Questa sezione “News in the material world” nasce dalla collaborazione tra Ponte
e ArTec, Archivio delle Tecniche e dei Materiali per l’architettura e il disegno
industriale dell’Università IUAV di Venezia, con lo scopo di presentare le innovazioni
del mondo “materico” dell’architettura. Dopo la prima uscita dedicata agli “Smart
materials” e la seconda dedicata alle “Green Surfaces”, la sezione di questo mese
ha come tema “Transparency”, ovvero materiali e prodotti che interpretano in
maniera differente il concetto di trasparenza. Anche in questo caso, i materiali
vengono presentati attraverso una lettura introduttiva e una serie di schede
dettagliate, comprensive anche di riferimenti tecnici e commerciali.
The section “News in the material word” is the result of a collaboration between
Ponte and ArTec, Archives on Techniques and Materials for Architecture and Industrial
Design, with the aim to present innovations and new technical solutions coming from
the “materic side” of architecture. After the first release, focused on “Smart material”,
and the second one on “Green Surfaces”, the topic of this month is “Transparency”, a
series of products and materials related with the concept of transparency . As in the
previous magazine issue, “News in the material world” shows the materials through an
introduction paper and some detailed product sheets, which also include technical and
commercial information.
PPP
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TECNOLOGIA
Procedur e Proget t i Processi Prodot t i
ArTec
Archivio delle Tecniche e dei materiali per l’architettura e il disegno industriale
TRANSPARENCY
Massimo Rossetti e Valeria Tatano
Università IUAV di Venezia, Dipartimento Culture del progetto
La Redazione di PONTE sta raccogliendo proposte di progetti di nuove realizzazioni o di riqualificazione e recupero, da pubblicare nella sezione FARE
TECNOLOGIA.
Compilare il form su www.build.it o contattare la Redazione al n.+39 06 44163764
oppure inviare una mail a: esther.delgado@build.it.
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Salviati. “Dite, signor Simplicio: se voi avete a
ritrar quel muro, con quello specchio attaccatovi,
dove adoperereste voi colori più oscuri, nel dipingere
il muro o pur nel dipigner lo specchio?”
Simplicio. “Assai più scuri nel dipigner lo
specchio. […] Che dite voi dunque che la reflession
di uno specchio sia men potente di quella di un
muro? io veggo che in questo muro opposto, dove
arriva il reflesso dell’altra parete illuminata insieme
con quel dello specchio, questo dello specchio è
assai più chiaro; e veggio parimente che di qui lo
specchio medesimo mi apparisce più chiaro assai
che il muro”.
Salviati. […] “Voi vedete dunque la differenza che
cade tra le due reflessioni, fatte dalle due superficie
del muro e dello specchio, percosse nell’istesso
modo per l’appunto da i raggi solari; e vedete come
la reflession che vien dal muro si diffonde verso
tutte le parti opposteli, ma quella dello specchio
va verso una parte sola, non punto maggiore dello
specchio medesimo; vedete parimente come la
superficie del muro, riguardata da qualsivoglia luogo,
si mostra chiara sempre egualmente a se stessa, e
per tutto assai più chiara che quella dello specchio,
eccettuatone quel piccolo luogo solamente dove
batte il reflesso dello specchio ché di lì apparisce lo
specchio molto più chiaro del muro” 1.
1 Sul tema della riflessione in architettura si veda: Ruggero Pierantoni,
Riflessione e diffusione in architettura: categoria estetica?, in Verità a bassissima definizione. Critica e percezione del quotidiano, Einaudi, Torino, 1998,
pp. 40-57.,
Trasparenza: il vero obittivo del
UNA SENSIBILE
DIPENDENZA DALLE
CONDIZIONI AL
CONTORNO: IL CONCETTO
DI TRASPARENZA
Lo scambio tra Salviati e Simplicio nel
Dialogo sopra i due massimi sistemi del
mondo di Galileo su quale superficie, il
muro o lo specchio, rifletta in misura
minore la luce del sole e sia quindi da
rappresentare con colori più scuri, è
lo spunto per introdurre uno fra i più
delicati e controversi temi dell’architettura contemporanea, quello della
trasparenza, la capacità dei materiali
di essere attraversati dalla luce.
La comune esperienza sensoriale permette a chiunque, automaticamente,
di definire con sufficiente sicurezza
se un materiale sia più o meno trasparente. In realtà, quando si parla di
trasparenza, si parla di una proprietà
(come la reflessione di Galileo), tutt’altro che costante ma, anzi, fortemente
dipendente dalle condizioni luminose
ambientali. Esistono alcune proprietà
dei materiali pressoché indipendenti
dal contesto di riferimento: è il caso
ad esempio della massa, della densità,
o della capacità di trasmissione del
calore. Tutte grandezze riconducibili
a un valore “fisso”, indipendente dalle condizioni di utilizzo2. A differenza
di queste, la trasparenza di un materiale è una proprietà sì misurabile,
ma non invariabile, in quanto muta al
variare dalle caratteristiche luminose
dell’ambiente. In altre parole, è sensibilmente dipendente dalle condizioni
al contorno. Anche in questo caso è
possibile individuare un valore univoco; la Fisica chiama tale valore TL,
Trasmissione Luminosa, determinato
attraverso una procedura norma2 La massa di un materiale rimane tale a qualsiasi
latitudine o longitudine, ora del giorno o temperatura. Per osservare variazioni sensibili della massa dovremmo invece recarci sulla Luna (1/6 della
gravità terrestre) o su Giove (2,5 volte la gravità
terrestre).
ta che utilizza precisi standard3. Un
valore, espresso in percentuale, che
indica la capacità di quel particolare
materiale di essere attraversato da
un flusso luminoso in quelle particolari condizioni di luce. Cambiando le
condizioni al contorno, però, la sua
trasparenza cambia profondamente.
Definire un materiale genericamente
“trasparente” diventa, a questo punto, una sorta di scommessa.
