© 2013, Pagina soc. coop., Bari
Questa pubblicazione è stata possibile grazie ai contributi di:
Dipartimento di Studi Umanistici, Università Ca’ Foscari Venezia
Annaclara Cataldi Palau in ricordo di Francisco Palau Dufour
Associazione “Amici della Marciana”, Venezia
Centro Interdisciplinare di Studi Balcanici e Internazionali, Università Ca’ Foscari
Venezia
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Vie per Bisanzio
VII Congresso Nazionale
dell’Associazione Italiana
di Studi Bizantini
Venezia, 25-28 novembre 2009
a cura di
Antonio Rigo, Andrea Babuin
e Michele Trizio
tomo primo
edizioni di pagina
È vietata la riproduzione, con qualsiasi
mezzo effettuata, compresa la fotocopia.
Per la legge italiana la fotocopia è lecita
solo per uso personale purché non danneggi
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ai danni della cultura.
Finito di stampare nel gennaio 2013
dalla Serigrafia Artistica Pugliese Solazzo s.n.c. Cassano delle Murge (Bari)
per conto di Pagina soc. coop. - Bari
ISBN 978-88-7470-229-9
ISSN 1973-9745
Indice
Premessa
XI
TOMO PRIMO
FRANCESCO D’AIUTO / DANIELE FUSI / ANDREA LUZZI
Ἀΰλοις ἐν στόμασι...: lavori in corso su due database dedicati all’innografia
bizantina. Corpus dei manoscritti innografici bizantini antiquiores /
Initia Hymnorum Ecclesiae Graecae
3
ANNALISA GOBBI
Il progetto Portae byzantinae Italiae:
corpus delle opere e documentazione informatizzata
31
MARCO DI BRANCO
Tradurre Orosio in Al-Andalus. Storie di libri e ambascerie
49
GIOACCHINO STRANO
Storia e modelli letterari nella Presa di Tessalonica di Giovanni Caminiata
61
GASTONE BRECCIA
Armi antiche nella Nuova Roma. La memoria delle guerre antiche
nella trattatistica militare bizantina (IV-XI sec.)
75
SALVATORE COSENTINO
Danzando il gotthikon (De cerem. I, 92)
85
RAFFAELLA CRESCI
Percorsi di self assertiveness nei Poemi di Giovanni Geometra
93
SILVIA TESSARI
Testo e musica in alcuni canoni bizantini. Relazione tra tropari e irmo
105
VI
Indice
MARCO FANELLI
Il problema della destinazione degli Amori degli Inni divini
di Simeone il Nuovo Teologo
121
PAOLA CASSELLA
Questioni etimologiche in Eustazio
139
MARINA BAZZANI
Livelli di stile e significato nella poesia di Manuele File
145
ANNA CARAMICO
Policromatismo semantico nel De animalium proprietate di Manuele File
157
CATERINA CARPINATO
Il Canto di Armuris: una traduzione come strumento di indagine.
Elementi di ‘traduzione metatestuale’, ovvero metatesto per una ‘traduzione totale’
167
RENATA LAVAGNINI
Spiridon Zambelios pioniere degli studi di filologia greca medievale
191
ANNA ZIMBONE
Nota sulle premesse bizantine della diglossia neogreca
203
LUCIANO BOSSINA
Il carteggio di Nilo di Ancira con il generale Gainas è un falso
215
FRANCESCO OSTI
L’Epistola invettiva di Eutimio della Peribleptos (1050 ca.) nei codici
vaticani greci 840 e 604. Una ‘versione breve’ e un rimaneggiamento
251
NICCOLÒ ZORZI
Islam e Cristianesimo durante il regno di Manuele Comneno:
la disputa sul «Dio di Maometto» nell’opera di Niceta Coniata
275
ALESSANDRA BUCOSSI
Dibattiti teologici alla corte di Manuele Comneno
311
ANTONIO RIGO
I manoscritti e il testo di quattro Ἕτερα κεφάλαια.
Da Simeone il Nuovo Teologo a Gregorio Palamas
323
SILVIA PASI (†)
Le scene dell’Annunciazione e dell’Adorazione dei Magi e dei pastori
nella chiesa di Al-Adra nel convento di Deir el-Surian (Wadi el-Natrun).
Una pagina di pittura bizantina in ambiente copto
343
LORENZO RICCARDI
Alcune riflessioni sul mosaico del vestibolo sud-ovest
della Santa Sofia di Costantinopoli
357
Indice
VII
ALESSANDRO TADDEI
La decorazione musiva aniconica della Santa Sofia di Costantinopoli
da Giustiniano all’età mediobizantina. Alcune osservazioni
373
MARIA ROSARIA MARCHIONIBUS
Sulla decorazione pittorica bizantina della chiesa di San Giacomo
presso Camerata (Cs)
383
ANDREA BABUIN
La decorazione ad affresco della chiesa degli Arcangeli a Kostániani, in Epiro
395
ALESSIA ADRIANA ALETTA / ANDREA PARIBENI
I luoghi del diritto nel Paris. Suppl. gr. 1085 (I):
tra parole scritte e immagini dipinte
415
GIUSEPPINA MATINO
Teodoro di Ermopoli ed il commento alle Novelle di Giustiniano
441
ROBERTA FLAMINIO
I sarcofagi bizantini del Museo di Santa Sofia a Istanbul
455
CLAUDIA BARSANTI
Una ricerca sulle sculture in opera nelle cisterne bizantine di Istanbul:
la Ipek Bodrum Sarnici (la cisterna n. 10)
477
ALESSANDRA GUIGLIA
Un decennio di ricerche sulle sculture della Santa Sofia di Istanbul:
bilancio e prospettive
509
SANDRA ORIGONE
La prima visita di Giovanni VIII Paleologo in Italia (1423-1424)
525
TOMO SECONDO
SILVIA RONCHEY
Volti di Bessarione
537
SUSY MARCON
Restauri bessarionei nei manoscritti marciani
549
CHIARA BORDINO
I Padri della Chiesa e le immagini nella Refutatio et Eversio
di Niceforo di Costantinopoli
571
DANIELA BORRELLI
La funzione del prologo nel Commento a Daniele di Teodoreto di Cirro
591
VIII
Indice
DONATELLA BUCCA
Per un’edizione critica del Commentario ai XII Profeti di Teodoreto di Cirro
607
MARIA TERESA RODRIQUEZ
Riflessioni sui palinsesti giuridici dell’area dello Stretto
625
CRISTINA ROGNONI
L’edizione dei documenti privati greci dell’Archivo Ducal de Medinaceli.
