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ARCA notizie 19-mag'

La tesi sostenuta nel presente lavoro è che il paese dei Lestrigoni, di cui si narra nel decimo libro dell’Odissea, possa essere identificato con l’odierna valle del torrente Ostriconi, in Corsica settentrionale; eccone le argomentazioni.

MAGGIO 2008 N° 19 -notizieASSEMBLEA SOCIALE ‘ARCA’ 2008 DECIMO ANNO DALLA FONDAZIONE In data 29 marzo 2008 si è tenuta nella sala della Biblioteca Civica di Agordo, alle ore 18:00 in prima convocazione e alle 18:15 in seconda convocazione, l’Assemblea annuale del Gruppo Archeologico Agordino ARCA, per trattare il seguente ODG: 1. Relazione morale del Presidente per l’anno sociale 2007 2. Discussione e Approvazione del Bilancio 2007 3. Iscrizione di AR C A all’associazione A.I.C.S. di Belluno 4. Tesseramento anno 2008 5. Documentazione dell’attività svolta dal Gruppo nel 2007. 6. Attività previste per l’anno in corso 7. Varie ed Eventuali. L’Assemblea è stata tenuta dal Presidente G. Bernardi; erano presenti 18 iscritti. Constatata in seconda convocazione la presenza del numero legale degli intervenuti, viene dichiarata aperta la seduta e trattato l’ODG: 1. Relazione morale del Presidente sulle attività svolte dal Gruppo nell’anno sociale 2007. Il Presidente G. Bernardi illustra l’attività del Gruppo nell’arco dei suoi dieci anni dalla fondazione; sottolinea i buoni rapporti avuti sia con la Soprintendenza che con i vari enti che hanno collaborato a diverso titolo con il Gruppo; informa che è stata fatta richiesta di una sede al Comune di Agordo in quanto è sfumata la lungamente promessa sede in Valle Imperina; prosegue informando che nel luglio 2007 (per la durata di una settimana) il gruppo ha gestito assieme agli Amici del museo di Belluno l’importante campagna archeologica di scavo al ‘Pian de la Lora’; l’iniziativa è stata resa possibile grazie anche al contributo economico del Consorzio BIM-PIAVE. Il Gruppo Arca lo scorso anno ha organizzato due conferenze (la n°25, in giugno, e la n° 26, in no- vembre); nella prima il professore dell’Università di Padova Giovanni Leonardi ha prospettato una approfondita analisi su: Tra età del Rame e età del Bronzo: le strutture sociali attraverso l’iconografia. Nella seconda conferenza, Sergio Pegoraro, appassionato di mineralogia, ha trattato l’argomento ‘Monte Trisa: le sue miniere e i suoi minerali ’. Come da consuetudine, in coincidenza con le due conferenze, il Gruppo ha distribuito gli ultimi due numeri del Notiziario ARCA (n°17 e n°18): nel primo viene riportato un contributo su vari aspetti minerari e nell’altro Notiziario si è relazionato sullo scavo di Pian de la Lora e sulla viabilità antica. Durante la primavera e l’estate alcuni membri hanno partecipato alle campagne di scavo al Col del Buson e al Castelliere di Noal, con gli Amici del Museo di Belluno e gli amici di Sedico. 2. Discussione e approvazione del Bilancio 2007 Il bilancio 2007 viene approvato all’unanimità. 3. Iscrizione all’A.I.C.S. Anche nel 2008 il Gruppo si iscriverà all’A.I.C.S. 4. Tesseramento anno 2008. L’assemblea stabilisce di mantenere invariata a 15 € la quota associativa per l’anno 2008. 5. Documentazione della attività del Gruppo Vengono proiettate le immagini riguardanti gli scavi del Pian de la Lora, e delle altre attività relative all’annata 2007. 6. Attività previste per l’anno in corso: Il Presidente espone le numerose iniziative previste per il 2008, tra le quali la seconda Fase del progetto ‘Le miniere di rame dell’ Agordino’ che vede coinvolti, oltre all’ARCA, l’Università di Pd (prof. G. Artioli) e - 1[19] - la Soprintendenza (dott.ssa Bianchin Citton); l’iniziativa ARCA sarà realizzabile grazie al sostanzioso contributo del BIM-PIAVE, già assegnato al Gruppo. Per il 2008 vengono proposte due conferenze: nella prima, da tenere in maggio, la dott.ssa Giovanna Gangemi parlerà del complesso dei ritrovamenti dell’età preromana avvenuti negli ultimi anni di scavo in provincia; in ognuna delle due occasioni verrà proposto un numero del nostro Notiziario; la prossima estate Arca intende, se finanziato dalla Regione Veneto o da altri enti, realizzare con la Soprintendenza un progetto di scavo dal titolo Saggi archeologici nel Canale di Agordo. Continueranno gli esperimenti di fusione di metallo in stampo (rame/bronzo) e le prove di fusione di calcopirite per l’ottenimento del rame. 7. Varie ed Eventuali: I soci concordano col Presidente di informare l’opinione pubblica della necessità che la futura gestione delle strutture di Valle Imperina da parte del Parco Dolomiti Bellunesi non stravolga la vocazione mineraria del sito, considerato potenzialmente da tutti una vera miniera di storia da non dimenticare, di cultura materiale e, se valorizzata, di notevole attrazione turistica. L’assemblea è stata chiusa alle ore 20:00. Il Gruppo Arca Sommario a pag. 1 ASSEMBLEA SOCIALE ARCA - 2008 da pag. 2 a pag. 7 ULISSE TRA I LESTRIGONI: MITO E REALTA’ da pag. 8 a pag. 16 1785: RELAZIONE DI NICOLO’ ZANCHI Ulisse tra i Lestrigoni: mito e realtà di Gabriele Fogliata, socio del Gruppo Archeologico Agordino ARCA e Alberto Dalla Rosa, dottorando alla Normale di Pisa Intervento di Gabriele Fogliata Con questo articolo viene presentata al lettore la serie di constatazioni che, anche durante una gradevole vacanza familiare in Corsica, ha fatto emergere da un classico dell’epica, l’Odissea di Omero, una problematica letteraria e archeologica. La tesi sostenuta nel presente lavoro è che il paese dei Lestrigoni, di cui si narra nel decimo libro dell’Odissea, possa essere identificato con l’odierna valle del torrente Ostriconi, in Corsica settentrionale; eccone le argomentazioni. Riguardo al procedimento con cui si è arrivati all’identificazione sul campo, l’ordine temporale degli avvenimenti e il relativo susseguirsi delle ipotesi sono stati i seguenti. Nell’estate 2000, avviene casualmente la prima associazione mentale tra il toponimo L’Ostriconi (nome di località e di torrente) e il lemma Lestrigoni di scolastica memoria, associazione che si è rivelata in seguito fruttifera. La successiva analisi del X Libro dell’Odissea ha permesso di rilevare che i toponimi in esso indicati sono relativi a: un territorio e un popolo: Lestrigonia, Lestrigoni (L a i s t r ugoni v, L a i s t r ugovne") un abitato: la città di Lamo/Telepilo (L a mou pt ol i veqr on) una fonte: la fonte Artacia (A r t a k i v? ) e, fatto del tutto imprevedibile, il raffronto effettuato con i toponimi riportati da una mappa attuale ha permesso di tracciare ben tre corrispondenze e precisamente tra Lestrigoni e L’Ostriconi, tra Lamo e Lama e tra Artacia e Urtaca: conviene rilevare che tre corrispondenze tra toponimi antichi e attuali, in un territorio limitato, è da ritenersi una combinazione altamente improbabile e quindi degna di nota. Questa concatenazione di eventi è divenuta il punto di partenza per una rilettura del X libro dell’Odissea secondo vari registri: a) Il registro archeologico/leggendario b) Il registro linguistico/toponomastico c) Il registro esegetico/interpretativo. Si dà qui un primo resoconto delle ricerche in questi tre ambiti, che saranno poi ripresi in maniera più approfondita in vista di una pubblicazione scientifica sull’argomento. Per andare con ordine, viene proposta l’analisi prima di L’Ostriconi, poi di Lama e infine di Urtaca; l'analisi è utile a dettagliare e a consolidare man mano le, all’inizio degli avvenimenti, solo intuite/fortuite, corrispondenze toponomastiche. (A) L’Ostriconi: si inizia lo studio dalla geografia di Ostriconi, o meglio della parte bassa della valle del torrente Ostriconi, quella rivolta ad ovest, verso il mare (Fig.1). ►► Probabile ostruzione del golfo da parte