Per avere un’idea più chiara, basta
passare un giorno qualunque sul Lungotevere in Augusta a Roma, davanti
al Museo dell’Ara Pacis di Richard
Meier. Avere racchiuso l’altare dedicato ad Augusto con pareti in vetro ha
permesso a chiunque vi passi davanti
durante il giorno di vedere se stesso,
la strada, gli alberi del Lungotevere, e
solo dietro tutto questo, confusa, la sa3 Nel caso del vetro, tale procedura è fissata nella
norma UNI EN 410:2011, Vetro per edilizia - Determinazione delle caratteristiche luminose e solari delle
vetrate.
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Particolare della sede Unilever ad Amburgo, di Behnisch and Partners, rivestita in ETFE (Foto: Form TL)
progetto architettonico del XX secolo
goma dell’Ara Pacis. È quando la luce
del giorno scompare che l’involucro in
vetro diventa realmente trasparente:
quando la luminosità dell’interno supera notevolmente quella dell’esterno. È quindi sì possibile calcolare un
valore per definire più o meno trasparente un materiale, ma è altrettanto
vero che quel valore non dice molto
sulla sua reale trasparenza. A ben guardare, solo l’ennesima declinazione di
un tema antico come l’architettura
stessa: quello del rapporto tra pieni e
vuoti nelle pareti degli edifici.
DALLO “SPIRAGLIO
NEL MURO” ALLA SUA
“SMATERIALIZZAZIONE”:
LA TRASPARENZA NELLE
PARETI
In architettura, storicamente il concetto di trasparenza è coinciso con
la possibilità di superare la barriera
visiva degli elementi murari massivi data dalla finestra, quello “spira-
glio nel muro” necessario secondo
l’Alberti “al fine sia di dare luce sia
di ricambiare l’aria; e dovranno essere
fatte in modo […] sì che risultino in
modo non eccessivo né insufficiente
e forniscono una quantità di luce non
maggiore né minore di quanto sia necessario.” Un “modo non eccessivo né
insufficiente” strettamente legato alla
statica dell’edificio, dove il rapporto
tra pieni e vuoti non poteva necessariamente superare un certo valore.
Il diffondersi di tecniche costruttive
basate sui sistemi a telaio in acciaio e
calcestruzzo ha permesso, già dalla seconda metà del XIX secolo, di realizzare pareti perimetrali prive di funzione
portante e avviare quella progressiva
“smaterializzazione” del muro che ha
un primo segnale nella “finestra di Chicago” di fine Ottocento. Una finestra
tripartita, con la parte centrale più ampia per soddisfare la richiesta di maggiore luminosità delle nuove categorie
di edifici, principalmente commerciali e
direzionali. Il primo passo verso la totale sostituzione della parete perimetrale con una cortina trasparente, come i
celebri progetti del 1921 e 1922 di Ludwig Mies van der Rohe per due torri
in vetro. Concettualmente non diversi
da un render dei giorni nostri, sono tra
i primi esempi di una tipologia struttura/rivestimento (core and shell) dove
l’effetto della presenza dell’edificio è
affidato quasi completamente alle mutevoli condizioni del vetro. Dice Kenneth Frampton: “l’intenzione di Mies era
quella di interpretare il vetro come una
complessa superficie riflettente, costantemente soggetta a trasformarsi sotto l’impatto della luce.”
Ed è in pieno XX secolo che la visione di Mies van der Rohe prende
corpo, producendo migliaia di edifici
in tutto il mondo dove la trasparenza diventa spesso il vero obiettivo di
progetto, grazie al materiale che, più
di ogni altro, con essa si identifica: il
vetro.
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Vetromattone della collezione Mendini prodotto da Seves Glass Block
(Foto: Seves Glass Block)
Pannelli in resina della 3form con materiali vari annegati nella matrice traslucida
(Foto degli autori)
L’innovazione degli ultimi anni nel settore del vetro ha prodotto una varietà di solu
TRASPARENZA E
INNOVAZIONE: IL VETRO
“Il vetro è stata forse la discontinuità tecnologica più importante di tutta la storia dell’abitare, quella che ha permesso
un salto straordinario nella qualità della
vita all’interno delle costruzioni, rendendo possibili altre innovazioni. Senza vetro non sarebbe nata la stufa prima e gli
impianti di riscaldamento dopo; e non
sarebbe nato neppure il condizionamento dell’aria. La casa sarebbe rimasta una
tana in cui rifugiarsi, fredda e buia – o
rischiarata in modo artificiale – e la vita
di ogni giorno avrebbe continuato a svolgersi all’aperto. È difficile, oggi, immaginare un mondo senza vetri alle finestre;
molto più difficile che immaginarlo senza automobili, treni, aerei, televisori o
telefoni cellulari. Non solo più difficile,
soprattutto molto meno vivibile” 4.
4 Federico Butera, Dalla caverna alla casa ecologica.
Storia del comfort e dell’energia, Edizioni Ambiente,
Milano 2004, p. 121.
Tecnicamente, la trasparenza del vetro è dovuta alla sua incapacità di
riflettere o assorbire le lunghezze
d’onda comprese nella parte di spettro visibile5. A patto, come abbiamo
visto, di trovarsi in condizioni di luminosità adeguate.
L’innovazione nel settore del vetro
ha, soprattutto negli ultimi anni, prodotto una varietà infinita di soluzioni,
intervenendo di volta in volta sulle
proprietà luminose, termiche, acustiche, di sicurezza. La richiesta sempre
maggiore di illuminazione naturale,
ad esempio, ha portato alla messa a
punto di vetri a elevata trasparenza
in grado contemporaneamente di ridurre fortemente l’ingresso di calore.
