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Volti di Bessarione

2013

Nessuno Bessarione amò, riamato, più di Venezia e dei veneziani. Eppure in nessuno degli ambienti che frequentò privilegiatamente, e in cui fu noto, venne visto, o comunque ritratto, in modo più spietato: il ritratto oggi approdato alla National Gallery di Londra, dipinto da Gentile Bellini sullo sportello dell’“albergo” del reliquiario della Vera Croce; la copia, dipinta da un suo tardo discepolo, forse Giannetto Cordegliaghi, di un altro suo ritratto, bruciato nel 1546, che lo raffigurava con in mano la stessa stauroteca; il monaco che partecipa ai Funerali di san Girolamo nel telero di Carpaccio conservato alla Scuola degli Schiavoni e identificato con Bessarione da Augusto Gentili. Nei ritratti veneziani di Bessarione sopravvissuti all’arcana maledizione che ha distrutto o disperso la loro maggior parte, è come se una maschera grottesca fosse stata sovrapposta ai bei tratti, da vero Erasmo orientale, prestati invece al suo volto e alla sua figura dai pittori che operarono, quasi contemporaneamente, per le altre corti a lui amiche: la corte pontificia, che ci restituisce il nobile quanto attendibile profilo scolpito, lui vivente, da Paolo Romano nel bassorilievo funebre di Pio II; la corte aragonese di Napoli, da cui proviene il ritratto miniato di Gioacchino de Gigantibus per il codice dell’Adversus calumniatorem Platonis; la corte urbinate, che avrebbe dovuto accoglierlo se una morte annunciata non lo avesse raggiunto sulla via del ritorno dalla missione in Francia e che ci restituisce due o forse tre immagini fondamentali di Bessarione: il ritratto certo di Pedro Berruguete, quello possibile di Giusto di Gand e quello, speculare al profilo del codice aragonese, eseguito sempre intorno al 1472 nello stendardo della Confraternita di San Giovanni Battista. Bessarion loved no one and nothing more than Venice and the Venetians. And yet in none of the milieux he frequented most often was he seen, or at least portrayed, more ruthlessly: the portrait, today in the National Gallery, London, painted by Gentile Bellini on the door of the “tabernacle” of the reliquary of the True Cross; the copy, painted by one of his late disciples, perhaps Giannetto Cordegliaghi, of another of his portraits, was consumed in a fire in 1546, portraying him with the same reliquary in his hand; and the monk in the Funerali di san Girolamo in Carpaccio’s telero in the Scuola degli Schiavoni, identified as Bessarion by Augusto Gentili. It is as if, in the Venetian portraits of Bessarion that have survived the strange curse which has seen so many destroyed or lost, a grotesque mask was superimposed on his handsome features, those of a true oriental Erasmus, conferred instead on his countenance and person by the painters who worked, almost all at the same, for the other courts which admired him: the papal court, which gives us the noble, as well as credible, profile sculpted from life by Paolo Romano on the funeral bas-relief of Pius II; the Court of Aragon in Naples, with the illuminated portrait by Gioacchino de Gigantibus for the Adversus calumniatorem Platonis manuscript; the Court of Urbino, which would have hosted him and his belongings if he had not died returning from his mission in France, and which has preserved two or three fundamental images of Bessarion: the portrait by Pedro Berruguete, the portrait attributed to Justus van Gent, and the one in mirror image of the profile found in the Aragonese manuscript, also painted around 1472 on the banner of the Confraternity of St. John the Baptist.

© 2013, Pagina soc. coop., Bari Questa pubblicazione è stata possibile grazie ai contributi di: Dipartimento di Studi Umanistici, Università Ca’ Foscari Venezia Annaclara Cataldi Palau in ricordo di Francisco Palau Dufour Associazione “Amici della Marciana”, Venezia Centro Interdisciplinare di Studi Balcanici e Internazionali, Università Ca’ Foscari Venezia Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma rivolgersi a: Edizioni di Pagina via dei Mille 205 - 70126 Bari tel. e fax 080 5586585 http://www.paginasc.it e-mail: info@paginasc.it facebook account http://www.facebook.com/edizionidipagina twitter account http://twitter.com/EdizioniPagina Vie per Bisanzio VII Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Studi Bizantini Venezia, 25-28 novembre 2009 a cura di Antonio Rigo, Andrea Babuin e Michele Trizio tomo primo edizioni di pagina È vietata la riproduzione, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Finito di stampare nel gennaio 2013 dalla Serigrafia Artistica Pugliese Solazzo s.n.c. Cassano delle Murge (Bari) per conto di Pagina soc. coop. - Bari ISBN 978-88-7470-229-9 ISSN 1973-9745 Indice Premessa XI TOMO PRIMO FRANCESCO D’AIUTO / DANIELE FUSI / ANDREA LUZZI Ἀΰλοις ἐν στόμασι...: lavori in corso su due database dedicati all’innografia bizantina. Corpus dei manoscritti innografici bizantini antiquiores / Initia Hymnorum Ecclesiae Graecae 3 ANNALISA GOBBI Il progetto Portae byzantinae Italiae: corpus delle opere e documentazione informatizzata 31 MARCO DI BRANCO Tradurre Orosio in Al-Andalus. Storie di libri e ambascerie 49 GIOACCHINO STRANO Storia e modelli letterari nella Presa di Tessalonica di Giovanni Caminiata 61 GASTONE BRECCIA Armi antiche nella Nuova Roma. La memoria delle guerre antiche nella trattatistica militare bizantina (IV-XI sec.) 75 SALVATORE COSENTINO Danzando il gotthikon (De cerem. I, 92) 85 RAFFAELLA CRESCI Percorsi di self assertiveness nei Poemi di Giovanni Geometra 93 SILVIA TESSARI Testo e musica in alcuni canoni bizantini. Relazione tra tropari e irmo 105 VI Indice MARCO FANELLI Il problema della destinazione degli Amori degli Inni divini di Simeone il Nuovo Teologo 121 PAOLA CASSELLA Questioni etimologiche in