Professor Malo, Lei è autore del libro Uomo o donna. Una differenza che conta edito da Vita e Pensiero: come può esserci d'aiuto l’antropologia filosofica nel ripensare la sessualità umana?
Forse non tutti sono d’accordo con il fatto che si debba ripensare la sessualità umana, perché, per alcuni, disponiamo di molte informazioni a questo argomento, più di quante se ne abbiano avute in altre epoche della Storia. Altri invece pensano che ciò che può dire la scienza non dovrebbe influire sul nostro modo di rapportarci con la nostra sessualità. Invece, io la penso come Lei: ripensare la sessualità umana è oggi una priorità che non ammette più nessun rimando, perché dobbiamo dare risposta alle sfide che ci vengono dalle biotecnologie, dalle mode sociali, dalle leggi e, soprattutto, da una mentalità dominante che vede il sesso come un’attività al servizio del piacere, di un benessere affettivo, o anche come un semplice gioco, carente di uno specifico senso umano da scoprire.
In questo senso, i risultati delle scienze sono importanti; perché, come direbbe Heidegger, ci danno da pensare. Infatti, come sappiamo attraverso alcune scienze sperimentali, come la biologia, l'etologia, la psicologia e le neuroscienze, la sessualità umana anche se è analoga a quella animale si differenzia da quest’ultima per una serie di caratteristiche: la prima è il fatto che la nostra sessualità è svincolata dall’istinto sessuale dai cicli naturali; la seconda consiste nella cosiddetta nascita “prematura” dei piccoli, i quali richiedono maggiori cure da parte di entrambi i genitori; la terza è un minore dimorfismo sessuale, per esempio rispetto alle scimmie tra le quali il maschio dominante possiede un harem di femmine che deve proteggere di fronte agli altri maschi del gruppo; in ultimo la tendenza a creare un legame affettivo con la prole, e la tendenza a proteggere i figli, quantomeno da piccoli...
Si tratta, però, di elementi caratterizzanti della sessualità umana, non della sua essenza. Perciò, quando queste discipline presentano i loro dati come se essi soli costituissero l’elemento differenziale, commettono l’errore di prendere una parte per il tutto. La realtà della sessualità umana si trova invece al di là dei dati, delle categorie, dei metodi e dalle prospettive e il suo senso non può essere esaurito dalle scienze, perché la sua natura non è limitabile ad un oggetto o ad un metodo determinati. La sessualità, in quanto realtà personale e relazionale, è transdisciplinare. Le scienze esperimentali e umanistiche possono coglierne aspetti determinati. Ad esempio, la biologia, ne coglie la scomparsa dell’estro nelle femmine; la fisiologia e le neuroscienze, il dimorfismo organico, ormonale e cerebrale; l’etologia e la sociologia, il dimorfismo comportamentale; la psicologia, il desiderio erotico e l’affinità emotiva; l’antropologia culturale, l’etica e la religione, l’amore, il matrimonio e la famiglia… C’è bisogno, però, di una visione sistemica, che solo l’antropologia è capace di offrire perché essa studia la persona umana, in quanto tale: il suo essere, l’agire e relazioni come costitutivi essenziali. Ad esempio, nell’istituzione familiare l’antropologia filosofica scopre non solo i divieti e i sistemi di parentela, o i rapporti di potere fra i loro membri, ma l’insieme sistemico di desideri, affetti, ruoli, generatività, e logica del dono che — con parole del Rabbino Sacks — conferiscono alla sessualità «un volto umano, il volto dell'amore»
L’antropologia filosofica fa capire così che la sessualità umana è una struttura complessa, che si è costituita attraverso un lungo processo sia di ominazione, mediante la riduzione del dimorfismo comportamentale di maschi e femmine e il divieto dell’incesto, sia, soprattutto, di umanizzazione, mediante la particolare relazione di cura fra maschi e femmine, genitori e figli, fratelli e sorelle. Soltanto gli esseri umani, infatti, sono capaci, di adottare il punto di vista dell’altro, e così possono interpretarsi e aiutare i piccoli a comunicare i loro bisogni, sentimenti, pensieri e volizioni. Questa relazione di cura, sebbene sia inizialmente legata all’altro sesso e ai familiari, si estende poi ad ogni tipo di persona, alle cose che si possiedono e si usano, e agli altri viventi. Insomma la cura, oltre ad umanizzare la sessualità, diventa il principale collante delle relazioni personali.