Allo stesso modo, sono notevolmente migliorate le prestazioni termiche
dei serramenti senza diminuirne la
superficie vetrata, senza aumentare
l’ingombro dei profili e riducendo lo
5 La parte di spettro elettromagnetico compresa
tra 380 e 780 nm circa.
spessore totale. A tale proposito, una
delle soluzioni più interessanti degli
ultimi anni è il vacuum glazing, una vetrocamera sottovuoto che in pochi
millimetri di spessore garantisce elevatissime prestazioni di isolamento
termico grazie all’asportazione totale dell’aria dall’intercapedine.
Nel mondo del vetro contemporaneo non c’è però spazio solo per
l’innovazione di frontiera, ma anche
la rivisitazione di sistemi consolidati.
È il caso del vetromattone, per molto
tempo considerato un prodotto di
rango inferiore, che negli ultimi anni
ha acquisito una crescente popolarità grazie sia a diverse applicazioni di
“alto profilo” (un esempio per tutti,
la Maison Hermès di Renzo Piano a
Tokyo), che ad alcune soluzioni tecnologiche e di design che ne hanno
migliorato gli aspetti prestazionali. Le
ultime proposte, ad esempio, vedono l’applicazione di pellicole basso
emissive o il riempimento dell’inter-
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Padiglione italiano all’Expo di Shangai 2010 con i.light, cemento trasparente di Italcementi Group (Foto: Italcementi Group)
zioni intervenendo sulle proprietà luminose, termiche, acustiche e di sicurezza
capedine con gas argon, tecniche finalizzate al miglioramento delle prestazioni termiche.
DA “SURROGATO” DEL
VETRO ALLA PIENA
DIGNITÀ: LE PLASTICHE
TRASPARENTI IN
ARCHITETTURA
Il materiale sinonimo per eccellenza
di trasparenza rimane il vetro, al quale però si sono affiancati negli ultimi
anni diversi materiali di derivazione
sintetica, raggruppabili sotto il generico nome di “plastiche”. Senza averne
le proprietà meccaniche o la resistenza al fuoco, le plastiche dell’architettura contemporanea non devono però
essere viste come un’alternativa al
vetro, ma piuttosto come un materiale con un proprio linguaggio, sempre
più spesso utilizzate come elementi di
rivestimento o perfino di chiusura.
È nel periodo compreso tra gli anni
Trenta e i Settanta che fioriscono
molti tentativi di realizzare edifici in
plastica, sia nelle loro parti strutturali che nel rivestimento6. Uno dei
più celebri, la “Dymaxion House” di
Richard Buckminster Fuller del 1927,
era racchiusa in un doppio strato di
Perspex, uno dei nomi commerciali del polimetilmetacrilato (PMMA).
Lo stesso Fuller utilizzò sempre un
materiale acrilico come rivestimento del Padiglione USA all’Esposizione Universale di Montreal nel 1967.
Un’opera di frontiera, fortemente innovativa, che ha però mostrato tutti
i suoi limiti in quanto a sicurezza7.
6 Tra coloro che hanno sviluppato progetti, realizzati e non, di edifici in materiale plastico si ricordano Frederick Kiesler, Alison e Peter Smithson, Hamilton and Goody, Wolfgang Feierbach, Frei Otto,
Walter Bird, Reiner Banham.
7 Il 20 maggio 1976, durante lavori di manutenzione al rivestimento, un’operazione di saldatura
ha innescato un incendio che ha distrutto l’intera
pelle sintetica in soli trenta minuti, mentre la struttura metallica è rimasta intatta. Il rivestimento non
è più stato sostituito.
Più recentemente, un esempio emblematico di realizzazione pensata
in funzione dell’utilizzo di plastiche
è stato il Padiglione IBM di Renzo
Piano, un allestimento itinerante di
computer realizzato nel 1981 con
struttura in legno e chiusura in policarbonato. La scelta del policarbonato avvenne per un motivo duplice:
la richiesta dell’IBM di un materiale
trasparente, funzionale a presentare i primi PC come qualcosa non di
ostico e distante, bensì di vicino e familiare, e la necessità di un materiale
leggero da movimentare8.
Oggi troviamo molti esempi di edifici che fanno ampio uso di materiali plastici nell’involucro9. Uno
dei più utilizzati è l’ETFE, spesso
8 Per una descrizione dettagliata del sistema in legno-policarbonato del Padiglione IBM, si veda Peter
Rice, An Engineer Imagines, Ellipsis, London 1994.
9 Per una rassegna di progetti contemporanei che
utilizzano materiali plastici si veda Simone Jeska,
Transparent Plastics. Design and Technology, Birkhäuser, Basilea Boston Berlino, 2008..
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tevolmente il livello di trasparenza,
non in maniera tale da rendere il
vetro completamente cieco ma sufficiente da impedire una visione nitida tra gli ambienti. Ancora, si pensi
ai materiali nati dall’accoppiamento,
mediante collanti, di vetro e materiali lapidei, tagliati a spessori tali da
risultare traslucidi.
Una tendenza che arriva, nelle sue
forme più estreme, a consegnare un
seppur minimo livello di trasparenza
anche a quei materiali per loro natura opachi. È il caso del calcestruzzo,
in grado, oggi, di essere attraversato
dalla luce grazie all’introduzione di
resine nella matrice; un risultato di
tale suggestione da essere utilizzato
per il Padiglione italiano all’Expo di
Shangai del 2010.
Fino ad arrivare al vetro “bioreattivo”, un sistema di facciata che produce energia grazie alla biomassa di
microalghe contenute nell’intercapedine dei pannelli vetrati, dove il livello di trasparenza è in funzione della
quantità di alghe inserite. Un sistema
nato in quella “zona grigia” compresa tra innovazione, tradizione e sostenibilità, che sembra essere tra le
più frequentate dall’edilizia dell’immediato futuro.
