charles-Edouard
Jeanneret (oltre che alle "Demoiselles d'Avignon” di Picasso),
nei quali l'elemento formale del braccio piegato dietro la testa
detiene rilevante importanza: "Arianna addormentata" nei giardini di Versailles, del 1912-14; "Deux nus féminins" (studio della
scultura di Rupert Carabin); del 1917, "Interno con donna nuda
che dorme su una sedia", del 1919, opere pervase da un forte
erotismo.
II GRUPPO
In netto contrasto con i precedenti, quattro disegni ritraggono
esclusivamente il volto della ballerina, alla ricerca di un'espressività interiore; l'analisi delle caratteristiche delle varie opere ha
portato ad una suddivisione in tre serie:
I serie
Comprende un solo disegno, un rapido schizzo a matita su
carta da spolvero (ill. 15), che ritrae il volto di Josephine in posizione perfettamente frontale; le ombreggiature sono rese
sommariamente e con tratteggio largo e rapido, ma le
143
15
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20
caratteristiche del viso sono tutte colte: perfezione della
forma ovale, capelli tirati, occhi grandi, naso lungo, bocca
carnosa.
Il disegno, fatto a Buenos Aires (come ho ipotizzato nel paragrafo "In Sudamerica: incontro"), si può considerare uno studio
preliminare alla realizzazione dei ritratti disegnati successivamente e poiché è in assoluto il primo ad essere stato realizzato,
dimostra come l'interesse di Le Corbusier si sia rivolto per prima
cosa al viso della "star".
II serie
Si compone di due ritratti realizzati con tecniche diverse, ma
sullo stesso supporto e presi nella stessa identica posizione
frontale, che descrivono l'ovale perfetto del volto, caro al sentire
purista e ricercano la spiritualità del soggetto.
Uno, il secondo del gruppo (ill. 17), è realizzato a matita, con
ombre profonde; nello sguardo, intensissimo, mirabilmente si
esprimono dolcezza e malinconia.
L'altro (ill. 19) impiega la punta d'argento e si avvale di una
diversa tecnica di ombreggiatura, riscontrabile in vari altri disegni di Le Corbusier, in cui le ombre sono realizzate con un tratteggio ampio e incrociato. Questo ritratto è stato eseguito il 27
novembre 1929, il giorno in cui Le Corbusier a San Paolo, vide
Joséphine cantare "Baby" e scrisse della commozione che l'esibizione gli procurò; egli esprime in questo ritratto tutta la sua
17
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22
emozione e – attraverso l'espressione del volto – l'interiorità,
l'ingenua bontà. Il disegno è intitolato: "Joséphine coeur
limpide".
III serie
Un quarto disegno (ill. 20), pervaso da una una affettuosa dolcezza, ritrae Josephine addormentata, come una bambina, le
lunghe ciglia scure, il viso appoggiato sulla mano, il lenzuolo
tirato fin sotto l'orecchio; i capelli ritrovano nel sonno un andamento ondulato e per la prima ed unica volta il volto appare di
profilo.
Da questo disegno sembrano dipartirsi degli studi, datati
1929 – che potrebbero essere ritratti di Josephine – che riprendono la figura della donna addormentata trasfigurandola in
un'immagine più astratta, caratterizzata dalla posizione delle
mani appoggiate sulla fronte; poi, riprendendo i lineamenti di
questa versione e la positura delle mani sulla fronte, ne fanno un
busto di donna in posizione eretta.
Anche "L'athlète et la danseuse" – del 1929 – che esclude ogni
somiglianza fisica, è forse un ritratto simbolico, di Le Corbusier
– identificato con l'atleta – e Josephine – la danzatrice.
Esiste ancora un disegno, conservato tra le pagine dello
sketchbook B4 (ill. 21), che ritrae insieme Le Corbusier e
Josephine Baker; realizzato su un cartone di invito distribuito sul
Lutetia, datato 10 dicembre 1929, deve essere stato eseguito il
–42 Le pagine del carnet descrivono, dopo riflessioni prese durante viaggi aerei (pp. 37-43), il viaggio verso Rio, registrando il passaggio a Montevideo (pp. 45-47) e
CASALI, JOSEPHINE BAKER
15 L C, ritratto di Josephine Baker, matita su carta da spolvero con scritta:
Joséphine; non firmato; datato B. A. 1929.
