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OsservaziOni sull’architettura
templare della sicilia ellenistica.
per una rilettura dei dati1
par Leonardo Fuduli
Observations sur l’architecture des temples de la Sicile
hellénistique. Pour une relecture des données
Riassunto. – I dati derivanti dalle indagini archeologiche
dell’ultimo decennio relative all’architettura templare della
Sicilia di età ellenistica inducono a riconsiderare in una
veduta d’insieme il quadro delle conoscenze su un argomento
spesso trascurato negli studi. Quello che veniva considerato
un periodo di decadenza mostra un’attività costruttiva che
non si arresta dopo il iv sec. a.C. ma prosegue, seppur con
forme peculiari, senza soluzione di continuità. In quest’ambito trovano attestazione quei fenomeni già noti in tutto
il mondo greco quali il ridimensionamento dell’impiego
dell’ordine dorico e della costruzione di ediici con peristasi;
quest’ultimo probabilmente anche dettato dalle esigenze costruttive delle singole città che in più casi già disponevano di
altri ediici di culto. Pochissime sono le testimonianze relative alla decorazione architettonica degli ediici; questa non
manca di mostrare tratti di originalità evidenti nel cosiddetto
kyma ieroniano che può essere considerato una creazione
locale di gusto retrospettivo. Altrettanto complessa risulta
l’identiicazione dei culti praticati in tutti gli ediici, su molti
dei quali, infatti, esiste un dibattito ancora aperto che attende
ulteriori indagini archeologiche per essere meglio deinito.
Résumé. – Les données issues de la recherche archéologique de cette dernière décennie sur l’architecture des
temples de la Sicile hellénistique poussent à tenter une
nouvelle synthèse sur cette question habituellement négligée. Alors qu’on y voit une période de décadence, en réalité la construction n’a pas cessé après le ive s. av. J.-C. et
elle a continué sans interruption, sous des formes particulières. Dans ces temples sont attestés des traits remarqués
dans tout le monde grec, comme de nouvelles dimensions
pour l’ordre dorique et le déclin des temples périptères,
ce dernier trait étant peut-être à mettre en rapport avec
les besoins propres à chaque cité, sachant que beaucoup
disposaient déjà d’édiices religieux en fonction depuis les
siècles précédents. Mais on connaît peu de choses sur le
décor architectural des édiices, alors qu’il ne manque pas
d’originalité, comme le montre la moulure appelée kyma
hiéronien, qui peut être considérée comme une création
locale inspirée de modèles antérieurs. L’identiication
des cultes pratiqués dans chacun des édiices est débattue, dans l’attente de nouvelles trouvailles qui permettent
de trancher.
Parole chiave. – Mondo Greco. Sicilia. Architettura templare. Decorazione architettonica. Culti. Ierone. iii sec. a.c.
Mots clés. – Monde grec. Sicile. Architecture des temples.
Décor architectural. Culte. Hiéron. iiie s. av. J.-C.
Remarks on Hellenistic temple architecture in Sicily:
new data
world. The peripteral temples known in Sicily are only two
or three, probably due to the continued use of earlier buildings. Unfortunately, there is a lack of data for the architectural decoration, which, to judge from such elements as the
‘Hieronian cyma’ — a local creation looking back to earlier
models — displayed considerable originality. The identity
of the deities worshipped is hotly debated. Unless new data
become available from new research, the question must
remain open.
Abstract. – Data arising from research on the Hellenistic
temples of Sicily over the past decade require for a new
synthesis on this commonly neglected topic. Generally,
Hellenism in Sicily has been considered as a period of
decline in temple architecture. However, analysis of the evidence shows construction of several new temples without
any interruption from the 4th cent. BC on. In them we see
the reshaping of the Doric order and decline of the peristasis-temple, which also occur in other parts of the Greek
1. Il presente contributo è frutto della rielaborazione di una
tesi di specializzazione in Archeologia Classica discussa nel 2008
presso la Scuola di Specializzazione in Archeologia Classica e
Medievale ‘D. Adamesteanu’ dell’Università del Salento sotto
la guida del prof. Francesco D’Andria che ringrazio per avermi
seguito. L’argomento si inserisce nell’ambito di una più ampia
ricerca sull’architettura della Sicilia ellenistica dell’équipe dell’Università di Messina coordinata dal prof. Lorenzo Campagna a cui va
il mio ringraziamento per avermi seguito nello studio con suggerimenti preziosi. Esprimo profonda riconoscenza al Prof. Clemente
Rev. ARch. 2/2015, p. 293-345.
Keywords. – Greek World. Sicily. Temple Architecture.
Architectural decoration. Worship. Hieron. 3rd cent. bc.
Marconi della New York University per le fruttuose conversazioni
sull’argomento e gli utili consigli; alla Soprintendenza di Messina
nelle persone della Dott.ssa Gabriella Tigano, dirigente responsabile U.O.X per i BB. Archeologici, della dottoressa Assunta
Sardella per avermi consentito l’accesso ai materiali di Alesa e
S. Marco D’Alunzio, dell’Arch. Rocco Burgio per il suo indispensabile supporto tecnico per la rielaborazione delle immagini. Un
sentito grazie anche al Dott. Francesco Muscolino della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia per l’interesse e
la disponibilità dimostratami nel corso dello studio.
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L’analisi degli ediici templari realizzati nella Sicilia ellenistica costituisce un’occasione di
studio di estremo interesse di un ambito scientiico ancora poco noto. Anche a un rapido sguardo
della letteratura si evidenzia il carattere selettivo e fortemente episodico degli studi, nei quali sono
stati privilegiati gli aspetti relativi agli ediici di età arcaica e classica, più monumentali e meglio
conservati escludendo talvolta dalle storie dell’architettura greca dell’isola i templi di età successiva perché ritenuti di poco conto, probabilmente per le dimensioni, o perché appartenenti a una
fase considerata di decadenza. Ciò ha fatto in modo che per decenni il punto di riferimento per
chi si accingesse a studiare uno di questi templi fosse rappresentato esclusivamente delle opere
fondamentali ma piuttosto distanti nel tempo di Koldewey e Puchstein2, del duca di Serradifalco3,
di Hulot e Fougères4, di Hittorff e Zanth5. Dopo la pubblicazione degli anni 1960 del Tempio
dell’agorà di Megara Hyblaea, infatti, solo l’ultimo ventennio ha visto una ripresa delle ricerche
sui monumenti e degli studi relativi, anche alla luce del cresciuto interesse in tutto il mondo greco
verso l’Ellenismo; tutto ha condotto in molti casi all’inizio di indagini archeologiche e alla pubblicazione di contributi scientiici che aprono degli interessanti scenari sulla questione, come nel caso
degli scavi dell’Asklepieion di Agrigento da parte della Soprintendenza di competenza, dell’Università di Zurigo a Monte Iato, della New York University sull’acropoli di Selinunte, dell’Università di
Messina presso il Tempio Periptero di Taormina.
Il presente contributo si propone una rilettura dei dati noti, che saranno completati da quelli
di recente acquisizione, quindi un esame di tutti gli aspetti connessi con l’architettura templare
ellenistica: planimetrici, decorativi, cronologici, cultuali.
L’obiettivo è quello di fornire un quadro quanto più chiaro possibile relativo ai dati archeologici di cui attualmente si dispone, che rappresentano di certo il punto di partenza per condurre
nuove e approfondite indagini sugli ediici già noti.
I l t e M P I o g Re c o I n età ellenIs t IcA : A s Pet t I e PRo b leM I PeR un quAdRo
ge n e RA l e d I RI f e RI M ento
L’approssimarsi dell’età ellenistica segna l’avvio di una nuova stagione per l’architettura templare greca, che, pur sviluppandosi dalle imprescindibili premesse delle età precedenti, durante le
quali i principali ordini architettonici avevano ricevuto canonizzazione, conosce signiicativi mutamenti. In questi è possibile distinguere tra quei fenomeni, quali, ad esempio, le modiiche apportate al
tempio dal punto di vista planimetrico o in relazione al diverso uso degli ordini, che sono ravvisabili
più generalmente in tutto il mondo ellenistico, e quelli, invece, che possono evidenziarsi solo su scala
regionale.
Già dalla ine del iv sec. a.C. si osserva macroscopicamente una sensibile riduzione del
numero di ediici di nuova costruzione con peristasi, che coinvolge tutto il mondo greco ellenistico6:
2. Koldewey, Puchstein 1899.
3. D. lo FAso PietRAsAntA di seRRAdiFAlco, le antichità
della sicilia esposte ed illustrate, I-V, Palermo, 1838.
4. hulot, FougèRes 1910.
5. hittoRFF, ZAnth 1870.
6. dinsmooR 1950, p. 271, da ultimo v. hellmAnn 2006,
p. 96 s. Per una trattazione del problema relativo al periptero
dorico in età tardo-classica v. Knell 1983, p. 228-233.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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la città, infatti, non sembra manifestare più interesse nella costruzione di templi monumentali, ma
nella realizzazione di ediici che assolvono a funzioni pratiche come quelli per lo spettacolo o per
l’educazione, o imponenti opere difensive7, rispetto alle quali i templi costruiti si presentano di
minore impegno, soprattutto se confrontati con i precedenti di v-iv sec. a.C.
Ciò si evidenzia particolarmente nella Grecia continentale, dove, a differenza dell’età arcaica
e classica, durante le quali il tempio periptero era stato protagonista dell’edilizia templare, in età
ellenistica non si conoscono templi con peristasi di nuova realizzazione, se si eccettuano alcuni
casi per i quali esistono spiegazioni ben precise: tra questi si colloca l’Asklepieion di Messene8 e il
Poseidonion di Tino9, che appaiono strettamente legati a ediici tardoclassici dai quali probabilmente
traggono ispirazione, e l’olympieion di Atene, anch’esso di antica tradizione, che, date le dimensioni
(110 x 44 m), si colloca in linea con i grandi dipteri di età arcaica.
Il fenomeno non è isolato: esso, infatti, appare riscontrabile anche in altre regioni del mondo
ellenistico. Non sono noti ediici con peristasi in Occidente, a esclusione del tempio di Apollo Aleo
di Crimisa10 e di quello dell’Odeon di Taormina11, in Egitto, salvo qualche ediicio la cui interpretazione è dubbia12, in Cirenaica con l’eccezione del II Apollonion di Cirene, tempio della ine
del iv sec. a.C., per altro dalla planimetria molto particolare, e del tempio tardo-ellenistico di Ras
el Mseied13.
Dinamiche peculiari e più articolate nel panorama dei regni ellenistici sono tracciabili per
l’Asia Minore, in particolare sul versante occidentale, dove accanto a un conservatorismo che
caratterizza soprattutto la fase del primo ellenismo, si evidenziano fermenti nuovi per lo più legati
all’opera di singoli architetti: i templi peripteri, realizzati nel corso del iii sec. a.C. in questa regione
del mondo greco, si inseriscono, infatti, nel quadro della ripresa di alcune fabbriche tardo-classiche
(Artemision di Efeso; didymaion di Mileto, Apollonion di Klaros)14.
7. hellmAnn 2006, p. 97.
8. Per uno studio recente del tempio e la bibliograia relativa v. e. sioumPARA, der Asklepios-tempel von Messene auf der
Peloponnes, untersuchungen zur hellenistischen tempelarchitektur
(Athenaia, 1), München, 2011, p. 25 s.
9. Per l’analisi completa delle strutture del tempio v.
R. Étienne, J.-P. bRAun, ténos, le sanctuaire de Poséidon et
d’Amphitrite, I (bÉfAR, 263), Paris, 1986.
10. meRtens 1983, p. 223 s. e da ultimo meRtens 1993,
p. 66 s. La pianta periptera del tempio di Apollo a Cirò sembra però essere dettata dalla volontà di legarsi alla tradizione:
la ricostruzione ellenistica si pone, infatti, in linea con la
pianta del tempio arcaico, del quale vengono parzialmente
riutilizzate le fondazioni e, probabilmente, ripetute le partizioni interne. Il risultato è un tempio che presenta una planimetria molto vicina ad esempi sicelioti di vi sec. a.C., per la
dilatazione dello spazio che precede il pronao, profondo quattro intercolumni, e nel quale si colloca un ilare di colonne
all’altezza della terza colonna sui lati lunghi (meRtens 1993,
p. 66, 80). Al conservatorismo della pianta si contrappone
una decorazione dell’epistilio tipicamente ellenistica, parzialmente ricostruibile sulla base dei pochi frammenti superstiti,
che costituisce al momento l’unico elemento utile per datare
l’ediicio al 300 a.C. ca. meRtens 1993, p. 79, sottolinea inoltre come il conservatorismo dell’ediicio non si ravvisi solo
nella scelta planimetrica, ma anche nel sistema costruttivo,
per la separazione tra il geison e la sima lavorati in maniera
distinta, e nel rigido sistema proporzionale che regola gli elementi dell’epistilio.
11. Tra gli interventi di età ellenistica che interessano la trabeazione di un tempio con peristasi, ediicato però in età classica, si ricorda il restauro del tempio dei Dioscuri in Agrigento
cfr. sydow 1984, p. 276, cat. n. 28, tav. 87, 1.
12. PensAbene 1993, p. 75-76.
13. stucchi 1975, p. 92 s., ig. 82-84, tav. I, 12; II.
14. lAuteR 1999, p. 171. Sul tempio tardo-ellenistico di
Klaros v. J.-ch. moRetti, «Le temple d’Apollon à Claros: état
des recherches en 2007», RA, 2009/1, p. 162-175.
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È da questo quadro, ancora strettamente legato alla tradizione, che emergono igure preminenti
quali Pytheos15 con le sue innovazioni nel sistema dei rapporti proporzionali16 ed Hermogenes di
Alabanda (ine iii - inizio ii sec. a.C.)17 con la creazione del tempio pseudodiptero18.
Pertanto, il quadro del mondo greco-ellenistico che ne emerge è fortemente composito, caratterizzato da una parte da importanti innovazioni introdotte proprio nell’ambito dello sviluppo del
tempio periptero in Asia Minore e dall’altra da un generale e sensibile decremento della costruzione
di ediici con peristasi. Quest’ultimo è forse da leggere in connessione con un altro dato numericamente evidente, costituito da una altrettanto consistente riduzione dell’impiego dell’ordine dorico
nell’architettura templare che ha la sua origine già in età tardo-classica.
La ‘crisi’ dell’ordine dorico deriva non dall’attività di un architetto in particolare ma da un
cambiamento delle esigenze costruttive, che ha le sue premesse nel secolo precedente19. Secondo
Knell il maggiore peso dato al prospetto principale20, già in alcuni ediici di v sec. a.C., costituisce
l’inizio del declino del periptero dorico, cui si aggiunge l’interesse rivolto verso impianti sempre più
complessi e strutturati a terrazze, all’interno dei quali il tempio, con la sua sola fronte, costituisce
un elemento scenico: pertanto i nuovi tipi costruttivi, i nuovi culti e i principi estetici del tempo sanciscono la ine di questo tipo di ediicio che verrà riproposto molto di rado in nuove costruzioni e
solo con un’intenzionalità ben precisa21. Meno peso viene dato dallo studioso ai problemi derivanti,
nell’impiego dell’ordine dorico, dalla sua rigidità, come il ‘conlitto angolare’, ritenuto in studi precedenti la causa principale del declino dell’ordine stesso in età ellenistica22.
Un’altra ipotesi, che non esclude quella appena ricordata, viene formulata da Hans Lauter, il
quale sostiene che l’abbandono del tempio periptero, in favore di ediici dalla pianta più semplice,
abbia una spiegazione di tipo funzionale: la dimensione del tempio appare, infatti, sproporzionata
alla sua funzione di casa della divinità, e non della comunità, motivo per cui la costruzione di
ediici esageratamente grandi viene razionalmente scartata. Il ridimensionamento del tempio va a
15. Vitr., I, 1,12. Su Pytheos v. dinsmooR 1950, p. 221 s.;
hoePFneR, schwAndneR 1994, p. 193 s.; moReno 1965,
p. 576-577; P. PensAbene, P. bARResi, «La igura di Piteo
architetto tra Priene, Vitruvio e Labraunda», g. ciottA (ed.),
Vitruvio nella cultura antica, medievale e moderna, I, Genova,
2003, p. 188-211; sul tempio di Atena a Priene v. hoePFneR,
schwAndneR 1994, p. 157-158, ig. 153-154; hoePFneR
1990, p. 12 s., ig. 17; w. Koenigs, «The Sanctuary of Athena
Polias», Fr. Rumscheid (ed.), Priene. A guide to the “Pompeii of
Asia Minor”, Istanbul, 1998, p. 106-139; per il tempio di Zeus
a Labraunda v. hoePFneR, schwAndneR 1994, p. 192-195;
P. hellstRöm, A guide to the Karian sanctuary of Zeus
labraundos, Istanbul, 2007, p. 111-118.
16. moReno 1965, p. 576; l’architettura del mondo antico, p. 116.
17. Su Hermogenes v. P. gRos, «Le dossier vitruvien d’Hermogénès», MÉfRA, 90, 1978, p. 678-703; hoePFneR 1990;
lAuteR 1999, p. 171-174; l’architettura del mondo antico, p. 149 s.
18. lAuteR 1999, p. 173. Il tempio pseudodiptero, che
viene canonizzato da Hermogenes in età medio-ellenistica,
è preceduto da alcuni esempi di età tardoclassica, isolati ma
signiicativi, quali lo smintheion di Troade e il tempio di Eresos
a Lesbo, per questi e per la bibliograia relativa v. A. c. öZgünel, «Ilyada destani ışığında Apollon Smintheus tapınağı»,
N. ÖZgünel, smintheion Apollon smintheus’un izinde, Istanbul,
2013, p. 29-75; th. schulZ, «Vergleich der Pseudodipteroi
– Aufbau und Konstruktion», th. schulZ (ed.), dipteros und
Pseudodipteros. bauhistorische und Archäologische forschungen,
Internationale tagung 13.11 – 15.11.2009 an der Hochschule
Regensburg (byzas, 12), Istanbul, 2012, p. 165-177.
19. Il problema è già posto da dinsmooR 1950, p. 271;
v. anche Knell 1983, p. 203 s.
20. Il maggiore risalto dato, secondo Knell, al prospetto
principale del tempio può ritenersi la causa del ridimensionamento del ruolo dell’opistodomo nell’ordine dorico, così come
in quello ionico, già ravvisabile nella prima metà del iv sec. a.C.
— tempio di Asclepio ad Epidauro — cfr. Knell 1983, p. 203 s.;
da ultimo hellmAnn 2006, p. 96-97. Per gli aspetti legati alla
fruizione del tempio in età ellenistica v. hesbeRg 1994.
21. Tra questi il tempio di Athena a Ilio, un periptero esastilo
dorico realizzato durante il regno seleucide con la precisa intenzione di porre in diretta continuità con il passato Ilion sede del
Koinon (Rumscheid 1994, p. 145 s.; c. b. Rose, «Ilion», W. RAdt,
stadtgrabungen und stadtforschung im westlichen Kleinasien, Internationales symposion 6./7. August 2004 in bergama, türkei [byzas,
3], Istanbul, 2006, p. 135-157) e il tempio di Athena Polias a Pergamo, che costituisce una chiara ripresa del culto della dea di
Atene, che si manifesta anche nella forma esterna dell’ediicio, un
periptero esastilo dorico (RAdt 2011, p. 159 s.).
22. d. s. RobeRtson, greek and roman architecture, Cambridge, 1976, p. 110.
