Accelerazione e modernità. Tempo e critica
in Hartmut Rosa
È da poco nelle librerie una delle analisi più lucide dei processi di accelerazione della nostra epoca. Stiamo
parlando di Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda-modernità (Einaudi) del
sociologo e filosofo tedesco Hartmut Rosa. È la prima traduzione italiana dell'opera di uno studioso fra i
più interessanti della nuova scena filosofico-sociologica tedesca.
di Giorgio Fazio
È da poco uscito nelle librerie italiane il libro Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella
tarda modernità del sociologo e filosofo tedesco Hartmut Rosa.1 Si tratta della prima traduzione italiana
dell'opera di uno studioso che si è attestato negli ultimi anni come uno degli esponenti più interessanti della
nuova scena sociologica tedesca e come l´autore di una delle analisi più lucide dei processi di accelerazione della
nostra epoca. Formatosi all'istituto per le Ricerche Sociale di Francoforte sul Meno durante gli anni della
direzione di Axel Honneth, Rosa insegna sociologia e scienze politiche all'Università Friedrich Schiller di Jena e
ricopre molti incarichi nel mondo accademico tedesco. Negli ultimi anni ha acquisito anche un ruolo non
trascurabile nel dibattito pubblico tedesco, divenendo una tra le voci critiche più interpellate dai media di ampia
diffusione. Questo suo ultimo libro costituisce una sorta di agile introduzione, pensata esplicitamente per un
pubblico di non addetti ai lavori, del percorso teorico che egli ha delineato nei volumi precedenti.2 Esso vuole
essere però anche una presentazione di quello che costituirà il programma di ricerca a cui si dedicherà nei
prossimi anni. Come Rosa dichiara nelle ultime pagine del testo, infatti, la sua ricerca si svilupperà nei prossimi
anni sempre di più nella forma di un´analisi delle nuove forme di alienazione che si stanno diffondendo nelle
nostre società: delle patologie sociali prodotte dai regimi disciplinari del tempo e dall'accelerazione,
apparentemente inarrestabile, dei ritmi delle nostre vite.
La tesi centrale dei lavori di Rosa è tanto radicale quanto, in realtà, non nuova nel panorama intellettuale
contemporaneo: le moderne società occidentali sono segnate in termini strutturali e costitutivi da processi di
accelerazione sociale.
Fin dal suo sorgere, sostiene lo studioso, la teoria sociologica si è affannata a trovare la chiave interpretativa più
adeguata, e quanto più possibile universale e onnicomprensiva, con cui descrivere e interpretare la logica del
processo di modernizzazione. Da Weber a Habermas il processo di modernizzazione è stato definito come un
processo di razionalizzazione, da Durkheim a Luhmann come un processo di differenziazione funzionale, da
Simmel a Ulrich Beck come un processo di individualizzazione, da Marx alla scuola di Francoforte, infine, come
un processo di reificazione e di mercificazione capitalistica. Ebbene, secondo Rosa, ciascuno di questi concetti,
sebbene capace di cogliere aspetti centrali del processo di modernizzazione, non ha saputo alla lunga porsi
all'altezza di due critiche fondamentali. Da una parte si è potuto accusare questi concetti di misconoscere il fatto
che il processo di modernizzazione non si lascia ridurre a uno sviluppo lineare e continuo, dal momento che esso
è stato segnato storicamente da discontinuità, eterogeneità, rotture e capovolgimenti. E a questo proposito, basta
pensare alla vicenda dei totalitarismi del Novecento, vero e proprio lato oscuro della modernità, eppure parte
integrante della sua dinamica. Dall'altra parte, queste chiavi di lettura hanno prestato il fianco all'accusa di un
latente etnocentrismo: di scambiare cioè determinati fenomeni culturalmente specifici delle società occidentali,
per termini di uno sviluppo universale. Come se tutte le società del mondo, nel loro “passaggio a Occidente”,
siano destinate a ripetere per intero un tracciato già definito e percorso in anticipo dalle società occidentali, e non
potessero invece sviluppare, ogni volta muovendo dal proprio retroterra storico-culturale, diverse modernità,
alternative e plurali.
