MAGGIO
2008 N° 19
-notizieASSEMBLEA SOCIALE ‘ARCA’ 2008
DECIMO ANNO DALLA FONDAZIONE
In data 29 marzo 2008 si è tenuta nella sala della Biblioteca Civica di Agordo, alle ore 18:00 in
prima convocazione e alle 18:15 in
seconda convocazione,
l’Assemblea annuale del Gruppo
Archeologico Agordino ARCA, per
trattare il seguente ODG:
1. Relazione morale del Presidente per l’anno sociale 2007
2. Discussione e Approvazione
del Bilancio 2007
3.
Iscrizione
di
AR C A
all’associazione A.I.C.S. di Belluno
4. Tesseramento anno 2008
5. Documentazione dell’attività
svolta dal Gruppo nel 2007.
6. Attività previste per l’anno in
corso
7. Varie ed Eventuali.
L’Assemblea è stata tenuta dal
Presidente G. Bernardi; erano presenti 18 iscritti.
Constatata in seconda convocazione la presenza del numero
legale degli intervenuti, viene dichiarata aperta la seduta e trattato
l’ODG:
1. Relazione morale del Presidente sulle attività svolte dal
Gruppo nell’anno sociale 2007. Il
Presidente G. Bernardi illustra
l’attività del Gruppo nell’arco dei
suoi dieci anni dalla fondazione;
sottolinea i buoni rapporti avuti sia
con la Soprintendenza che con i
vari enti che hanno collaborato a
diverso titolo con il Gruppo; informa che è stata fatta richiesta di una sede al Comune di Agordo in
quanto è sfumata la lungamente
promessa sede in Valle Imperina;
prosegue informando che nel luglio
2007 (per la durata di una settimana) il gruppo ha gestito assieme
agli Amici del museo di Belluno
l’importante campagna archeologica di scavo al ‘Pian de la Lora’;
l’iniziativa è stata resa possibile
grazie anche al contributo economico del Consorzio BIM-PIAVE.
Il Gruppo Arca lo scorso anno
ha organizzato due conferenze (la
n°25, in giugno, e la n° 26, in no-
vembre); nella prima il professore
dell’Università di Padova Giovanni Leonardi ha prospettato una
approfondita analisi su: Tra età
del Rame e età del Bronzo: le
strutture sociali attraverso
l’iconografia. Nella seconda conferenza, Sergio Pegoraro, appassionato di mineralogia, ha trattato
l’argomento ‘Monte Trisa: le sue
miniere e i suoi minerali ’.
Come da consuetudine, in
coincidenza con le due conferenze, il Gruppo ha distribuito gli ultimi due numeri del Notiziario ARCA (n°17 e n°18): nel primo viene
riportato un contributo su vari aspetti minerari e nell’altro Notiziario si è relazionato sullo scavo di
Pian de la Lora e sulla viabilità antica.
Durante la primavera e
l’estate alcuni membri hanno
partecipato alle campagne di
scavo al Col del Buson e al
Castelliere di Noal, con gli Amici
del Museo di Belluno e gli amici di
Sedico.
2. Discussione e approvazione del Bilancio 2007
Il bilancio 2007 viene approvato all’unanimità.
3. Iscrizione all’A.I.C.S.
Anche nel 2008 il Gruppo si
iscriverà all’A.I.C.S.
4. Tesseramento anno 2008.
L’assemblea stabilisce di
mantenere invariata a 15 € la quota associativa per l’anno 2008.
5. Documentazione della
attività del Gruppo
Vengono proiettate le immagini riguardanti gli scavi del Pian de
la Lora, e delle altre attività relative all’annata 2007.
6. Attività previste per
l’anno in corso: Il Presidente espone le numerose iniziative previste per il 2008, tra le quali la seconda Fase del progetto ‘Le miniere di rame dell’ Agordino’ che
vede coinvolti, oltre all’ARCA,
l’Università di Pd (prof. G. Artioli) e
- 1[19] -
la Soprintendenza (dott.ssa Bianchin Citton); l’iniziativa ARCA sarà
realizzabile grazie al sostanzioso
contributo del BIM-PIAVE, già assegnato al Gruppo.
Per il 2008 vengono proposte
due conferenze: nella prima, da tenere in maggio, la dott.ssa Giovanna Gangemi parlerà del complesso
dei ritrovamenti dell’età preromana
avvenuti negli ultimi anni di scavo in
provincia; in ognuna delle due occasioni verrà proposto un numero
del nostro Notiziario; la prossima
estate Arca intende, se finanziato
dalla Regione Veneto o da altri enti,
realizzare con la Soprintendenza
un progetto di scavo dal titolo Saggi archeologici nel Canale di Agordo.
Continueranno gli esperimenti
di fusione di metallo in stampo
(rame/bronzo) e le prove di fusione
di calcopirite per l’ottenimento del
rame.
7. Varie ed Eventuali:
I soci concordano col Presidente di informare l’opinione pubblica della necessità che la futura gestione delle strutture di Valle Imperina da parte del Parco Dolomiti
Bellunesi non stravolga la vocazione mineraria del sito, considerato
potenzialmente da tutti una vera miniera di storia da non dimenticare,
di cultura materiale e, se valorizzata, di notevole attrazione turistica.
L’assemblea è stata chiusa
alle ore 20:00.
Il Gruppo Arca
Sommario
a pag. 1
ASSEMBLEA SOCIALE
ARCA - 2008
da pag. 2 a pag. 7
ULISSE TRA I LESTRIGONI:
MITO E REALTA’
da pag. 8 a pag. 16
1785: RELAZIONE DI
NICOLO’ ZANCHI
Ulisse tra i Lestrigoni: mito e realtà
di
Gabriele Fogliata, socio del Gruppo Archeologico Agordino ARCA
e
Alberto Dalla Rosa, dottorando alla Normale di Pisa
Intervento di Gabriele Fogliata
Con questo articolo viene presentata al
lettore la serie di constatazioni che, anche durante una gradevole vacanza familiare in Corsica,
ha fatto emergere da un classico dell’epica,
l’Odissea di Omero, una problematica letteraria e
archeologica.
La tesi sostenuta nel presente lavoro
è che il paese dei Lestrigoni, di cui si narra
nel decimo libro dell’Odissea, possa essere
identificato con l’odierna valle del torrente
Ostriconi, in Corsica settentrionale; eccone le
argomentazioni.
Riguardo al procedimento con cui si è
arrivati all’identificazione sul campo, l’ordine temporale degli avvenimenti e il relativo susseguirsi
delle ipotesi sono stati i seguenti.
Nell’estate 2000, avviene casualmente
la prima associazione mentale tra il toponimo
L’Ostriconi (nome di località e di torrente) e il
lemma Lestrigoni di scolastica memoria, associazione che si è rivelata in seguito fruttifera.
La successiva analisi del X Libro
dell’Odissea ha permesso di rilevare che i toponimi in esso indicati sono relativi a:
un territorio e un popolo: Lestrigonia, Lestrigoni (L a i s t r ugoni v, L a i s t r ugovne")
un abitato: la città di Lamo/Telepilo
(L a mou pt ol i veqr on)
una fonte: la fonte Artacia (A r t a k i v?
)
e, fatto del tutto imprevedibile, il raffronto effettuato con i toponimi riportati da una mappa
attuale ha permesso di tracciare ben tre corrispondenze e precisamente tra Lestrigoni e
L’Ostriconi, tra Lamo e Lama e tra Artacia e
Urtaca: conviene rilevare che tre corrispondenze tra toponimi antichi e attuali, in un territorio limitato, è da ritenersi una combinazione altamente improbabile e quindi degna
di nota.
Questa concatenazione di eventi è divenuta il punto di partenza per una rilettura del X
libro dell’Odissea secondo vari registri:
a) Il registro archeologico/leggendario
b) Il registro linguistico/toponomastico
c) Il registro esegetico/interpretativo.
Si dà qui un primo resoconto delle ricerche in questi tre ambiti, che saranno poi ripresi in
maniera più approfondita in vista di una pubblicazione scientifica sull’argomento.
Per andare con ordine, viene proposta
l’analisi prima di L’Ostriconi, poi di Lama e infine
di Urtaca; l'analisi è utile a dettagliare e a consolidare man mano le, all’inizio degli avvenimenti,
solo intuite/fortuite, corrispondenze toponomastiche.