In che modo la dimensione relazionale della differenza uomo-donna può offrirne una chiave di comprensione?
Essere uomo o donna, oltre a costituire l’elemento più originario dell’identità personale, è la relazione fondante dell’esistenza umana. Per questo ho introdotto il concetto di “condizione sessuata”. Infatti, ogni persona, in quanto umana, è originariamente sessuata, cioè in una relazione strutturale con le persone dell’altro sesso: è maschile rispetto alla persona femminile o femminile rispetto alla persona maschile, e perciò essa può sentirsi attratta dall’altro sesso. Per questo stesso fatto, lungi dall’essere causato da una mancanza, come nel mito platonico, il desiderio dell’uomo verso la donna e, viceversa, della donna verso l’uomo, è originato dal bene che l’uno scopre nell’altra e che, nella reciprocità, conferma la bontà propria: l’uomo si scopre buono perché amato dalla donna e viceversa e, proprio perciò, ognuno si concepisce come un dono per l’altro. Nello scambio del dono di sé, l’uomo e la donna scoprono con più profondità le loro identità e differenze, le quali continuano a svilupparsi, mediante ulteriori relazioni come quella di marito-moglie, di padre-madre, di nonno-nonna, ecc.
Certamente, anche le funzioni sociali servono a configurare le identità dell’uomo e della donna, perché esse non sono puramente arbitrarie ma rispecchiano, in qualche misura, i due modi di essere. Infatti, anche se i ruoli sociali dell’uomo e della donna ‒ a differenza della sponsalità e della genitorialità ‒ non devono essere considerate irreversibilmente vincolate alla genetica, essi continuano ad produrre differenze reciproche: tutto ciò che diciamo delle persone di un sesso lo possiamo dire delle persone dell’altro in modo reciproco. Ciò significa che c’è un modo di occuparsi della casa, di educare i figli, di lavorare… maschile ed un altro femminile, e c’è più una differenza sociale pattuita che non stabilita dalla genetica o dalle caratteristiche morfologiche dei sessi. Oggi ci è del tutto evidente che una tale reciprocità deve essere non solo frutto di logos, ma di dia-logos, cioè del mettersi d’accordo sulla divisione dei compiti, poiché, senza l’ascolto dell’altro, non c’è comprensione, e senza comprensione non c’è amore. E l’amore, come abbiamo visto, dovrebbe trovarsi sempre all’inizio e dovrebbe essere la finalità delle nostre relazioni. Nel mio libro considero che sia questa la base della reciprocità fra uomo e donna e, in generale, fra le persone: il dialogo in cui ognuno riconosce l’altro come ugualmente necessario per la costruzione di un rapporto di coppia, di famiglia, di comunità e di società più umani. Quindi, contrariamente a quanto sostenuto da un certo femminismo radicale, io considero che la differenza sessuale abbia una grande importanza sociale.
Quali aspetti include la condizione sessuata?
Proprio perché fa riferimento sia all’identità sia alle relazioni personale, la condizione sessuata non lascia fuori di sé nulla che appartenga all’essenza umana: né nella sua composizione strutturale di corpo-psiche-spirito né nell’armonizzazione delle diverse facoltà nell’azione e neppure nel rapporto della persona con gli altri e con il mondo, soprattutto mediante il dono di sé e la cura dell’altro.
Tuttavia, volendo essere più concreti, la condizione sessuata tiene conto, in primo luogo, della differenza sessuale, che è biologica, psichica, sociale ‒ comunicativa e di ruolo ‒, e culturale, ossia costituita dai valori e dai modelli comportamentali; in secondo luogo, tiene conto del modo personale di integrare la sessualità mediante lo scambio di doni maschili e femminili nella famiglia e nella società, e la loro reciprocità nelle relazioni e nei ruoli sociali. Perciò, quando si analizza la condizione sessuata, si scopre che l’inclinazione fisica e psichica verso l’altro sesso si trasforma in desiderio dell’altro, la capacità riproduttiva di altri individui della specie si trasforma in generazione di figli, e la relazione sessuale fra maschio e femmina si configura in matrimonio e famiglia. In tal modo, possiamo dire che ogni condizione sessuata si rafforza in ciò che le appartiene come proprietà essenziale – come essere figlio/figlia, fratello/sorella, amico/amica, marito/moglie, padre/madre…– senza per questo disprezzare o invidiare l’altra condizione sessuata. Purtroppo, in questi ultimi cinquant’anni di Storia, abbiamo potuto costatare che il disprezzo o l’invidia della diversa condizione sessuata porta ad un’imitazione dell’altro sesso nelle sue forme più degradanti, come il narcisismo maschile o l’esibizionismo femminile, e, alla fine, alla decostruzione della condizione sessuata in se stessa.