16 Josephine Baker, fotografia.
17 L C, ritratto di Josephine Baker, matita su carta; firmato e datato L.C. Giulio
Cesare Nov. 1929; 42,5 x 25 cm.
18 Josephine Baker, fotografia.
19 L C, ritratto di Josephine Baker, punta d'argento su carta con scritta: Joséphine,
coeur limpide; non firmato; datato Sao Paulo 27 Nov. 1929; 26,5x21 cm.
20 L C, ritratto di Josephine Baker addormentata, matita su carta; firmato e datato L.C. Nov. 1929; 42,5x25 cm.
21 Le Corbusier e Josephine Baker a Rio de Janeiro; matita e pastelli su cartoncino stampato; non firmato, non datato; inserito senza legatura nel carnet B4, dopo
la p. 23; 13,70 x 12 cm.
22 L C, disegno di una "favela" a Rio de Janeiro, matita e pastelli su carta con
scritte: Cavalcanti // Avenida Men de Sa'253 // gratte-ciel // La Favella, Carnet B4,
p. 107.
10 dicembre stesso, o nei giorni immediatamente seguenti, sul
Lutetia in viaggio verso la Francia.
Corbu e Josephine, a Rio de Janeiro, vi figurano in tenuta da
viaggiatori, sullo sfondo del "Pan di Zucchero", probabilmente
visto da una "favela"; infatti la veduta riprende esattamente quella del disegno a pag.107 dello sketchbook B4 (ill. 22) - oltre che
di un altro disegno a matita e acquarello di più grande formato
(25x42,5) – che rappresentano per l'appunto una "favela". La
composizione tiene conto delle frasi stampate, usandole come
elemento compositivo e il cartone è rovesciato, a chiarire che il
disegno non illustra il testo, ma si è utilizzato il biglietto come
supporto occasionale del disegno medesimo; questo si compone di un elemento principale verticale posto sul lato
destro,costituito da Le Corbusier e Josephine in piedi; in lontananza, sull'orizzonte marino si stagliano le inconfondibili alture
di Rio, a formare l'elemento orizzontale secondo per importanza. Al di sotto dell'orizzonte la superficie del mare, suggerita da
una colorazione azzurra, ingloba le frasi stampate; al di sopra, il
cielo utilizza direttamente il colore bianco del fondo, senza alcun
ulteriore intervento.
Josephine, in primo piano, indossa un abito verde, senza
maniche, lungo fin sotto il ginocchio, non dissimile da quello che
figura in una delle fotografie prese sul "Lutétia", cui si aggiunge
un vistoso colletto; in mano ha una borsa di dimensione esageratamente ridotta ed un cappello giallo: una "abbigliamento"
inequivocabilmente "moderno"; Le Corbusier, dietro di lei, è
vestito in tenuta coloniale, tutto in bianco col papillon e il tipico
casco di paglia. I due sono descritti come visitatori provenienti
dal mondo "civilizzato", estranei al contesto "primitivo" e "selvaggio".
cuzione tra il 24 ottobre (p. 35, "Ascencion") e il 30 novembre
(p. 69, "forêt de San Martino") 1929. Il disegno porta la scritta:
pour Joséphine Baker // Ballet // Cylindre ovale / on peut
aussi // supprimer totalement // le cylindre // entrée // 2 / girls
peinte tatouage Son // one step // ou sur tam-tam pur nègre
/ sans musique 1 nègre sur // scène // 1 nègre porte 1
bananier // 3 L'homme et la femme modernes + N. York
dansent exclusivement 1 one step // l'un contre l'autre // et
lentement // 4 le cylindre descend // Joseph descend en
singe // 5 elle met 1 robe moderne // s'assied // 6 s'avance
sur socle, chante // 7 descend, chante // 8 dernier chant
solennel: les dieux montent // fond mer méandres // de //
Santos // et à la // fin 1 grand // transatlantique // Paroles
traduites sur programme.