(A)
L’Ostriconi: si inizia lo studio dalla geografia di Ostriconi, o meglio della parte
bassa della valle del torrente Ostriconi,
quella rivolta ad ovest, verso il mare
(Fig.1). ►►
Probabile ostruzione del golfo da
parte di sabbie franate (da nord)
Spiaggia di l'Ostriconi
Promontorio nord-ovest: forse ospitante il 'faro'
'Porto' insabbiato
Stagno di Cannuta
Torrente Ostriconi
- 2[19] -
Per giungere all’imprevisto risvolto archeologico, si trae dal X Libro del poema la descrizione del bello e maledetto porto: un luogo nel quale, incontrando i Lestrigoni, trovano la morte gli
occupanti di ben undici navi su dodici, i cui equipaggi erano composti dai compagni di guerra e di
peregrinazioni dell’eroe acheo Ulisse nel contrastato viaggio di ritorno da Troia a Itaca, la sua
isola
(Odissea X, vv. 86-97, in MAIUSCOLETTO vengono rimarcati i versi descrittivi del porto; le traduzioni presentate sono di Alberto Dalla Rosa)
Allora arrivammo al BEL PORTO , ATTORNO AL QUALE CORRONO
ROCCE IMPR ATICABILI CONTINUAMENTE SU ENTRAMBI I L ATI ,
MENTRE DUE PROMONTORI SPORGENTI UNO DI FRONTE ALL ’ ALTRO
SI DISTENDONO ALL ’ IMBOCCATURA E STRETTA È L ’ ENTR AT A ;
allora tutti vi fecero entrare le navi curve
ed esse furono ormeggiate nel concavo porto, una vicino
all’altra: NON SORGEVA INFATTI ONDA LÀ DENTRO , NÉ GRANDE
NÉ PICCOLA , M A TUTT ’ INTORNO V ’ ERA UNA BIANCA CALM A .
Io solo tenni la nave nera al di fuori,
all’entrata del porto, LEGANDO L A CIM A A UN A ROCCIA .
Q UINDI , SALITO SU UNA VEDETTA ROCCIOSA , MI MISI IN PIEDI .
È stata proprio la raffigurazione geografica così puntuale che ha posto l'autore nella posizione, poco praticata dalla critica, di poter supporre le descrizioni come veridiche e di non ritenerle
v. 90
v. 95
puro messaggio poetico; d’altra parte, non essendo lo scrivente un cultore della letteratura
antica, gli sia concesso di seguire fili di pensiero
non necessariamente ortodossi.
Stagno attuale di Cannuta; nell'ellisse i due promontori, bocca del supposto antico 'porto'; il promontorio a
nord-ovest ha reso reperti attribuibili
ad un arco di tempo di 1700 anni:
dal 1000 a.C. al 700 d.C. circa.
'Porto'
'Faro': sito archeologico sul
promontorio nord-ovest
'Roccia/rupe'
Fig.2
La necessità di verificare una possibile
corrispondenza tra i luoghi suddetti e le descrizioni omeriche ha portato, nel luglio 2001, alla
troppo breve spedizione a l’Ostriconi dell’anno
successivo avvenuta assieme ad un altro socio
del gruppo ARCA, Manlio, con le nostre rispettive consorti. Durante l’inverno, intanto, erano
state raccolte alcune frammentarie informazioni
sulla vallata omonima e riassumibili in:
a) notizie su alcuni ritrovamenti archeologici dell’età del Rame e del Bronzo,
b) la leggenda relativa ad un porto romano insabbiato e mai localizzato,
- 3[19] -
Antico 'mare',
attualmente lo stagno
c) la constatazione personale che la quota
sul livello del mare della parte bassa e
terminale della vallata non supera i 6-8
metri: ciò avviene per ben due chilometri
all’interno a partire dalla costa/spiaggia
fino al grande stagno chiamato l’Etang de
Cannuta, dal quale poi si elevano le pendici dei rilievi che portano a Urtaca, a Lama, al monte Astu e, a sud est, al passo
presso Petralba che immette nella valle
del Golo, quindi alla costa orientale della
Corsica: un passaggio-chiave per connettere le due coste dell'isola.
►►
Le ispezioni sono avvenute tra grandi calure estive e graffianti spine del maquis, la bassa
boscaglia che praticamente ricopre la Corsica; si
è posta l’attenzione alla parte est dello stagno,
zona ormai quasi del tutto asciutta (Fig.2: zona
indicata nel rettangolo).
La situazione orografica ha solamente
permesso di constatare che effettivamente il canneto è ristretto ai lati da pareti rocciose anche se
non molto alte; se però si pensa che l’acqua del
supposto porto era in antico, ovviamente, al livello del mare si devono aggiungere almeno altri sei
metri apparendo quindi come rocce impraticabili.
Molte altre domande rimanevano però aperte.
La verifica della conformazione della ipotetica bocca di porto è potuta avvenire solo
nell’agosto 2003 (Fig.2: zona indicata nell'ellisse).
Il risultato è stato positivo e tale da sostenere almeno le seguenti quattro argomentazioni:
1- I due promontori effettivamente abbracciano, anche se in modo non eccessivamente accentuato l’ingresso al porto; in teoria si potrebbe verificare sotto il livello dello stagno quanto essi potessero rendere stretto l’accesso (v.
90).
2- Sicuramente i flutti marini, dopo due
chilometri di percorrenza dell’antico golfo e una
stretta bocca, per di più perpendicolare alla linea
di costa, non potevano minimamente giungere a
far sorgere le onde (vv.93-94) entro il porto.
3- La roccia (v. 96) al quale Ulisse ancorò la nave nera e sulla quale salì per osservare la regione può essere identificata con la parte
terminale del promontorio sud-orientale che presenta verso il mare (attualmente, lo stagno) una
parete risalibile senza difficoltà; invece, dal lato
est, un salto di quattro metri circa la rende irraggiungibile dal promontorio.
4- La bianca calma (v.94) può trovare
riscontro nella abbondante presenza in zona di
sabbia chiara originata dal perenne sgretolamento dei porfidi: sotto uno specchio d’acqua non
corrugato tale sabbia procura sicuramente una
diffusa riflessione biancastra .
Ora veniamo all'archeologia: sempre nel
2003, durante l’ispezione del promontorio nordoccidentale della bocca (Fig. 2) questa serie di
constatazioni, che sembra trovare il suo corrispettivo nel racconto omerico, si è ulteriormente
arricchita di imprevisti risvolti archeologici che
potrebbero essere riferiti alla leggenda del perduto porto romano e non solo: una disamina superficiale del terreno ha infatti allora permesso il recupero di parecchi frammenti ceramici
appartenenti a vasellame vario (tra cui manici
d’anfore) e di differente fattura (compresa ceramica sigillata dei primi secoli dopo Cristo).
L’emozione del ritrovamento ha fatto tralasciare l'ispezione al punto culminante del promontorio nord-occidentale.
La visita al trascurato cucuzzolo del sito
è avvenuta nel mese di luglio 2005 assieme ad
altri due soci del Gruppo ARCA, Maurizio e Sonia, e ad Alberto Dalla Rosa coautore del presente lavoro: l’attenzione posta nella ricerca di
superficie ha permesso il ritrovamento di ben tre
grossi chiodi metallici e una scoria di lavorazione, insieme ad altri frammenti vascolari; altra
constatazione fatta in situ, la vista che si ha dal
punto più elevato del promontorio occidentale
spazia dal mare al porto: il luogo poteva quindi
prestarsi ad ospitare una struttura quale una torre o preferibilmente un faro data la presenza
dell’insenatura (ora ridotta alla parte più interna
del canneto).
Rimaneva l’esigenza di informare doverosamente le autorità corse del ritrovato sito archeologico: il passaggio dell’informazione ad esperti
della Corsica è invece avvenuto grazie ad una
circostanza fortuita: il Festival Europeo del Cinema del 2005, tenuto annualmente ad agosto a
Lama; è stata l’occasione per conoscere (oltre al
Sindaco di Lama e al Presidente del Festival) il
medievista Antoine Franzini, il direttore del CNR
di Marsiglia Yvan Massiani e l’archeologo Olivier
►►
Reperti del Periodo Romano,
individuati nel luglio 2007
sul promontorio
nord-ovest
del porto
allo stagno
La Cannuta
- 4[19]-
Reperti
dell'età
del Bronzo,
individuati
nel luglio
2007
sul
promontorio
nord-ovest
del porto
allo stagno
La Cannuta
Jehasse; a quest’ultimo sono stati mostrati e poi
consegnati i reperti ceramici; Jehasse, professore all’Università di Corte e figlio d’arte della coppia di archeologi che hanno scavato/indagato
negli anni cinquanta il maggiore sito etrusco e
romano della Corsica (Alalia/Aleria), ha riconosciuto, tra i reperti, ceramiche provenienti dalla
Spagna, dall’Africa, dalla Campania e dalla Liguria e distribuite lungo un ampio escursus temporale, dal II secolo a.C. al VII d.C.; i chiodi metallici e la scoria sono stati invece esaminati nei mesi successivi da Yvan Massiani: le analisi hanno
mostrato che i primi sono composti di solo rame
e che la seconda consiste in una scoria di lavorazione del ferro, probabilmente prodotta in loco
nella fucina di un fabbro.