D’altro canto, l’analisi della condizione sessuata permette di conoscere le relazioni che una persona può stabilire in virtù del suo essere uomo o donna, e i diritti e i doveri corrispondenti. La cultura può rafforzare o indebolire le differenze tra i sessi, ma non potrà ridurle a una massa amorfa e neutra. Infatti, solo se c’è dualità è possibile l’incontro e l’unione feconda dei corpi; e solo quando c’è unione coniugale esiste la famiglia e solo nella famiglia il figlio o la figlia sono considerati persone e non semplici oggetti da produrre, acquistare e vendere.
In che modo le attuali concezioni naturalistiche e postmoderne della sessualità ne minano e stravolgono la natura profonda?
Potrebbe sembrare che la visione naturalistica e quella postmoderna della sessualità si oppongano frontalmente. In parte è così, ma in parte questi due estremi nel modo di concepire la sessualità si sovrappongono. Nel mio libro cerco di mostrare che la visione postmoderna della sessualità è un insieme di fenomeni caotici: desideri, sentimenti, pratiche arbitrarie e legami frutto di fantasie e desideri bizzarri che si alternano con una concezione della sessualità come puro istinto che produce comportamenti necessari. Ciò si osserva, ad esempio, nella polemica infinita sull’origine genetica o sociale dell’omosessualità e del lesbismo.
Anche se potrebbe sembrare strano, in realtà il dualismo postmoderno e il monismo naturalistico coincidono in un punto centrale: considerando la sessualità come una dimensione che concerne solo il corpo, entrambe le posizioni credono che la sessualità non abbia rilevanza personale. Perciò, invece di considerarla come una realtà che desta meraviglia in quanto è l’origine dalla quale tutti quanti proveniamo (per lo meno, fino adesso), fanno della condizione sessuata una situazione banale o abbrutente… Alla fine, rimane solo la nostalgia di qualcosa che ci appartiene e a cui aspiriamo, ma che ormai non siamo più capaci di ritrovare.
Penso che solo il rinvio continuo della sessualità all’origine delle persone e delle loro relazioni e, di conseguenza, di quanto in noi è umano, permetta di uscire dalle secche dell’attuale dibattito, che rimane incagliato fra l'acquiescenza più o meno totale alla cultura trasgressiva dominante, e le sterili polemiche su ciò che nella sessualità umana e nel modo viverla sia naturale o culturale perché nella sessualità — come in tutto ciò che è umano — tutto è nel contempo naturale e culturale.
Ritengo che il modo di raggiungere la propria identità non dovrebbe consistere nel de-costruire le differenze maschili e femminili per poi ricostruirle secondo mutevoli determinazioni arbitrarie, ma piuttosto nel riconoscerle e coltivarle con libertà e impegno, distinguendo tra differenze reali e stereotipi. Molti stereotipi stanno crollando o sono già crollati, e questo è un momento affascinante in cui ciascuno può scoprire il modo di essere uomo o donna che gli corrisponde. Forse questo è l’aspetto carente più appariscente di alcune teorie di genere: invece di valorizzare la nuova libertà di cui godiamo per poter declinare in modo del tutto personale la condizione sessuata maschile o femminile – cioè il nostro modo personalissimo di essere uomini e donne – tengono conto delle differenze solo per combatterle, con un sentimento misto di amore e odio. Se la storia, piena di abusi e di arroganza maschile, sembra offrire molte giustificazioni a questo atteggiamento, tuttavia, non credo che possa essere una ragione sufficiente per trasformare un’ingiustizia antica in nuove e forse ancor più gravi ingiustizie. Penso invece che se riusciamo a riscoprire la bellezza della differenza fra l’uomo e la donna, come pure quella racchiusa nel matrimonio e nella generazione, potremo continuare a scrivere un’altra pagina, nuova, della meravigliosa storia dell’amore, fatta di luci e di ombre, ma anche di speranza e di futuro.