Eustazio 139 MARINA BAZZANI Livelli di stile e significato nella poesia di Manuele File 145 ANNA CARAMICO Policromatismo semantico nel De animalium proprietate di Manuele File 157 CATERINA CARPINATO Il Canto di Armuris: una traduzione come strumento di indagine. Elementi di ‘traduzione metatestuale’, ovvero metatesto per una ‘traduzione totale’ 167 RENATA LAVAGNINI Spiridon Zambelios pioniere degli studi di filologia greca medievale 191 ANNA ZIMBONE Nota sulle premesse bizantine della diglossia neogreca 203 LUCIANO BOSSINA Il carteggio di Nilo di Ancira con il generale Gainas è un falso 215 FRANCESCO OSTI L’Epistola invettiva di Eutimio della Peribleptos (1050 ca.) nei codici vaticani greci 840 e 604. Una ‘versione breve’ e un rimaneggiamento 251 NICCOLÒ ZORZI Islam e Cristianesimo durante il regno di Manuele Comneno: la disputa sul «Dio di Maometto» nell’opera di Niceta Coniata 275 ALESSANDRA BUCOSSI Dibattiti teologici alla corte di Manuele Comneno 311 ANTONIO RIGO I manoscritti e il testo di quattro Ἕτερα κεφάλαια. Da Simeone il Nuovo Teologo a Gregorio Palamas 323 SILVIA PASI (†) Le scene dell’Annunciazione e dell’Adorazione dei Magi e dei pastori nella chiesa di Al-Adra nel convento di Deir el-Surian (Wadi el-Natrun). Una pagina di pittura bizantina in ambiente copto 343 LORENZO RICCARDI Alcune riflessioni sul mosaico del vestibolo sud-ovest della Santa Sofia di Costantinopoli 357 Indice VII ALESSANDRO TADDEI La decorazione musiva aniconica della Santa Sofia di Costantinopoli da Giustiniano all’età mediobizantina. Alcune osservazioni 373 MARIA ROSARIA MARCHIONIBUS Sulla decorazione pittorica bizantina della chiesa di San Giacomo presso Camerata (Cs) 383 ANDREA BABUIN La decorazione ad affresco della chiesa degli Arcangeli a Kostániani, in Epiro 395 ALESSIA ADRIANA ALETTA / ANDREA PARIBENI I luoghi del diritto nel Paris. Suppl. gr. 1085 (I): tra parole scritte e immagini dipinte 415 GIUSEPPINA MATINO Teodoro di Ermopoli ed il commento alle Novelle di Giustiniano 441 ROBERTA FLAMINIO I sarcofagi bizantini del Museo di Santa Sofia a Istanbul 455 CLAUDIA BARSANTI Una ricerca sulle sculture in opera nelle cisterne bizantine di Istanbul: la Ipek Bodrum Sarnici (la cisterna n. 10) 477 ALESSANDRA GUIGLIA Un decennio di ricerche sulle sculture della Santa Sofia di Istanbul: bilancio e prospettive 509 SANDRA ORIGONE La prima visita di Giovanni VIII Paleologo in Italia (1423-1424) 525 TOMO SECONDO SILVIA RONCHEY Volti di Bessarione 537 SUSY MARCON Restauri bessarionei nei manoscritti marciani 549 CHIARA BORDINO I Padri della Chiesa e le immagini nella Refutatio et Eversio di Niceforo di Costantinopoli 571 DANIELA BORRELLI La funzione del prologo nel Commento a Daniele di Teodoreto di Cirro 591 VIII Indice DONATELLA BUCCA Per un’edizione critica del Commentario ai XII Profeti di Teodoreto di Cirro 607 MARIA TERESA RODRIQUEZ Riflessioni sui palinsesti giuridici dell’area dello Stretto 625 CRISTINA ROGNONI L’edizione dei documenti privati greci dell’Archivo Ducal de Medinaceli. Il dossier di Valle Tuccio (Calabria, sec. XII-XIII) 647 VERA VON FALKENHAUSEN I documenti greci del fondo Messina dell’Archivo General de la Fundación Casa Ducal de Medinaceli (Toledo). Progetto di edizione 665 ANNACLARA CATALDI PALAU Un manoscritto di Simeon Uroš Paleologo 689 ADALBERTO MAINARDI Le formule della preghiera esicasta nella tradizione russa antica 707 MARCO SCARPA La tradizione manoscritta slava delle opere contro i latini di Gregorio Palamas 733 ANNA-MARIA TOTOMANOVA Giulio Africano e la tradizione storiografica slava 749 SALVATORE COSTANZA Libri, cultori e pratica della mantica. Per un bilancio della circolazione di idee e testi della divinazione in età comnena e paleologa 771 ANNA MARIA IERACI BIO Giovanni Argiropulo e la medicina, tra l’Italia e Costantinopoli 785 MICHELE TRIZIO Eliodoro di Prusa e i commentatori greco-bizantini di Aristotele 803 MARIELLA MENCHELLI Giorgio Oinaiotes lettore di Platone. Osservazioni sulla raccolta epistolare del Laur. San Marco 356 e su alcuni manoscritti dei dialoghi platonici di XIII e XIV secolo 831 DAVIDE BALDI Etymologicum Symeonis: tradizione manoscritta ed edizione critica. Considerazioni preliminari 855 CLAUDIO BEVEGNI Osservazioni sui manoscritti dei Moralia di Plutarco utilizzati da Angelo Poliziano 875 Indice IX VINCENZO RUGGIERI Levissos (?): un caso di topografia urbana in Licia 883 GIOVANNI GASBARRI Gli avori bizantini del Museo Civico Medievale di Bologna. Arte, collezionismo e imitazioni in stile 903 MAURO DELLA VALLE Questioni intorno alla porfirogenita Zoe 919 SILVIA PEDONE «Souvenirs d’une grandeur qui ne s’efface pas». La Santa Sofia di Giustiniano in alcuni disegni di Charles Texier 939 TOMMASO BRACCINI Tra aquile e campane: araldica bizantina dopo la caduta di Costantinopoli 963 MARINA CAVANA / DANIELE CALCAGNO La Croce degli Zaccaria da Efeso a Genova (secoli IX-XIII) 975 SIMONA MORETTI I colori della fede: icone a smalto e a mosaico tra X e XIV secolo 997 LIVIA BEVILACQUA Basilio parakoimomenos e i manoscritti miniati: impronte di colore nell’Ambrosiano B 119 sup. 1013 CECILIA PACE Dossier su san Nilo Erichiotes 1031 MARIO RE Note per un’edizione delle recensioni greche del martirio di san Vito 1039 Abstracts 1053 Silvia Ronchey Volti di Bessarione Lo spunto ad occuparmi della figura di Bessarione è stato veneziano: la mostra su Bessarione e l’Umanesimo, che si è tenuta nel 1994 alla Biblioteca Marciana e al cui catalogo ho a suo tempo contribuito con un saggio sugli scritti giovanili del Niceno contenuti nel suo autografo Marc. gr. 5331. Ulteriori ricerche su Bessarione mi hanno in seguito portato a occuparmi della sua iconografia e delle opinioni degli storici e degli storici dell’arte riguardo ad essa. In alcuni scritti ho cercato di individuare tra i molti, difformi, spesso