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Il volume è stato pubblicato con il contributo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e del Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche dell’Università degli Studi di Trento Elaborato e preparato per la stampa con OpenOffice.org 1.1.4 © 2005 Libreria Musicale Italiana Lim srl, via di Arsina 296/f, I-55100 Lucca, P.O.Box 198 lim@lim.it www.lim.it ISBN 88-7096-**** LUCA CONTI SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA IL MICROTONALISMO IN NORD AMERICA (1900-1940) Libreria Musicale Italiana A mis amigos en Puebla: David Carretero, Aurelio Fernández, Lisa, Luisa, Valentín y Valentina Fuentes, Sebastián Gatti, Ricardo Vasconcelos. SOMMARIO Ringraziamenti IX 1. Introduzione 3 2. Il quadro teorico di riferimento 21 3. Il microtonalismo negli Stati Uniti fino al 1940 3.1. Il microtonalismo tecnologico 3.2. Busoni e altri proto-microtonalisti 3.3. L’ambiente newyorkese 3.4. Le prime composizioni con microtoni negli USA 3.5. Cowell 3.6. Le esperienze quartitonali di Ives 3.6.1. Il Chorale dei Three Quarter-Tone pieces 49 51 58 61 65 72 78 91 4. Carrillo 4.1. Carrillo e Novaro 4.2. Il “Sonido 13”: origini, caratteri e polemiche 4.3. Ave Maria 4.4. L’attività di Carrillo dal 1925 al 1940 107 112 116 152 159 5. Novaro 5.1. Testimonianze su Novaro fino al 1930 5.2. La Teoría de la música. Sistema natural base del natural-aproximado (1927) 5.3. L’attività di Novaro negli USA (1930-1932) 5.4. The Novaro Tuning (1932) 165 171 180 192 212 VIII SOMMARIO 5.5. Il Sistema natural de la música (1951) 5.5.1. Generazione di intervalli e scale nel “sistema naturale” 5.5.2. Le progressioni geometriche 5.5.3. I sistemi temperati rettificati a 12 suoni 5.5.4. I sistemi microtonali equabili 5.5.5. I temperamenti a 14, 15 e 16 suoni 5.5.6. Sistemi microtonali non equabili 214 215 227 230 238 251 259 6. La evolving tonality di Yasser 263 7. Alle origini della monophony di Partch 7.1 Il dibattito sull’intonazione giusta (1936-50) 279 298 Una domanda conclusiva 313 Bibliografia 315 Indice analitico 329 RINGRAZIAMENTI Ringrazio Rossana Dalmonte per l’incoraggiamento e l’idea di fare delle mie ricerche un libro. Materiali di essenziale importanza mi hanno fornito Yael Bitrán (CENIDIM, Città del Messico) e del Senior Vice President della John Simon Guggenheim Memorial Foundation di New York, G. Thomas Tanselle. Sono inoltre molto grato al Künstlerhaus Schloss Wiepersdorf der Stiftung Kulturfonds, Germania per il periodo di residenza e la borsa di studio accordatami nell’agosto del 2003 e a Monica D’Onofrio, Guido Zaccagnini e Virginia Zamparelli che hanno riletto pazientemente il manoscritto. Abbiamo diviso l’ottava in dodici gradi equidistanti, perché dovevamo pure aiutarci in qualche modo, e abbiamo disposto i nostri strumenti in guisa che non possano mai darci dei suoni intermedi. Soprattutto gli strumenti a tastiera hanno abituato a tal punto il nostro orecchio che, all’infuori dei dodici semitoni, tutti gli altri suoni ci sembrano impuri. E la natura ha creato una gradazione infinita — infinita! Chi se ne ricorda più oggi? […] Ma che cos’è puro e impuro? Il nostro orecchio sente come impuro un pianoforte scordato, in cui forse la scordatura stessa ha dato origine a intervalli “puri”. L’accomodante sistema dei dodici semitoni è un espediente di forza maggiore, eppure noi vegliamo affinché le sue imperfezioni siano ben conservate. Ferruccio Busoni, Abbozzo di una nuova estetica della musica (1907) SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA NORD AMERICA (1900-1940) IL MICROTONALISMO IN 1. INTRODUZIONE Nel corso dell’Ottocento il sistema ben temperato divenne una sorta di griglia attraverso cui ascoltare e catalogare tutta la musica.1 Contemporaneamente, furono condotte diverse ricerche nel campo degli intervalli. Alcuni sperimentatori presero in considerazione i quarti di tono come una nuova, possibile risorsa espressiva. Si delineava gradualmente l’ipotesi di fare musica con i microtoni, «qualsiasi intervallo o differenza di altezza distintamente più piccola di un semitono».2 Un altro versante della ricerca intervallare, in aperto contrasto con il temperamento equabile a 12 suoni,3 si basava su principi “naturali”, i rapporti matematici della serie degli armonici: l’intonazione giusta.4 Durante il Novecento i temperamenti equa1 Cfr. ELLIS 1875, pp. 446-47. In questo senso è emblematico l’approntamento da parte di Alexander Ellis di una nuova unità di misura degli intervalli musicali, il cent, pari alla centesima parte di un semitono temperato. 2 LINDLEY – GRIFFITHS 1980. Analogamente, BARTHELMES 1997. Al termine ‘microtono’, più diffuso, sarebbe preferibile quello di ‘microintervallo’. Se un’accezione più ampia di microtono può includere «anche gli intervalli enarmonici della musica greca antica, le diverse divisioni dell’ottava in più di 12 parti, le discrepanze tra gli intervalli dell’intonazione giusta o tra un diesis e il suo bemolle enarmonicamente equivalente nelle varie forme di temperamento mesotonico» (LINDLEY – GRIFFITHS 1980), è opportuna qualche cautela per evitare che tutto ciò che non appartiene al sistema ben temperato finisca per essere considerato microtonale. Altrimenti si arriverebbe alla paradossale affermazione che tutti i compositori che non hanno pensato le proprie opere per la suddivisione dell’ottava in 12 parti uguali sono microtonalisti e che tutti gli interpreti che non utilizzano esattamente un’accordatura siffatta (violinisti, cori a cappella, sistemi mesotonici, ecc.) eseguono musica microtonale. In questa ottica, persino le applicazioni concrete della formula del temperamento equabile sarebbero microtonali. La commistione di sistemi di accordatura diversi negli strumenti dell’orchestra fu criticata da alcuni microtonalisti (cfr. CARRILLO 1930b). 3 In questo contesto di proliferazione intervallare preferiamo il termine ‘suono’ a quello di ‘nota’, memori dell’avvertimento di Partch che definisce la nota «una macchia d’inchiostro su un foglio di carta» (PARTCH 1974, p. 71). 4 Nella lingua inglese il termine just intonation, ‘intonazione giusta’, venne applicato all’intonazione basata sugli intervalli desunti dalla serie degli armonici a partire da Perronet Thompson (1783-1869), cfr. THOMPSON 1850. Nell’Ottocento, nuovi lemmi si affollano per etichettare un sistema che, dopo aver gravitato nell’orbita del ‘naturale’ o di un riferimento storico preciso (Tolemeo, Zarlino), viene propagandato come un dogma divenendo ‘vero’, ‘giusto’, ‘perfetto’, e pertanto indiscutibile. Tuttora, just intonation continua ad avere un significato più generale, nel senso di ‘intonazione corretta’. Nella prima edizione, 1878, del 4 bili microtonali — suddivisioni del tono temperato (per es., terzi di tono), del semitono temperato (per es., quarti di tono) e dell’ottava in parti uguali5 — e l’intonazione giusta, costituirono i due fronti di una ricerca sperimentale che avrebbe definitivamente esteso le frontiere della composizione oltre gli angusti confini dei dodici suoni temperati. Si tratta in realtà di due sfere intercomunicanti, perché attraverso la prima strada è possibile perseguire o, per meglio dire, inseguire anche la seconda, ragion per cui, in alcune teorie, i due aspetti convivono.6 In generale, la storia del microtonalismo è contrassegnata da un alto tasso di utopia, da difficoltà spesso insormontabili; d’altronde, queste esperienze sono facilmente cadute nell’oblio. Così, nelle periferie della storia musicale giacciono e deperiscono strumenti assemblati da passioni individuali, mai prodotti in un secondo esemplare, progetti, teorie rimaste sulla carta e magari applicate secoli più tardi, notazioni musicali imperfette, opere stagnanti a uno stadio di curiosità, impossibili da far circolare in un repertorio condiviso. I primi compositori microtonalisti a tempo pieno, nel Novecento, hanno continuato a vivere in una zona marginale rispetto alle grandi tappe storiche e non si sono sottratti a dubbi, critiche e facili ironie che celano un’oggettiva difficoltà di fondo, quella di accedere a un mondo sonoro in cui i punti di riferimento di chi ascolta vengono minati alla radice, mediante la trasformazione dei suoi mattoni costitutivi: gli intervalli.7 Eppure, anche i progetti irrealizGrove Dictionary of Music and Musicians, il termine non è presente come lemma ma figura all’interno della voce “Temperament”. Il termine just intonation si diffonde a fatica al di fuori dei paesi anglosassoni. Per andare all’italiano, l’uso del termine ‘intonazione giusta’ è a tutt’oggi limitato — manca per esempio nel Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti — e viene adoperato sporadicamente in testi di acustica. Una ricostruzione storica dell’uso ideologico del termine just intonation è offerta da LLOYD 1943. 5 La più ampia bibliografia sulle accordature e i temperamenti è OP DE COUL E ALTRI 2005. 6 Per fugare ogni dubbio sulla liceità dell’applicazione del termine ‘microtonale’ alla categoria dell’intonazione giusta, è necessario chiarire che ai casi che prenderemo in considerazione calza bene anche l’applicazione ristretta del termine, che cataloga il ‘microtono’ come un intervallo minore di un semitono temperato: in autori come Harry Partch e Augusto Novaro la presenza di questi intervalli è determinante. 7 Un caso di schietto disorientamento sull’uso dei microintervalli ce lo offre uno dei maggiori compositori della cosiddetta “avanguardia” novecentesca, lo statunitense Elliott Carter: «Quando sono stato in Cecoslovacchia mi sono comprato alcuni dischi con musiche di Alois Hába, del quale in gioventù avevo letto il libro Die Neue Harmonie, ma all’ascolto sono rimasto molto deluso, perché in fondo quella musica sembrava un Hindemith un po’ stonato. Il fatto è che noi non percepiamo i quarti e i sesti di tono come una realtà indipendente, ma tendiamo a correggerli e a riportarli in una cornice familiare. Intendo dire che quella musica non riesce a conferire autorità ai microtoni, nel senso che non se ne avverte la profonda necessità da un punto di vista strutturale» (AA.VV, 1989, p. 56). 1. INTRODUZIONE 5 zati e le strane ideazioni che si affollano tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi quarant’anni del secolo successivo, hanno un loro valore come lo hanno pure gli strumenti, le composizioni e le teorie microtonali. Sembra quasi di trovarsi a ridosso di una vicenda incompiuta. Come ha scritto Frances Yates, per tutt’altro contesto: «La storia realmente accaduta non è tutta la storia, perché lascia fuori le speranze mai realizzatesi, i tentativi di impedire lo scoppio delle guerre, gli inutili sforzi di risolvere le divergenze con metodi conciliativi. Queste speranze fanno parte integrante della storia non meno dei terribili avvenimenti che la vanificarono».8 Attraverso la chiave di lettura della speranza e di sforzi spesso inutili ma tenacemente perseguiti, anche le esperienze di sperimentazione intervallare fanno parte della storia, ma sono lontani dai suoi nuclei di egemonia e ufficialità: per dare un esempio ormai storicamente assimilato, si può cercare Nicola Vicentino nel secolo di Giovanni Pierluigi da Palestrina. Se non può essere sottaciuto l’alto tasso di utopia presente nelle ricerche microtonali, assoggettate a un forte rischio di oblio, nel XX secolo la persistenza e la varietà di opzioni microintervallari — insieme ad altri fattori — ha contribuito a spodestare il riferimento centralizzato al temperamento equabile a 12 suoni, la cui affermazione fu comunque molto più problematica di quanto generalmente non traspaia dalla vulgata storico-musicale trascorsa o meno avveduta.9 Mentre la preferenza accordata ai sistemi microtemperati può ricondursi alla relativa facilità d’uso e alla ricerca di una nuova risorsa da parte dei musicisti, il problema dell’intonazione giusta — le cui basi teoriche erano state definite fin dalla teoria greca antica — venne affrontato sul terreno scientifico da vari autori, il più importante dei quali è certamente Hermann von Helmholtz (1821-1894); il suo trattato, Die Lehre von den Tonempfindungen als physiologische Grundlage für die Theorie der Musik, fu pubblicato nel 1863 (con successive edizioni, la quarta e ultima nel 1877). L’edizione inglese del libro, curata nel 1875 da Alexander Ellis (1814-1890) e ampliata due anni dopo, costituisce un caso particolare perché le glosse e appendici redatte dal filologo e matematico britannico, 8 YATES 1993, pp. xvii-xviii (traduzione di Albano Biondi). Le traduzioni, se non altrimenti indicato, sono dello scrivente. 9 Nel 1879 Pole segnalava con dispiacere l’adozione del temperamento equabile nell’accordatura degli organi (cfr. POLE 1924 e anche LLOYD 1940). Ancora oggi vi è poca chiarezza cronologica sulla diffusione del temperamento equabile. Diverse testimonianze confermano che nella seconda metà dell’Ottocento le accordature mesotoniche erano ancora molto diffuse e il sistema ben temperato, in realtà, andava facendosi strada molto lentamente. Cfr. ELLIS 1875, pp. 548-49 e LLOYD 1940. 6 inserite con l’approvazione di Helmholtz, per estensione e acribia arrivano a formare un trattato parallelo.10 Il libro fornì gli strumenti per una critica al sistema ben temperato su basi scientifiche, non soltanto estetiche, anche se non tutti i teorici dell’intonazione giusta adottarono un metodo altrettanto empirico, cedendo talora a un culto numerico fine a sé stesso. Non mancarono però gli sviluppi concreti: in Gran Bretagna, Germania e negli Stati Uniti si costruirono diversi prototipi di strumento musicale per dimostrare che i sistemi giusti non erano una chimera. Queste esperienze costituirono la base per le speculazioni novecentesche riguardanti l’intonazione giusta. La ricerca di intervalli musicali più “veri” e più “naturali” di quelli temperati fu accompagnata dai primi studi di musicologia comparativa che portarono a un ampliamento di prospettiva mai raggiunto fino ad allora: il temperamento equabile era stato relativizzato. Sul fronte del microtonalismo temperato, a essere preferiti furono i quarti di tono, in quanto si mantenevano in vigore i 12 suoni del sistema temperato in uso, a cui erano affiancati altrettanti suoni a una distanza di un quarto di tono. Anche in questo caso vennero costruiti diversi strumenti, ma la vera novità furono le prime composizioni microintervallari. Nell’Ottocento, anche in Nord America furono condotte diverse esperienze nel campo del microtonalismo e dell’intonazione giusta. Il primo strumento americano a quarti di tono fu probabilmente la quarter-tone machine costruita nel 1885 da George Ives, determinante per le successive esperienze del figlio Charles. Con lo stesso sistema di accordatura, nel 1902 Max Meyer costruì un armonium, ovviamente dotato di 24 tasti per ciascuna ottava; anche Moritz Stoehr realizzò un analogo strumento a New York, ai primi del Novecento. Non è vero che l’interesse per i microintervalli fu per Busoni soltanto teorico: proprio nella metropoli statunitense, egli fece realizzare da un artigiano trentino un armonium a sesti di tono, con il quale condusse alcuni esperimenti di gruppo (BUSONI 1977bc, cfr. §3.2 ). A influenzare il musicista italiano erano state le notizie riguardanti il telharmonium di Thaddeus Cahill (cfr. §3.1) — realizzato in diverse versioni — che però non faceva uso di sistemi temperati microtonali, ma dell’intonazione giusta, una variante di quella proposta da Helmholtz, con 36 suoni nell’ottava, compresa la set10 Il frontespizio dell’edizione inglese recita così: «Seconda edizione inglese, tradotta, rivista e corretta in conformità con la quarta (e ultima) edizione tedesca del 1877, con numerose note aggiuntive e una nuova appendice addizionale che aggiorna le informazioni fino al 1885, e specialmente adattata a uso degli studenti di musica da Alexander J. Ellis». 1. INTRODUZIONE 7 tima armonica, 7/4. Anche Leon Theremin condusse esperimenti con microintervalli;11 nel 1932 Joseph Schillinger si fece costruire da Theremin un organo elettronico dotato di una speciale tastiera per produrre microtoni, basata sul sistema del ‘doppio temperamento equabile’ (cfr. §3.1) stabilita dal teorico.12 I casi di Cahill, Theremin e Schillinger dimostrano che in America le ricerche microtonali si intrecciarono precocemente con le novità tecnologiche. È stato notato che, storicamente, la questione dei temperamenti si articola su tre variabili fondamentali; una volta risolto il problema della precisione e della stabilità dell’accordatura, non esiste infatti un sistema che soddisfi contemporaneamente queste tre esigenze: ottenere intervalli giusti, modulare e trasporre liberamente, disporre di tastiere su cui è agevole suonare.13 Gli strumenti musicali e di misurazione elettronici risolsero questi problemi.14 L’avvio di questo processo può essere fatto risalire al momento in cui si dispose di strumenti in grado di misurare con precisione la frequenza di un suono e le sue componenti armoniche, il che fu reso possibile con le sirene di Cagniard de la Tour (1819),15 perfezionate da Seebeck (1841), Helmholtz (1863) e König (1867-1881).16 La possibilità di produrre, registrare e riprodurre il suono grazie alla corrente elettrica inaugurò, nella seconda metà dell’Ottocento, una nuova fase storica. A partire dagli anni ’20, ai progressi della scienza acustica si associarono diverse invenzioni e un’assidua ricerca di laboratorio17 che rimise in discussione questioni dibattute da secoli nella trattatistica musicale. Il paesaggio sonoro e la stessa concezione della 11 Cfr. COWELL 1930, p. 18. SCHILLINGER, 1948, p. 665. 13 COHEN 1984, p. 216. 14 Un processo culminato intorno al 1986 con la disponibilità in commercio, a prezzi accessibili, dei primi strumenti elettronici riaccordabili. 15 Cfr. HELMHOLTZ 1875, p. 12. 16 Cfr. BELL – TRUESDELL 1980. 17 Una panoramica concisa delle novità tecnologiche degli anni ’30 relative ai laboratori di ricerca è offerta da JEANS 1937, pp. 58-60. RUSSO 2002, pp. 72-80 e pp. 83-94 ripercorre alcune fasi dell’attività di Harvery Fletcher e dei Bell Telephone Laboratories, per cui cfr. anche <http://www.bell-labs.com/history/> e PIERCE 1992, p. 168-170. Un’esauriente indagine sugli strumenti e le tecniche di misura attuali è offerta da CARLETTI – ALTRI, 2001. L’ultima tappa del processo di accessibilità ai mezzi elettronici risale al 1986 quando furono realizzati i primi programmi in grado di far generare da un calcolatore a basso costo — il Commodore 64 — alcune scale microtonali (cfr. DANIEL – LISOWSKI 1986). 12 8 musica mutarono profondamente.18 La possibilità di tradurre le vibrazioni meccaniche del suono in oscillazioni elettriche e viceversa, condussero a una vera e propria metamorfosi dei canoni tradizionali. I primi artefatti tecnologici — fonografo, telefono, grammofono, ecc. — trasformarono la comunicazione musicale. L’elettronica, oltre a rendere possibile una maggior precisione e una maggior facilità nella produzione delle frequenze udibili e rapidi raffronti tra microintervalli di diverso tipo, permetteva una misurazione molto più accurata degli strumenti musicali tradizionali. Se nell’Ottocento, come si è detto, la frequenza di un suono si misurava a orecchio con l’aiuto di una sirena, la cui frequenza era prodotta con una precisione soddisfacente, con l’invenzione del microfono e di altri strumenti il suono fu misurato elettricamente con considerevole esattezza:19 si poteva fare a meno dell’ascoltatore. Inoltre, i diversi parametri del suono potevano essere visualizzati e fotografati, oltre che registrati. In questo contesto, le sperimentazioni microtonali beneficiarono della ricaduta tecnologica di risorse concepite per altri campi di applicazione, più o meno contigui. Forse non è un caso che in corrispondenza delle prime importanti applicazioni dell’elettricità e poi dell’elettronica al suono nascano le prime composizioni microtonali. Negli anni ’30 videro la luce i primi studi relativi alla storia dei temperamenti e delle accordature, che ebbero conseguenze importanti in sede analitica, organologica ed esecutiva.20 Maturava, molto gradualmente, la coscienza che l’esecuzione di un’opera dovesse rispettare o perlomeno avvicinarsi ai criteri d’intonazione dell’epoca in cui era stata realizzata. Ciò favorì, in un certo senso, la relativizzazione del sistema ben temperato. Allo stesso periodo risalgono le prime ricerche di psicologia della musica; gli studiosi non tardarono a interessarsi alla percezione degli intervalli e dei sistemi di intonazione: un importante pioniere in questo campo fu Carl E. Seashore, attivo presso lo Psychological Laboratory della University of Iowa, dove lavorò anche Novaro (cfr. §5).21 18 SCHAFER 1985, pp. 129-38, parla di “rivoluzione elettrica” e di nascita della schizofonia a proposito del mezzo radiofonico. 19 Edgard Varèse, nel 1940, riassunse così la differenza: «Rispetto alle modeste possibilità del nostro timpano, il microfono è un detective incomparabilmente più sottile». (VARÈSE 1985, p. 118). 20 Tra i primi studi significativi in ambiente anglofono vanno menzionati BARBOUR 1932, 1948 e 1949 e LLOYD 1940. 21 Cfr. BRUES 1927, GUTHRIE – MORRILL 1928, SEASHORE 1932, 1936, 1937 e 1938 e BARBOUR 1938. 1. INTRODUZIONE 9 In questo contesto di radicali trasformazioni scientifiche e tecnologiche, non è stato sufficientemente sottolineato a livello critico l’impatto delle esperienze microtonali, troppo spesso ridotte ingiustamente a uno stato di curiosità e ben lontane dal “museo immaginario” del repertorio novecentesco. Come nota Michel Foucault, «[l]a storia propriamente detta, la storia tout court, sembra cancellare, a vantaggio delle strutture prive di labilità, l’irruzione degli avvenimenti».22 Un’irruzione, quella dei microtonalisti novecenteschi, che ha dato, alla lunga, frutti raccolti da altri. Tenendo a mente questo avvertimento, appare evidente che l’idea di una graduale e blanda introduzione dei microtoni nel mainstream novecentesco non regge.23 Se quarti, terzi, sesti, ottavi di tono a partire dagli anni ’60 entrano a far parte della pratica musicale generale e divengono strutturali in molte tecniche compositive dei decenni successivi, se decine di sintetizzatori prodotti industrialmente oggi prevedono l’opzione microtonale,24 ciò lo si deve anche alle conseguenze a lungo termine del lavoro di Julián Carrillo (1875-1965), Hába e Wyschnegradsky, nonostante la loro perdurante marginalità.25 D’altra parte, autori come Novaro e Partch superarono la definizione tradizionale di intonazione giusta, che si vorrebbe formata da «rapporti frazionari semplici, come 2/1, 3/2, ecc.»,26 ottenendo una quantità notevole di nuovi intervalli. La nascita delle prime composizioni microtonali si verificò non lontano da altri eventi cruciali, come l’ideazione del metodo dodecafonico da parte di Arnold Schoenberg, per citare il più eclatante. Si tende in genere a considerare il microtonalismo uno dei tanti capitoli secondari della ricerca di nuove risorse, nella fertilissima stagione tra il 1900 e l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Eppure, non può essere taciuto l’interesse per i microtoni manifestato da autori di primaria importanza come lo stesso Schoenberg e Anton Webern. Il primo, nella Harmonielehre dà spazio a una sostanziosa nota di Robert Neumann sul raffronto tra sud22 FOUCAULT 1999, p. 9 (traduzione di Giovanni Bogliolo). I primi indizi di immissione dei microtoni in opere di autori che non avevano manifestato in precedenza particolari vocazioni in questo senso — e nonostante la clamorosa attività dei pionieri di cui si è detto — possono essere rinvenuti in numerose opere, tra cui Ecuatorial (1933-34) e Density 21,5 (1936) di Varèse, il Quartetto n. 6 (1939) di Béla Bartók e la prima versione di Le visage nuptial (1946-47) di Pierre Boulez. 24 Un elenco di questi sintetizzatori è disponibile al sito: <http://www.microtonal-syn thesis.com>. 25 La marginalità si riduce al fatto di stazionare tuttora in un circuito produttivo (partiture, esecuzioni, registrazioni, ecc.) fortemente localizzato e “alternativo”. 26 FULLER 1991, p. 233. 