La tesi di Rosa è che a queste due critiche fondamentali non si espone una teoria che individua il tratto
caratterizzante del processo di modernizzazione nell’accelerazione sociale. Questa chiave di lettura riesce ad
offrire un livello di astrazione capace di riuscire a dar conto di una logica di sviluppo unitaria nei processi di
modernizzazione, presente dietro l'eterogeneità e la molteplicità delle sue differenti fasi e forme di
concretizzazione. D´altra parte, essa permette di riconoscere come proprio questo processo sia tutt'altro che
lineare, ma invece produca reazioni e controreazioni, potendo iscriversi anche in diverse strutture materiali e basi
1
H. Rosa, Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernitá. trad. it.
di E. Leonzio, Einaudi, Torino 2015.
2
Si veda in particolare: H. Rosa Beschleunigung. Die Veränderung der Zeitstrukturen in der Moderne,
Suhrkamp Verlag, 2005. H. Rosa, W. Scheuerman, High-Speed Society: Social Acceleration, Power and
Modernity, Pennsylvania State University Press, 2008; H. Rosa, Weltbeziehungen im Zeitalter der
Beschleunigung: Umrisse einer neuen Gesellschaftskritik, Suhrkamp Verlag 2012.
culturali. Del resto, osserva Rosa, se si abbandonano per un attimo i testi dei classici del pensiero sociologico e si
volge l'´attenzione alle testimonianze più acute e inquiete della coscienza culturale della modernità, non si
tarderà a riconoscere come quest'ultima sia stata percepita fin dall'inizio proprio sotto il segno dell'accelerazione.
La sensazione che il tempo sia divenuta una risorsa scarsa, che tutto ciò che ha una durata temporale duri troppo
a lungo, che dobbiamo correre sempre più in fretta, per non perdere il treno che ora sta passando e che se preso
ci porterà verso un futuro diverso e migliore, segna ab origine l´esperienza temporale della modernità e la
percezione della sua discontinuità rispetto al passato. È stato Goethe, come è noto, uno dei primi a cogliere nella
velocizzazione la caratteristica saliente della Neuzeit, avvertendo criticamente come proprio la fretta,
l'accelerazione dei ritmi di vita e l´ansia di non stare al passo con tempi in mutamento abbia come rovescio
negativo l’impossibilità di vivere pienamente gli istanti fuggevoli del presente e di attingere il senso di una sorta
di eternità nella propria esperienza di vita.
Ma in realtà, alle origini del Moderno, la nuova percezione di un tempo accelerato e curvato verso il futuro,
legata a filo doppio alle esperienze della rivoluzione industriale prima e della Rivoluzione Francese dopo, non è
stata avvertita soltanto come un fattore di pervertimento dell'esperienza della vita e di allontanamento dalle sue
originarie fonti di senso. Ben diversamente, in questa nuova dimensione del tempo si è colta l'espressione del
progetto emancipativo della modernità.
A partire dalla seconda metà del settecento, e poi per tutto l´arco di tempo denominato dallo storico Reinhardt
Koselleck Sattelzeit, la storia ha iniziato ad essere per la prima volta temporalizzata e trasformata in un
“singolare collettivo”. Nei grandi affreschi di filosofia della storia dell'illuminismo francese, essa cessa di essere
percepita per la prima volta come la cornice, in sé stessa statica e permanente, in cui s´inscrivono diverse e
molteplici storie, tra le quali vigono leggi di analogia e ricorsività. La storia viene immaginata piuttosto come la
scena del progressivo dispiegamento del tragitto di emancipazione e di liberazione dell’Umanità, in quanto
soggetto ultimo e padrone della storia. La percezione del mutamento e dell'accelerazione dei tempi è inscritta
nell'attesa che il futuro stia per portare i frutti di qualcosa di completamente nuovo rispetto al passato. La rottura
dell'equilibrio tra lo spazio di esperienza e l’orizzonte di aspettativa è compensata da una comprensione
teleologica - e perciò in ultima istanza rassicurante della storia, che si nutre, per riprendere di nuovo le categorie
di Koselleck, di una temporalizzazione e futurizzazione dell´utopia.
Rosa si riallaccia esplicitamente a questa genealogia delle categorie temporali della modernità, messa a punto nei
lavori di Koselleck e della Begriffsgeschichte. Tuttavia batte su un punto fondamentale. Nel passaggio dalla
“modernità classica” alla “tarda modernità” in cui tuttora noi ci troviamo, la dominante esperienza culturale del
mutamento come processo orientato ad una fine e ad uno scopo ultimi, ossia la concezione della storia come
progresso, ha ceduto il passo alla percezione del mutamento come processo privo di orientamento e direzionalità.