contraddittori ‘volti’ del Niceno che ci restituisce la storia dell’arte del Quattro e Cinquecento (e in qualche caso anche quella più tarda), i più attendibili2. La definizione di attendibilità, nelle circostanze determinate dalla peculiare ‘fortuna’ di Bessarione in Occidente, è peraltro complessa e non mi attarderò a chiarirla, avendo già cercato di farlo quanto possibile in quei pochi scritti. Mi limiterò a ricordare che, stando alle premesse poste, i volti più affidabili di Bessarione, fra quelli attestati dai suoi ritratti superstiti, sembrano esserci forniti dalla lignée che si snoda attraverso le corti in cui operò di più e meglio, specie, appunto, in vecchiaia: la corte pontificia, che ci restituisce il nobile quanto attendibile profilo scolpito, lui vivente, da Paolo Romano nel bassorilievo funebre di Pio II3; la corte aragonese di Napoli, da cui proviene il ritratto miniato di 1 S. RONCHEY, Bessarione poeta e l’ultima corte di Bisanzio, in Bessarione e l’umanesimo, Catalogo della mostra (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, 27 aprile - 31 maggio 1994), a cura di G. FIACCADORI, Napoli 1994, pp. 47-65. 2 Cf. S. RONCHEY, L’enigma di Piero, Milano 20072; EAD., Bessarion Venetus, in Philanagnostes. Studi in onore di Marino Zorzi, a cura di C. MALTEZOU – P. SCHREINER – M. LOSACCO, Venezia 2008, pp. 375-401; EAD. Il volto giovanile di Bessarione, in Le rotte dei misteri, a cura di L. LEODEI, Mazara del Vallo 2008. 3 B. vi è raffigurato in preghiera, di fronte a Enea Silvio colto nell’atto di deporre la reliquia della testa di sant’Andrea sull’altare di San Pietro. Siamo nel 1462, B. ha superato quei cinquant’anni che dovevano avergli inflitto, secondo gli storici dell’arte, un devastante coup de vieillesse. Ciononostante il suo viso, sebbene rugoso e scavato, è, anche qui, ancora bello. In parte, di nuovo, per la non consonanza con il ritratto di Bellini, in parte forse per la già in altra sede da me rilevata idiosincrasia a concedere carisma all’aspetto fisico del cardinale bizantino, la maggioranza degli storici dell’arte ha giudicato anche il ritratto di Paolo Romano «completamente disattento alle specificità fisionomiche di B.». Eppure lo 538 Silvia Ronchey Gioacchino de Gigantibus per il codice dell’Adversus calumniatorem Platonis, uno dei pochi apparsi degni di attenzione a una maggioranza di studiosi e peraltro ben sovrapponibile al precedente4; la corte urbinate, l’ultima, quella che avrebbe dovuto accoglierlo se una morte peraltro annunciata non lo avesse raggiunto sulla via del ritorno dalla missione in Francia5. scultore favorito di Pio II era noto per l’impressionante precisione con cui incideva i lineamenti dei soggetti che il papa gli commissionava: si pensi alle effigie di Sigismondo Malatesta, destinate ad essere pubblicamente bruciate all’atto della sua scomunica, che, secondo le fonti, erano somigliantissime: Paolo Romano «realizzò l’opera con tanta maestria che sembrava di vedere Sigismondo vivo», come è narrato anche da Pio II: E.S. PICCOLOMINI, I Commentarii, a cura di L. TOTARO, I-II, Milano 1984, VII 11, pp. 1448-50; cf. V. LEONARDI, Paolo di Mariano Marmoraro, «L’Arte» s. III, 34 (1900), pp. 86-106, p. 263. Ma gli studiosi suppongono che stavolta Paolo Romano sia stato «poco incline a indugiare su dettagli di questo genere»: sia perché il profilo di B. faceva parte di «un complesso narrativo più ampio», sia perché sarebbe stato «eseguito e ritoccato sotto diverse mani»; questi ‘ritocchi di più mani’ renderebbero il profilo del bassorilievo di Paolo Romano non probante per F. LOLLINI, L’iconografia di Bessarione: Bessarion pictus, in Bessarione e l’umanesimo, p. 279; tale mostra di ritenerlo anche C. GINZBURG, Indagini su Piero, Torino 19944, p. 79; «incertezze interpretative» emergono perfino secondo C. BIANCA, Il ritratto di un greco in occidente, in EAD., Da Bisanzio a Roma. Studi sul cardinale Bessarione, Roma 1999, p. 165. Ci sembra lecito affermare invece che l’espressività dei tratti da un lato, dall’altro il confronto con l’evidente realismo degli altri personaggi del gruppo, in particolare con i lineamenti ben noti di Enea Silvio o anche con quelli, ad esempio, di Nicola Cusano, provino la raffigurazione di Paolo Romano, se anche rimaneggiata, sicuramente attendibile. 4 Il medaglione dell’Adversus calumniatorem Platonis si trova nel ms. Lat. 12946 della Bibliothèque Nationale di Parigi, al f. 29r. Il codice fu miniato da Gioacchino de Gigantibus tra il 1472 e il 1476. Per la datazione cf. J. RUYSSCHAERT, Miniaturistes “romains” à Naples, in T. DE MARINIS, La biblioteca napoletana dei re d’Aragona. Supplemento, Verona 1968, pp. 272-273; GINZBURG, Indagini su Piero, p. 102, n. 60; LOLLINI, L’iconografia di Bessarione, p. 279; BIANCA, Il ritratto di un greco in occidente, p. 163, che ritiene la miniatura eseguita solo dopo la morte di B. Nella miniatura, che incornicia l’incipit del codice fatto eseguire a Napoli da B., sono raffigurati il cardinale Niceno e re Ferdinando d’Aragona, entrambi di profilo. Il circolo umanistico aragonese, da cui fu espresso il codice e cui apparteneva il suo miniatore, fu frequentato sino all’ultimo da B. e al suo interno si poteva avere dunque un’idea precisa e di prima mano delle sue fattezze, contrariamente a quanto ritiene Lollini, p. 279. Sulle frequentazioni napoletane di B. cf. G. PUGLIESE CARRATELLI, L’immagine della “Bessarionis Academia” in un inedito scritto di Andrea Contrario, «Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei» 7 (1996), pp. 799-813; ID., Bessarione, il Cusano e l’umanesimo meridionale, «La Parola del Passato» 53 (1998), pp. 201-225. Che questa sia l’unica miniatura ad avvicinarsi a quelle che dovevano essere le sembianze senili di B. è concluso già, per diversa via, da GINZBURG, Indagini su Piero, pp. 79 e 81; contra, come si è detto, LOLLINI, L’iconografia di Bessarione, p. 279, che però sottovaluta i rapporti tra B. e il circolo aragonese di Napoli. 