di sabbie franate (da nord) Spiaggia di l'Ostriconi Promontorio nord-ovest: forse ospitante il 'faro' 'Porto' insabbiato Stagno di Cannuta Torrente Ostriconi - 2[19] - Per giungere all’imprevisto risvolto archeologico, si trae dal X Libro del poema la descrizione del bello e maledetto porto: un luogo nel quale, incontrando i Lestrigoni, trovano la morte gli occupanti di ben undici navi su dodici, i cui equipaggi erano composti dai compagni di guerra e di peregrinazioni dell’eroe acheo Ulisse nel contrastato viaggio di ritorno da Troia a Itaca, la sua isola (Odissea X, vv. 86-97, in MAIUSCOLETTO vengono rimarcati i versi descrittivi del porto; le traduzioni presentate sono di Alberto Dalla Rosa) Allora arrivammo al BEL PORTO , ATTORNO AL QUALE CORRONO ROCCE IMPR ATICABILI CONTINUAMENTE SU ENTRAMBI I L ATI , MENTRE DUE PROMONTORI SPORGENTI UNO DI FRONTE ALL ’ ALTRO SI DISTENDONO ALL ’ IMBOCCATURA E STRETTA È L ’ ENTR AT A ; allora tutti vi fecero entrare le navi curve ed esse furono ormeggiate nel concavo porto, una vicino all’altra: NON SORGEVA INFATTI ONDA LÀ DENTRO , NÉ GRANDE NÉ PICCOLA , M A TUTT ’ INTORNO V ’ ERA UNA BIANCA CALM A . Io solo tenni la nave nera al di fuori, all’entrata del porto, LEGANDO L A CIM A A UN A ROCCIA . Q UINDI , SALITO SU UNA VEDETTA ROCCIOSA , MI MISI IN PIEDI . È stata proprio la raffigurazione geografica così puntuale che ha posto l'autore nella posizione, poco praticata dalla critica, di poter supporre le descrizioni come veridiche e di non ritenerle v. 90 v. 95 puro messaggio poetico; d’altra parte, non essendo lo scrivente un cultore della letteratura antica, gli sia concesso di seguire fili di pensiero non necessariamente ortodossi. Stagno attuale di Cannuta; nell'ellisse i due promontori, bocca del supposto antico 'porto'; il promontorio a nord-ovest ha reso reperti attribuibili ad un arco di tempo di 1700 anni: dal 1000 a.C. al 700 d.C. circa. 'Porto' 'Faro': sito archeologico sul promontorio nord-ovest 'Roccia/rupe' Fig.2 La necessità di verificare una possibile corrispondenza tra i luoghi suddetti e le descrizioni omeriche ha portato, nel luglio 2001, alla troppo breve spedizione a l’Ostriconi dell’anno successivo avvenuta assieme ad un altro socio del gruppo ARCA, Manlio, con le nostre rispettive consorti. Durante l’inverno, intanto, erano state raccolte alcune frammentarie informazioni sulla vallata omonima e riassumibili in: a) notizie su alcuni ritrovamenti archeologici dell’età del Rame e del Bronzo, b) la leggenda relativa ad un porto romano insabbiato e mai localizzato, - 3[19] - Antico 'mare', attualmente lo stagno c) la constatazione personale che la quota sul livello del mare della parte bassa e terminale della vallata non supera i 6-8 metri: ciò avviene per ben due chilometri all’interno a partire dalla costa/spiaggia fino al grande stagno chiamato l’Etang de Cannuta, dal quale poi si elevano le pendici dei rilievi che portano a Urtaca, a Lama, al monte Astu e, a sud est, al passo presso Petralba che immette nella valle del Golo, quindi alla costa orientale della Corsica: un passaggio-chiave per connettere le due coste dell'isola. ►► Le ispezioni sono avvenute tra grandi calure estive e graffianti spine del maquis, la bassa boscaglia che praticamente ricopre la Corsica; si è posta l’attenzione alla parte est dello stagno, zona ormai quasi del tutto asciutta (Fig.2: zona indicata nel rettangolo). La situazione orografica ha solamente permesso di constatare che effettivamente il canneto è ristretto ai lati da pareti rocciose anche se non molto alte; se però si pensa che l’acqua del supposto porto era in antico, ovviamente, al livello del mare si devono aggiungere almeno altri sei metri apparendo quindi come rocce impraticabili. Molte altre domande rimanevano però aperte. La verifica della conformazione della ipotetica bocca di porto è potuta avvenire solo nell’agosto 2003 (Fig.2: zona indicata nell'ellisse). Il risultato è stato positivo e tale da sostenere almeno le seguenti quattro argomentazioni: 1- I due promontori effettivamente abbracciano, anche se in modo non eccessivamente accentuato l’ingresso al porto; in teoria si potrebbe verificare sotto il livello dello stagno quanto essi potessero rendere stretto l’accesso (v. 90). 2- Sicuramente i flutti marini, dopo due chilometri di percorrenza dell’antico golfo e una stretta bocca, per di più perpendicolare alla linea di costa, non potevano minimamente giungere a far sorgere le onde (vv.93-94) entro il porto. 3- La roccia (v. 96) al quale Ulisse ancorò la nave nera e sulla quale salì per osservare la regione può essere identificata con la parte terminale del promontorio sud-orientale che presenta verso il mare (attualmente, lo stagno) una parete risalibile senza difficoltà; invece, dal lato est, un salto di quattro metri circa la rende irraggiungibile dal promontorio. 4- La bianca calma (v.94) può trovare riscontro nella abbondante presenza in zona di sabbia chiara originata dal perenne sgretolamento dei porfidi: sotto uno specchio d’acqua non corrugato tale sabbia procura sicuramente una diffusa riflessione biancastra . Ora veniamo all'archeologia: sempre nel 2003, durante l’ispezione del promontorio nordoccidentale della bocca (Fig. 2) questa serie di constatazioni, che sembra trovare il suo corrispettivo nel racconto omerico, si è ulteriormente arricchita di imprevisti risvolti archeologici che potrebbero essere riferiti alla leggenda del perduto porto romano e non solo: una disamina superficiale del terreno ha infatti allora permesso il recupero di parecchi frammenti ceramici appartenenti a vasellame vario (tra cui manici d’anfore) e di differente fattura (compresa ceramica sigillata dei primi secoli dopo Cristo). L’emozione del ritrovamento ha fatto tralasciare l'ispezione al punto culminante del promontorio nord-occidentale. La visita al trascurato cucuzzolo del sito è avvenuta nel mese di luglio 2005 assieme ad altri due soci del Gruppo ARCA, Maurizio e Sonia, e ad Alberto Dalla Rosa coautore del presente lavoro: l’attenzione posta nella ricerca di superficie ha permesso il ritrovamento di ben tre grossi chiodi metallici e una scoria di lavorazione, insieme ad altri frammenti vascolari; altra constatazione fatta in situ, la vista che si ha dal punto più elevato del promontorio occidentale spazia dal mare al porto: il luogo poteva quindi prestarsi ad ospitare una struttura quale una torre o preferibilmente un faro data la presenza dell’insenatura (ora ridotta alla parte più interna del canneto). Rimaneva l’esigenza di informare doverosamente le autorità corse del ritrovato sito archeologico: il passaggio dell’informazione ad esperti della Corsica è invece avvenuto grazie ad una circostanza fortuita: il Festival Europeo del Cinema del 2005, tenuto annualmente ad agosto a Lama; è stata l’occasione per conoscere (oltre al Sindaco di Lama e al Presidente del Festival) il medievista Antoine Franzini, il direttore del CNR di Marsiglia Yvan Massiani e l’archeologo Olivier ►► Reperti del Periodo Romano, individuati nel luglio 2007 sul promontorio nord-ovest del porto allo stagno La Cannuta - 4[19]- Reperti dell'età del Bronzo, individuati nel luglio 2007 sul promontorio nord-ovest del porto allo stagno La Cannuta Jehasse; a quest’ultimo sono stati mostrati e poi consegnati i reperti ceramici; Jehasse, professore all’Università di Corte e figlio d’arte della coppia di archeologi che hanno scavato/indagato negli anni cinquanta il maggiore sito etrusco e romano della Corsica (Alalia/Aleria), ha riconosciuto, tra i reperti, ceramiche provenienti dalla Spagna, dall’Africa, dalla Campania e dalla Liguria e distribuite lungo un ampio escursus temporale, dal II secolo a.C. al VII d.C.; i chiodi metallici