Il dossier di Valle Tuccio (Calabria, sec. XII-XIII)
647
VERA VON FALKENHAUSEN
I documenti greci del fondo Messina dell’Archivo General de la Fundación
Casa Ducal de Medinaceli (Toledo). Progetto di edizione
665
ANNACLARA CATALDI PALAU
Un manoscritto di Simeon Uroš Paleologo
689
ADALBERTO MAINARDI
Le formule della preghiera esicasta nella tradizione russa antica
707
MARCO SCARPA
La tradizione manoscritta slava delle opere contro i latini di Gregorio Palamas
733
ANNA-MARIA TOTOMANOVA
Giulio Africano e la tradizione storiografica slava
749
SALVATORE COSTANZA
Libri, cultori e pratica della mantica. Per un bilancio della circolazione
di idee e testi della divinazione in età comnena e paleologa
771
ANNA MARIA IERACI BIO
Giovanni Argiropulo e la medicina, tra l’Italia e Costantinopoli
785
MICHELE TRIZIO
Eliodoro di Prusa e i commentatori greco-bizantini di Aristotele
803
MARIELLA MENCHELLI
Giorgio Oinaiotes lettore di Platone. Osservazioni sulla raccolta epistolare
del Laur. San Marco 356 e su alcuni manoscritti dei dialoghi platonici
di XIII e XIV secolo
831
DAVIDE BALDI
Etymologicum Symeonis: tradizione manoscritta ed edizione critica.
Considerazioni preliminari
855
CLAUDIO BEVEGNI
Osservazioni sui manoscritti dei Moralia di Plutarco utilizzati da Angelo Poliziano
875
Indice
IX
VINCENZO RUGGIERI
Levissos (?): un caso di topografia urbana in Licia
883
GIOVANNI GASBARRI
Gli avori bizantini del Museo Civico Medievale di Bologna.
Arte, collezionismo e imitazioni in stile
903
MAURO DELLA VALLE
Questioni intorno alla porfirogenita Zoe
919
SILVIA PEDONE
«Souvenirs d’une grandeur qui ne s’efface pas».
La Santa Sofia di Giustiniano in alcuni disegni di Charles Texier
939
TOMMASO BRACCINI
Tra aquile e campane: araldica bizantina dopo la caduta di Costantinopoli
963
MARINA CAVANA / DANIELE CALCAGNO
La Croce degli Zaccaria da Efeso a Genova (secoli IX-XIII)
975
SIMONA MORETTI
I colori della fede: icone a smalto e a mosaico tra X e XIV secolo
997
LIVIA BEVILACQUA
Basilio parakoimomenos e i manoscritti miniati:
impronte di colore nell’Ambrosiano B 119 sup.
1013
CECILIA PACE
Dossier su san Nilo Erichiotes
1031
MARIO RE
Note per un’edizione delle recensioni greche del martirio di san Vito
1039
Abstracts
1053
Silvia Ronchey
Volti di Bessarione
Lo spunto ad occuparmi della figura di Bessarione è stato veneziano: la mostra
su Bessarione e l’Umanesimo, che si è tenuta nel 1994 alla Biblioteca Marciana
e al cui catalogo ho a suo tempo contribuito con un saggio sugli scritti giovanili
del Niceno contenuti nel suo autografo Marc. gr. 5331.
Ulteriori ricerche su Bessarione mi hanno in seguito portato a occuparmi
della sua iconografia e delle opinioni degli storici e degli storici dell’arte riguardo ad essa. In alcuni scritti ho cercato di individuare tra i molti, difformi, spesso contraddittori ‘volti’ del Niceno che ci restituisce la storia dell’arte del Quattro e Cinquecento (e in qualche caso anche quella più tarda), i più attendibili2.
La definizione di attendibilità, nelle circostanze determinate dalla peculiare
‘fortuna’ di Bessarione in Occidente, è peraltro complessa e non mi attarderò a
chiarirla, avendo già cercato di farlo quanto possibile in quei pochi scritti. Mi
limiterò a ricordare che, stando alle premesse poste, i volti più affidabili di Bessarione, fra quelli attestati dai suoi ritratti superstiti, sembrano esserci forniti
dalla lignée che si snoda attraverso le corti in cui operò di più e meglio, specie,
appunto, in vecchiaia: la corte pontificia, che ci restituisce il nobile quanto attendibile profilo scolpito, lui vivente, da Paolo Romano nel bassorilievo funebre
di Pio II3; la corte aragonese di Napoli, da cui proviene il ritratto miniato di
1
S. RONCHEY, Bessarione poeta e l’ultima corte di Bisanzio, in Bessarione e l’umanesimo, Catalogo
della mostra (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, 27 aprile - 31 maggio 1994), a cura di G. FIACCADORI, Napoli 1994, pp. 47-65.
2
Cf. S. RONCHEY, L’enigma di Piero, Milano 20072; EAD., Bessarion Venetus, in Philanagnostes. Studi
in onore di Marino Zorzi, a cura di C. MALTEZOU – P. SCHREINER – M. LOSACCO, Venezia 2008, pp. 375-401;
EAD. Il volto giovanile di Bessarione, in Le rotte dei misteri, a cura di L. LEODEI, Mazara del Vallo 2008.