Inoltre la notevole distanza che lo separa dal disegno precedente (13 pagine) e quella esigua che intercorre con quello successivo (4 pagine), oltre a considerazioni reative a luoghi ed itinerari42, fanno propendere per una data molto prossima al 30
novembre. Infine, tenuto conto che il 27 Le Corbusier assiste
all'esibizione di Josephine a San Paolo, appare verosimile che il
progetto sia stato redatto il 27 stesso, o, al massimo, tra il 27 e
il 30 novembre.
L'«idiot spectacle de variétés» nel contesto del quale
Josephine appare, è probabilmente l'occasione per immaginare
qualcosa di più degno dell'artista, che canta "Baby" con tale
intensità da commuovere Corbu fino alle lacrime.
Lo studio, rapido e succinto, è contenuto in un solo foglio,
ma illustra una costruzione complessa ed individua con precisione e completezza le varie fasi dello spettacolo e le
scenografie previste, avvalendosi di 4 disegni e della
descrizione verbale degli avvenimenti scenici, organizzata in 8
voci successive.
Il sipario si apre su una scena astratta e inanimata, al centro
della quale si eleva un cilindro a pianta ovale. Il primo disegno
mostra – in prospettiva – la scena con il volume in posizione
centrale (ill. 23a). Il secondo disegno, una pianta, rivela che
all'interno di questo elemento è contenuta una passarella munita di scalini, che ha la forma di un rettangolo molto allungato
PROGETTO DI BALLETTO PER JOSEPHINE BAKER (ill. 23)
Sullo sketchbook che porta (Carnet B4, p. 61) Le Corbusier
progetta un balletto per Josephine Baker; il disegno non ha data,
ma considerando quella dei disegni precedenti e seguenti la
pagina in questione è possibile restringerne la data di ese-
Santos (pp. 49-53); infine le due pagine immediatamente precedenti (pp. 57-59) non sono datate ma sono disegnate a San Paolo.
145
23
(ill. 23b). Le Corbusier nota che il cilindro potrebbe anche essere
eliminato, probabilmente pensando ad una semplificazione tecnica43; in questo caso sulla scena apparirebbe la forma,
anch'essa pura, ma spigolosa, della passerella con i gradini,
concepita come un prisma rettangolare scavato in corrispondenza della gradinata.
Il primo personaggio ad apparire è un negro, che arriva portando un banano; entra poi44 una girl tatuata45, mentre inizia la
musica: uno one step, oppure, in alternativa, musica africana
per soli tamburi. Il negro precedentemente entrato resta in
scena e balla anch'egli uno one step. Si configura una sorta di
danza tribale sullo sfondo di un albero esotico.
Quindi entrano un uomo ed una donna "moderni" –nel significato di civilizzati– in massimo contrasto con i sevaggi neri tatuati, mentre sullo sfondo appare New York, immagine di habitat
moderno; anche il loro danzare è quanto più possibile diverso:
ballano lentamente, l'uno contro l'altro, secondo l'uso dei "night"
occidentali.
A questo punto il cilindro, che è rimasto sinora ad occupare
la scena, scompare, come assorbito dal palco; appare la
passerella con i gradini e Josephine Baker scende «come una
scimmia», lungo una corda che pende dalla parte superiore del
palcoscenico, come illustra il terzo disegno (ill. 23c), in forma di
assonometria; è un'apparizione selvaggia, in analogia con la
prima, ma alla quale questa volta non segue una nuova apparizione contrastante, ma una trasformazione: la
selvaggia indossa «un vestito moderno» e si siede sulla
passarella.
Josephine racchiude in se stessa ambedue le caratteristiche, è una sintesi di selvaggio è civilizzato, porta in sé una
doppia natura.
Poi si alza, avanza sulla passerella e canta.
Scende i gradini portandosi sul palco e canta ancora.