e la scoria sono stati invece esaminati nei mesi successivi da Yvan Massiani: le analisi hanno mostrato che i primi sono composti di solo rame e che la seconda consiste in una scoria di lavorazione del ferro, probabilmente prodotta in loco nella fucina di un fabbro. A quella data (2005), i tempi di insediamento del sito erano indicati da elementi discontinui: un racconto epico per l’epoca greca, da una parte, e dall’altra reperti materiali per il periodo romano e altomedievale. Nulla faceva presagir e di un p os s i bi le s u p er am en to dell’eterogeneità delle argomentazioni: invece, con altra visita al sito nel luglio 2007, è stato individuato nella parte più alta del promontorio del faro, nei due piccoli piani rivolti a sud e posti appena al di sotto delle rocce sommitali, un buon numero di frammenti ceramici dell’età del tardo Bronzo/primo Ferro; uno di essi presenta un decoro consistente in quattro piccoli fori non passanti e allineati; non trascurabile è l’aver trovato inoltre un frammento di peso da telaio in ceramica grossolana; questi ritrovamenti accentuano la singolarità del luogo e soprattutto permettono di registrarvi la presenza umana proprio attorno al XII-IX secolo a. C.. In più, a riconferma della frequentazione nel periodo romano è da aggiungere ancora l’ulteriore ritrovamento di cocci di ceramica sigillata e un altro grosso chiodo in ra- me analogo a quelli precedentemente già ritrovati.. L’importante e imprevisto tassello viene ad aggiungersi al quadro complessivo e a supportare la lettura proposta poiché tali ritrovamenti permettono di constatare per la località una continuità temporale di insediamento per più di mille e cinquecento anni. (B) Lama. Portiamo ora l'attenzione sul paese di Lama, la città di Lamo; nell’Odissea (v.81) troviamo alcuni elementi caratterizzanti (vedere più sotto i versi scritti in grassetto minuscolo): a) è indicata come un'alta rocca b) dotata di una reggia, costruzione bella a vedersi e di struttura elevata c) è appartenente alla Lestrigonia dalle porte lontane. Per la caratteristica di città ‘alta’: indubbiamente Lama, vista dal mare risulta essere posta ‘in alto' a metà montagna. La presenza di dimore slanciate verso l’alto: per la Corsica non è certamente un’eccezione e ciò vale anche per l’attuale paese di Lama. La definizione di Lestrigonia dalle porte lontane è stata variamente interpretata dai critici dell’Odissea, considerate a volte un attributo della città, a volte della vallata, senza trovare un suo senso compiuto: il paesaggio di Ostriconi, invece, può al riguardo contribuire a formare una nuova interpretazione: vista dal mare, la valle è visibile nella sua totalità, compresi i paesi; la città di Lamo, osservata dalle navi di Ulisse, viene vista lontana quanto le sue porte: un modo per indicare che il paese non era situato in prossimità del mare. ►► - 5[19]- (C) Urtaca: Per quanto riguarda Urtaca; nell’Odissea Artacia non viene qualificata come un paese, come è attualmente, bensì come una fonte, anzi la fonte, in quanto perfino la figlia del re se ne deve servire come d’altra parte gli abitanti della zona: la fontana viene descritta come una bella corrente (vedere i versi scritti in MAIUSCOLETTO). Per sei giorni navigammo, giorno e notte ugualmente v. 80 e il settimo giungemmo all’alta rocca di Lamo Lestrigonia dalle vaste porte […] Due uomini scelsi e mandai con loro un araldo come terzo. Scesi a riva, essi videro una strada liscia, su cui dei carri portavano in città il legname dalle alte montagne. Davanti alla città incontrarono una fanciulla che PORTAVA V . 105 DELL ’ ACQUA, la bella figlia del Lestrigono Antifate. E LLA ERA SCESA ALLA FONTE DALLA BELLA CORRENTE, ARTACIA: DA LÌ INFATTI ERANO SOLITI PORTARE L’ ACQUA IN CITTÀ . Ed essi standole accanto le si rivolgevano e chiedevano chi di essi fosse re e governasse su di loro. Lei allora subito mostrò la dimora eccelsa del padre. Ed essi, appena entrati nell’illustre palazzo... La visita a Urtaca ha fatto parte delle necessarie verifiche nell’agosto del 2003; la sorpresa di trovarsi di fronte effettivamente ad una bella corrente, e non ad una semplice fontana, è stata notevole; tra l’altro poiché quell’estate fu la stagione più arsa degli ultimi decenni, la presenza della fresca corrente della Gargalagna marcò ancora di più la propria consistenza; il fatto stesso, inoltre, che la vena serve dall’anno 1979 al mantenimento di una grande riserva d’acqua per scopo antincendio conferma di nuovo la nomea di tale fonte: nomea così antica, tanto da essere menzionata nel X libro dell’Odissea? Sembrerebbe di sì. (G.F.) Intervento di Alberto Dalla Rosa Ovviamente assumere una tale antichità degli insediamenti di questa regione comporta il fatto che i toponimi appena citati debbano essere anteriori alla latinizzazione dell’isola seguita alla conquista romana del 238 a.C., quindi appartenenti ad un sostrato autoctono precedente alla nascita della lingua corsa attuale; similmente bisogna ipotizzare che questi toponimi si siano conservati intatti nonostante i mutamenti linguistici. Le conoscenze sull’origine della lingua corsa e soprattutto sugli idiomi parlati dagli abitanti dell’isola prima della conquista romana sono praticamente nulle. L’unica cosa in nostro possesso è un passo di Seneca in cui si dice che i corsi si esprimevano in maniera incomprensibile. Nel caso però di Ostriconi, Lama e Urtaca si può essere certi che non sono toponimi di derivazione latina o greca e anzi non abbiamo nemmeno nessuna informazione certa sulla regione da fonti antiche greche o romane. Possiamo dire anche che non ci sono motivi storicolinguistici che impediscano di dire che i tre toponimi siano in continuità con quelli citati nell’Odissea. Vediamo perché: Lama: in questo caso la parola si sarebbe tramandata praticamente intatta. La desinen- za finale in -a non dà nessun problema, in quanto potrebbe essersi prodotta in molti modi e sotto diverse influenze. Ùrtaca: l’accento è sulla prima sillaba. Dato che il vocalismo corso non prevede che una /a/ possa evolvere in /u/, è necessario pensare che in qualche momento prima della nascita della lingua corsa la fonte di Artacia fosse chiamata *urtaka, con inscurimento della vocale iniziale seguita da due consonanti, cioè in sillaba chiusa. L’Ostriconi: importante considerare questo toponimo con l’articolo. Anche oggi in corso si parla di paesi di l’Ostriconi, valle di l’Ostriconi ecc... Non ci sono quindi difficoltà a pensare che la /l/ iniziale sia stata considerata dai parlanti come facente parte di una preposizione articolata, passando quindi da valle di *Lostriconi a valle di l’Ostriconi. Interessante vedere che anche qui troviamo lo stesso inscurimento della vocale iniziale in sillaba chiusa: da L a i s t r ugoni v a *Lustrikonia, come a conferma dell’antichità dei toponimi. Insomma l’esame linguistico non può dire molto, se non che è tranquillamente possibile che i tre toponimi si siano tramandati dall’epoca greca arcaica fino ad oggi, con qualche inevitabile modificazione, ma rimasti sostanzialmente inalterati. ►► - 6[19]- Questa constatazione ci porta inevitabilmente a considerare un’ultima domanda: essendo che i dati archeologici confermano la presenza umana nella valle fin dall’età del Bronzo e che i dati linguistici e toponomastici dicono che è possibile che quegli insediamenti avessero i nomi a noi tramandati dall’Odissea, è quindi possibile che qualche greco sia arrivato in questo luogo e abbia riportato delle notizie poi confluite nel poema epico redatto più o meno nell’VIII sec. a.C.? L’esplorazione del Tirreno è stata per tutto l’VIII secolo soprattutto un affare dei greci di Eubea, i quali fondarono la loro prima colonia a Pitecusa, cioè