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vantaggio di un’armonizzazione con la statua di culto la quale si trova direttamente proporzionata
alla cella, a differenza dei colossi idiaci di età classica23.
Il fatto che pochissimi templi peripteri vengano realizzati in età ellenistica non corrisponde
tout court a un decremento dell’edilizia templare24; questa, infatti, nel mondo greco tutto appare
comunque proliica, caratterizzandosi però con il predominio di ediici di minore impegno e dimensioni notevolmente ridotte, dalla pianta in antis o prostila, per lo più tetrastila. Si tratta sostanzialmente della ripresa di un tipo di pianta semplice che nasce dallo sviluppo dell’oikos e che si
incontra ininterrottamente a partire da età protoarcaica25; ma ciò che costituisce un elemento di
novità rispetto alle epoche precedenti, è il fatto che simili ediici vengono eretti anche per i culti
più importanti (santuari di Atena a Lindos e Zeus a Magnesia) e anche nelle città ellenistiche di
recente fondazione26.
Se la notevole diffusione che, in continuità con il passato, conosce il tempio distilo in antis
rispecchia pienamente i nuovi orientamenti ellenistici, avendo il vantaggio di mettere l’accento
sul prospetto principale (tempio di Iside del serapieion C di Delo)27, il tipo più frequente, da
oriente a occidente, è quello del tempio prostilo, nella grande maggioranza tetrastilo28, al quale
appartengono, ad esempio, i templi delle agorai di Priene e Magnesia, rispettivamente dell’inizio
del iii sec. a.C. e del ii sec. a.C. e sicuramente dedicati a Zeus, esempio di come alla massima
divinità olimpica, per altro in un luogo-chiave della città, venga innalzato un tempio dalle dimensioni piuttosto modeste29.
Il Tempio di Zeus Sosipolis nell’agorà di Magnesia è un prostilo tetrastilo ionico con opistodomo in antis, forse per la presenza di un culto secondario praticato nello stesso ediicio; esso è stato
attribuito a Hermogenes ed è da considerare come esempio di eustylos secondo la classiicazione
vitruviana30. Il Tempio di Priene è, invece, prostilo tetrastilo ionico privo di opistodomo, con il muro
di fondo della cella decorato esternamente da lesene angolari, una consuetudine molto diffusa
negli ediici di piccole dimensioni di età ellenistica; esso mantiene un rapporto, tra diametro della
colonna e intercolunnio, di 1:2 così da poter essere considerato un systylos31.
Una considerazione a parte, per la planimetria adottata, merita il Tempio L di Epidauro32,
un prostilo tetrastilo degli inizi del iii sec. a.C. nel quale l’utilizzo dell’architettura a semicolonne
su muro continuo, tipicamente ellenistico, combinato con una fronte prostila trova una delle sue
23. lAuteR 1999, p. 177 s.
24. L’opinione di una riduzione dell’attività edilizia in età
ellenistica appare piuttosto diffusa negli studi (R. A. tomlinson, «The Doric order. Hellenistic critics and criticism», JHs,
83, 1963, p. 133-145; PensAbene 1993, p. 77), anche se non
del tutto condivisibile: la realizzazione di ediici templari,
seppur di minore impegno costruttivo ed economico, appare
testimoniata in tutto il mondo greco.
25. La costruzione di ediici del tipo a oikos semplice, chiuso
sulla fronte dai risvolti delle ante, senza impiego di colonne pone
problemi circa la corretta interpretazione delle loro funzioni, in
più di un caso non del tutto chiara. Per la problematica generale
v. lAuteR 1999, p. 176. A titolo di esempio è possibile citare
alcuni casi in cui non è chiara la funzione degli ediici Y e Ω a
Epidauro [Roux 1961, p. 279-284, ig. 80-82] o come gli oikoi
del santuario di Apollo a Cirene [stucchi 1975, p. 53, ig. 41].
26. La casistica di ediici similari è molto vasta, anche se
mancano, salvo per alcune regioni — Argolide, Cirenaica,
Egitto — o per singoli monumenti, studi speciici nei quali
la problematica viena affrontata. Per il tempio di Magnesia
v. infra, n. 29; per il tempio di Athena a Lindos v. e. dyggve,
lindos: fouilles et recherches. 1902-1914 et 1952. iii : le sanctuaire
d’Athana lindia et l’architecture lindienne, 1, 2, Berlino, 1960,
p. 81 s.
27. Roussel 1915-1916, ig. 10; bRuneAu, ducAt 2005,
p. 227, ig. 82 e da ultimo siARd 2009.
28. Per un’ampia casistica v. hellmAnn 2006, p. 101.
29. Per il tempio di Zeus a Magnesia v. hoePFneR 1990,
p. 20-23, ig. 30-32, da ultimo o. bingöl, Magnesia am Mäander. die stadt von Artemis mit weissen Augenbrauen, Istanbul,
2007, p. 109-113; per il tempio di Zeus a Priene v. hoePFneR,
schwAndneR 1994, p. 158-167, ig. 156.
30. hoePFneR 1990, p. 20-23, ig. 30-32.
31. R. mARtin, Architettura greca, Milano, 1980, p. 174;
hoePFneR, schwAndneR 1994, p. 158-167, ig. 156.
32. V. infra, n. 147.
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prime e compiute applicazioni: la cella presenta, infatti, semicolonne addossate alle pareti esterne
e tre quarti agli angoli di questa33.
Se l’impiego di simili architetture cieche nell’edilizia templare in età ellenistica si riscontra in
pochi casi, basti pensare ai templi A e B del letoon presso Xanthos34 e all’Asklepieion di Agrigento35,
diversamente a Roma conoscerà una grande applicazione in numerosi ediici a partire dal ii sec. a.C.36.
Da quanto sin qui analizzato l’architettura templare di età ellenistica si inserisce perfettamente nell’ambito di quella ‘architettura delle facciate’ che è tipica del periodo37, non senza l’impiego di elementi architettonici che concorrono a questa deinizione quali podi e rampe38.
Il podio è un elemento che viene utilizzato, non in maniera diffusa, in alcuni ediici templari
dell’Asia Minore, come ad esempio il santuario di Dioniso a Thasos o il tempio di Mamurt Kaleh:
esso contribuisce, oltre che a sollevare, a isolare l’ediicio nello spazio circostante, spesso ottenendo
effetti di carattere scenograico39.
Per superare il dislivello che viene a crearsi per l’impiego di una simile struttura vengono utilizzate rampe di gradini poste sulla fronte; non si tratta di un elemento innovativo, dal momento che
l’utilizzo di rampe si riscontra anche nei templi di età arcaica e classica, ma quello che segna una
differenza rispetto al passato è dato dal fatto che queste strutture, mentre nelle epoche precedenti
presentavano una modesta inclinazione e delle dimensioni piuttosto ridotte, tendono a occupare
tutta la larghezza della facciata conferendole un ulteriore accento, da leggersi alla luce di quei cambiamenti cui si è prima accennato40.
I l te M P I o gRe co n e l l A s IcIlIA ellenIs t IcA
GLI EDIFICI TEMPLARI DELLA SICILIA TRA L’ETà CLASSICA E L’ELLENISMO
Un aspetto non trascurabile nello studio dell’architettura templare, preliminare a quello che
seguirà nelle prossime pagine, è rappresentato da un esame delle poche testimonianze dell’uso in
età ellenistica degli ediici realizzati nel v sec. a.C., costituite da interventi di restauro e di adeguamento alle nuove esigenze41.
33. Roux 1961, p. 223-252, tav. 64-66; lAuteR 1999,
p. 175-176.
34. hellmAnn 2006, p. 100, ig. 122; per il tempio di Leto
v. da ultimo hAnsen, le Roy 2012, p. 99 s.
35. Non è in alcun modo accertabile la ricostruzione
proposta da Koldewey, Puchstein 1899, p. 185-186 s.,
ig. 164-165, per il serapeion ellenistico di Taormina, accolta
anche da dinsmooR 1950, p. 270, v. cat. n. 10.
36. Gli esempi in merito sono numerosissimi a partire dal
tempio di Portunus nel Foro Boario (seconda metà del ii sec.
a.C.) ino ad uno degli esempi più famosi di età imperiale
quale la Maison Carrée di Nîmes v. J.-P. AdAm, le temple de
Portunus au forum boarium (coll. ÉfR, 199), Roma, 1994;
gRos 2001, p. 154 s.; v. anche l’architettura del mondo antico,
p. 217-218.
37. Questa deinizione (“Architektur der Fassaden”) è in
hesbeRg 1994, p. 53 s., il quale analizza in maniera dettagliata
tutti gli elementi architettonici connotanti questa architettura.
38. Un studio esaustivo sulle rampe sulla fronte del tempio
greco è becKeR 2003.
39. hesbeRg 1994, p. 58, tav. 98, b; 61, a-b.
40. Ibid.; più complessa è la questione delle architetture
pergamene come, ad esempio, il tempio di Dioniso, che più
che su un podio è posto su un’altura naturale: W. RAdt, Pergamon: geschichte und bauten, funde und erforschung einer antiken
Metropole, Köln, 1988, p. 188 s.
41. Un breve riferimento con rimando a W. von Sydow è in
coRReA moRAles 2000, p. 191.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
299
Il panorama siciliano si presenta sotto questo aspetto piuttosto povero di dati: per l’età romana
si hanno certamente più notizie, sia dalle fonti sia dalle evidenze, relativamente a restauri effettuati
sugli ediici maggiori42; non è così per l’età ellenistica per la quale l’uso dei templi è per lo più solo
ipotizzabile come nel caso dell’Apollonion e dell’Athenaion di Siracusa che verosimilmente rimasero
ancora in funzione43.
Se è al momento molto poco, infatti, quello che si conosce di un tempietto da un’area sacra
nei pressi della Neapolis di Siracusa che fu interessato da una fase ellenistica, probabilmente in età
ieroniana44 e che potrebbe far parlare di un restauro, i soli dati che si conoscono sul fenomeno in
età ellenistica provengono dalle città di Agrigento e Selinunte.
Se è vero che alla corona di templi realizzata nel v sec. a.C., che fa da quinta scenograica ad
Akragas, nulla di simile in termini di impegno costruttivo corrisponde in età ellenistica, durante
la quale le sole realizzazioni sono di dimensioni piuttosto modeste (Oratorio di Falaride) o in
posizione extraurbana (Asklepieion)45, è da tenere in considerazione l’ipotesi che buona parte degli
ediici templari classici siano stati utilizzati anche nei secoli successivi.
Non sono molti i monumenti dei quali sono rimaste testimonianze di ricostruzioni o restauri
databili in età ellenistica, tra questi i templi I e forse D46.
Il primo dei due — cosiddetto Tempio I (‘dei Dioscuri’) — risale alla metà del v sec. a.C. circa
e viene interessato da un restauro nel 183647. Sebbene sulla pertinenza degli elementi utilizzati per
lo stesso restauro, che ha comportato l’anastilosi di quattro colonne e della trabeazione dell’angolo
nord-ovest, gravino non pochi dubbi, un dato che risulta abbastanza certo è che la trabeazione
attualmente in opera sia da ascrivere a età ellenistica48, e in particolare agli inizi del ii sec. a.C.,
quando la città era già sotto il dominio romano. Ciò potrebbe essere l’indizio di un restauro operato
sull’ediicio in età medio-ellenistica che testimonia quindi una continuità del suo uso probabilmente in oltre a epoca romana.
Ancor più controversa di quella del Tempio I, è la corretta interpretazione del tempietto
dell’area sacra di Zeus Meilichios all’interno del santuario della Malophoros di Selinunte, sul quale la
lunga e articolata storia degli studi vede dipanarsi un dibattito estintosi solo nell’ultimo decennio49.
La commistione di ordini architettonici, dorici della colonna e dell’anta e ionici delle cornici, hanno
42. Per una sintesi sulle rifunzionalizzazioni di ediici templari classici ed ellenistici operate in età repubblicana e imperiale v. PoRtAle, Angiolillo, vismARA 2005, p. 73-74.
43. wilson 1990, p. 162.
44. L’ediicio, interessato dalle indagini archeologiche
negli anni 1990, misura 12,40 x 6,80 m e presenta adyton,
v. g. voZA, «La città antica e la città moderna», s. AdoRno
(ed.), siracusa: identità e storia 1861-1915, Palermo, 1998,
p. 249-260, sp. 256 e da ultimo c. ciuRcinA, «Culti a Siracusa
in età ellenistica: il contributo da un’area sacra prossima al
complesso monumentale della Neapolis», t. AlFieRi tonini,
s. stRuFFolino (ed.), dinamiche culturali ed etniche nella sicilia
orientale (Aristonothos, scritti per il Mediterraneo antico), Trento,
2014, p. 35-53, sp. 36 s.
45. Cfr. lAuteR 1999, p. 81.
46. Sul Tempio D (di Hera) v. i riferimenti in coRReA moRAles
2000, p. 191 e PoRtAle, Angiolillo, vismARA 2005, p. 74.
47. Cfr. mARconi 1929, p. 96; per una descrizione puntuale
dell’ediicio v. meRtens 2006, p. 396.
48. La questione viene affrontata da mARconi 1929,
p. 97-98; per un’analisi completa delle modanature dell’ediicio e la relativa bibliograia v. sydow 1984, p. 295, cat. 28,
tav. 84,2; 87,1; 91,1. Lo studioso le data al 195 a.C. ca.
Sull’area sacra sulla quale insiste v. e. de miRo, Agrigento I.
I santuari urbani. l’area sacra tra il tempio di Zeus e Porta V, I e
II, Roma, 2000, p. 89.
49. Per una sintesi completa della storia degli studi v.
c. gRottA, Zeus Meilichios a selinunte, Roma, 2010, p. 32-37.
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spinto già Gabrici a considerarlo come una realizzazione di età ellenistica50; con lui Lauter che lo
data, insieme con tutto il sacello, al iii sec. a.C. in connessione con i santuari porticati dell’oriente51.
Le limitate conoscenze sulla questione, che forse solo in parte sono imputabili alla esiguità dei
dati, richiederebbero un approfondimento di questo aspetto attraverso una revisione attenta delle evidenze archeologiche disponibili: questo potrebbe di certo fornire una chiave di lettura complementare
allo studio del panorama dell’architettura templare ellenistica e delle sue dinamiche, da analizzare non
solo in termini di nuove realizzazioni ma anche di riutilizzo di quelle preesistenti, in tutta la Sicilia.
IL TEMPIO NELLE CITTà DELLA SICILIA ELLENISTICA E LA SUA UBICAZIONE
Se si considera l’ubicazione del tempio nello spazio urbano e il suo rapporto con questo in
età ellenistica, sembra che esso non svolga più quel ruolo di assoluta preminenza che gli era stato
riservato nelle epoche precedenti.
Da questi sensibili mutamenti del paesaggio architettonico la Sicilia è tutt’altro che esente:
l’ediicio templare trova collocazione all’interno dello spazio urbano generalmente in sostituzione
di ediici preesistenti in un contesto già ediicato; esso può essere pertanto in posizione più o meno
centrale rispetto al cuore della città, che in età ellenistica coincide con l’agorà, assumendo valori e
signiicati che saranno da valutare caso per caso.
Soltanto due sono, invece, i casi di templi extraurbani che rappresentano delle costruzioni
nuove, il culto delle quali riveste certamente un peso non secondario nel quadro piuttosto articolato
dei culti ellenistici.
I templi all’interno dei centri urbani
Tra i templi che occupano uno spazio intra moenia della città è necessario operare una distinzione che, lungi dal risultare eccessivamente empirica, consente di far luce sul dialogo tra l’ediicio
di nuova realizzazione e lo spazio che lo ospita: da una parte sono gli ediici che si inseriscono in
aree sacre preesistenti o risistemate ex-novo, dall’altra ediici che insistono su aree pubbliche.
L’esempio tra i meno conosciuti e studiati è sicuramente il Tempio A di Halaisa, posto sull’estremità nord della collina che domina l’abitato, a ca. 250 m s.l.m.52. Da quanto riportato da Carettoni il
tempio era circondato da alcune aree lastricate a mattoni di cui si sarebbero rinvenuti i muri di terrazzamento e tracce della pavimentazione (ig. 1)53. Quest’area rimane al momento, in attesa dell’esito di
nuove ricerche, isolata nel contesto urbanistico della città, alla quale potrebbe essere collegata da una
via di cui è stata rinvenuta una parte retta da contrafforti, ma della quale non è ancora noto il raccordo
con il resto dell’ abitato54.
50. gAbRici 1927, p. 91 s. La colonna presenta sedici scanalature e un capitello dificilmente leggibile; la trabeazione è
realizzata in un unico blocco con un architrave a due fasce, un
geison da sofitto liscio con un becco di civetta, un ovolo liscio
e la sima. Per la documentazione degli elementi architettonici
v. vAccARello 1986, p. 89 s., ig. 5, 7.
51. lAuteR 1999, p. 104-105. Concorde con una datazione
al iii sec. a.C., sulla base dell’analisi degli elementi decorativi è
Sydow 1984, p. 300-323. Riconoscono il restauro ellenistico
(iii sec. a.C.) dell’intero santuario, quindi del tempietto, sia White
sia Riotto, ipotizzando l’esistenza di una fase più antica: d. white,
«The Post-classical cult of Malophoros at Selinous», AJA, 71,
1967, p. 335-351, sp. 349 s.; m. Riotto, «Il santuario della Malophoros a Selinunte. Spunti per una discussione storico-religiosa»,
sicA, 59, 1985, p. 25-51, sp. 38 s. Per il rilievo dell’ediicio e degli
elementi architettonici v. vAccARello 1986, p. 89-96.
52. Per una bibliograia sul tempio: cARettoni 1961,
p. 313-315, ig. 53-56; g. scibonA, s. v. Halontion, R. stillwell, the Princeton encyclopedia of classical sites, Princeton,
1976, p. 376-377; coARelli, toRelli 1984, p. 395.
53. cARettoni 1961, p. 315.
54. tigAno cds.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
301
1. Halaisa. Ipotesi ricostruttiva dello schema dell’impianto urbano (rilievo di Rocco Burgio). Da Tigano cds.
Una posizione più complessa, anche per il rapporto con gli ediici preesistenti, occupa il cosiddetto
Tempio B di Selinunte55, sul quale le recenti indagini condotte dalla NewYork University, ancora in corso,
hanno fornito dati di assoluto interesse sulla struttura e sulla sua collocazione nello spazio urbano56.
Il tempio si colloca all’interno di un temenos, posto 10 m ca. a sud dal Tempio C, deinito a
nord da un muro in opera a telaio; questo doveva isolare l’area sacra del Tempio B e il suo altare dal
resto del santuario le cui funzioni in età medio-ellenistica dovettero essere non solo di tipo religioso
ma anche commerciale e residenziale (ig. 2)57.
Il tempio, in asse con il proprio altare58, ha la fronte quasi in linea con quella del Tempio C,
del quale presenta il medesimo orientamento a oriente ed è iancheggiato sul lato occidentale dai
resti di un ediicio, chiamato in passato genericamente Megaron59, e ribattezzato Tempio R60; questo
insiste su una struttura di età arcaica della quale probabilmente raccoglie l’eredità cultuale ino alla
costruzione dello stesso Tempio B.
Nello stesso temenos i resti dell’Ediicio Sud (età tardo-arcaica) sono probabilmente da
ritenere come un teatro rettilineo in uso per assistere a rappresentazioni inscenate nello spazio
antistante al Tempio R, ino a tutta l’età classica dopo la quale l’ediicio, persa la sua funzione,
viene smantellato61.