23 10 divisione dell’ottava in 12, 24, 36, 48 e 53 parti.27 D’altra parte, Webern utilizza i quarti di tono nella parte vocale delle prime stesure di An Bachesranft e Das lockere Saatgefilde Lechzet krank, realizzate nel 1908-9.28 La microtonalità ottenuta faticosamente su strumenti musicali acustici venne sussunta e in un certo senso travolta dalla produzione elettronica del suono che, mossi i suoi primi passi all’inizio del Novecento, rese possibile una partizione sempre più discreta, agevole e precisa delle frequenze: le secolari difficoltà di escogitare tastiere specifiche per strumenti a intonazione giusta e microequabili, la necessità di persuadere e addestrare pazientemente degli interpreti, vengono eluse dalla disponibilità di un continuum di frequenze esattamente misurabili prodotte da un oscillatore. Malgrado l’evoluzione sempre più fagocitante del mezzo elettronico nella prima metà del Novecento, compositori a forte vocazione microtonale — Carrillo, Partch, Hába e Wyschnegradsky — continuarono a redigere trattati e a scrivere musica per strumenti acustici tradizionali, modificati o di nuova concezione, sviluppando apposite semiografie29 e tecniche esecutive specifiche. Incuranti delle prorompenti agevolazioni tecnologiche e sull’esempio dei “padri” anzidetti, anche autori successivi hanno proseguito tenacemente sulla strada di un microtonalismo che il mutare del panorama circostante autorizza a definire non elettronico. Ciononostante, non è difficile imbattersi, ancora oggi, in asserzioni che vorrebbero le musiche microtonali e a intonazione giusta pienamente sviluppate soltanto grazie ai nuovi media. Invece è importante focalizzare l’attenzione sul momento cruciale costituito dall’esplorazione acustica dello spazio intervallare.30 Ottenuto e definito l’intervallo, al momento di passare eventualmente alla fase compositiva, si pone il problema cruciale del microtonalismo. Dal punto di vista poietico, si tratta della realizzazione di una grammatica microtonale, un aspetto che dal punto di vista estesico si colloca tra due estremi: investire l’ascoltatore con un linguaggio inedito, come nel caso di Ives e Partch, oppure tentare di ricollegare la presenza dei microintervalli a un contesto condiviso 27 SCHOENBERG 1986, pp. 30n-34n. Cfr. SCHWEIGER 1999. Il primo Lied fu successivamente rielaborato dal compositore “a semitoni” e venne pubblicato come terzo dei Fünf Lieder op. 3 aus “Der siebente Ring” von Stefan George, mentre il secondo, di cui esiste un’unica stesura, fu stampato soltanto nel 1970 nella raccolta Four Stefan George Songs approntata da Peter Westergaard, ma senza microtoni. 29 Il testo di riferimento sulle notazioni microtonali è READ 1990; cfr. anche STONE 1980, pp. 67-70. 30 Altra cosa è disporre di mezzi tecnologici, anche elettronici, per misurare con esattezza i parametri del suono, a partire da quello dell’altezza. 28 1. INTRODUZIONE 11 da chi ascolta (Carrillo). In ogni caso, l’esigenza di “comunicare” i microtoni ha condotto i compositori a mirate scelte formali, quandanche si tratti di una sfida alla percezione umana, nella ricerca degli atomi sonori (per utilizzare un termine antico), le unità minime d’informazione.31 Alle impellenti aspirazioni di impiego musicale delle più diverse ampiezze intervallari — ed è la prima volta che ciò accadde nella storia musicale — contribuirono in ugual misura musicisti europei e americani, in un’epoca in cui nel Nuovo Continente sorse l’aspirazione a differenziarsi dall’Europa attraverso progetti locali, di sapore nazionalistico o panamericano. L’idea che anche i microtoni potessero costituire una genuina manifestazione di “americanità” e il segnale irrefutabile delle conquiste della nazione messicana in campo musicale alberga diffusamente nei trattati di Carrillo. La prospettiva di una musica “tipicamente americana” è uno sforzo di lunga lena; la raccolta dei frutti, per prudenza, è spesso differita ai secoli a venire. Leopold Stokowski, instancabile esecutore di novità e curiosità contemporanee e tra i primi artefici dell’applicazione delle tecnologie elettriche alla musica, ebbe un ruolo fondamentale nella promozione della musica di Carrillo e delle ricerche di Novaro. Scrive il celebre direttore in Music for all of us (1943): Probabilmente l’evoluzione della musica americana richiederà secoli per dare i primi frutti cospicui. Questi si avranno quando i musicisti americani avranno elaborato un idioma musicale americano, che sarà una fusione di tutti gli elementi culturali delle Americhe, e di esse potrà esprimere la vita, il ritmo e le fresche energie. Tutte le eredità razziali dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia daranno il loro contributo. La musica americana le assimilerà e trasformerà, e perciò è destinata a diventare indicibilmente ricca e varia, sincera e dinamica.32 Non c’è dubbio che l’emancipazione della musica statunitense dai modelli europei dovesse passare per la ricerca di new musical resources: non a caso il testo di Cowell costituì un punto di riferimento per numerosi autori nordamericani. La musica d’avanguardia autoctona cercò di rifuggire i riferimenti troppo precisi al repertorio europeo; nei casi meno felici perseguì una esplicita mescolanza di generi, registri e riferi31 Per quanto riguarda le soglie differenziali di altezza, SEASHORE 1938, pp. 56-57 considera 1 o 2 cent il minimo intervallo distinguibile dall’orecchio umano; CAMPBELL – GREATED 1987, pp. 88-89 spostano più ragionevolmente la soglia a circa 6 cent. Si tratta in ogni caso di valori medi, in quanto le soglie cambiano a seconda dell’altezza assoluta dei suoni e del loro timbro, oltre che dell’ascoltatore. RIGHINI 1980, pp. 194-95 colloca questa soglia tra i 72 e i 44 cent nell’ambito dell’ottava Do1-Do2. 32 STOKOWSKI 1957, p. 237 (traduzione di Clemente Porrino). 12 menti estratti dal gran calderone multiculturale, che per alcuni sarebbe il corrispettivo artistico di un’attitudine neoimperiale. Anche il microtonalismo fu salutato come una manifestazione di genuinità continentale (vedi le lodi di Stokowski a Carrillo)33 o almeno nazionale, come nel caso della glorificazione perlopiù ritardataria e postuma di Partch in patria (cfr. §7). La scelta di concentrarci sull’area nordamericana deriva non solo dal fatto che vi furono importanti microtonalisti in Messico34 e negli Stati Uniti, ma anche perché negli USA il rapporto tra musica, tecnologia e ricerca scientifica divenne precocemente stretto e intenso su molti fronti: acustica, strumenti elettrici ed elettronici per la produzione e diffusione del suono, industria del disco, radiofonia, ecc. In Nord America, con Carrillo, nacquero le prime opere microtonali a sedicesimi di tono e Partch compose per la prima volta secondo i criteri di un sistema a intonazione giusta “allargata”. Ciò detto, bisogna sottolineare che allo scadere dell’Ottocento la localizzazione geografica delle esperienze microtonali acquista sempre minor pregnanza; gli intrecci di esperienze tra Europa e America sono tali da indebolire una prospettiva esclusivamente nazionale o continentale. Per comunanza linguistica e storica, gli Stati Uniti furono un bacino di riverberazione naturale delle numerose ricerche sull’intonazione giusta compiute in Gran Bretagna nel XIX secolo. Eppure, nella maggior parte dei casi gli spostamenti delle informazioni sul globo terracqueo si fanno imprevedibili: giornali e riviste circolano con rapidità, come semi portati dal vento. I resoconti delle esperienze europee, in particolare inglesi, vengono letti anche oltreoceano. Pubblicazioni di diversa natura, dall’articolo di giornale al saggio specialistico, giocano un ruolo fondamentale nella diffusione delle esperienze microtonali: la circolazione è ampia in entrambe le direzioni. Fu attraverso alcuni articoli che Ellis venne a sapere che anche nel Nuovo Continente albergavano colleghi intenti all’applicazione musicale della just intonation; nella prima metà degli anni ’20 lo scatenamento della rivoluzione del “Sonido 13” in Messico fu provocato dalla lettura da parte di Carrillo di un articolo apparso su un giornale francese in cui si menzionavano esperienze con i quarti di tono (cfr. §4); Di Busoni, che nell’immaginario più sbrigativo incarna il profilo del tipico esponente della tradizione eu- 33 Cfr. CARRILLO 1959, p. 9 e CARRILLO 1967, p. 382. Nonostante i frequenti errori che finiscono per collocarlo in Centro o addirittura in Sudamerica, se si eccettua la penisola dello Yucatán, in termini geografici il Messico appartiene al Nord del continente. 34 1. INTRODUZIONE 13 ropea, si è detto. (cfr. §3.2).35 Partch, di cui sovente si enfatizza l’isolamento e la “americanità” (cfr. §7), dopo la folgorazione helmoltziana che lo spinse ad abbandonare definitivamente il temperamento equabile, condusse studi sui sistemi di intonazione e negli anni ’30, presso la British Library di Londra, ebbe modo di approfondirli. Sono soltanto alcuni esempi che bastano a mettere in guardia sui rischi di un approccio eccessivamente condizionato dalla topografia. A questa libera circolazione di idee fa da controaltrare il fatale localismo di tante esperienze microtonali, procurato dalla congenita difficoltà di recepirle e tramandarle. Vincolata ad artefatti in copia unica, al lavoro individuale, e sottomessa a principi estetici spesso lontani tra loro, la sperimentazione sui microintervalli soggiace a ridondanze che denunciano la scarsa circolazione delle singole esperienze: ecco quindi veder nascere tra Otto e Novecento, in vari luoghi del pianeta — Russia, Germania, Stati Uniti, Francia, Messico — tanti diversi pianoforti e armonium a quarti di tono, con soluzioni più o meno simili. È innegabile che dopo la gloriosa fase ottocentesca culminata nel trattato di Helmholtz, l’acustica — e soprattutto l’acustica musicale — perse di importanza rispetto ad altre branche della fisica, in particolare quella atomica, anche se erano in incubazione nuovi campi d’indagine, come la psicoacustica e l’acustica fisiologica. Prima del boom microtonale novecentesco, diversi teorici della musica e fisici ripresero in considerazione, sporadicamente o con assiduità, i secolari problemi riguardanti le accordature, i temperamenti, il microtonalismo e gli intervalli. Si trattava — e si tratta — di discussioni virtualmente infinite, in cui si incrociano fisica, storia, cultura, percezione, recezione, prassi esecutiva, organologia e semiografia musicale. Molti, sulla scia autorevole di Helmholtz, sposarono la causa della just intonation; in Gran Bretagna il fenomeno fu particolarmente significativo. Quasi sempre ricerche e dibattiti sull’argomento si susseguirono svincolati da qualsivoglia forma di pratica musicale, con il solo obiettivo di realizzare un sistema a intonazione giusta su basi “scientifiche”, anzi “naturali”. La concezione di un’arte attinta da una Natura incorrotta — con l’eventuale corollario di un ritorno a un’epoca imprecisata tra Medioevo e Rinascimento in cui sarebbe risuonata la “vera musica”, prima degli oltraggi perpetrati dal temperamento equabile — non è lontano dalle idee maturate da John Ruskin (1819-1900) e William Morris (1834-1896). Peraltro, una certa ecologia sonora connota anche l’attività di autori successivi che si richiamano a vario titolo all’in35 BUSONI 1977b, pp. 131-32. 14 tonazione giusta: è il caso di Partch, Lou Harrison (1917-2003), Ben Johnston (1926) e La Monte Young (1935). Per i teorici britannici ottocenteschi, come anche per Helmholtz, una volta stabilito il sistema teorico per trasformare in scale gli intervalli del modello “naturale” ricalcato sulla serie degli armonici, l’obiettivo principale diventa la progettazione e l’eventuale costruzione di strumenti musicali in grado di produrre ben più di 12 suoni per ottava, con soluzioni funzionali e agevoli per l’interprete: infatti, trattandosi quasi esclusivamente di strumenti a tastiera — armonium, organo, pianoforte — è la disposizione dei tasti ad arrovellare di più l’immaginazione di questi sperimentatori. In qualche circostanza, la stesura di un brano appare a costoro una forma di compromesso eccessivo con la pratica, a cui viene preferita un’intangibile, benché spesso criticabilissima, impostazione teoretica pura. Ne consegue spesso la decisione di collocare l’affermazione di una musica microtonale a livello generalizzato in un imprecisato futuro dell’evoluzione umana, e in questo elenco va inclusa certamente la teoria di Joseph Yasser (1893-1981), anche se una parola sulla musica del futuro la spendono un po’ tutti i microtonalisti. Al contrario, altri compositori si limitano a scrivere musica o a costruire strumenti a microintervalli senza l’approntamento di un vero e proprio apparato teorico. Per limitarci al nostro ambito spazio-temporale, Ives appartiene a questa casistica. Memore degli esperimenti paterni con i quarti di tono, egli intraprese a sua volta una serie di prove analoghe, per poi utilizzare questi intervalli in alcune composizioni. Si trattò di un approccio eminentemente empirico, da cui scaturì l’unico saggio di argomento tecnico-musicale di Ives (cfr. §3.6). Altri autori invece, sebbene pienamente coscienti dell’incombere dei microintervalli nelle pratiche musicali d’avanguardia, non si posero il problema a livello compositivo. Cowell, per esempio, riporta nel suo trattato un prospetto aggiornato della serie degli armonici, non più forzatamente ricondotti alle note del sistema temperato come accadeva in buona parte dei trattati di teoria musicale ottocenteschi, ma avveduto delle differenze microintervallari che essi presentano. Il compositore statunitense prende in esame a livello teorico anche i quarti di tono, ma nella composizione ne fa a meno. Varèse inveì più volte contro il sistema ben temperato e nella sua musica per strumenti acustici fece un uso sporadico dei quarti di tono: questa parsimonia permette di interrogarsi sul perché i microtoni compaiano proprio in certi punti delle sue partiture e, in termini più generali, su come vengano impiegati i quarti di tono da un compositore non microtonalista. 1. INTRODUZIONE 15 Al contrario, in autori come Carrillo e Partch il fatto di riplasmare il parametro dell’altezza, a partire dagli intervalli per arrivare alla creazione di scale e accordi, è un’attività di primaria importanza e investe, oltre alla produzione teorica e alla composizione, ogni altro aspetto della pratica musicale — anzi spesso lo travalica abbondantemente, estendendosi a considerazioni di ordine filosofico e sociale — con la progettazione di nuovi strumenti musicali, modifica di quelli tradizionali, sviluppo di tecniche esecutive, nuove semiografie e preparazione di interpreti specializzati. L’insorgenza del fenomeno microtonale in Nord America si verifica nel decennio 1920 dopo diverse anticipazioni europee e in loco. Poco dopo, su un altro versante — e dopo le prime registrazioni di musica degli indiani Passamaquoddy e Zuñi nel New Mexico a opera di Walter Fewkes nel 1890 — gli studiosi di musicologia comparativa, poi ribattezzata etnomusicologia, inaugurarono le prime vere ricerche sul campo, Br•Lloiu nel 1931 e Bartók dal 1936. Per l’argomento che ci interessa, queste indagini rappresentarono un passo in avanti rispetto agli sforzi di Ellis che aveva stilato lunghe tabelle comparative con tutti gli intervalli conosciuti della musica greca antica, araba, persiana, scozzese, cinese, giapponese e giavanese.36 È vero che l’azione di delineare, selezionare e fissare su carta scale e intervalli tratti da registrazioni e osservazioni sul campo continuò a recare con sé un forte tasso di dogmatismo congenito, ma il disvelarsi di questi nuovi e destabilizzanti mondi sonori costituì un ulteriore stimolo per le esperienze microtonali: diversi musicologi misero in relazione il sorgere della composizione dei quarti di tono alla conoscenza della musica esotica;37 lo studio di modelli scalari extra-europei contribuì alla ridiscussione e al superamento dei sistemi intervallari e di accordatura europei. In California, tradizionale porto d’approdo degli emigrati orientali, questo genere di commistioni si è prodotto con maggiore intensità. Anche per questo, il rapporto tra musiche folcloriche e d’avanguardia nell’opera di Partch fu imprevedibilmente variegato (Africa, Cina, blues, indiani Hopi, ecc.) e contribuì a forgiare la sua musica. Per la diffusione della musica extraeuropea negli Stati Uniti e le contestuali origini di un melting pot musicale di matrice accademica, piuttosto sfuggente, gradevolmente indefinibile e, a volte, bisogna dirlo, anche irritante, non va sottovalutato l’apporto di dipartimenti universitari come l’Ethnomusicological Institute della University of California di 36 37 ELLIS 1875, pp. 514-27. Per dirne uno, HOLDE 1938, pp. 528 e 530, seppure su basi storiche approssimative. 16 Los Angeles diretto da Mantle Hood; a partire dalla metà degli anni ’50, giovani musicisti di diversa provenienza insegnavano ai loro colleghi a suonare strumenti poco conosciuti di tradizioni disparate come il gagaku giapponese, musica thailandese, balcanica, messicana, persiana, indiana, ecc.38 Frequentemente, per ovvi motivi economici e di reperibilità, venivano utilizzati strumenti autocostruiti. La produzione in proprio di artefatti, la loro trasformazione o la combinazione di pezzi di strumenti diversi, il riciclaggio e il riutilizzo di rottami e oggetti destinati ad altro uso, giocò un ruolo importante nella musica di Partch, il cui lavoro si svolse per diversi anni anche in ambiente universitario. Appare inevitabile un’indagine sugli scopi dichiarati che i vari microtonalisti si riproposero: non si insisterà mai abbastanza sulle intenzioni all’origine delle disparate esperienze di questo genere. Due esempi a caso: in Carrillo predomina un’ansia da record, nel rivendicare le proprie conquiste e nel collocare così il Messico nel novero dei paesi musicalmente determinanti per la storia musicale dell’umanità. Yasser mette ordine nelle diverse divisioni del tono e dell’ottava, anzi le rifiuta quasi tutte, e giustifica il suo sistema microtonale a 19 suoni in base a un criterio evolutivo “organico”. Un luogo comune in seno alla ricerca sull’intonazione giusta, a cui si è già accennato a proposito dei teorici inglesi dell’Ottocento, è quello, più o meno assiduo, della restaurazione di un suono “naturale” o almeno “il più naturale possibile”, non pregiudicato dalle deviazioni dei vari temperamenti. Partch fa sua questa concezione, e più tardi Harrison e altri lo seguiranno sulla stessa strada. Se ci si imbarcasse in una valutazione scientifica del problema, si tratterebbe di una posizione a dir poco problematica, perché è molto difficile stabilire le qualità e l’effettiva esistenza di un suono naturale allo stato puro, problema su cui già si scontrarono Gioseffo Zarlino e Vincenzo Galilei. Questa concezione, che è stata attaccata precocemente da più parti, è divenuta sempre più perigliosa con lo sviluppo delle indagini di acustica e soprattutto di quelle relative alla percezione umana, in cui entrano in gioco moltissimi fattori difficilmente riconducibili alla Natura. Un altro ricorrente motivo, addotto nello sviluppo di questi sistemi, è quello secondo il quale l’evoluzione umana procederebbe attraverso una graduale conquista di nuovi intervalli, arrivando a includere alla fine anche i microtoni. Questa posizione è difesa da Yasser, come si è detto, ma anche da Carrillo e, implicitamente, da Novaro. Le tesi di questi teorici trovano la loro realizzazione compiuta — quando ciò accade — in un’opera musi38 YATES 1967, p. 296. 1. INTRODUZIONE 17 cale, che non è certo una dimostrazione scientifica. Piuttosto che scovare le contraddizioni, che pure non mancano nel basamento di queste teorie, si cercherà, per quanto è possibile, di risalire alle intenzioni iniziali degli autori. Il limite cronologico superiore che ci siamo imposti, il 1940, seppure disatteso in qualche caso dietro opportuna giustificazione, è stato adottato per varie ragioni. Il sorgere delle diverse teorie e pratiche microtonali si concentra negli anni ’20 del Novecento. Tuttavia, per le ragioni più diverse, queste esperienze vengono raffinate, sperimentate, immesse nella o desunte dalla pratica compositiva e/o portate a termine con grande lentezza. Stabilire il 1940 come data limite significa creare un bacino temporale artificiale sufficientemente ampio per poter cogliere anche i primi sintomi di propagazione di queste esperienze. Intorno a quell’anno però si assiste a un certo ripiegamento, una certa stabilizzazione, per non dire un maggior conformismo, da parte del grosso delle avanguardie musicali nordamericane. Questa involuzione fu favorita certamente da circostanze di ordine storico e politico, prima tra tutte la Seconda Guerra Mondiale. A tutto ciò sembra sottrarsi, nel suo splendido ma sofferto isolamento, un autore come Partch, il quale continuò a percorrere instancabilmente la sua strada, realizzando numerose composizioni e un numero cospicuo di strumenti musicali microtonali. Ma le basi della teoria di Partch, esposta compiutamente nella prima edizione del suo Genesis of a Music del 1949, sono già ben delineate prima del 1940. Come dimostreremo, anche Novaro, pur pubblicando il suo trattato solo nel 1951, ben prima del limite temporale che ci siamo dati, aveva già chiari i dettagli del suo “sistema naturale”. Nei primi anni ’40 si registrarono cambiamenti epocali: i vertici politici ed economici statunitensi adottarono una strategia egemonica sull’America Latina che includeva commissioni e borse di studio per gli artisti di quell’area anche se, in questa prospettiva di paternalistica promozione panamericana, raramente furono le tendenze più avanzate a essere privilegiate. In Messico, nel 1940 muore Silvestre Revueltas, il più importante compositore messicano della prima metà del Novecento. Si compiva così la parabola del nazionalismo musicale innovativo, fin troppo capeggiato da Carlos Chávez (1899-1978). Benché questa tendenza parastatale non avesse mai previsto nei suoi programmi il microtonalismo compositivo di Carrillo (soprattutto per un’accesa rivalità tra quest’ultimo e Chávez), non mancò il tentativo negli anni ’20 e ’30 di promuovere un filone di ricerca nel campo degli intervalli, anche per le possibili connessioni con le ricerche sulla musica popolare messicana. Arrestarsi al 1940, salvo eccezioni, si- 18 gnifica anche fermarsi ben prima di un’epoca affatto diversa, in cui la sperimentazione musicale — anche quella relativa agli intervalli — viene condotta principalmente mediante strumenti elettronici, che non servono più soltanto alla misurazione del suono nei suoi diversi parametri, ma anche alla sua produzione. È vero che vi furono casi molto precoci, in Europa e negli Stati Uniti, di ricerca microtonale con strumenti elettrici, ma le ricerche condotte e pensate per essere applicate alla voce e agli strumenti acustici continuarono a possedere alcune peculiari caratteristiche, una loro difficoltà intrinseca, che è estranea alla musica prodotta elettronicamente, ferma restando la sostanziale autonomia della sfera speculativa dai criteri di applicazione. Questo studio dedica uno spazio maggiore alle ricerche di Novaro, per diversi motivi. Si tratta di un autore non molto noto, di cui i dizionari dicono poco e a volte niente, la cui attività fu essenziale per l’argomento in questione. Novaro, inoltre, costituisce un singolare trait d’union tra i diversi autori qui presi in esame: conobbe Cowell, Yasser, anticipò alcune idee di Partch; la sua teoria ha punti di contatto con quella del suo concittadino Carrillo, benché, a giudicare dai rispettivi scritti, non si trattò certo di un rapporto di “mutua collaborazione”. In molti casi, la fortuna post-1940 del microtonalismo americano è indistricabile da quella delle coeve esperienze europee. Il filone statunitense della just intonation è stato particolarmente ricco. Sulla strada di Partch, hanno proseguito autori come Harrison, Johnston, Young e, successivamente, Terry Riley, Glenn Branca, James Tenney, Ben Neill, Kyle Gann, Pauline Oliveros e Wendy Carlos. Si tratta di autori molto diversi tra loro, la cui priorità non sembra essere più la rivendicazione di una purezza naturale. Gann ha ben sintetizzato questo nuovo atteggiamento pragmatico, sottolineando la ricchezza di risorse offerte dal sistema: «Come compositore provo diletto, se devo usare un intervallo di terza minore, ad avere la possibilità di scegliere tra 7/6, 6/5, 19/16 e 11/9, ognuna con la sua sensazione particolare».39 La sperimentazione microtonale rappresenta tuttora un terreno molto fertile, sebbene non di primo piano: negli USA, tra gli studiosi più attenti del fenomeno, si sono distinti in tempi diversi Ivor Darreg, John H. Chalmers, David Doty, Easely Blackwood e Brian McLaren;40 sul fronte del microtonalismo temperato, l’elenco sarebbe più lungo e arriverebbe a includere le espe39 GANN 1997, p. 8. Per una panoramica esauriente sull’attuale microtonalismo statunitense, cfr. MCLAREN 1998, pp. 97-108. 