3
B. vi è raffigurato in preghiera, di fronte a Enea Silvio colto nell’atto di deporre la reliquia della
testa di sant’Andrea sull’altare di San Pietro. Siamo nel 1462, B. ha superato quei cinquant’anni che
dovevano avergli inflitto, secondo gli storici dell’arte, un devastante coup de vieillesse. Ciononostante il
suo viso, sebbene rugoso e scavato, è, anche qui, ancora bello. In parte, di nuovo, per la non consonanza
con il ritratto di Bellini, in parte forse per la già in altra sede da me rilevata idiosincrasia a concedere
carisma all’aspetto fisico del cardinale bizantino, la maggioranza degli storici dell’arte ha giudicato anche
il ritratto di Paolo Romano «completamente disattento alle specificità fisionomiche di B.». Eppure lo
538
Silvia Ronchey
Gioacchino de Gigantibus per il codice dell’Adversus calumniatorem Platonis,
uno dei pochi apparsi degni di attenzione a una maggioranza di studiosi e peraltro ben sovrapponibile al precedente4; la corte urbinate, l’ultima, quella che
avrebbe dovuto accoglierlo se una morte peraltro annunciata non lo avesse raggiunto sulla via del ritorno dalla missione in Francia5.
scultore favorito di Pio II era noto per l’impressionante precisione con cui incideva i lineamenti dei soggetti che il papa gli commissionava: si pensi alle effigie di Sigismondo Malatesta, destinate ad essere
pubblicamente bruciate all’atto della sua scomunica, che, secondo le fonti, erano somigliantissime: Paolo Romano «realizzò l’opera con tanta maestria che sembrava di vedere Sigismondo vivo», come è narrato anche da Pio II: E.S. PICCOLOMINI, I Commentarii, a cura di L. TOTARO, I-II, Milano 1984, VII 11, pp.
1448-50; cf. V. LEONARDI, Paolo di Mariano Marmoraro, «L’Arte» s. III, 34 (1900), pp. 86-106, p. 263.
Ma gli studiosi suppongono che stavolta Paolo Romano sia stato «poco incline a indugiare su dettagli di
questo genere»: sia perché il profilo di B. faceva parte di «un complesso narrativo più ampio», sia perché
sarebbe stato «eseguito e ritoccato sotto diverse mani»; questi ‘ritocchi di più mani’ renderebbero il
profilo del bassorilievo di Paolo Romano non probante per F. LOLLINI, L’iconografia di Bessarione: Bessarion pictus, in Bessarione e l’umanesimo, p. 279; tale mostra di ritenerlo anche C. GINZBURG, Indagini su
Piero, Torino 19944, p. 79; «incertezze interpretative» emergono perfino secondo C. BIANCA, Il ritratto di
un greco in occidente, in EAD., Da Bisanzio a Roma. Studi sul cardinale Bessarione, Roma 1999, p. 165.
Ci sembra lecito affermare invece che l’espressività dei tratti da un lato, dall’altro il confronto con l’evidente realismo degli altri personaggi del gruppo, in particolare con i lineamenti ben noti di Enea Silvio o
anche con quelli, ad esempio, di Nicola Cusano, provino la raffigurazione di Paolo Romano, se anche rimaneggiata, sicuramente attendibile.
4
Il medaglione dell’Adversus calumniatorem Platonis si trova nel ms. Lat. 12946 della Bibliothèque
Nationale di Parigi, al f. 29r. Il codice fu miniato da Gioacchino de Gigantibus tra il 1472 e il 1476. Per
la datazione cf. J. RUYSSCHAERT, Miniaturistes “romains” à Naples, in T. DE MARINIS, La biblioteca napoletana dei re d’Aragona. Supplemento, Verona 1968, pp. 272-273; GINZBURG, Indagini su Piero, p. 102, n.
60; LOLLINI, L’iconografia di Bessarione, p. 279; BIANCA, Il ritratto di un greco in occidente, p. 163, che
ritiene la miniatura eseguita solo dopo la morte di B. Nella miniatura, che incornicia l’incipit del codice
fatto eseguire a Napoli da B., sono raffigurati il cardinale Niceno e re Ferdinando d’Aragona, entrambi di
profilo. Il circolo umanistico aragonese, da cui fu espresso il codice e cui apparteneva il suo miniatore, fu
frequentato sino all’ultimo da B. e al suo interno si poteva avere dunque un’idea precisa e di prima mano
delle sue fattezze, contrariamente a quanto ritiene Lollini, p. 279. Sulle frequentazioni napoletane di B.
cf. G. PUGLIESE CARRATELLI, L’immagine della “Bessarionis Academia” in un inedito scritto di Andrea Contrario, «Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei» 7 (1996), pp. 799-813; ID., Bessarione, il Cusano e l’umanesimo meridionale, «La Parola del Passato» 53 (1998), pp. 201-225. Che questa sia l’unica
miniatura ad avvicinarsi a quelle che dovevano essere le sembianze senili di B. è concluso già, per diversa via, da GINZBURG, Indagini su Piero, pp. 79 e 81; contra, come si è detto, LOLLINI, L’iconografia di
Bessarione, p. 279, che però sottovaluta i rapporti tra B. e il circolo aragonese di Napoli.
5
Ufficialmente per dissenteria, in realtà per avvelenamento secondo quanto pare doversi evincere
dalla biografia orsiniana, attinta a un’opera perduta di Giano Lascaris: B. ORSINI, La verità essaminata,
intorno al ramo più principale dell’imperial albero Comneno, historico e genealogico [...], in Le glorie cadute dell’antichissima, ed augustissima famiglia Comnena, da’ maestosi allori dell’imperial grandezza, ne’
tragici cipressi della priuata conditione [...], cauate dal buio dell’obliuione alla luce del mondo dall’abbate don Lorenzo Miniati, seconda impressione corretta, Venetia 1663; il brano che concerne la morte di B.
si legge a p. 97: vd. T. BRACCINI, Bessarione Comneno? La tradizione indiretta di una misconosciuta opera
storica di Giano Lascaris come fonte biografico-genealogica, «Quaderni di Storia», 65 (2006), in part. pp.
99-102; la questione del possibile avvelenamento di B. è discussa più ancora in dettaglio in T. BRACCINI,
Bessarione e la cometa, «Quaderni di Storia», 67 (2008), pp. 37-53. Le notizie scoperte da Braccini
nell’opera di Lascaris vengono oggi a integrare e corroborare quelle delle memorie manoscritte di casa
Dandolo contenute nel Marc. it. VIII, 2452 [= 10551] (la segnatura esatta, sino ad oggi trascritta curiosamente in modo erroneo dai più autorevoli repertori, come quello di Gian Albino Ravalli Modoni, ci è
stata recentemente fornita per via epistolare dall’infallibile acribia e immancabile cortesia di Marino
Volti di Bessarione
539
La cerchia dell’ultimo, fedele amico e protettore di Bessarione, Federico da
Montefeltro, ci restituisce almeno due, se non tre, immagini di Bessarione significativamente coerenti, nella fisionomia, con le due sopra menzionate: quella,
quasi speculare al profilo del codice aragonese, eseguita intorno al 1472 da un
pittore ancora non identificato con certezza ma di sicuro rilievo, nello stendardo
della Confraternita di San Giovanni Battista6; e, per diretta committenza di Federico, il ritratto certo di Pedro Berruguete7 e quello possibile di Giusto di
Gand8.