55. Per una bibliograia completa sull’ediicio v. mARconi
2008, p. 59-91; mARconi 2012, p. 279-286; Fr. de Angelis,
«Archaeology in Sicily 2006-2010», AR, 58, 2012, p. 123-195;
id., 2014, p. 263-271.
56. Per una comunicazione preliminare v. mARconi 2012,
p. 279-286; i dati relativi al progetto sono disponibili online
alla pagina http://www.nyu.edu/gsas/dept/ineart/academics/
selinunte/selinunte.htm
57. mARconi 2012, p. 284.
58. Per la questione relativa al rapporto tra l’altare e il tempio v. mARconi 2012, p. 280.
59. coARelli, toRelli 1984, p. 93.
60. mARconi 2012, p. 279.
61. Questa interpretazione è già in becKeR 2003,
p. 224-225; da ultimo mARconi 2012, p. 282.
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2. Selinunte. Area del Tempio B, saggi di scavo degli anni 2006-2010 della Missione dell’Institute of Fine Arts
della New York University (rilievo di Adriana La Porta e Filippo Pisciotta).
Da Marconi 2012.
Il Tempio B viene quindi a inserirsi, al momento della sua costruzione (300 a.C.), in un’area
ben delimitata dal resto di quella stessa acropoli che a partire dalla ine del vi sec., con la realizzazione
delle imponenti opere di terrazzamento e la costruzione dei Templi C e D, era stata interessata dalla più
importante monumentalizzazione della città, nel momento del suo massimo splendore62. Questa, che
dopo la distruzione Cartaginese del 409 a.C. vede il ridimensionarsi della sua vocazione di area sacra,
senza un vero e proprio piano di restauro e una pianiicazione urbanistica, è occupata da una serie di
unità abitative e costruzioni di carattere pubblico, come il mercato posto a nord del Tempio C, che evidenziano un mutamento dell’assetto urbano, dovuto essenzialmente alla contrazione della città63.
I saggi condotti dagli scavi americani hanno messo in luce, altresì, la testimonianza di un
rialzamento del livello di costruzione dell’ediicio al di sopra del banco roccioso di ca. 1 m, databile
62. A. di vitA, «Urbanistica della Sicilia Greca», g. Pugliese
cARRAtelli (ed.), I greci in occidente, Milano, 1996, p. 263-308,
sp. 284-289; gReco, toRelli 1983, p. 188-192.
63. Per l’urbanistica della città in età ellenistica e la bibliograia relativa v. S. HelAs, selinus II. die punische stadt auf der
Akropolis (sonderschriften dAI Rom, 15), Mainz, 2012.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
303
con ogni probabilità al 300 a.C. quando viene regolarizzata l’area sulla quale è ediicato il temenos
in cui il tempio è inserito64.
In posizione centrale nell’ambito del tessuto urbano è il tempio di Megara Hyblaea65 che, orientato in senso est-ovest, si colloca in una piccola area sacra posta immediatamente a nord dell’agorà
della città ellenistica (ig. 3), su una via che gli scavatori hanno nominato D4 e che si incrocia a sud
con l’asse principale della città (plateia A). La costruzione del tempio implica la distruzione di una
precedente fabbrica: un piccolo naiskos, la parte anteriore del quale viene obliterata dalle fondazioni
del nuovo ediicio. Si tratta, secondo il parere degli scopritori di una struttura provvisoria realizzata in
epoca timoleontea (340 ca.) destinata ad alloggiare una statua di culto o delle offerte66.
La sua vicinanza all’agorà, che come nel caso del Tempio Periptero di Taormina67 ha fatto parlare gli studiosi in merito a una riproduzione del modello siracusano del Tempio di Zeus nell’agorà
in forza degli elementi decorativi di certa inluenza ieroniana68, è quantomeno da valutare con
attenzione vista la non diretta vicinanza del tempio allo spazio pubblico; essi, infatti, erano separati
da un portico eretto nell’area nel iii sec. a.C.69
Sempre di tipo urbano è il santuario di Eloro70, nell’area sud-ovest della città, che è attualmente quella meglio nota per via delle indagini archeologiche effettuate (ig. 4). Sono infatti state
esplorate alcune unità abitative risalenti alla ine dell’ viii sec. a.C., e alcune strutture murarie di
epoca successiva, databili tra il v e il iv sec. a.C.71. Nel corso del iv sec. con ogni probabilità, viene
costruito il tempio che si colloca nella parte più meridionale, a ridosso delle mura di fortiicazione,
in una posizione dominante, ancor più enfatizzata dal sottostante dirupo scosceso. All’inizio del
ii sec. a.C. il santuario assume un aspetto monumentale con la costruzione sul lato settentrionale di
3. Megara Hyblaea. Pianta dell’area sacra del tempio ellenistico.
Da Vallet, Villard 1966.
64. mARconi 2012, p. 282-283.
65. Per una bibliograia completa sul tempio v. vAllet,
villARd 1966; RiemAnn 1971; G. vAllet, F. villARd, P. AubeRson, Mégara Hyblaea. guide des fouilles, Roma, 1983, p. 28-29;
coARelli, toRelli 1984, p. 318; sydow 1984, nr. 11, ig. 35,
tav. 81,1; gullini 1985, p. 484; coRReA moRAles 2000,
p. 211-214.
66. vAllet, villARd 1966, p. 31-33.
67. Per il quale v. infra, p. 306.
68. sydow 1984, p. 342 e m. bell iii, «Centro e periferia
nel regno siracusano di Ierone II», in la colonisation grecque en
Méditerranée occidentale. Actes de la rencontre scientiique en hommage à georges Vallet, Rome-naples, 15-18 novembre 1995 (coll.
ÉfR, 251), Roma, 1999, p. 259 s.
69. Su questo v. cAmPAgnA 2004, p. 163.
70. Per una bibliograia dell’ediicio v. P. PelAgAtti,
g. voZA (ed.), Archeologia nella sicilia sud-orientale, Napoli,
1973, p. 117-119; gAbbA, vAllet 1979-1980, I, p. 552-553;
voZA 1980-1981, p. 685-688, tav. CXXVIII-CXXX; coARelli, toRelli 1984, p. 287; dAehn 1991, p. 78-79.
71. voZA 1980-1981, p. 686-687; coARelli, toRelli 1984,
p. 287.
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4. Eloro. Area del tempio.
Da Voza 1980-1981.
una grande stoa con prospetto con colonne doriche (lunga 68 m) e paraskenia laterali, che presentano una differente lunghezza ma uguale altezza72.
Particolare attenzione, per il maggior numero di ediici templari — in tutto tre — rispetto
agli altri siti considerati, merita Taormina, la quale fornisce in tal senso un’interessante opportunità di studio. Il carattere limitato delle indagini archeologiche che hanno interessato la città rende
tutt’altro che semplice ogni ipotesi circa il suo assetto urbanistico. In questo panorama fortemente
lacunoso risulta utile ai nostri ini lo studio di Campagna il quale propone una lettura delle testimonianze note organica a una ipotesi ricostruttiva che può costituire un’interessante punto di partenza
per i futuri sviluppi delle ricerche (ig. 5)73. Lo studioso mette in evidenza l’unicità dell’assetto
urbanistico della città, fortemente condizionato dalla sua orograia, per la quale essa si sviluppa sui
terrazzamenti naturali che si dispongono tra la collina del Castello e quella del Teatro con una pluralità di orientamenti che ne incrementa gli effetti scenograici ricercati anche grazie alla posizione
dei principali ediici monumentali74 quali il Teatro e la stoà ellenistica75.
72. n. bonAcAsA, «Inluenze microasiatiche nell’architettura della Sicilia ellenistica», g. RiZZA (ed.), sicilia e Anatolia. dalla preistoria all’età ellensistica, Atti della V riunione
scientiica della scuola di perfezionamento in archeologia classica dell’università di catania, siracusa 26-29 novembre 1987,
Palermo, 1996, p. 139-158, sp. 156 s., ig. 1-2; LAuteR
1999, p. 93.
73. cAmPAgnA 2009, p. 206 s.
74. Ibid., p. 214.
75. La stoà ellenistica, probabilmente prospettante su
un’area libera identiicata come una seconda agora, viene
successivamente inglobata nella cosiddetta Naumachia d’età
imperiale. A tal proposito v. l. cAmPAgnA, g. F. lA toRRe,
«Ricerche sui monumenti e sulla topograia di Tauromenion:
una stoà ellenistica nell’area della Naumachia», sicAnt, 5,
2009, p. 115-146, sp. 117 s.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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5. Taormina. Planimetria dell’area centrale e settentrionale del centro urbano con indicazione degli orientamenti
degli assi viari e dei principali complessi monumentali antichi e post-antichi. 1: Naumachia; 2: asse viario antico
in corrispondenza dell’attuale corso Umberto I; 3: asse viario antico in corrispondenza della via Teatro Greco
(orientamento presunto); 4: Tempio Periptero; 5: ediicio pubblico ellenistico e terme romane sul lato nord di
piazza Vittorio Emanuele II; 6: cortina muraria tardo-medievale; 7: chiesa dei Cappuccini; 8: Serapieion
(chiesa di S. Pancrazio).
Da Campagna 2009.
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Il principale asse della città antica sembra essere ricalcato dall’attuale corso Umberto I il
quale, nel tratto settentrionale a nord dell’agorà, subiva una rotazione che è stata calcolata intorno
ai 18°. Su questo si dispongono i due principali ediici templari noti che però pongono non pochi
problemi di ubicazione: il Tempio Periptero e il serapieion.
Il Tempio Periptero76, oggetto di indagini in corso da parte dell’Università di Messina77, si
trova nelle vicinanze di un’area identiicata con l’agorà ellenistica con cui, probabilmente, coincide
anche il foro di età romana78: si tratta dell’attuale piazza Vittorio Emanuele II a est della quale, al di
sotto della Caserma dei Carabinieri, è stato rinvenuto un ediicio a peristilio di età ellenistica, con
basi di statue recanti dediche da parte del damos ton tauromenitan che ne documentano il carattere
pubblico79, insieme ad altri rinvenimenti già noti80; a epoca romana si ascrive pure il ritrovamento
di una serie di iscrizioni pubbliche — come ad esempio una parte dei Fasti Consolari relativi agli
anni 39-30 —, provenienti dallo stesso settore dell’agorà/foro, che ne confermano la vocazione
pubblica sia per epoca repubblicana sia imperiale81. Su questo, che costituiva il principale spazio
pubblico della città antica, convergevano gli assi viari che dovevano essere pressappoco coincidenti
con le attuali via del Teatro Greco e Corso Umberto82 sul tratto inale del quale doveva affacciarsi
la fronte est del tempio in oggetto.
Risulta piuttosto oscuro allo stato attuale delle indagini quale doveva essere il rapporto tra il
tempio e la piazza: l’ipotesi della presenza di un recinto porticato del tempio prospiciente sull’agorà,
seppure suggestiva, non sembra suffragata da suficienti elementi83.
Sul tratto settentrionale dell’asse viario ricalcato dal Corso Umberto I, nel segmento che si
sviluppa in senso nord-ovest sud-est, si colloca il serapieion84 al centro di un breve pianoro, posto a
nord-ovest del monte Tauro, in una posizione dominante. I cospicui resti del tempio sono inglobati
nella chiesa di S. Pancrazio le cui forme attuali risalgono al xviii sec.
L’esatta estensione della città in età ellenistica non è del tutto nota: troppo poco, infatti, è
quello che si conosce delle mura urbiche per ricostruirne l’antico tracciato85. I rinvenimenti di lembi
di abitazioni tardo-ellenistiche (iii-ii sec.), nei pressi di Porta Pasquale86, nell’area immediatamente
76. Per una bibliograia relativa all’ediicio v. sAntAn1950, p. 60; PelAgAtti 1976-1977, p. 545-547; coARelli, toRelli 1984, p. 363-364; coRReA moRAles 2000,
p. 209-210; lentini 2005, p. 324.
77. A tal proposito v. cAmPAgnA 2012, p. 108 s. e l. cAmPAgnA, «Tauromenion (Taormina, Sicily): the Hellenistic sacred
area near the church of Santa Caterina and its transformations
during the Roman Imperial age», in Rethinking the gods: post
classical approaches to sacred space (Proceedings of the conference
in oxford, 22-23 september 2010, cds).
78. Per un recente studio sull’antica agora di Taormina v.
l. cAmPAgnA, «The ancient Agora of Tauromenion (Taormina,
Sicily): New Data from Recent Research», A. giAnniKouRi
(ed.), Η αγορά στη μεσόγειο από τους ομηρικούς έως τους
ρωμαικούς χρόνους, Διεθνές επιστημηνικό συνέδριο, Κώς,
14-17 απριλίου 2011, Atene, 2012, p. 71-87.
79. bAcci 1980-1981, p. 741-742; lentini 2005, p. 321 s.;
da ultimo v. F. muscolino, «I monumenti di Olympis e di
C. Claudio Marcello a Taormina», RendPontAcc, 82, 20092010, p. 407-457.
gelo
80. g. mAngAnARo, «Iscrizioni latine e greche dal nuovo
ediicio termale di Taormina», cronArchstArte, 3, 1964,
p. 8-68, p. 42-52, tav. 17. Sulle iscrizioni pubbliche di Taormina e sulle nuove ipotesi relative alla loro provenienza v.
F. muscolino, «La “campagna classica” di Bagnoli: notizie e
ipotesi sulla provenienza delle iscrizioni pubbliche greche di
Tauromenion», MÉfRA, 124, 2012/1, p. 151-183, sp. 166.
81. lentini 2005, p. 321-322.
82. g. m. bAcci, s. v. taormina, eAA, II suppl. 1971-1994,
V, p. 526-527; bAcci 1980-1981, p. 742.
83. L’ipotesi del rapporto diretto tra il tempio e la piazza
è in F. buscemi, «Odei e romanizzazione nella Sicilia di età
imperiale. Questioni di topograia e tecniche edilizie», l. Quilici, s. Quilici gigli (ed.), la forma della città e del territorio, 3
(AttA, 15), Roma, 2006, p. 157-174, sp. 166. La discussione
di questa ipotesi è in cAmPAgnA 2009, p. 207, n. 8.
84. Per una bibliograia sull’ediicio v. Fuduli 2012.
85. P. PelAgAtti, n. 2968, fA, 22, 1967; v. lentini 2005,
p. 314.
86. bAcci 1980-1981, p. 744-745; bAcci 1982, p. 165-166.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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sottostante a est rispetto al tempio, e della domus di Villa San Pancrazio a sud dello stesso87, potrebbero rafforzare l’ipotesi di una collocazione di questo all’interno della città antica88.
Un posto a sé occupa il piccolo tempietto di summa cavea89 del teatro di Taormina (ig. 6), che
può certamente essere considerato un ediicio urbano ma strettamente legato al monumento sul
quale sorge. I resti del piccolo tempio si trovano a ridosso della summa cavea su un terrazzamento
che si apre a est alle spalle di questa. Si tratta di un breve pianoro nel quale si evidenziano afioramenti rocciosi che rendono estremamente limitato lo spazio disponibile per lo sviluppo dell’ediicio
di cui, come si è detto, è visibile soltanto una piccola parte, essendo la rimanente ancora interrata;
questa si ubica tra il terz’ultimo e quart’ultimo pilastro a sud-est della porticus di summa cavea voltata che corona l’emiciclo superiore del teatro, realizzata in età imperiale90. Esso doveva certamente
concorrere all’effetto scenograico del teatro ellenistico collocato in posizione dominante con la sua
mole su tutto il versante meridionale della città91.
Una posizione affatto singolare è occupata dal cosiddetto Oratorio di Falaride92 ad Agrigento
(ig. 7), se non altro per il fatto di essere stato realizzato in seguito all’obliterazione di un’area
6. Taormina. Planimetria generale del teatro con il tempio in summa cavea (rilievo di Augusto Mirabile).
Da Rizzo, Mirabile 2005.
87. Si tratta di una domus della prima età imperiale, lo scavo
della quale consente di ipotizzare fasi più antiche, v. bAcci
1980-1981, p. 744.
88. F. Riccobono (ed.), I grandi viaggiatori del passato a
taormina, Messina, 1988, p. 34-35, 115. È certo, invece, che
la chiesa cristiana resta in età medioevale e moderna fuori dal
centro abitato, come testimoniano non solo le mura di cinta,
delle quali sono ancora ben visibili le porte d’accesso, ma
anche una serie di vedute di xviii e xix sec. che presentano
l’ediicio isolato rispetto alla città, pur se in posizione dominante sul territorio sottostante, cfr. Fuduli 2012, p. 123 s.
89. Riferimenti al tempietto compaiono negli studi di carattere generale sul teatro, più speciicamente v. FioRelli 1880,
p. 35-37; coARelli, toRelli 1984, p. 359; seAR 1996, p. 45;
c. RiZZo, A. miRAbile, taotea. studi sul teatro antico di taormina, Catania, 2005, p. 17, tav. X.
90. seAR 1996, p. 64 s.
91. cAmPAgnA 2009, p. 214.
92. Per una bibliograia sul tempio v. de miRo, FioRentini
2011, p. 29 s.
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Leonardo Fuduli
7. Agrigento. Pianta della principale area pubblica della città con l’Oratorio di Falaride (Agorà Superiore).
Da De Miro 2012.
pubblica della città della quale viene evidentemente rideinita la funzione. Esso sorge su una spianata del Poggio S. Nicola, che occupa una posizione centrale nell’ambito della topograia della città
antica, per una lunghezza di un isolato e una larghezza di quattro. Qui sorgono anche i principali
ediici pubblici quali l’ekklesiasterion (iv-iii sec.) su un lieve pendio meridionale e il bouleuterion su
un terrazzo a nord.
In seguito alla deduzione della colonia romana la città mantenne il medesimo impianto viario,
ma quest’area perse le sue funzioni pubbliche, subì una ristrutturazione durante la quale l’Oratorio di Falaride viene eretto sull’antico ekklesiasterion, deinitivamente obliterato93. Era questa
una struttura con funzioni assembleari a pianta centrale, costituita da una cavea circolare dal
proilo dolce, parzialmente intagliata nella roccia e dalla cronologia piuttosto incerta, datata nel
93. Sulla discussione sulla cronologia dell’ekklesiasterion
e più in generale sullo sviluppo di tutta l’area pubblica del
Poggio S. Nicola v. de miRo, FioRentini 2011, p. 29 s. e da
ultimo de miRo 2012, p. 105 s.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
309
sec. a.C.94. È probabilmente nel ii sec. a.C. che il leggero pendio, nel quale era ricavata parte
della cavea dell’ekklesiasterion, viene colmato con uno spesso riempimento arenario che costituisce
il battuto del piano, sul quale trova spazio il tempio collocato sul fondo di una piazza porticata
secondo una tipologia tipicamente ellenistica95. Di fronte a esso si colloca, a una distanza di ca.
13 m l’altare96, e a nord, in asse con questo, un’esedra semicircolare con la probabile funzione di
ospitare una statua97.
Della fase tardo-ellenistica come il precedente, ma di differente signiicato per la sua collocazione nel contesto urbano è il tempio dell’agorà di Iaitas98 (ig. 8). L’agorà si sviluppa in un’area
pianeggiante posta a sud-est del teatro, per un’estensione di ca. 40 x 50 m: pavimentata con lastre
e chiusa su due lati da colonnati dorici99. Sul lato occidentale è un portico a due navate con cinque
colonne doriche, per una larghezza complessiva di 9 m: alcuni rocchi hanno consentito una ricostruzione delle colonne del portico per un’altezza di 4,07 m. Al portico sono uniti due ediici, a ovest
il bouleuterion di pianta quasi quadrata, che include nove gradinate interne accessibili mediante
quattro scalinate, e a sud il tempio su podio.