A quella data (2005), i tempi di insediamento del sito erano indicati da elementi discontinui: un racconto epico per l’epoca greca, da una parte, e dall’altra reperti materiali per il periodo romano e altomedievale. Nulla faceva presagir e
di
un
p os s i bi le
s u p er am en to
dell’eterogeneità delle argomentazioni: invece,
con altra visita al sito nel luglio 2007, è stato individuato nella parte più alta del promontorio del
faro, nei due piccoli piani rivolti a sud e posti appena al di sotto delle rocce sommitali, un buon
numero di frammenti ceramici dell’età del tardo Bronzo/primo Ferro; uno di essi presenta un
decoro consistente in quattro piccoli fori non passanti e allineati; non trascurabile è l’aver trovato
inoltre un frammento di peso da telaio in ceramica grossolana; questi ritrovamenti accentuano la
singolarità del luogo e soprattutto permettono di
registrarvi la presenza umana proprio attorno
al XII-IX secolo a. C.. In più, a riconferma della
frequentazione nel periodo romano è da aggiungere ancora l’ulteriore ritrovamento di cocci di
ceramica sigillata e un altro grosso chiodo in ra-
me analogo a quelli precedentemente già ritrovati..
L’importante e imprevisto tassello viene
ad aggiungersi al quadro complessivo e a supportare la lettura proposta poiché tali ritrovamenti
permettono di constatare per la località una continuità temporale di insediamento per più di mille
e cinquecento anni.
(B) Lama. Portiamo ora l'attenzione sul
paese di Lama, la città di Lamo; nell’Odissea
(v.81) troviamo alcuni elementi caratterizzanti
(vedere più sotto i versi scritti in grassetto minuscolo):
a)
è indicata come un'alta rocca
b)
dotata di una reggia, costruzione bella a
vedersi e di struttura elevata
c)
è appartenente alla Lestrigonia dalle
porte lontane.
Per la caratteristica di città ‘alta’: indubbiamente Lama, vista dal mare risulta essere posta ‘in alto' a metà montagna.
La presenza di dimore slanciate verso
l’alto: per la Corsica non è certamente
un’eccezione e ciò vale anche per l’attuale paese
di Lama.
La definizione di Lestrigonia dalle porte
lontane è stata variamente interpretata dai critici
dell’Odissea, considerate a volte un attributo della città, a volte della vallata, senza trovare un
suo senso compiuto: il paesaggio di Ostriconi,
invece, può al riguardo contribuire a formare una
nuova interpretazione: vista dal mare, la valle è
visibile nella sua totalità, compresi i paesi; la città
di Lamo, osservata dalle navi di Ulisse, viene vista lontana quanto le sue porte: un modo per
indicare che il paese non era situato in prossimità del mare.
►►
- 5[19]-
(C) Urtaca: Per quanto riguarda Urtaca;
nell’Odissea Artacia non viene qualificata come
un paese, come è attualmente, bensì come una
fonte, anzi la fonte, in quanto perfino la figlia del
re se ne deve servire come d’altra parte gli abitanti della zona: la fontana viene descritta come
una bella corrente (vedere i versi scritti in MAIUSCOLETTO).
Per sei giorni navigammo, giorno e notte ugualmente
v. 80
e il settimo giungemmo all’alta rocca di Lamo
Lestrigonia dalle vaste porte
[…]
Due uomini scelsi e mandai con loro un araldo come terzo.
Scesi a riva, essi videro una strada liscia, su cui dei carri
portavano in città il legname dalle alte montagne.
Davanti alla città incontrarono una fanciulla che PORTAVA
V . 105
DELL ’ ACQUA, la bella figlia del Lestrigono Antifate.
E LLA ERA SCESA ALLA FONTE DALLA BELLA CORRENTE,
ARTACIA: DA LÌ INFATTI ERANO SOLITI PORTARE L’ ACQUA IN CITTÀ .
Ed essi standole accanto le si rivolgevano e chiedevano
chi di essi fosse re e governasse su di loro.
Lei allora subito mostrò la dimora eccelsa del padre.
Ed essi, appena entrati nell’illustre palazzo...
La visita a Urtaca ha fatto parte delle necessarie verifiche nell’agosto del 2003; la sorpresa di trovarsi di fronte effettivamente ad una bella corrente, e non ad una semplice fontana, è
stata notevole; tra l’altro poiché quell’estate fu la
stagione più arsa degli ultimi decenni, la presenza della fresca corrente della Gargalagna marcò
ancora di più la propria consistenza; il fatto
stesso, inoltre, che la vena serve dall’anno
1979 al mantenimento di una grande riserva
d’acqua per scopo antincendio conferma di
nuovo la nomea di tale fonte: nomea così antica, tanto da essere menzionata nel X libro
dell’Odissea? Sembrerebbe di sì.
(G.F.)
Intervento di Alberto Dalla Rosa
Ovviamente assumere una tale antichità
degli insediamenti di questa regione comporta il
fatto che i toponimi appena citati debbano essere
anteriori alla latinizzazione dell’isola seguita alla
conquista romana del 238 a.C., quindi appartenenti ad un sostrato autoctono precedente alla
nascita della lingua corsa attuale; similmente bisogna ipotizzare che questi toponimi si siano
conservati intatti nonostante i mutamenti linguistici.
Le conoscenze sull’origine della lingua
corsa e soprattutto sugli idiomi parlati dagli abitanti dell’isola prima della conquista romana sono praticamente nulle. L’unica cosa in nostro
possesso è un passo di Seneca in cui si dice che
i corsi si esprimevano in maniera incomprensibile.
Nel caso però di Ostriconi, Lama e Urtaca si può essere certi che non sono toponimi di
derivazione latina o greca e anzi non abbiamo
nemmeno nessuna informazione certa sulla regione da fonti antiche greche o romane. Possiamo dire anche che non ci sono motivi storicolinguistici che impediscano di dire che i tre toponimi siano in continuità con quelli citati
nell’Odissea. Vediamo perché:
Lama: in questo caso la parola si sarebbe tramandata praticamente intatta. La desinen-
za finale in -a non dà nessun problema, in quanto potrebbe essersi prodotta in molti modi e sotto
diverse influenze.
Ùrtaca: l’accento è sulla prima sillaba.
Dato che il vocalismo corso non prevede che una /a/ possa evolvere in /u/, è necessario pensare che in qualche momento prima della nascita
della lingua corsa la fonte di Artacia fosse chiamata *urtaka, con inscurimento della vocale iniziale seguita da due consonanti, cioè in sillaba
chiusa.
L’Ostriconi: importante considerare
questo toponimo con l’articolo. Anche oggi in
corso si parla di paesi di l’Ostriconi, valle di
l’Ostriconi ecc... Non ci sono quindi difficoltà a
pensare che la /l/ iniziale sia stata considerata
dai parlanti come facente parte di una preposizione articolata, passando quindi da valle di
*Lostriconi a valle di l’Ostriconi. Interessante vedere che anche qui troviamo lo stesso inscurimento della vocale iniziale in sillaba chiusa: da
L a i s t r ugoni v a *Lustrikonia, come a conferma
dell’antichità dei toponimi.
Insomma l’esame linguistico non può dire molto, se non che è tranquillamente possibile
che i tre toponimi si siano tramandati dall’epoca
greca arcaica fino ad oggi, con qualche inevitabile modificazione, ma rimasti sostanzialmente inalterati.