Zorzi, insieme alla riproduzione delle parti di maggiore interesse bessarioneo). Secondo questa fonte,
Bessarione sarebbe morto avvelenato insieme a Dandolo stesso, per mano di uno dei servitori di quest’ultimo. Ma gli storici, ad eccezione di Mercati (S.G. MERCATI, Per la cronologia della vita e degli scritti di
Niccolò Perotti, Roma 1925, rist. 1973, p. 72), non avevano mai dato credito a questa versione dei fatti
(cf. H. VAST, Le Cardinal Bessarion, Paris 1878, p. 431, n. 431) fino all’apparizione dei lavori di Braccini.
6
Lo stendardo, esposto a Palazzo Ducale, è stato da poco portato all’attenzione degli studiosi da
Sergio Feligiotti. L’identificazione con B. del personaggio con barba bianca, in abito da cerimonia, ritratto alla sinistra di Federico da Montefeltro con accanto, secondo l’ipotesi di Feligiotti, Zoe Paleologina (il
cappello frigio è da lui considerato un’insegna regale come l’abito rosso), forse in occasione del suo ultimo
soggiorno urbinate (aprile-maggio 1472), si deve a sua comunicazione epistolare, ed è stata per la prima
volta accolta pubblicamente da Lorenza Mochi Onori nell’intervista a Lara Ottaviani apparsa sul «Resto
del Carlino» del 24 gennaio 2007. Sull’opera è al lavoro Agnese Vastano, alla cui cortesia dobbiamo la
foto qui riprodotta, e che teniamo a ringraziare, come del resto, e ancor più, lo stesso Feligiotti, che in
un’ulteriore comunicazione ci ha espresso l’opinione che l’autore possa essere Lorenzo da Viterbo (il
personaggio col tocco rosso sulla sinistra gli sembra «Perotti, che da Viterbo era già stato cacciato ma
sicuramente contava ancora qualcosa»), pittore abile, in Santa Maria della Verità a Viterbo, nel cogliere
gli aspetti caricaturali dei personaggi (sempre secondo Feligiotti, accanto a Etiopi, Armeni e rappresentanti di altre chiese che firmarono l’Unione, sarebbe rappresentata l’Accademia Bessarionea). A tutt’oggi,
comunque, l’ultimo testo pubblicato cui fare riferimento è la scheda contenuta in Il Rinascimento a Urbino. Fra’ Carnevale e gli artisti del palazzo di Federico (Urbino, 20 luglio-14 novembre 2005), a cura di A.
MARCHI – M.R. VALAZZI, Milano 2005, pp. 185-189.
7
La verosimiglianza del B. di Berruguete, già difesa da T. GOUMA-PETERSON, Piero della Francesca’s
Flagellation: an Historical Interpretation, «Storia dell’Arte», 27 (1976), pp. 230-233, è oggi confermata
dai risultati degli esami stratigrafici e di microfluorescenza X, delle foto a infrarossi, delle riflessografie e
naturalmente delle radiografie, usati da Nicole Reynaud e Claude Ressort nel loro fondamentale studio
sull’argomento, dopo i restauri condotti alla fine degli anni Ottanta dal Service de Restauration des Peintures des Musées Nationaux: N. REYNAUD - C. RESSORT, Les portraits d’hommes illustres du Studiolo d’Urbino au Louvre par Juste de Gand et Pedro Berruguete, «Revue du Louvre», 1 (1991), pp. 82-114. Il B. di
Berruguete è simile non solo a quelli di Gioacchino de Gigantibus e dell’artista che dipinse lo stendardo
urbinate, entrambi databili al 1472, ossia a poco prima o poco dopo la morte del Niceno, ma anche al
profilo, precedente, di Paolo Romano: se quest’ultimo è meno accattivante, sono sovrapponibili al ritratto
di Berruguete non solo la forma e la lunghezza della barba, ma l’atteggiamento delle labbra, il taglio dei
grandi occhi cerchiati e delle sopracciglia, le guance scavate, le rughe ai lati del naso, che non è deforme
né gonfio in punta come in Gentile Bellini, ma arcuato, anche se, a causa vuoi dei rifacimenti, vuoi dell’età, meno di quello di Berruguete (e di Gioacchino de Gigantibus e dello stendardo).
8
Come ha notato P. ZAMPETTI, Pittura nelle Marche, II. Dal Rinascimento alla Controriforma, Firenze
1989, p. 84, presenta lineamenti simili al B. di Berruguete ed è forse identificabile proprio con B. anche
il personaggio orientale barbuto che si trova vicino a Federico da Montefeltro nel dipinto commissionato
per l’altare della chiesa del Corpus Domini nel 1473 dal duca in persona, che vi si fece ritrarre insieme
ai suoi intimi e familiari, tra cui il figlio prediletto Guidobaldo, e in cui l’occasione liturgica, propria
della Chiesa occidentale, si mescola deliberatamente all’iconografia bizantina. L’opera, come attestano i
documenti di pagamento, fu iniziata nel febbraio del 1473, tre mesi dopo la morte di B.; ma nulla impedisce che, come del resto in seguito Berruguete, Giusto di Gand abbia attinto per raffigurarlo sia a una
540
Silvia Ronchey
Sono tutte immagini senili. Non mi addentrerò nella problematica, ancora più
complessa, delle immagini giovanili. Ne conosciamo poche, e queste poche non
sono state per lo più, fino a poco tempo fa almeno, considerate dagli studiosi9.