Infine esegue «l'ultimo canto solenne» mentre «gli dei salgono». Il quarto disegno mostra Josephine al centro della scena
e, dietro di lei, un piano inclinato lungo il quale salgono dei personaggi ed una palma –il banano portato in scena all'inizio del
23a
23b
balletto (ill. 23d). Sullo sfondo il mare con i «meandri di
Santos»46 (ill. 24), la natura brasiliana incontaminata e primitiva,
mentre «alla fine» appare «un grande transatlantico», simbolo
della moderna civiltà macchinista.
Il tema del contrasto tra selvaggio e civilizzato, tra primitivo
e moderno, tra natura e artificio pervade tutto il numero e si
sviluppa nell'intero corso del balletto contrapponendo:
negro e ballerina tatuata + banano // uomo e donna moderni
+ N-Y
Josephine "en singe" // Josephine con un abito moderno
(sullo sfondo, mentre Josephine canta e gli dei salgono)
meandri di Santos // transatlantico
Nel finale la contrapposizione si ripropone alle spalle di colei che
incarna le due nature: la conciliazione tra due parti di mondo, tra
due differenti atteggiamenti e modi di vivere è possibile; e si
materializza in Josephine.
TESTI DI LE CORBUSIER
1
Quand le 27 novembre 1929, à Saint-Paul, Joséphine Baker,
dans un idiot spectacle de variétés, chante Baby, elle y
apporte une si intense et dramatique sensibilité que les
larmes envahissent mes paupières47.
Dans sa cabine de paquebot, elle saisit une petite guitare jouet d'enfant – qu'on lui a donnée, et elle chante tous les
chants nègres: 'Je suis un petit oiseau noir qui cherche un
petit oiseau blanc ; je veux un petit nid pour que nous nous
mettions tous les deux dedans…' Ou : 'Vous êtes les ailes de
l'ange qui est venu, vous êtes les voiles de mon bateau, je
ne puis me passer de vous; vous êtes etc. ; vous êtes les
mailles du tissu et je mets tout ce que vous êtes dans le
tissu, et je le roule et je l'emporte; je ne peux me passer de
vous'.
Elle vit à travers le monde. Elle émeut des foules immenses.
Il y a donc un coeur vrai au fond des foules ? La musique en
–43 Problemi tecnici legati alla necessità di far scomparire l'elemento cilindrico in una fase successiva dello spettacolo facendolo discendere nel palcoscenico. –44
Indicata alla voce 2, che però è scritta prima della 1 e che sembrerebbe dunque aggiunta in un secondo momento. –45 La trascrizione « girls peintes tatouages » sembra errata; Le Corbusier scrive: « girls » –plura-le–, « peinte tatouage » –singolare; è probabile che l'errore si trovi nella parola inglese piuttosto che in quelle francesi.
–46 Le Corbusier si riferisce ad un paesaggio di Santos, nei pressi di Rio, attraversato dalle curve insistenti di un fiume, che ha schizzato sullo sketchbook B4, p. 49 e
CASALI, JOSEPHINE BAKER
23 Le Corbusier, progetto di balletto per Josephine Baker, matita su carta,
Carnet B4, p. 61.
23a Il cilindro a pianta ovale.
23b La passarella con i gradini.
23c Joséphine descend en singe.
23d Les dieux montent.
23c
23d
trouve le chemin. L'homme est une bête magnifique. Mais il
faut le sublimiser, il faut l'arracher aux abominables mensonges qui font de sa vie un enfer, – sans qu'il en mesure la
raison et qu'il en dénonce la cause…
Questo testo, pubblicato in Précisions48, è stato scritto sul
"Lutétia" il 10 dicembre 1929, il giorno dopo la partenza da Rio,
nel momento in cui il contatto tra l'architetto e la ballerina era
maggiormente assiduo; riporta l'impressione viva della frequentazione di Josephine e si sofferma sulla sua capacità di commuovere col canto – lo stesso Le Corbusier come «delle
folle immense» – e sulla sua ingenua, infantile e pura delicatezza.
Esiste una differente versione dello scritto, in cui alcune parti
(riportate in caratteri sottolineati) si ritrovano pressochè equivalenti nel testo precedente, mentre altre sono completamente
originali e trattano del valore della musica jazz, che Le Corbusier
ritiene grandissimo e ancora della ingenua purezza, della bontà
del cuore di questa "ammirevole artista" che "è fuori dal mondo
quando danza".