►►
- 6[19]-
Questa constatazione ci porta inevitabilmente a considerare un’ultima domanda: essendo che i dati archeologici confermano la presenza umana nella valle fin dall’età del Bronzo e che
i dati linguistici e toponomastici dicono che è
possibile che quegli insediamenti avessero i nomi a noi tramandati dall’Odissea, è quindi possibile che qualche greco sia arrivato in questo luogo e abbia riportato delle notizie poi confluite nel
poema epico redatto più o meno nell’VIII sec.
a.C.?
L’esplorazione del Tirreno è stata per
tutto l’VIII secolo soprattutto un affare dei greci di
Eubea, i quali fondarono la loro prima colonia a
Pitecusa, cioè sull’isola di Ischia per commerciare con gli Etruschi della terraferma. Sulla loro
scia si inserirono anche i Focesi, che esplorarono e si insediarono gradualmente nella parte settentrionale del Tirreno. Loro è la prima colonia
greca della Corsica, la città di Aleria o Alalia, fondata nel 565 a.C., ma nel 600 avevano già fondato Marsiglia, ben più a Nord. Possiamo presupporre perciò una conoscenza precedente delle acque settentrionali del Tirreno, soprattutto
della Corsica e delle isole dell’arcipelago toscano. Quanto indietro possa risalire questa conoscenza non è dato dirlo, né è da escludere che
nessun greco prima dei Focesi si sia spinto a
quelle latitudini. Potrebbero essere stati gli stessi
Eubei di Calcide, affacciatisi sul Tirreno meridionale sicuramente già da prima della fondazione
di Pitecusa, a essersi spinti, magari anche accidentalmente, fino alla costa settentrionale della
Corsica.
È perfettamente lecito credere che per i
Greci della fine dell’VIII secolo che stavano cominciando a porre le loro prime basi permanenti
nel Tirreno meridionale, la Corsica non fosse del
tutto sconosciuta, ma anzi segnasse il limite settentrionale a cui essi si erano finora spinti, quindi
corrispondente alla descrizione omerica, che dice che nel paese dei Lestrigoni la notte era così
breve che il pastore che rientrava alla sera e
quello che usciva alla mattina quasi potevano
salutarsi (vv. 82–86). Perciò, pur non potendo
spingersi oltre nella ricostruzione, sembra importante la plausibilità che al momento della redazione dell’Odissea la foce dell’Ostriconi fosse
stata in qualche modo visitata da dei naviganti
greci, magari in un singolo sporadico viaggio, e
che abbia lasciato una qualche notizia, facilmente tramutabile in leggenda per la sua collocazione agli estremi settentrionali delle rotte allora conosciute, in una regione di cui ancora non si sapeva nulla.
In conclusione, l’accettazione della
congruenza tra la valle d’Ostriconi e la descritta terra dei Lestrigoni, basata sulla toponomastica e rafforzata da reperti archeologici, ha una conseguenza non di poco conto
sulla lettura dell’Odissea: se l’identificazione
di un sito è possibile, è ipotizzabile che anche le altre descrizioni geografiche esposte
nell’opera corrispondano a luoghi realmente
esistenti. Siamo solo all’inizio.
(A.D.R.)
Foce e vallata
del fiume
Ostriconi,
viste dal mare.
Sullo sfondo il
Monte Astu
- 7[19] -
Relazione del 1785
di
Nicolò Zanchi
Magistrato dè Deputati
sopra le Minere
Presentazione della ‘RELAZIONE ZANCHI’:
Viene di seguito posta a disposizione del lettore una relazione di Nicolò Zanchi, Sopraintendente a tutte
le miniere della Repubblica di Venezia, che proviene dalla biblioteca del Museo Correr di Venezia. Lo scritto riguarda eventi accaduti, e interventi da attuarsi, in Valle Imperina. La relazione, stesa nel 1785, si compone di tre
parti; dalla lettura risulta palese che tra la prima e le altre parti passa un certo lasso di tempo.
In linea di massima, le abbreviazioni sono state sciolte per intero, salvo alcune sigle riportate col punto di
domanda; sono state lasciate le maiuscole anche per le parole comuni; la scrittura rispecchia l'ortografia della
metà del settecento nel Veneto.
Analizzando sommariamente la relazione, in essa lo Zanchi mostra una convinta difesa degli interessi
della Repubblica Veneta dimostrando un appassionato coinvolgimento personale nella gestione della Miniera
agordina, sia per rimediare ai disastri naturali che alla cattiva gestione dell'impresa.
Nella prima parte, l'autore informa il Serenisssimo Principe e i Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi
dell’Eccelso Consiglio di Dieci del dissesto avvenuto poco tempo prima nel sito minerario, avvisa degli interventi-tampone già realizzati, richiede urgentemente finanziamenti per ulteriori opere necessarie quali rivestire l'alveo
e le rive del torrente, aprire un fosso di ripiena e altro.
Nella seconda parte, la più estesa, allo scopo di perorare interventi finanziari e di indirizzo della miniera di Valle Imperina, propone ai destinatari della relazione un interessante sunto della storia del Sito Minerario a
dimostrazione della sua importanza economica per la Repubblica Veneta. Non risparmia nemmeno valutazioni
negative sia sul reggimento che sui progetti attuati in passato e propone nuove impostazioni di conduzione e
opere essenziali per un più fruttifero utilizzo dei fondi pubblici; cerca di rendere più accettabile l'esborso richiesto
citando il più redditizio metodo di arrostimento e fusione del minerale estratto, metodo da lui stesso proposto in
una precedente relazione.
Nella terza parte, riprende l'argomento del già sperimentato nuovo metodo di fusione (attuato su di un
dodicesimo del minerale estratto in un anno) e, con una capillare analisi, ne dimostra il vantaggio economico.
Invita caldamente ad un sopralluogo i Deputati alle Minere per trattare con cognizione di causa argomenti urgenti quali le vertenze aperte con la famiglia Crotta, lo stato dei sotterranei, l'aggiornamento delle leggi minerarie, la verifica dei nuovi metodi fusori, le nuove fabbriche da erigere e l'esame dei boschi necessari alla Miniera,
cioè una serie di interventi a tutto campo.
Si tratta di una relazione, ricca di suggestioni, che permette di osservare uno spaccato dei rapporti esistenti tra un devoto funzionario e il centro del potere veneziano; tra l’altro mette in mostra quanto ossequiosamente dovevano essere proposte le richieste e quanto fosse lenta la risposta se non addirittura ignorata, nonostante l'urgenza prospettata: risulta evidente da parte del potere centrale un comportamento misto di gestione
paternalistica, propria della classe nobiliare e aristocratica, e di arcaico sfruttamento, portato a livelli di povertà
assoluta fino alla noncuranza per la vita dei minatori.
La posizione dello Zanchi, tecnico capace e imprenditore dal taglio moderno, sembra ambivalente ma
non lo è poiché da una parte vede l'efficienza quale condizione necessaria da raggiungere, e a tale scopo, oltre
che rimediare ai danni strutturali occorsi allo stabilimento, ricorda di aver già proposto l'abolizione della insolidazione cioè di sciogliere la corporazione medievale dei canòpi, comprendente i cavadori, i battipali, i saiberi, i cernidori, gli smilceri e altri, e di attuare una modernizzazione dell'organizzazione del lavoro che renda più dipendente, controllata e produttiva la manodopera impiegata, e dall'altra incita con veemenza il Serenisssimo Principe e i Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di Dieci a obbligare i recalcitranti nobili,
proprietari privati delle altre miniere di Valle Imperina, che esercitano l'attività in modo irrazionale e di solo meschino oggetto delle utilità del presente, ad accollarsi i costi dei necessari interventi in proporzione alla loro parte
di proprietà, fatto non molto congeniale alla mentalità dei nobili veneziani; giunge persino a suggerire la statalizzazione delle gallerie private di eduzione delle acque, in quanto necessarie alla Pubblica Minera.
Dalla relazione risulta insomma una vigorosa figura di moderno imprenditore di Stato, intensamente
appassionato al proprio lavoro, poco compreso da un potere centrale che non sta al passo con i tempi; per Nicolò Zanchi impiegare capitali per sperimentare e attuare nuovi metodi produttivi, dare sicurezza ai minatori, rifornirli degli strumenti necessari per un lavoro efficiente e contemporaneamente togliere loro l'antica dignità della
corporazione di appartenenza rendendoli solo efficaci ingranaggi di un processo lavorativo, fa un tutt'uno con
l'interesse della Repubblica: il dire dello Zanchi costituisce un esemplare annuncio della fine dell'organizzazione
medievale del lavoro e dell'inizio dell'organizzazione moderna e razionale dell'impresa capitalistica.