Tra le possibili eccezioni, la più rilevante fa capo alla lignée dei disegni di Pisanello conservati al Louvre e a Chicago10, da cui verosimilmente derivano da
un lato le immagini dei delegati bizantini al concilio di Firenze consegnateci da
Filarete nei rilievi bronzei della porta di San Pietro11 e da Piero della Francesca
negli affreschi di Arezzo12, nonché forse alcune miniature contenute nella Bibbia
di Borso d’Este, come ad esempio quella raffigurante il ‘dottore al seguito del
profeta Esdra’ al f. 210r, ben raffrontabile al tipo del dignitario bizantino di quei
modelli13; d’altro lato l’immagine che Piero stesso ci ha presumibilmente lasciato di Bessarione in veste di dignitario ecclesiastico bizantino nella Flagellazione
di Urbino: un ritratto identificato con Bessarione già da Kenneth Clark, Marylin
Aronberg Lavin, Thalia Gouma-Peterson, Carlo Ginzburg14. Non posso, infine,
non menzionare qui la recentissima ancorché discussa ipotesi secondo cui Piero ci avrebbe lasciato almeno un’altra immagine, senile stavolta, del Niceno,
nella cosiddetta Pala di Lisbona, che lo raffigurerebbe nei panni di sant’Agostidocumentazione iconografica, fornitagli da Federico, sia alle memorie visive della corte, sia infine alla
propria memoria stessa: è possibile che l’autore del dipinto fosse presente a Urbino già nel 1472, quando
B. vi fece tappa nel suo viaggio per la Francia: vd. RONCHEY, L’enigma di Piero, pp. 260-63, con note e
bibliografia nel Regesto Maior.
9
In particolare si possono segnalare alcune miniature: quella del Marc. Membr. 53 (G. FICHET, Rhetorica), f. 1 (1471); quella del Vat. Lat. 3586 (BESSARIONE, Epistolae et orationes de arcendis Turcis), f. 1r
(1471); quella del Par. Lat. 12947, f. 11. Forse identificabili con il cardinale alcuni dei vari Girolami
presenti nella Bibbia di Borso d’Este: v. in part. I, f. 270v, e II, f. 190r; per un primo tentativo di analisi
di queste e altre immagini vd. RONCHEY, Il volto giovanile di Bessarione.
10
Parigi, Louvre, Cabinet des Dessins: Pisanello, disegno Inv. MI 1062 recto; Chicago, Art Institute,
disegno Inv. 1961.331 recto.
11
Città del Vaticano, Basilica di San Pietro: Filarete, rilievi bronzei del portale (Giovanni VIII e il suo
seguito salpano da Costantinopoli; giungono a Ferrara e rendono omaggio al papa; sessione conciliare a
Firenze; partenza per Costantinopoli).
12
Arezzo, chiesa di San Francesco: Piero della Francesca, Verifica della Vera Croce; Esaltazione
della Croce: il corteo dell’imperatore Eraclio.
13
Modena, Biblioteca Estense, lat. 422, f. 210r. La tenuta dello scriba che segue Esdra appare coincidere con quella designante i dignitari bizantini al concilio di Ferrara; il copricapo e il vestito ampio,
fermato da una cintura, sono ben confrontabili con quelli del personaggio ecclesiastico ritratto di spalle
da Pisanello al recto del cartone MI 1062 del Louvre. Va notato, come fa M. SALMI, La pittura di Piero
della Francesca, Novara 1979, p. 49, che quest’ultima miniatura «prelude a una composizione che sarà
sviluppata da Piero nel lunettone del Ciclo di Arezzo con Eraclio che porta la croce a Gerusalemme». In
generale su questo notissimo codice conservato all’Estense di Modena (ms. Lat. 422) vd. almeno La Bibbia di Borso d’Este [...] con documenti e studio storico-artistico di A. VENTURI, Bergamo 1961.
14
K. CLARK, Piero della Francesca, London 1951; M. ARONBERG LAVIN, Piero della Francesca’s “Flagellation”: the Triumph of Christian Glory «The Art Bulletin» 50 (1968), pp. 321-342 (vd. in seguito anche
M. ARONBERG LAVIN, Piero della Francesca: the Flagellation, New York 1972 e Chicago 19902); GOUMAPETERSON, Piero della Francesca’s Flagellation; GINZBURG, Indagini su Piero.
Volti di Bessarione
541
no15, con fra l’altro un’elaborata simbologia ricamata sul costume vescovile, che
attende di essere studiata in rapporto alla nuova ipotetica identificazione16.
Ma torniamo al (presunto, quanto per molti indubbio) Bessarione in panni
bizantini della tavola di Urbino. La sua immagine presenta alcuni tratti in comune – uno dei meno ovvi è la posizione della mano – con un’altra in cui gli
studiosi hanno ripetutamente identificato Bessarione. Una raffigurazione che
non rientra né nella categoria dei ritratti senili, poiché mostra il cardinale Niceno con ancora la barba e i capelli scuri, né in quella dei ritratti giovanili, poiché
è stata dipinta dopo la sua morte. Si tratta della raffigurazione conservata qui a
Venezia, a San Giorgio degli Schiavoni, nella cosiddetta Visione di sant’Agostino
di Carpaccio17.
L’ipotesi che il pittore e i suoi committenti abbiano voluto ritrarre Bessarione
nei panni di sant’Agostino18 – come potrebbe peraltro avere fatto anche Piero
della Francesca, se si dà credito alla congettura di cui sopra, nella rappresentazione del santo in vesti vescovili19 – commemorandolo a trent’anni di distanza
15
Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga. Piero della Francesca, Sant’Agostino, pannello dal disperso Polittico di sant’Agostino (Pala di Lisbona). L’ipotesi di identificazione, comunicatami epistolarmente, è di Moreno Neri.
16
E che include figurazioni sacre tra cui, ben visibile sul lembo sinistro del manto, all’altezza del
cuore, la Flagellazione di Cristo, e al centro della mitria, sopra la fronte, il ritratto del Prodromos.
17
Venezia, Scuola Dalmata di San Giorgio e Trifone. Carpaccio, Sant’Agostino (1502-1503). La Scuola, com’è noto, era stata fondata nel 1451 da circa duecento immigrati slavi (gli ‘Schiavoni’), in buona
parte marinai, che avevano un importante ruolo nella marina veneziana e quindi nella difesa contro i
Turchi. Per l’impegno logistico e finanziario della confraternita dalmata a favore della crociata indetta da
Pio II contro i Turchi fu concessa da B. l’indulgenza del 10 febbraio 1464: cf. A. GENTILI, Carpaccio e
Bessarione, in Bessarione e l’umanesimo, pp. 297-302: 297; P. FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio
di Carpaccio: un ritratto nel ritratto?, ibid., pp. 303-19: 304. Non qui ma a San Giorgio Maggiore era
stata invece progettata, com’è noto, la costruzione della nuova biblioteca che avrebbe dovuto ospitare il
suo lascito: cf. da ultimo M. ZORZI, Bessarione e i codici greci, in L’eredità greca e l’ellenismo veneziano, a
cura di G. BENZONI, Firenze 2002, pp. 105-106.