40 1. INTRODUZIONE 19 rienze jazzistiche quartitonali compiute da Don Ellis.41 Ma, tolto Partch, la fortuna delle esperienze microtonali degli autori qui considerati non è stata esaltante: Carrillo dovette attendere gli anni ’60, con le esecuzioni e le registrazioni francesi della Philips e i dischi che ne derivarono, per veder riaccendersi un certo interesse internazionale attorno alla sua opera, dopo il considerevole impatto delle prime esecuzioni statunitensi e il quasi totale isolamento in Messico; il trattato di Yasser rimane un testo di riferimento; si è detto della disattenzione che ha circondato l’opera di Novaro; d’altra parte, il fatto che le esperienze microtonali di un autore notissimo come Ives siano state studiate poco la dice lunga sui problemi specifici della materia. A voler considerare la recezione globale del microtonalismo oltre il 1940, i casi emblematici diverrebbero numerosi e riguarderebbero opere di Ligeti, Xenakis, Nono, Stockhausen e Boulez. Oggi un’ampia gamma di microsuddivisioni del tono e dell’ottava viene impiegata da compositori diversissimi, mentre l’originaria ripartizione in intonazione giusta e microtonalismo temperato è stata in ampia misura superata dall’uso di sistemi più complessi, anche grazie alle risorse informatiche. D’altra parte, le ricerche di fisica acustica nella seconda metà del Novecento hanno dimostrato i limiti di una concezione teorica che prenda in esame isolatamente la questione delle altezze e degli intervalli, senza tener conto degli altri parametri del suono. Gli studi di psicoacustica hanno progressivamente contribuito a spostare il fuoco dell’indagine sulla percezione umana, mettendo in risalto i limiti di una concezione eccessivamente vincolata all’aspetto “numerico” degli intervalli. 41 ELLIS 1975. 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO L’altezza di un suono è determinata dalla sua frequenza — ossia dal numero di vibrazioni o cicli al secondo — che si esprime in Hertz (Hz). Per ottenere il valore dell’intervallo tra due altezze diverse è necessario sottrarre i valori delle loro frequenze in Hz; se da due frequenze espresse in Hz si vuole ottenere il loro rapporto, il valore del suono più alto si divide per quello più basso: tra un’altezza di 1024 Hz e una di 512 Hz, l’intervallo è 1024:512 = 2, pari a un’ottava. Ne risulta in questo caso non una frequenza in cicli, ma un rapporto proporzionale. L’ampiezza di un intervallo, infatti, può essere espressa anche in forma di rapporto frazionario, come relazione di lunghezze vibranti riferite a un valore di riferimento, di solito corrispondente a una fondamentale = 1, il che risulta comodo per le comparazioni.1 Per ottenere il valore di un intervallo a partire da due suoni espressi con numeri razionali si divide il maggiore per il minore. Gli intervalli si sommano moltiplicando le rispettive frazioni. Due esempi: per trovare l’intervallo di dodicesima, una quinta più un’ottava, si ha 3/2 × 2/1 = 6/2 (= 3); per ottenere l’intervallo di settima maggiore, si sommano una quinta giusta e una terza maggiore: 3/2 × 5/4 = 15/8. Un intervallo si sottrae dividendo i rapporti frazionari tra loro: una quarta è pari a 2 × 2/3 = 4/3. L’ampiezza di un intervallo si può esprimere anche in cent, unità di misura pari a 1/1200 d’ottava (quindi un semitono temperato è pari a 100 cent). Novaro e Partch, come molti altri prima di loro, identificano gli intervalli anche attraverso la lunghezza della corda vibrante in rapporto alla lunghezza della corda intera, intesa come fondamentale. Per trovare il punto in cui si produce un dato intervallo su una corda basta invertire i termini del rapporto frazionario. Per esempio, l’ottava di una fondamentale = 1 (corda a vuoto), che ha un rapporto 2/1, si ottiene a 1/2 della corda, 1 Dai tempi di Pitagora è noto che, se la frequenza di un suono è pari a n, quelle della sua ottava, quinta e terza maggiore saranno rispettivamente: 2n, 3/2n e 5/4n. Considerando la fondamentale = 1, questo significa che l’ottava è pari a 2, la quinta a 3/2 e la terza a 5/4. Nello studio delle intonazioni giuste gli intervalli sono espressi in forma frazionaria e non nei termini convenzionali di quinta, quarta, terza maggiore o minore, ecc. (cfr. BOSANQUET 1876, pp. 14-16 e pp. 81-94, YASSER 1932, pp. 13-22, NOVARO 1951, pp. 29-31 e PARTCH 1974, pp. 76-85). 22 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA ovvero con una corda lunga la metà; la quinta, 3/2, si ottiene a 2/3, la terza, 5/4 a 4/5, ecc. Si distinguono due categorie principali di scale: lineari e logaritmiche. I gradi delle scale lineari subiscono l’incremento di un numero costante; nelle seconde a essere costante è un fattore moltiplicativo. Queste scale sono definibili anche in termini matematici, rispettivamente come progressioni aritmetiche e progressioni geometriche. Le progressioni aritmetiche sono sequenze in cui la differenza tra termini successivi è costante, sul tipo 2, 6, 10, 14; nelle progressioni geometriche a essere costante è il rapporto tra i numeri che le formano, per esempio 2, 4, 8, 16. Per esempio, una scala di tre suoni su progressione artimetica è 1; 1.5000; 2, ossia fondamentale, quinta naturale, ottava; quella su progressione geometrica (scala logaritmica) è invece 1; 1.4142; 2, in cui 2: 1.4142 = 1.4142, ove l’ottava è divisa in due parti uguali dall’intervallo centrale, corrispondente al Fa8 temperato. Com’è noto, la scala cromatica del temperamento equabile consta di 12 intervalli equidistanti, i semitoni. L’intervallo d’ottava è ripartito in 12 parti uguali, quindi secondo una progressione geometrica. Posto i come valore dell’intervallo di semitono, gli intervalli della scala saranno: Do = 1; Do8 = i; Re = i2; Re8 = i3, ecc. fino ad arrivare all’ottava Do1 = i12. Siccome l’ottava ha frequenza 2, si ha l’equazione i12 = 2, quindi i = 12 ř 2 = 1.05946, che corrisponde all’intervallo Do-Do8. Le elevazioni a potenza di 1.05946 con i numeri da 2 a 12 daranno i valori degli altri gradi della scala cromatica: Re = 1.05946 × 1.05946 = 1.122455; Re8 = 1.05946 × 1.05946 × 1.05946 = 1.189196, ecc. Usando i logaritmi, gli intervalli della scala cromatica temperata si identificano come multipli di log i = 0.0251, per cui Do = 0; Do8 = 0.0251; Re = 0.0502; Re8 = 0.0753; Do’ = 12 × 0.0251 = 0.3010 (= log 2). In cent, il fattore moltiplicativo è pari a 100 cent, il semitono cromatico temperato. Le diverse ottave sono indicate con cifre equidistanti 0, 1200, 2400, 3600 che, in termini frazionari, sono 1/1 (unisono), 2/1 (ottava), 4/1 (doppia ottava), 8/1 (tripla ottava). La formula per convertire i rapporti frazionari (i) degli intervalli in cent (c) è la seguente:2 c = 1200/ log 2 × log i = 3986 × log i Per esempio, per calcolare il valore in cent di una quinta giusta si ha: 3986 × log 3/2 = 3986 × 0.1761 = 701.9346 cent 2 Sul calcolo logaritmico degli intervalli, cfr. OP DE COUL 2002. 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 23 Per l’operazione inversa, ossia il calcolo del rapporto frazionario a partire dall’intervallo espresso in cent, la formula è la seguente: i = 10(c/3986) Per ottenere la frequenza di un intervallo in Hz, a partire dal rapporto frazionario di un intervallo, la proporzione da adottare è la seguente (F è la frequenza della fondamentale, i quella dell’intervallo cercato, R il rapporto frazionario): F: 1 = i: R Se si vuole conoscere la frequenza in Hz dell’intervallo di quinta giusta di una fondamentale = 440 Hz, si ha: 440: 1 = i: 3/2 e quindi i = 440 × 3/2 = 660 Hz. Il termine son harmonique, ‘armonico’ risale a Sauveur, che ne dette anche una spiegazione scientifica. Marin Mersenne (1588-1648) fu il primo a discernere la natura dei parziali correlati a un suono fondamentale. Gli armonici sono vibrazioni sussidiarie che accompagnano l’onda principale o fondamentale e si producono quando il corpo vibrante oscilla allo stesso tempo come intero e in parti uguali (metà, terze, quarte parti, ecc.), producendo frequenze che hanno rapporti semplici con la fondamentale = 1 quindi 1/2, 1/3, 1/4, ecc., le quali, a loro volta producono dei “multipli”.3 Il primo armonico è la fondamentale, il secondo ha frequenza doppia del primo, il terzo ha frequenza tripla del primo, ecc. In altri termini, a partire da una fondamentale f i successivi armonici hanno frequenza f × 2, f × 3, f × 4: quindi, se f = 440 Hz, essi saranno pari a 880 Hz, 1320 Hz, 1760 Hz, ecc.4 Il costante raddoppio delle frequenze 3 Cfr. HELMHOLTZ 1875, p. 197. Il termine ipertono è usato per indicare le vibrazioni di un corpo sonoro diverse dalla fondamentale, a volte come sinonimo di ‘armonico’, in altri casi nel senso dell’effettivo prodotto armonico del suono di uno strumento musicale (che si discosta dal modello teorico degli armonici). Anche parziale è usato più o meno appropriatamente come sinonimo di ‘armonico’. Alla voce ‘partial’ il Grove recita: «Non è necessario che il parziale sia armonico. La fondamentale e tutti gli ipertoni possono essere descritti come parziali, ma il termine è più spesso usato in riferimento alle componenti del suono di una campana». Si rinvengono, in italiano, anche i termini sovratono e armonica (‘armonico’ inteso come aggettivo di frequenza). In generale, per una corretta interpretazione di queste definizioni è necessario interrogare il contesto. 4 Nella trattatistica musicale, l’abitudine di approssimare i valori degli armonici a quello delle note del sistema temperato o di altri sistemi, benché stigmatizzata da più parti per mancanza di esattezza, a causa della trascrizione su pentagramma, non ha soltanto un valore orientativo. In molti casi (trombe naturali, ecc.) si tratta a tutti gli effetti della nota di riferimento sia per il compositore al momento di scrivere la musica, sia per l’interprete impegnato a compiere i dovuti aggiustamenti per produrre il suono corrispondente, 24 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA procura, da un lato, l’apparizione ricorrente degli stessi intervalli, in particolare l’ottava e la quinta — qualora si proceda all’arbitraria e artificiale operazione di trasposizione all’interno di una sola ottava — dall’altro la comparsa di nuovi intervalli. Tutto ciò costituisce il punto di partenza per l’intonazione giusta. Se dal punto di vista aritmetico il processo di moltiplicazione delle frequenze per ottenere armonici sempre più remoti può essere portato avanti all’infinito, nella pratica le possibilità di usare gli armonici variano a seconda dello strumento musicale e delle capacità dell’esecutore;5 d’altronde, l’orecchio ha possibilità altrettanto limitate. Taluni, incuranti di queste restrizioni, sono pervenuti ad affermazioni che avrebbero un senso esclusivamente su un piano teorico, anche se è lecito chiedersi quale senso esse dovrebbero avere.6 Trattando della presunta “purezza” degli intervalli naturali, così come essi sono desunti dal modello teorico costituito dalla serie degli armonici, si deve tenere in conto un altro aspetto. Infatti i parziali di uno strumento musicale non coincidono con il modello costituito dalla successione degli armonici, poiché «la serie armonica non è […] necessariamente inscritta nello spettro naturale degli strumenti, è piuttosto una rappresentazione matematica che coincide assai spesso con la disposizione approssimativa dei parziali».7 Le differenze tra il modello degli armonici e il fenomeno fisico dei parziali possono essere significative.8 Il problema dell’inarmonicità degli ipertoni — così si chiama questo fenomeno — è presente, in modi più o meno accentuati, in tutti gli strumenti musicali: «In un pianoforte, più i parziali di una nota hanno una frequenza elevata e più lo scarto con i rapporti di una serie armonica semplice è elevato […]. Il sedicesimo parziale [del La grave], per esempio, è più acuto di un semitono dell’armonico corrispondente».9 Un certo grado di adattato eventualmente al tipo di temperamento in uso su strumenti a intonazione fissa compresenti nell’ensemble, con risultati più o meno soddisfacenti a seconda della sua abilità. 5 Cfr. Ibidem. 6 Diamo due esempi estremi di questo atteggiamento, di cui lasciamo la responsabilità agli autori. Dayton Miller afferma di aver udito fino al 44° armonico (COWELL 1930, p. 5), mentre TAYLOR 1980, nel paragrafo “Theoretical Methods of Analysis and Study”, parla tranquillamente del 200° armonico come di qualcosa di tangibile! Studi scientifici più circostanziati — PLOMP 1964, PLOMP – MIMPEN 1968 — hanno definito limiti molto più ristretti per le capacità percettive dell’orecchio umano. 7 FICHET 1996, p. 101. 8 BARBIERI 1998 ripercorre la lunga storia delle ricerche relative all’inarmonicità della corda vibrante e degli strumenti a corda. 9 BLACKHAM 1985, pp. 32-40. Cfr. anche lo schema di BLACKHAM 1978, p. 30. 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 25 inarmonicità obbliga ad aumentare di poco l’ampiezza delle ottave.10 Anche le risposte dell’orecchio a frequenze e timbri diversi non sono lineari: per esempio, i suoni maggiori di 500 Hz sembrano crescenti, soprattutto in soggetti non educati alla musica e il fenomeno si manifesta proporzionalmente all’altezza.11 Come gli armonici, anche i battimenti furono studiati da Sauveur. Si tratta di un fenomeno che si verifica con il sovrapporsi di suoni di frequenza diversa: «L’effetto consiste in un alternarsi nel tempo di interferenza costruttiva e distruttiva che si manifesta come un salire e scendere dell’intensità del suono, con una frequenza di ripetizione pari alla differenza delle due frequenze primitive».12 Se le frequenze dei suoni sovrapposti differiscono di poco, i battimenti sono chiaramente percepibili;13 l’effetto è caratteristico: «Si sente un suono di frequenza f, la frequenza media, e una rapida ondulazione della sua intensità».14 La presenza di battimenti nell’accordatura ben temperata, anche in quelle che dovrebbero essere consonanze fondamentali — quinta, quarta e terza — è una prova spesso addotta per criticare questo sistema e optare per altri. In genere si parla dei battimenti come di un fenomeno prodotto da suoni di frequenza prossima, ma è necessario tenere conto anche dei battimenti prodotti dagli armonici dei due suoni. I battimenti sono connaturati al sistema ben temperato. A proposito del pianoforte, il problema può essere riassunto così: I battimenti sono percepiti anche tra un suono e i suoi armonici naturali. Per esempio se un suono di 440 Hz risuona con uno di 660 Hz (3/2 di 440, ossia una quinta naturale) il suono risultante sarà privo di battimenti; se invece il suono di 660 Hz viene innalzato a 659.2551 Hz, si ascolteranno battimenti di ampiezza 0.745 Hz. Questo corrisponde a 3 battimenti ogni 4 secondi, o a un metronomo di 45 battiti al minuto. È esattamente ciò che avviene se si suona un La5 e un Mi5 insieme su un pianoforte bene accordato. Questo è il risultato del temperamento equabile utilizzato nella musica moderna.15 Novaro fu un attento misuratore dei battimenti più disparati e ideò una serie di rettifiche per migliorare l’applicazione pratica del sistema ben temperato su diversi strumenti musicali. In seguito, i fisici hanno 10 11 12 13 Cfr. LINDLEY 1980c. Cfr. FROVA 1999, pp. 87-88. FROVA 1999, p. 88. Cfr. HELMHOLTZ 1875, p. 165. 14 FROVA 1999, p. 89. 15 CAMPBELL 1997. 26 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA delineato con esattezza una serie di soglie nella percezione dei battimenti: se le differenze di frequenza sono minime, il fenomeno non viene avvertito; mano a mano che si accresce il divario tra i due suoni, esso comincia a essere percepito fino a procurare una sensazione sgradevole.16 Un’operazione indispensabile e inevitabile per ottenere una scala musicale a partire da una sequenza di armonici o da una successione di quinte, è quella di ricondurre gli intervalli ottenuti, e di riordinarli in senso crescente o decrescente, nell’ambito di una sola ottava. È bene sottolineare — quasi nessun teorico lo fa — il tasso di arbitrarietà di tale operazione, giustificata forse dal valore “fondante” dell’intervallo d’ottava e dalla sua ricorrenza nella successione degli armonici. Partch è chiaro a riguardo: «Le identità [i gradi] di una tonalità possono essere deliberatamente disposte a simulare la serie dei parziali, ma in questo senso esse parziali non sono».17 Anche la selezione di alcuni rapporti frazionari ottenuti con varie operazioni aritmetiche e la contestuale eliminazione di altri intervalli possono dirsi decisioni creative. Nella teoria della just intonation, quando si realizza una scala 1/1 ha la stessa altezza di 2/1 e anche di 4/1. Siamo abituati a otto diversi tasti sul pianoforte chiamati con lo stesso nome, [Do], ma non siamo abituati a frazioni che si comportano in questo modo: 1/1 = 2/1 = 4/1 […]. Le frazioni nell’accordatura sono generalmente scritte in modo da ricondurle tra i valori compresi tra 1/1 e 2/1, moltiplicando o dividendo per 2, se necessario. Le frazioni 3/4 e 7/2 di solito sono scritte come 3/2 e 7/4, perché queste ultime frazioni sono equivalenti, attraverso la moltiplicazione per 2, e i valori della seconda coppia sono compresi tra 1/1 e 2/1.18 Va però sottolineato che gli intervalli trasposti provenienti da ottave diverse non sono uguali. Come rammenta Norden, «un intervallo, e lo stesso intervallo più un’ottava, benché considerati alla stessa stregua nella teoria basata sul temperamento, non sono uguali, perché non hanno un insieme comune di suoni di combinazione».19 La successione degli armonici che, giova ribadirlo, è un modello matematico, funge da serbatoio per una serie di operazioni e da sola non potrebbe fornire una grande varietà di scale. Di qui l’interesse per la creativa diversità che contraddistingue le varie teorie riguardanti l’intonazione giusta, specialmente nel caso delle novecentesche versioni allar16 Cfr. FROVA 1999, p. 90. La zona in cui si producono i battimenti è circondata da due bande intermedie in cui il fenomeno è ancora poco distinguibile. 17 PARTCH 1974, p. 72. 18 GANN 1997, pp. 1-2. Cfr. anche DAVIES 1984b e LINDLEY 2001. 19 NORDEN 1936, p. 230. 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 27 gate di essa. Bisogna dunque tenere sempre presente che l’intonazione giusta non è qualcosa che si scopra in natura, come la struttura di un cristallo o la composizione chimica dell’acqua, ma richiede continue scelte selettive ed elettive. Se si traspone, per esempio, quattro o cinque ottave più in basso il valore di un armonico remoto, questo suono all’interno dell’ottava acquista una nuova connotazione: da componente scarsamente udibile e acutissima che contribuisce a formare il particolare “sapore” di un suono, ricondotto all’interno dell’ottava e inserito in una scala a intonazione giusta, questo intervallo diventa qualcosa di diverso, è dotato a sua volta di armonici che lo caratterizzano e stabilisce relazioni intervallari peculiari con gli altri suoni. È vero che, in virtù dell’affinita d’ottava sussiste una parentela stretta tra questo suono e l’armonico da cui è disceso, ma le traslazioni d’ottava non possono essere considerate ininfluenti. Novaro, con le sue scale armoniche, è uno dei pochi teorici a toccare il problema: egli realizza infatti una serie di scale che costituiscono il “fondamento” della musica, “la base della vera armonia”, “perfette” nella loro intangibilità e nei loro rapporti matematici, ma che sarebbe problematico applicare alla pratica musicale;20 introduce poi una serie di intervalli derivati (inversi, reciproci, ecc.) che vengono combinati con quelli “naturali” per realizzare una serie di scale.21 Se non bastasse l’artificialità della trasposizione a distogliere dalle preoccupazioni per un suono perfetto o naturale o più vero — preoccupazioni che retrospettivamente risultano importanti perché hanno albergato nella mente di molti teorici — si deve aggiungere il fatto che l’armonico in natura, sempre che si voglia definire naturale uno strumento musicale o anche una mera corda di violino, non è mai presente individualmente ma è sempre accompagnato da altri armonici, da vibrazioni simpatiche e dai già ricordati fenomeni di distorsione inarmonica. Anche nei casi in cui gli armonici trasposti rappresentino la base di un sistema o il punto di partenza per la realizzazione di scale a intonazione giusta, c’è sempre la possibilità di integrare queste scale con suoni di altro genere. Partch, per esempio, ha avvertito l’esigenza di inserire una serie di intervalli sussidiari con funzione di riempitivi, allo scopo di colmare distanze intervallari giudicate troppo ampie o semplicemente per completare le proto-scale formate dagli intervalli fino al quinto, settimo, ecc. armonico. Nel punto d’incontro tra teoria e pratica, alla componente restaurativa del suono naturale che prevede, a scelta, il recupero di 20 21 NOVARO 1927, pp. 13-14. Ivi, p. 20-23. 28 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA teorie antiche o esotiche o scientifiche, si associa un elemento speculativo-sperimentale che non esclude le operazioni più complesse. È utile forse ripartire dalla lettura da parte di Helmholtz di un particolare sistema a intonazione giusta, quello pitagorico, definito in questi termini: «Nel sistema pitagorico, che ha predominato nella teoria fino ai tempi di Zarlino, nel XVI secolo, l’accordatura procede per quinte ascendenti».22 Il fisico tedesco aveva aperto il suo trattato menzionando Pitagora. Anch’egli sapeva che quando corde di diversa lunghezza ma dello stesso tipo e soggette alla stessa tensione, erano usate per ottenere consonanze di ottava, quinta o quarta, la loro lunghezza doveva dare i rapporti di 1 a 2, 2 a 3 o 3 a 4, rispettivamente. Più tardi i fisici hanno esteso la legge di Pitagora passando dalla lunghezza delle corde al numero di vibrazioni, rendendola così applicabile ai suoni di tutti gli strumenti musicali, e alle precedenti furono aggiunte le relazioni numeriche di 4 a 5 e di 5 a 6 per le consonanze meno perfette di terza maggiore e minore.23 A questa osservazione, Helmholtz aggrega una domanda cruciale: «Cosa hanno a che vedere le consonanze musicali con le proporzioni dei primi sei numeri?».24 A questo interrogativo egli risponderà diffusamente, spiegando che l’orecchio interpreta tutti suoni complessi come oscillazioni cicliche. La consonanza si verifica quando «due dei parziali inferiori delle note combinate hanno esattamente la stessa altezza».25 Pitagora, secondo Helmholtz, «costruì l’intera scala diatonica dalla seguente serie di quinte: Fa ± Do ± Sol ± Re ± La ± Mi ± Si […]. L’intonazione pitagorica quindi si ottiene moltiplicando per 3/2 il rapporto che precede, riconducendolo poi all’interno dell’ottava. Nella scala diatonica pitagorica ci sono soltanto due tipi di intervallo piccolo: il tono intero, 9/8 [ = 204 cent] e il limma, 256/243 [90 cent]».26 Da una successione di cinque quinte giuste si ottiene una scala pentatonica pitagorica; da una serie di sette quinte si ottiene una scala diatonica che possiede i seguenti rapporti: 22 Do Re Mi Fa Sol La Si Do 1 9/8 81/64 4/3 3/2 27/16 243/128 2/1 HELMHOLTZ 1875, p. 312. Ivi, p. 1. 24 Ivi, p. 2. 25 Ivi, p. 229. 26 Ivi, p. 278. 