Nella tarda modernità, l´accelerazione sociale è divenuta una sorta di coazione impersonale, svuotata di
orientamento normativo, che si presenta come una potenza obiettiva e impersonale, sfuggita al nostro controllo.
Essa divora gli immaginari, le istituzioni e le pratiche sociali delle nostre società, svuota dall'interno e disattiva
gli orizzonti normativi del progetto della modernità, e sottopone tutti ad un regime disciplinare del tempo, che
ubbidisce all'unico imperativo della fretta e della velocità.
Per Rosa, teorie come quella della “fine della storia” (Kojève), dell'“esaurimento delle energie utopiche”
(Habermas), dell'insolubile “cristallizzazione culturale” (Gehlen), non fanno che nominare, da angolature
diverse, questo passaggio epocale in cui si è consumato l’ingresso nella nostra contemporaneità. Simili metafore
hanno in comune la diagnosi di “una stasi paralizzante nello sviluppo interno delle società moderne, alimentata
dal sospetto che la loro apparente sconfinata apertura e il loro rapido cambiamento” siano in ultima istanza
soltanto schermi, dietro i quali si nasconde la inquietante realtà che “le strutture profonde delle nostre società
sono coinvolte in un impercettibile processo di irrigidimento”. Nel nostro tempo, si comincia a diffondere la
percezione che “benché nulla rimanga come è, nulla di essenziale si modifica più: dietro il paravento ricco di
colore si cela soltanto il ritorno dell'eternamente uguale”.
Da qui la tesi che la metafora che con più incisività riesce a restituire il passaggio che stiamo vivendo è quella
della “stasi frenetica”. E per Rosa, uno dei segni più rivelativi di questa “stasi frenetica” è l´irruzione di una
politica che dopo essersi disancorata da programmi temporali di lunga durata, legittima se stessa e alimenta il
senso della propria missione, ricorrendo in modo sistematico a immagini dromologiche, che insistono
sull'esigenza di accelerare i tempi, di abbreviare la durata dei processi decisionali, di non perdere il passo con i
tempi che mutano. Già come tale, simile linguaggio tradisce l'ingresso in un orizzonte post-democratico, un
esodo dalle strutture temporali della democrazia, che per sua natura ha bisogno di tempi lunghi e di processi
dotati di durata e stabilità. Ma al di là di ciò, in questa curvatura dromologica e futuristica della politica della
tarda modernità, va colta per Rosa l´espressione dell’esaurimento della stessa capacità di dominare realmente i
processi sociali e di imprimere su di essi un segno di autentica innovazione. Si tratta in altre parole della spia di
una capitolazione della politica rispetto alla logica dell'accelerazione, priva di senso e di scopo, che trova oggi il
suo principale motore di dinamizzazione nelle logiche sistemiche del capitalismo globalizzato.
Le tesi di Rosa non vogliono avere tuttavia nulla di sensazionalistico né tanto meno rielaborano semplicemente
percorsi di ricerca già sviluppati da altri, per esempio dal già citato Koselleck oppure da Paul Virilio in Francia.
Esse s’inscrivono piuttosto in un serio e articolato programma di ricerca che ha due obiettivi fondamentali: da
una parte, come si è già detto, quello di ripensare i fondamenti della teoria sociologica attraverso una nuova
teoria della modernità; dall'altra parte, quello di riformulare i compiti di una teoria critica capace di riattualizzare
l´insegnamento della prima scuola di Francoforte, attraverso una diagnosi delle patologie sociali contemporanee
che ponga al centro la questione di come fare a riappropriarci di una buona vita conforme alle nostre aspirazioni
più vere alla felicità.
Più determinatamente, il programma di ricerca di Rosa si lascia ricondurre a quattro movimenti fondamentali: A)
in primo luogo egli tenta di affinare e di scomporre analiticamente la categoria di accelerazione sociale, per
dimostrare come essa possa effettivamente fungere da criterio interpretativo della logica dei processi di
modernizzazione; B) La tappa successiva è quella di fare luce sulla genesi dei processi di accelerazione sociale e
sui motori che la alimentano; C) Egli compie quindi una diagnosi delle patologie sociali prodotte da questa
dinamica, e tenta di chiarire quali sono i presupposti normativi che rendono possibile operare simile critica. D)
Infine, dalla diagnosi, tenta di passare al problema delle alternative e delle vie di uscita che sono a nostra
disposizione.