E infatti i tempi stanno mutando in tutta Europa, la Rivoluzione Francese avverrà dopo soli quattro anni:
la Serenissima Repubblica è giunta alla fine della sua storia, durerà ancora una decina d'anni, è durata un millennio.
Gabriele Fogliata
- 8[19]-
Serenissimo Principe
Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi
dell’Eccelso Consiglio di Dieci
Parte Prima
Dest inata
l’o bbe di enza
Nostra
dall’Autorittà dell’Eccelso a pressiedere alle Minere tutte di questo Serenissimo Stato, ed a promovere singolarmente il lavoro di quelle situatte
nella Valle Imperina d’Agort, come patrimonio
imediato di Vostra Serenità, assai spiacevole ci
riesce il dover rassegnare a V.V. E.E. a riscontro
delle Nostre divote sollecitudini riguardo a queste
la notizia di un inaspettato successo, che per le
sue inevitabili conseguenze porge mottivo di
molti molesti pensieri, e necessita a pronti, ed
estraordinarj dispendj questa Pubblica Cassa.
Con lettera 27 dello scorso novembre
siamo stati avvertiti da quel pubblico Sopraintendente, che per un Vento sirocale scioltesi le Nevi
delle più alte adiacenti Montagne, queste hanno
prodotto eccedente e quasi improvvisa Brentana
nel torrente Imperina, che dà il nome appunto
alla Valle, e sotto il di cui Alveo sono situatte tutte le Pubbliche, e private Minere, e che l’Acque
trascorrendo furiosamente oltre l’aver rovesciati
varj Ponti, rotte alcune Strade, gettate a Terra
Fabriche, et altri lavori al giorno si erano introdotte anche ne’ sotterranei slogando Armature, e
portando terre, e ghiare ad ingombro de’ pubblici
e privati Stoli, o siano Strade comunicanti con le
Minere: Che dall’Acque stesse essendo stata indebolita, e sconcertata in parte un’Arca, cioè a
dire un grandioso sostegno, formato
d’incrocicchiati, ed inchiodati Legnami ché nella
Minera de N.N. H.H. Gritti, questa minacciava
d’iminente, e quasi irreparabile rovina, La quale
succedendo avrebbe inevitabilmente portato seco il tottal precipizio di altra sopraposta Minera di
ragione del N.H. Brandolin, e prodotte allagazioni, ed otturamenti nei lavori bassi del pubblico,
disordini tutti gravissimi, al pronto riparo de’ quali
quantunque per le Leggi, Capitoli Minerali, e rissoluti Proclami dovessero considerarsi, e venir
efficacemente obligatti li Particolari Mineranti di
concorrere e le loro respettive porzioni l’urgenza
però delle circostanze per il pubblico interesse
necessitano la Nostra providenza a somministrar
li mezzi necessarj con tutta la possibile sollecitudine a scanso di mali, e pregiudicj maggiori.
Inteso dall’attenzion Nostra con grave
senso il disgustoso raguaglio si siamo apigliati al
più pronto rimedio coll’ordinar al Sopraintendente
di prestarsi al riparo de’ Stoli, ed allo sgombro
de’ transiti necessarj per la continuazione delle
pubbliche sotterranee escavazioni, e Minerali la-
vori, dalla sussistenza de’ quali dipende tutto il
prodotto. Nel tempo stesso fornindolo di qualche
summa di soldo, con cui suplire alle spese più
premurose, lo abbiamo incaricato di tener in separati registri tutte quelle, che appartener potessero alli privati Mineranti in via di Comparto o alla
loro respettiva specialità, e perchè non possa
d’alcuno di essi esser proffessata ignoranza ad
oggetto di sottrarsi dall’adempimento de’ loro doveri abbiamo segnata, e fatta prontamente intimare a tutti l’annessa Terminazione, con la quale
previa l’esposizione delle cose accadute vengono eccittati a prontamente prestarsi a quanto loro
conviene, con la espressa dichiarazione in caso
di rittardo, che verrà suplito con la pubblica Cassa, alla quale dovranno soddisfare inmancabilmente quanto saranno appostati debitori. Inoltre
abbiamo ordinato allo stesso Sopraintendente in
Agort di tenerci diligentemente raguagliati di tutto
ciò andasse succedendo, e d’indicarci le operazioni, e le spese, che gli comparissero indispensabili da incontrarsi a rimedio de’ succeduti sconcerti.
Corrispondendo egli infatti pienamente
agl’ordini Nostri, con altra sua Lettera del caduto
11 Dicembre, nel mentre si assicura attrovarsi
già repristinati tutti li pubblici lavori, ed esser tolto
per tal parte il pericolo di ulteriori discapiti; passando a parlar de’ ripari occorrenti restringe le
proprie considerazioni a due principali fatture. La
prima di rifformar il Suolo di legname, o sia far
una Impianizata sotto l’Alveo dell’Imperina ed
assicurarne pur con Legnami le sponde affinchè
l’Acque, che scorrono sopra le Minere, e singolarmente sopra la Minera Gritti vengano impedite
il più, che sia possibile, di filtrare nella medesima, e di sconettere le legature de’ Stratti mettalici dà quali è sostenuta, operazione per la quale
Egli calcola occorrente la spesa di piccoli 5000
all’incirca [dal 1455 in poi, il ducato d'oro veneziano (3,559 gr di oro fino, identico al ducato di
Firenze) venne chiamato zecchino, ed equivaleva a 124 denari d'argento piccoli (o bagattini).
N.D.R.]. La seconda di aprir un Fosso per cui poter far discendere nella Minera stessa Terre, e
Sassi ad oggetto di empirla, e prevenir il precipizio tottale della medesima con il dispendio però
di piccoli 3000 all’incirca, summe ambedue impossibili da suplirsi in presente attese le ristrettissime forze di questa Cassa.
►►
- 9[19] -
Una tanto spiacevole verità quantunque
possa credersi bastantemente nota a cadauno di
V.V. E.E. per l’universal cognizione dell’estreme
rovine, ed allagazioni successe nelle Minere
d’Agort già varj anni; per li sommi travagli, e dispendj sofferti per ricuperarle con quantità estraordinaria di Canoppi; e per sostenerne il lavoro in
mezzo alle carestie che aflissero in questi ultimi
anni tutta la Terra Ferma, pure riconosciamo,
che per esattamente dimostrare l’impotenza della Cassa di reggere al pronto esborso sopraccennato sarebbe doveroso all’esattezza, e dipendenza Nostra il rassegnare un’accurato, e dimostrativo Billancio; ma la di lui formazione seco
portando non brevi esami, e confronti ci obligarebbe ad impiegare per esso quel tempo, che
non ci viene accordato dalla pressura del suindicato bisogno. Determinati già di adempire a questo obligo Nostro con tutta la maggior possibile
diligenza, e sollecitudine subito, che le circostanze ce lo permettano per un preciso desiderio, che lo stato della Cassa, e tutte le direzioni
Nostre sieno a piena cognizione di V.V. E.E., e
vengano sempre guidate, ed avalorate dalla Loro
Sapienza, ed Autorittà, siamo spinti per ora dalla
necessità a rassegnarsi prontamente ad implorare quel provedimento, che rendosi indispensabile.
Abbenchè sia certo, che la spesa relattiva alla Minera Gritti doverà cadere a peso de’
N.N.H.H. Proprietarj, e che l’altra della impianizata dovrà esser ripartita giusto il solito per comparto, cioè un quarto per conto Pubblico e li altri
tre quarti divisi sopra li Mineranti privati, riguardo
a quali in caso di alcuna recredenza, Noi appoggiando alle Leggi Minerali, e pubblicati rissoluti
Proclami si faremo dovere di rassegnarne la notizia all’Eccelso, ed implorare il forte bracio della
sua Autorittà per costringerli all’adempimento
degl’oblighi loro; pure da essi potrà bensì conseguirsi quella porzione di risarcimento
all’incontrato dispendio, che verrà qualificata loro
incombente, ma non è sperabile di ritrarre quel
pronto sovvenimento, ch’esigono le urgenze presenti.