1a
Dans un spectacle idiot de variétés, Joséphine Baker chante
"Baby" avec une si intense et dramatique sensibilité que je
suis pret à pleurer. Il y a dans cette musique américaine
venue des nègres une masse lyrique "contemporaine" si
invincible que j'y vois le fondement d'un sentiment nouveau
de la musique capable d'etre l'expression de la nouvelle
époque et capable aussi de classer les procédés européens,
comme se classent en architecture les procedés de l'age de
la pierre. Page qui tourne. Nouvelle exploitation. Musique
pure.
Dans la cabine du paquebot, Joséphine saisit une petite gui tare – un jouet de bazar pour enfants et elle chante ses
chantes nègres. Comme ils sont beaux, touchants,
riches,inventés, généreux et décents !… – 'Je suis un petit
oiseau noir qui cherche un petit oiseau blanc: je veux un petit
nid pour que nous nous mettions tous les deux dedans…', et
encore – Vous etes les ailes de l'ange qui est venu, vous
etes les voiles de mon bateau, je ne puis me passer de vous;
vous etes les mailles du tissu et je mets tout ce que vous
etes dans le tissu, et je le roule et l'emporte, je ne peux me
passer de vous'.
Joséphine Baker, connue du monde entier, est une petite
enfant pure et simple, limpide. Elle glisse dans les rugosités
de la vie. Elle a un bon petit coeur. Elle est une admirable
artiste lorsqu'elle chante, elle est hors du monde lorsqu'elle
danse.
Il brano è riportato in Le Corbusier lui-même49 senza datazione;
la presenza di parti in comune col testo precedente (potrebbe
trattarsi di una differente versione dello stesso scritto), suggerisce la medesima datazione, od una poco successiva, nel
caso che questo scritto dovesse essere un'elaborazione del
primo, realizzata dopo il rientro a Parigi.
2
Joséphine ne pose pas pour son portrait, ou à peine. Ce soir,
elle explique la Bible. Tout d'abord, pourquoi doit-on avancer
l'heure de sa montre à chaque jour ? Parce que le soleil se
lève à l'est et que la terre tourne, oh ! Oh ! Les hommes sont
sur la terre, ils ne sont pas dedans ? Joséphine aimerait travailler avec des artists vrais à Paris. Je ne veux pas – dit-elle
– qu'on caricature les Nègres. Les Nègres sont des grands
artistes. Je veux montrer aux Blancs que les Négres sont
des hommes comme les autres, leur musique est belle, leur
poésies si jolies…
Anche per questo testo, ugualmente riportato in Le Corbusier
lui-même50, non esiste datazione; l'accenno alla seduta di posa
permette però di datarlo tra il mese di novembre e i primi di
dicembre del 1929, durante il viaggio in Sudamerica sul "Giulio
Cesare", o durante quello di ritorno in Francia, l'unico periodo in
cui Le Corbusier abbia fatto ritratti dal vero di Josephine.
che è anche l'oggetto di un altro disegno più curato, eseguito a matita e acquarello su un foglio formato 25 x 42,5 e datato 1929, probabilmente sula base dello schizzo.
–47 Anche Josephine parla di questo evento: «Le Corbusier ha pianto, tanto era commosso…», in: Joséphine Baker e Jo Bouillon, Joséphine, cit., p. 90. –48 Le Corbusier,
Précisions, cit., pp. 12-13. –49 Jean Petit, Le Corbusier lui-même, Rousseau, Genève 1970, p. 68. –50 Jean Petit, Le Corbusier lui-même, cit., p. 68.
147
24 Le Corbusier, panorama di Santos, matita su carta con scritte: Paolo Prado //
Santos, Carnet B4, p. 49.
25 Josephine Baker nel 1927.
24
concluso un giro di conferenze. E'semplice e allegro.