I tre ediici fanno parte di un unico complesso, nel progetto originario del quale il tempio non
doveva essere compreso, com’è stato di recente dimostrato100; esso è certamente datato al ii sec. a.C.
quale frutto di intervento romano101. La posizione centrale dell’ediicio, il cui prospetto principale emergeva dalla fronte porticata ed era preceduto da una rampa che ne esaltava lo sviluppo verticale insieme
con la stretta connessione con il bouleuterion, sede della più importante assemblea cittadina, fanno pensare a un ediicio che doveva rivestire un importante valore simbolico, a fortiori essendo stato costruito
sotto il dominio romano: in esso quindi doveva essere praticato un culto di primo piano per la città102.
iv
I templi in posizione extrurbana
Degli ediici templari considerati soltanto due occupano chiaramente una posizione extraurbana ma con delle peculiarità che ne fanno due casi a sé nell’isola. Nel primo caso l’Asklepieion di
Agrigento si trova inserito in un santuario extraurbano ediicato ex novo nel iv sec. a.C., nel secondo
il cosiddetto Herakleion di S. Marco d’Alunzio si colloca su una delle vie d’accesso al centro abitato.
L’Asklepieion di Agrigento103 si trova fuori dalle mura della città antica, a sud della Collina
dei Templi e al centro della Piana di S. Gregorio (ig. 9)104. Esso rientra in quel piano di ripresa
della città che si colloca nella seconda metà del iv sec. a.C., successivo a un periodo di depressione
conseguente alla distruzione cartaginese del 406 a.C.
Le indagini sulla città hanno messo in luce come in età ellenistica venga ripreso l’impianto
urbano di età classica, la cui origine a sua volta è da fare risalire alle origini della colonia all’inizio
94. coARelli, toRelli, 1984, p. 151-153; v. a tal proposito
meRtens 2006, p. 321.
95. de miRo, FioRentini 2011, p. 29.
96. vAnARiA 1992, ig. 7.
97. de miRo 1996, p. 26-27, ig. 4.
98. Per la bibliograia completa sull’ediicio v. isleR 2012.
99. Sull’agorà di Iaitas v. isleR 2011, p. 159 s.
100. Le fondazioni del portico occidentale continuano
sotto il tempio ino a ricongiungersi alla strada, e quest’ultimo
addossa il muro settentrionale del lato lungo a quello meridionale del portico, cfr. isleR 2012, p. 233.
101. dAehn 1991; isleR 1991, p. 37-38, ig. 5-7; da ultimo
v. IsleR 2012, p. 234.
102. Nulla si conosce relativamente al culto praticato nel
tempio; senz’altro suggestiva appare l’ipotesi proposta con
cautela da Isler (ibid.) il quale lo ritiene probabile sede di un
culto tributato a Iuppiter, facendone una sorta di ‘capitolium’
cittadino.
103. Per una bibliograia completa sull’ediicio v. de miRo
2003.
104. Una rilessione sull’origine del complesso e sul suo
signiicato viene condotta da de miRo 2006, p. 74-77.
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Leonardo Fuduli
8. Iaitas. Pianta dell’agora: 16. Il portico occidentale; 17: Il secondo bouleuterion; 18: Il tempio su podio;
19: Altare del tempio su podio. Da Isler 2012.
del vi sec. a.C.105. Fin dai primi studi viene posto il problema dell’ubicazione dell’area sacra, fuori
dalle mura urbane, anche se in posizione non distante da esse, e collegata al sistema viario mediante
uno stenopos extramurario106: già Koldewey e Puchstein avevano tentato di spiegarne la collocazione
con la eventuale presenza di un pozzo o di una sorgente ritenuta sacra all’interno del tempio, della
quale al momento non è stata trovata traccia107; Marconi che, agli inizi del secolo scorso, osserva
il carattere malsano e fortemente argilloso del terreno, sottolinea la presenza di una falda d’acqua
perenne che potrebbe giustiicare la scelta di questo sito, peraltro abitato già da età preistorica108.
105. gReco, toRelli 1983, p. 205-208; meRtens 2006,
p. 315 s.
106. de miRo 2003, p. 31-32.
107. Koldewey, Puchstein 1899, p. 183-184.
108. mARconi 1930, p. 312.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
9. Agrigento. Pianta dell’area del santuario di Asklepio fuori dalle mura della città.
Da De Miro 2003.
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Leonardo Fuduli
Il tempio si trova al centro del santuario di cui fanno parte il recinto, il propylon e il thesauros
messi in luce nelle indagini stratigraiche effettuate a partire dagli inizi degli anni 1980. Il recinto
è costituito da un grosso muro che delimita una vasta area al centro della quale sorgono gli ediici
di culto; nella parte nord ed est di detto muro sono una serie di ambienti quadrangolari di varia
funzione109. L’accesso all’area sacra avviene mediante un monumentale propylon posto al termine
di una strada proveniente da una vicina porta urbica posta a sud della città. A nord-est rispetto al
tempio sorge un ediicio identiicato come thesauros: la struttura, in conci di arenaria, presenta un
pronao, nel quale appare visibile l’incavo in cui era posizionato un pilastro quadrangolare tra le
ante, e la cella nella quale è ancora visibile il bothros, rivestito di conci intonacati110. L’ediicio, che
conosce diverse fasi di ediicazione dal iv al iii sec., costituisce il luogo di conservazione delle riserve
iduciarie del santuario.
Sempre in posizione extramoenia è il cosiddetto Tempio di Ercole di S. Marco d’Alunzio111 che
sorge in c.da Latino, inglobato nella chiesa eponima di S. Marco, posta all’inizio dell’abitato moderno
e costeggiata dalla attuale strada provinciale Aluntina, che, inerpicandosi per alcuni chilometri, collega il centro abitato alla costa e prende il nome di via Catorelli all’inizio del paese (ig. 10). L’ediicio,
situato su un gradone roccioso a ca. 450 m s.l.m., occupa una posizione dominante su tutta la sottostante fascia costiera che da Capo d’Orlando, a est, giunge in oltre S. Agata, a ovest. L’area occupata
dal tempio si trova ai limiti dell’attuale centro urbano, mentre rimaneva sicuramente fuori dalle mura
della città medioevale e moderna: soltanto agli inizi del 1900, infatti, risalgono le prime abitazioni che
si dispongono attorno ‘piano S. Marco’, nell’ultimo tratto di via Catorelli. Ricostruire la posizione
occupata dall’ediicio e il suo rapporto con l’antico abitato risulta complicato a causa di un livello di
conoscenze ancora piuttosto embrionale. I punti da chiarire per comprendere a pieno la questione
sono: l’estensione dell’area urbana e la tipologia dell’insediamento.
I molteplici rinvenimenti venuti alla luce durante campagne di scavo condotte nell’ultimo
trentennio in via Ferraloro, Piazza S. Teodoro e vico II Farinata hanno consentito di fare luce sulla
topograia dell’antica Halontion: la città, infatti, si sviluppava con un andamento a terrazze utile per
superare le dificoltà causate dalla ripidità del pendio; su queste erano disposte le unità abitative,
alcune delle quali venute alla luce112.
Un dato certo è la presenza di brevi tratti di mura antiche, conservate nella cinta medievale, in
una zona poco distante posta a sud-est del tempio nei pressi della P.ta S. Antonio113, dove il Ryolo
aveva creduto invece di riconoscere un altro ediicio templare114. Questo consente di affermare con
certezza la posizione extraurbana dell’ediicio, ma non è possibile al momento dire se fosse isolato
o inserito in un’area sacra più vasta.
Il limite settentrionale di sviluppo dell’antico abitato è segnato dalla necropoli situata in
località Santa Marina, di recente indagata, posta a nord del tempio, dalla quale provengono sepolture databili tutte tra il iv ed il ii sec. a.C.115. Sulla scorta di ciò è pertanto possibile considerare la
109. de miRo 2003, p. 31-32.
110. de miRo 2003, p. 34-37.
111. Per una bibliograia completa dell’ediicio v. Fuduli
2012.
112. c. bonAnno, «Via Ferraloro – Piazza S. Teodoro»,
lentini 2006, p. 15-28 s.; c. bonAnno, «Vico II Farinata»,
lentini 2006, p. 29-53.
113. ScibonA 1982, p. 149.
114. d. Ryolo, s. Marco d’Alunzio. cenni storici e monumenti, S. Agata di Militello, 1980, p. 24-25.
115. c. bonAnno, «Scavi e ricerche a Caronia e a
S. Marco d’Alunzio», Kokalos, 39-40, II,1, 1993, p. 975-985,
tav. XCVII-XCIX.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
313
10. S. Marco D’Alunzio. Pianta della città con indicazione del tempio ellenistico (1) e del sacello di Piano Cuppa (2).
© L. Fuduli.
posizione del tempio extra moenia, posto sulla principale via d’accesso di Alontion, ricadendo però
sempre all’interno del limite ultimo segnato a nord dalla necropoli di S. Marina116.
Sempre all’interno di questo limite ultimo della città costituito dalle sepolture su un colle
(Piano Cuppa) più basso, posto a nord-est del nostro, si colloca un sacello del quale si conservano
lo stereobate (7,70 x 12,80 m) realizzato in blocchi squadrati. Dell’ediicio, oggetto di ricognizione
nel 1979, pochissimo è possibile dire a causa della mancanza di elementi; rimane suggestiva l’ipotesi
proposta dallo scopritore Scibona, secondo il quale il tempio si troverebbe all’interno di un’area
sacra nella quale erano praticati culti sincretici, sulla base di alcuni ritrovamenti negli anfratti della
roccia che compone l’altura, genericamente datati in età ellenistica117.
Pochissimo può dirsi del naiskos messo in luce sotto i resti della chiesa di S. Elia a Noto
Vecchia, che allo stato attuale delle conoscenze sembrerebbe essere in posizione isolata rispetto al
resto dell’abitato118.
116. scibonA 1982, p. 149; wilson 1990, p. 149-150.
117. scibonA 1982, p. 149.
118. A tal proposito v. lA RosA 1987, p. 49.
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Leonardo Fuduli
ASPETTI PLANIMETRICI E DECORATIVI
Il ‘declino’ del tempio periptero
L’architettura templare siceliota si caratterizza, già a partire dalla ine dell’età classica e per
tutta l’età ellenistica, per l’assenza di templi con peristasi.
Gli ultimi ediici con peristasi a noi noti, in ordine di tempo, si collocano, infatti, nella seconda
metà del V sec. a.C. e sono rappresentati dai templi della Concordia e di Atena ad Agrigento, entrambi
con una peristasi di 6 x 13 colonne, caratterizzati da un’attenzione particolare alle ‘correzioni ottiche’
e alla curvatura ‘delle orizzontali’, e dai templi A e O dell’Acropoli di Selinunte, che, invece, soprattutto il Tempio A, presentano uno stile dorico molto più rigido, privo di quell’interesse per la visione
d’insieme dell’ediicio che stava particolarmente a cuore agli architetti della madrepatria119.
È quindi evidente che, già dopo il IV sec. a.C., non conosciamo in Sicilia esempi di ediici peripteri se si esclude il Tempio presso l’Odeon di Taormina, la datazione del quale è da collocare quasi
certamente in età ieroniana, e il quasi del tutto sconosciuto Tempio periptero di Heraclea Minoa120.
A tal proposito occorre però tenere presente che una grossa lacuna nelle nostre conoscenze è
costituita dalla mancanza di testimonianze archeologiche dei templi della più importante città ellenistica dell’isola, Siracusa, per la quale si ha notizia dalle fonti di almeno un ediicio di particolare
signiicato, l’olympieion, fatto erigere da Ierone II nell’agorà della città121. All’ediicio non è possibile
riferire con certezza alcun dato archeologico122 ma è da pensare, dato il carattere di eccezionalità
con il quale viene presentato dalle fonti — Cicerone lo deinisce egregium —, che doveva trattarsi di
un ediicio di grande impegno e non sembra da escludersi, quindi, che fosse un tempio periptero.
La questione quindi va rapportata al più vasto fenomeno nel resto del mondo greco123,
sebbene nell’isola lo stesso si manifesti con un certo anticipo, in particolare con una scomparsa
totale di ediici di questo tipo che coincide con la costruzione di templi minori per dimensioni e
impegno costruttivo. All’origine del fenomeno non sembra errato cercare anche cause di carattere politico-economico: il clima di stravolgimenti della prima metà del IV sec. a.C., determinato
dal predominio sull’isola della Siracusa dei Dionisii, deve avere limitato sensibilmente l’iniziativa
delle singole poleis, ma anche i reiterati scontri con i Punici, specie nella Sicilia centro-occidentale,
devono avere incrementato le preoccupazioni difensive impegnando la maggior parte delle risorse
economiche124. Ma simili motivazioni di carattere politico ed economico possono considerarsi delle
119. Per i problemi relativi all’architettura siceliota di v sec.
a.C. v. meRtens 2006. Per il temenos dei templi A e O di Selinunte v. Fr. d’AndRiA, l. cAmPAgnA, «L’area dei Templi A
ed O nell’abitato punico di Selinunte», m. g. AmAdAsi guZZo,
m. liveRAni, P. mAtthiAe (ed.), da Pyrgi a Mozia. studi
sull’archeologia del Mediterraneo in memoria di Antonia ciasca,
Vicino oriente, quaderno 3/1, Roma, 2002, p. 171-188.
120. L’ediicio, del quale restano pochissimi blocchi di fondazione corrispondenti al settore est del pronao e parte del lato
lungo meridionale, presenta numerosi problemi interpretativi
dovuti alla mancanza di dati suficienti per potere formulare
una cronologia precisa. Secondo De Miro, il tempio periptero
esastilo (6 x 12/13) sarebbe stato costruito a cavallo tra il iv ed
il iii sec. a.C. e la sua distruzione risalirebbe in età repubblicana,
v. E. de miRo, Heraclea Minoa. Mezzo secolo di ricerche (sicilia Antiqua, 9, 2012), Pisa/Roma, 2014, p. 73-75, ig. 29, tav. XXIII, 1-3.
121. L’ediicio è citato nelle Verrine (II, 4, 53) insieme ad
altri monumenti in relazione al foro dell’Acradina, da Diodoro
(XVI, 83, 2) che ne conferma l’ubicazione nell’agorà e ne attribuisce esplicitamente la costruzione a Ierone II.
122. L’attribuzione di un basamento di un ediicio monumentale messo in luce negli anni ’70 da Voza in prossimità
del Foro Siracusano all’olympieion ieroniano appare piuttosto
discutibile, cfr. g. voZA, «L’Attività della Soprintendenza
alle Antichità della Sicilia orientale, II», Kokalos, 22-23, II,1,
1976-1977, p. 551-552. Per una più ampia discussione sulla
problematica relativa all’architettura siracusana in età ieroniana v. CAmPAgnA 2004, p. 151 s.
123. V. supra, p. 294.
124. gAbbA, vAllet 1979-1980, I, p. 207 s.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
11. Taormina. Area Archeologica dietro la Chiesa di S. Caterina. Pianta generale: 1. Tempio Periptero;
2. Muro di terrazzamento; 3. Odeon; 4. Chiesa di S. Caterina (rilievo: Università di Messina 2006).
Da Campagna 2012.
12. Taormina. Veduta generale da ovest dell’area archeologica dietro la Chiesa di S. Caterina.
Sulla sinistra si nota la parte conservata del lato meridionale del Tempio Periptero.
Da Campagna 2012.
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Leonardo Fuduli
concause: la scomparsa del tempio periptero in Sicilia va, infatti, letta alla luce di quel mutamento
delle esigenze funzionali dell’ediicio, nel quale la peristasi sembra aver perso il suo signiicato,
com’è riscontrabile nella quasi totalità del mondo ellenistico125.
Una visione suficientemente completa del problema necessita dell’analisi dei principali
aspetti dell’unico ediicio periptero meglio noto dalla Sicilia ellenistica: il tempio presso l’Odeon di
Taormina (ig. 11-12). Le dificoltà derivanti dallo stato di conservazione ne complicano la lettura
e impediscono di avere cognizione di alcuni aspetti fondamentali per uno studio completo, come
ad esempio la fronte est, l’esatto numero di colonne della peristasi, la pianta e le dimensioni della
cella e, soprattutto, dell’intera costruzione126.
Ciò non impedisce di fare alcune considerazioni sullo sviluppo planimetrico dell’ediicio: la
corrispondenza tra l’impronta della seconda colonna del lato breve ovest e il muro del lato lungo
sud della cella, posti sullo stesso asse, evidenziano uno stretta unità cella-peristasi, secondo una
disposizione che si riscontra in ediici del mondo greco in da età arcaica, compresi i peripteri della
Sicilia di v sec. a.C.
La limitata distanza tra la cella e la peristasi sul lato lungo meridionale evidenzia una riduzione dell’ampiezza degli ptera laterali dell’ediicio: questo particolare è riscontrabile in tutta una
serie di templi peripteri dorici di varie regioni della Grecia di età tardo-classica, che sono stati studiati da Knell e rappresentano la base delle sue considerazioni sul declino del tempio periptero127.
In questi stessi ediici alla riduzione dello spazio tra cella e peristasi sui lati lunghi corrisponde
una dilatazione del medesimo sui lati brevi, in accordo con l’accresciuta importanza del prospetto
principale che, secondo lo studioso, sarebbe una caratteristica degli ultimi ediici con peristasi
dell’età classica.
Questo particolare non è veriicabile per il Tempio di Taormina, nel quale la fronte est è
completamente ignota; sulla fronte ovest, invece, l’evidente mancanza di opistodomo fornisce la
spiegazione dell’assenza di questa maggiore ampiezza dello spazio tra cella e peristasi. Pertanto
il Tempio di Taormina si conigura come un ediicio in cui una planimetria che si presenta come
un retaggio dei precedenti tardoclassici convive con una decorazione di tipo siracusano — il kyma
ieroniano128 —, accostata a elementi di ordini diversi — le colonne con scanalatura dorica. Un
caso completamente diverso è quello dell’altro ediicio periptero di età ellenistica in Occidente: il
Tempio di Apollo Aleo di Cirò (300 a.C. ca.), nel quale la decorazione dell’epistilio tipicamente
ellenistica convive con una pianta che si rifà, in maniera evidente, al precedente tempio arcaico sul
quale sorge129.
Il tempio ellenistico in sicilia: aspetti planimetrici e costruttivi
Alla mancanza di templi con peristasi in Sicilia corrisponde la costruzione di ediici di minore
impegno costruttivo quanto a dimensioni, indipendentemente dalla posizione urbanistica e, probabilmente, anche dal culto in essi praticato — per quelli per il quale è noto.
125. V. supra, p. 296.
126. Le misure del tempio di 10,6 x 22,3 m proposte da
Correa Morales nel suo studio, sulla base di una serie di calcoli
basati sulle impronte delle colonne superstiti, appaiono del
tutto ipotetiche in attesa di analisi tecniche dettagliate sull’ediicio: coRReA moRAles 2000, p. 209-210.
127. Knell 1983, p. 207 s.
128. sydow 1984, p. 348-349 n. 10.