42
Solarleaf, sistema di facciata che produce energia tramite
biomassa ad alghe inserite nell’intercapedine (Foto: IBA
Hamburg GmbH/ Johannes Arlt – Colt International, Arup
Deutschland, SSC GmbH)
utilizzato in copertura ma anche
come elemento di rivestimento,
come nel caso della sede Unilever
ad Amburgo di Behnisch and Partners; analogamente, il mercato vede
altri materiali di sintesi, quali il PVC
o il policarbonato, che attraverso
opportuni processi di produzione
possono raggiungere elevate prestazioni meccaniche e il desiderato
livello di trasparenza. O possono
inglobare nella matrice qualsiasi
materiale, in grado di schermare
senza occludere, e che aprono nuovi scenari all’uso e applicazione di
materiali compositi e accoppiati.
LA TRASPARENZA
DECLINATA: I MATERIALI
ACCOPPIATI
Unire e accoppiare materiali a volte
stridenti e perfino contradditori tra
loro sembra essere una delle attuali
tendenze del mondo dell’architettura. Un “ossimoro materico” che
spesso coinvolge anche la trasparenza stessa, di volta in volta negata, suggerita o ridotta. Un esempio
viene proprio dalla classica vetrocamera, dove l’inserimento di filamenti
in PMMA nell’intercapedine migliora
l’isolamento termico ma riduce no-
Per approfondire
Giampaolo Imbrighi, Trasparenze:
vetro e materiali sintetici, La Nuova
Italia Scientifica, Roma 1993
Simone Jeska, Transparent Plastics.
Design and Technology, Birkhäuser,
Basilea Boston Berlino 2008
Elena Re, Trasparenza al limite.
Tecniche e linguaggi per un’architettura del vetro strutturale, Alinea,
Firenze 1997
Francesco Romanelli, Elisa Scapaccino, Dalla finestra al curtain wall.
Ricerche sulle tecnologie del discontinuo, Officina Edizioni, Roma 1979.
Valeria Tatano (a cura di), Oltre la
trasparenza. Riflessioni sull’impiego
del vetro in architettura, Officina
Edizioni, Roma 2008.
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SPACIA™ STII
Infisso in legno con vetro evacuato
e dettaglio del cappuccio sigillante
Azienda produttrice
Pilkington, NSG Group
www.pilkington.com
Vetromattone collezione
Mendini, giada
Il sistema Spacia™ STII di Pilkington consiste in una vetrocamera di spessore totale
6.2 mm ottenuta dall’unione di due vetri da 3 mm, uno float chiaro interno e uno
esterno con film bassoemissivo in posizione #3, con un’intercapedine di soli 0,2 mm.
Le due lastre sono sigillate ermeticamente attraverso un processo ad alta temperatura
(450-500°C) che provoca la fusione della miscela vetrosa usata come sigillante. L’aria
contenuta nell’intercapedine viene estratta con una pompa (da cui la denominazione di 43
vetro evacuato) tramite un foro di aspirazione di 12 mm che viene praticato sulla lastra
interna ad una distanza di 50 mm dal bordo. Dopo aver creato il vuoto nella camera, il
foro viene sigillato e protetto da un cappuccio in materiale plastico nero che rimane a
vista. Per poter eseguire l’operazione di estrazione dell’aria e bilanciare la differenza di
pressione tra interno ed esterno si rende inoltre necessario inserire nell’intercapedine
dei distanziatori in acciaio inox, del diametro di 0,5 mm, disposti secondo una maglia
regolare di 20 mm di lato. In questo modo si ottiene una vetrocamera con trasmittanza
Ug=1,4 W/m2K, paragonabile cioè a quella di vetrazioni tradizionali ma con uno spessore
decisamente ridotto. Queste infatti presentano spessori totali compresi mediamente
tra i 20 mm e i 30 mm con intercapedine riempita con aria o altri gas al fine di ridurre
gli scambi convettivi tra le due lastre di vetro. Il sistema Spacia™ sostituisce al gas il
vuoto che, anche se di spessore minimo, consente di ridurre ulteriormente gli scambi
termici. Il prodotto è particolarmente indicato per il recupero dei serramenti in cui sia
necessario conservare il vecchio telaio. Infatti oltre ad un significativo miglioramento
delle prestazioni termiche, rispetto ad un vetro singolo, Spacia™ fornisce anche un
isolamento acustico di 35 dB con un peso ridotto rispetto alle più comuni soluzioni di
vetrocamera. Oltre alla versione base viene prodotta anche la “versione acustica” da
9,7 mm con un vetro stratificato esterno che porta l’abbattimento acustico a 38 dB. Le
dimensioni massime di produzione sono 1350 x 2400 mm ed è necessario che almeno
lo spigolo in cui viene praticato il foro per l’estrazione presenti un angolo di 90°.
E.A.
VETROMATTONE
Il vetromattone è costituito da due elementi cavi, in vetro, uniti lungo il perimetro
per formare un parallelepipedo trasparente. Questo prodotto viene impiegato da
alcuni decenni per la realizzazione di chiusure verticali, chiusure orizzontali o partizioni
interne per le sue caratteristiche di resistenza meccanica e di trasparenza. I singoli
mattoni di vetro vengono assemblati con malta cementizia armata con tondini metallici
che vanno a costituire l’ossatura strutturale della parete. La ditta Seves Glass Block ha
introdotto diverse innovazioni per migliorare le prestazioni e la qualità del vetromattone
tradizionale andando a definire diverse tipologie di prodotto adatte alle più disparate
applicazioni. Tra queste, la gamma base è la Pegaso che si caratterizza per le cosiddette
“ali”, una bordatura di 6 mm che nasconde completamente il sistema portante e i
tondini in acciaio inox di rinforzo, riducendo così la fuga tra i vari elementi a soli 2
Vetromattone collezione mm. Dal prodotto base è stata sviluppata, in collaborazione con diversi architetti e
Mendini, ametista designer, la gamma Design. Questa include diverse serie di prodotti caratterizzati da un
design ricercato e particolare come la collezione Mendini, costituita da vetromattoni da
19x19x8 cm in 16 varianti cromatiche e con diversi gradi di trasparenza; altri esempi
Vetromattone Q19
Energy Saving PLUS
sono la collezione Ginza progettata in collaborazione con Renzo Piano o ancora la
© Seves Glass Block
linea Doric, progettata da Rafael Moneo e caratterizzata da un motivo a rilievo sulla
superficie esterna. Allo stesso tempo la Seves Glass Block ha sviluppato una seconda
Azienda produttrice
linea denominata Technology, caratterizzata da prodotti con caratteristiche tecniche
Vetromattone
diversificate
e specializzate in funzione al tipo di utilizzo. Interessante è il mattone Q19
www.sevesglassblock.com
Energy Saving PLUS (dimensioni 19x19x8 cm e disponibile in varie finiture) costituito
da due elementi cavi in vetro con interposta una lastra piana di vetro, rivestita con un film basso emissivo, e con riempimento
delle camere con gas argon. In questo modo è stato possibile contenere la trasmittanza a valori di 1,4-1,5 W/m2K, rendendo il
sistema idoneo per l’applicazione in edifici a basso consumo energetico. Altri prodotti della linea Technology sono il Light Diffusion
e il Light Directing che, grazie alla particolare forma della faccia interna del blocco, costituita da elementi prismatici tridimensionali,
consentono di ridurre del 50% la luce diretta e di orientare o diffondere la radiazione in ingresso in modo controllato in funzione
della disposizione del blocco.