5 Ufficialmente per dissenteria, in realtà per avvelenamento secondo quanto pare doversi evincere dalla biografia orsiniana, attinta a un’opera perduta di Giano Lascaris: B. ORSINI, La verità essaminata, intorno al ramo più principale dell’imperial albero Comneno, historico e genealogico [...], in Le glorie cadute dell’antichissima, ed augustissima famiglia Comnena, da’ maestosi allori dell’imperial grandezza, ne’ tragici cipressi della priuata conditione [...], cauate dal buio dell’obliuione alla luce del mondo dall’abbate don Lorenzo Miniati, seconda impressione corretta, Venetia 1663; il brano che concerne la morte di B. si legge a p. 97: vd. T. BRACCINI, Bessarione Comneno? La tradizione indiretta di una misconosciuta opera storica di Giano Lascaris come fonte biografico-genealogica, «Quaderni di Storia», 65 (2006), in part. pp. 99-102; la questione del possibile avvelenamento di B. è discussa più ancora in dettaglio in T. BRACCINI, Bessarione e la cometa, «Quaderni di Storia», 67 (2008), pp. 37-53. Le notizie scoperte da Braccini nell’opera di Lascaris vengono oggi a integrare e corroborare quelle delle memorie manoscritte di casa Dandolo contenute nel Marc. it. VIII, 2452 [= 10551] (la segnatura esatta, sino ad oggi trascritta curiosamente in modo erroneo dai più autorevoli repertori, come quello di Gian Albino Ravalli Modoni, ci è stata recentemente fornita per via epistolare dall’infallibile acribia e immancabile cortesia di Marino Volti di Bessarione 539 La cerchia dell’ultimo, fedele amico e protettore di Bessarione, Federico da Montefeltro, ci restituisce almeno due, se non tre, immagini di Bessarione significativamente coerenti, nella fisionomia, con le due sopra menzionate: quella, quasi speculare al profilo del codice aragonese, eseguita intorno al 1472 da un pittore ancora non identificato con certezza ma di sicuro rilievo, nello stendardo della Confraternita di San Giovanni Battista6; e, per diretta committenza di Federico, il ritratto certo di Pedro Berruguete7 e quello possibile di Giusto di Gand8. Zorzi, insieme alla riproduzione delle parti di maggiore interesse bessarioneo). Secondo questa fonte, Bessarione sarebbe morto avvelenato insieme a Dandolo stesso, per mano di uno dei servitori di quest’ultimo. Ma gli storici, ad eccezione di Mercati (S.G. MERCATI, Per la cronologia della vita e degli scritti di Niccolò Perotti, Roma 1925, rist. 1973, p. 72), non avevano mai dato credito a questa versione dei fatti (cf. H. VAST, Le Cardinal Bessarion, Paris 1878, p. 431, n. 431) fino all’apparizione dei lavori di Braccini. 6 Lo stendardo, esposto a Palazzo Ducale, è stato da poco portato all’attenzione degli studiosi da Sergio Feligiotti. L’identificazione con B. del personaggio con barba bianca, in abito da cerimonia, ritratto alla sinistra di Federico da Montefeltro con accanto, secondo l’ipotesi di Feligiotti, Zoe Paleologina (il cappello frigio è da lui considerato un’insegna regale come l’abito rosso), forse in occasione del suo ultimo soggiorno urbinate (aprile-maggio 1472), si deve a sua comunicazione epistolare, ed è stata per la prima volta accolta pubblicamente da Lorenza Mochi Onori nell’intervista a Lara Ottaviani apparsa sul «Resto del Carlino» del 24 gennaio 2007. Sull’opera è al lavoro Agnese Vastano, alla cui cortesia dobbiamo la foto qui riprodotta, e che teniamo a ringraziare, come del resto, e ancor più, lo stesso Feligiotti, che in un’ulteriore comunicazione ci ha espresso l’opinione che l’autore possa essere Lorenzo da Viterbo (il personaggio col tocco rosso sulla sinistra gli sembra «Perotti, che da Viterbo era già stato cacciato ma sicuramente contava ancora qualcosa»), pittore abile, in Santa Maria della Verità a Viterbo, nel cogliere gli aspetti caricaturali dei personaggi (sempre secondo Feligiotti, accanto a Etiopi, Armeni e rappresentanti di altre chiese che firmarono l’Unione, sarebbe rappresentata l’Accademia Bessarionea). A tutt’oggi, comunque, l’ultimo testo pubblicato cui fare riferimento è la scheda contenuta in Il Rinascimento a Urbino. Fra’ Carnevale e gli artisti del palazzo di Federico (Urbino, 20 luglio-14 novembre 2005), a cura di A. MARCHI – M.R. VALAZZI, Milano 2005, pp. 185-189. 7 La verosimiglianza del B. di Berruguete, già difesa da T. GOUMA-PETERSON, Piero della Francesca’s Flagellation: an Historical Interpretation, «Storia dell’Arte», 27 (1976), pp. 230-233, è oggi confermata dai risultati degli esami stratigrafici e di microfluorescenza X, delle foto a infrarossi, delle riflessografie e naturalmente delle radiografie, usati da Nicole Reynaud e Claude Ressort nel loro fondamentale studio sull’argomento, dopo i restauri condotti alla fine degli anni Ottanta dal Service de Restauration des Peintures des Musées Nationaux: N. REYNAUD - C. RESSORT, Les portraits d’hommes illustres du Studiolo d’Urbino au Louvre par Juste de Gand et Pedro Berruguete, «Revue du Louvre», 1 (1991), pp. 82-114. Il B. di Berruguete è simile non solo a quelli di Gioacchino de Gigantibus e dell’artista che dipinse lo stendardo urbinate, entrambi databili al 1472, ossia a poco prima o poco dopo la morte del Niceno, ma anche al profilo, precedente, di Paolo Romano: se quest’ultimo è meno accattivante, sono sovrapponibili al ritratto di Berruguete non solo la forma e la lunghezza della barba, ma l’atteggiamento delle labbra, il taglio dei grandi occhi cerchiati e delle sopracciglia, le guance scavate, le rughe ai lati del naso, che non è deforme né gonfio in punta come in Gentile Bellini, ma arcuato, anche se, a causa vuoi dei rifacimenti, vuoi dell’età, meno di quello di Berruguete (e di Gioacchino de Gigantibus e dello stendardo). 