Proviamo quindi a seguire con più attenzione le varie tappe di questo percorso teorico.
A) Il primo passo compiuto da Rosa è quello di mettere in guardia da improprie generalizzazioni. A ben vedere,
egli scrive, l´opinione secondo la quale nella società moderna tutto procede più velocemente a causa di
un´accelerazione universale dei processi sociali è ingannevole e falsa. Ingannevole perché lascia intendere che il
fenomeno dell'accelerazione è la manifestazione di un unico, uniforme processo. Falsa perché è del tutto
evidente che esistono molti aspetti che, al di là delle nostre intenzioni, non è possibile accelerare. Bisogna quindi
indagare innanzitutto in modo più approfondito la natura del processo di accelerazione e distinguere con più
precisione gli ambiti sociali in cui tali processi sono effettivamente rilevabili.
Rosa individua in questo senso tre dimensioni dell'accelerazione.
In primo luogo egli isola l´accelerazione tecnica e soprattutto tecnologica dei procedimento orientati a uno
scopo. Questa dimensione si registra soprattutto nei settori dei trasporti, delle comunicazioni e della produzione
di beni e di servizi.
In secondo luogo egli analizza la dimensione dell'accelerazione dei mutamenti sociali, ossia i cambiamenti
sempre più rapidi che investono i nostri modelli relazionali e le nostre pratiche sociali. Per mettere a fuoco
questa dimensione del fenomeno, Rosa analizza l´accelerazione dei tempi di trasformazione dei modi produttivi
e di diffusione sociale delle innovazioni tecniche. La radio, un´invenzione di fine Ottocento, ha impiegato 38
anni per raggiungere 50 milioni di ascoltatori; la televisione introdotta un quarto di secolo dopo ha ottenuto lo
stesso livello di diffusione in soli 13 anni, mentre dalla prima alla 50milionesima connessione internet sono
passati solo quattro anni. Inoltre, Rosa fa riferimento al modo in cui le relazioni personali, per esempio col
proprio partner, si avvicendano in modo sempre più rapido, o ancora al ritmo crescente in cui mutano posti di
lavoro e profili professionali. Tutti questi fenomeni vengono quindi ricondotti ad un fenomeno definibile come
“contrazione del presente”. Se il presente si lascia definire come il lasso di tempo di durata o di stabilità in cui
“spazio di esperienza” e “orizzonte di aspettativa” rimangono immutati, e in cui quindi è possibile ricavare dalle
esperienze pregresse chiavi orientative per il presente e per il futuro, allora la “contrazione del presente” si dà
quando questo periodo di durata e di stabilità si abbrevia, e i saperi pratici che orientano le nostre vita perdono
più velocemente validità. Un fenomeno, questo, che investe in ugual misura l´arte, la politica, la sfera familiare e
quella professionale e che raggiunge una soglia critica quando i fenomeni di contrazione del presente si
succedono con un ritmo che supera in velocità il passaggio tra generazioni.
Rosa si sofferma in terzo luogo sull'accelerazione dei tempi dei ritmi di vita. Con dati alla mano, egli mostra
come tutti attualmente, in un modo o nell'altro, cerchiamo di vivere più in fretta, aumentando il numero di azioni
ed esperienze per unità di tempo, oppure facendo più cose in meno tempo. Alla base di questa volontà di
accelerazione c´è il senso della mancanza di tempo, il fatto che il numero delle cose che vogliamo o dobbiamo
fare aumenta in maniera tanto veloce che il guadagno di tempo ottenuto grazie all'accelerazione della tecnica non
basta più. Si tenta di portare a termine più cose in un determinato lasso di tempo, di abbreviare o di eliminare del
tutto pause e tempi morti; oppure si tenta di fare simultaneamente più cose.