sull’isola di Ischia per commerciare con gli Etruschi della terraferma. Sulla loro scia si inserirono anche i Focesi, che esplorarono e si insediarono gradualmente nella parte settentrionale del Tirreno. Loro è la prima colonia greca della Corsica, la città di Aleria o Alalia, fondata nel 565 a.C., ma nel 600 avevano già fondato Marsiglia, ben più a Nord. Possiamo presupporre perciò una conoscenza precedente delle acque settentrionali del Tirreno, soprattutto della Corsica e delle isole dell’arcipelago toscano. Quanto indietro possa risalire questa conoscenza non è dato dirlo, né è da escludere che nessun greco prima dei Focesi si sia spinto a quelle latitudini. Potrebbero essere stati gli stessi Eubei di Calcide, affacciatisi sul Tirreno meridionale sicuramente già da prima della fondazione di Pitecusa, a essersi spinti, magari anche accidentalmente, fino alla costa settentrionale della Corsica. È perfettamente lecito credere che per i Greci della fine dell’VIII secolo che stavano cominciando a porre le loro prime basi permanenti nel Tirreno meridionale, la Corsica non fosse del tutto sconosciuta, ma anzi segnasse il limite settentrionale a cui essi si erano finora spinti, quindi corrispondente alla descrizione omerica, che dice che nel paese dei Lestrigoni la notte era così breve che il pastore che rientrava alla sera e quello che usciva alla mattina quasi potevano salutarsi (vv. 82–86). Perciò, pur non potendo spingersi oltre nella ricostruzione, sembra importante la plausibilità che al momento della redazione dell’Odissea la foce dell’Ostriconi fosse stata in qualche modo visitata da dei naviganti greci, magari in un singolo sporadico viaggio, e che abbia lasciato una qualche notizia, facilmente tramutabile in leggenda per la sua collocazione agli estremi settentrionali delle rotte allora conosciute, in una regione di cui ancora non si sapeva nulla. In conclusione, l’accettazione della congruenza tra la valle d’Ostriconi e la descritta terra dei Lestrigoni, basata sulla toponomastica e rafforzata da reperti archeologici, ha una conseguenza non di poco conto sulla lettura dell’Odissea: se l’identificazione di un sito è possibile, è ipotizzabile che anche le altre descrizioni geografiche esposte nell’opera corrispondano a luoghi realmente esistenti. Siamo solo all’inizio. (A.D.R.) Foce e vallata del fiume Ostriconi, viste dal mare. Sullo sfondo il Monte Astu - 7[19] - Relazione del 1785 di Nicolò Zanchi Magistrato dè Deputati sopra le Minere Presentazione della ‘RELAZIONE ZANCHI’: Viene di seguito posta a disposizione del lettore una relazione di Nicolò Zanchi, Sopraintendente a tutte le miniere della Repubblica di Venezia, che proviene dalla biblioteca del Museo Correr di Venezia. Lo scritto riguarda eventi accaduti, e interventi da attuarsi, in Valle Imperina. La relazione, stesa nel 1785, si compone di tre parti; dalla lettura risulta palese che tra la prima e le altre parti passa un certo lasso di tempo. In linea di massima, le abbreviazioni sono state sciolte per intero, salvo alcune sigle riportate col punto di domanda; sono state lasciate le maiuscole anche per le parole comuni; la scrittura rispecchia l'ortografia della metà del settecento nel Veneto. Analizzando sommariamente la relazione, in essa lo Zanchi mostra una convinta difesa degli interessi della Repubblica Veneta dimostrando un appassionato coinvolgimento personale nella gestione della Miniera agordina, sia per rimediare ai disastri naturali che alla cattiva gestione dell'impresa. Nella prima parte, l'autore informa il Serenisssimo Principe e i Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di Dieci del dissesto avvenuto poco tempo prima nel sito minerario, avvisa degli interventi-tampone già realizzati, richiede urgentemente finanziamenti per ulteriori opere necessarie quali rivestire l'alveo e le rive del torrente, aprire un fosso di ripiena e altro. Nella seconda parte, la più estesa, allo scopo di perorare interventi finanziari e di indirizzo della miniera di Valle Imperina, propone ai destinatari della relazione un interessante sunto della storia del Sito Minerario a dimostrazione della sua importanza economica per la Repubblica Veneta. Non risparmia nemmeno valutazioni negative sia sul reggimento che sui progetti attuati in passato e propone nuove impostazioni di conduzione e opere essenziali per un più fruttifero utilizzo dei fondi pubblici; cerca di rendere più accettabile l'esborso richiesto citando il più redditizio metodo di arrostimento e fusione del minerale estratto, metodo da lui stesso proposto in una precedente relazione. Nella terza parte, riprende l'argomento del già sperimentato nuovo metodo di fusione (attuato su di un dodicesimo del minerale estratto in un anno) e, con una capillare analisi, ne dimostra il vantaggio economico. Invita caldamente ad un sopralluogo i Deputati alle Minere per trattare con cognizione di causa argomenti urgenti quali le vertenze aperte con la famiglia Crotta, lo stato dei sotterranei, l'aggiornamento delle leggi minerarie, la verifica dei nuovi metodi fusori, le nuove fabbriche da erigere e l'esame dei boschi necessari alla Miniera, cioè una serie di interventi a tutto campo. Si tratta di una relazione, ricca di suggestioni, che permette di osservare uno spaccato dei rapporti esistenti tra un devoto funzionario e il centro del potere veneziano; tra l’altro mette in mostra quanto ossequiosamente dovevano essere proposte le richieste e quanto fosse lenta la risposta se non addirittura ignorata, nonostante l'urgenza prospettata: risulta evidente da parte del potere centrale un comportamento misto di gestione paternalistica, propria della classe nobiliare e aristocratica, e di arcaico sfruttamento, portato a livelli di povertà assoluta fino alla noncuranza per la vita dei minatori. La posizione dello Zanchi, tecnico capace e imprenditore dal taglio moderno, sembra ambivalente ma non lo è poiché da una parte vede l'efficienza quale condizione necessaria da raggiungere, e a tale scopo, oltre che rimediare ai danni strutturali occorsi allo stabilimento, ricorda di aver già proposto l'abolizione della insolidazione cioè di sciogliere la corporazione medievale dei canòpi, comprendente i cavadori, i battipali, i saiberi, i cernidori, gli smilceri e altri, e di attuare una modernizzazione dell'organizzazione del lavoro che renda più dipendente, controllata e produttiva la manodopera impiegata, e dall'altra incita con veemenza il Serenisssimo Principe e i Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di Dieci a obbligare i recalcitranti nobili, proprietari privati delle altre miniere di Valle Imperina, che esercitano l'attività in modo irrazionale e di solo meschino oggetto delle utilità del presente, ad accollarsi i costi dei necessari interventi in proporzione alla loro parte di proprietà, fatto non molto congeniale alla mentalità dei nobili veneziani; giunge persino a suggerire la statalizzazione delle gallerie private di eduzione delle acque, in quanto necessarie alla Pubblica Minera. Dalla relazione risulta insomma una vigorosa figura di moderno imprenditore di Stato, intensamente appassionato al proprio lavoro, poco compreso da un potere centrale che non sta al passo con i tempi; per Nicolò Zanchi impiegare capitali per sperimentare e attuare nuovi metodi produttivi, dare sicurezza ai minatori, rifornirli degli strumenti necessari per un lavoro efficiente e contemporaneamente togliere loro l'antica dignità della corporazione di appartenenza rendendoli solo efficaci ingranaggi di un processo lavorativo, fa un tutt'uno con l'interesse della Repubblica: il dire dello Zanchi costituisce un esemplare annuncio della fine dell'organizzazione medievale del lavoro e dell'inizio