E.A.
Le schede dei materiali sono state redatte da Emilio Antoniol, Valentina Covre, Daria Petucco
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VETROCERAMICA
Il Vetroceramica è un materiale riciclato al 99%
ottenuto dal riscaldamento e dalla rifusione
di schegge di vetro; viene prodotto in lastre
da 21 mm di spessore e 2700x1200 mm di
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dimensione massima. Grazie allo speciale
trattamento termico a cui viene sottoposto,
il nuovo materiale presenta caratteristiche
di resistenza agli sbalzi termici, alle abrasioni
e agli agenti aggressivi superiori a quelle del
vetro da cui ha origine, rendendolo così idoneo
ad applicazioni sia interne che esterne. Viene
infatti impiegato sia come materiale da arredo
per piani o superfici di bagni e cucine, sia per la
Vetroceramica nelle varie tonalità disponibili
© Vitrea Italia
realizzazione di rivestimenti di facciata o doppie
Azienda produttrice
pelli. Il materiale presenta un aspetto traslucido
Vitrea Italia
ed è disponibile in otto colorazioni diverse che
www.vitreaitalia.it
passano dal bianco al verde fino al rosso, con
trame e gradi di trasparenza più o meno accentuati in funzione della miscela della materia prima di partenza. Il Vetroceramica
non è temperato e quindi può essere sagomato, mediante semplice taglio ad acqua, nelle forme più diverse e articolate. Questa
caratteristica lo rende particolarmente idoneo per la realizzazione di stand, vetrine o allestimenti di negozi o spazi espositivi,
spesso integrandolo con sistemi di retroilluminazione che ne mettono in risalto le trame e le trasparenze. Sono infine disponibili
due finiture superficiali: una “lucida”, che ne aumenta il grado di riflessione superficiale rendendolo così liscio e facile da pulire,
e una “martellata” che valorizza le variazioni cromatiche e di trama, rendendo il materiale meno trasparente e più adatto alle
applicazioni come rivestimento.
E.A.
ACCOPPIATI
KAPILUX
Il vetro Kapilux rientra nella categoria dei TIM, acronimo di materiali isolanti
trasparenti. Questo prodotto viene principalmente impiegato come elemento di
facciata o di copertura, permettendo la diffusione della luce e, contemporaneamente,
l’isolamento termico.
Il componente del vetro Kapilux che assolve a questa duplice funzione è il pannello
Kapipane, realizzato in polimetilmetacrilato (PMMA) con struttura capillare a fori
del diametro di circa 2,5 mm. Tale struttura impedisce all’aria, confinata all’interno
dei capillari, di realizzare gli scambi convettivi. Inoltre, grazie alle caratteristiche del
Vetro Kapilux
materiale, opaco alla radiazione infrarossa, vengono limitati anche gli scambi radiativi.
Azienda produttrice
Nella configurazione standard il vetro Kapilux è assimilabile ad un triplo vetro, con il
Okalux GmbH
vetro più esterno rivestito da un film funzionale e, nella cui intercapedine più interna
www.okalux.de
viene posto il pannello Kapipane. I diversi strati che compongono il vetro Kapilux
vengono quindi sigillati ermeticamente tra loro.
Il valore di trasmittanza termica Ug che si raggiunge è compreso tra 0,8-1,2 W/m²K in base allo spessore del pannello isolante,
variabile da 20 a 120 mm, e alle caratteristiche del gas presente nell’intercapedine più esterna (aria, argon o kripton). Per quanto
riguarda la trasmissione luminosa, i valori si attestano tra il 45-60% per quella diretta e tra il 30-40% per quella diffusa, in base
allo spessore del pannello Kapipane.
Le dimensioni massime consentite per il vetro Kapilux sono di 1,4x4 m, con la possibilità di arrivare a 2,4x6 m attraverso la
giunzione di più pannelli Kapipane.
Per ottenere i valori sopra dichiarati la posizione ottimale del vetro deve essere quella verticale. Nella gamma dei vetri Kapilux
sono disponibili i modelli T o W, che si differenziano per il colore del pannello Kapipane, trasparente (T) o bianco (W). Nel caso
invece la superficie sia inclinata, come ad esempio per le coperture vetrate, si utilizza il vetro Kapilux WS, nel quale i fori del
pannello Kapipane non sono più ortogonali al vetro di contenimento ma presentano un’altra inclinazione, per meglio consentire
il passaggio della luce in profondità.
D.P.