Diventiamo amici. Lo diverto con le canzoncine che gli canticchio durante le nostre passeggiate sul ponte. La sua architettura
del futuro mi sembra così intelligente: per terra solo il verde, con
giardini per i pedoni, e le macchine per aria, su ponti sospesi …
Ma dice anche: 'La città è fatta per l'uomo, e non il contrario,
Joséphine!'…»52. L'architetto conferma: « Souvenez-vous du
voyage en Amérique du Sud où j'étais en mission d'architecture
et où vous m'aviez si gentiment demandé de vouloir collaborer
avec vous à la rentrée en Europe, dans vos entreprises de
construction »53 e: « à Rio de Janeiro (…) vous m'aviez fait
promettre que je consentirais à vous construire un village pour
les petits enfants »54.
La distanza temporale dal viaggio in Sudamerica risulta dall'uso di verbi al passato remoto e di espressioni quali «a quell'epoca», «i suoi canti negri di allora», etc.
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Joséphine Baker était comme une petite enfant simple et
limpide. Elle voulait, à cette époque, batir un petit village
avec de petites maisons, de petits arbres, de petits chemins
pour que les gens soient heureux. Elle était alors enragée
pour ce projet qui devait etre le village Joséphine Baker - Le
Corbusier, aux environs de Paris. Ce village n'a jamais
existé. Joséphine, merveilleuse artiste. Comme ses chants
nègres d'alors étaient beaux… Quelle dramatique sensibilité dans sa manière de chanter, dans sa facon de danser.
Jamais elle n'a été utilisée comme elle le méritait, sauf peutêtre, au moment de la revue nègre des Champs-Elysées,
Joséphine Baker, malgré les embuches de la vie, n'a jamais
cessé d'*etre bonne et généreuse.
Analogamente ai precedenti questo scritto, citato in Le
Corbusier parle51, non è datato; si può verosimilmente ipotizzare
che debba essere stato scritto in epoca molto posteriore al viaggio in Sudamerica, durante il quale Josephine avrebbe parlato
della sua intenzione di costruire un villaggio; sappiamo in effetti
che ella conobbe ed apprezzò in quell'occasione le concezioni
architettoniche di Le Corbusier: «Da Rio ci imbarchiamo sul
'Lutétia'. A bordo c'è anche l'architetto Le Corbusier. Ha appena
4
Je suis architecte, mais je suis peintre tout autant, peintre de
métier. J'ai deux cœurs – comme dans la chanson, deux
patries.
Non si tratta qui di un vero e proprio testo, ma di una breve
frase, estratta da uno scritto che data sette anni dopo l'incontro
con Josephine55, che riveste un significato particolarmente
importante. Le Corbusier citando la canzone "deux patries",
intende riferirsi a "J'ai deux amours", quella che per il mondo
intero era –e continua ad essere– il simbolo di Josephine Baker.
Nel dichiarare l'irriducibile essenza dualistica del suo operare, sempre teso tra architettura e pittura, Corbu la mette in rapporto con la duplice natura di Josephine, che nella celebre canzone esprime il suo attaccamento al suo paese di origine –non
all'America, ma all'Africa– e nel contempo a quello di adozione,
Parigi (« j'ai deux amours, mon pays et Paris… »). La canzone,
in effetti, rispecchia profondamente la natura di Josephine, che
rievocando il momento in cui la ascoltò per la prima volta, afferma: «Va (Vincent Scotto) al piano e comincia a suonare canticchiando: J'ai deux amours… (…) Comincio a sussurrare: 'j'ai
deux amours, mon pays et Paris...’ appoggiandomi col gomito al
–-51 Jean Petit, Le Corbusier parle, cit., p. 33. –52 Josephine Baker e Jo Bouillon, Joséphine, cit., p. 82. –53 Le Corbusier, lettera a Josephine Baker, Paris, 4.2.1935.
–54 Le Corbusier, lettera a Josephine Baker, Paris, 2.1.1936.