23 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 29 Helmholtz ripercorre vecchie strade: «Se intoniamo due quinte in senso ascendente e un ottava in senso discendente, otteniamo un intervallo che ha come rapporto 3/2 × 3/2 × 1/2 = 9/8, che è una seconda maggiore».27 Estendendo il processo a 12 quinte si ottiene una scala pitagorica cromatica, che possiede due diverse ampiezze intervallari per il semitono, una per quello diatonico, il limma, come Mi-Fa, pari a 256/243 (ca. 90 cent), l’altra per quello cromatico, o apotome, come Fa-Fa8 (2187/2048, ca. 114 cent). La stessa differenza interessa anche le note enarmoniche, per esempio La8 e Si7. Il rapporto tra semitono cromatico e diatonico è detto comma pitagorico, o ditonico ed è pari a (3/2)12/27, pari a 23.460010 cent ossia 531441/524288, poco meno di 1/8 di tono. Un altro comma che interessa nella discussione dei temperamenti è il comma sintonico (o di Didimo o tolemaico),28 che è la differenza tra una terza maggiore giusta e quattro quinte giuste meno due ottave, pari a 21.5062896 cent, ossia 81/80 (circa 1/10 di tono). Inoltre: «[L]e terze e le seste della scala pitagorica differiscono dai loro equivalenti a intonazione giusta di un comma sintonico».29 Per i fautori del microtonalismo, la scala pitagorica offre il modello per estendere il circolo delle quinte oltre i 7 o i 12 suoni del sistema tradizionale. Se dal punto di vista dei rapporti naturali, la terza maggiore e la sesta maggiore della scala pitagorica sono peggiori di quelle temperate, la quinta è ovviamente giusta. Il processo di moltiplicazione per quinte ascendenti si rivela molto importante per l’intonazione giusta: lo dimostra il caso di Bosanquet che verifica l’efficacia del suo sistema temperato equabile microtonale a 53 suoni nell’ottava rapportandolo a un sistema pitagorico a 12 quinte perfette.30 Storicamente, i sistemi a intonazione giusta sono più di venti.31 Prima di sondare, almeno in parte, questa varietà è bene riandare all’affioramento di questa tematica nel Rinascimento. I primi studi sull’intonazione giusta, che riprendono la trattazione contenuta negli Harmonica di Claudio Tolemeo, risalgono a FOGLIANI 1529 fol. 36 e il sistema venne fissato matematicamente in ZARLINO 1573, parte II, capp. 39-40, dove è definito naturale (poi fu anche detto sintonico) in opposizione a quello 27 Ivi, p. 279. In HELMHOLTZ 1875, p. 276 esso è detto semplicemente comma. 29 LINDLEY 1980b. Il comma sintonico può essere inteso anche come la differenza tra 9/8 (tono maggiore) e 10/9 (tono minore). 30 BOSANQUET 1876, pp. 7-13. 31 BARBOUR 1948, p. 20. 28 30 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA diatonico pitagorico. Il sistema naturale viene presentato da Zarlino come moderna sistemazione del problema, a partire dall’intricata questione delle gamme modali greche. Il punto di partenza del teorico italiano è che nei rapporti intervallari della teoria pitagorica le terze e le seste maggiori non sono consonanti, un fatto già osservato in precedenza da altri. Scrive Palisca: I pitagorici avevano limitato la classe degli intervalli che definivano consonanti a quelli prodotti dalle prime quattro divisioni di una corda: l’ottava (2/1), la quinta (3/2), la quarta (4/3), l’ottava più la quinta (3/1) e la doppia ottava (4/1). Zarlino estese il limite superiore alle prime sei divisioni della corda, ossia fino alla sua divisione in sei parti uguali […]. L’elevazione dei numeri determinanti la consonanza da quattro a sei permise l’ammissione [tra le consonanze] di diversi intervalli: la terza maggiore (5/4), la terza minore (6/5) e la sesta maggiore (5/3). La sesta minore (8/5) che rimase fuori da questo gruppo dovette essere spiegata razionalmente come la somma di una quarta giusta e di una terza minore.32 Zarlino aveva però bisogno di altri intervalli per poter sviluppare una scala compresa nell’ottava e basata su questo sistema; utilizzò a tale scopo uno dei tre tetracordi diatonici di Tolemeo, il diatonon syntonon, formato dai seguenti intervalli (in senso discendente): 9/10, 8/9, 15/16.33 Riordinando i rapporti in senso ascendente, Zarlino ottenne la seguente scala (si riporta la relazione con la fondamentale e tra parentesi le distanze tra i gradi congiunti): Do = 1; (9/8); Re = 9/8; (10/9); Mi = 5/4; (16/15); Fa = 4/3; (9/8); Sol = 3/2; (10/9); La = 5/3; (9/8); Si = 15/8; (16/15); Do’ = 2/1. Essa riconduceva all’interno dell’ottava le consonanze trovate in precedenza dal teorico e fu detta, oltre che zarliniana, tolemaica, naturale e a intonazione giusta. L’influsso dei tetracordi greci, come punto di riferimento, seppure remoto, era superato a favore di una concezione a ottave. In termini di ampiezze intervallari espresse in cent, posto Do = 0 cent, si ha: Do = 0; Re = 204; Mi = 386; Fa = 498; Sol = 702; La = 884; Si = 1088; Do = 1200. La scala maggiore a intonazione giusta presentata da Helmholtz ha gli stessi intervalli di quella di Zarlino. Essa è presentata nel modo seguente: l’accordo maggiore Do-Mi-Sol ha le seguenti proporzioni: 1-5/4-3/2. Se associamo a questa triade quella della dominante Sol-Si-Re e quella della sottodominante Fa-La-Do, ciascuna delle quali ha un suono in co32 33 PALISCA 1980. Cfr. Ibidem. 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 31 mune con la triade della tonica Do-Mi-Sol, otteniamo la serie completa di suoni della scala maggiore di Do, con i seguenti rapporti frazionari di altezza: 1-9/8-5/4-4/3-3/2-5/3-15/8-2 (Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si-Do).34 Si tratta di una scala che offre consonanze pure, ossia prive di battimenti, ma presenta un problema: le distanze intervallari non sono uguali. Per esempio la quinta Re-La, 40/27 = 1.481, è dissonante, avendo un’ampiezza di 680 cent (“quinta del lupo”) a fronte dei 702 cent della quinta giusta Do-Sol, 3/2 = 1.5. È utile un confronto tra la scala pitagorica e quella naturale.35 I gradi della scala diatonica nell’intonazione pitagorica (intonazione giusta limite 3) distano i seguenti rapporti: Do (9/8) Re (9/8) Mi (256/243) Fa (9/8) Sol (9/8) La (9/8) Si (256/243) Do. Nella scala diatonica dell’intonazione naturale (intonazione giusta limite 5) si ha: Do (9/8) Re (10/9) Mi (16/15) Fa 9/8) Sol (10/9) La (9/8) Si (16/15) Do. L’asimmetria della scala naturale rende problematico il trasporto e la modulazione, a meno di non riaccordare completamente lo strumento; essa procura anche una terza minore Re-Fa (32/27) più acuta del 1.5% e una quinta Re-La (40/27) più bassa dell’1.9%:36 è necessario allora inserire un nuovo Re, abbassato di un comma rispetto al Re della triade di Sol maggiore, da utilizzare per la triade di Re minore, che formi quindi una quinta giusta con il La: di questo passo, si rende necessaria l’aggiunta di numerosi altri suoni. Le difficoltà si fanno sempre più grandi con l’introduzione dei suoni cromatici.37 Mediante i rapporti dell’intonazione giusta si ottengono tre triadi fondamentali naturali, Do-Mi-Sol, Fa-La-Do e Sol-Si-Re, caratterizzate dal rapporto 4:5:6, dunque più consonanti di quelle dell’accordatura pitagorica e di qualsivoglia accordatura temperata. Transitando dalla fisica alla teoria musicale, la presenza di questi accordi “puri”, che comporta altrove degli svantaggi, ha dato adito a interpretazioni diverse: secondo alcuni studiosi, ciò renderebbe il sistema praticamente inutile o fortemente limitato. Per i paladini dell’intonazione giusta è invece possibile superare questi ostacoli, aggiungendo una variabile quantità di suoni e riducendo al minimo il temperamento, per pervenire ad approssimazioni soddisfacenti.38 34 HELMHOLTZ 1875, p. 15. Cfr. PERLMAN 1994, p. 518. 36 Cfr. ROEDER 1995, p. 173. 37 Cfr. APEL 1969a, BARBOUR 1938, pp. 56-57 e FROVA 1999, p. 212. 38 APEL 1969a, che appartiene decisamente alla categoria degli scettici, enuncia così i principali problemi del sistema a intonazione giusta: (a) i suoni della scala di Do maggiore 35 32 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Le polemiche sull’applicazione pratica dell’intonazione giusta risalgono al periodo rinascimentale. È celebre la controversia che oppose Vincenzo Galilei a Zarlino.39 In una lettera del 17 gennaio 1578, Girolamo Mei, che aveva più volte ribadito l’autonomia dell’arte dalla scienza, invitò Galilei a sperimentare su di un liuto con due corde, l’una governata da tasti disposti per dare il sistema sintonico (o a intonazione giusta), l’altra per produrre quelli del diatonico (pitagorico). In questo modo, lo scienziato chiedeva al suo corrispondente di verificare quale sistema fosse effettivamente adottato nella pratica musicale, persuaso che venisse adoperato il sistema pitagorico. Galilei cercò un’altra strada e avviò la polemica più che decennale con Zarlino. Infatti fu il primo a rendersi conto che la qualità degli intervalli musicali non è stabilità soltanto dalle loro proporzioni matematiche perché, come riassume Palisca, «l’orecchio ha scarsa considerazione per i sistemi; opera a un livello puramente soggettivo, evasivo di ogni misurazione di tipo quantitativo».40 Si tratta di una posizione moderna, che supera quella imperniata su una concezione sacrale del numero come elemento fondante delle caratteristiche intervallari e come riflesso indiscutibile dell’armonia cosmica. Galilei è cosciente che la natura degli intervalli dipende non soltanto dalle loro proporzioni matematiche, ma da numerosi altri fattori, quali la struttura dello strumento, il materiale con cui sono realizzate le corde, ecc. Il teorico aveva anche stabilito che l’orecchio non percepisce differenze intervallari inferiori a 1/9 di tono. Un altro problema nell’applicazione musicale dell’intonazione giusta consiste nella deviazione delle sequenze melodiche dall’altezza di partenza. Questo aspetto — per la prima volta messo in evidenza e dimostrato matematicamente da Giovanni Battista Benedetti (1530-1590) in due lettere a Cipriano de Rore risalenti al 1563 circa, edite in seguito nelle Diversarum speculationum (1585) — è rimarcato da alcuni studiosi novecenteschi in risposta ai tentativi di applicare l’intonazione giusta alla musica a cappella rinascimentale e ad altri repertori antichi. Se si intona, per esempio, una successione Do4-La4-Re5-Sol4-Do4 a intervalli giusti, ossia una sesta maggiore e una quarta verso l’acuto e una quinta verso il comprendono una quinta dissonante, Re-La, 40/27 (80/54) invece che 3/2 (81/54). (b) La scala di Do maggiore ha due diversi toni interi, 9/8 (tono maggiore) e 10/9 (tono minore). (c) La modulazione è impossibile; i primi tre gradi della scala di Sol maggiore, Sol-La-Si, hanno già intervalli diversi dai primi della scala Do maggiore, Do-Re-Mi. Sono quindi necessari due diversi La, uno per la sesta di Do, l’altro per la seconda di Sol. Cfr. LINDLEY 1980a, che enumera diverse “anomalie” dell’intonazione giusta. 39 Cfr. WALKER 1989 e PALISCA 1989. 40 PALISCA 1989, p. 173 (traduzione di Paolo Gozza). 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 33 grave, non si ritorna al Do4 di partenza, ma il secondo Do4 risulta calante di un comma sintonico. Secondo Apel, questo fatto smentirebbe l’ipotesi di coloro che vorrebbero applicare l’intonazione giusta alla musica a cappella nello stile di Palestrina e di altri autori, perché il principio delle triadi pure può essere mantenuto solo a costo di un inevitabile abbassamento dell’altezza.41 In questa prospettiva, l’intonazione giusta sarebbe importante da un punto di vista eminentemente teorico. Anche Barbour muove nella stessa direzione. Nella prassi esecutiva, in realtà, le cose stanno diversamente. È vero che un’applicazione esclusiva del sistema zarliniano sarebbe problematica; va però sottolineato che nessun ensemble minimamente accorto dedito alla polifonia a cappella applicherebbe gli intervalli giusti a un’intera composizione nel modo indicato da Apel; né tantomeno adotterebbe, come purtroppo spesso accade, un’intonazione a intervalli fissi, come i vari sistemi mesotonici, ideati per gli strumenti a tastiera. Semmai dovrebbe ricorrere a sistemi misti, da valutare mediante l’analisi della partitura, che prevedono certamente l’intonazione giusta negli accordi tenuti e in fase cadenzale, e soluzioni diverse laddove i passaggi tra altezze diverse siano più rapidi e prevalga l’elemento contrappuntistico su quello armonico. Di questi problemi, in cui si sovrappongono teoria musicale, composizione e storia della prassi esecutiva, si continua ancora oggi a parlare, soprattutto in relazione all’uso del sistema per il repertorio corale. Tuttavia, la storia degli strumenti microtonali dimostra che una maggiore “giustezza” degli intervalli non è una chimera, ma va di pari passo con un’acuita difficoltà esecutiva (cfr. DAVIES, 1984a). La scala diatonica naturale può essere ampliata con l’aggiunta di semitoni cromatici. È opportuno sottolineare che questi nuovi suoni hanno un rapporto indiretto con la serie “naturale” degli armonici, nel senso che essi vengono aggiunti agli intervalli esistenti della scala diatonica alla distanza di un rapporto frazionario consonante. Le soluzioni sono molteplici: in questo modo le differenze tra le varie scale a intonazione giusta divengono significative. ROEDER 1995 suggerisce i seguenti intervalli aggiuntivi: Do8 25/24 – Mi7 6/5 – Fa8 45/32 – Sol8 25/16 (oppure La7 8/5) – Si7 9/5. In FROVA 1999, p. 212, sono riportati i seguenti intervalli: Do8 25/24 – Re7 27/25 – Re8 75/64 – Mi7 6/5 – Fa8 25/18 – Sol7 36/25 – Sol8 25/16 – La7 8/5 – La8 125/72 – Si7 9/5. Come sono stati ottenuti questi nuovi suoni? Frova porta l’esempio del Sol8, ottenuto dalla neces- 41 Cfr. APEL 1969a. 34 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA sità di formare con il Mi sottostante un intervallo di terza maggiore giusta, 5/4. Quindi la frequenza di Mi (5/4) si moltiplica per 5/4. Sol8 = (5/4) × (5/4) = 25/16 ( = 1.5625) Per ricavare un analogo intervallo di terza maggiore giusta, il La7 va invece “agganciato” al Do superiore: 2 / (5/4) = 8/5 ( = 1.60). Il La7 risulta quindi più acuto del Sol8 e il loro rapporto è pari a 1.024 (41 cent), detto il comma del lupo. Altri propongono una scala cromatica a intonazione giusta in Hz, formata da 22 suoni, con valori distinti per le note enarmoniche:42 Do = 264 Hz Re8 = 309 Mi8 = 344 Sol = 396 La8 = 458 Si8 = 516 Do8 = 275 Mi7 = 317 Fa = 352 Sol8 = 412 Si7 = 475 Do’ = 528 Re7 = 285 Mi = 330 Fa8 = 367 La7 = 422 Si = 495 Re = 297 Fa7 = 338 Sol7 = 380 La = 440 Do7 = 507 YASSER 1932, p. 220 adotta la seguente scala cromatica a intonazione giusta: Do = 1; Do8 = 16/15; Re = 10/9; Re8 = 32/27; Mi = 100/81; Fa = 4/3; Fa825/18; Sol = 3/2; Sol8 = 8/5; La = 5/3; La8 = 16/9; Si = 50/27; Do = 2. Come si vede sono possibili varie soluzioni: non esiste un punto di riferimento univoco, a parte i rapporti degli intervalli fondamentali. Questo processo si acuisce vieppiù nelle forme di intonazione giusta “allargata”. Si è visto che il concetto di ‘intonazione giusta’ designa sì un sistema di intonazione basato su intervalli costituiti da rapporti di numeri interi piccoli, ovvero sulle consonanze fondamentali, ma anche sistemi con semitoni cromatici in cui sono possibili diverse opzioni. È bene tornare, temporaneamente, a una definizione più tradizionale di intonazione giusta. Giova anche ripercorrere il ragionamento per la costruzione di una scala siffatta. APEL 1969a fa derivare l’intonazione giusta (in cui tutti gli intervalli derivano dalla quinta naturale pura e dalla terza naturale pura) dalla seguente formula: m × Q + n × T (in cui Q = quinta e T = terza). La formula per le frequenze relative è quindi (3/2)m × (5/4)n. Apel consiglia di trascurare le ottave, per cui la formula delle frequenze relative diventa 3 m × 5n, in cui m e n designano il numero di quinte e terze 42 WHITE – WHITE 1980, p. 175. 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 35 contenute nell’intervallo in questione. Risultano quindi i seguenti valori per la scala di Do maggiore: Do 1; Re (= 2 Q) 9; Mi (= T) 5; Fa (= - Q) 1/3; Sol (= Q) 3; La (= TQ) 5/3; Si (= T+Q) 15 Riconducendo i valori all’interno dell’ottava, si ha (tra parentesi l’ampiezza degli intervalli): Do = 1 (9/8); Re = 9/8 (10/9); Mi = 5/4 (16/5); Fa = 4/3 (9/8); Sol = 3/2 (10/9); La = 5/3 (9/8); Si = 15/8 (16/15); Do = 2 Il concetto di intonazione giusta può essere esteso oltre le consonanze di quinta e terza. Alcuni teorici, tra cui Euler, Mersenne e Huygens, inclusero tra gli intervalli giusti musicali anche il 7/4 (corrispondente a 996 cent),43 una settima minore poco meno ampia di quella temperata. All’inizio, Euler aveva rifiutato questo tipo di intervalli, asserendo nel 1739 che «essi suonano troppo duri e disturbano l’armonia»,44 ma nel 1760 dichiarò che se essi fossero stati introdotti «la musica sarebbe stata portata a un livello più alto», un’idea già espressa da Mersenne e Huygens. Euler pubblicò due articoli nel 1764 per dimostrare che la «musica ha ora imparato a contare fino a sette», in antitesi con Leibniz che aveva detto che la musica poteva contare solo «fino a cinque» e con la prassi musicale che continuò a ignorare siffatto intervallo. Introducendo nella sua concezione armonica i rapporti con multipli di 7, Euler sviluppò una teoria della consonanza basata su leggi matematiche, che teneva conto, per analogia, di alcuni processi costruttivi delle teorie acustiche greche. In seguito, diversi teorici considerarono l’accordo prodotto dal quarto, quinto, sesto e settimo parziale come una ideale realizzazione dell’accordo di settima di dominante. Mersenne, nella Harmonie Universelle (Parigi, 1636), attribuì qualità di consonanza agli intervalli che vennero poi denominati “settimali”. Autori successivi, tra cui Fétis, Helmholtz e Partch, chiamarono questo intervallo ‘settima armonica’ e inclusero nell’intonazione giusta anche gli intervalli con rapporti di frequenza comprendenti il numero 7, in particolare 7/4, 7/5, 7/6, 9/7 e le loro inversioni. D’altra parte, altri teorici, come Zarlino, Rameau e Schenker, rifiutarono l’adozione degli intervalli settimali in musica.45 Alcuni, come Vicenti43 Cfr. NORDEN 1936, p. 232. EULER 1739. 45 HELMHOLTZ 1875, pp. 78-9 spiega che i martelletti del pianoforte colpirebbero la corda tra 1/7 e 1/9 della sua lunghezza perché, dopo due secoli di esperienza, in questo modo si cerca di annullare o ridurre il settimo e il nono parziale. Sulla settima armonica cfr. anche YASSER 1932, p. 193n. 44 36 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA no e, in tempi più recenti, Barbour e Regener, catalogarono l’intervallo come una sesta aumentata. Dunque, la biforcazione tra sdoganamento di nuovi intervalli da parte dei teorici acustici e loro ammissibilità da parte dei teorici musicali si manifesta precocemente e si ricompone in alcuni ambiti “sperimentali” solo nel Novecento.46 Lo stesso processo può essere esteso ai rapporti frazionari che includono i numeri 9, 11, 13, ecc.: da qui il ricorso a termini come just intonation 9-limit, 11-limit, 13-limit (‘intonazione giusta limite 9, limite 11, limite 13’). In realtà, quindi, esistono tante e diverse “intonazioni giuste”. Questi sistemi complessi e “allargati” furono enunciati in dettaglio a livello teorico da Novaro e utilizzati in parte da Partch nella composizione. Il numero primo più alto che compare nei rapporti frazionari degli intervalli determina il limite; qualora non sia specificato il limite, generalmente si fa riferimento al “limite 5”, analogo alla definizione tradizionale di intonazione giusta. In base allo stesso criterio, l’intonazione pitagorica per quinte giuste ascendenti può essere definita un’intonazione giusta limite 3. È teoricamente possibile estendere ulteriormente questo processo al numero 13, 15 e così via. Nel procedere oltre questi confini, l’unico vero rischio è quello di soggiacere a un culto numerologico fine a sé stesso, perdendo di vista le concrete possibilità di applicare fedelmente questi sistemi agli strumenti musicali, prima ancora di interrogarsi sui metodi compositivi e sulle capacità percettive dell’ascoltatore. Nella seconda metà del Novecento i rapporti proporzionali ricavati attraverso l’intonazione giusta sono stati piegati alle esigenze più disparate. Un caso particolarmente complicato, ricostruito da Gann,47 è quello offerto dall’accordatura di La Monte Young per il suo The Well-Tuned Piano. Il più complesso degli intervalli utilizzati da Young è 1323/1024, che si ottiene nel seguente modo. Il punto di partenza è una settima minore naturale, 7/4, a cui si sovrappone un intervallo della stessa ampiezza: 7/4 × 7/4 = 49/16 ඎ [riconduzione nell’ottava] 49/32. A questo intervallo si sovrappone una quinta giusta (7/4 × 7/4 × 3/2 = 147/32 = 147/128) e poi ancora due quinte: 46 Cfr. anche REGENER 1975. Si è registrata di recente una maggiore attenzione per queste tematiche. Vale come esempio l’aggiunta della voce “Septimal System”, assente nell’edizione del 1980, all’edizione successiva del Grove (HEWITT 2001). È piuttosto fuorviante però l’affermazione di Hewitt secondo cui Skrjabin, Messiaen e Bartók, pur lavorando con il sistema temperato a 12 suoni, avrebbero evocato gli armonici superiori, come il settimo, mediante accordi e scale particolari. 47 GANN 1998a. 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 37 7/4 × 7/4 × 3/2 × 3/2 × 3/2 = 1323/128 ඎ [riconduzione nell’ottava] 1323/1024 È uno dei casi più evidenti, che dimostra come i confini delle “intonazioni giuste” possano ampliarsi a dismisura. Una delle più efficaci definizioni generali di temperamento è la seguente: Un sistema di accordatura in cui gli intervalli deviano dagli intervalli “puri” (ossia acusticamente corretti) del sistema pitagorico e a intonazione giusta. Le deviazioni si rendono necessarie perché questi due sistemi, sebbene perfetti entro una gamma limitata di suoni (principalmente quelli della scala di Do maggiore), divengono sempre più inadeguati con la successiva introduzione dei suoni cromatici.48 Secondo un’altra definizione generale, i temperamenti sono accordature della scala in cui la maggior parte degli ‘armonici concordanti’, sono resi leggermente impuri in modo che alcuni o tutti gli intervalli non risultino sgradevoli.49 Il termine ‘temperamento’ si applica quindi a tutte quelle operazioni teoriche, costruttive e di accordatura sugli strumenti a intonazione fissa che modificano le proporzioni intervallari naturali o pitagoriche.50 Qualora la responsabilità dell’adeguamento a un dato sistema di riferimento ricada sull’interprete (voce, archi), si parla generalmente di ‘intonazione’. Come sottolinea LINDLEY 1980a, non tutti i timbri rendono distinguibile con eguale efficacia il tipo di temperamento adottato. In generale, solo quando gli armonici successivi al primo formano una serie armonica virtualmente pura gli intervalli consonanti suonano sufficientemente differenti in qualità da quelli dissonanti. Un pronunciato grado in inarmonicità nel timbro, come quello prodotto dalle campane o dallo xilofono, elimina la differenza qualitativa tra il suono di un intervallo consonante puro e la sua versione leggermente impura o temperata, eccettuando il caso dell’ottava e dell’unisono.51 Va ricordato, in questo senso, anche il cosiddetto “effetto del toc” collegato al principio di indeterminazione che può modificare notevolmente la nostra percezione delle altezze.52 48 APEL 1969b. LINDLEY 1980a. 50 Per un inquadramento generale del problema, cfr. BAILHACHE 1989. 51 LINDLEY 1980a e COHEN 1984 spiegano gli effetti dell’inarmonicità sulla percezione degli intervalli. 52 Cfr. FROVA 1999, p. 91. 