129. meRtens 1993, p. 66 s.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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Un primo aspetto da considerare è costituito dall’importanza assunta in questi ediici dal
prospetto principale che, come evidenziato nei più recenti studi, costituisce un elemento peculiare
delle architetture ellenistiche, non solo templari130. In questo senso può leggersi la predilezione
di ediici dalla pianta in antis e prostila che, pur non costituendo un’innovazione dell’età ellenistica, contribuiscono a una maggiore accentuazione della fronte mediante la presenza su questa di
colonne. A parte ediici di cui la ricostruzione della fronte è certa — l’Asklepieion e l’Oratorio di
Falaride ad Agrigento e il Tempio dell’agorà di Monte Iato — ve ne sono alcuni che presentano
problemi cui è opportuno accennare.
Il primo tra questi è il Tempio dell’agorà di Megara Hyblaea che, nonostante abbia il vantaggio di essere uno dei pochi ediici editi, proprio per il fatto di essere statto ricostruito solo in base
a disiecta membra, presenta problemi irrisolti nella ricostruzione. Per ciò che concerne la fronte est,
essa è ricostruita come distila in antis con un interasse di 2,46 m tra le colonne sulla base delle
dimensioni della parte del crepidoma corrispondente al pronao non suficientemente ampia per
l’alloggiamento delle colonne di una fronte prostila131.
In secondo luogo, il cosiddetto ‘Tempio di Ercole’ di Alontion e il serapeion di tauromenion i
resti dei quali presentano simili vicende conservative essendo sopravvissuti inglobati nella costruzione di chiese cristiane: di entrambi i templi, infatti, la fronte è stata completamente obliterata
dalla costruzione della facciata della chiesa e un tentativo di ricostruzione di questa parte dell’ediicio antico ha pochissimi elementi sui quali basarsi132.
Nel primo caso si osserva che il crepidoma appare interrotto in corrispondenza dell’inizio del
prolungamento anteriore dei muri laterali realizzato in occasione della trasformazione in chiesa
(ig. 13): in particolare il gradino di mezzo è spezzato, mentre quello sottostante avanza di poche
decine di centimetri. Non è da pensare a un ulteriore prolungamento della krepis che giustiicherebbe l’ipotesi di un tempio prostilo; è più opportuno, invece, pensare all’angolo con il lato orientale dell’ediicio proprio nel punto in cui si evidenzia l’interruzione sul lato lungo: pertanto l’ipotesi
di un ediicio in antis rimane la più probabile.
Di maggiore complessità è, invece, la ricostruzione della fronte del Tempio di Serapide di
Taormina: infatti, la trama muraria, sul limite est del lato lungo, con i blocchi posti alternatamente
di testa e di taglio, sembrerebbe suggerire il termine orientale del muro del tempio al quale si salda
la facciata seicentesca (ig. 14). Non è facile stabilire se i blocchi posti di taglio costituiscano la testata del muro o un rientro di questo a ‘L’: nel primo caso si potrebbe pensare a un tempio in antis,
nonostante la mancanza di elementi ulteriori che attestino la initura della ante — capitello, base —
renda dificile accettare questa ipotesi; nel secondo caso, più probabilmente, potrebbe trattarsi di
una fronte prostila, ma solo ipotizzando una prosecuzione a est della krepis, oltre quindi quanto
attualmente si conserva, per la posa delle colonne (ig. 15). Il problema rimane per il momento
aperto in assenza di ulteriori accertamenti.
130. V. supra, p. 298. La questione è stata affrontata a proposito del tempio periptero in età tardo-classica da Knell
1983.
131. vAllet, villARd 1966, p. 49-51.
132. Per la trasformazione in chiesa dei templi di Taormina
e S. Marco d’Alunzio v. l. Fuduli, «The Serapieion and the
Church of St. Pancratius in Taormina. The Building from Antiquity to the Middle Ages», P. M. Militello, H. öniZ (ed.),
Proceedings of the 15th symposium on Mediterranean Archaeology,
catania March 3-5, 2011 (bAR intern. series, 2695), Oxford,
2015, p. 329-341.
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13. S. Marco D’Alunzio. Chiesa di S. Marco, prospetto meridionale
con il muro del tempio inglobato nella costruzione.
Da Lo Castro 2002.
14. Taormina. Chiesa di S. Pancrazio, prospetto del muro meridionale con il muro
del tempio inglobato nella costruzione.
Da Koldewey, Puchstein 1899.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
15. Taormina. Chiesa di S. Pancrazio, particolare del prospetto del muro meridionale
con il prolungamento dello stesso realizzato all’epoca della trasformazione.
© L. Fuduli.
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16. Agrigento. Pianta archeologica dell’Asklepieion.
Da De Miro 2003.
17. Selinunte. Tempio B, ricostruzione del lato sud.
Da Marconi 2012.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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Ma il risalto conferito alla facciata nel tempio ellenistico non è rilevabile soltanto sul piano
della scelta planimetrica e della sistemazione della fronte ma anche nella posizione dell’ediicio
e nell’aggiunta di strutture, quali rampe d’accesso o serie di gradini sul prospetto principale.
Si tratta, com’è noto, di elementi che, essendo già presenti a partire da età arcaica, non costituiscono un’innovazione in sé ma nel loro diverso utilizzo, tendendo in età ellenistica a occupare uno
spazio di gran lunga maggiore, quasi coincidente con la lunghezza dell’intera facciata133. A tal proposito sono da considerare: l’Asklepieion di Agrigento e il Tempio B di Selinunte.
L’accesso sul lato est del Tempio di Asclepio ad Agrigento avveniva mediante una rampa
parzialmente conservata (ig. 16): essa è costituita da una piattaforma obliqua della larghezza di
9,30 m che si appoggia al crepidoma del tempio senza che le due strutture risultino legate. Questa
struttura, che certamente conferisce un maggiore accento al prospetto principale, è stata al centro
di un dibattito circa la sua datazione134. Considerando che anche al di sotto della stessa rampa il
crepidoma risulta perfettamente inito, compresi quei particolari quali la smussatura degli spigoli
inferiori e la presenza di un canaletto sulla faccia superiore dei gradini, la struttura deve considerarsi, con ogni probabilità, posteriore alla costruzione del tempio. Nel Tempio B di Selinunte
l’accento posto sulla fronte dell’ediicio, mediante la presenza di una rampa per tutta la lunghezza
del lato est, va letto insieme alla presenza del podio dell’altezza di due assise, sul quale l’ediicio
è collocato (ig. 17): al di sopra dell’euthynteria, infatti, si trovano due ilari di blocchi sui quali si
imposta il crepidoma dell’ediicio che alla luce delle nuove scoperte è da ritenersi con certezza come
prostilo135. Per superare il dislivello tra il suolo e l’ingresso del tempio sulla fronte est si colloca una
gradinata la quale, per via dei crolli e delle passate spoliazioni, si presenta di dificile ricostruzione:
rimangono, sul limite sud, soltanto il primo gradino e una piccola porzione del secondo e del terzo,
realizzati nello stesso blocco, che, sulla base dei calcoli delle misure, possono ritenersi come facenti
parte di una scalinata di sette gradini, di uguale larghezza dell’intera facciata136.
L’uso del podio è un fatto abbastanza episodico in Sicilia prima dell’età imperiale137. A tal proposito è possibile richiamare l’impiego, in alcuni templi dell’Asia Minore di età ellenistica, di strutture
costituite da alcuni ilari di blocchi con la speciica funzione di sollevare e isolare l’ediicio nel contesto
in cui era collocato — sono noti gli esempi dei due tempietti prostili su podio preceduto da una rampa
sulla fronte nel santuario di Asclepio a Kos, e il tempio in antis nel santuario di Mamurt Kaleh138.
L’impiego di una simile struttura nel Tempio B, in un contesto monumentale quale doveva presentarsi l’acropoli della città al momento della sua costruzione, va anche visto probabilmente come una
necessità di dare maggiore risalto a un ediicio che altrimenti sarebbe probabilmente stato oscurato
dagli altri grandi templi C e D del temenos nel quale viene a inserirsi per ultimo.
133. A tal proposito un’analisi dettagliata della casistica
di età ellenistica è in hesbeRg 1994, p. 54; più di recente si
v. becKeR 2003.
134. Marconi e De Miro non sembrano fornire una spiegazione soddisfacente del problema, cfr. mARconi 1930,
p. 310-311; de miRo 2003, p. 43.
135. Le recentissime indagini sull’ediicio, e sull’area sacra
nella quale insiste, hanno messo in luce alcuni particolari di
assoluto rilievo quali: il podio dell’altezza di due assise, il riutilizzo di blocchi di un ediicio precedente per la realizzazione
di questo, e la deinizione della fronte prostila dell’ediicio
attraverso la scoperta dei blocchi d’anta. Per altri aspetti legati
all’ediicio si rimanda a mARconi 2012, p. 281.
136. Questa ricostruzione ipotizzata da Koldewey, Puchstein 1899, p. 94, ig. 68, appare la più probabile; v. becKeR
2003, p. 149.
137. Per gli ediici su podio di età imperiale realizzati
in Sicilia v. wilson 1990, p. 104 s. e PoRtAle, Angiolillo,
vismARA 2005, p. 71 s.
138. hesbeRg 1994, p. 58 s.
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Di non poco conto, se si guarda agli sviluppi dell’architettura templare della Sicilia ellenistica,
sono certamente i sensibili cambiamenti delle ripartizioni dell’interno degli ediici, nei quali si evidenzia la totale scomparsa sia dell’adyton, ambiente caratteristico in dall’età arcaica in Sicilia, sia
dell’opistodomo139. Se per la prima, che avviene ex abrupto, non vi sono dati precisi cui riferirsi, il
progressivo ridimensionamento dell’opistodomo è documentato, nei templi di Grecia a partire dal
iv sec. a.C., ed è da leggere, secondo il parere di Knell, alla luce di quel maggiore accento conferito
alla fronte dell’ediicio140. Non vi sono templi in Sicilia dopo l’età classica che presentano opistodomo, a meno che non si consideri, in maniera più o meno condivisibile, una forma di pseudo-opistodomo la soluzione delle due semicolonne addossate a una parete continua adottata per l’esterno
del muro di fondo dell’Asklepieion di Agrigento141.
Una considerazione sulle partizioni interne può essere fatta per il serapeion di Taormina,
a causa dello straordinario stato di conservazione dei muri dei lati lunghi: l’attenta osservazione
dei blocchi che costituiscono il muro meridionale, consente di notare, a una distanza di ca. 3 m e
3,5 m, rispettivamente dalla fronte e dal fondo dell’ediicio, una successione in verticale di blocchi
posti di testa e di taglio, che potrebbero corrispondere all’innesto di muri perpendicolari interni e
quindi indicare possibili partizioni (ig. 14). Lo spazio interno pertanto potrebbe ipoteticamente
risultare diviso in pronaos, naos e adyton, elemento quest’ultimo tipico dell’architettura siceliota di
età classica, ma che non è stato riscontrato, al momento, in altri templi ellenistici e non avrebbe
grande signiicato, date le dimensioni dell’ediicio; ma nell’impossibilità di veriicarla rimane da
considerare come ipotesi di lavoro.
Lo stesso ediicio poi aiuta a far luce anche sugli aspetti costruttivi. I muri sono in opera quasi
isodoma, conservato interamente quello meridionale, per un’altezza di nove ilari di blocchi in
calcare locale (0,95 x 0,40 m ca.), parzialmente quello settentrionale per un’altezza di otto, e sono
delimitati, sul lato occidentale, da due lesene d’angolo prive di base (largh. 0,90 m ca.), conservate
per un’altezza corrispondente a sei ilari di blocchi, che dovevano costituire il raccordo con la parete
di fondo; i due ilari inferiori degli stessi muri, poggianti direttamente sul toichobates, appaiono su
entrambi i lati in lieve aggetto — una soluzione che è presente anche nel Tempio B di Selinunte142
e nell’Asklepieion di Agrigento143, da leggersi forse come un accento posto sulla funzione portante
del toichobates.
Notevolmente diffuso è poi l’uso di lesene angolari negli ediici prostili e in antis sin da
età classica, e molto diffuso in età ellenistica, per il quale potrebbero enumerarsi una cospicua
serie di esempi144. Quest’uso ricorre nei due templi agrigentini qui considerati, quali l’Asklepieion,
nel quale è evidente l’impiego di lesene delimitanti una parete a semicolonne, e nell’Oratorio di
Falaride nel quale la loro funzione portante è sottolineata dalla presenza di basi ionico-attiche e
capitelli similmente alle ante della fronte. Altrettanto documentato è l’uso di lesene nel Tempio B
di Selinunte, nel quale nel crollo della parete di fondo della cella sono stati rinvenuti alcuni blocchi
angolari in cui è scolpita la lesena, che sicuramente era resa maggiormente evidente dall’impiego
139. Per i caratteri dell’architettura templare della Sicilia
arcaica e classica si rimanda a meRtens 2006.
140. Knell 1983, p. 228 s.
141. V. infra, n. 143.
142. A tal proposito v. la ricostruzione del lato sud e il
modello digitale in mARconi 2012, ig. 483-484.
143. Cfr. de miRo 2003, p. 37 s.
144. Gli esempi sarebbero numerosi: è possibile citare due
prostili che presentano le lesene angolari sulla pareti di fondo
quali il tempio di Zeus di Priene e il tempio ionico dal ginnasio
di Pergamo v. supra p. 297 e anche bousQuet 1952, p. 31 s.,
tav. XXXVIII.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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dello stucco145. Più dificile è valutarne la presenza sulla parete di fondo nel ‘Tempio di Ercole’ di
Alontion, di cui le parti terminali dei lati lunghi e i lati brevi sono stati quasi totalmente distrutti per
la trasformazione in chiesa.
L’unico ediicio ad adottare una soluzione diversa dagli altri per la parete di fondo è l’Asklepieion di Agrigento (ig. 16): essa è decorata da semicolonne — scanalate, prive di entasis e rastremate verso l’alto —, addossate a un muro continuo; soluzione che, come già evidenziato, è stata
considerata dagli studiosi che se ne sono occupati uno pseudo-opistodomo in antis così come la
fronte. Malgrado l’ediicio sia datato sulla base dei dati stratigraici alla ine del iv sec. a.C. non
sembra errato considerare questo particolare alla luce di quegli esempi di età ellenistica da cui
emerge chiaramente il nuovo uso assunto dagli ordini architettonici, i quali passano da quella funzione prettamente strutturale, per la quale erano stati concepiti, ad una puramente decorativa146.
Tra i casi più signiicativi che attestano questo diverso impiego degli ordini in età ellenistica
è da considerare il noto Tempio L di Epidauro, nel quale la peristasi non ha più alcuna funzione
portante e viene ridotta a una serie di semicolonne che scandiscono la parete esterna del muro
di cella147. Non meno interessanti, proprio perché più vicini al nostro tempio, malgrado la loro
datazione a età medio-ellenistica, sono i templi A e B del letoon presso Xanthos: pur trattandosi
di due ediici con peristasi, con i caratteri che sono peculiari delle architetture tardo-classiche,
presentano entrambi una decorazione dell’esterno del muro di fondo costituita da due lesene angolari inquadranti una parete decorata da semicolonne che, nel caso del Tempio di Latona (A), si
associa a un impiego di semicolonne anche per la decorazione dell’interno della cella148. È forse
alla luce di questi due ultimi esempi di peripteri che il muro di fondo dell’Asklepieion potrebbe
deinirsi uno pseudo-opistodomo, nato dalla contrazione di un opistodomo del quale rimarrebbero
gli elementi portanti — le ante, le semicolonne in antis. Sembra più probabile, invece, considerare
questo particolare come una soluzione di tipo esclusivamente decorativo, adottata con l’intento di
porre l’accento sulla fronte posteriore; rimane il fatto, però, che questa considerazione contrasta
con la datazione del monumento alla ine del iv sec. a.C., epoca in cui non si hanno ancora attestazioni in Grecia di questo particolare uso degli ordini in funzione decorativa. Questo caso rimane
l’unica attestazione nella Sicilia ellenistica dell’uso di ‘architetture cieche’ nonostante la proposta di
Koldewey e Puchstein di integrare, nel serapeion di Taormina, una parete di fondo a semicolonne in
maniera del tutto inspiegabile, non essendoci elementi suficienti per avanzare tale ipotesi149.
Un problema molto più vasto e che meriterebbe una trattazione speciica per la sua complessità è rappresentato dall’unità metrologica adottata per i templi della Sicilia ellenistica. Studi
sull’architettura templare di età classica hanno evidenziato come sia piuttosto dificile individuare
un piede isso adottato per vaste aree del mondo antico, e come nella stessa città si possano trovare
unità di misura diverse150. Queste conclusioni potrebbero altresì estendersi anche all’età ellenistica
145. mARconi 2012, p. 281 s.
146. lAuteR 1999, p. 232 s.
147. Roux 1961, p. 223-252, tav. 64-66; lAuteR 1999,
p. 175-176.
148. hellmAnn 2006, p. 100, ig. 122. Per il falso opistodomo
del tempio (A) di Leto v. hAnsen, le Roy 2012, p. 99 s. Gli studiosi avanzano una proposta al ribasso della cronologia dell’ediicio
a metà del ii sec. a.C. sulla base di un tesoretto monetale, p. 42 s.
149. Koldewey, Puchstein 1899, p. 185-186 s.,
ig. 164-165; questa interpretazione della parete di fondo del
serapieion di Taormina viene accolta anche da dinsmooR 1950,
p. 270.
150. J. A. K. e. de wAele, «I grandi templi», l. bRAccesi, e. de miRo (ed.), Agrigento e la sicilia greca, Atti della
settimana di studio, Agrigento, 2-8 maggio 1988, Palermo, 2005,
p. 201-204. V. anche F. tomAsello, «Metrologia e proporzionamento. Per una individuazione dei sistemi sicelioti», P. minà
(ed.), urbanistica e architettura nella sicilia greca, Palermo,
2005, p. 201-204; per una bibliograia recente F. muscolino,
«Bolli laterizi di Taormina», PP, 2012, p. 414-467.
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previe indagini speciiche sui singoli monumenti per molti dei quali però, differentemente dall’età
precedenti, le ricerche potrebbero essere complicate dalle condizioni piuttosto lacunose dei singoli
ediici, di molti dei quali non si conosce l’esatta estensione.
Il problema dei templi su podio di età ellenistica in sicilia
Un problema che scaturisce dall’analisi di alcuni ediici, quali il Tempio dell’agorà di
Monte Iato e l’Oratorio di Falaride di Agrigento, è costituito dall’esistenza di un podio che pone
l’interrogativo circa la sua origine, che non appare affatto secondaria per un corretto inquadramento dell’ediicio. A un livello di analisi epidermico si sarebbe indotti a dire che si tratta di un
elemento di tipo etrusco-italico introdotto contemporaneamente alla conquista romana dell’isola
ma, anche se questa interpretazione non sembra essere molto distante dal vero, la questione
necessita di una puntualizzazione.
Non si conoscono in Sicilia ediici templari di tipo etrusco-italico prima dell’età augustea,
alla quale si risalgono il Tempio di Capo Molini e di S. Venera al Pozzo presso Acireale, entrambi
su podio, dai caratteri del tutto differenti rispetto alle architetture ellenistiche dell’isola151. In età
repubblicana, invece, sembrano essere mantenuti i caratteri peculiari dell’architettura templare di
età ellenistica.