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segue ACCOPPIATI
I.LIGHT
Padiglione italiano per l’Expo di Shanghai con
rivestimento in i.light
Dettaglio interno di una della pareti in i.ligh
Azienda produttrice
Italcementi group
www.italcementigroup.com
i.light è la denominazione di un “cemento trasparente” commercializzato da Italcementi
Group sotto forma di pannelli prefabbricati delle dimensioni standard di 1000x500 mm,
con spessore di 50 mm e dal peso di 50 kg. Il pannello è composto da una matrice
cementizia, formata da cemento 52.5 R Tipo I, inerti di sabbia silico-calcarea e fibre
in acciaio inossidabile e polipropilene per conferirgli resistenza meccanica e ridurre il 45
rischio di fessurazioni. Alla matrice vengono inoltre addizionati inserti passanti in resina
trasparente che presentano una trasmissione luminosa del 92% e una elevata resistenza
all’azione dei raggi UV così da conservare inalterata la loro trasparenza nel tempo. Il
risultato è un pannello cementizio in grado di trasmettere la radiazione luminosa naturale
o artificiale, con una percentuale di area trasparente pari al 18-20% del totale delle
superficie. Inoltre, grazie al passaggio della luce, il pannello permette di intravedere ciò
che si trova dietro allo stesso, mantenendone inalterato il colore e dando così origine a
effetti di translucenza variabili in funzione al grado di luminosità degli ambienti. Il pannello
non può essere impiegato con funzione strutturale ma solo come rivestimento e richiede
un’apposita sotto-struttura metallica per il sostegno. Inoltre è possibile personalizzare le
dimensioni del pannello e variare, su richiesta, la colorazione sia della parte cementizia che
di quella polimerica. i.light trova impiego nella realizzazione di contropareti, tamponamenti
o rivestimenti, coperture o pareti divisorie in cui sia richiesto il passaggio di luce diffusa.
Le superfici del pannello possono essere semplicemente rettificate, per un’illuminazione
di tipo diffuso, o lisciate e lucidate, per ottenere un passaggio più netto della radiazione
luminosa e quindi migliorare la visione attraverso la lastra. Il prodotto è stato impiegato per
la prima volta nel 2010 per la realizzazione del Padiglione italiano per l’Expo di Shanghai
dove sono state messe in opera 3.771 lastre per un totale di 1.887 m² di superficie.
E.A.
FIBERSTONE GLASS
La particolarità del Fiberstone Glass, prodotto dalla Fiberstone Technology, sta nell’utilizzare il marmo come un materiale traslucido, cioè in grado di far passare luce attraverso le sue venature. Questo avviene grazie alla possibilità di tagliare in lastre molto
sottili il materiale lapideo e quindi di rinforzarlo attraverso un materiale trasparente
come il vetro.
Il Fiberstone glass si compone infatti di tre sottili strati: il marmo, il collante e il vetro. La
lastra lapidea ha uno spessore di 3-4 mm e può essere di marmo o alabastro, tipologie
lapidee caratterizzate da una superficie ricca di variazioni cromatiche e venature tali
da consentire il passaggio della luce, nelle parti più chiare, se ridotte a spessori minimi.
L’elemento che unisce il marmo al vetro è invece realizzato con una resina strutturale
traslucida di spessore 1,5 mm. Infine, come supporto atto a sopperire strutturalmente
all’assottigliamento del componente lapideo, vi è una lastra di vetro float, temprato o
vetrocamera, con uno spessore variabile dai 6 ai 23 mm.
Gli spessori totali del Fiberstone Glass vanno da un minimo di 13,5 ad un massimo di
27 mm. Il peso delle lastre, prodotte in dimensioni standard 2400x1200 mm, ma con la
possibilità di arrivare anche a 3500x1500 mm, varia dai 31,5 ai 63 kg/m².
Fiberstone Glass
Le lastre vengono impiegate sia nell’architettura d’interni, che all’esterno. Per ogni tipo
di applicazione avviene una calibratura delle caratteristiche della lastra, in base alle
dimensioni desiderate, alla funzione da assecondare e ai tipi e spessori sia del marmo
Azienda produttrice
che del vetro.
Fiberstone Technology
Vengono utilizzate per realizzare pareti interne, fissate all’interno di un telaio metallico,
www.fiberstone.com
per pavimenti e controsoffitti illuminati. Altri impieghi possono riguardare l’uso di Fiberstone Glass come materiale per realizzare brise soleil o elementi di facciata. In quest’ultimo caso il materiale lapideo viene posto tra due lastre di vetro – di cui spesso una vetrocamera per garantire le prestazioni termiche
– al fine di proteggerlo da agenti inquinanti esterni e fattori di degrado. Il sistemi di fissaggio di una facciata in Fiberstone Glass sono
quelli che si utilizzano per una “tradizionale” facciata in vetro, come ad esempio i fissaggi puntuali, comunemente definiti “ragni”.
D.P.
FARE
TECNOLOGIA
P
RO CEDUR E
P
ROGETTI
P
R OC E SSI
P
R OD OT T I
PONTE
n. 4-2013
segue ACCOPPIATI
MATTONE LUCEDENTRO LD-A-05
La particolarità del Mattone Lucedentro sta nella citazione, nella forma e nelle proporzioni, di un mattone in laterizio – tradizionalmente opaco – reinterpretato però attraverso
l’utilizzo di un materiale non solo trasparente, ma anche in grado di emanare luce.
Il Mattone Lucedentro, di dimensioni 25x12x3 cm, è infatti realizzato in vetro cristallo e
contiene al suo interno un pigmento fotoluminescente.Tale sostanza è una polvere che
46
viene fusa (1400°C) all’interno del vetro. Il pigmento fotoluminescente, disponibile nelle colorazioni verde-giallo o azzurro è in grado di assorbire la luce del sole o artificiale
e di riemetterla successivamente: sono necessari 1 minuto al sole oppure 10-15 minuti
di esposizione alla luce di una lampadina per ricaricare la sostanza e consentirle di riemettere luce. La durata dell’emissione, in condizioni di buio totale, è di circa 8 ore.