49 38 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA La preferenza accordata all’uno o all’altro temperamento non è dettata solo dal calcolo artimetico ma anche da ragioni estetiche. I temperamenti furono inventati per rendere utilizzabile un maggior numero di suoni nell’ottava, eventualmente enfatizzando le consonanze di certi intervalli e di certe tonalità rispetto ad altre. È noto che una serie di 12 quinte giuste e una di 7 ottave, a partire da una fondamentale comune, non raggiungono la stessa altezza, ma distano un comma pitagorico. Affinché una serie di 12 quinte produca un perfetto unisono con una serie di 7 ottave, è necessario quindi che ciascuna di queste quinte sia temperata, riducendola di una media di 1/12 di comma pitagorico (ca. 2 cent). Se lo stesso ragionamento si effettua con una successione di 12 quarte (rispetto alle ottave), esse vanno ampliate mediamente della stessa quantità. Se tre terze maggiori devono raggiungere un’ottava completa, esse devono essere in media 14 cent più grandi delle terze pure, mentre quattro terze minori per non superare l’ottava pura devono essere ridotte di circa 16 cent rispetto alle terze minori pure.53 Esistono tre categorie principali di temperamento: mesotonici regolari, irregolari ed equabili.54 Questi sistemi rispondono a esigenze diverse. Per esempio, in alcuni temperamenti irregolari utilizzati tra la fine del Sei e l’inizio del Settecento, le quinte sono accordate in maniera differente per conferire maggior purezza alle terze più utilizzate temperando maggiormente le terze meno ricorrenti.55 Nel temperamento equabile a 12 suoni l’unico intervallo preservato giusto è l’ottava. Questo tipo di temperamento prevede la suddivisione dell’ottava in dodici parti uguali. LINDLEY 1980a offre anche un’altra prospettiva da cui guardare questo sistema: Nel temperamento equabile, le terze maggiori sono temperate sette volte più delle quinte, e le terze minori e le seste maggiori otto volte tanto. Storicamente, questo aspetto del temperamento equabile è tanto importante quanto il fatto, unico, di dividere l’ottava in dodici semitoni uguali. Se un semitono temperato vale 100 cent, il rapporto R tra le frequenze che delimitano il semitono temperato è sempre lo stesso. La frequenza dell’ottava superiore, per esempio Do, è uguale a 2 = R12, quindi si avrà: R = 12ř 2 = 1.05946. Il valore dei singoli intervalli è il seguente: Do = 1; Do8 = 1.05946; Re = (1.05946)2 = 1.1225; Re8 = (1.05946)3 = 1.1892; ecc. Do’ = (1.05946)12 = 2.000. 53 Cfr. LINDLEY 1980a. Il temperamento zarliniano e quello mesotonico sono detti anche inequabili. 55 Cfr. LINDLEY 1980a. 54 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 39 L’equidistanza dei suoni rende possibile la riproduzione dei medesimi intervalli in qualsiasi tonalità. Gli intervalli di quinta e quarta hanno una buona approssimazione a quelli naturali, mentre le terze risultano fortemente alterate: la terza maggiore è infatti crescente di 14 cent, quella minore cala di 16 cent.56 Quando si accorda uno strumento, è raro che il temperamento equabile venga applicato in modo rigoroso: fattori di varia natura, per esempio le caratteristiche organologiche dello strumento, impongono diversi aggiustamenti. Nessun accordatore di pianoforti si sognerebbe mai di applicare alla lettera la formula del temperamento equabile a 12 suoni. Se si parla con un accordatore professionista di grande esperienza che ha lavorato per interpreti prestigiosi, in sale da concerto e di registrazione, se lo si osserva al lavoro, è abbastanza facile rendersi conto che l’accordatura del pianoforte è qualcosa di più, molto di più, della semplice applicazione della formula del temperamento equabile.57 Vari fenomeni, tra cui l’inarmonicità degli ipertoni che, lo ricordiamo, dipende dal fatto che le frequenze di risonanza di una colonna d’aria, di una corda58 o di una barra sonora non sono mai armonici esatti, suggeriscono alcuni adattamenti del sistema. Nella realtà musicale, l’inarmonicità è ancora più evidente su barre e membrane, al punto da rendere in certi casi inutile la distinzione tra intervalli giusti e temperati. Tornando al pianoforte, fenomeni disparati contribuiscono in modo determinante a definire il timbro dello strumento, di un particolare modello e perfino di un singolo esemplare. Un buon accordatore sa mediare tra diversi problemi rifinendo a orecchio l’accordatura, secondo criteri che è molto difficile quantificare e che finiscono per creare diverse declinazioni, diversi “dialetti” del temperamento equabile, contraddistinti da sottili differenze ma accomunati dalla stessa formula di riferimento. Anche le coppie e le terne di corde del pianoforte vengono accordate con piccolissime sfasamenti di altezza (ca. 2 cent) per ottenere un suono più spesso e prolun56 Per una comparazione tra gli intervalli della scala pitagorica, naturale e ben temperata cfr. FROVA 1999, p. 219. 57 Cfr. LLOYD 1940, pp. 355-57. Anche la lettura di manuali per accordatori, come CREE FISCHER 1907, conduce a conclusioni simili. 58 «La velocità di propagazione della perturbazione meccanica è diversa per le diverse frequenze (dispersione della velocità del suono) per il fatto che, più è corto il passo dell’onda, più la corda deve deformarsi. Per un analogo motivo si può affermare che il fenomeno dispersivo ha luogo in misura maggiore per i suoni intensi, minore per quelli deboli. Come risultato, gli ipertoni delle note del pianoforte non sono rigorosamente armonici — o multipli esatti — del tono fondamentale» (FROVA 1999, p. 43). Sull’inarmonicità delle corde di pianoforte cfr. CAMPBELL 2001, con bibliografia, e SHUCK — YOUNG 1943. 40 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA gato.59 Le decisioni definitive su un’accordatura sono influernzate da problemi connessi alla riflessione, rifrazione, smorzamento, mascheramento del suono, nonché dall’acustica dell’ambiente circostante.60 L’origine teorica del temperamento equabile a 12 suoni risale alla Cina di epoche remotissime, oltre che ad Aristosseno.61 In Cina, nel 1596, durante la dinastia Ming, il teorico Chu Tsai-Yü adottò la formula del temperamento equabile a 12 suoni come più semplice sistema di riferimento; ritenuto troppo artificiale, esso venne però definitivamente accantonato nel 1712, con la ripresa del riferimento originario a una successione di 12 quinte giuste.62 Nonostante le sue lontane origini teoriche e la sua diffusione settecentesca, il temperamento equabile fu universalmente applicato solo più tardi. È nell’Ottocento, con l’avvio di una produzione semi-industriale di organi e armonium, che comincia a essere osservata una rigida equidistanza dei 12 intervalli nell’ottava. Il rapido aumento degli accordatori e il conseguente abbassamento medio del loro livello di competenza fu causato dall’enorme diffusione del pianoforte: questo portò a una semplificazione dei sistemi di accordatura che finirono per favorire quello ben temperato, mentre vennero accantonati i sistemi mesotonici. Quando Johann Nepomuk Hummel concluse il suo trattato Ausführlich teoretisch-practische Anweisung zum Piano-forte Spiel (1828) affermando che era meglio abbandonare i vecchi temperamenti ineguali a favore di quello equabile perché essi presentano molte difficoltà, soprattutto per i meno esperti, era in corso un cambiamento epocale. Gradualmente, anche l’accordatura degli organi venne adeguata a questa nuova situazione. Autorevoli studi, come JORGENSEN 1991, confermano il fatto che il temperamento equabile, benché diffuso all’inizio dell’Ottocento, necessitò di circa un secolo per raggiungere una soddisfacente accuratezza, e che prima del 1885 non era possibile metterlo in pratica con precisione sui pianoforti. In ogni caso, il termine finale di questo lungo processo va ricercato, a nostro avviso, nella produzione industriale di strumenti elettrici a intonazione fissa, il primo dei quali fu la tastiera elettronica Hammond realizzata nel 1933, che riproduceva fedelmente i rapporti del temperamento equabile. Lo strumento musicale elettrico usciva dalla fabbrica 59 Le corde cominciano a oscillare in fase e, grazie alle sottili differenze di accordatura, vanno lentamente fuori fase. Si ha così un doppio decadimento del suono. Cfr. FROVA 1999, p. 327-28. 60 Cfr. FROVA 1999, pp. 325-33, con bibliografia specifica. 61 Cfr. PALISCA 1989, pp. 168-69 ed ELLIS 1875, p. 548. 62 Cfr. YASSER 1932, pp. 32-33 e KUTTNER 1975. 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 41 definitivamente accordato secondo un criterio che metteva in pratica fedelmente, senza alcuna possibilità di correzione, i rapporti intervallari del sistema temperato a 12 suoni, che in questo modo, per alcuni, finirebbe per manifestare più chiaramente le sue incongruenze. Solo allora, il polo dialettico del microtonalismo e dell’intonazione giusta diventa con matematica esattezza il temperamento equabile. La possibilità di essere al corrente dell’esatta frequenza di un suono contribuì a svelare nel laboratorio i limiti di un sistema che nelle sale da concerto e nei salotti continuava — e continua — a svolgere egregiamente la sua funzione, anche perché veniva — e viene — artigianalmente rettificato e adattato a diverse realtà strumentali e ambientali. Nel 1876 Bosanquet affermava che «ci sono pochi accordatori che possono produrre un temperamento equabile tollerabile».63 All’epoca, il problema era soprattutto la scarsa qualità dell’applicazione generalizzata del sistema ben temperato: anche se il teorico inglese è un propugnatore dell’intonazione giusta, e quindi parte in causa, la sua osservazione non è da sottovalutare. Alcune delle ricerche di Novaro furono rivolte alla rettificazione del temperamento equabile in rapporto a strumenti musicali specifici, come il pianoforte. Il lavoro del ricercatore messicano si inseriva in una secolare attività: nel 1810, C. J. Smyth aveva definito in termini frequenziali i battimenti per l’accordatura in temperamento equabile.64 Novaro è anche cosciente della diversità tra strumenti come l’organo e il pianoforte, per i quali propone sistemi a 12 suoni leggermente diversi. A partire dall’adozione del temperamento equabile a 12 suoni si registra un significativo cambiamento di approccio filosofico al concetto di accordatura. Infatti i sistemi non sono più soltanto pensati come successioni di quinte ricondotte all’interno dell’ottava o come inserzioni di intervalli cromatici in un sistema diatonico, ma anche come sequenze di intervalli di eguale ampiezza. Si arrivò così a suddividere in parti uguali il tono, ma anche la quinta e l’ottava, secondo un criterio privo di una diretta giustificazione acustica. A prevalere è una suddivisione logaritmica: l’intervallo si scompone in unità minori in modo quasi meccanico e si presta a essere prodotto da strumenti a intonazione fissa. All’inizio di questo capitolo si è detto che al termine microtono, il più diffuso nei dizionari musicali, sarebbe in realtà preferibile quello di microintervallo, per l’ovvia ragione che un suono singolo non ha alcun valore se non è messo in relazione con altre altezze, da cui l’importanza di rife63 64 BOSANQUET 1876, p. 5n. JORGENSEN 1991, p. 352. 42 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA rirsi al sistema di appartenenza di un dato suono, allo scopo di chiarirne la natura specifica, nonché alle intenzioni del teorico che lo ha definito. Il principio di suddivisione dell’ottava in N parti o intervalli uguali, alla base del temperamento equabile a 12 suoni, può essere applicato anche ad altri sistemi temperati formati da N suoni, per cui l’ampiezza del microtono temperato risulterà: R= ř2 N A livello teorico non ci sono problemi, perché basta elevare Nř 2 al numero N desiderato. A livello percettivo — e per quanto riguarda gli strumenti acustici, anche a livello semiografico ed esecutivo e/o organologico — si impongono dei limiti, posto che si sia risolto il problema fondamentale, quello cioè di accordare-intonare con esattezza gli intervalli richiesti. Fino alla metà del XX secolo, le suddivisioni più minute sono state impiegate nella composizione da Carrillo, con i sedicesimi di tono. Si distinguono due distinte classi di temperamento: 1) le suddivisioni microtonali equabili derivate dalla divisione del tono in parti uguali, per esempio i quarti, i sesti e gli ottavi di tono; 2a) le suddivisioni, non appartenenti al tipo 1 che prevedono la divisione in parti uguali dell’ottava; 2b) suddivisioni in parti uguali che abbracciano un intervallo maggiore di un’ottava e che non possono essere ricondotte alla tipologia 2a, come può esserlo una divisione di due ottave in nove parti uguali. Alla prima classe appartengono quelle suddivisioni che inglobano il sistema ben temperato (come nel caso dei temperamenti a 24 suoni equidistanti, quarti di tono e a 48, ottavi di tono) oppure quello a toni interi (per es. 18 suoni, terzi di tono e 36 suoni, sesti di tono). Denominiamo nel modo seguente le alterazioni quartitonali: monesis, 1/4 di tono ascendente; triesis, 3/4 di tono ascendente; monolle, 1/4 di tono discendente; trimolle, 3/4 di tono discendente. Mentre il sistema ben temperato viene applicato con una certa elasticità alle contingenze strumentali e ambientali, per quanto riguarda i temperamenti microtonali, al contrario, vige l’adesione, la più rigorosa possibile, alla formula che li definisce e che vuole tutti gli intervalli esattamente uguali tra loro: più la divisione del tono è minuta, minore è la soglia di tolleranza dell’errore rispetto al modello teorico, una necessità che può essere più o meno soddisfatta a seconda delle tecniche di misurazione dell’altezza di cui si dispone. Tentativi di correzione analoghi a quelli condotti da Novaro sul sistema ben temperato sembrano del resto impraticabili su suddivisioni più minute dell’ottava. Questa insanabile 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 43 distanza tra rigidità dei temperamenti equabili microtonali e possibilità organologiche o consuetudini di accordatura di alcuni strumenti musicali comporta alcuni problemi.65 Le più accurate ed estese disamine dei sistemi microtemperati sono offerte da Carrillo e Novaro, ma la teorizzazione del temperamento equabile microtonale non è certo un fenomeno novecentesco. Eppure, soltanto nel XX secolo l’acquisizione di nuovi suoni che abitavano tra un tasto e l’altro del pianoforte diviene il serbatoio per arricchire il linguaggio musicale. Nei secoli precedenti la definizione di una griglia intervallare più fitta all’interno dell’ottava era correlata in maniera significativa alla ricerca di una migliore approssimazione alle intonazioni giuste, nella forma equabile o mesotonica. Le varie soluzioni escogitate da autori diversi derivano dal fatto che al contempo si è cercato di limitare il numero di questi intervalli per non complicare eccessivamente la realizzazione e la tecnica esecutiva dello strumento musicale. La prima formulazione completa di tutte le suddivisioni del tono si trova in SAUVEUR 1707 ed è legata allo sviluppo del calcolo logaritmico. Solo nel XX secolo si assiste alla nascita di una quantità significativa di composizioni, di strumenti e di tecniche microtonali,66 oltre allo sviluppo di numerosi sistemi di notazione.67 Alcuni esempi possono rendere conto della circolazione storica di alcuni temperamenti microtemperati. La suddivisione dell’ottava in 31 parti, benché praticata in precedenza, fu calcolata da uno dei più grandi 65 Un caso concreto: nell’accordatura dei due pianoforti a distanza di un quarto di tono per l’esecuzione dei Three Quarter-tone pieces di Ives si offrono diverse possibilità. Ne elenchiamo alcune: una è quella di accordare i due pianoforti, partendo da due coristi, uno a 50 cent di distanza dall’altro, ciascuno secondo i criteri di un buon accordatore; oppure, secondo lo stesso criterio del buon accordatore, tutte le note dei due pianoforti devono avere una distanza di 50 cent l’una dall’altra; o, ancora, i due pianoforti vanno accordati insieme, mantenendo rigorosamente tra tutti gli intervalli la distanza R = 24ř 2 , senza tenere in conto delle caratteristiche dello strumento. Oppure si devono cercare soluzioni intermedie? E secondo quale criterio? Come si vede, si tratta di questioni di difficile risoluzione, a cui in parte può dare una risposta l’analisi musicale dei singoli brani. Questo esempio non è casuale. GANN 2000 presenta un’analisi di varie versioni dei tre pezzi di Ives: solo la prima registrazione (disco Columbia, Odyssey 32-16-0162, del 1967) è soddisfacente per quanto riguarda l’accordatura. È un esempio di quanto sia delicata la pratica musicale delle composizioni microtonali, per cui si richiede una speciale attenzione, a volte disattesa per difficoltà pratiche o per mera noncuranza. 66 FULLER 1991 indaga su diversi sistemi microtonali equabili a partire dagli intervalli giusti. DE KLERK 1979 raffronta i sistemi microtonali equabili fino a 120 suoni per ottava ai principali intervalli naturali. 67 Sulle notazioni microtonali, cfr. READ 1990. 44 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA scienziati seicenteschi, Christiaan Huygens, negli anni ’60 del XVII secolo e fu poi riproposta nel suo Novus cyclus harmonicus (Leiden, 1724). Gliene fu spesso attribuita la paternità perché le fonti precedenti non erano note: «Una divisione del genere è implicita nelle opere di autori come Nicola Vicentino (1555) e Fabio Colonna (1618) e nel XVII secolo furono costruiti diversi strumenti a 31 suoni, tutti più o meno secondo il progetto dell’archicembalo di Vicentino» (R ASCH 1986, pp. 100-1). Queste suddivisioni nascevano con l’intenzione, non tanto di riportare in vita l’antica musica greca come a volte si afferma erroneamente, ma di rivoluzionare la “moderna prattica”, quindi di realizzare una musica contemporanea innovativa. Infatti «la musica greca, i generi cromatico ed enarmonico […], il formidabile archicembalo con le sue tre tastiere, una per ciascun genere, e le sue 31 note per ottava erano soltanti mezzi rivolti verso questo fine» (LOWINSKI 1959). Il primo a descrivere il temperamento a 31 suoni nell’ottava, unitamente alla lunghezza delle corde, fu Lemme Rossi (c1602-1673). Il mutamento di prospettiva che si compie con la rivoluzione scientifica del XVII secolo è esemplificato dal fatto che, laddove Vicentino evoca l’autorità degli antichi teorici greci, Rossi ricorre alle nuove risorse del calcolo matematico. Per Huygens, il temperamento equabile a 31 suoni forniva un’approssimazione ottimale al temperamento mesotonico, che egli giudicava il migliore. Nella Harmonie universelle, Mersenne propose invece un sistema a intonazione giusta formato da 31 suoni ineguali nell’ottava. Il sistema equabile a 31 suoni fu riproposto nell’Ottocento (BOSANQUET 1876, p. 63) e nel Novecento. Novaro lo considerò dotato di eccellenti approssimazioni alla terza maggiore giusta e alla settima naturale ma lo reputò dotato di quarte e quinte troppo imperfette: ipotizzò anche nuovi strumenti musicali in grado di attenuare i battimenti su questi due tipi di intervallo (NOVARO 1951, p. 164-66). La riedizione moderna dei trattati musicali di Huygens nel 1940 riaccese l’interesse per questo sistema microtemperato. Le teorie di Huygens, e quelle di Euler, vennero messe in pratica dal fisico Adriaan Fokker (1887-1972) verso la metà del Novecento e dettero vita alla importante scuola microtonale olandese. Nel 1941 Fokker presentò a Haarlem una conferenza assieme al direttore della sezione elettronica della Philips Gloeilampenfabriek, Dr. van der Pol, sulle possibilità del temperamento a 31 suoni e l’uso di accordi comprensivi di settima minore armonica. Il temperamento a 53 suoni fu proposto per la prima volta da Nicolas Mercator II, figlio del cartografo, matematico e astronomo danese del XVII 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 45 secolo il quale, secondo Yasser, trovò citato questo sistema addirittura negli scritti del teorico cinese King-Fang (II sec. d. C). Questo temperamento è considerato da diversi teorici come il sistema che offre la migliore approssimazione all’intonazione giusta con il minore numero di suoni.68 La divisione in 53 parti è implicita nel concetto rinascimentale di suddivisione in 9 parti uguali del tono intero pitagorico (9/8): 4 parti danno il semitono diatonico pitagorico (256/243): così, l’ottava, formata da 5 toni interi e da 2 semitoni, avrebbe contenuto implicitamente 5 × 9 + 2 × 4 microtoni equabili. Fin dal XVII secolo alcuni teorici dimostrarono che la divisione in 53 parti contiene terze e quinte praticamente pure. Il sistema fu impiegato anche dal compositore ed etnomusicologo norvegese Eivind Groven (1901-1988). Bosanquet e Barbour lo considerano il miglior sistema temperato, in quanto permette di ottenere terze e quinte praticamente pure.69 Esso «contiene buone approssimazioni agli intervalli a intonazione giusta e a quelli pitagorici».70 Bosanquet applica questo sistema alla sua “tastiera generalizzata” dotata di 84 tasti nell’ottava. Nello harmon di James Paul White, lo stesso sistema a 53 suoni è disposto su una tastiera a 56 tasti.71 Nella logica dell’intonazione giusta questi sistemi microtemperati sono sempre approssimati: a sottolinearlo sono spesso i detrattori dell’intonazione naturale favorevoli al relativismo dei temperamenti. Alcuni autori evidenziano le difficoltà procurate dalla proliferazione degli intervalli; BARBOUR 1938, p. 57 ricorda che fin dal Seicento, Dyrck Rembrantz von Nierop (in Wis-konstige Musyka, Amsterdam, 1650) si era reso conto della grande quantità di intervalli necessari a un sistema a intonazione giusta di 11 suoni nell’ottava ottenuti su una cetra a quattro corde. L’intercomunicabilità tra sistemi a intonazione giusta e microtemperati equabili è dimostrata dal fatto che persino in un sistema come quello quartitonale, che non nasce certamente dal desiderio di imitare i rapporti intervallari degli armonici, si possono intercettare alcuni valori basati sull’armonico 11, ossia 11/8 = 551 cent; 11/9 = 347 cent; 11/6 = 1049 cent e 12/11 = 151 cent; d’altra parte, questi intervalli sono lontani da quelli basati sull’armonico 7 quanto lo sono quelli del sistema temperato a 12 suoni. 68 Questo sistema non va confuso con la “scala universale dei suoni” di Daniélou, che prevede sì 53 suoni ma di ineguale ampiezza (cfr. PIANA 2001, utile anche per la riflessione sulla naturalità-artificialità degli intervalli in seno ai rapporti armonici-scale). 69 BOSANQUET 1876 e BARBOUR 1938. 70 LINDLEY 1980d. 71 A causa delle diverse diteggiature proposte, viene ripetuto un numero variabile di suoni tra i 53 che formano il temperamento. Cfr. ELLIS 1875, pp. 481-83. 46 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Si è detto che alcuni sistemi microtonali non presentano divisioni del tono in parti uguali. Alcuni di essi non includono alcun intervallo del sistema temperato a 12 suoni, a parte la fondamentale e l’ottava. Domenico Alaleona nel 1911 propose la pentafonia, ossia la suddivisione dell’ottava in cinque parti uguali (R = ř5 2 ), l’ennefonia (R = ř9 2 ), oltre alla consueta scala a toni interi (R = ř6 2 ), quella degli intervalli dell’accordo diminuito (R = ř4 2 ) e aumentato (R = ř3 2 ) e la successione Do-Fa8 (R = ř2 2 ).72 Nella sua teoria, Novaro approda a suddivisioni temperate di asperrima difficoltà applicativa, come 53ř 4 , che rappresentano ancora oggi un limite raramente valicato.73 In alcune opere elettroacustiche degli anni ’50, Karlheinz Stockhausen è arrivato a utilizzare suddivisioni del tipo 25ř 5 (ossia il rapporto 5/1 diviso in 25 parti uguali). Come si può intuire, si tratta di soluzioni estremamente complesse che possono essere applicate soltanto tramite strumenti elettronici. A partire dagli anni ’80, il diffondersi di sintetizzatori e sistemi informatici a basso costo ha permesso di realizzare e diffondere i più svariati tipi di scala microtonale. Caduta da molto tempo a livello teorico, è stata rimossa anche nella pratica l’ultima barriera “ciclica” costituita dall’ottava e sono divenute realtà le più ardite combinazioni tra sistemi microintervallari diversi. Un capitolo consistente dei temperamenti microtonali che suddividono l’ottava in parti uguali riguarda quei sistemi che permettono di imitare più o meno fedelmente i rapporti dell’intonazione giusta, creando una “griglia” di intervalli più fitta e quindi con una migliore approssimazione. Ovviamente, maggiore è il numero dei microtoni impiegati nella suddivisione dell’ottava, maggiore sarà la fedeltà all’intonazione naturale; ma, per motivi di praticità, è anche necessario ridurre il numero dei microtoni. Novaro mise a confronto le differenti qualità delle suddivisioni dell’ottava in 19, 22, 26, 29, 31, 34, 41, 46, 53, 63 e 65 parti uguali.74 Diversi microtonalisti effettuarono esperimenti di gruppo o presentarono pubblicamente le proprie composizioni allo scopo di saggiarne gli effetti o per dimostrare la possibilità di utilizzare musicalmente i nuovi intervalli.75 La nascita della psicoacustica si colloca verso la fine della Se72 ALALEONA 1911, pp. 405-20. NOVARO 1951, p. 236. 