dell'organizzazione moderna e razionale dell'impresa capitalistica. E infatti i tempi stanno mutando in tutta Europa, la Rivoluzione Francese avverrà dopo soli quattro anni: la Serenissima Repubblica è giunta alla fine della sua storia, durerà ancora una decina d'anni, è durata un millennio. Gabriele Fogliata - 8[19]- Serenissimo Principe Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di Dieci Parte Prima Dest inata l’o bbe di enza Nostra dall’Autorittà dell’Eccelso a pressiedere alle Minere tutte di questo Serenissimo Stato, ed a promovere singolarmente il lavoro di quelle situatte nella Valle Imperina d’Agort, come patrimonio imediato di Vostra Serenità, assai spiacevole ci riesce il dover rassegnare a V.V. E.E. a riscontro delle Nostre divote sollecitudini riguardo a queste la notizia di un inaspettato successo, che per le sue inevitabili conseguenze porge mottivo di molti molesti pensieri, e necessita a pronti, ed estraordinarj dispendj questa Pubblica Cassa. Con lettera 27 dello scorso novembre siamo stati avvertiti da quel pubblico Sopraintendente, che per un Vento sirocale scioltesi le Nevi delle più alte adiacenti Montagne, queste hanno prodotto eccedente e quasi improvvisa Brentana nel torrente Imperina, che dà il nome appunto alla Valle, e sotto il di cui Alveo sono situatte tutte le Pubbliche, e private Minere, e che l’Acque trascorrendo furiosamente oltre l’aver rovesciati varj Ponti, rotte alcune Strade, gettate a Terra Fabriche, et altri lavori al giorno si erano introdotte anche ne’ sotterranei slogando Armature, e portando terre, e ghiare ad ingombro de’ pubblici e privati Stoli, o siano Strade comunicanti con le Minere: Che dall’Acque stesse essendo stata indebolita, e sconcertata in parte un’Arca, cioè a dire un grandioso sostegno, formato d’incrocicchiati, ed inchiodati Legnami ché nella Minera de N.N. H.H. Gritti, questa minacciava d’iminente, e quasi irreparabile rovina, La quale succedendo avrebbe inevitabilmente portato seco il tottal precipizio di altra sopraposta Minera di ragione del N.H. Brandolin, e prodotte allagazioni, ed otturamenti nei lavori bassi del pubblico, disordini tutti gravissimi, al pronto riparo de’ quali quantunque per le Leggi, Capitoli Minerali, e rissoluti Proclami dovessero considerarsi, e venir efficacemente obligatti li Particolari Mineranti di concorrere e le loro respettive porzioni l’urgenza però delle circostanze per il pubblico interesse necessitano la Nostra providenza a somministrar li mezzi necessarj con tutta la possibile sollecitudine a scanso di mali, e pregiudicj maggiori. Inteso dall’attenzion Nostra con grave senso il disgustoso raguaglio si siamo apigliati al più pronto rimedio coll’ordinar al Sopraintendente di prestarsi al riparo de’ Stoli, ed allo sgombro de’ transiti necessarj per la continuazione delle pubbliche sotterranee escavazioni, e Minerali la- vori, dalla sussistenza de’ quali dipende tutto il prodotto. Nel tempo stesso fornindolo di qualche summa di soldo, con cui suplire alle spese più premurose, lo abbiamo incaricato di tener in separati registri tutte quelle, che appartener potessero alli privati Mineranti in via di Comparto o alla loro respettiva specialità, e perchè non possa d’alcuno di essi esser proffessata ignoranza ad oggetto di sottrarsi dall’adempimento de’ loro doveri abbiamo segnata, e fatta prontamente intimare a tutti l’annessa Terminazione, con la quale previa l’esposizione delle cose accadute vengono eccittati a prontamente prestarsi a quanto loro conviene, con la espressa dichiarazione in caso di rittardo, che verrà suplito con la pubblica Cassa, alla quale dovranno soddisfare inmancabilmente quanto saranno appostati debitori. Inoltre abbiamo ordinato allo stesso Sopraintendente in Agort di tenerci diligentemente raguagliati di tutto ciò andasse succedendo, e d’indicarci le operazioni, e le spese, che gli comparissero indispensabili da incontrarsi a rimedio de’ succeduti sconcerti. Corrispondendo egli infatti pienamente agl’ordini Nostri, con altra sua Lettera del caduto 11 Dicembre, nel mentre si assicura attrovarsi già repristinati tutti li pubblici lavori, ed esser tolto per tal parte il pericolo di ulteriori discapiti; passando a parlar de’ ripari occorrenti restringe le proprie considerazioni a due principali fatture. La prima di rifformar il Suolo di legname, o sia far una Impianizata sotto l’Alveo dell’Imperina ed assicurarne pur con Legnami le sponde affinchè l’Acque, che scorrono sopra le Minere, e singolarmente sopra la Minera Gritti vengano impedite il più, che sia possibile, di filtrare nella medesima, e di sconettere le legature de’ Stratti mettalici dà quali è sostenuta, operazione per la quale Egli calcola occorrente la spesa di piccoli 5000 all’incirca [dal 1455 in poi, il ducato d'oro veneziano (3,559 gr di oro fino, identico al ducato di Firenze) venne chiamato zecchino, ed equivaleva a 124 denari d'argento piccoli (o bagattini). N.D.R.]. La seconda di aprir un Fosso per cui poter far discendere nella Minera stessa Terre, e Sassi ad oggetto di empirla, e prevenir il precipizio tottale della medesima con il dispendio però di piccoli 3000 all’incirca, summe ambedue impossibili da suplirsi in presente attese le ristrettissime forze di questa Cassa. ►► - 9[19] - Una tanto spiacevole verità quantunque possa credersi bastantemente nota a cadauno di V.V. E.E. per l’universal cognizione dell’estreme rovine, ed allagazioni successe nelle Minere d’Agort già varj anni; per li sommi travagli, e dispendj sofferti per ricuperarle con quantità estraordinaria di Canoppi; e per sostenerne il lavoro in mezzo alle carestie che aflissero in questi ultimi anni tutta la Terra Ferma, pure riconosciamo, che per esattamente dimostrare l’impotenza della Cassa di reggere al pronto esborso sopraccennato sarebbe doveroso all’esattezza, e dipendenza Nostra il rassegnare un’accurato, e dimostrativo Billancio; ma la di lui formazione seco portando non brevi esami, e confronti ci obligarebbe ad impiegare per esso quel tempo, che non ci viene accordato dalla pressura del suindicato bisogno. Determinati già di adempire a questo obligo Nostro con tutta la maggior possibile diligenza, e sollecitudine subito, che le circostanze ce lo permettano per un preciso desiderio, che lo stato della Cassa, e tutte le direzioni Nostre sieno a piena cognizione di V.V. E.E., e vengano sempre guidate, ed avalorate dalla Loro Sapienza, ed Autorittà, siamo spinti per ora dalla necessità a rassegnarsi prontamente ad implorare quel provedimento, che rendosi indispensabile. Abbenchè sia certo, che la spesa relattiva alla Minera Gritti doverà cadere a peso de’ N.N.H.H. Proprietarj, e che l’altra della impianizata dovrà esser ripartita giusto il solito per comparto, cioè un quarto per conto Pubblico e li altri tre quarti divisi sopra li Mineranti privati, riguardo a quali in caso di alcuna recredenza, Noi appoggiando alle Leggi Minerali, e pubblicati rissoluti Proclami si faremo dovere di rassegnarne la notizia all’Eccelso, ed implorare il forte bracio della sua Autorittà per costringerli all’adempimento degl’oblighi loro; pure da essi potrà bensì conseguirsi quella porzione di risarcimento all’incontrato dispendio, che verrà qualificata loro incombente, ma non è sperabile di ritrarre quel pronto sovvenimento, ch’esigono le urgenze presenti. In tali angustie versando il dover Nostro impegnato a rintracciar mezzi co’ quali poter accorrere alle dette necessarie operazioni, crediamo di accennare su l’esempio dè casi consimili, che se venisse permesso dall’Autorittà dell’Eccelso a questo Magistrato di prender a Livello francabile la detta summa di piccoli 8000 (V.C.?), Noi s’industriaressimo per ritrovarla nei modi, e con le condizioni