In condizioni di luce il Mattone Lucedentro si presenta come un parallelepipedo trasparente, nella cui pasta vitrea viene inglobata la sostanza fotoluminescente, all’apparenza
Mattoni Lucedentro
biancastra. Questa, una volta al buio, diventa luminosa e colorata in base alla tonalità di
© Lucedentro Srl
pigmento scelta.
La posa del Mattone Lucedentro ricorda quella della muratura in laterizio ad una testa,
Azienda produttrice
con i tradizionali giunti sfalsati. Per la giunzione degli elementi viene utilizzato un colLucedentro S.r.l.
lante trasparente.
www.lucedentro.com
Il campo di applicazione di questo prodotto è soprattutto nell’ambito dell’architettura
d’interni (ad esempio pareti divisorie) con l’idea non solo di smaterializzare, attraverso la trasparenza, una superficie opaca come un
muro, ma anche di renderla luminosa. Nella scelta del posizionamento di una parete verticale realizzata con il Mattone Lucedentro
si dovrà porre attenzione al suo collocamento, in modo tale che possa ricevere la luce diurna, necessaria a “ricaricare” il materiale
fotoluminescente.
D.P.
SOLARLEAF
Solarleaf è un sistema di facciata che produce energia rinnovabile grazie al calore solare e alla biomassa di microalghe che sono contenute al suo interno. La prima facciata
definita “bioreattiva” è stata installata nel BIQ, un edificio
pilota realizzato all’interno dell’IBA (International Building
Exhibition) di Amburgo. Il funzionamento di Solarleaf si basa
sul principio della fotosintesi degli elementi vegetali e, al fine
di ricevere luce solare diretta, deve essere installato a sud.
Le microalghe, unicellulari e della dimensione di un batterio,
sono contenute nei 18 cm di intercapedine dei pannelli di
facciata – di dimensione 70x250 cm – ed immerse in 24 litri
di una soluzione acquosa contenente sali nutritivi. I vetri
che contengono le alghe e il liquido sono vetri stratificati di
sicurezza. Nel telaio della facciata, dotato di un perno per
poter ruotare e captare al meglio la luce solare, vengono
Facciata dell’edificio BIQ
Particolare di Solarleaf
fatti passare i condotti, di alimentazione e di connessione
© Colt International, Arup Deutschland, SSC Gnbtt
con i locali tecnici, che permettono al sistema di funzionare. La facciata si presenta con diversi livelli di trasparenza,
Azienda produttrice
variabili dal 10% al 80%, in base alla quantità di microalghe
Colt International, Arup Deutschland, SSC GmbH
presenti al suo interno. Sono inoltre visibili diverse bolle
www.ssc-hamburg.de
d’aria, introdotte costantemente nei pannelli e necessarie a
tenere in movimento la soluzione acquosa ed evitare così la sospensione delle microalghe.
Grazie alla luce solare, ai sali nutritivi presenti nel liquido e all’anidride carbonica che viene introdotta nell’intercapedine, le microalghe fioriscono e si moltiplicano fino a due volte al giorno. Un parte di esse, immersa nella soluzione acquosa, viene convogliata
attraverso un sistema di tubi nei locali tecnici dove avviene la separazione dal liquido e la fermentazione delle microalghe in un
impianto di biogas. Qui si produce l’energia che viene utilizzata per il funzionamento dell’edificio o immagazzinata: la biomassa delle
alghe asciutte contiene dai 23 ai 27 kJ di energia per grammo. Al di là dell’energia prodotta grazie alla biomassa, Solarleaf sfrutta la
luce solare non utilizzata per la fotosintesi, attraverso un sistema di solare termico.
D.P.
PONTE
P
ROC E D U R E
P
R OGE T T I
P
R OC E SSI
P
RO DO TTI
FARE
TECNOLOGIA
n. 4-2013
PLASTICI
SEPLUX 40 9P
Pannello Seplux
Azienda produttrice
SEP
www.sepitalia.com
I pannelli modulari proposti da Sep sono composti da una struttura alveolare in
policarbonato coestruso. Essi hanno spessori che vanno dai 2 ai 4 cm e presentano
degli incastri maschio-femmina che permettono di eliminare il sigillante solitamente
impiegato, garantendo però allo stesso modo un’ottima tenuta all’acqua. Le caratteristiche tecniche di ciascun pannello dipendono dalla conformazione della struttura 47
alveolare interna allo stesso. Un elemento 435x4 cm con cinque pareti multicamera
ad X ad esempio ha un peso di 4 kg/m2 (che ne sottolinea la facilità di trasporto e
posa), la sua trasmittanza termica raggiunge l’1,2 W/m2K e la trasmissione luminosa
è del 54,4%.Variando la geometria delle camere interne e gli spessori è possibile raggiungere una trasparenza del 76%, nonché possibilità espressive diversificate anche
grazie alle colorazioni disponibili. I pannelli Sep sono autoestinguenti (certificati in
classe 1 di reazione al fuoco) e hanno una temperatura d’impiego tra i -40 e +120
°C. Resistono inoltre a un carico concentrato di 120 kg, il che li rende applicabili sia
come tamponamenti verticali sia in copertura. Il particolare gancio inox brevettato
permette di fissare i pannelli alti fino a 220 cm alla struttura portante sottostante
senza dover necessariamente praticare dei fori passanti o tagli (operazioni che accelererebbero il deterioramento del policarbonato e che ne comprometterebbero
le qualità tecniche). Allo stesso tempo viene così garantita al materiale la naturale
dilatazione termica di 0,065 mm/m°C.
V.C.
Pannello Seplux
TEXLON®
Il sistema Texlon® proposto da Vector Foiltec è costituito da cuscini pneumatici
realizzati in un co-polimero modificato, l’ETFE, acronimo di Etilene Tetrafluoroetilene. Le caratteristiche di questo materiale chimicamente inerte, commercializzato sotto forma di film di spessori solitamente variabili tra i 100 e i 250 µm, lo
portano ad essere inserito in campo architettonico anche laddove è richiesta una
trasparenza superiore al 90% rispetto a tutto lo spettro solare. Il prodotto può
poi diversificarsi tramite motivi grafici realizzati tramite fluoro-polimeri opachi o
traslucidi impressi sulla membrana, colorazioni, led o fasce luminose laminate su
di essa.