74 NOVARO 1951, p. 161 e segg. 75 Sarebbe qui impossibile affrontare un discorso sulla percezione in rapporto all’oggetto della nostra ricerca, ma vanno tenute in conto le implicazioni poietiche che hanno suggerito ai microtonalisti precise scelte, sia a livello teorico sia a livello compositivo e organologico. Anche la preferenza accordata ad alcuni intervalli su un particolare tipo di stru73 2. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 47 conda Guerra Mondiale, al di là del quadro cronologico qui preso in considerazione: sintetizzando al massimo, lo sviluppo di questi studi ha dimostrato l’interdipendenza dei vari parametri musicali.76 Tutte queste risorse, che mettevano in crisi i vecchi modelli scientifici, per quanto intraviste da scienziati come Helmholtz, non furono disponibili ai teorici di cui qui si parla. Eppure, come vedremo, non mancò loro una specifica sensibilità per questi problemi. mento musicale non può sfuggire a implicazioni di questo tipo. Allo stesso modo, nel comporre i suoi primi pezzi microtonali, nati proprio per dimostrare la praticabilità musicale dei nuovi intervalli di fronte a un uditorio, Carrillo tenne in conto l’impatto dei nuovi intervalli sul pubblico, anche in rapporto alla forma generale del brano (cfr. CONTI 1997, pp. 50-61). Non si può fare a meno di notare la sommaria trattazione del problema dei microintervalli in vari testi di psicologia dell’ascolto, ottimi per altri versi (ad esempio MOORE 1997, pp. 208-10). Ma non sono mancati studi specifici su questo argomento. HÖRNER 1976 ha sperimentato la ridefinizione della scala maggiore nelle successioni di 12, 19 e 31 suoni nell’ottava, mentre JORDAN 1987 si è rivolto all’influsso delle gerarchie tonali nella percezione dei microtoni. Sono stati condotti studi sulla identificazione di melodie formate da diversi tipi di microintervallo, in relazione all’ampiezza di questi ultimi, alla loro disposizione e all’addestramento dell’ascoltatore (COHEN 1988, PARNCUTT – COHEN 1995). Lo studio forse più importante sull’argomento che ci interessa, WEINBERGER 1999, rimette in discussione alla radice il rapporto tra microtemperamenti equabili e intonazioni basate su rapporti frazionari, dimostrando che il parametro dell’altezza è mappato negli esseri umani in maniera “tonotopica”, secondo una scansione logaritmica piuttosto che attraverso i rapporti di frequenza. C’è un altro aspetto importante a cui si deve accennare: la preferenza statistica accordata durante la performance, da parte di strumentisti ad arco, agli intervalli giusti, pitagorici e temperati. L’esperimento effettuato da NICKERSON 1949 intendeva verificare l’intonazione utilizzata da un gruppo di interpreti (WHITE – WHITE 1980, p. 180). Altri esperimenti hanno raffrontato le strategie di aggiustamento dell’intonazione in due musicisti nell’eseguire uno stesso brano nella versione in temperamento equabile e in intonazione giusta (KOPIEZ 2003), evidenziando che per i musicisti il riferimento a sistemi astratti di intonazione è secondario rispetto al contesto in cui ci si trova a operare, in cui prevale piuttosto la conservazione delle abitudini acquisite. 76 Ad esempio, una stessa frequenza, anche sinusoidale, viene udita ad altezze diverse a seconda della sua intensità, il timbro modifica la concezione di consonanza e dissonanza, a diverse altezze lo stesso timbro è percepito in maniera differente, ecc. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 Nel corso dell’Ottocento, sulla scia di diverse esperienze condotte in Europa, anche in Nord America si registrarono i primi tentativi di applicazione agli strumenti musicali di vari sistemi a intonazione giusta e anche nel Nuovo Mondo qualcuno fece risuonare quarti di tono temperato. Sono almeno due i progettisti statunitensi che tentano di risolvere il problema dell’applicazione degli intervalli naturali mediante alcuni nuovi strumenti musicali. Entrambi vengono menzionati da Ellis nel suo commento al trattato di Helmholtz. Il primo è Henry Ward Poole (18251890), attivo a Boston, che nel 1850 disegnò e nel 1868 costruì, assieme a Joseph Abbey, un organo “euharmonico” e che qualche anno più tardi progettò una tastiera a 100 tasti per ottava.1 L’organo aveva una tastiera presumibilmente tradizionale, ma la sua intonazione poteva essere modificata attraverso una pedaliera. In questo modo era possibile ottenere gli intervalli naturali diatonici per differenti tonalità. Tra gli intervalli “nuovi” che la tastiera poteva produrre (probabilmente sui tasti neri) vi erano una seconda grave, la settima armonica e altri intervalli non meglio specificati. Poole, di professione ingegnere minerario e bibliofilo, pubblicò diversi saggi sulle sue esperienze.2 Nel periodo 1856-57 Poole aveva lavorato in Messico come ingegnere per la Mexican Pacific Coal and Iron Mining and Land Company. In seguito, Poole ritornò in Messico: secondo la testimonianza di Ellis, fu «professore di Istruzione Pubblica all’Istituto Governativo di Città del Messico». Nel paese latinoamericano proseguì le sue ricerche. Divenne anche un apprezzato collezionista di libri messicani e corrispose con la American Antiquarian Society. Fu sepolto nella capitale messicana. Ellis corrispose con Poole e riprodusse il testo di una missiva con annesso progetto datata 9 marzo 1885 inviatagli dallo studioso statunitense.3 1 Sull’attività di Poole, cfr. ELLIS 1875, pp. 195n, 228n, 329n, 423 e soprattutto pp. 474-76, 478, nonché PARTCH 1974, pp. 392 e 443. 2 Sul Silliman’s American Journal of Arts and Sciences, 1850, vol. 9, pp. 68-83; 199-216; 1867, vol. 44, pp. 1-22; 1868, vol. 45, p. 289. 3 ELLIS 1875, p. 478. 50 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA L’altro pioniere dell’intonazione giusta negli USA è James Paul White, un accordatore di Springfield, Massachusetts, il quale dopo aver letto delle esperienze di Poole, nel 1883 a Philadelphia pensò di costruire uno strumento musicale, lo harmon secondo un sistema a 53 intervalli uguali nell’ottava, un sistema già adottato da altri (cfr. §2). Ellis corrispose con White e ricevette alcune fotografie del suo strumento.4 Il raffronto, effettuato da Ellis, delle approssimazioni del sistema temperato a 53 e degli intervalli giusti divenne un importante punto di riferimento per successivi studiosi del problema.5 Il primo costruttore accertato di uno strumento a quarti di tono negli USA fu George Ives, padre di Charles, che nel 1885 costruì una quartertone machine dotata di 24 corde di violino. Sullo stesso sistema di accordatura, nel 1902 Max Meyer realizzò un armonium dotato di una tastiera speciale a 24 tasti nell’ottava.6 Nel 1924, se non prima, Moritz Stoehr costruì a New York un pianoforte a quarti di tono. La prima composizione quartitonale americana sarebbe un perduto Chorale per archi di Charles Ives, poi rifuso in uno dei Three Quarter-Tone pieces per due pianoforti, risalente forse al 1909. Carrillo fu invece il primo a dare un intero concerto di musica microtonale con quarti, ottavi e sedicesimi di tono, in Messico nel 1925.7 In America, nei primi anni del Novecento, riviste e pubblicazioni specialistiche ebbero un importante ruolo nella circolazione delle esperienze relative ai microintervalli. Vennero pubblicati diversi scritti sulla musica a quarti di tono, soprattutto in tedesco,8 ma sull’argomento apparvero anche testi in inglese.9 Nel 1923 era apparso negli Stati Uniti il primo articolo di Carrillo sul microtonalismo (CARRILLO 1923). Di lì a poco si sarebbe ascoltata a New York una discreta quantità di musica microtonale. Carrillo esportò dal Messico alcune opere e altre le compose su richiesta di Stokowski nella metropoli statunitense. La pubblicazione dell’Entwurf busoniano a New York rimonta al 1911. Prima di quella data erano state avviate alcune interessanti esperienze che coniugavano le ri4 ELLIS 1875, p. 481-83. ELLIS 1875, p. 481. 6 READ 1990, p. 74. 7 Carrillo fa risalire al 1895 la scoperta del “Sonido 13”, ossia del primo suono al di fuori del temperamento tradizionale. Più che un valore storico effettivo, questa data possiede un’importanza simbolica per il compositore messicano (cfr. CONTI 1995). 8 MAGER 1915, WUTHMANN 1917, STEIN 1923a e 1923b, STEFANI-MARBURG 1923. 9 Tra gli articoli, vennero certamente letti anche negli USA OVERMYER 1927, SABANEEV 1927 e 1929, WELLEK 1926 e WYSCHNEGRADSKY 1927. 5 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 51 cerche sui microintervalli e l’intonazione giusta a strumenti musicali elettrici ed elettronici. 3.1. Il microtonalismo tecnologico Lo studio scientifico del suono conobbe agli inizi del Novecento un periodo di stallo rispetto all’epoca precedente. Secondo TAYLOR 1980, pp. 545-56, questa caduta di interesse è in parte attribuibile alla sempre maggiore egemonia esercitata dalla fisica atomica. Nonostante un certo rallentamento a livello teorico, le applicazioni tecnologiche dell’acustica crebbero a livelli esponenziali. Il rapporto di queste invenzioni con l’uso artistico dei suoni è spesso inesistente: a prevalere sono le applicazioni militari e industriali. Su un versante che riguarda più da vicino la musica, nel giro di trent’anni, grazie all’elettricità e all’elettronica, si succedette una serie impressionante di brevetti che riguardano i sistemi di produzione, registrazione, amplificazione e trasmissione del suono. In questo modo si assistette a una graduale e definitiva trasformazione non solo del paesaggio sonoro, ma anche dell’universo musicale e della sua recezione. Nel 1876 Thomas A. Edison (1847-1931) inventò il rullo e nel 1887 Emile Berliner realizzò il disco; nel 1898 Valdemar Poulsen brevettò il telegraphone, il primo registratore magnetico. Un punto di svolta in questo processo di elettrificazione della comunicazione sonora è costituito dall’invenzione della valvola termoionica, concepita separatamente da John Ambrose Fleming (valvola a diodo, 1904) e da Lee de Forest e Robert von Lieben (valvola a triodo, 1906), che decretò la nascita dell’elettronica. Da quel momento fu possibile costruire anche strumenti musicali elettronici. Fin dal 1820, quando si scoprirono le relazioni tra elettricità e magnetismo, erano stati realizzati strumenti musicali elettrici.10 La possibilità di ottenere, grazie agli strumenti elettrici, una quantità sempre maggiore di frequenze misurabili con esattezza era una delle priorità nella ricerca nel campo delle radiotrasmissioni, effettuate soprattutto a scopo militare durante la Prima Guerra Mondiale. In questo senso, molte ricerche furono dedicate al miglioramento dei segnali 10 Nel 1899 William Du Bois Duddell realizzò il singing arc, in cui un semplice oscillatore controllato da una tastiera manipolava il suono acuto prodotto da una lampada elettrica ad arco, di quelle utilizzate all’epoca per l’illuminazione pubblica. L’arco stesso agiva da altoparlante e il suono aveva una durata limitata. Nel 1902 Pierre Janet usò questo principio per ottenere una maggiore gamma di frequenze e l’anno successivo Poulsen costruì un arco che diede un notevole contributo allo sviluppo delle radiotrasmissioni a lunga distanza. Cfr. DAVIES 1986, p. 26. 52 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA telefonici e radiofonici. In questa prospettiva, va osservato che sistemi di produzione e trasmissione di frequenze sempre più discrete significavano anche una maggior quantità d’informazione trasmissibile e comunicabile. Da un punto di vista più strettamente musicale, le grandi possibilità e la precisione offerta dalla produzione elettronica del suono trovarono presto un’applicazione concreta in strumenti musicali microtonali, sia temperati che a intonazione giusta. Le difficoltà collegate all’accuratezza dell’intonazione, al suo mantenimento, erano superabili mediante queste nuove macchine. Uno dei primi artefatti del genere fu il telharmonium, ideato da Thaddeus Cahill (1867-1934), il quale depositò cinque brevetti, il primo a Washington nel 1897.11 Il telharmonium è considerato il precursore dei moderni sintetizzatori. Si trattava di un mastodontico strumento che produceva il suono attraverso 145 ruote cilindriche elettromagnetiche, in grado di produrre una determinata frequenza senza il vincolo di alcun temperamento. Le ruote erano azionate da due tastiere.12 Cahill — forse per influsso diretto del trattato di Helmholtz o memore delle esperienze di White e Poole — era un paladino dell’intonazione giusta e applicò questo sistema al telharmonium. Nel corso degli anni egli realizzò tre diversi modelli dello strumento. Il secondo, del peso di circa 200 tonnellate, fu collocato in un’apposita sala, denominata Telharmonic Hall, a New York. Lo strumento costò più di 200.000 dollari dell’epoca. Dal 1906 vennero dati concerti quotidiani, trasmessi attraverso i cavi telefonici e diffusi nell’ambiente attraverso dei megafoni, per i quali Cahill offrì sottoscrizioni in abbonamento. Per alcuni anni il telharmonium ebbe un posto nella vita quotidiana newyorkese. Mark Twain fu uno dei primi ad abbonarsi a questo sistema di musica a distanza e contribuì a renderlo popolare. In vari articoli apparsi su The New York Times, Twain è descritto intento ad ascoltare la marcia nuziale del Lohengrin o America dal telharmonium. Il 31 dicembre 1906 Twain tenne a casa sua una festa che inevitabilmente divenne anche una conferenza in cui parlò di diverse invenzioni tra cui lo strumento di Cahill. Egli stesso lo accese alla mezzanotte per festeggiare il nuovo anno: in programma Auld Lang Syne.13 Nel marzo del 1911 Cahill completò e installò a New York il terzo modello della macchina, utilizzato per diffondere musica in abbonamento fino al 1916. Questi strumenti creavano 11 Il nome originario era dynamophone. L’inventore, su tutti, avrebbe preferito il nome “Electric Music Plant”, ‘impianto per musica elettrica’. 12 Coevi alla comparsa dello strumento sono i resoconti di BAKER 1906a, 1906b e 1906c; cfr. inoltre WEIDENAAR 1988 e PARADISO 1998. 13 PAINE 1912, pp. 1364-65. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 53 però disturbo alle normali comunicazioni telefoniche, per cui il progetto fu abbandonato. Negli anni ’50 il fratello dell’inventore tentò di salvare l’ultimo esemplare superstite dello strumento, di cui oggi si è persa ogni traccia. Cahill, il quale finì i suoi giorni in miseria, era persuaso che ogni aspetto della vita umana potesse avere un accompagnamento sonoro acconcio e che tramite la sua invenzione ognuno potesse godere a domicilio di musica di alta qualità. A parte i problemi tecnici di interferenza e gli elevati costi di costruzione, non tutti furono d’accordo con l’applicazione dell’intonazione giusta al nuovo strumento e forse, per un certo tipo di repertorio, agli strumenti musicali tout court.14 In un articolo del 1924, Edwin Hall Pierce tirò le somme della sua esperienza di esecutore e insegnante di telharmonium. Secondo Pierce, la musica moderna mal sopporta l’intonazione giusta: sarebbe da preferirsi la scala temperata.15 Di fronte alla precisione scientifica e alla facilità di produrre qualsiasi frequenza attraverso uno strumento elettrico, l’interminabile dibattito riaccesosi nell’Ottocento sui sistemi di accordatura acquistava così un nuovo senso. Pierce ci offre un prezioso resoconto della sua esperienza di interprete di telharmonium. A suo parere, l’intonazione giusta si può apprezzare in un accordo tenuto prodotto da un coro a cappella o da un quartetto d’archi di ottimo livello. Invece, nel caso in cui questi sistemi si applichino a strumenti come l’organo e l’armonium, le difficoltà costruttive, il costo e i problemi esecutivi che essi comportano finiscono per rendere queste esperienze una semplice curiosità musicale. Eppure, sottolinea Pierce, l’idea continua ad attanagliare la mente di musicisti e organari come un fuoco fatuo. Si sottintende che Cahill è uno di costoro. Dall’articolo di Pierce si deduce che sul telharmonium era applicato un sistema a intonazione giusta con 36 suoni nell’ottava, compresa la settima armonica (7/4). Un’altra novità presen14 Qualche anno dopo le realizzazioni di Cahill, in Europa e in America furono costruiti diversi strumenti musicali elettronici. Alcuni di essi furono pensati esplicitamente per produrre microtoni, come la serie degli sphäraphon sviluppata da Jörg Mager a Berlino tra il 1921 e il 1928. Il primo strumento, l’electrophon, costruito dall’industria Lorentz, era privo di tastiera tradizionale. Le altezze erano controllate dalla mano attraverso un quadrante semicircolare: per la prima volta l’intera gamma delle frequenze si offre all’esecutore e al compositore senza alcun vincolo e limitazione, in forma di continuum in cui è assente qualsiasi forma di gerarchia preventiva, sia essa dipendente da sistemi di intonazione, da scale o dalle caratteristiche costruttive dello strumento musicale. Mager costruì poi altri due strumenti: il kurbelsphäraphon (1923), presentato al festival di Donaueschingen del 1926, per il quale Georgij Rimskij-Korsakov scrisse alcuni pezzi quartitonali; e il klaviatursphäraphon (1928), dotato di due tastiere, in grado di produrre anche microintervalli. 15 PIERCE 1924. 54 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA tata da questo strumento, che in seguito avrà un’enorme importanza, era la possibilità di generare diversi timbri attraverso il dosaggio degli armonici, il che permetteva di ottenere suoni somiglianti a quelli di alcuni strumenti tradizionali. L’interprete Pierce si dovette accollare l’onere di sviluppare la complessa diteggiatura per la tastiera. La musica era scritta nel sistema convenzionale, con alcuni segni integrativi per indicare gli intervalli dell’intonazione giusta. Per motivi di semplicità, ci riferisce Pierce, le quinte furono lasciate temperate, perché la loro differenza con quelle naturali fu considerata trascurabile, mentre Cahill utilizzò terze giuste. Si trattava dunque di un sistema non molto diverso da quello ideato da Helmholtz. Furono trascritti per lo strumento, secondo questo sistema giusto, un corale e il movimento lento del Trio in Do maggiore, op. 87 per due oboi e corno inglese di Ludwig van Beethoven. Come si è detto, Cahill previde l’uso delle settime armoniche. In questo modo, l’accordo di settima di dominante, per esempio, si poteva eseguire in tre modi diversi: in temperamento equabile; con la terza in intonazione giusta; con la terza in intonazione giusta e la settima armonica. L’effetto migliore, secondo Pierce, si otteneva con il secondo accordo; «la terza soluzione dava un accordo dal suono molto dolce, al punto che esso non sembrava richiedere una risoluzione: era piuttosto privo di sapore».16 È interessante notare come la disponibilità di nuovi intervalli suggerisca immediatamente nuove soluzioni armoniche, pur essendo approntate per lo strumento delle semplici trascrizioni. Nota infatti Pierce: «Presto scoprii il fatto rilevante che la settima armonica poteva essere aggiunta, in molti casi, all’accordo finale maggiore di tonica senza privarlo dell’appropriata sensazione di chiusura».17 Pierce si affretta però ad aggiungere che questo effetto è garantito solo da timbri molto semplici, quali quello del flauto, e solo quando la settima viene collocata nella parte superiore dell’accordo. Pierce, che è un musicista, si rende conto di due cose molto importanti, spesso trascurate dai teorici che in precedenza si erano occupati dell’argomento. Primo: l’intonazione giusta ha senso solo per certi tipi di timbro, perché in alcuni casi, nonostante la conformità dei rapporti di frequenza alla successione degli armonici, il risultato sonoro è meno efficace che nel sistema temperato. Secondo: che è di fondamentale importanza la disposizione delle note dell’accordo, quindi che le trasposizioni d’ottava hanno un limite che solo l’orecchio e il gusto posso- 16 17 Ivi, p. 329. Ivi, p. 329. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 55 no permettersi di vagliare. Per di più, insegnando il telharmonium, Pierce e i suoi allievi si rendono conto che c’è uno spirito nella musica moderna che non solo non richiede l’intonazione giusta, ma soffrirebbe del suo uso; di conseguenza essi [gli allievi di telharmonium] ricaddero sempre più nella moderna scala temperata […]. Questo stravolgimento delle sue intenzioni procurò all’inventore grande offesa e disappunto, ma egli giudicò male gli esecutori: a influenzare la loro azione non fu mera negligenza ma autentica necessità artistica. […] L’intonazione giusta è meravigliosa per una musica dal carattere calmo e sostenuto che non contiene alcuna modulazione remota, ma una musica di carattere vigoroso diventa insipida e poco interessante. Inoltre nelle modulazioni lontane l’applicazione dell’intonazione giusta diventa teoricamente e praticamente imbarazzante.18 La gigantesca macchina elettrica, in grado di produrre l’esatta frequenza desiderata, rimise in discussione perfino l’intervallo di ottava. Secondo Pierce, le ottave giuste dello strumento non suonavano neanche come ottave. L’ottava superiore aggiungeva soltanto brillantezza alla qualità timbrica della fondamentale, senza che si potessero distinguere due suoni diversi. Nella conclusione del resoconto di Pierce traspare la probabile causa di questa rievocazione tardiva delle esperienze di Cahill: la pertinenza dell’intonazione giusta in musica. Un argomento che, a differenza dei mastodontici strumenti di Cahill, era ancora in circolazione. Pierce suggerisce di chiudere definitivamente la questione a favore della scala temperata, eccetto che nella polifonia a cappella, in particolare in quella nello stile di Palestrina. Pierce è lontano da preoccupazioni pratiche, il suo sembra un modo per allontanare il problema, un problema che evidentemente a qualcun’altro appariva attuale. L’articolo si chiude con una considerazione sulle qualità timbriche dello strumento che, benché dotato di diversi registri, «aveva il suo speciale carattere che pervadeva tutto e che nel tempo divenne molto irritante per i nervi. Tutto lo staff musicale concordava nel dirsi questa cosa l’un l’altro, ma era attento a non esprimere questo punto di vista al pubblico e ai membri della compagnia».19 Una considerevole importanza nelle prime relazioni tra musica ed elettronica, soprattutto negli Stati Uniti, ebbe il fisico e violoncellista russo Lev Sergievich Termen (1896-1993) che in seguito anglicizzò il suo nome in Leon Theremin. Il suo primo strumento fu l’aetherophone, presentato in pubblico nell’agosto del 1920 a Pietrogrado e più tardi ribattezzato theremin. L’idea nacque nel 1919, mentre lo scien- 18 19 Ivi, p. 330. Ivi, p. 332. 56 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA ziato lavorava per il governo sovietico ad alcuni sistemi di allarme che emettevano un fischio variabile. Nel theremin, le variazioni di altezza sono procurate dallo spostamento della mano destra dell’esecutore rispetto a un’antenna, mentre la mano sinistra controlla in modo analogo l’intensità. Quindi il passaggio da un suono all’altro avviene inevitabilmente attraverso glissandi. Come nel caso degli strumenti di Mager si aveva a disposizione un continuum di altezze: Cowell afferma che lo strumento era impiegato anche per produrre microtoni.20 D’altra parte, non essendoci punti di riferimento, sul theremin una precisa intonazione dei microintervalli appare improbabile. Il geniale scienziato peraltro non si limitò a realizzare soltanto lo strumento che porta il suo nome, ma ne costruì diversi altri. DAVIES 1984a menziona un progetto di armonium elettrico in grado di produrre suddivisioni fino a 1/100 di semitono, anche se sembra che Theremin non abbia mai realizzato questo strumento. Per rendere più agevole l’intonazione, nel 1922 lo scienziato russo corredò lo strumento di una tastiera simile a quella di un violoncello. Nel 1924 il theremin fu utilizzato per la prima volta in una composizione orchestrale. Lo scienziato presentò il suo strumento in molte località dell’Unione Sovietica. Nel 1923 trascorse un breve periodo a Berlino e nel 1927 realizzò una serie di concerti in Europa, per poi trasferirsi negli USA. Nel 1928 brevettò il thereminvox la cui licenza fu acquistata dalla RCA, che negli anni ’30 ne mise in commercio circa 300 esemplari.21 Nei dieci anni trascorsi negli Stati Uniti, Theremin ebbe un ruolo centrale nelle vicende della musica d’avanguardia: Il notevole progresso nel campo della generazione sonora elettronica […] è probabilmente dovuto in parte alla permanenza di Termen a New York. Egli stesso costruì una versione del theremin con una tastiera (monofonica) oltre a quella cilindrica con tastiera a manico (violoncello elettrico). Combinando in maniera diversa le tre versioni vennero costruiti dei gruppi che comprendevano fino a 16 strumenti (la “Theremin Electrical Symphony”, 1932). Il fisico russo costruì inoltre i “timpani elettronici a tastiera” e il terpsitone (il palcoscenico musicale a onde eteree del theremin).22 20 Cfr. COWELL 1930, p. 18. Anche in Europa, sul finire degli anni ’20, in particolare in Francia e in Germania, vennero realizzati diversi strumenti elettrici. L’idea alla base del theremin fu utilizzata anche per il primo modello di ondes Martenot. Negli anni ’30 prese a prevalere la soluzione di controllare le altezze mediante una tastiera tradizionale nel sistema ben temperato: in generale, si preferì sviluppare le nuove possibilità timbriche che derivavano dalle risorse elettroniche piuttosto che quelle intervallari. 