Il Tempio dell’agorà di Monte Iato può essere considerato per due aspetti fondamentali: la sistemazione della fronte e il podio sul quale l’ediicio è posto. Secondo la ricostruzione degli archeologi svizzeri, che hanno scavato e studiato l’ediicio, la fronte del tempio presentava due colonne in
antis e due semicolonne addossate al lato interno delle ante, sulla base del ritrovamento di alcuni
rocchi di queste ultime (ig. 18)152. Considerando corretta la ricostruzione proposta nell’edizione
del tempio, questo potrebbe confrontarsi, per la particolare soluzione della fronte, con alcuni ediici
ellenistici della Cirenaica153, per lo più piccoli templi costituiti da pronao e cella in antis, e con il
famoso thesauros di Cirene del santuario di Deli154.
Il podio155 sul quale il tempio si innalza, preceduto da una scalinata di sei gradini per tutta
la larghezza della fronte, sembra essere stato realizzato per ovviare alla irregolarità del suolo la cui
pendenza ha sicuramente richiesto l’impiego di una struttura che lo normalizzasse. Esso è costituito
da quattro ilari di blocchi con l’evidente necessità di porre maggiormente in risalto il tempio, del
quale anche la facciata si presenta in aggetto rispetto al portico posto a nord dell’ediicio, che altrimenti, per le dimensioni modeste, ne risulterebbe schiacciata156.
151. wilson 1990, p. 105 s.; da ultimo PoRtAle, Angio2005, p. 49 s. Per il tempio di Capo Molini v.
g. libeRtini, «Acireale (Capo Molini). Avanzi di un tempio
romano», nsc, 1952, p. 341-347; per il tempio di S. Venera al
Pozzo v. SPigo 1980-1981, p. 787-788.
152. dAehn 1991, p. 74 e 79 s.
153. stucchi 1975, p. 47 s.
154. bousQuet 1952, p. 31 s. Anche dall’Egitto ellenistico provengono alcuni rocchi di semicolonna lavorati insieme ai blocchi
della muratura cui si appoggiano, alcuni dei quali è verosimile che
avessero una funzione di anta: PensAbene 1993, p. 123 s.
155. L’uso del termine ‘podio’ in riferimento agli ediici in oggetto richiede una precisazione per non ingenerare
lillo, vismARA
confusione sulla tipologia di appartenenza degli ediici stessi.
Utilizzando, infatti, per una maggiore uniformità terminologica per la descrizione dei monumenti il dictionnaire di ginouvès [1992] si è notato che in questo sotto la voce podium è
compreso sia il podio di tipo speciicatamente etrusco-italico,
sia, più generalmente, qualunque tipo di sopraelevazione
dell’ediicio che presenta una gradinata per superarne il dislivello col suolo (ginouvès 1992, p. 13). Pertanto il termine
podio, privo di ulteriori speciicazioni, viene utilizzato nel testo
con un valore generico in riferimento a qualunque tipo di
sopraelevazione provvista di gradinata sulla fronte.
156. Di ‘pseudo-podio’ parla E. C. Portale: PoRtAle,
Angiolillo, vismARA 2005, p. 37.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
18. Iaitas. Ricostruzione del settore ovest dell’agora con il Tempio su podio.
Da Daehn 1991.
19. Agrigento. Pianta dell’Oratorio di Falaride sovrapposto all’area dell’ekklesiasterion.
Da De Miro 2012.
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Caratteristiche sostanzialmente diverse presenta invece il podio del cd. Oratorio di Falaride, un
ediicio che, come si apprende dall’esame della storia degli studi, appare oggetto di molteplici ipotesi.
L’interpretazione dell’ediicio come Heroon o tomba monumentale aveva spinto Marconi a
proporne il confronto con analoghe costruzioni dell’Asia Minore e con il Tempio B di Selinunte,
anch’esso, come si è visto, su podio (ig. 19)157. Ma la proposta di confronto con modelli asiatici è
contenuta anche in studi successivi a quelli di Marconi: De Miro, infatti, sostiene che la presenza
del tempio su podio, eretto sul fondo del nuovo piazzale terrazzato, possa richiamare modelli ellenistici asiatici, e in particolare pergameni, tra i quali cita il Tempio di Dioniso158. Se qualche intento
scenograico, nel programma di monumentalizzazione del Poggio S. Nicola nel ii sec. a.C., non può
essere completamente escluso, il richiamo a modelli pergameni appare piuttosto generico: il podio
del Tempio di Dioniso di Pergamo, che sorge a ridosso del banco roccioso, potrebbe essere stato
condizionato da ragioni cultuali159.
A una lettura più attenta, il podio dell’Oratorio di Falaride, che costituisce l’unico caso di
podio modanato nella Sicilia ellenistica (ig. 20), va confrontato in maniera più pertinente con
modelli etrusco-italici dai quali probabilmente dipende. Attraverso diversi esempi, già a partire dal
iii sec. a.C. in area magno-greca fa la sua comparsa il podio di tipo etrusco-italico in concomitanza
con l’estendersi del dominio di Roma: basti pensare al Tempio di S. Leucio di Canosa o al tempio
di tipo italico dal foro di Paestum160. A differenza di questi, che come è noto si caratterizzano per
una mescolanza di elementi di derivazione disparata sia nella struttura che nell’apparato decorativo,
il Tempio di Agrigento si presenta come tipicamente ellenistico sia per tipologia sia per decorazione
con l’unica aggiunta del podio, particolare prima d’ora ignoto nell’isola, che ha fatto parlare alcuni
studiosi di tempio ‘ibrido’161. Alla luce di questo, sembra da considerare probabile quanto sostenuto
da Wilson, il quale considerando sia la tecnica di costruzione sia gli elementi decorativi strettamente
legati alla tradizione ellenistica dell’isola, considera l’ediicio come frutto della committenza di un
patrono romano opera di un architetto siciliano162.
la decorazione
Le vicende, spesso tormentate, dei templi della Sicilia ellenistica sorprendono per la conservazione, in alcuni casi inaspettata, di lacerti di decorazione che sono tanto più preziosi quando
diventano, purtroppo in pochi casi, utili per la datazione dell’ediicio di provenienza.
Se si eccettuano le opere degli studiosi ottocenteschi dal ricchissimo corredo graico, questi
elementi sono stati analizzati in due studi, in ciascuno dei quali viene proposta una datazione afidata unicamente all’esame stilistico; esso è l’unico modo per ricostruire uno sviluppo cronologico in
assenza di dati derivanti dalla stratigraia per quasi tutti gli ediici163. Una prima trattazione è quella
di L. Shoe del 1952 che analizza le modanature di tutto l’Occidente greco, dalle più antiche alle
più tarde164; più recentemente, nel 1984, si data lo studio di W. von Sydow che si occupa in maniera
157. Lo stesso Marconi evidenzia che molti sono i tempietti
e gli Heroa a podio noti nelle città ellenistiche dell’Asia Minore
e molti di essi sono romani: mARconi 1926, p. 114.
158. de miRo 1996, p. 161-165; da ultimo de miRo,
FioRentini 2011, p. 29 s.
159. RAdt 2011, p. 189.
160. V. supra, p. 324 s.
161. PoRtAle, Angiolillo, vismARA 2005, p. 39.
162. wilson 1990, p. 31.
163. In più di un caso (Asklepieion di Agrigento e Tempio B
di Selinunte), l’esame stilistico ha trovato il conforto dei dati
provenienti dalla stratigraia, v. infra, p. 338 s.
164. shoe 1952, passim.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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20. Agrigento. Oratorio di Falaride, particolare del podio modanato.
© L. Fuduli.
speciica delle trabeazioni della Sicilia ellenistica, prendendo in considerazione anche le nuove acquisizioni come quelle provenienti da Megara Hyblaea venute alla luce dopo la pubblicazione dello
studio della Shoe165.
Il principale aspetto che caratterizza i templi della Sicilia da un punto di vista decorativo è
costituito dalla presenza di elementi derivanti da tradizioni diverse, riscontrabili sia negli ediici più
antichi, come l’Asklepieion di Agrigento e il Tempio B di Selinunte, sia nelle architetture cosiddette
ieroniane (Templi di Megara Hyblaea e di tauromenion).
Due ediici che presentano afinità tali da poter essere ricondotti allo stesso orizzonte cronologico, collocabile nella prima fase dell’Ellenismo (seconda metà del iv sec. a.C.), sono l’Asklepieion
di Agrigento e il Tempio B di Selinunte.
Della trabeazione dell’Asklepieion di Agrigento si conserva, insieme ad alcuni frammenti del fregio dorico, il blocco angolare del geison e della cornice rampante. Il geison presenta alla base del sofitto
un listello sormontato da una cyma reversa e un proilo ‘a becco di civetta’ (ig. 21); la sima è superiormente terminata da una cyma recta, nella quale sui lati lunghi erano inseriti i doccioni leonini166.
Sulla forma della sima si basa la proposta di datazione di von Sydow alla seconda metà del iv sec.
a.C., suffragata dai dati di scavo167, e confrontabile con un analogo frammento architettonico
165. sydow 1984.
166. I doccioni erano inseriti in appositi fori praticati nella
sima mediante un coppo a sezione quadrata con un canale
all’interno, v. de miRo 2003, p. 40. La stessa soluzione è
stata di recente evidenziata da una revisione degli elementi
architettonici conservati presso il Museo Salinas di Palermo
per il Tempio B di Selinunte, v. mARconi 2012, p. 281.
167. de miRo 2003, p. 22 e 41.
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21. Agrigento. Tempio di Asklepio, cornice rampante.
Da Sydow 1984.
22. Frammento del geison-sima frontonale del Tempio B di Selinunte.
Palermo, Museo Archeologico Regionale ‘A. Salinas’.
Da Marconi 2012.
proveniente da Camarina del Museo di Siracusa datato al 325 a.C.168. Come nota lo studioso,
infatti, la datazione recenziore proposta dalla Shoe al iii sec. a.C.169, in un momento in cui la sima
con proilo a gola dritta viene prevalentemente sostituita dall’uso di quella a gola rovescia tipica
dell’architettura ieroniana, avrebbe inspiegabilmente isolato l’ediicio.
Questa forma della sima, diffusasi in Grecia a partire dalla seconda metà del v sec. a.C.170, si
estende già dal tardo iv sec. a.C. in diverse regioni del mondo ellenistico, tra le quali l’Egitto, come
derivazione dell’architettura ionica — nella quale rappresenta una forma canonica — nell’ordine
dorico, con una tendenza nel corso del tempo a una maggiore sporgenza171, come appare evidente
nel Tempio B di Selinunte (ig. 22). In questo, infatti, il particolare della cyma della sima, costituita da una curva inferiore e da una superiore molto sporgente, è confrontabile con esempi di età
168. sydow 1984, p. 252-253, ig. 7-8.
169. shoe 1952, p. 20.
170. Cfr. coRReA moRAles 2000, p. 204-205.
171. PensAbene 1993, p. 98 s.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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ellenistica provenienti dal mondo orientale come ad esempio la sima dello Hieron di Samotracia172;
questo ha indotto gli studiosi a una proposta di datazione della decorazione del Tempio B di
Selinunte qualche decennio più tardi rispetto a quella dell’Asklepieion173, datazione che trova l’inequivocabile conforto dei dati derivanti dalle indagini stratigraiche eseguite di recente174.
Le stesse indagini, oltre a mettere in dubbio la ricostruzione di Hittorff di un tempio ionico
in antis175, hanno evidenziato come gli studi effettuati negli ultimi decenni sulla trabeazione
dell’ediicio erano stati in parte fuorviati da un pesante restauro non riconosciuto dagli studiosi176.
Ciononostante si nota come il geison, decorato inferiormente da un proilo a cyma reversa con sofitto con mutuli e guttae disposte su tre ile in numero di sei e agli angoli una rosetta, è un elemento
particolarmente diffuso a partire dalla ine del v sec. a.C. in ediici dorici della Grecia177 in unione
con una regolare disposizione delle guttae in tre ile da sei178.
A una fase cronologicamente posteriore e che costituisce l’ultimo momento di sperimentalismo di nuove forme decorative in Sicilia destinate ad avere una rapida diffusione ben oltre
l’isola179, sono riconducibili i frammenti di decorazione appartenenti ai templi di tauromenion e
Megara Hyblaea; essi sono i migliori esemplari conservati di quella che ha meritato la deinizione
di Hieronian moulding180. Di ambo i templi, dei quali si conservano alcuni rocchi di colonne con
scanalature doriche ma nessun capitello, rimangono signiicativi frammenti di geison e sima lavorati
in un unico blocco, caratterizzati da due elementi in particolare: il kyma cosiddetto ieroniano alla
base del geison e il proilo della sima a cyma reversa.
Il kyma ieroniano viene ormai concordemente ritenuto dagli studiosi la ripresa di un elemento decorativo arcaico di cui si conoscono molteplici attestazioni in Sicilia181: l’unione dell’astragalo all’ovolo è già attestata a Megara Hyblaea in un sarcofago arcaico182 e dai frammenti di
decorazione di un sacello e di un monumento funerario entrambi arcaici183; un altro antecedente
può essere visto in un frammento della decorazione dell’Aphrodision di Akrai184 e in un elemento
arcaico reimpiegato nel teatro di iv sec. a.C. di Morgantina nel quale un doppio proilo a ovoli è
collocato in funzione di coronamento del muro185. La ripresa dei motivi arcaici appare piuttosto
evidente, se si considera ad esempio che il particolare dello stelo rilevato e non inciso nel kyma di
tauromenion (ig. 23) indusse la Shoe a datarlo in età arcaica; ciò nondimeno sono oltremodo evidenti le sostanziali differenze rispetto agli esempi arcaici, già messe in rilievo nello studio di Vallet e
172. P. w. lehmAnn, samothrace, 3. the Hieron, Princeton, 1969, tav. 99. Per altri confronti v. sydow 1984, p. 253,
n. 72.
173. sydow 1984, p. 283; già la recenziorità della cornice
selinuntina era evidenziata dalla shoe 1952, p. 20.
174. Sulla base dei dati derivanti dai saggi che hanno
indagato il terrazzamento sul quale sorge l’ediicio, questo si
data con certezza tra il 310 e il 290 a.C., v. mARconi 2012,
p. 284.
175. «nessun elemento riferibile a colonne ioniche è stato
mai rinvenuto in corrispondenza delle rovine del Tempio B»,
mARconi 2012, p. 281; per una discussione più ampia sulla
ricostruzione di Hittorff v. mARconi 2008, p. 59-91.
176. mARconi 2012, p. 280.
177. hellmAnn 2002, p. 179 s.
178. hellmAnn 2002, p. 179 s.; una simile disposizione
regolare di mutuli e guttae, per altro con lo stesso numero è
attestata in molteplici ediici dell’Asia Minore: Rumscheid
1994, p. 314.
179. Per una bibliograia essenziale sulla diffusione dello
‘Stile Ieroniano’ v. g. Rocco, guida alla lettura degli ordini
architettonici antichi I. Il dorico, Napoli, 1994, p. 96, n. 49.
180. La deinizione data da L. Shoe in realtà non comprendeva la modanatura del Tempio Periptero di Taormina, datato
dalla studiosa al vi sec. a.C.: shoe 1952, p. 91 s.
181. vAllet, villARd 1966, p. 56.; sydow 1984, p. 282.
182. shoe 1952, ig. 17.
183. vAllet, villARd 1966, p. 56, tav. 93-94,1.
184. L. beRnAbò bReA, Il tempio di Afrodite di Akrai (cahiers
du centre Jean-bérard, 10), Napoli, 1986, ig. 38.
185. R. stillwell, «Excavations at Morgantina (Serra
Orlando) 1962: Preliminary Report VII», AJA, 67, 1963,
p. 163-171, tav. 33,1; cfr. vAllet, villARd 1966, p. 56 n. 9;
sydow 1984, p. 282.
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Leonardo Fuduli
23. Taormina. Tempio Periptero, kyma ieroniano.
© L. Fuduli.
Villard, quali: la presenza dell’astragalo al di sotto delle foglie, le perle ovali e non rotonde, le foglie
dai bordi spessi e larghi186.
La sima, lavorata insieme con il geison, appare fortemente aggettante nel Tempio di Megara
Hyblaea nel quale era decorata da teste leonine prive, però, di funzione di gocciolatoio (ig. 24).
È possibile a tal proposito rilevare, in particolare considerando l’ediicio di Megara Hyblaea che
si conosce meglio, una certa propensione al decorativismo che si evidenzia nella scelta dell’inserimento del kyma ma che è ancor più evidente nella cornice rampante e nella modanatura che
contorna la porta d’ingresso alla cella.
L’esame delle modanature, dai caratteri fortemente peculiari, fa propendere gli studiosi a
considerare gli ediici come facenti parte della stessa baupolitik ieroniana187 — anche se questa
attribuzione presenta non pochi punti deboli; se è innegabile il legame delle modanature esaminate
con l’orizzonte siracusano — basti ricordare che il materiale utilizzato a Taormina è calcare bianco
di Siracusa — non è possibile attribuirli tout court a iniziativa regia senza una sicurezza proveniente
da dati più certi188.
Un’eco del kyma ieroniano in ambito magnogreco, al di là delle molteplici attestazioni cui si
è fatto cenno189, può essere ravvisato nel Tempio di Apollo Aleo di Cirò nel quale una modanatura
costituita da un grosso tondino tra due listelli alla base del geison, interpretata da Mertens come
una forma abbreviata di un ovolo, occupa la stessa posizione alla base del geison nella quale si trova
nel kyma ieroniano190.
186. vAllet, villARd 1966, p. 54 s. Gli studiosi proponevano una datazione al rialzo dei frammenti taorminesi tra la
ine del iv e gli inizi del iii sec. a.C.
187. sydow 1984, p. 340 s.; hesbeRg 1994, p. 31.
188. cAmPAgnA 2004, p. 153-155, 162-164.
189. Vedi supra, p. 329.
190. meRtens 1993, p. 66 s.
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24. Megara Hyblaea, frammento di geison con kyma ieroniano.
© L. Fuduli.
Gli elementi che chiudono questa rapida rassegna provengono dal più problematico ‘Oratorio
di Falaride’ il quale, pur utilizzando per la prima volta in Sicilia il podio di tipo etrusco-italico, è
ascrivibile nella tradizione ellenistica dell’isola per quanto concerne l’apparato decorativo di cui si
hanno cospicui elementi.
La decorazione del coronamento del podio con cyma reversa può essere letta nel quadro
delle architetture dell’Italia centro-meridionale: la sua associazione a podi di ediici italici risale
alla prima metà del iii sec. a.C. cioè successivamente all’estensione del dominio romano sull’Italia
Meridionale; essa viene primariamente impiegata a decorare il coronamento del podio, come ad
esempio nel Tempio C di Largo Argentina e nel Tempio di Lanuvio, mentre un suo impiego, sia
alla base sia come coronamento del podio come nel caso del tempio agrigentino, si ha in alcune
tombe pestane che cronologicamente si collocano successivamente alla deduzione della colonia
nel 273 a.C.191. La decorazione del podio sembra essere riecheggiata da quella con cyma reversa
dell’adiacente altare posto in asse con l’ediicio192.
Oltre alla decorazione del podio e alcuni brani di un fregio dorico, sono ben visibili le ante e le
lesene angolari con base ionico-attica e capitello d’anta dorico e della trabeazione un blocco di cornice con decorazione in Hieronian style e sima a cyma reversa, datata da W. von Sydow al 100 a.C. ca.193
Si evince pertanto il carattere misto della decorazione dell’ediicio nella quale appaiono uniti
insieme elementi di tradizioni differenti similmente ad altri ediici dell’orizzonte siciliano, come
i templi di tauromenion e Megara Hyblaea. La presenza del podio, un elemento che sicuramente
191. L. T. shoe, «Etruscan and Republican Roman mouldings», MAAR, 28, 1965, p. 1-232, sp. 143 s.; ig. 30, 32.
192. L’altare, che si colloca a una distanza di 13 m dalla
fronte est del tempio, si imposta su una pedana di prothysis con i gradini ad ovest: esso è decorato da stucco e
presenta decorazione con cyma reversa analogamente al tempio,
cfr. vAnARiA 1992, p. 12-13.