Il suo trasferimento tecnologico dall’industria spaziale ne permette l’impiego
nelle chiusure, sia verticali che orizzontali degli edifici, sfruttandone le proprietà termiche, acustiche e fisiche. Texlon® ha un’alta resistenza allo strappo
e una capacità di sopportare un allungamento a trazione tra il 300% e il 400%,
adattandosi in maniera naturale ai movimenti della struttura portante di un
edificio. Quest’ultima peculiarità, associata a un peso di poco superiore ai
1000 kg/m3, ne fa una valida alternativa al vetro. A differenza di quest’ultimo,
particolarmente rigido a livello acustico, l’ETFE non riflette il rumore generato all’interno degli ambienti ed è auto-estinguente, cioè le gocce di materiale
liquefatto non bruciano e non precipitano al suolo. Le membrane di ETFE
sono generalmente accoppiate a formare dei cuscini bloccati lungo i bordi
Membrana in ETFE nel rivestimento dell’Unilever
da
estrusi in alluminio e sorretti da una struttura leggera a telaio, a sua volta
Headquarters ad Amburgo
portata
dallo scheletro strutturale dell’edificio. Per le loro proprietà anti© Form TL
adesive e la loro superficie liscia essi sono autopulenti, non ingialliscono e non
Azienda produttrice
induriscono. L’intercapedine d’aria tra i due strati di materiale contribuisce
Vector Foiltec
inoltre a diminuire la trasmittanza termica dell’involucro che si aggira sui 2,94
W/m2K per una membrana a due film. Il sistema può poi soddisfare richieste
www.vector-foiltec.com
più esigenti grazie all’inserimento del brevetto Texlon Thermo® (con un taglio
termico lungo i bordi del cuscino) o con l’incorporazione di Texlon Nano® che abbassa i valori di U a 0,3 W/m2K.
V.C.
FARE
TECNOLOGIA
P
RO CEDUR E
P
ROGETTI
P
R OC E SSI
P
R OD OT T I
PONTE
n. 4-2013
segue PLASTICI
VARIA ECORESIN
Le resine 3form costituiscono una sperimentazione in corso nel campo
dei materiali impiegati in architettura, in questo caso per quanto riguarda
la realizzazione di partizioni interne, in ambiti residenziali e terziari, e di
componenti d’arredo. 3form infatti, oltre a una gamma di vetri stratificati e
48
a pannelli realizzati in polietilene ad alta densità (HDPE), propone elementi
modulari in resina che permettono di raggiungere livelli di traslucenza
elevati. Le svariate possibilità cromatiche applicabili a questo materiale
ne permettono una flessibilità nell’impiego non indifferente. Allo stesso
tempo è possibile inserire, tra due strati di resina saldati a pressione tra
loro, materiali che conferiscono al modulo effetti di tridimensionalità. Tra
questi ultimi è possibile trovare stoffe, reti metalliche, elementi vegetali. Gli
elementi 3form possono essere accostati tra loro e saldati insieme in modi
diversi, in base a scelte estetiche di visibilità o meno del giunto: ad incastro
maschio-femmina, tramite spine interne o spine a T visibili da un lato, con un
Pannelli in resina 3form
giunto ondulato unito tramite adesivo. I pannelli in resina si prestano inoltre
ad essere curvati, a freddo con appositi attrezzi o tramite sagomatura a
Azienda produttrice
caldo, entro i limiti forniti dal materiale stesso, assumendo anche forme
3form
tridimensionalmente complesse. I bordi dei pannelli possono invece essere
www.3form.it
rifilati con un taglio seghettato, lavorati con carta abrasiva di grana 400,
lucidati a fiamma fino a raggiungere un effetto vetro o protetti con solventi che ne conferiscono un aspetto satinato.
V.C.
STAMISOL® FT 381
Stamisol® FT381, prodotto del gruppo Serge Ferrari, si inserisce tra i materiali
impiegati in campo architettonico per i rivestimenti tessili di facciata. Questa
membrana è costituita da una rete in fili di poliestere ad alta tenacità spalmata
in PVC e pretensionata in modo tale da conferirle maggiore stabilità secondo
la tecnologia Precontraint®. Essa mantiene inalterate, durante il ciclo di vita, le
sue proprietà fisiche (resistenza a rottura di 330 daN/5 cm e resistenza allo
strappo di 65 daN/5 cm) e presenta un ottimo comportamento all’aggressione
da agenti atmosferici (vento, grandine, raggi UV). Il materiale, inserito in classe
Bs2d0 di reazione al fuoco secondo la EN 13501-1, viene commercializzato in
elementi dello spessore di 0,95 mm e larghi 2670 mm, per un peso di 550 g/m2.
iGuzzini New Headquarters a Barcellona
Esso viene posto in opera grazie al supporto di un’intelaiatura metallica che si
© Serge Ferrari
aggancia alla struttura portante e messo in tensione, a seconda delle necessità,
in una sola o in due direzioni (sia in verticale che in orizzontale). Importante
Azienda produttrice
caratteristica di questo prodotto è la sua riciclabilità al 100% tramite il sistema
Serge Ferrari
Texyloop® brevettato dal gruppo stesso che permette di riottenere, a fine ciclo,
www.sergeferrari.com
una fibra di poliestere pura da impiegare nell’isolamento termico e acustico e
granulati morbidi di PVC perfettamente regolari e omogenei. La gamma Stamisol®
comprende inoltre ulteriori reti (FT371, FT482, FT P35) nonché la membrana colorata Stamisol® Color con una varietà di 28
variazioni cromatiche e finiture perlate o metalliche. La scelta della finitura permette di lavorare sull’assorbimento, la riflessione e
la trasmissione solare.
V.C.