18
Che il telero rappresenti un episodio postumo della vita di san Girolamo, desunto da un apocrifo,
e cioè l’apparizione in cui annuncia la sua morte a sant’Agostino intento a scrivergli una lettera, e che il
soggetto del quadro sia pertanto il secondo santo e non il primo, come in origine creduto, è stato giustamente intuito, su basi iconografiche, da H.I. ROBERTS, St. Augustine in “St. Jerome Study”: Carpaccio’s
Painting and its Legendary Source, «The Art Bulletin», 41 (1959), pp. 283-297, e risulta confermata da
un inventario o elenco dei dipinti del 1577 scoperto da G. PEROCCO, Appendice, in R. PALLUCCHINI, I teleri
del Carpaccio in San Giorgio degli Schiavoni, Milano 1961, p. 72. Cf. G. DE MARCHIS, Il pittore, l’umanista
e il cagnolino, Torino 2002, pp. 38-39; FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio di Carpaccio, p. 303, in
cui può leggersene il testo e reperire la referenza dell’apocrifa lettera attribuita a sant’Agostino, in realtà
del XIII secolo, in cui è narrata la visione.
19
Sotto l’altare raffigurato nello sfondo da Carpaccio sono riposte le suppellettili liturgiche, due ampolle, una navicella portaincenso, un paramento ripiegato, due libri da messa, mentre sul piano è appoggiata la mitria vescovile e sullo spigolo destro dell’abside il bastone pastorale. L’umanista bibliofilo è
dunque un vescovo, come suggerisce la sedia purpurea ornata e connessa a un inginocchiatoio che si
trova addossata alla parete sinistra. Ma non è solo un vescovo. Il prelato dipinto da Carpaccio è invece,
come ha sottolineato De Marchis, un cardinale vescovo. A suggerirlo è la porpora che spunta dalla sopravveste. Mentre la cappa nera che dalle spalle scende a coprire metà delle braccia e il petto fino a sfiorare
il piano del tavolo sembra un rimando alla condizione monastica. Ora, tutte e tre le identità ecclesiastiche
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Silvia Ronchey
dalla scomparsa nella Scuola cui aveva concesso nel 1464 un’importante indulgenza e nella città dove aveva soggiornato a lungo in compagnia di Niccolò Perotti ma anche di Giovanni Regiomontano20, è stata per la prima volta avanzata,
com’è noto, da Guido Perocco, sostenuta anzitutto da Vittore Branca21 e probabilmente dimostrata in via definitiva da Patricia Fortini Brown, nel momento in
cui per prima ha identificato, tra i molti oggetti disposti nel dipinto a connotare
l’identità del personaggio, o meglio ancora la sua dimensione di studioso di
astronomia (a suo tempo mirabilmente analizzata da Antonio Rigo), un reperto
unico, specificamente e indubitabilmente bessarioneo: l’astrolabio Regiomontano22.
Come è stato da più parti segnalato, altri oggetti, fra quelli presenti nel quadro, dovettero essere inseriti dopo la sua stesura iniziale23, documentata dai due
schizzi conservati al Museo Puškin e soprattutto dal disegno conservato alla
British Library, che, com’è stato argomentato, mostra il progetto di Carpaccio
appartenevano in effetti a Bessarione, vescovo di Nicea e cardinale della curia romana, ma insieme,
sempre e implacabilmente, monaco basiliano.
20
Giovanni Regiomontano lavorò a Venezia, ospite con B. e Perotti del monastero di San Giorgio
Maggiore, tra il luglio 1463 e il luglio 1464: cf. ZORZI, Bessarione e i codici greci, cit., p. 105; L. MOHLER,
Kardinal Bessarion als Theologe, Humanist und Staatman, I, Paderborn 1923, rist. Aalen 1967, p. 300.
21
Il primo studioso ad avanzare l’ipotesi che il personaggio ritratto nel quadro sia B. era stato G.
PEROCCO, La scuola di San Giorgio degli Schiavoni, in Venezia e l’Europa. Atti del XVIII congresso internazionale di storia dell’arte, Venezia 1956, pp. 221-224; vd. poi ID., Tutta la pittura del Carpaccio, Milano 1960, p. 61; ID., Appendice, ivi, p. 72; ID., Carpaccio nella Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni, Venezia 1964, p. 134; L’opera completa del Carpaccio, a cura di G. PEROCCO, Milano 1967, p. 99. Vd. ancora
PEROCCO, Appendice, p. 72, per l’ipotesi che quella raffigurata ai suoi piedi sia l’indulgenza, oggi conservata nell’Archivio della Scuola Dalmata, Catastico della Scuola di SS. Giorgio e Triffon della Nation
Dalmatiana, f. 4v. Per gli ulteriori indizi addotti dagli studiosi e per la prova definitiva di quest’identificazione, fornita da Patricia Fortini Brown (la presenza, nel dipinto, dell’Astrolabio Regiomontano), vd. la
sintesi contenuta in RONCHEY, L’enigma di Piero, pp. 236-240, con note e bibliografia nel Regesto Maior.
Per un’agguerrita confutazione delle ipotesi di Perocco e Branca v. GENTILI, Carpaccio e Bessarione, p. 297.
22
FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio di Carpaccio.
23
Fra gli altri, la conchiglia posata sullo scrittoio che aveva fatto arrovellare John Ruskin durante il
suo soggiorno a Venezia («Significa qualcosa, ne sono certo», aveva annotato), usata per lisciare le pergamene, che secondo De Marchis è un attributo esplicito dello scrittore e del collezionista di libri, e la
pergamena sigillata dipinta da Carpaccio ai piedi del santo, in cui secondo Perocco, come abbiamo visto,
si dovrebbe riconoscere l’indulgenza concessa da Bessarione alla Scuola, e il grande sigillo rosso in primo
piano, in cui secondo Branca occorrerebbe riconoscere il sigillo di Bessarione. L’ipotesi di V. BRANCA,
Ermolao Barbaro e l’Umanesimo veneziano, in Umanesimo europeo e Umanesimo veneziano, a cura di V.