stesse, che furono prescritte nelli Decreti 22 Dicembre 1774 per la summa di piccoli 10000, e con altro Decreto 14 Maggio 1783, per altri piccoli 6000, fissando il pagamento del Prò annuo al 4 %, e non più, ed assegnando a cauzione del Capitale la rendita delle Decime Minerali, che come pubblico pro- dotto annuo certo, ed affatto separato dall’Azienda Minerale viene tenuto in separato maneggio. Fù avantaggiata questa rendita dal zelo dè Precedenti Nostri coll’accordare in Partito l’esazione delle Decime Minerali di alcuni Territori della Terra Ferma, li quali per la trascuranza dè respettivi Vicarj corrispondevano annualmente tenuissime summe, e per effetto dè stabiliti contratti entrarono in Cassa nell’anno scorso piccoli 3667,16 (V:C:?), summa maggiore di quanto era solito di riscuottersi quando anche li soli N.N. H.H. Crotta in qualità di Mineranti in Agort contribuivano annualmente piccoli 1300 (V:C:?), pagamento, che hanno lasciato di corrispondere d’alcuni anni addietro. Sorpassando l’annuo ingresso di questa Cassa li naturali suoi pesi, cosichè nell’anno passato ha potuto contribuire p 1133,22 (ViPi:?) a suffraggio dè bisogni della Minera, ci comparisce atta a formare la proposta garantia a chi concoresse a somministrarci l’indicata summa; potendo inoltre assicurare, che quando questo Eccelso Consiglio sostenendo con fermezza le replicate Leggi, e la Sovrana sua volontà espressa anche nel recente Decreto 5 Luglio 1785 si compiaccia di rigettare le irragionevoli instanze dè Contribuenti dirette al solo oggetto di sottrarsi dal pagamento di questa quanto tenue altrettanto giusta gravezza innegabile al Diritto Reggio del Principato, e si compiaccia pure di prestarci facoltà sufficiente per sottometterli ad una regolar disciplina, si accrescerà di molto, e che dall’intiera scossione risulterà un’annua summa di Rendita certa e forse capace di riparare le conseguenze del presente troppo fatale inaspettato dispendio. Rassegnate all’E.E.V.V. con la possibile precisione, e schiettezza le vicende trà le quali si trova involta la Nostra dipendenza nell’esercizio delle incombenze addossateci, ed umiliato quel ripiego, che con la scorta dè casi passati ci sembra più addattabile alle circostanze presenti, sarà della Loro Autorittà e Sapienza il determinar tuttociò, che crederanno più conferente al miglior pubblico interesse, e servizio, volendo esser certe, che per parte Nostra non ometteremo le più assidue applicazioni e fattiche per procurare, e promuovere per tutti li mezzi possibili il pubblico risparmio, e vantaggio nell’esatto adempimento delle loro venerabili prescrizioni. Grazie. Dato Dal Magistrato dè Deputati sopra le Minere Li 10 Gennaro 1785 ►► - 10[19]- Notiziario stampato in proprio dal GRUPPO ARCA di Agordo Sito internet: www.archeoagordo.it Serenissimo Principe Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di Dieci Parte Seconda Le rovine, e sconvolgimenti accaduti nelle invitato in piu tempi il desiderio di aumentare le minere di Agort, a V.V.E.E. ben noti, cangiato proprie fortune al minerale travaglio. Le vicende avendo di aspetto quelle sotterranee escavazio- del tempo, e de’ governi, le irruzioni dell’acque, ni, e lo stato qualunque fosse di minerale econo- le guerre chiusero di quando in quando la via al mia, e disciplina, hanno determinato l’ossequiosa prosseguimento di quegli antichi lavori, delli quali dipendenza di me Nicolò Zanchi Sopraintenden- a noi non rimane, che delle oscurissime traccie. te a diferire l’offerta della seconda, e terza parte Dopo solo la lega di Cambrai, o sia nel Secolo di relazione dovuta sopra la visita eseguita nel decimosesto si principiano ad avere de’ docupassato mese di ottobre. Sospesi li lavori che in menti sicuri delle escavazioni nella Valle Imperiallora venivano esercitati dalle acque ritrocesse na praticate da varj compartecipi, e precisamenper la caduta de’ Stoli riconobbi superflua, e fuori te da certa famiglia Pieroboni fattasi ricca col midi tempo la lor descrizione, attesocche anche gli nerale esercizio. Ha questa posseduto varie oggetti di pubblico servizio, che aver dovevano in Cecche, o siano cave, dalle quali estraeva in abmira potevano essere forse sussetibili di que' bondanza il Rame, e l’aurifero argento che concambiamenti, e regolazioni, che la somma pene- segnava alla pubblica Zecca. Sembra incredibile trazione di V.V. E.E. riconoscerà dipendenti dallo la disparità che passa dalli prodotti di allora a sgombro delle acque, e dal lavoro, o abbandono quelli de’ giorni nostri. delle minere delli N.N. H.H. Crotta; E siccome ►► Eccellentissimi Signori io non cesserò di porgere a pubblici riflessi nell’attuale sistema de’ lavori, di disciplina, e di metodo la indispensabile necessità che alcuna di V.V. E.E. voglia assumersi il peso non lieve di una visita personale a quella situazione montuosa, cosi credo piu consentaneo a lume anche di quelle osservazioni, e stabilimenti da praticarsi sul luoco, ridurre questa seconda parte ad un solo ristretto dettaglio di quelle minere, ed alle considerazioni a cui, deve condurre conseguentemente lo Storico delle pasEntrando nella montagna …. sate escavazioni. È immemorabile il tempo che abbiano avuto principio li minerali esercizj nella Valle Imperina. Furono certamente Tedeschi li primi escavatori, che lasciorono a que’ minerali utensili le voci del loro linguaggio. Da alcune Gallerie formate a mano con lo scalpello eventualmente incontrate nel progresso de’ lavori di V.V. E.E. si riconosce che precedettoro l’invenzione della polvere. Le varie piriti che si manifestano lungo la Valle medesima, la situazione addattata a minerali lavori, le acque, li boschi, e quel non so che di analogo, e comune con altre Valli di minere fornite hanno - 11[19]- Tuttocchè in quei tempi il rame non si vendesse che a soli Ducati cento circa il migliaro, e pochi fossero li lavoratori che venivano impiegati, la maggior copia però di metallo che producevano le istesse minerali materie e la tenuità delle spese per l’escavazioni, e le fondite facevano preponderare rimarcabilmente le utilità. Il Chisso che si estraeva in allora conteneva sette, otto, nove, e sino dieci libre di rame per cento; il nostro in monte non giunse sin’ora a fruttarne libre una ed un quarto. Proseguirono li Pieroboni, il Molin, Navasa, Buratini, Semitecolo, Varotti et altri compartecipi quasi tutto il Secolo decimosesto le minerali estrazioni, interrotte, e sospese nel 1590 da una spaventevole irruzione di acque, della quale se ne conserva ancora in quelle parti la tradizione funesta. Devastò tutto l’aspetto esteriore, ed interno della Valle Imperina, asportò le Fucine, e le fabbriche, s’introdusse ne’ Pozzi, e vie sotterranee, e fece precipitare quelle ricche Cave minerali, delle quali sin ora non se n’è scoperto alcun vestiggio. L’improviso infortunio, li gravi dispendi, che esigeva il ricupero delle perdute minere, e il rifacimento delle fabbriche fodinali, la popolazione di quelle parti infinitamente minore in allora di quello sia a giorni nostri, l’uso di travagliare le rispettive minere con soli venti, o trenta Canoppi, la poca cognizione delle macchine idrauliche disanimorono ciascheduno dalla difficile impresa; le liti, e le discordie che anche prima si erano sussitate fra que’mineranti per confini, per proprietà, per partizioni de’ minerali impedirono che tutti si uniscero a solievo de’ mali comuni. Da quel tempo sino all’anno 1615 poche, e di nessuna conseguenza furono in quella Valle le minerali operazioni. È solo noto che un certo Pietro Angeli ha tentato nella situazione detta di S. Giovanni Battista alcuni lavori, che o fossero mal diretti, o non potesse resistere al necessario dispendio fu costretto di cedere, e abbandonare al