8 Come ha notato P. ZAMPETTI, Pittura nelle Marche, II. Dal Rinascimento alla Controriforma, Firenze 1989, p. 84, presenta lineamenti simili al B. di Berruguete ed è forse identificabile proprio con B. anche il personaggio orientale barbuto che si trova vicino a Federico da Montefeltro nel dipinto commissionato per l’altare della chiesa del Corpus Domini nel 1473 dal duca in persona, che vi si fece ritrarre insieme ai suoi intimi e familiari, tra cui il figlio prediletto Guidobaldo, e in cui l’occasione liturgica, propria della Chiesa occidentale, si mescola deliberatamente all’iconografia bizantina. L’opera, come attestano i documenti di pagamento, fu iniziata nel febbraio del 1473, tre mesi dopo la morte di B.; ma nulla impedisce che, come del resto in seguito Berruguete, Giusto di Gand abbia attinto per raffigurarlo sia a una 540 Silvia Ronchey Sono tutte immagini senili. Non mi addentrerò nella problematica, ancora più complessa, delle immagini giovanili. Ne conosciamo poche, e queste poche non sono state per lo più, fino a poco tempo fa almeno, considerate dagli studiosi9. Tra le possibili eccezioni, la più rilevante fa capo alla lignée dei disegni di Pisanello conservati al Louvre e a Chicago10, da cui verosimilmente derivano da un lato le immagini dei delegati bizantini al concilio di Firenze consegnateci da Filarete nei rilievi bronzei della porta di San Pietro11 e da Piero della Francesca negli affreschi di Arezzo12, nonché forse alcune miniature contenute nella Bibbia di Borso d’Este, come ad esempio quella raffigurante il ‘dottore al seguito del profeta Esdra’ al f. 210r, ben raffrontabile al tipo del dignitario bizantino di quei modelli13; d’altro lato l’immagine che Piero stesso ci ha presumibilmente lasciato di Bessarione in veste di dignitario ecclesiastico bizantino nella Flagellazione di Urbino: un ritratto identificato con Bessarione già da Kenneth Clark, Marylin Aronberg Lavin, Thalia Gouma-Peterson, Carlo Ginzburg14. Non posso, infine, non menzionare qui la recentissima ancorché discussa ipotesi secondo cui Piero ci avrebbe lasciato almeno un’altra immagine, senile stavolta, del Niceno, nella cosiddetta Pala di Lisbona, che lo raffigurerebbe nei panni di sant’Agostidocumentazione iconografica, fornitagli da Federico, sia alle memorie visive della corte, sia infine alla propria memoria stessa: è possibile che l’autore del dipinto fosse presente a Urbino già nel 1472, quando B. vi fece tappa nel suo viaggio per la Francia: vd. RONCHEY, L’enigma di Piero, pp. 260-63, con note e bibliografia nel Regesto Maior. 9 In particolare si possono segnalare alcune miniature: quella del Marc. Membr. 53 (G. FICHET, Rhetorica), f. 1 (1471); quella del Vat. Lat. 3586 (BESSARIONE, Epistolae et orationes de arcendis Turcis), f. 1r (1471); quella del Par. Lat. 12947, f. 11. Forse identificabili con il cardinale alcuni dei vari Girolami presenti nella Bibbia di Borso d’Este: v. in part. I, f. 270v, e II, f. 190r; per un primo tentativo di analisi di queste e altre immagini vd. RONCHEY, Il volto giovanile di Bessarione. 10 Parigi, Louvre, Cabinet des Dessins: Pisanello, disegno Inv. MI 1062 recto; Chicago, Art Institute, disegno Inv. 1961.331 recto. 11 Città del Vaticano, Basilica di San Pietro: Filarete, rilievi bronzei del portale (Giovanni VIII e il suo seguito salpano da Costantinopoli; giungono a Ferrara e rendono omaggio al papa; sessione conciliare a Firenze; partenza per Costantinopoli). 12 Arezzo, chiesa di San Francesco: Piero della Francesca, Verifica della Vera Croce; Esaltazione della Croce: il corteo dell’imperatore Eraclio. 13 Modena, Biblioteca Estense, lat. 422, f. 210r. La tenuta dello scriba che segue Esdra appare coincidere con quella designante i dignitari bizantini al concilio di Ferrara; il copricapo e il vestito ampio, fermato da una cintura, sono ben confrontabili con quelli del personaggio ecclesiastico ritratto di spalle da Pisanello al recto del cartone MI 1062 del Louvre. Va notato, come fa M. SALMI, La pittura di Piero della Francesca, Novara 1979, p. 49, che quest’ultima miniatura «prelude a una composizione che sarà sviluppata da Piero nel lunettone del Ciclo di Arezzo con Eraclio che porta la croce a Gerusalemme». In generale su questo notissimo codice conservato all’Estense di Modena (ms. Lat. 422) vd. almeno La Bibbia di Borso d’Este [...] con documenti e studio storico-artistico di A. VENTURI, Bergamo 1961. 14 K. CLARK, Piero della Francesca, London 1951; M. ARONBERG LAVIN, Piero della Francesca’s “Flagellation”: the Triumph of Christian Glory «The Art Bulletin» 50 (1968), pp. 321-342 (vd. in seguito anche M. ARONBERG LAVIN, Piero della Francesca: the Flagellation, New York 1972 e Chicago 19902); GOUMAPETERSON, Piero della Francesca’s Flagellation; GINZBURG, Indagini su Piero. Volti di Bessarione 541 no15, con fra l’altro un’elaborata simbologia ricamata sul costume vescovile, che attende di essere studiata in rapporto alla nuova ipotetica identificazione16. Ma torniamo al (presunto, quanto per molti indubbio) Bessarione in panni bizantini della tavola di Urbino. La sua immagine presenta alcuni tratti in comune – uno dei meno ovvi è la posizione della mano – con un’altra in cui gli studiosi hanno ripetutamente identificato Bessarione. Una raffigurazione che non rientra né nella categoria dei ritratti senili, poiché mostra il cardinale Niceno con ancora la barba e i capelli scuri, né in quella dei ritratti giovanili, poiché è stata dipinta dopo la sua morte. Si tratta della raffigurazione conservata qui a Venezia, a San Giorgio degli Schiavoni, nella cosiddetta Visione di sant’Agostino di Carpaccio17. L’ipotesi che il pittore e i suoi committenti abbiano voluto ritrarre Bessarione nei panni di sant’Agostino18 – come potrebbe peraltro avere fatto anche Piero della Francesca, se si dà credito alla congettura di cui sopra, nella rappresentazione del santo in vesti vescovili19 – commemorandolo a trent’anni di distanza 15 Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga. Piero della Francesca, Sant’Agostino, pannello dal disperso Polittico di sant’Agostino (Pala di Lisbona). L’ipotesi di identificazione, comunicatami epistolarmente, è di Moreno Neri. 16 E che include figurazioni sacre tra cui, ben visibile sul lembo sinistro del manto, all’altezza del cuore, la Flagellazione di Cristo, e al centro della mitria, sopra la fronte, il ritratto del Prodromos. 