B) Compiuta questa articolazione, Rosa passa a chiedersi quali sono i motori di questa complessa e
pluridimensionale accelerazione che investe le nostre società e i nostri modi di vivere. A questo proposito muove
da un'osservazione assai pertinente. La crescente mancanza di tempo va evidentemente di pari passo con
l´accelerazione di innumerevoli processi, primi fra tutti i processi di accelerazione tecnica: i mezzi di trasporto
diventano più veloci, le informazioni possono essere trasmesse in tempi sempre più rapidi, le merci si producono
sempre più velocemente e infine le mode si avvicendano in termini sempre più rapidi. Eppure, proprio questi
processi non spiegano la sensazione diffusa di avere sempre meno tempo a disposizione. Se per coprire delle
distanze e per produrre dei beni abbiamo bisogno di minor tempo, dovremmo anche avere maggior tempo a
disposizione e quindi affrettarci meno. Da dove deriva quindi la nostra percezione di scarsità del tempo?
1) Per Rosa, quindi, se ci chiediamo quali sono i meccanismi che alimentano nella società moderna i processi di
accelerazione e di crescita, unendo l´uno con l´altro, la prima risposta la dobbiamo cercare nei principi fondanti e
nelle leggi del profitto dell'economia capitalistica. Rimane sempre vero il vecchio consiglio di Benjamin
Franklin ad un giovane mercante: “ricordati che il tempo è denaro”. Se il tempo di lavoro è un fattore essenziale
della produzione allora il risparmio di tempo è il mezzo più diretto e semplice per risparmiare costi e ottenere
vantaggi di competitività. D’altra parte, i principi del credito e degli interessi spingono gli investitori a
velocizzare non solo la produzione ma anche la circolazione e il consumo. Inoltre, per ottenere vantaggi
competitivi sulle altre aziende, è necessario riuscire a guadagnare un vantaggio temporale rispetto alle
innovazioni di processo e di prodotto. Ma fin qui si parla ancora e soltanto delle logiche sistemiche
dell'economia capitalistica. Il punto è che, osserva Rosa, nelle società moderne il principio della competitività
tende strutturalmente a colonizzare tutti gli ambiti della sfera sociale, divenendo il criterio dell'allocazione di
riconoscimenti, risorse, posizioni nella scala sociale. Questo vale nella sfera della politica, non meno che nella
scienza, o nell'arte e finanche nella religione e nella sfera dei rapporti sociali. Il tempo e la logica
dell'accelerazione sono parte quindi del modo generale di allocazione fondato sulla competizione. I concorrenti
devono investire sempre più energia per l´ottenimento della loro capacità di prestazione, fino al punto in cui
questo ottenimento non è più un mezzo per conseguire una vita autonoma ma è un fine in se stesso.
2) Gli attori moderni non sono però semplicemente vittime sacrificali della dinamica di accelerazione.
L´accelerazione è intrapresa anche a causa di una grande promessa culturale: nelle società secolari moderne,
scrive Rosa, l´accelerazione costituisce un equivalente funzionale della promessa della vita eterna.
Richiamandosi alla monumentale opera di Charles Taylor Età secolare, il sociologo spiega come le società
moderne sono secolari in quanto da un punto di vista culturale conferiscono alla vita prima della morte un
significato centrale e ultimativo. Nel mondo occidentale, i desideri, le aspirazioni e le speranze si dirigono in
generale alle domande, alle possibilità e al regno di questo mondo. La buona vita è, secondo questa concezione,
la vita piena, la vita cioè ricca di esperienze e di possibilità realizzate. E tuttavia, il mondo ha sempre di più da
offrire di quanto possiamo esperire nel lasso di un'unica vita. Le opzioni che si dischiudono superano le opzioni
che possiamo realizzare. L´accelerazione del tempo di vita sembra essere quindi la soluzione di questo problema:
chi vive più velocemente può realizzare più vite. Ma se la promessa eudaimonistica dell'accelerazione moderna
giace nell'implicita rappresentazione che l´accelerazione del tempo di vita costituisca la nostra risposta al
problema della finitezza e della morte, questa promessa non può mai essere rispettata: le stesse tecniche che ci
aiutano a risparmiare tempo conducono ad un'esplosione delle opzioni mondane.