In tali angustie versando il dover Nostro
impegnato a rintracciar mezzi co’ quali poter accorrere alle dette necessarie operazioni, crediamo di accennare su l’esempio dè casi consimili,
che se venisse permesso dall’Autorittà
dell’Eccelso a questo Magistrato di prender a Livello francabile la detta summa di piccoli 8000
(V.C.?), Noi s’industriaressimo per ritrovarla nei
modi, e con le condizioni stesse, che furono prescritte nelli Decreti 22 Dicembre 1774 per la
summa di piccoli 10000, e con altro Decreto 14
Maggio 1783, per altri piccoli 6000, fissando il
pagamento del Prò annuo al 4 %, e non più, ed
assegnando a cauzione del Capitale la rendita
delle Decime Minerali, che come pubblico pro-
dotto annuo certo, ed affatto separato
dall’Azienda Minerale viene tenuto in separato
maneggio.
Fù avantaggiata questa rendita dal zelo
dè Precedenti Nostri coll’accordare in Partito
l’esazione delle Decime Minerali di alcuni Territori della Terra Ferma, li quali per la trascuranza
dè respettivi Vicarj corrispondevano annualmente tenuissime summe, e per effetto dè stabiliti
contratti entrarono in Cassa nell’anno scorso piccoli 3667,16 (V:C:?), summa maggiore di quanto
era solito di riscuottersi quando anche li soli N.N.
H.H. Crotta in qualità di Mineranti in Agort contribuivano annualmente piccoli 1300 (V:C:?), pagamento, che hanno lasciato di corrispondere
d’alcuni anni addietro.
Sorpassando l’annuo ingresso di questa
Cassa li naturali suoi pesi, cosichè nell’anno passato ha potuto contribuire p 1133,22 (ViPi:?) a
suffraggio dè bisogni della Minera, ci comparisce
atta a formare la proposta garantia a chi concoresse a somministrarci l’indicata summa; potendo inoltre assicurare, che quando questo Eccelso Consiglio sostenendo con fermezza le replicate Leggi, e la Sovrana sua volontà espressa anche nel recente Decreto 5 Luglio 1785 si compiaccia di rigettare le irragionevoli instanze dè
Contribuenti dirette al solo oggetto di sottrarsi dal
pagamento di questa quanto tenue altrettanto
giusta gravezza innegabile al Diritto Reggio del
Principato, e si compiaccia pure di prestarci facoltà sufficiente per sottometterli ad una regolar
disciplina, si accrescerà di molto, e che
dall’intiera scossione risulterà un’annua summa
di Rendita certa e forse capace di riparare le
conseguenze del presente troppo fatale inaspettato dispendio.
Rassegnate all’E.E.V.V. con la possibile
precisione, e schiettezza le vicende trà le quali si
trova involta la Nostra dipendenza nell’esercizio
delle incombenze addossateci, ed umiliato quel
ripiego, che con la scorta dè casi passati ci sembra più addattabile alle circostanze presenti, sarà
della Loro Autorittà e Sapienza il determinar tuttociò, che crederanno più conferente al miglior
pubblico interesse, e servizio, volendo esser certe, che per parte Nostra non ometteremo le più
assidue applicazioni e fattiche per procurare, e
promuovere per tutti li mezzi possibili il pubblico
risparmio, e vantaggio nell’esatto adempimento
delle loro venerabili prescrizioni. Grazie.
Dato Dal Magistrato
dè Deputati sopra le Minere
Li 10 Gennaro 1785
►►
- 10[19]-
Notiziario stampato in proprio
dal GRUPPO ARCA di Agordo
Sito internet: www.archeoagordo.it
Serenissimo Principe
Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi
dell’Eccelso Consiglio di Dieci
Parte Seconda
Le rovine, e sconvolgimenti accaduti nelle invitato in piu tempi il desiderio di aumentare le
minere di Agort, a V.V.E.E. ben noti, cangiato proprie fortune al minerale travaglio. Le vicende
avendo di aspetto quelle sotterranee escavazio- del tempo, e de’ governi, le irruzioni dell’acque,
ni, e lo stato qualunque fosse di minerale econo- le guerre chiusero di quando in quando la via al
mia, e disciplina, hanno determinato l’ossequiosa prosseguimento di quegli antichi lavori, delli quali
dipendenza di me Nicolò Zanchi Sopraintenden- a noi non rimane, che delle oscurissime traccie.
te a diferire l’offerta della seconda, e terza parte Dopo solo la lega di Cambrai, o sia nel Secolo
di relazione dovuta sopra la visita eseguita nel decimosesto si principiano ad avere de’ docupassato mese di ottobre. Sospesi li lavori che in menti sicuri delle escavazioni nella Valle Imperiallora venivano esercitati dalle acque ritrocesse na praticate da varj compartecipi, e precisamenper la caduta de’ Stoli riconobbi superflua, e fuori te da certa famiglia Pieroboni fattasi ricca col midi tempo la lor descrizione, attesocche anche gli nerale esercizio. Ha questa posseduto varie
oggetti di pubblico servizio, che aver dovevano in Cecche, o siano cave, dalle quali estraeva in abmira potevano essere forse sussetibili di que' bondanza il Rame, e l’aurifero argento che concambiamenti, e regolazioni, che la somma pene- segnava alla pubblica Zecca. Sembra incredibile
trazione di V.V. E.E. riconoscerà dipendenti dallo la disparità che passa dalli prodotti di allora a
sgombro delle acque, e dal lavoro, o abbandono quelli de’ giorni nostri.
delle minere delli N.N. H.H. Crotta; E siccome
►►
Eccellentissimi Signori io non cesserò di porgere
a pubblici riflessi nell’attuale sistema de’ lavori, di disciplina, e di metodo la indispensabile necessità
che alcuna di V.V. E.E. voglia assumersi il peso non lieve di una visita personale a quella situazione
montuosa, cosi credo piu consentaneo a lume anche di quelle osservazioni, e stabilimenti da praticarsi
sul luoco, ridurre questa seconda
parte ad un solo ristretto dettaglio
di quelle minere, ed alle considerazioni a cui, deve condurre conseguentemente lo Storico delle pasEntrando nella montagna ….
sate escavazioni.
È immemorabile il tempo che
abbiano avuto principio li minerali
esercizj nella Valle Imperina. Furono certamente Tedeschi li primi escavatori, che lasciorono a que’ minerali utensili le voci del loro linguaggio. Da alcune Gallerie formate a mano con lo scalpello eventualmente incontrate nel progresso
de’ lavori di V.V. E.E. si riconosce
che precedettoro l’invenzione della
polvere. Le varie piriti che si manifestano lungo la Valle medesima, la
situazione addattata a minerali lavori, le acque, li boschi, e quel non
so che di analogo, e comune con
altre Valli di minere fornite hanno
- 11[19]-
Tuttocchè in quei tempi il rame non si
vendesse che a soli Ducati cento circa il migliaro, e pochi fossero li lavoratori che venivano
impiegati, la maggior copia però di metallo che
producevano le istesse minerali materie e la
tenuità delle spese per l’escavazioni, e le fondite facevano preponderare rimarcabilmente le
utilità. Il Chisso che si estraeva in allora conteneva sette, otto, nove, e sino dieci libre di rame
per cento; il nostro in monte non giunse sin’ora
a fruttarne libre una ed un quarto.
Proseguirono li Pieroboni, il Molin, Navasa, Buratini, Semitecolo, Varotti et altri compartecipi quasi tutto il Secolo decimosesto le minerali estrazioni, interrotte, e sospese nel 1590 da
una spaventevole irruzione di acque, della quale se ne conserva ancora in quelle parti la tradizione funesta. Devastò tutto l’aspetto esteriore,
ed interno della Valle Imperina, asportò le Fucine, e le fabbriche, s’introdusse ne’ Pozzi, e vie
sotterranee, e fece precipitare quelle ricche Cave minerali, delle quali sin ora non se n’è scoperto alcun vestiggio.
L’improviso infortunio, li gravi dispendi,
che esigeva il ricupero delle perdute minere, e il
rifacimento delle fabbriche fodinali, la popolazione di quelle parti infinitamente minore in allora di quello sia a giorni nostri, l’uso di travagliare le rispettive minere con soli venti, o trenta Canoppi, la poca cognizione delle macchine idrauliche
disanimorono ciascheduno dalla
difficile impresa; le liti, e le discordie che anche prima si erano sussitate fra que’mineranti per confini,
per proprietà, per partizioni de’ minerali impedirono che tutti si uniscero a solievo de’ mali comuni.