Branca, Venezia 1964, pp. 163-212: 211, è data per certa, con meno prudenza anche perché desunta da
comunicazioni verbali, in Z. WAZBINSKI, Portrait d’un amateur d’art de la Renaissance, «Arte Veneta», 22
(1968), p. 21. L’altro sigillo, pendente a destra di un ulteriore scritto, potrebbe essere quello dell’indulgenza papale del 1481: così, FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio di Carpaccio, p. 312, che confuta
l’ipotesi di GENTILI, Carpaccio e Bessarione, p. 300, secondo cui l’astuccio giacente a destra conterrebbe
la matrice del primo sigillo rosso e non il rovescio di un secondo. Su questa base Ginzburg ha letto nel
dipinto di Carpaccio una serie di citazioni, se non addirittura una complessiva ispirazione, dalla Flagellazione di Piero: GINZBURG, Indagini su Piero, pp. 94-96; la dipendenza diretta o indiretta della «sapienza
prospettica e luministico-spaziale» del dipinto da Piero della Francesca è sottolineata, fra gli altri, in DE
MARCHIS, Il pittore, l’umanista e il cagnolino, p. 43.
Volti di Bessarione
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prima che al pittore fosse fornita la documentazione necessaria per definire
compiutamente il personaggio, in primis il suo volto24.
Agli oggetti sulla cui connotazione astronomica gli studiosi hanno finora
insistito si potrebbe aggiungere, en passant, il sottile binocolo appoggiato sulla
scrivania del santo, quasi sfiorato dalla sua mano sinistra. Ma è soprattutto inevitabile, qui a Venezia, ricordare che la figura di Bessarione astronomo, alter ego
di quel Tolomeo che il Niceno aveva fatto epitomare da Regiomontano, si ritrova
nella celebre miniatura contenuta nel frontespizio del codice Marc. gr. 388 della Geografia25, eseguita probabilmente intorno al 1453, e che è stata peraltro già
accostata al telero in sede scientifica26.
Qui Bessarione è rappresentato secondo alcuni come ‘Tolomeo’, secondo altri
come ‘mago’; ma sarebbe meglio dire depositario della sapienza astronomicoastrologica del neoplatonismo di Mistrà, sui cui rituali e sulle cui pratiche ci
informa, nella sua polemica contro Gemisto, Giorgio di Trebisonda27. Un astronomo e astrologo che è anche un filosofo platonico, circonfuso da un’aura esoterica (perciò ‘mago’), e circondato (perciò ‘Tolomeo’) da tutti i ferri del mestiere;
oggetti peraltro simili a quelli raffigurati con minuzia da Carpaccio nel suo quadro.
Si potrebbero certo addurre altri elementi di raffronto tra la miniatura marciana e il telero di san Giorgio, che offrirebbero altri argomenti di riflessione e
forse ulteriori indizi per un riconoscimento di Bessarione quale soggetto: dalla
rappresentazione del fascio di luce che piove in alto da destra a quella delle
scansie lignee su cui sono appoggiati i libri e i codici, dalla caratterizzazione
degli astrolabi a quella del piccolo animale di cui vediamo la metamorfosi da
donnola – o forse ermellino, in ogni caso un mustelide –, qual era sia nella miniatura marciana sia ancora nel disegno londinese di Carpaccio, a piccolo cane
di compagnia, un simpatico esemplare di proto-terrier, qual è nel dipinto compiuto28.
Ma vorrei concludere, piuttosto, con un breve memento. Per dirimere il dubG. DE MARCHIS, Il pittore, l’umanista e il cagnolino, pp. 44-45, ma soprattutto M. MURARO, I disegni
di Vittore Carpaccio, Firenze 1977, pp. 53-54.
25
Marc. gr. 388 (TOLOMEO, Geographia), f. 6v., frontespizio, copia di proprietà di B., trascritta per lui
nell’originale greco poco dopo il 1453. Della miniatura marciana parla G. DERENZINI, Tolomeo tra antico
e nuovo: una miniatura del codice Marc. Gr. Z. 388, in Bisanzio e l’Occidente: arte, archeologia e storia.
Studi in onore di Fernanda de’ Maffei, Roma 1996, pp. 559-573. Cf. anche A. RIGO, Gli interessi astronomici del cardinal Bessarione, in Bessarione e l’Umanesimo, pp. 105-117
26
Da Patricia Fortini Brown (vd. nota più avanti) oltreché, implicitamente, da RIGO, Gli interessi
astronomici del cardinal Bessarione.
27
Vd. anche RIGO, Gli interessi astronomici del cardinal Bessarione.
28
FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio di Carpaccio, p. 312 e n. 85, ha ipotizzato che la presenza del piccolo animale nel telero (e, aggiungerei, soprattutto nel disegno di Londra) sia, appunto, una citazione della miniatura contenuta nel Marc. gr. 388, che ritrae Tolomeo in compagnia, secondo Fortini
Brown, di un piccolo cane (o di una donnola?). Questo omaggio alla sua biblioteca e all’autore cui tanti
24
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Silvia Ronchey
bio, o i dubbi, sul volto, o sui volti, di Bessarione, l’ambito decisivo da cui possiamo attenderci nuove risposte è quello libresco. È nel mondo delle illustrazioni dei codici che occorre cercare e cercare ancora, per ottenere una più completa documentazione di quel volto, o di quei volti, che durante tutta la loro vita
furono comunque sempre immersi nei libri.
Che si tratti, nell’Adversus calumniatorem Platonis della Bibliothèque Nationale di Parigi, della miniatura di Gioacchino de Gigantibus al fol. 29r o di
quella di Cola Rapicano al fol. 11r; che il compito sia vagliare le possibili effigie
di Bessarione contenute nella Bibbia di Borso d’Este o scrutare quelle dei corali bessarionei conservati presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena o esaminare i codici della Donazione Marciana, come la Rhetorica di Guillaume Fichet,
con la celebre illustrazione (1471) raffigurante l’autore che offre a Bessarione il
suo libro29, o altro ancora, la prima delle arti figurative del Quattrocento in cui
proliferò l’iconografia del Niceno è la più colta e libresca: la miniatura. L’ambito dei manoscritti, così connaturato al personaggio e alla sua cerchia, è terreno
privilegiato per inseguirne le tracce. Molto è ancora da fare. Non diamo per
chiusa la ricerca.