17 Venezia, Scuola Dalmata di San Giorgio e Trifone. Carpaccio, Sant’Agostino (1502-1503). La Scuola, com’è noto, era stata fondata nel 1451 da circa duecento immigrati slavi (gli ‘Schiavoni’), in buona parte marinai, che avevano un importante ruolo nella marina veneziana e quindi nella difesa contro i Turchi. Per l’impegno logistico e finanziario della confraternita dalmata a favore della crociata indetta da Pio II contro i Turchi fu concessa da B. l’indulgenza del 10 febbraio 1464: cf. A. GENTILI, Carpaccio e Bessarione, in Bessarione e l’umanesimo, pp. 297-302: 297; P. FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio di Carpaccio: un ritratto nel ritratto?, ibid., pp. 303-19: 304. Non qui ma a San Giorgio Maggiore era stata invece progettata, com’è noto, la costruzione della nuova biblioteca che avrebbe dovuto ospitare il suo lascito: cf. da ultimo M. ZORZI, Bessarione e i codici greci, in L’eredità greca e l’ellenismo veneziano, a cura di G. BENZONI, Firenze 2002, pp. 105-106. 18 Che il telero rappresenti un episodio postumo della vita di san Girolamo, desunto da un apocrifo, e cioè l’apparizione in cui annuncia la sua morte a sant’Agostino intento a scrivergli una lettera, e che il soggetto del quadro sia pertanto il secondo santo e non il primo, come in origine creduto, è stato giustamente intuito, su basi iconografiche, da H.I. ROBERTS, St. Augustine in “St. Jerome Study”: Carpaccio’s Painting and its Legendary Source, «The Art Bulletin», 41 (1959), pp. 283-297, e risulta confermata da un inventario o elenco dei dipinti del 1577 scoperto da G. PEROCCO, Appendice, in R. PALLUCCHINI, I teleri del Carpaccio in San Giorgio degli Schiavoni, Milano 1961, p. 72. Cf. G. DE MARCHIS, Il pittore, l’umanista e il cagnolino, Torino 2002, pp. 38-39; FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio di Carpaccio, p. 303, in cui può leggersene il testo e reperire la referenza dell’apocrifa lettera attribuita a sant’Agostino, in realtà del XIII secolo, in cui è narrata la visione. 19 Sotto l’altare raffigurato nello sfondo da Carpaccio sono riposte le suppellettili liturgiche, due ampolle, una navicella portaincenso, un paramento ripiegato, due libri da messa, mentre sul piano è appoggiata la mitria vescovile e sullo spigolo destro dell’abside il bastone pastorale. L’umanista bibliofilo è dunque un vescovo, come suggerisce la sedia purpurea ornata e connessa a un inginocchiatoio che si trova addossata alla parete sinistra. Ma non è solo un vescovo. Il prelato dipinto da Carpaccio è invece, come ha sottolineato De Marchis, un cardinale vescovo. A suggerirlo è la porpora che spunta dalla sopravveste. Mentre la cappa nera che dalle spalle scende a coprire metà delle braccia e il petto fino a sfiorare il piano del tavolo sembra un rimando alla condizione monastica. Ora, tutte e tre le identità ecclesiastiche 542 Silvia Ronchey dalla scomparsa nella Scuola cui aveva concesso nel 1464 un’importante indulgenza e nella città dove aveva soggiornato a lungo in compagnia di Niccolò Perotti ma anche di Giovanni Regiomontano20, è stata per la prima volta avanzata, com’è noto, da Guido Perocco, sostenuta anzitutto da Vittore Branca21 e probabilmente dimostrata in via definitiva da Patricia Fortini Brown, nel momento in cui per prima ha identificato, tra i molti oggetti disposti nel dipinto a connotare l’identità del personaggio, o meglio ancora la sua dimensione di studioso di astronomia (a suo tempo mirabilmente analizzata da Antonio Rigo), un reperto unico, specificamente e indubitabilmente bessarioneo: l’astrolabio Regiomontano22. Come è stato da più parti segnalato, altri oggetti, fra quelli presenti nel quadro, dovettero essere inseriti dopo la sua stesura iniziale23, documentata dai due schizzi conservati al Museo Puškin e soprattutto dal disegno conservato alla British Library, che, com’è stato argomentato, mostra il progetto di Carpaccio appartenevano in effetti a Bessarione, vescovo di Nicea e cardinale della curia romana, ma insieme, sempre e implacabilmente, monaco basiliano. 20 Giovanni Regiomontano lavorò a Venezia, ospite con B. e Perotti del monastero di San Giorgio Maggiore, tra il luglio 1463 e il luglio 1464: cf. ZORZI, Bessarione e i codici greci, cit., p. 105; L. MOHLER, Kardinal Bessarion als Theologe, Humanist und Staatman, I, Paderborn 1923, rist. Aalen 1967, p. 300. 21 Il primo studioso ad avanzare l’ipotesi che il personaggio ritratto nel quadro sia B. era stato G. PEROCCO, La scuola di San Giorgio degli Schiavoni, in Venezia e l’Europa. Atti del XVIII congresso internazionale di storia dell’arte, Venezia 1956, pp. 221-224; vd. poi ID., Tutta la pittura del Carpaccio, Milano 1960, p. 61; ID., Appendice, ivi, p. 72; ID., Carpaccio nella Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni, Venezia 1964, p. 134; L’opera completa del Carpaccio, a cura di G. PEROCCO, Milano 1967, p. 99. Vd. ancora PEROCCO, Appendice, p. 72, per l’ipotesi che quella raffigurata ai suoi piedi sia l’indulgenza, oggi conservata nell’Archivio della Scuola Dalmata, Catastico della Scuola di SS. Giorgio e Triffon della Nation Dalmatiana, f. 4v. Per gli ulteriori indizi addotti dagli studiosi e per la prova definitiva di quest’identificazione, fornita da Patricia Fortini Brown (la presenza, nel dipinto, dell’Astrolabio Regiomontano), vd. la sintesi contenuta in RONCHEY, L’enigma di Piero, pp. 236-240, con note e bibliografia nel Regesto Maior. Per un’agguerrita confutazione delle ipotesi di Perocco e Branca v. GENTILI, Carpaccio e Bessarione, p. 297. 