Da quel tempo sino all’anno 1615
poche, e di nessuna conseguenza
furono in quella Valle le minerali
operazioni. È solo noto che un certo Pietro Angeli ha tentato nella
situazione detta di S. Giovanni
Battista alcuni lavori, che o fossero
mal diretti, o non potesse resistere
al necessario dispendio fu costretto di cedere, e abbandonare al
Sig. Filippo Crotta. Investito il Crotta nell’anno 1615 dal Generale Vicario delle minere, come averranno V.V. E.E. raccolto dalla prima
parte della presente divotissima
relazione, dovette anch’esso per
qualche spazio di tempo sofferire
delle spese eccedenti, che misero
in forse il proseguimento degli intrapresi lavori; ma avendo fortunatamente incontrato in ricco minera-
le di rame si risarsì ben presto, e con la nota abbondanza delle spese sofferte. La fama delle dovizie acquistate dalla Casa Eccellentissima Crotta
chiamò altri mineranti nella Valle Imperina, e svegliò anche l’avvedutezza dal Baron Castagna, sopra i cui suggerimenti l’Eccelso Consiglio dei Dieci
aveva instituito nel 1666 questo Eccellentissimo
Magistrato ad esibire alli benemeriti Precessori di
V.V. E.E. l’errezione di una minera in Agort per
conto pubblico con l’oggetto di riscatare le antiche
somerse minere, e precisamente quelle di argento. Con li lumi ritratti dalla virtu del N.H.E. Alvise
Sagredo Cavalier Deputato inviato espressamente
sul luoco, e con la scorta del Decreto 30 Luglio
1669 questo Eccellentissimo Magistrato intraprende nella Valle Imperina le pubbliche escavazioni
internandosi nel fine del Stolo S. Giovanni Battista
di ragione de N.N. H.H. Crotta sei passa discosto
dalla Cecca di detto nome, dove con un giro di
passi dieci principia la pubblica Cecca Santissimo
Nome di Dio.
Io mi arresto a quest’epoca. Li progressi de’
pubblici Lavori, e le loro vicende sono già noti abbastanza con le Terminazioni di questo Eccellentissimo Magistrato che ne precettorono gli andamenti, e con le relazioni de’ ministri di quando in
quando spediti alla visita delle pubbliche operazioni.
►►
- 12[19]-
La miniera rossa di San Nicola
Apparisce dalla umiliata descrizione che
la Valle Imperina sia stata capace in piu tempi di
ben molte minere, pure Eccellentissimi Signori
le minere antiche, quelle de’ Pieroboni, Varotti,
ed altri, le posteriori dei Crotta, Fulcis, Brandolini, Gritti, Pizzini, la pubblica stessa non sono altro che una sola minera. L’imenso cumulo minerale colocato fra li due monti Lesta, o sia montagna bianca, e di Riva soministrò largamente minerali materie a tutte le escavazioni antiche, e
moderne. Chiunque ha osato di perforare in Valle Imperina per alcuni passi la superfizie della
terra ha sempre incontrato ora piu ora meno
profondamente nel cumulo minerale secondo il
declive della Valle, o la naturale inclinazione del
cumulo. Nulla ostante però a tante escavazioni
praticate da Secoli se si potesse vedere allo
scoperto quel masso enorme di minerali materie
sembrerebbe forse ancora illeso e non tocco.
Perche V.V. E.E. possino formarsi una
breve idea di questo cumulo degnino
Carrettieri all’uscita della miniera
d’imaginarsi un vacuo irregolare fra due alti monti
ranchiuso lungo, e profondo più miglia tutto riempito poi di minerali materie meschiate di parti terrestri, sulfuree, e metaliche, ora ricche di metallo,
e di Solfo, ora di solo Solfo con poco metallo, coperte queste da una superfizie di nuda pietra inegualmente profonda; Aggiungasi che a questo
detto cumulo sono ignoti ancora da tutte le parti i
confini, che ad esso l’escavazioni passate non
insultorono poco piu che la sola corteccia; Che li
soli N.N. H.H. Crotta ardirono di profondare l'escavazioni indubitatamente piu di tutti gli antichi,
e anche queste per soli passi 75 nel breve circuito di passi cento circa, e si approssimeranno V.V.
E.E. con l’imaginazione quanto è possibile al vero.
Se la cognizione del cumulo d’Agort conduce a ravvisare con sentimento di compiacenza la
immensità delle minerali materie ancora rinserrate nella Valle Imperina, quella delle cose passate
fa riconoscere con quanta imperizia siano stati
progettati, e progrediti in
essa Valle li pubblici Lavori. Questi dovevano aver in mira principalmente
due
oggetti;
cioè
l’istituzione di una minera,
e la ricerca delle perdute
vene
argentose.
L’ingresso fatto nel cumulo per lo Stolo di S.
Giovanni
Battista,
l’escavazione della pubblica Cecca Santissimo
Nome di Dio attaccata a
quella di S.Giovanni Battista de’ N.N. H.H. Crotta,
nessuna previsione alle
cose avvenire, nessun
provedimento o riparo,
dimostrano che il Baron
Castagna non ha conosciuti l’estenzione del minerale d’Agort e non ha
mai pensato ad altri profitti, che a quelli della giornata; e tuttocchè l’Eccelso
Consiglio con sue provvide leggi abbia tutta risservata la Valle Imperina per
conto pubblico, nulladimeno le pubbliche escavazioni rimasero sempre
liggie, e precarie a quelle
dei Crotta come pur troppo gli esempi del 1738, e
le correnti disavventure
ce ne rendono una indubitabile testimonianza. ►►
- 13[19]-
E non furono nemeno lodevolmente diretti quei primi passi alla scoperta delle antiche
vene argentose. Nessun ragionevole raziocinio
può aver condotto l’accortezza del Baron Castagna nel bujo de’ sotterranei dei Crotta, la vicina origine de’ quali doveva esser nota in allora anche piu che in presente, se non che forse
come ho detto di sopra il solo meschino oggetto
delle utilità del presente, o la facilità di escavare
minerali materie già ritrovate dai Crotta.
Tutti gli antichi documenti fanno dessumere, che esse argentose minere furono superiori di molto alla situazione dove si confidava
incontrarle; Lo dimostrano piu chiaramente alcuni Stoli scoperti al giorno per li quali scorrer
dovevano le acque delli superiori lavori, la certezza che le fabbriche fodinali erano situate a
vicenda tanto nella Valle Imperina, come nella
opposta Valle di Tiser, che è una continuazione
della stessa Valle Imperina, e maggiormente la
natura del minerale, che si escava sempre spoglio di parti argentose. Se si avessero esaminati
piu accuratamente gl’indizj che tutt’ora appariscono, e le antiche notizie non sarebbe trascorso un secolo, e piu senza averle incontrate.
L’ossequioso tributo che a V.V. E.E. offerisco de’ miei pensamenti sopra le operazioni
trascorse appoggiato a cose di fatto, ed a notiArricchimento del minerale
zie con somma fatica raccolte se giunge a persuadere degli abbagli corsi nella direzione di que’ cavamenti potrà conseguentemente far ravvisare la
somma necessità di un sopraluoco, affinchè siano
una volta ridotte a coltura con viste piu estese le
minere d’Agort su l’esempio delle nazioni maestre,
e con la mira di perpetuarne, ed accrescerne le
utilità. Con questa rassegnatissima confidanza
oserò di sottoponere alle Sapienti meditazioni
di quello fra V.V.E.E. che verrà destinato alla
incomoda visita quattro soli esenzialissimi esami,
sicuro che le altre non meno necessarie adiacenze saranno dalla sua penetrazione riconosciute, e
ridotte egualmente a pubblica utilità.
Primo. Se la formazione di un Pozzo capitale, del quale sono mancanti le minere di Agort
possa far riconoscere la profondità di quel cumulo,
investigarne le piu ricche materie minerali, ridure
meno costosa la traduzione delle stesse al giorno,
e presidiare li pubblici lavori dalle troppo facili inondazioni.
Secondo. Se l’importante ricerca delle vene
argentose si possa ottenere con altri principj, per
una strada piu corta, piu facile, e piu sicura, e forse col mezzo del suddetto Pozzo Capitale.
Terzo. Se dallo scioglimento della insolidazione de’ Canoppi, e de’ Saiberi dalla umiltà mia
progettato con scrittura de’ dì 12 Gennaio 1773 la
mineral disciplina possa essere ridotta
capace di quelle correzioni, ed economie umilmente esposte in essa scrittura,
e che verranno riconosciute sul luoco
del pubblico immediato interesse.