3) Rosa è convinto però che l´accelerazione sociale nella tarda modernità sia divenuto ormai un sistema che si
alimenta da solo e che non rimanda più a motori esterni. Le tre diverse categorie della accelerazione tecnica,
dell'accelerazione dei mutamenti sociali e dell'accelerazione del tempo di vita, hanno dato luogo a un sistema di
retroazione che non ha più bisogno di spinte per mantenersi in vita. L´accelerazione tecnica porta
inevitabilmente una grande quantità di trasformazioni nelle pratiche sociali, nelle strutture di comunicazione e
nelle forme di vita. Quest'accelerazione ha delle inevitabili ripercussioni sui modelli d’interazione sociale e sui
nuovi modelli di costruzione delle identità sociali. Per cui l´accelerazione tecnica tende ad andare di pari passo
con l'accelerazione sociale. Ma d´altra parte, se quest'ultima conduce a una contrazione del presente, quest'ultima
a propria volta conduce ad un'accelerazione dei ritmi di vita.
Prima di passare all'analisi delle patologie sociali prodotte da queste tendenze e a porsi l'interrogativo su come
disattivare la logica totalitaria dell'accelerazione, Rosa compie una breve deviazione e si chiede se poi davvero
tutto nelle nostre società è sottoposto a un regime di accelerazione.
In realtà esistono tendenze al rallentamento che si oppongono alle dimensioni dell'accelerazione.
I. I tentativi di accelerazione si scontrano innanzitutto con limiti di velocità naturali, in primo luogo quelli
geofisici, biologici e antropologici, la cui durata è difficile, se non impossibile, manipolare. II.
Indipendentemente dai limiti di velocità esterni si trovano poi alcune oasi di “decelerazione” di tipo geografico,
culturale o sociale che finora sono state escluse, in parte o del tutto, dai processi di accelerazione della
modernità. III. In terzo luogo, Rosa nota come nella società moderna il rallentamento e l´arresto di movimento si
verificano spesso come conseguenza involontaria degli stessi processi di accelerazione. Si pensi a questo
proposito all'ingorgo stradale, oppure a una forma di decelerazione patologica come le sindromi depressive o di
burn out: disturbi che tendono ormai a essere ricondotti a reazioni disfunzionali alla spinta sociale
all'accelerazione. Dai fenomeni di decelerazione involontaria sono poi da distinguere quelli intenzionali, come
quelli messi in moto da movimenti sociali che hanno l'intenzione ideologica di decelerare o di rallentare la
società. V. Infine Rosa identifica i fenomeni di irrigidimento culturale e strutturale che appaiono
inestricabilmente legati alle manifestazioni dell'accelerazione.
La tesi del sociologo è che nessuno di questi fenomeni di decelerazione rappresenta una controtendenza di pari
grado nei confronti della dinamica accelerativa della modernità. I fenomeni catalogati nel punto I e II
rappresentano dei limiti attuali dell'accelerazione sociale, ma non rappresentano in alcun modo una controforza. I
rallentamenti descritti nella terza categoria rappresentano a loro volta le conseguenze dell'accelerazione sociale e
come tali sono ad essa riconducibili e secondari. La resistenza ideologica contro l´accelerazione sociale non
rappresenta una forza sociale autonoma, anzi si può definire parassitaria. Soltanto i processi d’irrigidimento
strutturale e culturale, compresi nella quinta categoria, non possono essere interpretati nei termini di semplici
fenomeni reattivi o residuali, e tuttavia, proprio questi fenomeni sono essi stessi un elemento fondamentale del
processo di accelerazione.
C) L´analisi delle patologie sociali prodotte dai processi di accelerazione viene svolta da Rosa rivisitando la
categoria di alienazione. Già Marx aveva sostenuto che il processo di produzione capitalistico conduce
necessariamente a diversi tipi di alienazione: l´alienazione rispetto all´attività lavorativa, rispetto ai prodotti del
proprio lavoro, rispetto agli altri uomini e rispetto alla propria stessa essenza umana. Per Rosa, è necessario
riformulare questa critica dell'alienazione e reinscriverla in un´analisi dei rapporti temporali della tarda
modernità, dopo averla sganciata però dal suo riferimento esclusivo al mondo della produzione e dopo averla
svincolata da ogni ipoteca essenzialistica e metafisica.