Tra i possibili ‘volti’ miniati di Bessarione, riconosciuti o meno come tali,
comunque utili da analizzare e confrontare – con l’obiettivo ultimo di arrivare,
se non a costituire un identikit del Niceno, quanto meno a scartare quei ritratti
disattenti alla sua reale fisionomia, o addirittura caricaturali e denigratori, che
hanno portato a volte i suoi posteri a recepire di lui un’immagine non solo fisionomicamente ma anche psicologicamente e per così dire culturalmente deformata –, vorrei menzionare quello, finora taciuto dagli studiosi di iconografia
bessarionea, fornito da un manoscritto, invece, più che studiato.
Si tratta del Laurenziano Plut. 82. 10, contenente, com’è noto, la traduzione
di Ficino delle Enneadi plotiniane30. Nel frontespizio (f. 3) Marsilio campeggia,
come d’uso nei codici delle sue opere, nel capolettera – che è poi l’iniziale del
suo nome –, raffigurato con un dettaglio e un realismo che hanno reso questo
oggetti del quadro alludono – in particolare il più inconfondibile di tutti, l’astrolabio Regiomontano – sarebbe una prova ulteriore, se non la prova decisiva, secondo Fortini Brown, che è B. il soggetto del quadro.
29
Si tratta del Marc. Membr. 53 e la miniatura, del 1471, è al f. 1.
30
La descrizione più approfondita del codice e delle sue immagini resta quella di P. D’ANCONA, La
miniatura fiorentina, secoli XI-XVI, II, Firenze, 1914, p. 749, n. 1529; vd. anche quanto ne scrivono P.O.
KRISTELLER, Studies in Renaissance Thought and Letters, III, Roma 1993, e M. BANDINI, Reviving Antiquity: the Recovery of Greek Texts, in Italian Renaissance and Greece, I, a cura di M. GREGORI, Cinisello Balsamo 2004, pp. 225-226; cf. anche la scheda di S. GENTILE in Marsilio Ficino e il ritorno di Platone, a
cura di S. GENTILE – S. NICCOLI — P. VITI, 1984; vd. inoltre S. GENTILE, Note sullo scrittoio di Marsilio Ficino, in Supplementum festivum. Studies in Honor of Paul Oskar Kristeller, «Medieval and Renaissance
Texts and Studies», 49 (1987), pp. 339-398; e da ultimo A. LABRIOLA, I miniatori fiorentini, in Ornatissimo
codice: la biblioteca di Federico di Montefeltro (Catalogo della mostra), a cura di M. PERUZZI, Milano 2008,
pp. 53-67.
Volti di Bessarione
545
ritratto fonte cruciale per la ricostruzione della sua fisionomia, in vecchiaia restituitaci con infinita eleganza da Filippino Lippi.
Altri quattro volti sono raffigurati nelle miniature che occhieggiano dai tondi
ai quattro angoli del foglio contenente il celeberrimo Proemium Marsilii Ficini
florentini ad Magnanimum Laurentium Medicem. Non si può essere completamente certi che la coppia in alto rappresenti, circostanza comunque congetturabile, Platone e Plotino, sotto qualsiasi effigie fisionomica li si sia voluti rappresentare. Né conviene in questa sede speculare sulla quasi gemella coppia di filosofi dei due tondi in basso. Ma si può suggerire con minimo margine di dubbio
che, all’interno dei due tondi più prossimi a Marsilio, che fiancheggiano il testo
della dedica a Cosimo a metà del foglio, e quasi lo presidiano e gli fanno ala, si
sia inteso raffigurare Gemisto e Bessarione, l’allievo senza la cui instancabile
attività politica e diplomatica, oltreché filologica e libresca, il pensiero platonico bizantino, fatto rinascere dal maestro a Mistrà, non si sarebbe trasmesso
nelle sedi dell’accademia platonica la cui fioritura diede vita a quello che chiamiamo – forse a torto, dal punto di vista bizantino – ‘il’ Rinascimento.
Fig. 1. Paolo Romano, bassorilievo funebre di
Pio II, dettaglio: Bessarione; Roma, Sant’Andrea
della Valle.
Fig. 2. Gioacchino de Gigantibus, medaglione miniato:
Bessarione e Ferdinando d’Aragona; Parigi, BNF, ms.
Lat. 12946 (Adversus calumniatorem Platonis), fol. 29r.
(A fronte)
Fig. 3 (in alto a sinistra). Pedro
Berruguete (su disegno di
Giusto di Gand), ritratto di
Bessarione; Parigi, Louvre.
Fig. 4 (in alto al centro). Piero
della Francesca, Flagellazione,
dettaglio: il mediatore greco;
Urbino, Palazzo Ducale.
Fig. 5 (in alto a destra). Piero
della Francesca, Sant’Agostino,
pannello dal disperso Polittico
di sant’Agostino (Pala di
Lisbona); Lisbona, Museu
Nacional de Arte Antiga.
Fig. 6 (in basso). Vittore
Carpaccio, Sant’Agostino nel suo
studio; Venezia, Scuola Dalmata
di San Giorgio e Trifone.
(In questa pagina)
Fig. 7 (in alto). Venezia, BNM,
ms. Marc. gr. 388 (Tolomeo,
Geographia), fol. 6v,
frontespizio.
Fig. 8 (in basso). Firenze, BML,
ms. Laur. Plut. 82. 10 (Marsilio
Ficino, traduzione delle Enneadi
di Plotino), frontespizio (c. 3).
Volti di Bessarione
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Silvia Ronchey
Fig. 9. Firenze, BML,
ms. Laur. Plut. 82. 10
(Marsilio Ficino,
traduzione delle Enneadi
di Plotino), frontespizio
(c. 3), dettaglio.
Fig. 10. Firenze, BML, ms. Laur.
Plut. 82. 10 (Marsilio Ficino,
traduzione delle Enneadi di Plotino),
frontespizio (c. 3), dettaglio.