CASALI, JOSEPHINE BAKER
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piano. Sento che questa canzone sarà mia, esprime talmente
bene quello che penso…»56
CORRISPONDENZA
Le lettere che sono riuscito a reperire sono in numero di sei; un
primo gruppo di tre, scritte negli anni 30, ne comprende una di
Pepito Abatino a Le Corbusier e due di Le Corbusier a
Josephine Baker; negli anni 50, uno scambio tra Lucien Hervé,
Jo Bouillon e Le Corbusier (segretaria di), a proposito della foto
di Corbu e Josephine al party mascherato sul "Lutétia", si svolge
nello spazio di altre tre lettere.
1
Pepito Abatino, lettera a Le Corbusier, Villa "Beau Chène" (Le
Vésinet), 3 dicembre 1930:
Mon cher Ami,
J'ai bien recu votre lettre et vraiment vous n'êtes pas gentil
pour moi ni pour Joséphine en disant que nous vous laissons
tomber. Vous n'ignorez pas combien nous sommes pris mais
tout de même nous n'oublions pas nos amis.
Vous connaissez le bon cœur de Joséphine qui répond toujours à toutes les demandes de charité et de secours. C'est
pourquoi il est mis deux places à votre disposition pour le
jour qu'il vous plaira. Faites-le moi savoir la veille.
Comptant donc vous voir très prochainement au Casino et
avec mes bonnes amitiés et celles de Joséphine.
Scritta un anno dopo il rientro dal Sudamerica, questa lettera ne
presuppone una precedente –che non ho trovato negli archivi–
in cui Le Corbusier doveva rimproverare a Josephine di trascurare la loro amicizia.
2
Le Corbusier, lettera a Josephine Baker, Parigi, 4 febbraio 1935:
Chère Joséphine,
Je pense à vous quelques fois avec beaucoup de plaisir,
mais j'ai des sentiments mélancoliques vous m'avez laissé
parfaitement tomber.
Ce sentiment m'est venu tout particulièrment l'autre jour où,
chez des amis, une personne m'a annoncé que vous faisiez
bâtir des maisons locatives les unes après les autres.
Souvenez-vous du voyage en Amérique du Sud où j'étais en
mission d'architecture et où vous m'aviez si gentiment
demandé de vouloir collaborer avec vous à la rentrée en
Europe, dans vos entreprises de construction.
Vous n'êtes pas une cliente ordinaire c'est pour cela que je
me désole de ne pas être votre architecte à l'occasion.
Voulez-vous me faire un plaisir ce serait de venir visiter une
maison locative que j'ai terminée 24 rue Nungesser et Coli et
que j'habite moi-même.
Je vous ferai voir quelques appartaments et le mien, et nous
aurions ainsi le plaisir de vous revoir un instant.
Dites à Pepito mes amitiés et faites-moi signe, vous me ferez
le plus vif plaisir.
Ad oltre quattro anni dalla lettera dalla precedente, Le Corbusier
si lamenta di essere trascurato dalla diva, come amico e come
architetto. Quanto agli investimenti immobiliari di Josephine, di
cui Le Corbusier parla, non ho trovato conferma alcuna.
3
Le Corbusier, lettera a Josephine Baker, Parigi, 2 gennaio 1936:
Chère Joséphine,
Vous serez peut-etre étonnée, mais l'envoi de votre Merry
Christmas avec votre signature m'a fait un très vif plaisir.
Nous jouons de malheur ensemble: je viens de passer deux
mois aux Etats-Unis. Je savais que vous y étiez. J'ai prié des
amis de découvrir votre retraite. Cela n'a pas reussi et c'est
le jour de mon arrivée à Paris que je trouve votre adresse à
la 60th rue, alors que, moi, j'habitais à la 55e. Pourtant, vous
appréciez quel plaisir j'aurais eu à vous revoir, vous qui êtes
si jolie, si gentille et nous aurions pu nous rappeler dans
l'Amérique du Nord les bons souvenirs de l’Amérique du
Sud.