Sig. Filippo Crotta. Investito il Crotta nell’anno 1615 dal Generale Vicario delle minere, come averranno V.V. E.E. raccolto dalla prima parte della presente divotissima relazione, dovette anch’esso per qualche spazio di tempo sofferire delle spese eccedenti, che misero in forse il proseguimento degli intrapresi lavori; ma avendo fortunatamente incontrato in ricco minera- le di rame si risarsì ben presto, e con la nota abbondanza delle spese sofferte. La fama delle dovizie acquistate dalla Casa Eccellentissima Crotta chiamò altri mineranti nella Valle Imperina, e svegliò anche l’avvedutezza dal Baron Castagna, sopra i cui suggerimenti l’Eccelso Consiglio dei Dieci aveva instituito nel 1666 questo Eccellentissimo Magistrato ad esibire alli benemeriti Precessori di V.V. E.E. l’errezione di una minera in Agort per conto pubblico con l’oggetto di riscatare le antiche somerse minere, e precisamente quelle di argento. Con li lumi ritratti dalla virtu del N.H.E. Alvise Sagredo Cavalier Deputato inviato espressamente sul luoco, e con la scorta del Decreto 30 Luglio 1669 questo Eccellentissimo Magistrato intraprende nella Valle Imperina le pubbliche escavazioni internandosi nel fine del Stolo S. Giovanni Battista di ragione de N.N. H.H. Crotta sei passa discosto dalla Cecca di detto nome, dove con un giro di passi dieci principia la pubblica Cecca Santissimo Nome di Dio. Io mi arresto a quest’epoca. Li progressi de’ pubblici Lavori, e le loro vicende sono già noti abbastanza con le Terminazioni di questo Eccellentissimo Magistrato che ne precettorono gli andamenti, e con le relazioni de’ ministri di quando in quando spediti alla visita delle pubbliche operazioni. ►► - 12[19]- La miniera rossa di San Nicola Apparisce dalla umiliata descrizione che la Valle Imperina sia stata capace in piu tempi di ben molte minere, pure Eccellentissimi Signori le minere antiche, quelle de’ Pieroboni, Varotti, ed altri, le posteriori dei Crotta, Fulcis, Brandolini, Gritti, Pizzini, la pubblica stessa non sono altro che una sola minera. L’imenso cumulo minerale colocato fra li due monti Lesta, o sia montagna bianca, e di Riva soministrò largamente minerali materie a tutte le escavazioni antiche, e moderne. Chiunque ha osato di perforare in Valle Imperina per alcuni passi la superfizie della terra ha sempre incontrato ora piu ora meno profondamente nel cumulo minerale secondo il declive della Valle, o la naturale inclinazione del cumulo. Nulla ostante però a tante escavazioni praticate da Secoli se si potesse vedere allo scoperto quel masso enorme di minerali materie sembrerebbe forse ancora illeso e non tocco. Perche V.V. E.E. possino formarsi una breve idea di questo cumulo degnino Carrettieri all’uscita della miniera d’imaginarsi un vacuo irregolare fra due alti monti ranchiuso lungo, e profondo più miglia tutto riempito poi di minerali materie meschiate di parti terrestri, sulfuree, e metaliche, ora ricche di metallo, e di Solfo, ora di solo Solfo con poco metallo, coperte queste da una superfizie di nuda pietra inegualmente profonda; Aggiungasi che a questo detto cumulo sono ignoti ancora da tutte le parti i confini, che ad esso l’escavazioni passate non insultorono poco piu che la sola corteccia; Che li soli N.N. H.H. Crotta ardirono di profondare l'escavazioni indubitatamente piu di tutti gli antichi, e anche queste per soli passi 75 nel breve circuito di passi cento circa, e si approssimeranno V.V. E.E. con l’imaginazione quanto è possibile al vero. Se la cognizione del cumulo d’Agort conduce a ravvisare con sentimento di compiacenza la immensità delle minerali materie ancora rinserrate nella Valle Imperina, quella delle cose passate fa riconoscere con quanta imperizia siano stati progettati, e progrediti in essa Valle li pubblici Lavori. Questi dovevano aver in mira principalmente due oggetti; cioè l’istituzione di una minera, e la ricerca delle perdute vene argentose. L’ingresso fatto nel cumulo per lo Stolo di S. Giovanni Battista, l’escavazione della pubblica Cecca Santissimo Nome di Dio attaccata a quella di S.Giovanni Battista de’ N.N. H.H. Crotta, nessuna previsione alle cose avvenire, nessun provedimento o riparo, dimostrano che il Baron Castagna non ha conosciuti l’estenzione del minerale d’Agort e non ha mai pensato ad altri profitti, che a quelli della giornata; e tuttocchè l’Eccelso Consiglio con sue provvide leggi abbia tutta risservata la Valle Imperina per conto pubblico, nulladimeno le pubbliche escavazioni rimasero sempre liggie, e precarie a quelle dei Crotta come pur troppo gli esempi del 1738, e le correnti disavventure ce ne rendono una indubitabile testimonianza. ►► - 13[19]- E non furono nemeno lodevolmente diretti quei primi passi alla scoperta delle antiche vene argentose. Nessun ragionevole raziocinio può aver condotto l’accortezza del Baron Castagna nel bujo de’ sotterranei dei Crotta, la vicina origine de’ quali doveva esser nota in allora anche piu che in presente, se non che forse come ho detto di sopra il solo meschino oggetto delle utilità del presente, o la facilità di escavare minerali materie già ritrovate dai Crotta. Tutti gli antichi documenti fanno dessumere, che esse argentose minere furono superiori di molto alla situazione dove si confidava incontrarle; Lo dimostrano piu chiaramente alcuni Stoli scoperti al giorno per li quali scorrer dovevano le acque delli superiori lavori, la certezza che le fabbriche fodinali erano situate a vicenda tanto nella Valle Imperina, come nella opposta Valle di Tiser, che è una continuazione della stessa Valle Imperina, e maggiormente la natura del minerale, che si escava sempre spoglio di parti argentose. Se si avessero esaminati piu accuratamente gl’indizj che tutt’ora appariscono, e le antiche notizie non sarebbe trascorso un secolo, e piu senza averle incontrate. L’ossequioso tributo che a V.V. E.E. offerisco de’ miei pensamenti sopra le operazioni trascorse appoggiato a cose di fatto, ed a notiArricchimento del minerale zie con somma fatica raccolte se giunge a persuadere degli abbagli corsi nella direzione di que’ cavamenti potrà conseguentemente far ravvisare la somma necessità di un sopraluoco, affinchè siano una volta ridotte a coltura con viste piu estese le minere d’Agort su l’esempio delle nazioni maestre, e con la mira di perpetuarne, ed accrescerne le utilità. Con questa rassegnatissima confidanza oserò di sottoponere alle Sapienti meditazioni di quello fra V.V.E.E. che verrà destinato alla incomoda visita quattro soli esenzialissimi esami, sicuro che le altre non meno necessarie adiacenze saranno dalla sua penetrazione riconosciute, e ridotte egualmente a pubblica utilità. Primo. Se la formazione di un Pozzo capitale, del quale sono mancanti le minere di Agort possa far riconoscere la profondità di quel cumulo, investigarne le piu ricche materie minerali, ridure meno costosa la traduzione delle stesse al giorno, e presidiare li pubblici lavori dalle troppo facili inondazioni. Secondo. Se l’importante ricerca delle vene argentose si possa ottenere con altri principj, per una strada piu corta, piu facile, e piu sicura, e forse col mezzo del suddetto Pozzo Capitale. Terzo. Se dallo scioglimento della insolidazione de’ Canoppi, e de’ Saiberi dalla umiltà mia progettato con scrittura de’ dì 12 Gennaio 1773 la mineral disciplina possa essere ridotta capace di quelle correzioni, ed economie umilmente esposte in essa scrittura, e che verranno riconosciute sul luoco del pubblico immediato interesse. Quarto. Se dipendendo la continuazione de’ minerali lavori dalla susistenza de’ Stoli, che portano al giorno le acque sotterranee, e particolarmente da quello di S.Francesco di ragione de’ N. N. H.H. Crotta giovi alla pubblica auttorità ne’ modi