22 FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio di Carpaccio. 23 Fra gli altri, la conchiglia posata sullo scrittoio che aveva fatto arrovellare John Ruskin durante il suo soggiorno a Venezia («Significa qualcosa, ne sono certo», aveva annotato), usata per lisciare le pergamene, che secondo De Marchis è un attributo esplicito dello scrittore e del collezionista di libri, e la pergamena sigillata dipinta da Carpaccio ai piedi del santo, in cui secondo Perocco, come abbiamo visto, si dovrebbe riconoscere l’indulgenza concessa da Bessarione alla Scuola, e il grande sigillo rosso in primo piano, in cui secondo Branca occorrerebbe riconoscere il sigillo di Bessarione. L’ipotesi di V. BRANCA, Ermolao Barbaro e l’Umanesimo veneziano, in Umanesimo europeo e Umanesimo veneziano, a cura di V. Branca, Venezia 1964, pp. 163-212: 211, è data per certa, con meno prudenza anche perché desunta da comunicazioni verbali, in Z. WAZBINSKI, Portrait d’un amateur d’art de la Renaissance, «Arte Veneta», 22 (1968), p. 21. L’altro sigillo, pendente a destra di un ulteriore scritto, potrebbe essere quello dell’indulgenza papale del 1481: così, FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio di Carpaccio, p. 312, che confuta l’ipotesi di GENTILI, Carpaccio e Bessarione, p. 300, secondo cui l’astuccio giacente a destra conterrebbe la matrice del primo sigillo rosso e non il rovescio di un secondo. Su questa base Ginzburg ha letto nel dipinto di Carpaccio una serie di citazioni, se non addirittura una complessiva ispirazione, dalla Flagellazione di Piero: GINZBURG, Indagini su Piero, pp. 94-96; la dipendenza diretta o indiretta della «sapienza prospettica e luministico-spaziale» del dipinto da Piero della Francesca è sottolineata, fra gli altri, in DE MARCHIS, Il pittore, l’umanista e il cagnolino, p. 43. Volti di Bessarione 543 prima che al pittore fosse fornita la documentazione necessaria per definire compiutamente il personaggio, in primis il suo volto24. Agli oggetti sulla cui connotazione astronomica gli studiosi hanno finora insistito si potrebbe aggiungere, en passant, il sottile binocolo appoggiato sulla scrivania del santo, quasi sfiorato dalla sua mano sinistra. Ma è soprattutto inevitabile, qui a Venezia, ricordare che la figura di Bessarione astronomo, alter ego di quel Tolomeo che il Niceno aveva fatto epitomare da Regiomontano, si ritrova nella celebre miniatura contenuta nel frontespizio del codice Marc. gr. 388 della Geografia25, eseguita probabilmente intorno al 1453, e che è stata peraltro già accostata al telero in sede scientifica26. Qui Bessarione è rappresentato secondo alcuni come ‘Tolomeo’, secondo altri come ‘mago’; ma sarebbe meglio dire depositario della sapienza astronomicoastrologica del neoplatonismo di Mistrà, sui cui rituali e sulle cui pratiche ci informa, nella sua polemica contro Gemisto, Giorgio di Trebisonda27. Un astronomo e astrologo che è anche un filosofo platonico, circonfuso da un’aura esoterica (perciò ‘mago’), e circondato (perciò ‘Tolomeo’) da tutti i ferri del mestiere; oggetti peraltro simili a quelli raffigurati con minuzia da Carpaccio nel suo quadro. Si potrebbero certo addurre altri elementi di raffronto tra la miniatura marciana e il telero di san Giorgio, che offrirebbero altri argomenti di riflessione e forse ulteriori indizi per un riconoscimento di Bessarione quale soggetto: dalla rappresentazione del fascio di luce che piove in alto da destra a quella delle scansie lignee su cui sono appoggiati i libri e i codici, dalla caratterizzazione degli astrolabi a quella del piccolo animale di cui vediamo la metamorfosi da donnola – o forse ermellino, in ogni caso un mustelide –, qual era sia nella miniatura marciana sia ancora nel disegno londinese di Carpaccio, a piccolo cane di compagnia, un simpatico esemplare di proto-terrier, qual è nel dipinto compiuto28. Ma vorrei concludere, piuttosto, con un breve memento. Per dirimere il dubG. DE MARCHIS, Il pittore, l’umanista e il cagnolino, pp. 44-45, ma soprattutto M. MURARO, I disegni di Vittore Carpaccio, Firenze 1977, pp. 53-54. 25 Marc. gr. 388 (TOLOMEO, Geographia), f. 6v., frontespizio, copia di proprietà di B., trascritta per lui nell’originale greco poco dopo il 1453. Della miniatura marciana parla G. DERENZINI, Tolomeo tra antico e nuovo: una miniatura del codice Marc. Gr. Z. 388, in Bisanzio e l’Occidente: arte, archeologia e storia. Studi in onore di Fernanda de’ Maffei, Roma 1996, pp. 559-573. Cf. anche A. RIGO, Gli interessi astronomici del cardinal Bessarione, in Bessarione e l’Umanesimo, pp. 105-117 26 Da Patricia Fortini Brown (vd. nota più avanti) oltreché, implicitamente, da RIGO, Gli interessi astronomici del cardinal Bessarione. 27 Vd. anche RIGO, Gli interessi astronomici del cardinal Bessarione. 