22 DAVIES 1986, p. 30. 21 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 57 Nel 1931 Theremin realizzò il rhythmicon (o polyrhythmophone) su richiesta di Cowell, il quale collaborò all’ideazione dello strumento, inizialmente concepito come strumento di misura. La sua costruzione fu resa possibile grazie a un finanziamento di Ives, che nel 1930 aveva aggiunto alla sua Sinfonia n. 4 una parte opzionale per theremin.23 Il rhythmicon era formato da 17 tasti «in grado di suonare suoni tratti dalla serie degli armonici, ciascuno dei quali era articolato secondo un ritmo regolare che era da due a sedici volte più veloce della nota più bassa».24 Lo strumento poteva eseguire con grande precisione ritmi complessi in simultanea ma le sue risorse non erano certo amplissime. Anche Schillinger possedette un rhythmicon, che utilizzò soprattutto per riprodurre i ritmi più intricati della percussione aborigena africana.25 Lo studioso di origine ucraina indagò anche sulle numerosissime permutazioni dei rapporti da 1 a 16, per la cui esecuzione sarebbero stati necessari 455 giorni, 2 ore e 30 minuti (se ciascuna permutazione fosse stata eseguita per 10 secondi). Nel 1932 Schillinger fece costruire a Theremin un organo elettronico dotato di una speciale tastiera per eseguire microintervalli basati sul sistema del “doppio temperamento equabile” stabilito dall’autore.26 Si tratta del temperamento equabile tradizionale combinato con un sistema microintervallare basato sulla suddivisione dell’ottava in 144 suoni uguali, che servono da unità di deviazione e sono disposti su entrambi i lati di ciascuna unità fondamentale. Le microunità sono migliori approssimazioni per tutte le differenze tra le unità del sistema ben temperato e l’intonazione giusta (scala naturale). Questa accordatura permette di eseguire con un alto livello di precisione il temperamento equabile a 12 suoni, il temperamento mesotonico, l’intonazione giusta e le inflessioni della voce e degli strumenti ad arco di speciali tipi di intonazione (da camera, jazz, musica zingara, ecc.).27 Diversi studiosi misero in relazione la nascita dei nuovi strumenti elettronici a una più precisa e facile applicazione dei microtoni. Ancora nel 1938, si riteneva prematuro un giudizio sui risultati ottenuti da Mager, Theremin, Hellberger e altri, ma si riconosceva che mediante la di23 Ibidem. Ibidem. 25 SCHILLINGER 1948, pp. 665-67. 26 Cfr. ivi, p. 665. 27 Ivi, p. 665. 24 58 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA visione degli intervalli in uso essi avevano ottenuto effetti sorprendenti e spesso meravigliosi.28 Sul fronte più ampio della ricerca scientifica e tecnologica relativa al suono, a cavallo tra gli anni ’20 e ’30 si verificano alcuni importanti avvenimenti. Nel 1928 nacque la Acoustical Society of America, che ebbe un ruolo fondamentale nel promuovere e divulgare le ricerche di acustica. Negli stessi anni furono avviate alcune collaborazioni tra musicisti e scienziati, soprattutto in funzione di applicazioni tecnologiche concrete. L’attività di alcuni musicisti nei laboratori di ricerca assunse una certa importanza. Nel 1931, presso i Bell Telephone Laboratories, Novaro compì alcune ricerche relative all’intonazione e ai temperamenti (cfr. §5). 3.2. Busoni e altri proto-microtonalisti La novità dei rapporti instaurati tra risorse tecnologiche relative al suono e sistemi di intonazione e accordatura, non deve far dimenticare che già nell’Ottocento era stata composta musica con i quarti di tono. Se in quell’epoca si trattò di esperienze sporadiche, all’inizio del Novecento i microtoni temperati entrano a far parte dell’orizzonte compositivo di diversi autori. Taluni di essi si interessarono al problema soltanto da un punto di vista teorico, altri condussero prove empiriche e arrivarono a comporre musica microtonale. L’interesse di Ferruccio Busoni (18661924) per questa possibile innovazione musicale non fu soltanto di tipo speculativo. Com’è noto, egli riferì di alcune esperienze con i terzi di tono già nel 1907.29 Esplorate tutte le possibilità della scala cromatica, anche con la proposta di 113 nuove scale e delle loro possibili combinazioni, il pianista e compositore italiano annuncia che «il terzo di tono batte già da un po’ alla porta, e noi non gli diamo ascolto».30 Busoni compì una serie di esperimenti con la voce e il violino e si persuase che «i terzi di tono sono degli intervalli assolutamente indipendenti, di un carattere ben definito, da non confondere per nulla con semitoni stonati».31 Per non rinunciare al semitono, dunque alle possibilità di combinare i terzi di tono con i tradizionali intervalli del sistema ben temperato, ipotizzò in seguito un sistema equabile a sesti di tono, quindi a 36 suoni 28 HOLDE 1938, p. 533. BUSONI 1977a. 30 Ivi, p. 66. 31 Cfr. BUSONI 1977a. 29 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 59 equidistanti nell’ottava. Busoni lesse su una rivista statunitense un articolo che parlava del nuovo strumento di Cahill,32 in grado di produrre «una musica scientificamente perfetta». È significativo che Busoni chiami in causa la macchina di Cahill, a testimonianza della possibilità di ottenere microtoni. Infatti, «[p]oiché l’altezza del suono dipende dal numero delle vibrazioni, e l’apparecchio si può regolare in modo da ottenere qualsiasi numero di vibrazioni si voglia, ne risulta che l’infinita graduazione dell’ottava è semplicemente l’opera di una leva che corrisponde all’indice di un quadrante».33 Busoni avvertì l’importanza del nuovo apparato elettrico, che rendeva possibile una facile e precisa intonazione. In questo modo, per la prima volta, era anche possibile effettuare rapidi confronti tra sistemi microtonali diversi.34 Varèse, che all’epoca soggiornava a Berlino e frequentava Busoni, fu testimone dell’interesse del Maestro per la nuova macchina: «Era molto interessato ai nuovi strumenti elettrici di cui cominciava a sentir parlare, e in particolare a uno: il dynamophone inventato da un certo dottor Thaddeus Cahill, uno strumento di cui aveva letto da qualche parte e che io vidi presentare a New York».35 Oltre ai microtoni, nella musica del futuro, Busoni intravedeva — in modo entusiastico e per nulla intimorito — anche l’applicazione di strumenti musicali elettrici. L’ipotesi «che nella nuova grande musica le macchine saranno indispensabili e avranno una parte di rilievo»36 riguardava anche il suo più giovane interlocutore, che avrà un ruolo decisivo nelle prime interazioni filosofiche e pratiche tra musica e tecnologia. È interessante notare il percorso che da Cahill, scienziato, pioniere degli strumenti musicali elettronici e propugnatore dell’intonazione giusta, porta a Busoni, interprete e compositore che sperimenta un sistema a microintervalli temperati. Quello del musicista italiano per i microtoni non fu un interesse episodico né tantomeno teorico. Qualche anno dopo, a New York, egli si fece costruire un armonium microtonale: Da un vecchio e intelligente meccanico trentino feci adattare a un vecchio armonium a tre tastiere due serie di terzi di tono a distanza di un semitono. La disposizione degli intervalli risultò così poco pratica che lo strumento non si padroneggiava facilmente. In ogni modo percepii i nuovi intervalli. Da una stanza vicina feci ascoltare a un piccolo gruppo di comprensi32 Si trattava di BAKER 1906c, cit. in BUSONI 1977a. BUSONI 1977a, p. 69. 34 Gli strumenti elettronici si rivelano essenziali negli esperimenti di percezione dei diversi sistemi di accordatura. 35 VARÈSE 1985, p. 168. 36 Ivi, p. 168-69. 33 60 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA vi cultori di musica la scala cromatica basata sui terzi di tono. La loro risposta unanime fu che avevano sentito la solita scala cromatica divisa in semitoni.37 Busoni interpreta questo risultato in chiave positiva. Ne esce rafforzata la convinzione che l’orecchio sia in grado di percepire i terzi di tono e che essi, benché confusi con i semitoni, non sono scambiati per semitoni stonati. Il concetto di simmetria interna e di equidistanza poteva essere riproposto per intervalli diversi dal semitono. A livello teorico, non potevano esserci novità: si sapeva che l’uso di terzi di tono implicava la perdita della terza minore e della quinta giusta. Per questo Busoni aveva pensato di aggiungere un’altra successione terzitonale a distanza di un semitono, in modo da non rinunciare agli intervalli fondamentali della musica occidentale: Dalla combinazione delle due serie risultano naturalmente i sesti di tono. La melodia aumenta dunque considerevolmente le sue possibilità espressive; e l’armonia risulta inoltre così complicata da esigere una sistemazione accuratamente meditata, che ancora non è nata e che può nascere soltanto dall’orecchio.38 L’importanza dell’orecchio, quindi la necessità di intraprendere una serie di esperimenti per arrivare a comporre, costituisce il punto di partenza di Ives a proposito dei quarti di tono. Busoni, come Ives, ritiene che «soltanto esperimenti coscienziosi e lunghi e una continua educazione dell’orecchio renderanno questo straordinario materiale maneggevole ai fini dell’arte e lo metteranno a disposizione della generazione a venire».39 Un altro motivo per cui è utile applicare i sesti di tono — in quella che a Busoni appariva un’eventuale, forse inevitabile musica del futuro — è che in questo modo si preservano anche i semitoni temperati. Infatti, per Busoni, l’impiego dei microtoni non deve significare un rinnegamento della musica esistente. Sulla stessa linea di integrazione della tradizione musicale si muoverà qualche anno dopo anche Carrillo, sia nell’esposizione teorica che nella composizione. Nel 1927 Novaro dedicò alla memoria di Busoni il suo opuscolo Teoría de la música. Sistema natural, base del natural-aproximado (cfr. §5.2), segno forse che al teorico messicano erano note le esperienze microtonali del compositore e pianista italiano. 37 BUSONI 1977b, p. 131. Ivi, p. 138. 39 BUSONI 1977a, p. 69. 38 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 61 3.3. L’ambiente newyorkese Nel corso degli anni ’20, negli Stati Uniti e in particolare a New York, la vita culturale si fece particolarmente vivace e intensa. Grazie alle innovazioni tecnologiche, il sistema produttivo musicale conobbe anche una rapida metamorfosi. All’interno di questo nuovo sistema di massa che includeva Broadway, Hollywood,40 trasmissioni radiofoniche41 e concerti, si fecero strada le più disparate tendenze musicali, tra cui non mancarono fermenti di modernismo musicale e tendenze filo-panamericane. Nel 1914 Carrillo organizzò a New York la Orquesta Sinfónica América – American Symphony Orchestra, di cui fu anche direttore e con cui eseguì nel 1915 la sua prima Sinfonia in Re maggiore (1901). L’orchestra, benché non animata da particolari intenti modernisti, nasceva con il preciso intento di promuovere la musica di autori del continente americano. In questo senso, fu la prima, misconosciuta, di una lunga serie di iniziative. Fino agli anni ’40 promozione panamericana e avanguardismo si combinano in varie dosi nelle attività delle tendenze più radicali. Varèse fu un pioniere dell’associazionismo tra musicisti. Nel 1919, sempre a New York, si costituì per sua iniziativa la New Symphony Orchestra, allo scopo di promuovere la musica contemporanea. Dopo due concerti che non ebbero successo, il compositore preferì chiudere quell’esperienza piuttosto che modificare gli obiettivi che si era prefisso.42 Nel 1921 Varèse fondò con l’arpista e compositore Carlos Salzedo la International Composer’s Guild, allo scopo «di unirsi e di combattere insieme per il diritto di ciascuno alla certezza di una libera e adeguata esecuzione dei propri lavori».43 Nel corso di un viaggio in Europa, Varèse fondò anche una sezione tedesca dell’associazione.44 Altri due gruppi si dedicavano alla diffusione della musica contemporanea: la Franco-American 40 Le date di nascita degli studi hollywoodiani si concentrano in quegli anni: Paramount Pictures (1912), Columbia Pictures (1920), Warner Brothers (1923), Metro-Goldwyn Mayer (1924), 20th Century-Fox (1935). 41 Un regolare servizio di trasmissioni radiofoniche negli USA venne attivato nel novembre del 1920. Qualche anno dopo sorsero i grandi network (NBC, dal 1926 e CBS, dal 1927). Concerti di musica classica dal vivo vennero trasmessi regolarmente a partire dal 1930. 42 VARÈSE 1985, p. 38n. 43 Ivi, p. 40. L’associazione si sciolse nel novembre del 1927 (dopo aver dato opere della Seconda scuola di Vienna, Ruggles, Cowell e le prime esecuzioni di Offrandes (1922), Hyperprism (1923), Octandre (1924) e Intégrales (1925) di Varèse. 44 Cfr. STUCKENSCHMIDT 1951, p. 155. 62 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Musical Society, fondata nel 1920 e ribattezzata più tardi Pro Musica Society; e la American Music Guild, che iniziò la propria attività nel 1921. Da una costola dell’associazione fondata da Varèse e Salzedo si staccò nel 1923 la League of Composers di Marion Bauer e Aaron Copland. A partire dal 1924 questa associazione pubblicò una propria rivista, Modern Music.45 La League of Composers commissiò a Carrillo un’opera microtonale, Sonata casi-fantasía, che venne eseguita alla Town Hall di New York il 13 marzo del 1926. Stokowski, nella sua onnivora curiosità, venne a conoscenza di questa esecuzione e manifestò molto entusiasmo per l’uso dei microtoni. Il celebre direttore incaricò Carrillo di comporre una nuova opera per strumenti microtonali e orchestra. Il Concertino en cuartos, octavos y dieciseisavos de tono, questo il titolo del lavoro, venne eseguito da alcuni solisti e dalla Philadelphia Orchestra il 4 e 5 marzo 1927 alla Academy of Music di Philadelphia, l’8 marzo alla Carnegie Hall di New York e in seguito in altre città degli Stati Uniti.46 In quello stesso anno Cowell cominciò a pubblicare la rivista New Music. Il Preludio a Colón di Carrillo venne pubblicato più tardi nella New Music Edition di Cowell.47 Nel 1925 Cowell fondò la New Music Society e poi nel 1928, a New York, la Pan American Association of Composers assieme a Chávez, Salzedo, Ruggles e Withorne, con Varèse presidente. Quest’ultima associazione mirava a promuovere la musica dell’intero continente americano e continuò la sua attività fino al 1934: gli americani esportarono la loro musica anche in Europa con una fortunata serie di concerti a Parigi e Berlino nel 1931.48 La Pan American divenne la principale rivale della più conservatrice League of Composers.49 A New York si era formato anche il Composers’ Collective che comprendeva Copland, Blitzstein, Riegger, Robinson, Siegmeister e Seeger. Nel 1928 nacquero, per iniziativa di Copland e Roger Sessions, i Copland-Sessions Concerts of Contemporary Music (1928-32), che promossero la musica contemporanea di genere meno sperimentale: prevalsero gli ex-allievi di Nadia Boulanger ma si eseguì anche musica di Brandt, Cowell, Rudhyar, Crawford e Weiss. 45 All’inizio la rivista, pubblicata per circa 25 anni, si chiamava League of Composers’ Review. 46 CARRILLO 1967, p. 382. 47 New Music, 12/4, luglio 1939. 48 Per altre informazioni sull’attività delle associazioni di musica contemporanea a New York durante gli anni ’20, cfr. OJA 2000. 49 Cfr. STRUBLE 1995, p. 263. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 63 Il sorgere di tante associazioni non aveva soltanto fini culturali. In questi gruppi si manifestava anche una mentalità proto-manageriale volta alla promozione dei soci attraverso concerti, edizione di partiture, realizzazione di riviste. Il mondo accademico non aveva nessun peso: negli USA, in quel periodo, la musicologia universitaria era ancora allo stadio larvale. L’inizio degli anni ’30 segna anche l’ingresso della nuova musica americana nell’industria discografica e nella radiofonia da cui trassero beneficio autori come Copland e Barber. Anche un certo tipo di repertorio contemporaneo meno radicale cominciò a travalicare i limiti imposti dalle sale da concerto per entrare nelle case. È bene chiarire che le tendenze musicali più avanzate vissero ai margini del sistema di massa che si andava configurando, anche se beneficiarono di ricadute derivanti da esso e di donazioni elargite da pochi appassionati, come nel caso di Cowell aiutato da Ives. In questo modo, molti entusiasti promotori del radicalismo musicale riuscirono a diffondere la propria musica e a stampare libri e riviste. Per Carrillo e Novaro, i quali risiedetterò perlopiù in Messico, si rivelò fatale la scarsa attenzione attribuita ai loro progetti dalle istituzioni pubbliche locali, per non parlare di quella dei privati, che fu inesistente. In loro prevalse decisamente l’autofinanziamento e l’autoproduzione. D’altronde, proprio in quegli anni negli USA cominciò a svilupparsi un sistema di borse di studio private di cui beneficiarono in tempi diversi sia Novaro che Partch. Vi furono poi dei veri e propri paladini della musica contemporanea, come Stokowski, che in virtù della loro posizione nel sistema produttivo di massa ebbero modo di spezzare qualche lancia a favore delle tendenze musicali più avanzate. In caso contrario, sarebbe stato molto difficile poter ascoltare musica nuova in un contesto produttivo che si rivelava di gusti tradizionali, se non regressivi. Nel corso degli anni ’20 sorsero negli USA alcuni centri di ricerca acustica, che ebbero una certa importanza anche per i musicisti. I più importanti sono i Bell Telephone Laboratories dove, oltre a fianco dei migliori scienziati del mondo, tra i quali per l’acustica va ricordato almeno Harvey Fletcher (1884-1981), lavorarono in tempi diversi anche musicisti come Stokowski, Novaro e Varèse. Soltanto negli anni ’60, con l’impiego del calcolatore in musica, le visite di compositori ai Bell si infittirono e la presenza di musicisti divenne abituale (cfr. PIERCE, pp. 2021). Nonostante la crisi finanziaria del 1929 — incidentalmente, lo stesso anno in cui uscì il primo numero del Journal of the Acoustical Society of 64 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA America, una rivista che rappresenta tuttora un essenziale punto di riferimento per gli studi in questo settore — a New York si succedevano prime esecuzioni di ogni sorta. Per dare un’idea della vivacità della vita musicale di allora, è sufficiente dare un’occhiata a quel che successe nel 1930-31: nel 1930 Ives si ritirò dall’attività di assicuratore e Nicolas Slonimsky (1894-1995) diresse la “prima” dei Three Places in New England; Cowell, che lavorava in California ma teneva spesso concerti a New York, pubblicò un testo fondamentale per le sorti dello sperimentalismo statunitense, New Musical Resources, di cui nel 1919 aveva realizzato una prima versione; nel 1931 furono eseguite per la prima volta, tra le altre cose, la Second Rhapsody e Cuban Overture di Gershwin, Grand Canyon Suite di Grofé, il Concerto for Rhythmicon and Orchestra di Cowell, Ionisation di Varèse, mentre Ruggles completava il bellissimo Sun-Treader, che però venne eseguito soltanto nel 1965. In Messico, dopo la Rivoluzione del 1910, la carenza di saldi punti di riferimento culturale e una guerra civile strisciante che continuò a far morti per un decennio, spinsero molti artisti a cercare possibilità di lavoro e relazioni con gli Stati Uniti. Negli anni ’20 il fatto di recarsi negli USA per studio o lavoro era ormai sentito dagli artisti messicani come una sorta di obbligo, che finiva quasi per soppiantare il tradizionale viaggio oltre l’Atlantico, verso le culle della cultura romantica e del melodramma. Ora, ad attrarre al Nord erano concrete possibilità lavorative ma anche la sensazione che il baricentro della cultura mondiale non fosse più localizzabile con certezza dalle parti del Vecchio Continente. Fu Chávez a marcare la svolta; dopo un’esperienza europea piuttosto deludente egli si recò negli Stati Uniti per diversi periodi (1923-24; 1926-28) e stabilì rapporti duraturi con Copland, Cowell e Varèse. Opere di Chávez vennero regolarmente eseguite dalle istituzioni musicali statunitensi e in seguito studiate nelle università. In realtà, Carrillo anticipò Chávez di qualche anno. Pur essendosi formato in Germania e Belgio a cavallo tra Otto e Novecento, negli anni 1914-18 Carrillo fu costretto a emigrare negli USA per cause politiche. Vi si stabilì nuovamente durante gli anni ’20 per sfuggire all’ostracismo che lo penalizzava in patria e lanciare la sua rivoluzione microtonale. Chávez, Carrillo e Novaro videro nel ricco e potente vicino del Nord un luogo ideale per promuovere la propria attività. Anche se dagli anni ’30 Carrillo visse stabilmente in Messico, nel 1947 tornò a New York per effettuare un esperimento di acustica musicale presso la New York University .50 50 CARRILLO 1956, pp. 99-105. Nel 1950, in base ai risultati di questo esperimento, Carrillo fu persino candidato per il Messico al Premio Nobel per la fisica. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 65 3.4. Le prime composizioni con microtoni negli USA La vera, sostanziale, novità riguardante i microintervalli che si verificò nei primi anni del Novecento fu la nascita di un discreto numero di composizioni originali che facevano uso di questa risorsa. Una volta superato il problema di come produrre i microtoni con sufficiente esattezza, il compositore poteva decidere di compiere alcuni esperimenti, come aveva fatto Busoni. Oppure poteva limitarsi a ipotizzare qualche soluzione sull’uso musicale dei microintervalli, arrestandosi però a un livello teorico e rimandandone l’applicazione concreta a un’epoca futura, a posteri più intraprendenti e con un udito più sviluppato. È chiaro che l’uso musicale dei microtoni comportava dei problemi nuovi. Una volta scoperto il modo di produrli restava aperta la questione di come articolare in una struttura musicale questa nuova e acusticamente invadente risorsa. Non si trattava di un problema di facile soluzione. Il microintervallo calava nelle consuetudini d’ascolto dei fruitori di musica come una stonatura, non apparteneva a un universo noto. Fu proprio questa estraneità dei microintervalli a una dimensione musicale condivisa ad attrarre alcuni autori, che sperimentarono o lavorarono a tavolino sul problema. Ives è forse l’esempio più emblematico di empirista. L’uso dei quarti di tono da parte sua fu precoce e non occasionale. Microtoni sono presenti sia nella magnifica Sinfonia n. 4 (1910-16) che nei Three Quartertone Pieces per due pianoforti (1923-24), derivati anche da materiale preesistente. L’abbozzo dell’incompiuta Universe Symphony, risalente al 1915, prevedeva l’uso di microintervalli. In particolare, nella sezione B del progetto Ives intendeva impiegare ottavi di tono. Anche tra gli schizzi del primo dei pezzi pianistici quartitonali si trova una scala a ottavi di tono.51 Si è detto all’inizio di questo capitolo che il compositore poté apprezzare le peculiarità di questi intervalli fin da bambino grazie agli esperimenti paterni e che, forse nel 1909, scrisse un Chorale quartitonale per archi. Dopo qualche anno, quando non si poteva non sapere che erano stati realizzati strumenti quartitonali ad accordatura fissa, Ives decise di adottare una soluzione strumentale tra le più semplici e logiche: due pianoforti, uno dei quali accordato un quarto di tono più in alto. A parte l’accordatura, non erano necessarie modifiche allo strumento e, in virtù di questa trasposizione quartitonale, la semiografia musicale poteva rimanere inalterata. I problemi di ordine pratico erano quindi ridotti al minimo. Restava aperta la questione cruciale di come usare i quarti di tono a livello melodico, armonico e contrappuntistico. Ives condusse 51 Su questi schizzi ivesiani e le osservazioni cronologiche, cfr. SINCLAIR 1999. 