I regimi temporali delle nostre società conducono innanzitutto a un´alienazione dallo spazio, a una perdita
d’intimità nei confronti degli ambienti che ci circondano, che per questo diventano non-luoghi, secondo la nota
formula di Marc Augé. L´innovazione continua dei prodotti e i dikat di una società consumistica conducono poi
ad un'alienazione dalle cose, che perdono reale valore e non restituiscono più il senso della propria continuità
biografica. Ma il soggetto della tarda modernità è anche un soggetto distratto e diseducato a investire il proprio
tempo in attività lunghe, che richiedono concentrazione. E´ sviato sistematicamente da tutta una serie di input
esterni che lo deviano rispetto a ciò che pure si propone di fare. Il risultato è che alla fine vede indebolirsi la
capacità stessa di riconoscere ciò che realmente vuole, desidera e a cui aspira: è un soggetto quindi alienato dalle
proprie azioni. Per Rosa, inoltre, i modelli abbreviati, segmentati e puntuali di esperienze che governano le
nostre vite conducono a forme di alienazione dal tempo. Si fanno tante singole esperienze, ma si è portati a
perdere l´abitudine ad esperienza durature e qualitativamente intense, capaci di imprimersi realmente sulla
propria storia, forgiando il senso della propria identità. Infine, se è vero che la nostra identità personale si forma
e si stabilizza nelle relazioni sociali che abbiamo con gli altri e nei rapporti che riusciamo a istituire con ciò che
più ci sta a cuore, la crescente instabilità delle relazioni sociali, l´isolamento digitale delle nostre vite,
l´insicurezza nei confronti di ciò che per noi è importante conduce necessariamente a forme di disturbo nei
rapporti con sé stessi: a forme di alienazione da sé stessi. Se il mondo diventa per noi freddo, distante, oggettivo,
ostile, svuotato di ogni risonanza, è lo stesso rapporto con noi stessi che viene danneggiato e impoverito.
L'alienazione dal mondo e l´alienazione da se stessi non costituiscono due distinte patologie ma due facce della
stessa medaglia.
D) Dopo aver criticato in modo così radicale i rapporti temporali della tarda modernità, Rosa per la verità non
chiarisce adeguatamente, nel libro Accelerazione e alienazione, quali sono le terapie che lui ha in mente per
superare lo stato di “stasi frenetica” e di atomizzazione compulsiva che governano le pratiche sociali della tarda
modernità. In altri lavori, tuttavia, il sociologo non fa mistero che per lui la via maestra per disattivare le logiche
dell'accelerazione sociale e per restituire ai soggetti potere sulle proprie vite e sui contesti che determinano le
loro esistenze, è quella di una democratizzazione radicale delle pratiche sociali in cui siamo immersi, che muova
da una messa in questione pubblica delle norme etiche che governano tacitamente le nostre società. Si tratta per
Rosa di dare avvio a una radicale “ripoliticizzazione discorsiva e democratico-partecipativa” della questione dei
valori e delle idee di realizzazione umana che orientano le nostre vite. Nelle odierne società occidentali, liberali
sotto il profilo politico e capitalistiche sotto quello economico, la questione dei valori e delle scelte etiche è per
definizione confinata nello spazio privato delle scelte dei singoli, sulla base del principio secondo cui ciascuno
deve essere libero di poter scegliere autonomamente la vita che vuole vivere. Ma in realtà, siamo inseriti in una
società dove vige un fortissimo “paternalismo etico” che ci spinge surrettiziamente ad abbracciare ben
determinati modelli valoriali e ben determinati idee di autorealizzazione umana, con le relative prassi e forme di
vita. Modelli e idee che guarda caso sono funzionali ad alimentare le risorse motivazionali grazie alle quali il
sistema della produzione e del consumo capitalistico può continuare a girare e a legittimarsi. Per non ridurci al
ruolo di isolati produttori e consumatori, che compressi da ritmi di vita insostenibilmente accelerati, sono sempre
sull'orlo di cadere in spirali depressive e in fenomeni di burn out, occorre allora innanzitutto fermarsi e chiederci
quali sono i criteri valoriali che orientano le nostre vite, chi decide su di essi, e se veramente crediamo
banalmente che la felicità possa essere raggiunta da soli e in competizione con gli altri.
Ma l´obiettivo di questo processo di ripoliticizzazione democratica delle questioni etiche non é quello di
sostituire un paternalismo etico con un altro: rimane piuttosto la realizzazione effettiva della più ampia
autonomia individuale e collettiva sui modi in cui dare forma alle nostre vite e decidere, individualmente e
collettivamente, chi realmente vogliamo essere. Ed è solo elevandosi all'altezza di questi interrogativi di fondo
che una politica democratica può davvero ripartire e contrastare l'egemonia culturale che impera nelle nostre
società.