28 FORTINI BROWN, Sant’Agostino nello studio di Carpaccio, p. 312 e n. 85, ha ipotizzato che la presenza del piccolo animale nel telero (e, aggiungerei, soprattutto nel disegno di Londra) sia, appunto, una citazione della miniatura contenuta nel Marc. gr. 388, che ritrae Tolomeo in compagnia, secondo Fortini Brown, di un piccolo cane (o di una donnola?). Questo omaggio alla sua biblioteca e all’autore cui tanti 24 544 Silvia Ronchey bio, o i dubbi, sul volto, o sui volti, di Bessarione, l’ambito decisivo da cui possiamo attenderci nuove risposte è quello libresco. È nel mondo delle illustrazioni dei codici che occorre cercare e cercare ancora, per ottenere una più completa documentazione di quel volto, o di quei volti, che durante tutta la loro vita furono comunque sempre immersi nei libri. Che si tratti, nell’Adversus calumniatorem Platonis della Bibliothèque Nationale di Parigi, della miniatura di Gioacchino de Gigantibus al fol. 29r o di quella di Cola Rapicano al fol. 11r; che il compito sia vagliare le possibili effigie di Bessarione contenute nella Bibbia di Borso d’Este o scrutare quelle dei corali bessarionei conservati presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena o esaminare i codici della Donazione Marciana, come la Rhetorica di Guillaume Fichet, con la celebre illustrazione (1471) raffigurante l’autore che offre a Bessarione il suo libro29, o altro ancora, la prima delle arti figurative del Quattrocento in cui proliferò l’iconografia del Niceno è la più colta e libresca: la miniatura. L’ambito dei manoscritti, così connaturato al personaggio e alla sua cerchia, è terreno privilegiato per inseguirne le tracce. Molto è ancora da fare. Non diamo per chiusa la ricerca. Tra i possibili ‘volti’ miniati di Bessarione, riconosciuti o meno come tali, comunque utili da analizzare e confrontare – con l’obiettivo ultimo di arrivare, se non a costituire un identikit del Niceno, quanto meno a scartare quei ritratti disattenti alla sua reale fisionomia, o addirittura caricaturali e denigratori, che hanno portato a volte i suoi posteri a recepire di lui un’immagine non solo fisionomicamente ma anche psicologicamente e per così dire culturalmente deformata –, vorrei menzionare quello, finora taciuto dagli studiosi di iconografia bessarionea, fornito da un manoscritto, invece, più che studiato. Si tratta del Laurenziano Plut. 82. 10, contenente, com’è noto, la traduzione di Ficino delle Enneadi plotiniane30. Nel frontespizio (f. 3) Marsilio campeggia, come d’uso nei codici delle sue opere, nel capolettera – che è poi l’iniziale del suo nome –, raffigurato con un dettaglio e un realismo che hanno reso questo oggetti del quadro alludono – in particolare il più inconfondibile di tutti, l’astrolabio Regiomontano – sarebbe una prova ulteriore, se non la prova decisiva, secondo Fortini Brown, che è B. il soggetto del quadro. 29 Si tratta del Marc. Membr. 53 e la miniatura, del 1471, è al f. 1. 30 La descrizione più approfondita del codice e delle sue immagini resta quella di P. D’ANCONA, La miniatura fiorentina, secoli XI-XVI, II, Firenze, 1914, p. 749, n. 1529; vd. anche quanto ne scrivono P.O. KRISTELLER, Studies in Renaissance Thought and Letters, III, Roma 1993, e M. BANDINI, Reviving Antiquity: the Recovery of Greek Texts, in Italian Renaissance and Greece, I, a cura di M. GREGORI, Cinisello Balsamo 2004, pp. 225-226; cf. anche la scheda di S. GENTILE in Marsilio Ficino e il ritorno di Platone, a cura di S. GENTILE – S. NICCOLI — P. VITI, 1984; vd. inoltre S. GENTILE, Note sullo scrittoio di Marsilio Ficino, in Supplementum festivum. Studies in Honor of Paul Oskar Kristeller, «Medieval and Renaissance Texts and Studies», 49 (1987), pp. 339-398; e da ultimo A. LABRIOLA, I miniatori fiorentini, in Ornatissimo codice: la biblioteca di Federico di Montefeltro (Catalogo della mostra), a cura di M. PERUZZI, Milano 2008, pp. 53-67. Volti di Bessarione 545 ritratto fonte cruciale per la ricostruzione della sua fisionomia, in vecchiaia restituitaci con infinita eleganza da Filippino Lippi. Altri quattro volti sono raffigurati nelle miniature che occhieggiano dai tondi ai quattro angoli del foglio contenente il celeberrimo Proemium Marsilii Ficini florentini ad Magnanimum Laurentium Medicem. Non si può essere completamente certi che la coppia in alto rappresenti, circostanza comunque congetturabile, Platone e Plotino, sotto qualsiasi effigie fisionomica li si sia voluti rappresentare. Né conviene in questa sede speculare sulla quasi gemella coppia di filosofi dei due tondi in basso. Ma si può suggerire con minimo margine di dubbio che, all’interno dei due tondi più prossimi a Marsilio, che fiancheggiano il testo della dedica a Cosimo a metà del foglio, e quasi lo presidiano e gli fanno ala, si sia inteso raffigurare Gemisto e Bessarione, l’allievo senza la cui instancabile attività politica e diplomatica, oltreché filologica e libresca, il pensiero platonico bizantino, fatto rinascere dal maestro a Mistrà, non si sarebbe trasmesso nelle sedi dell’accademia platonica la cui fioritura diede vita a quello che chiamiamo – forse a torto, dal punto di vista bizantino – ‘il’ Rinascimento. Fig. 1. Paolo Romano, bassorilievo funebre di Pio II, dettaglio: Bessarione; Roma, Sant’Andrea della Valle. Fig. 2. Gioacchino de Gigantibus, medaglione miniato: Bessarione e Ferdinando d’Aragona; Parigi, BNF, ms. Lat. 12946 (Adversus calumniatorem Platonis), fol. 29r. (A fronte) Fig. 3 (in alto a sinistra). Pedro Berruguete (su disegno di Giusto di Gand), ritratto di Bessarione; Parigi, Louvre. Fig. 4 (in alto al centro). Piero della Francesca, Flagellazione, dettaglio: il mediatore greco; Urbino, Palazzo Ducale. Fig. 5 (in alto a destra). Piero della Francesca, Sant’Agostino, pannello dal disperso Polittico di sant’Agostino (Pala di Lisbona); Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga. Fig. 6 (in basso). Vittore Carpaccio, Sant’Agostino nel suo studio; Venezia, Scuola Dalmata di San Giorgio e Trifone. (In questa pagina) Fig. 7 (in alto). Venezia, BNM, ms. Marc. gr. 388 (Tolomeo, Geographia), fol. 6v, frontespizio. Fig. 8 (in basso). Firenze, BML, ms. Laur. Plut. 82. 10 (Marsilio Ficino, traduzione delle Enneadi di Plotino), frontespizio (c. 3). Volti di Bessarione 547 548 Silvia Ronchey Fig. 9. Firenze, BML, ms. Laur. Plut. 82. 10 (Marsilio Ficino, traduzione delle Enneadi di Plotino), frontespizio (c. 3), dettaglio. Fig. 10. Firenze, BML, ms. Laur. Plut. 82. 10 (Marsilio Ficino, traduzione delle Enneadi di Plotino), frontespizio (c. 3), dettaglio.