193. V. sydow 1984, p. 295, 298, ig. 45, tav. 85,3; da
ultimo de miRo, FioRentini 2011, p. 32-33, n. 1, ig. 7-8.
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Leonardo Fuduli
25. S. Marco D’Alunzio. Rocchio di colonna in pietra calcarea dall’area del tempio ellenistico.
© L. Fuduli.
colloca l’ediicio in un più ampio contesto, che è quello dell’architettura romana dell’Italia meridionale, rimane l’unico elemento che viene inserito in un ediicio che si presenta in tutti i suoi aspetti
come pienamente ellenistico194.
A complemento di questa seppur breve disamina sembra utile accennare a un piccolo gruppo
di elementi architettonici provenienti dall’area del cosiddetto ‘Herakleion’ di S. Marco d’Alunzio,
rinvenuti in circostanze non meglio note, la cui attribuzione allo stesso è solo ipotetica. Potrebbero
appartenere alle colonne del tempio in antis 195 i due rocchi in pietra calcarea, attualmente ai lati
dell’ingresso dello stesso, che presentano un’altezza di 1 m ca., un diametro di 0,75 m, venti scanalature a spigolo vivo ed empolion sul piano di attesa (ig. 25)196.
È molto più probabile l’appartenenza alla trabeazione del tempio di due elementi piuttosto
frammentari attualmente custoditi all’interno dello spazio della cella: un frammento di un triglifo
e un frammento di cornice197.
Il triglifo (ig. 26), realizzato nel calcare poroso dal colore biancastro in cui sono anche i
blocchi del tempio, presenta uno sviluppo verticale, con un rapporto altezza larghezza di 2/3 ed è
scolpito nello stesso blocco della metopa liscia; esso è costituito da costole dal proilo smussato,
due glii dalla sezione triangolare e proilo superiore dritto (?), completato superiormente da una
corona liscia. Sebbene non sia facile contestualizzare questo elemento nella quasi totale assenza
di confronti stringenti, è possibile accostarlo al fregio di Megara Hyblaea, innanzitutto per i dati
metrici198, poi per il disegno della sezione orizzontale piuttosto vicino al nostro, con l’unica variante
194. Per gli ediici su podio v. supra, p. 324 s.
195. Per l’ipotesi relativa alla tipologia della pianta del tempio come in antis v. supra, p. 317.
196. cfr. l. Fuduli, «Su alcuni ediici antichi dal territorio
di Alontion», geoarcheologia, 2007, p. 95-115, sp. 105. Non si
ha più notizia «di un rocchio di colonna, e un blocco rovesciato
della forma di un capitello di ante» visto da A. Salinas «nella
strada per la quale si sale a S. Marco, prima di arrivare a questa
chiesa», sAlinAs 1880, p. 193.
197. Di entrambi gli elementi inediti si forniscono qui le
misure. Triglifo: altezza 59 cm; larghezza 50 cm; spessore 32 cm.
Cornice: altezza 57 cm; larghezza 91 cm; spessore 105 cm.
198. La misura dell’altezza dell’assise del fregio del tempio di Megara Hyblaea è di 58,7 cm, quella del blocco da
S. Marco d’Alunzio di 59 cm, cfr. vAllet, villARd 1966,
p. 16.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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26. S. Marco D’Alunzio. Frammento di triglifo dall’area del tempio ellenistico.
© L. Fuduli.
27. S. Marco D’Alunzio. Frammento di architrave dall’area del tempio ellenistico.
© L. Fuduli.
rappresentata dall’assenza del iletto a completare il proilo superiore dei glii. L’insieme di questi
elementi suggerisce una datazione nell’alveo del medio-ellenismo e potrebbe essere un indicatore
cronologico per la datazione del tempio che appare ancora incerta199.
Senza dubbio più controversa è l’attribuzione all’ediicio di un frammento di architrave a
due fasce realizzato (ig. 27), diversamente dal precedente, in Rosso S. Marco. La differenza del
supporto materiale dei due frammenti crea delle dificoltà nel ritenerli parte della medesima trabeazione, anche ammettendo una copertura degli stessi a stucco. L’architrave a due fasce poi, sarebbe
199. Per i problemi connessi alla cronologia v. infra, p. 339 s.
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Leonardo Fuduli
28. Halaisa. Capitello corinzio-italico dal Tempio A, depositi della Soprintendenza.
Foto dell’Archivio della Soprintendenza ai BB. CC. di Messina.
di certo insolita nell’ambito di un ediicio di ordine dorico, ragione per cui conviene allo stato delle
conoscenze quantomeno continuare a dubitare della pertinenza di questo elemento al tempio.
Sono pochissimi i frammenti pertinenti alla decorazione del Tempio A di Halaisa due dei
quali, rinvenuti successivamente allo scavo di Carettoni200, appartenenti a un capitello corinzio
(ig. 28)201 del quale restano solo i blocchi con la parte inferiore del kalathos. Nonostante la mancanza di buona parte del pezzo, esso dal punto di vista tipologico rientra nell’ambito dei capitelli
corinzio-italici di prima fase come risulta dal trattamento dell’apparato fogliaceo con i risvolti delle
foglie dai contorni morbidi e ancora perfettamente distinti in lobi e dalla presenza dell’elice tubolare; esso può essere datato con probabilità non oltre l’inizio del i sec. a.C.202. Il capitello si segnala
nel panorama siciliano per due motivi: senz’altro per la pregevole fattura, evidente sotto il proilo
tettonico — con lo sviluppo delle foglie a ‘S’ tangenti al kalathos — e stilistico con una predilezione
per la resa delle foglie con pochi tratti al loro interno in contrasto con i contorni mossi delle stesse
che creano zone d’ombra; in secondo luogo per il fatto di essere lavorato su due blocchi, a una
prima analisi, infatti, la parte superiore era realizzata su un altro blocco.
I CULTI
Non può non essere fatto, anche se sotto forma di breve rassegna, un accenno alle ipotesi
formulate relativamente ai culti praticati negli ediici stessi sui quali, talvolta, è stato aperto un
dibattito ancora non del tutto estintosi. L’identiicazione del culto è sempre stata nella storia degli
200. cARettoni 1961, p. 316, cita solo due frammenti di
cornice non meglio speciicati.
201. Il capitello (altezza cm 23; spessore 40,2) ancora inedito è insieme agli altri frammenti provenienti dal Tempio A in
corso di studio.
202. A. villA, I capitelli di solunto, Roma, 1988, p. 44-45;
v. anche H. lAuteR-buFe, die geschichte des sikeliotisch-korinthischen Kapitells, Mainz, 1987, p. 58 s.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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ediici templari siciliani, specie se inseriti in contesti urbani moderni, quasi un obbligo dettato dal
tentativo di giustiicare l’esistenza del tempio stesso. Da questo derivano talvolta delle forzature che
si sono poi tramandate in letteratura senza le necessarie discussioni. L’analisi dei dati disponibili
e delle nuove acquisizioni è utile per arricchire, quanto più possibile, il quadro dei culti praticati
specie negli ediici costruiti ex novo che rispondono a un clima di religiosità mutato rispetto ai
secoli precedenti: di seguito si procederà a trattare prima degli ediici per i quali i dati consentono
di identiicare la divinità di culto e poi quelli presso i quali ciò è ancora del tutto oscuro.
Piuttosto sicura sembra l’identiicazione del culto praticato presso l’Asklepieion dell’antica
Akragas203 che trova il conforto del dato storico in una citazione di Polibio (I, 18). Lo storico riferendo delle vicende dell’assedio della città del 262 a.C., da parte dell’esercito romano accampato
nei pressi del santuario, scrive che questo era situato a otto stadi a sud di essa. Tale notizia di carattere topograico si rivela autentica se si considera che il tempio è l’unico ediicio posto fuori dalla
città; ma fornisce anche un dato cronologico dal momento che bisogna supporre che il santuario
nella prima metà del iii sec. a.C. fosse già stato costruito. Un altro riferimento illustre ci consente
di stabilire che il santuario è ancora aperto al culto nel i sec. a.C.204, come si deduce dall’orazione
ciceroniana In gaium Verrem (IV, 93) a proposito della sottrazione al tempio da parte del governatore dell’isola dell’Apollo di Mirone.
Altamente probabile è l’identiicazione del serapieion di tauromenion, per il quale molteplici
sono i rinvenimenti che fanno propendere per il culto della divinità egizia205. Il primo di questi documenti è costituito da un’iscrizione in greco, rinvenuta nel 1861 presso la chiesa di S. Pancrazio, e
oggi esposta presso l’Antiquarium del Teatro, incisa su una risega di un blocco calcareo con dedica
a Hestia206: nell’iscrizione si fa menzione alle παραστάδες Σαράπιδος, presso le quali è posta
l’offerta, che costituisce un chiaro riferimento a un luogo consacrato al dio, che il termine stesso
utilizzato — parastas — indica dover essere preceduto da un portico (in antis o prostilo). La dea,
magniicata nell’ultimo distico dell’iscrizione, è di sicuro identiicabile con Iside, sulla base di una
casistica piuttosto ampia e attestata in documenti di varie epoche207. In tal caso l’iscrizione costituisce la prova dell’esistenza in tauromenion del culto della dea in associazione a quello di Serapide,
ulteriormente provato da una iscrizione in latino, rinvenuta nel 1867 nello stesso luogo di questa,
che reca la dedica alla coppia egizia208.
Un ulteriore dato che prova la correttezza di questa attribuzione è una statua marmorea di
igura femminile recuperata lo stesso anno e anch’essa al Museo Archeologico di Palermo, nella
203. de miRo 2003, p. 63 s.
204. Sulla base dei dati archeologici la data di abbandono
deinitivo del santuario si colloca nel iv sec. d.C. in coincidenza con l’affermarsi del Cristianesimo, de miRo 2003,
p. 42.
205. Per un esame delle testimonianze relative alla pratica
dei culti egizi a Taormina e in Sicilia v. sFAmeni gAsPARRo 1973,
p. 73-77 e 223-226; sFAmeni gAsPARRo 2006, p. 251-328.
206. Ig, XIV, 433. V. anche g. mAngAnARo, «Ricerche
di epigraia siceliota», sicgymn, 14, 2, 1961, p. 175-198, sp.
177-180, ig. 2.
207. g. mAngAnARo, «La dea della casa e la Euphrosyne
nel Basso Impero», Archcl, 12, 1960, p. 189-207; sFAmeni
gAsPARRo 1973, p. 75.
208. cIl, X,2 6989. L’iscrizione, oggi al Museo Archeologico di Palermo, è in latino e si trova su una piccola base
marmorea, sulla quale con ogni probabilità si trovava l’oggetto dedicato a Iside e Serapide, probabilmente una statua. La dedica attesta anche per l’età imperiale — è infatti
datata al i-ii sec. d.C. — l’esistenza del culto del dio venerato insieme con la dea paredra, l. bivonA, Iscrizioni latine
lapidarie del Museo di Palermo, Palermo, 1970, n. 50. Sull’iscrizione v. anche Roussel 1915-1916, p. 56 s., e P. gAllo,
«Luoghi di culto e santuari isiaci in Italia», e. ARslAn
(ed.), Iside. Il mito, il mistero, la magia, Napoli, 1997,
p. 290-296.
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quale è stata identiicata una sacerdotessa isiaca, elemento a favore dell’esistenza di un clero organizzato per il culto delle divinità egizie209.
Meno certa è l’identiicazione del culto praticato presso il Tempio dell’agorà di Megara
Hyblaea del quale pochissimo si conosce. Il rinvenimento nella trincea di fondazione di uno skyphos italiota a igure rosse, di dimensioni considerevoli, recante l’iscrizione [Ἀφροδί]ται ανέθεκε
ha indotto gli studiosi a pensare che si trattasse di Afrodite, ma come sottolineano Vallet e Villard
non è certo se riferirla al naiskos o al tempio210. Anche la scoperta di alcuni frammenti di una
statua — una testa e due mani femminili, e l’avambraccio di bambino — farebbero pensare a
un gruppo di Afrodite ed Eros, del tipo frequente su specchi e su terrecotte corinzie del iv sec.
a.C. Nonostante sia certo il fatto che abbia avuto un valore religioso, le proporzioni ridotte non
consentono di vedere una statua di culto, ma più probabilmente un’offerta o un acroterio.
Contro questa ipotesi Rieman nota come l’attribuzione ad Afrodite del culto praticato nel
tempio contrasterebbe con quanto resta di un acroterio che coronava l’ediicio, costituito da
un’aquila, più pertinente di certo a un tempio di Zeus211; questa interpretazione potrebbe costituire una prova, data l’importanza del dio nell’ambito della ideologia ieroniana, dello stretto
legame con il modello siracusano del cui tempio dell’agorà, dedicato a Zeus, quello di Megara
sarebbe una ripresa212.
Ancora più povera di elementi risulta l’identiicazione del culto del Tempio Periptero di
Taormina, spesso accostato negli studi al precedente per via del suo Hieronian moulding; di esso piuttosto generiche sono le ipotesi avanzate relative all’individuazione del culto di Zeus o di Apollo213.
Qualche nuovo dato deriva dall’unico ediicio indagato più di recente in maniera completa: il
Tempio B di Selinunte. Nonostante la mancanza di dati certi, molti sono gli studiosi che in passato
si erano pronunciati in merito formulando diverse ipotesi, nella maggior parte dei casi prive di fondamento: Empedocle per Hittorff e Zanth, Demetra e Poseidon per Picard, Poseidon per Pareti214.
L’ipotesi di Demetra è stata di recente ripresa da Marconi sulla base di alcuni ritrovamenti ceramici
da un saggio nel Tempio R, posto immediatamente a ovest, del quale il nostro potrebbe avere ereditato le funzioni cultuali215.
Storicamente più articolata è la identiicazione del culto del cosiddetto ‘Herakleion’ di S. Marco
d’Alunzio, le cui vicende risalgono piuttosto indietro nel tempo. La paternità dell’attribuzione al
culto di Herakles si deve al Meli sulla base di un’iscrizione posta su un basamento recante il genitivo
ΗΡΑΚΛΕΙΟΥ216, che ha indotto la maggior parte degli studiosi, sottintendendo il sostantivo ναός più
209. n. bonAcAsA, Ritratti greci e romani della sicilia,
Palermo, 1964, p. 100, 128, tav. LVIII, 3-4; XCII, 4; sFAmeni
gAsPARRo 1973, p. 225-226, 195.
210. vAllet, villARd 1966, p. 61 s.
211. RiemAnn 1971, p. 706.
212. Questa interpretazione dei dati, non priva di punti da
chiarire, è analizzata in cAmPAgnA 2004, p. 162-163.
213. La proposta di un culto di Apollo è in m. bell iii,
«Roman Sicily», JRA, 7, 1994, p. 371-382, sp. 376, n. 16. Per
una discussione relativa all’identiicazione del culto del Tempio Periptero v. cAmPAgnA 2004, p. 162-163.
214. v. tusA, «Le divinità ed i templi di Selinunte», Kokalos,
13, 1967, p. 186-193, sp. 188-189. V. anche Ch. PicARd, «Sur
l’identiication des temples de Selinonte : plateau de Marinella», RA, 1936, p. 12-15; hittoRFF, ZAnth 1870, p. 78 s.
215. Si tratta di una grande quantità di materiali ceramici tra
i quali lo studioso cita pissidi e kotylai con scene di frauenfest,
mARconi 2012, p. 284; da ultimo v. mARconi 2014, p. 263-271.
216. A. meli, Istoria antica e moderna della città di s. Marco
(O. Bruno ed.), Messina, 1984, p. 54, 68-69 n. 14, sosteneva
che l’iscrizione rinvenuta nell’area del tempio dal Gualtherius
(g. guAltheRius, siciliae et obiacentibus insularum et bruttiorum antiquae, Messina, 1624, n. 316) costituisse l’elemento
probante la dedica del tempio a Herakles, non è chiaro se l’iscrizione sia la stessa riportata da sAlinAs [1880, p. 192-193,
n. 6], che è pubblicata nello studio di t. mAnni PiRAino,
Iscrizioni greche lapidarie del Museo di Palermo (sikelika, VI),
Palermo, 1973, p. 67, cat. n. 42, tav. XXVI, o se invece si tratta
di due diverse iscrizioni come riportato da g. KAibel, Inscriptiones graecae siciliae et Italiae, Berlino, 1890, n. 369, 370.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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o meno propriamente, a ritenere il tempio dedicato all’eroe. In realtà sull’iscrizione, della quale l’esatto
luogo di rinvenimento non è precisato dagli studiosi, gravano problemi interpretativi dovuti principalmente al testo guasto in alcuni punti, che rendono la stessa non valutabile in termini assoluti.
Tra i rinvenimenti sporadici riferibili all’area sacra sulla quale il tempio insisteva si ha notizia
del rinvenimento di una rafigurazione su pietra di una scena di lotta (Eracle?), oggi perduta217, e di
una piccola testa femminile in marmo velato capite, oggi al Museo Archeologico di Siracusa, sicuramente di età ellenistica218 che però, non essendo stata precisamente identiicata, non aggiunge nulla
al problema del culto del tempio.
Il problema del culto non è stato, tra l’altro, discusso criticamente dagli studiosi successivi
che hanno accettato l’identiicazione dell’ediicio come un Herakleion senza discussione. Bernabò
Brea a sostegno dell’ipotesi di Meli osserva la ricorrenza sulle monete cittadine del tipo di Herakles
che ne sarebbe, a suo dire, la principale divinità e quindi il probabile titolare del tempio219. Da ciò
si evince, in maniera piuttosto evidente, che non vi sono elementi probanti per affermare con certezza l’attribuzione ad Herakles, certamente suggestiva. Se è certo che nell’antica Halontion il culto
dell’eroe fosse diffuso, come sembra provato dalla citata iscrizione e dai tipi monetali, non ci sono
suficienti elementi per ritenere il tempio sede di un culto dell’eroe, considerata la sicura presenza
nella città antica di altri ediici di culto uno dei quali poco distante dal nostro.
Un altro caso in cui l’identiicazione del culto praticato risulta essere affatto incerta è rappresentato dal Tempio A di Halaisa. Nonostante le attestazioni nella città della presenza di un culto di
Apollo220, probabilmente di diretta derivazione dalla madrepatria Erbita, non sembrano esserci elementi sicuri per identiicare lo ἱερὸν τοῦ Ἀπόλλονος citato nella tabula Halaesina con il Tempio A,
parzialmente indagato da Carettoni agli inizi degli anni 1960221. Quest’ultima fonte, infatti, che
vuole il Tempio di Apollo addossato alle mura urbiche non corrisponderebbe alla situazione topograica del Tempio A distante da queste 100 m ca.222
Non molto si può aggiungere sugli altri ediici (i templi di Eloro, Piano Cuppa a S. Marco
D’Alunzio, tempietto in summa cavea di Taormina, Iaitas e Noto) per i quali pochissimi o nulli sono
gli elementi che consentono di avanzare qualsiasi ipotesi sulle pratiche di culto.