Quarto. Se dipendendo la continuazione de’ minerali lavori dalla susistenza de’ Stoli, che portano al giorno le
acque sotterranee, e particolarmente da
quello di S.Francesco di ragione de’ N.
N. H.H. Crotta giovi alla pubblica auttorità ne’ modi piu cauti assumerne il peso
del loro importantissimo mantenimento,
o precettarlo con tutto il vigore a rispettivi mineranti.
L’apparato di queste proposizioni
potrebbe forse atterire il desiderio di vederle eseguite per li dispendi che sembrano, e sono anzi indispensabili a tutte;
pure Eccellentissimi Signori siccome
tutte solo col tempo, e gradatamente
sono eseguibili, così potrei assicurare
V.V. E.E. che non saranno esse in nessun modo estraordinariamente sensibili
alla pubblica economia, e tanto meno
quanto siano per rissultare proficue le
operazioni di fondita eseguite col metodo dal fervoroso mio impegno umilmente proposto, e che forma il breve argomento della terza parte di questa divotissima relazione.
►►
- 14[19]-
Serenissimo Principe
Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi
dell’Eccelso Consiglio di Dieci
Parte Terza
Accolte da questo Eccellentissimo Magistrato con generoso compatimento le operazioni
dalla mia tenuità eseguite con il nuovo imaginato
metodo di calcinazione, e di fondita descritto dalle mie relazioni, e precisamente da quella umiliata li 26 Agosto passato degnorono V.V. E.E.
commettermi con loro venerata Terminazione 28
settembre susseguente di praticare nelli quattro
mesi di Novembre, Dicembre, Gennaio, e Febbraio ultimamente decorsi un nuovo piu esteso
esperimento che acertar maggiomente dovesse
la pubblica espettazione, e togliere qualunque
dubbietà od ecquivoco che per avventura nelle
passate esperienze fosse inavertentemente accaduto.
Prescrissero in pari tempo alla mia rassegnata obbedienza di estraere a tal fine dalle cento e ottanta misure, che giornalmente vengono
escavate quella quantità che sufficiente fosse
riconosciuta al mantenimento delle fondite nel
nuovo forno per il corso de’ quattro suddetti mesi
con positiva commissione di tenere esatto registro della summa di misure impiegate delle spese che occorreranno, e delli prodotti che venissero a risultare per dover essere questo rassegnato a lume delle pubbliche meditazioni.
Pervenne al Magistrato di V.V. E.E. con
foglio del loro sopraintendente d’Agort 15 Aprile
cadente il conto delle misure di Chisso che furono travagliate col nuovo metodo nel prescritto
periodo, dal quale si rilevano le spese incontrate
nella calcinazione, e fondita delle materie et affinaggio delli prodotti, come pure la summa totale
de’ rami ricavati, e trasmessi a V.V.E.E. a cui
l’umiltà mia non aggiunge a piu chiaro pubblico
lume che alcune brevi osservazioni, e confronti.
Tremille settecento ottanta misure di minerali non scielte materie passorono adunque co’
nuovi metodi alla calcinazione, e successivo processo di fondita ne’ quattro prescritti mesi, e queste produssero (libbre?) 26540 rame tutto di vena, compresa, e valutata in essa summa quella
porzione di Stoni, e Scorie naturali, e indispensabili nell’ultima fondita, e raffinazione.
Unindo alla summa di spese occorse
nell’accennata fusione anche l’importo della escavazione, e traduzione delle minerali materie
impiegate ammonta il risultato delle spese tutte a
(zecchini?) 19689:19 vale a dire il rame fabbricato in summa di (libbre?) 26540 ha costato per le
spese di escavazione, e di fondita in ragione di
(zecchini?) 742.17 il migliaro [di libbre?].
Due precisi impegni la mia devozione si è
assunto con questo Eccellentissimo Magistrato
nella scrittura rassegnata li 26 Agosto passato,
e sono:
Il Primo. Che per qualunque evento le minerali materie che giornalmente si estraggono
dalle pubbliche minere della Valle Imperina in
summa di misure 43000 all’anno, travagliate, che
siano con le operazioni del nuovo metodo dovranno fruttare almeno duecento migliara di rame tutto di vena e di una perfezione piu ricercata
in luoco di soli cento migliara di rame metà di Vena, e metà di Estrazione, che al piu possono
somministrare le istesse materie maneggiate co’
metodi antichi.
Il Secondo, che per la formazione de’ promessi migliara duecento di rame di vena all’anno
le spese in monte della escavazione, e fondita
delle minerali materie non dovranno oltrepassare
la summa di lire 170400, cioè lire 852 per ogni
migliaro di rame raffinato, come suplico V.V. E.E.
aver la toleranza di riscontrare nella accennata
relazione 26 Agosto, e nelli accompagnati conteggi.
Non dovendo io per nessun modo abusarmi della pubblica sofferenza col rispettare le cose
in essa relazione enunziate accennerò soltanto
che l’eseguito esperimento superò di gran lunga
le mie promesse ed impegni.
Ricavatesi (libbre?) 26540 di rame con sole misure 3780 l’annuo prodotto adunque sopra
le misure 43000 annuali data una medesima
qualità di materie dovrebbe ascendere almeno a
migliara 300 di rame, cioè a cento migliara di piu
di quello esposi in allora, e in conseguenza
l’annua utilità per la minorazione della spesa in
aumento del prodotto ammonterebbe a circa Ducati 50 mila in luoco delli predetti 26 mila che
dalla esitata relazione, e conteggi evidentemente
risultano, e questa summa ritratta intieramente
oltre a quanto si possa attendere nell’attuale stato di cose con l’uso delli soliti metodi.
►►
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Ommetto qualunque altra rissultanza e
confronto. E’ così grande la disparità che passa
fra un metodo all’altro che la nuda dichiarazione
de’ fatti deve essere bastante a farne riconoscere la sproporzione. Per comprovare però quanto
è possibile l’ingenuità delle mie esposizioni chiamo V.V. E.E. a riflettere, che questo esperimento
di una sola duodecima parte delle annuali materie giungerà forse a far argine alle eccedenti, ed
estraordinarie spese sofferte per le note disgrazie ne’ sotterranei, ed al gravoso non solito prezzo de’ Sorghi ed altri commestibili, e merci tutte
accresciute di prezzo.
Che questa è la quarta volta che esso dal
fervoroso mio impegno a pubblica maggiore sicurezza venne ripetuto, e corrispose in ognuna
egualmente, ed a proporzione o della qualità delle materie o delle cognizioni, e diligenze che andavano acquistando quegli Operari con
l’esercizio delle nuove operazioni, e che finalmente se non fossi con tutta l’imaginabile persuasione e certezza convinto degli avvantaggi
che devono risultare dall’accettazione del nuovo
metodo non ardirei di suplicare con tanta costan-
za questo Eccellentissimo Magistrato a volerne
riconoscere sopra luoco le operazioni, le spese,
le risultanze, e i profitti.
Rinovo alla memoria di V.V. E.E. che non
sono eseguibili per intiero detti nuovi metodi, ne’
in conseguenza ottenibili le dimostrate utilità senza l’errezione indispensabile delle fabbriche dichiarite con la sopradetta mia relazione.
Se agli avvantaggi, che si possono attendere dalle sole nuove operazioni di fondita si aggiungessero quelli del processo di Pista, e lavatura delle materie che si rigettano altre volte sottoposto alle pubbliche considerazioni, quelli che
devono derivare dalla regolazione del montanistico, e disciplina, come pure l’aumento di prezzo
che si potrebbero esitare li vetrioli fabbricati della
nuova purissima qualità rassegnata con la piu
volte menzionata relazione 26 Agosto passato,
oserei di confidare che questo Eccellentissimo
Magistrato si mettesse in grado di somministrare
ben presto alle pubbliche esigenze delli non tenui
sovvenimenti.
Languiranno però sempre tutte queste
speranze, se non siano animate da un pubblico
sopraluoco. Lo esigono le
sopresse ma non estinte
vertenze con la casa Eccellentissima
Crotta,
l’esposto stato di que’ sotterranei, la mineral disciplina, il riscontro di muovi
metodi, le fabbriche da
errigersi, l’esame de boschi che devono somministrare alimento a tante
operazioni, e vivamente lo
impetra l’ossequiosa mia
suddita rassegnazione.
Grazie.
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Carbonaia e lavoro dei Carbonai
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