piu cauti assumerne il peso del loro importantissimo mantenimento, o precettarlo con tutto il vigore a rispettivi mineranti. L’apparato di queste proposizioni potrebbe forse atterire il desiderio di vederle eseguite per li dispendi che sembrano, e sono anzi indispensabili a tutte; pure Eccellentissimi Signori siccome tutte solo col tempo, e gradatamente sono eseguibili, così potrei assicurare V.V. E.E. che non saranno esse in nessun modo estraordinariamente sensibili alla pubblica economia, e tanto meno quanto siano per rissultare proficue le operazioni di fondita eseguite col metodo dal fervoroso mio impegno umilmente proposto, e che forma il breve argomento della terza parte di questa divotissima relazione. ►► - 14[19]- Serenissimo Principe Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di Dieci Parte Terza Accolte da questo Eccellentissimo Magistrato con generoso compatimento le operazioni dalla mia tenuità eseguite con il nuovo imaginato metodo di calcinazione, e di fondita descritto dalle mie relazioni, e precisamente da quella umiliata li 26 Agosto passato degnorono V.V. E.E. commettermi con loro venerata Terminazione 28 settembre susseguente di praticare nelli quattro mesi di Novembre, Dicembre, Gennaio, e Febbraio ultimamente decorsi un nuovo piu esteso esperimento che acertar maggiomente dovesse la pubblica espettazione, e togliere qualunque dubbietà od ecquivoco che per avventura nelle passate esperienze fosse inavertentemente accaduto. Prescrissero in pari tempo alla mia rassegnata obbedienza di estraere a tal fine dalle cento e ottanta misure, che giornalmente vengono escavate quella quantità che sufficiente fosse riconosciuta al mantenimento delle fondite nel nuovo forno per il corso de’ quattro suddetti mesi con positiva commissione di tenere esatto registro della summa di misure impiegate delle spese che occorreranno, e delli prodotti che venissero a risultare per dover essere questo rassegnato a lume delle pubbliche meditazioni. Pervenne al Magistrato di V.V. E.E. con foglio del loro sopraintendente d’Agort 15 Aprile cadente il conto delle misure di Chisso che furono travagliate col nuovo metodo nel prescritto periodo, dal quale si rilevano le spese incontrate nella calcinazione, e fondita delle materie et affinaggio delli prodotti, come pure la summa totale de’ rami ricavati, e trasmessi a V.V.E.E. a cui l’umiltà mia non aggiunge a piu chiaro pubblico lume che alcune brevi osservazioni, e confronti. Tremille settecento ottanta misure di minerali non scielte materie passorono adunque co’ nuovi metodi alla calcinazione, e successivo processo di fondita ne’ quattro prescritti mesi, e queste produssero (libbre?) 26540 rame tutto di vena, compresa, e valutata in essa summa quella porzione di Stoni, e Scorie naturali, e indispensabili nell’ultima fondita, e raffinazione. Unindo alla summa di spese occorse nell’accennata fusione anche l’importo della escavazione, e traduzione delle minerali materie impiegate ammonta il risultato delle spese tutte a (zecchini?) 19689:19 vale a dire il rame fabbricato in summa di (libbre?) 26540 ha costato per le spese di escavazione, e di fondita in ragione di (zecchini?) 742.17 il migliaro [di libbre?]. Due precisi impegni la mia devozione si è assunto con questo Eccellentissimo Magistrato nella scrittura rassegnata li 26 Agosto passato, e sono: Il Primo. Che per qualunque evento le minerali materie che giornalmente si estraggono dalle pubbliche minere della Valle Imperina in summa di misure 43000 all’anno, travagliate, che siano con le operazioni del nuovo metodo dovranno fruttare almeno duecento migliara di rame tutto di vena e di una perfezione piu ricercata in luoco di soli cento migliara di rame metà di Vena, e metà di Estrazione, che al piu possono somministrare le istesse materie maneggiate co’ metodi antichi. Il Secondo, che per la formazione de’ promessi migliara duecento di rame di vena all’anno le spese in monte della escavazione, e fondita delle minerali materie non dovranno oltrepassare la summa di lire 170400, cioè lire 852 per ogni migliaro di rame raffinato, come suplico V.V. E.E. aver la toleranza di riscontrare nella accennata relazione 26 Agosto, e nelli accompagnati conteggi. Non dovendo io per nessun modo abusarmi della pubblica sofferenza col rispettare le cose in essa relazione enunziate accennerò soltanto che l’eseguito esperimento superò di gran lunga le mie promesse ed impegni. Ricavatesi (libbre?) 26540 di rame con sole misure 3780 l’annuo prodotto adunque sopra le misure 43000 annuali data una medesima qualità di materie dovrebbe ascendere almeno a migliara 300 di rame, cioè a cento migliara di piu di quello esposi in allora, e in conseguenza l’annua utilità per la minorazione della spesa in aumento del prodotto ammonterebbe a circa Ducati 50 mila in luoco delli predetti 26 mila che dalla esitata relazione, e conteggi evidentemente risultano, e questa summa ritratta intieramente oltre a quanto si possa attendere nell’attuale stato di cose con l’uso delli soliti metodi. ►► - 15[19]- Ommetto qualunque altra rissultanza e confronto. E’ così grande la disparità che passa fra un metodo all’altro che la nuda dichiarazione de’ fatti deve essere bastante a farne riconoscere la sproporzione. Per comprovare però quanto è possibile l’ingenuità delle mie esposizioni chiamo V.V. E.E. a riflettere, che questo esperimento di una sola duodecima parte delle annuali materie giungerà forse a far argine alle eccedenti, ed estraordinarie spese sofferte per le note disgrazie ne’ sotterranei, ed al gravoso non solito prezzo de’ Sorghi ed altri commestibili, e merci tutte accresciute di prezzo. Che questa è la quarta volta che esso dal fervoroso mio impegno a pubblica maggiore sicurezza venne ripetuto, e corrispose in ognuna egualmente, ed a proporzione o della qualità delle materie o delle cognizioni, e diligenze che andavano acquistando quegli Operari con l’esercizio delle nuove operazioni, e che finalmente se non fossi con tutta l’imaginabile persuasione e certezza convinto degli avvantaggi che devono risultare dall’accettazione del nuovo metodo non ardirei di suplicare con tanta costan- za questo Eccellentissimo Magistrato a volerne riconoscere sopra luoco le operazioni, le spese, le risultanze, e i profitti. Rinovo alla memoria di V.V. E.E. che non sono eseguibili per intiero detti nuovi metodi, ne’ in conseguenza ottenibili le dimostrate utilità senza l’errezione indispensabile delle fabbriche dichiarite con la sopradetta mia relazione. Se agli avvantaggi, che si possono attendere dalle sole nuove operazioni di fondita si aggiungessero quelli del processo di Pista, e lavatura delle materie che si rigettano altre volte sottoposto alle pubbliche considerazioni, quelli che devono derivare dalla regolazione del montanistico, e disciplina, come pure l’aumento di prezzo che si potrebbero esitare li vetrioli fabbricati della nuova purissima qualità rassegnata con la piu volte menzionata relazione 26 Agosto passato, oserei di confidare che questo Eccellentissimo Magistrato si mettesse in grado di somministrare ben presto alle pubbliche esigenze delli non tenui sovvenimenti. Languiranno però sempre tutte queste speranze, se non siano animate da un pubblico sopraluoco. Lo esigono le sopresse ma non estinte vertenze con la casa Eccellentissima Crotta, l’esposto stato di que’ sotterranei, la mineral disciplina, il riscontro di muovi metodi, le fabbriche da errigersi, l’esame de boschi che devono somministrare alimento a tante operazioni, e vivamente lo impetra l’ossequiosa mia suddita rassegnazione. Grazie. Per iscriversi al Gruppo ARCA ci si può rivolgere alla tabaccheria BI & BA in via Garibaldi,7 Agordo Carbonaia e lavoro dei Carbonai - 16[19] -