Tra questi però qualcosa in più è possibile dire per il cosiddetto ‘Oratorio di Falaride’ che
costituisce un caso a sé non essendo concordi i pareri sulla sua interpretazione come tempio.
Secondo Marconi l’ediicio, di cui fornisce le misure, la pianta e i disegni ricostruttivi, è
da interpretare come un Heroon o una tomba monumentale degli inizi del i sec. a.C., costituito da
una camera sepolcrale sulla quale era innalzato un tempietto per il culto del defunto; ciò sarebbe
provato anche da un’iscrizione latina dedicata a una matrona romana rinvenuta nelle vicinanze,
non è detto dove con esattezza, ma ritenuta, senza alcuna spiegazione, pertinente all’ediicio223.
217. lo cAstRo 2002, p. 29.
218. Per la testina v. beRnAbò bReA 1975, p. 14 e ciuRcinA
2006, p. 91-93.
219. beRnAbò bReA 1975, p. 13.
220. Per una rassegna delle fonti completa sull’identiicazione del culto di Apollo v. FAcellA 2006, p. 318.
221. L’identiicazione del Tempio A con quello di Apollo
citato da Diodoro (XIV, 16, 4), già in cARettoni 1961,
p. 313, è anche in wilson 1990, p. 26, n. 80, sulla base di
tipi monetali e da ultimo in A. m. PRestiAnni giAllombARdo,
«Società ed economia in Alesa Arconidea», A. m. PRestiAnni
giAllombARdo (ed.), colloquio Alesino. Atti del colloquio, tusa
s. Maria delle Palate 27 maggio 1995, Catania, 1998, p. 70
n. 16. Tra i materiali elencati provenienti dallo scavo l’unico
elemento che potrebbe essere un indizio del culto di Apollo
è costituito da una statuetta di Artemide (tardo-ellenistica?),
cARettoni 1961, p. 316.
222. Per questo v. FAcellA 2006, p. 318, n. 9.
223. P. mARconi, «L’oratorio di Falaride», nsc, 1923,
p. 106-118, ig. 11-14, tav. IV; mARconi 1929, p. 123-124,
ig. 75-78.
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M. Torelli, più di recente, sostiene che la costruzione del tempio, posta in un luogo così signiicativo
nell’ambito della città antica, abbia un importante valore simbolico di piaculum, come di luogo di
culto, per espiare la soppressione di uno spazio pubblico più antico, innalzato all’indomani della
deduzione della colonia nel 197 a.C., scartando l’ipotesi di attribuzione dell’iscrizione di dedica
sostenuta da Marconi224.
PROBLEMI DI CRONOLOGIA
Sotto il proilo cronologico il panorama dell’architettura templare ellenistica della Sicilia
appare piuttosto incompleto considerando il fatto che sono ancora pochi gli ediici che dopo attente
analisi, specie stratigraiche, possono essere ancorati a una salda cronologia: tra questi l’Asklepieion
di Agrigento (iv sec. a.C., seconda metà), il Tempio B di Selinunte (310-290), il Tempio di Eloro
(iv sec. a.C.)225, il Tempio di Megara Hyblaea (iv sec. a.C., prima metà), l’Oratorio di Falaride
(ii sec. a.C., seconda metà), il Tempio di Iaitas (ii sec. a.C.) e il più modesto naiskos di Noto (iii sec.
a.C.), sui quali non ci si soffermerà in questa sede rimandando alla relativa bibliograia226.
Tutti gli altri templi dell’isola presi in esame, infatti, seppur certamente realizzati in età ellenistica, come deducibile dall’analisi planimetrica o delle partiture decorative, forniscono pochi e
tutt’altro che saldi elementi in base ai quali formulare una cronologia più certa.
È il caso di Taormina che, come anticipato, fu certamente interessata in età ellenistica da un
programma di monumentalizzazione del quale sono testimonianza i tre ediici templari, uno dei
quali periptero. La cronologia di quest’ultimo è generalmente legata alla datazione degli elementi
architettonici decorativi già descritti: non si dispone, infatti, di alcun dato emerso dallo scavo ottocentesco dell’ediicio. Dal saggio effettuato all’interno della chiesa nel 1976 non è possibile ricavare
elementi utili per formulare un’ipotesi della data di costruzione dell’ediicio227, mentre il recente
saggio dell’Università di Messina, ancora in corso di pubblicazione, ha fornito dei dati più precisi
circa la data di costruzione da collocare tra la metà e la seconda metà del iii sec. a.C.228.
La proposta di datazione formulata da W. von Sydow ne sottolinea il legame con l’ambiente siracusano indicando come data il 260 a.C., data quasi contemporanea a quella ipotizzata dallo stesso per
le modanature del Tempio di Megara Hyblaea, che insieme al Tempio di Taormina sarebbe parte del
programma della baupolitik di Ierone II229. Tale datazione rivela alcuni punti deboli, come è stato recentemente sottolineato da L. Campagna quali l’incertezza che grava sullo status di tauromenion rispetto
al regno ieroniano, non ancora ben chiaro, da cui la dificoltà di attribuire all’iniziativa del monarca la
costruzione dell’ediicio, e in secondo luogo la sequenza cronologica stabilita dallo studioso tedesco, in
224. coARelli, toRelli 1984, p. 153.
225. Sebbene non siano ancora stati pubblicati, i dati di
scavo consentono di datare l’ediicio con certezza al iv sec. a.C.
G. Voza, infatti, sostiene che esso venga realizzato nel corso del
iv sec. a.C. su ambienti pertinenti ad abitazioni, databili tra la
ine del v e gli inizi del iv sec. a.C., chiaramente obliterate per
far posto al complesso santuariale, che è poi interessato agli
inizi del ii sec. a.C. dalla costruzione della stoa settentrionale,
voZA 1980-1981, p. 685-688.
226. Per la cronologia di questi ediici si rimanda alle relative edizioni degli stessi.
227. A tal proposito v. SAntAngelo 1950, p. 60; per il saggio all’interno della chiesa v. PelAgAtti 1976-1977, p. 545-547.
Da questo sono emersi solo frammenti di ceramiche acrome e
piatti attribuibili a una frequentazione in età tardo-repubblicana
e frammenti di terra sigillata A riferibili a età medio-imperiale.
228. Alcuni dati preliminari sono in cAmPAgnA 2012,
p. 105-121, sp. 109-110.
229. V. sydow 1984, p. 280 s., p. 348-349, n. 10-11, e
supra, p. 317 s.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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base alla quale l’ediicio, insieme con il Tempio di Megara Hyblaea, si collocherebbe, in maniera poco
convincente, prima dei grandi interventi edilizi siracusani e in piena prima guerra punica230.
Rimanendo nel campo delle ipotesi, se è altamente probabile ritenere l’ediicio nell’ambito
di una certa inluenza, non necessariamente di tipo politico, esercitata da Siracusa su Taormina, la
cronologia proposta da W. von Sydow al momento la più probabile, andrebbe sì rivista ma alla luce
di nuove indagini stratigraiche da effettuarsi sull’ediicio taorminese o su eventuali altri siracusani.
Ancora minori sono i dati derivanti dal serapieion per il quale il solo dato noto è rappresentato dall’iscrizione in greco con dedica a Serapide e Hestia rinvenuta nel 1861 e datata, in base ai
caratteri epigraici, alla media età ellenistica (iii-ii sec. a.C.), cosa che potrebbe essere considerata
un terminus ante quem.
Strettamente legata al teatro della città è poi la cronologia del tempietto di summa cavea, non
essendoci alcuna notizia di elementi datanti rinvenuti nel corso dello scavo ottocentesco231. È certo
che l’ediicio viene obliterato dalla costruzione della galleria di summa cavea, prevista nell’ambito
delle trasformazioni del teatro di età imperiale232, evento che costituisce l’indiscutibile terminus
ante quem che pone quindi la costruzione in rapporto con la precedente fase dell’ediicio teatrale.
Riguardo alla cronologia della costruzione del teatro e delle sue vicende costruttive non vi sono
al momento elementi certi: l’ipotesi più probabile è che l’ediicio scenico sia stato realizzato nel
iii sec. a.C., forse su ispirazione di modelli siracusani, in tal modo il tempietto sarebbe da collocare
in questo vasto arco cronologico che va dal iii sec. a.C. alla sua obliterazione in età imperiale233. La
tecnica costruttiva dello stesso — blocchi squadrati in pietra locale messi in opera senza impiego di
malta — può inoltre accostarsi agli altri due templi di tauromenion. Non è possibile stabilire, visti i
poco chiari rapporti stratigraici, se il pavimento in signino attualmente visibile faccia parte dell’ediicio originario o sia frutto di un restauro successivo, dal momento che, com’è noto, questa particolare pavimentazione, dalle molteplici varietà, è attestata in Sicilia già a partire dal iii sec. a.C.,
come ad esempio a Monte Iato234. Per tali motivi, in attesa di chiarire la stratigraia del monumento,
ancora solo parzialmente scavato, la cronologia rimane legata a quella delle prime fasi del teatro.
Sulla base dei pochi dati disponibili, la cui povertà impone ogni cautela, sembra potersi ipotizzare che tutti e tre i templi della città risalgano a una fase di monumentalizzazione da collocare
nella media età ellenistica.
È allo stesso modo incerta la datazione del cosiddetto ‘Herakleion’ di S. Marco D’Alunzio,
del quale, nonostante la communis opinio lo ritenga di età ellenistica sulla base dei dati relativi allo
sviluppo della città noti dalle fonti letterarie e dai documenti numismatici235, non si possiede nessun
elemento saldo cui ancorare una cronologia sicura non essendo stato sottoposto a indagine archeologica speciica. Neanche dai materiali rinvenuti dal tempio è possibile ricavare degli elementi utili
ai ini di una datazione precisa: il rinvenimento di un gorgoneion frammentario, evidentemente di
età arcaica, potrebbe indurre a ipotizzare una fase del santuario precedente a quella nota, ma non
si hanno elementi certi che colleghino il reperto con l’ediicio236. La fabbrica del tempio ben si
230. cAmPAgnA 2004, p. 153-155, 162-164.
231. FioRelli 1880, p. 35-37.
232. seAR 1996, p. 43.
233. seAR 1996, p. 42; cAmPAgnA 2006, p. 19.
234. Cfr. h. P. isleR, «Monte Iato: mosaici e pavimenti»,
Atti del IV colloquio dell’Associazione Italiana per lo studio e
la conservazione del Mosaico, Palermo, 9-13 dicembre 1996,
Ravenna, 1996, p. 19-32, sp. 23; e. Joly, «Il signino in Sicilia:
una revisione», Atti del IV colloquio dell’Associazione Italiana per
lo studio e la conservazione del Mosaico, Palermo, 9-13 dicembre
1996, Ravenna, 1996, p. 33-38.
235. gAbRici 1927, p. 134; F. biAnco, «A proposito della
prima emissione bronzea di Alontion», AsM, 64, 1993, p. 5-18.
236. lo cAstRo 2002, p. 18.
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inserisce nel quadro dell’architettura templare greca di età ellenistica e più speciicatamente siciliana specie da un punto di vista planimetrico; appare interessante a tal proposito il confronto con
il serapeion di tauromenion, anch’esso conservatosi in maniera mirabile a causa della sua trasformazione in chiesa e che presenta delle dimensioni — 14 x 9 m — molto simili al nostro237. Pertanto,
pur se è certa la sua realizzazione in età ellenistica non vi sono elementi altrettanto certi per formulare una datazione più precisa.
A un orizzonte tardo-ellenistico risalirebbe la realizzazione del più sconosciuto fra i templi
analizzati quello di Halaisa, in una fase coincidente con la fase di monumentalizzazione della città
tra il ii e il i sec. a.C.238
n ot e co n cl u s I V e
La Sicilia ellenistica sotto il proilo dell’edilizia templare offre pertanto un quadro tutt’altro
che depresso nel quale si può delineare un’attività costruttiva che pervade tutta l’isola seppur in
fasi e modi diversi dalle epoche precedenti rispetto alle quali, certamente, sembrerà nettamente
inferiore solo se valutata con il metro del ‘gigantismo’ degli ediici.
Il periodo compreso tra il iv e il ii sec. a.C. è caratterizzato da una successione di avvenimenti
che sono causa di instabilità politica e di una eterogeneità delle condizioni delle varie città, interrotte nella parte orientale dell’isola solo dal lungo regno di Ierone e, dopo la seconda guerra punica,
dall’inizio del dominio romano. Ciononostante quel fervore costruttivo che era stato peculiare degli
ultimi due secoli prosegue con forme diverse arricchendo le città di ediici adatti ai nuovi usi nel
novero dei quali i templi occupano certamente una percentuale piuttosto esigua239.
Alle origini di questa contrazione pertanto non vi è una spiegazione univoca ma da una parte
fattori di tipo socio-economico e dall’altra una certa sicura inluenza esercitata dalla madrepatria
dove la riduzione di ediici peripteri è sensibile.
La questione però in Sicilia necessita di una puntualizzazione per la quale è utile prendere
come esempio i casi di Agrigento e Selinunte: si è infatti visto come la maggior parte dei templi di
queste città ripresero a svolgere la loro funzione durante gran parte dell’età ellenistica al punto che,
per alcuni come nel caso del Tempio I di Agrigento, sono attestati interventi di restauro promossi
probabilmente per un riadattamento al culto. Sebbene i dati al riguardo siano scarsi, l’utilizzo di
anche solo una parte del poderoso apparato templare durante l’età ellenistica in entrambe le città,
sconvolte dalle distruzioni cartaginesi, può forse fornire una delle motivazioni di questo decremento
dell’edilizia templare che conosce un’intensità quantomeno diversa in altre aree come Taormina nel
secolo successivo, dove di contro vengono realizzati tre ediici probabilmente nell’ambito dello
stesso piano di monumentalizzazione della città. Alla luce di questo l’assenza di ediici di nuova costruzione in Agrigento nel iv e iii sec. a.C., se si eccettua l’Asklepieion posto in posizione extraurbana,
o l’ediicazione del solo Tempio B a Selinunte potrebbero essere considerati come l’integrazione o il
237. Per un’analisi di entrambi gli ediici v. Fuduli 2012.
238. coARelli, toRelli 1984, p. 395; wilson 1990, p. 26 e
da ultimo FAcellA 2006, p. 199.
239. Per una visione d’insieme dell’architettura ellenistica
in Sicilia v. cAmPAgnA 2004, p. 15-34.
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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completamento di un patrimonio architettonico già esistente e probabilmente ancora in uso, anche
se solo parzialmente, rispetto al quale i nuovi ediici poco potevano di certo aggiungere in due città
che, tra l’altro, subirono una forte contrazione conseguente agli eventi.
La questione del decremento di ediici templari, più complessa che in altre aree del mondo greco,
va quindi letta in combinazione con più fattori che per il momento suppliscono alle mancanze derivanti
dalla ricerca archeologica ma che danno comunque l’idea di un problema di certo più articolato.
A una visione d’insieme i tre secoli dell’Ellenismo mostrano delle differenze dipendenti da
due variabili quella cronologica e quella geograica che consentono di individuare tre momenti
nell’ambito dei quali sono stati realizzati templi: il primo nella Sicilia centro-occidentale tra il iv e
il iii sec. a.C.; il secondo a Siracusa e nei centri della Sicilia orientale nel iii sec. a.C.; il terzo dopo
il completamento della conquista romana nell’isola. Questa distinzione rilette, nelle linee generali,
il mutamento dei modelli di riferimento e degli orientamenti del gusto, non scevri in più casi da
connotati ideologici.
I più antichi ediici realizzati tra il iv e iii sec. a.C. risentono fortemente di inlussi continentali, specie sotto il proilo decorativo, segnando in un certo senso una rottura con la tradizione
isolana. Questo dato potrebbe essere considerato un indizio della provenienza delle maestranze
d’oltremare giunte ad Agrigento forse dopo la rifondazione timoleontea della città e avere quindi
trapiantato un modello, poi riutilizzato anche a Selinunte nel Tempio B.
Il momento di maggiore attività dell’edilizia templare in Sicilia si registra però nel iii sec. a.C.
in coincidenza con il regno di Ierone II, la cui inluenza si estende certamente a tutto il versante
orientale dell’isola. Sotto la sua inluenza, che va probabilmente ben al di là dei suoi conini politici, si realizza in campo architettonico una sorta di revival dai forti connotati ideologici che ha lo
scopo di legittimare il nuovo regno attraverso un richiamo al passato locale. All’interno di ciò si
spiega la ripresa dello schema del periptero per il Tempio di Taormina — e forse per l’olympieion di
Siracusa — che sotto il proilo planimetrico-distributivo presenta un chiaro richiamo a modelli del
iii sec. a.C. Ciò può fornire una chiave di lettura riguardo la ripresa di planimetrie e la rielaborazione di forme decorative (kyma ieroniano) che trovano la loro giustiicazione in ambito locale e che
segnano una rottura rispetto agli ediici realizzati nell’isola tra il iv e il iii sec. a.C., profondamente
ispirati a modelli continentali, come l’Asklepieion di Agrigento.
Certamente il regno di Ierone II rappresenta un momento cruciale nell’ambito dell’architettura ellenistica e nella fattispecie per quella templare a tal punto che non è forse errato considerarlo
come spartiacque tra la fase compresa tra il iv ed il iii sec. a.C. e la fase del ii - i sec. a.C., quando
sono eretti templi che, nonostante il dominio romano, presentano una veste ancora totalmente
ellenistica, indice di un forte condizionamento da parte di una tradizione che mostra la sua vitalità
anche dopo la creazione della provincia.
Sebbeme i dati possano sembrare pochi, essi sono comunque suficienti per potere fare luce
su un settore della ricerca che si rivela tanto promettente dal punto di vista scientiico quanto estremamente complesso; un’adeguata indagine di questo porterà al completamento con un tassello
importante della storia dell’architettura greca di occidente.
Leonardo Fuduli,
università di Messina,
dipartimento di civiltà Antiche e Moderne,
Polo universitario dell’Annunziata,
I - 98168 Messina.
lfuduli@unime.it
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Leonardo Fuduli
AbbReVIAZIonI bIblIogRAfIcHe
bAcci 1980-1981
bAcci 1982
becKeR 2003
beRnAbò bReA 1975
bousQuet 1952
bRuneAu, ducAt 2005
cAmPAgnA 2004
cAmPAgnA 2006
cAmPAgnA 2009
cAmPAgnA 2012
cARettoni 1961
ciuRcinA 2006
coARelli, toRelli 1984
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
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ginouvès 1998
gReco, toRelli 1983
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gullini 1985
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hellmAnn 2006
hesbeRg 1994
hittoRFF, ZAnth 1870
hoePFneR 1990
hoePFneR, schwAndneR 1994
hulot, FougèRes 1910
isleR 1991
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Leonardo Fuduli
lo cAstRo 2002
mARconi 2008
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mARconi 2014
mARconi 1926
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mARconi 1930
meRtens 1983
meRtens 1993
meRtens 2006
moReno 1965
PelAgAtti 1976-1977
PensAbene 1993
PoRtAle, Angiolillo,
vismARA 2005
RAdt 2011
RiemAnn 1971
Roussel 1915-1916
Roux 1961
Rumscheid 1994
sAlinAs 1880
sAntAngelo 1950
scibonA 1976
scibonA 1982
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Osservazioni sull’architettura templare della Sicilia ellenistica. Per una rilettura dei dati
sPigo 1980-1981
stucchi 1975
sydow 1984
tigAno cds
vAccARello 1986
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