Je disais que je n'avais pas de chance avec vous. Parce que
vous m'aviez fait promettre à Rio de Janeiro que je ne vous
–55 Le Corbusier, "La Querelle du Réalisme", Paris 1936. –56 Josephine Baker e Jo Bouillon, Joséphine, cit., p. 88,
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26 Josephine Baker nel 1927.
lasserais pas tomber; or c'est vous qui m'avez laissé tomber
parfaitement et je ne vous pardonnerais pas si je ne savais
que vous être (sic) une travailleuse acharnée. Comme je fais
exactement la meme chose, les minutes libres n'existent pas
et seuls les bons souvenirs demeurent. Vous m'aviez fait
promettre que je consentirais à vous construire un village
pour les petits enfants. Vous n'avez pas construit le village et
je pense que vous avez construit autre chose et que vous
vous etes passée de moi. Cela n'est pas gentil aussi je vous
envoie ce mot comme un aiguillon du remors pour qu'il vous
touche à vif.
Est-ce que vous êtes de la sorte des Héros qui rapportent
des dollars d'U.S.A. ? Moi pas ! En tous cas si vous en avez
de trop au retour, mettez-les dans la pierre et à ce sujet j'ai
toujours, dans mon atelier, des études extremement intéressantes pour les placements d'argent.
Vous voyez, chère Joséphine, que ma lettre finit par des
arguments de commis-voyageur. Il faut bien se dire tout
puisque nous ne pouvons nous voir que par lettre.
Quand vous reviendrez à Paris, soyez assez gentille pour
me faire signe et en attendant je vous salue bien amicalement.
Meno di un anno dopo la lettera precedente Le Corbusier, avendo ricevuto gli auguri natalizi, scrive di nuovo a Josephine, tornando sul tema della costruzione. L'architetto aveva soggiornato negli Stati Uniti dall'ottobre al dicembre 1935; Joséphine, partita nel medesimo periodo, lavora a New York in "Ziegfred follies"
e vive un periodo turbolento, che la vede separarsi da Pepito
Abatino; tornerà a Parigi soltanto nell'estate del 1936.
26
Valerio Casali (Roma, 1954), <valeriocasali@interfree.it>.
Laureato nel 1979, lavora come libero professionista con
studio in Roma e in Rieti. Convinto della continuità interdisciplinare del "pensare architettura" si occupa di
Architettura, Urbanistica, Restauro, Interni, Design, Grafica,
Fotografia. Ha studiato pianoforte e composizione sperimentale, è iscritto alla S.I.A.E. in qualità di compositore. Dal
1987 si dedica allo studio di Le Corbusier e in particolare
della città di Chandigarh. Nel 1999 ha realizzato la ricostituzione del Poème Electronique. Fa parte del comitato sci-
CASALI, JOSEPHINE BAKER
entifico della rivista Parametro; ha tenuto numerose conferenze in Italia e all'estero ed è autore di molti saggi su Le
Corbusier, tra i quali: "Le Corbusier: la nature comme
paysage", in: A.A.V.V., Le Corbusier et la nature, FLC, Paris,
1991, trad. it. in: Mondo Sabino, Rieti, 10 maggio 1997; "Le
Corbusier 1958: il Padiglione Philips e il Poème
Electronique", I Quaderni della Civica Scuola di Musica,
Milano, febbraio 1995; "Chandigarh 1995: réalité d'une
utopie", in: A.A.V.V., Le Corbusier: la ville, l'urba-nisme,
FLC, Paris 1995; "Le Corbusier, Giuliano Gresleri e il
Viaggio in Oriente", Parametro 214, Faenza, maggio/giugno
1996; "Chandigarh, realtà di un'utopia", Paesaggio Urbano,
Rimini, luglio/ottobre 1997; "La chiesa di St. Marie de la
Tourette", in: Giuliano Gresleri, Glauco Gresleri, Le
Corbusier: il programma liturgico, Compositori, Bologna
2001; "Le Corbusier, la musica, l'architettura", Parametro
234, Faenza, maggio/giugno 2001; "Le Corbusier und das
Meer" e "Le Corbusier und Venedig", in: A.A.V.V., Der Traum
von der Stadt am Meer, catalogo della mostra tenuta al
Museo di storia di Amburgo - Germania, 6 maggio / 5 ottobre 2003; "Monumenti nel Campidoglio", in: A.A.V.V.,
Chandigarh, una capitale e le sue architetture fra conser vazione e nuova espansione, Kappa, Roma 2003.
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