66 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA esperimenti su vari accordi e giunse a identificare un problema di grande importanza: come produrre un’armonia originale con i quarti di tono senza che sembri un’armonia tradizionale trasposta quartitonalmente o stonata? In altre parole, come produrre nuovi intervalli di riferimento mediante questo sistema? Nel periodo 1904-14 il compositore redasse schizzi e brani sperimentali cercando una soluzione a questo problema. Alla fine, i suoi esperimenti presero la forma di tre brani pianistici quartitonali. Dopo aver titubato a lungo sull’opportunità di presentare in pubblico questa musica, l’autore presentò il terzo pezzo l’8 febbraio 1925 alla Chickering Hall di New York, nel corso di un concerto-conferenza tenuto da E. Robert Schmitz, pianista e specialista di Debussy. Nell’archivio di Schmitz, conservato presso la Yale University non v’è documentazione a riguardo. È certo però che Schmitz dedicò alcune conferenze all’evoluzione degli strumenti musicali. Egli fu anche organizzatore della Pro-Musica che pubblicava l’omonima rivista e che ospitò il saggio di Ives sulla musica a quarti di tono. È lecito supporre che l’intervento di Schmitz andasse ad arricchire il dibattito sull’uso musicale dei microtoni, con tanto di dimostrazione pratica. In anni immediatamente precedenti, erano stati pubblicati vari articoli sull’argomento che esprimevano disparate posizioni ed erano note le esperienze microtonali di Hába, Wyschnegradsky, Möllendorf, Stein e Mager, i quali, intorno agli anni 1922-23 sembrarono solidarizzare quasi al punto di creare in Germania un’associazione di musicisti microtonali. Il brano ivesiano fu eseguito da Hans Barth (1897-1956), pianista e compositore di origine tedesca, e da Sigmund Klein. In concomitanza con la conferenza-concerto, Ives pubblicò il saggio “Some Quarter-Tone impressions”, un testo di enorme interesse.52 Gli stessi interpreti ripresentarono il terzo brano assieme al secondo e forse anche al primo, il 14 febbraio 1925 alla Aeolian Hall, in un concerto sponsorizzato dalla Franco-American Musical Society. I tre pezzi vennero rieseguiti il 9 aprile 1929, sempre a New York, alla Ballroom del Plaza Hotel, da Barth e da un pianista non identificato.53 Il Largo fu proposto ancora una volta il 23 febbraio 1930 alla Carnegie Hall. Nonostante le titubanze e le cautele di Ives per la novità costituita dall’uso musicale dei quarti di tono, nello stesso periodo diversi autori statunitensi adottarono i microtoni in alcune loro opere. Nella maggior parte dei casi si trattò di un uso sporadico, coloristico dei microinterval52 53 IVES 1970. Per questa e altre notizie relative ai tre brani, cfr. SINCLAIR 1999. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 67 li: le composizioni in cui essi figurano non possono certo dirsi microtonali. Siamo ben lontani quindi dal dilemma di un linguaggio armonico orginale a quarti di tono, come nel caso di Ives. Tuttavia, anche in quei casi è interessante notare come in un contesto solidamente a 12 suoni le alterazioni microintervallari finiscano per manifestare nuove possibilità espressive. È noto come nei suoi scritti Varèse lamenti spesso la limitatezza del temperamento equabile anche per influsso del trattato di Helmholtz nonché dalla frequentazione di Busoni. Questa insofferenza si limitò quasi esclusivamente alla sfera teorica, ma in qualche caso Varèse fece uso dei quarti di tono nelle sue opere. Può essere interessante scoprire, in base all’uso molto limitato di questa risorsa, se i microtoni servano a qualcosa o, detto in altri termini, perché si trovino proprio in un determinato punto di una partitura e soltanto lì. In alcuni casi la presenza di un testo e quindi della voce suggeriscono la traccia principale. In altri, il quarto di tono si colloca in concomitanza di un glissando. Per quanto sempre limitati alla funzione di nuance espressiva, Varèse utilizza i quarti di tono in Offrandes [voce, con la dicitura filant le son: sez. 6, batt.2-3], Hyperprism [trombone basso: sez. 9, prime 7 batt.], Density 21.5 e in modo più rilevante in Ecuatorial. Per completare il quadro varèsiano, in un’opera tarda come Nocturnal compare un solo quarto di tono, a batt. 72, prima di un glissando. Tra tutte queste sporadiche occorrenze, il caso più interessante e su cui è forse utile soffermarsi, è quello di Ecuatorial. Esso mostra le possibilità espressive — e in questo caso si potrebbe dire drammatiche — dei quarti di tono impiegati in modo saltuario. Il testo poetico intonato dal coro di bassi (inizialmente era previsto un basso solo) è tratto dal Popol Vuh, libro sacro dei Maya.54 Il passo utilizzato dal compositore è un’invocazione allo spirito e alle divinità protettrici da parte del popolo Maya, che si trova disperso tra le montagne dopo aver abbandonato la “città dell’abbondanza”. Afferma Varèse nella prefazione alla partitura: «Ho concepito la musica in modo che abbia qualcosa della stessa elementare e rude intensità di questi strani, primitivi lavori. L’esecuzione dovrebbe essere drammatica e incantatoria, guidata dal- 54 La traduzione del Popol Vuh utilizzata da Varèse è quella spagnola di Francisco de Jiménez (1666-1729), erroneamente citato dal compositore con il nome di “padre Jimines”. Il testo fu tratto da un manoscritto consegnato a Jiménez dagli abitanti di Santo Tomás de Chuilá (l’attuale Chichicastenango, Guatemala). Sebbene noto anche come Popol Buj, Popol Wuj, Pop Wuj, il titolo più corretto è quest’ultimo, che significa ‘Libro del tempo’ o ‘Libro degli avvenimenti’. 68 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA l’implorante fervore del testo».55 La serie di invocazioni che offre il testo è il fattore trainante dell’intero brano, una delle più suggestive composizioni del Novecento. A fronte di una sopravvivenza puramente fortuita di questo libro sacro, uno dei pochi relitti di una società massacrata e distrutta dalla conquista spagnola, Varèse inventa un affresco sonoro molto efficace in cui prevalgono due aspetti fondamentali: il senso di alterità e la potenza. Sono queste anche due caratteristiche riscontrate precocemente dalla critica nelle composizioni dell’autore franco-statunitense. L’aliena potenza dell’impatto sonoro si accompagna alla condizione umana in generale e a un popolo disperso in particolare, al tentativo di ricostruire il rapporto con la sfera del sacro e del mistero naturale. Le parole da sole non bastano: è necessario spingere ancora più in là l’aspetto di estraneità e indecifrabile eccezionalità da formula magica. Per questo, forse, Varèse decide di interpolare a un certo punto il testo spagnolo con frammenti vocalici non vincolati semanticamente: in tali frammenti, e soltanto lì, compaiono i quarti di tono. Precedute da una buona dose di glissandi, in particolare nella parte delle ondes martenot, ma anche nelle voci (sez. 5, batt. 2 e 4; 2 batt. prima della sez. 8, ecc.), le intonazioni quartitonali si presentano nella parte vocale alla sez. 9 batt. 5, con l’indicazione hummed (‘a bocca chiusa’) e senza accompagnamento strumentale, interrompendo il corso del testo poetico. In tal guisa i quarti di tono figurano anche nella sez. 10, batt. 1-9 e nella sez. 14 batt. 7; queste invocazioni senza testo figurano pure in forma semitonale e frequentemente dispiegate su glissandi. Alla sez. 15, batt 8, infine, un quarto di tono appare nel passaggio conclusivo delle voci, all’interno di una curva melodica da cadenza finale. I quarti di tono, come risorsa microtonale più facile e abbordabile, sono chiamati a restituire l’alterità e la distanza incolmabile di altri mondi (ellenico antico, folclore ungherese, ebraico, ecc.). Il caso di Ecuatorial non fa eccezione: le sporadiche apparizioni degli intervalli alieni connotano zone di un brano di altrimenti “normale” estraneità. All’uso saltuario dei microtoni si ascrivono alcune opere di un autore assai diverso, Aaron Copland, che dette spazio ai quarti di tono per la prima volta in uno dei Due pezzi per violino e pianoforte scritti a Parigi nel 1926 assieme al violinista Samuel Duschkin: Ukelele Serenade. Copland era allievo di Boulanger, che lo invitò a recarsi a Berlino, Vienna e Salisburgo, dove egli ebbe modo di ascoltare anche alcune opere di Hába, il quale componeva musica quartitonale dal 1917, con la Suite per 55 VARÈSE 1961. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 69 orchestra d’archi.56 Il compositore statunitense tornò a usare i quarti di tono, per tentare di offrire una riproduzione più fedele della musica ebraica, in Vitebsk [Study on a Jewish Theme], per trio con pianoforte, del 1929. I quarti di tono furono impiegati da Copland anche nella Dance Symphony (1930), eseguita da Stokowski a Philadelphia nel 1931: si tratta di uno dei tre arrangiamenti estratti dal progettato balletto d’avanguardia Grohg del 1922-25. Nelle opere di Varèse e di Copland appena menzionate l’uso dei quarti di tono fu limitato, tale da non mettere in discussione la struttura generale del brano. Anche in seguito i microtoni continueranno ad essere utilizzati per fini coloristici, ma non mancarono esponenti più radicali. Oltre ad Ives, l’autore statunitense che si dedicò con maggiore attenzione alla musica microtonale temperata fu certamente la compositrice e pianista Mildred Cooper Couper (1887-1974). Memore dell’esempio ivesiano, Couper decise di utilizzare due pianoforti accordati a un quarto di tono di distanza l’uno dall’altro. Nata a Buenos Aires, la musicista studiò in Italia, Germania e Francia dove fu una delle prime allieve di Boulanger, all’epoca giovane insegnante di armonia al Conservatorio di Parigi. Sposò il pittore di paesaggi Richard Hamilton Couper (18861918), che era cresciuto in Italia e con il quale andò a vivere a Roma. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si trasferì a New York. Alla morte del marito, Couper dovette accudire due figli piccoli. Insegnò pianoforte per nove anni presso la David Mannes Music School; sicuramente ascoltò o fu perlomeno al corrente delle esperienze di Ives, Barth e altri perché, quando nel 1927 si spostò in California, a Santa Barbara, organizzò un proprio studio e cominciò una serie di esperimenti con i quarti di tono. Il breve balletto Xanadu (1930) è il primo lavoro quartitonale di Couper.57 Al pari di Ives, l’organico è costituito da due pianoforti. L’occasione fu la richiesta di alcune musiche per accompagnare il dramma Marco’s Millions di Eugene O’Neill.58 Anche in questo caso i quarti di tono suppliscono a ben altro, nell’ambientazione cinese dell’opera teatrale. Scrive la compositrice: «Decisi che questo sistema sarebbe stato appro56 Anche in questo caso l’idea iniziale dei quarti di tono venne ad Hába non da una partitura, non da un concerto, ma dalla lettura di un articolo su un giornale viennese, recensione di una conferenza sulla musica a quarti di tono tenuta a Vienna da Möllendorf il 20 gennaio 1917. 57 La partitura è disponibile al sito: <http://www.library.ucsb.edu/speccoll/pa/pamss45c.html>. 58 MEAD 1981, p. 190-91. 70 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA priato per l’ambientazione orientale del lavoro teatrale. Lo spettacolo andò in scena il 24-26 aprile 1930 al Lobero Theatre di Santa Barbara, con i murales dipinti dall’artista scozzese-argentino Malcolm Thurburn».59 Xanadu venne rieseguito il 15 maggio 1932 alla YWCA di San Francisco nell’ambito di un concerto della New Music Society di Cowell, la stessa occasione in cui fu presentato il rhythmicon. In ogni caso, la musica per Marco’s Millions, almeno sulla costa ovest degli USA, costituì un caso unico. Qualche anno più tardi, Couper fu incoraggiata a scrivere altra musica quartitonale: nacque così Dirge per due pianoforti accordati con una sfasatura di un quarto di tono, pubblicato da Cowell su New Music nel 1937. Allo stesso anno risale anche una versione di Dirge per violino e pianoforte. Couper dà notizia anche di un terzo brano a quarti di tono, scritto diversi anni dopo: «Nel 1951 mi chiesero di suonare la mia musica a quarti di tono in uno dei concerti Evenings on the Roof di Los Angeles, dedicati alla musica di compositori californiani. Ingolf Dahl e io suonammo Dirge e un nuovo brano, Rumba».60 Couper sperimentò anche i quarti di tono su due pianoforti con un solo esecutore: «Quando vivevo a Orena Street avevo tre pianoforti nel mio studio. Il terzo era un piccolo verticale situato alla sinistra del mio Steinway e accordato un quarto di tono più in alto di esso, in modo da poter fare esperimenti con una mano su ogni tastiera».61 Oltre a Cowell, Couper frequentò anche Stravinskij. Nel 1932 la sua attività attrasse l’interesse di Partch, che verso la fine degli anni ’20 aveva cominciato a redigere alcuni testi teorici e poi a comporre con un sistema a intonazione giusta (cfr. §7). Benché non fosse assolutamente d’accordo sull’uso dei quarti di tono, Partch fece visita a Couper e discusse con lei la possibilità di realizzare una tastiera microtonale; poco dopo pensò a una tastiera per uno strumento a intonazione giusta62 e soprannominò Couper la “Fairy Godmother of his Chromatic Organ”, (la ‘fatata madrina del suo organo cromatico’). Altri autori statunitensi affrontarono la scrittura con quarti di tono. Di Nicolas Slonimsky viene menzionata una Overture on an Ancient Greek Theme per violino accordato quartitonalmente (le corde La e Mi sono innalzate di un quarto di tono), risalente al 1933.63 Poco dopo, la rivista di 59 COUPER 1970. Ibidem. 61 Ibidem. 62 GILMORE 1992, p. 134-35. 63 READ 1990, p. 76. 60 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 71 Cowell pubblicò Sea Calm (1934) di Ray Green per coro maschile a quarti di tono64 e qualche anno più tardi Ivor Darreg realizzò per violino a quarti di tono i Five Subminor Sketches (1940).65 Nel 1942 anche l’eclettico Harrison si era cimentato nella scrittura di alcuni pezzi di musica quartitonale.66 D’altra parte, oltre alle esperienze di Novaro e Partch, qualcuno trattava il problema dell’intonazione giusta da un punto di vista più tradizionale: per esempio, il 26 febbraio 1933 John Redfield presentava una relazione alla New York Musicological Society dal titolo “Is a Just Chromatic Scale Possible?”.67 Come si è visto, nella prima metà del Novecento non mancarono negli USA esperienze di microtonalismo e nel corso degli anni ’20 vi fu una fase di grande entusiasmo per i quarti di tono. Passato questo momento di euforia, l’impiego di siffatte risorse divenne quasi esclusivamente una faccenda per specialisti. Autori come Hába e Wyschnegradsky ebbero in America scarsa risonanza; anche la stagione d’oro di Carrillo si esaurì presto. La lunga emarginazione patita da Partch in patria è la testimonianza della diffidenza dell’ambiente musicale nei confronti di esperienze connesse alla ridiscussione dei fondamenti intervallari della musica. Da una prospettiva microtonale, forse insoddisfacente per la sua angustia, tra gli anni ’20 e ’40, ai compositori si aprivano due strade, tracciate da Cowell e Ives. Entrambi avevano affrontato la questione microtonale, limitandosi a un’indagine sui quarti di tono. Da parte sua Cowell, sviluppando nuove tecniche compositive, pur mostrando di essere sensibile al problema, scelse di fare a meno dei microintervalli; egli preferì concentrarsi su altri aspetti, per esempio quello ritmico e poliarmonico. La sua interpretazione della serie degli armonici risulta da questo punto di vista molto istruttiva, in quanto le frequenze sono ricondotte all’interno del temperamento equabile. Ives, al contrario, nel suo approccio ai quarti di tono, limitato nel tempo ma talmente radicale nell’approccio da esaurire l’argomento, decise di affrontare una questione cruciale: la necessità di gettare le basi per alcune regole armoniche quartitonali, che allo stesso tempo costituiscano la fonte per alcuni procedimenti compositivi. Se gli esperimenti microtonali di Ives non si protrassero oltre i Three Quarter-tone pieces fu anche perché le conclusioni che il 64 New Music, vol. VII, n. 3, aprile 1934. READ 1990, p. 41. 66 MILLER 1998. 67 RAO 2001, pp. 598-99. 65 72 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA compositore aveva tratto da quella esperienza furono ritenute esaurienti, in un certo senso definitive. 3.5. Cowell Il punto di vista teorico di Cowell prefigurò importanti indirizzi dell’avanguardia musicale, non soltanto statunitense. L’articolata attività del musicista, saggista, critico e organizzatore culturale ebbe un’importanza fondamentale per le generazioni successive. Come teorico egli ebbe un’influenza decisiva su autori come Elliott Carter e Conlon Nancarrow. Sembra che Cowell avesse cominciato a redigere un testo sulle potenzialità della musica contemporanea nel 1916, mentre era ancora studente a Berkeley (1914-17).68 Fu soltanto nel 1928, quando il testo era quasi interamente steso, che l’autore pensò di pubblicare in volume il suo trattato, New Musical Resources, che andò in stampa nel 1930.69 All’epoca, il picco delle esperienze microtonali era già stato raggiunto e l’approccio di Cowell può essere utile per comparare la sua interpretazione della serie degli armonici con ciò che Partch andava realizzando nello stesso periodo. Negli scritti di Cowell non mancano riferimenti al microtonalismo, ma questo aspetto non è tra le nuove risorse musicali portanti. Assume invece una particolare importanza, che potrebbe dirsi fondativa, il riferimento alla serie degli armonici che dal punto di vista intervallare, al contrario di Partch, viene ricondotta all’interno della griglia intervallare dei 12 suoni della scala cromatica, funzionando però da generatore di inedite risorse armoniche e ritmiche. Le intenzioni dell’autore sono chiare fin dall’introduzione: Il mio interesse per la teoria che sottintende nuovi materiali sorse quasi subito dal desiderio di spiegare a me stesso e agli altri, perché certi materiali che mi sentivo spinto a utilizzare nella composizione, […] hanno un fondamento autenticamente scientifico e logico. Feci quindi una ricerca sulle leggi dell’acustica applicate ai materiali musicali.70 68 NICHOLLS 1990, p. 153. Sugli stadi di lavorazione di COWELL 1930, cfr. NICHOLLS 1996, pp. 153-74. Esistono due versioni dattiloscritte del trattato di Cowell, una del 1919 e l’altra del 1929, che presentano alcune differenze. Sebbene le linee portanti del discorso siano le stesse, la seconda versione reca traccia di approfondimenti su opere scientifiche e su composizioni di autori contemporanei. 70 COWELL 1930, p. xiv. 69 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 73 Per mezzo della serie degli armonici «può essere organizzata una vasta tavolozza di materiali musicali. Alcuni di essi sono in uso, altri sono preannunciati nella musica contemporanea, e altri ancora sembrano essere finora inutilizzati».71 Il fenomeno degli ipertoni è per Cowell il più importante elemento ordinatore delle relazioni musicali. Molte delle risorse derivanti dai rapporti intervallari e numerici degli armonici sono ancora inutilizzate. Secondo il compositore statunitense, queste relazioni, così precise e misurabili, hanno finito per rendere ancora più relativo il concetto di consonanza e dissonanza. Inoltre, attraverso i rapporti degli ipertoni, è possibile connettere parametri come il ritmo e il suono, considerati in precedenza come due elementi musicali completamente separati. Cowell considera la sua una teoria della relatività musicale. Dal punto di vista dei temperamenti, la sua posizione è piuttosto generica o, per meglio dire, tollerante. Egli dichiara infatti di non voler discutere i diversi tipi di temperamento, perché considera gli ipertoni, «inconsciamente, se non consciamente, uditi quando si esegue un singolo suono»,72 come un criterio naturale. Tutti i temperamenti sono considerati da Cowell come un tentativo di risolvere il problema e permettere un uso musicale delle relazioni intervallari, alterandone leggermente i valori originari. Parlando delle diverse suddivisioni dell’ottava in parti uguali — giavanese in 5 parti, siamese in 9, toni interi in 6, quarti di tono in 24 — Cowell afferma che esse non sono irrelate alla serie degli armonici perché gli intervalli che formano possono essere trovati nelle relazioni intervallari degli armonici stessi.73 Appare evidente fin dall’inizio che la successione degli armonici non è posta da Cowell a fondamento della sua trattazione in vista di una ridiscussione del temperamento equabile; egli accantona, quindi, il problema dei temperamenti, dopo aver osservato che si tratta di un argomento affascinante:74 New Musical Resources si sviluppa in altre direzioni. In un certo senso, il problema di risolvere le discrepanze tra sistemi temperati e successione degli armonici viene affidato all’ascoltatore.75 Come si vedrà, si tratta di una posizione ben distante dalle preoccupazioni di Novaro, e più tardi di Partch, per i quali la ricerca di una musica più “vera” o più “naturale” — una ricerca non priva di una connotazione utopica, mai completa71 Ivi, p. x. Ivi, p. xiii. 73 Ivi, p. xiv. 74 Ivi, p. xiv. 75 Cfr. ivi, pp. xiii-xiv. 72 74 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA mente realizzabile — diviene il punto di partenza per il recupero e l’adattamento dell’intonazione giusta, per rettificazioni al sistema del temperamento equabile e per la realizzazione di sistemi microtonali. Tuttavia, l’interpretazione cowelliana della serie degli armonici è molto originale. Essa è «una scala nei suoi gradi più alti, un’armonia nei gradi più bassi e una base per la coordinazione ritmica».76 Si tratta di una concezione che prelude a futuri concetti di continuità tra diversi parametri sonori, in auge nella musica della seconda metà del Novecento. Cowell ricercò nella serie degli armonici (chiamati ipertoni, cfr. §2) la giustificazione di soluzioni armoniche già messe in atto nella composizione; nonostante la sua disamina si collochi interamente nell’ambito del temperamento equabile, è utile ripercorrerne il ragionamento per vedere come è possibile far a meno delle nuove risorse microtonali. Secondo Cowell, «pochi sanno quanto strettamente la storia dell’armonia ha seguito la serie naturale degli ipertoni. Molti musicisti conoscono gli intervalli prodotti dai primi membri della serie degli ipertoni, ma pochi hanno considerato tutti i diversi aspetti delle relazioni formate da essi o hanno studiato le loro relazioni più lontane».77 Il compositore interpreta il modello matematico degli ipertoni come una legge naturale: se essi si estendono indefinitamente verso l’alto, il nostro orecchio ne può cogliere soltanto un certo numero, mentre gli strumenti di misurazione ne registrano una maggior quantità. Cowell sottolinea il fatto che gli strumenti musicali moderni sono più sonori e più ricchi di armonici: per questo il nostro orecchio è più abituato a reagire a dissonanze nuove, se queste seguono la serie degli armonici, a cui la teoria musicale dovrebbe dare più spazio. Anche i nuovi accordi della musica contemporanea andrebbero studiati in funzione della successione degli ipertoni. Cowell propone un esempio che vorrebbe essere empirico, ma di fatto è grossolanamente approssimato al sistema temperato equabile a 12 suoni, per i motivi di cui si è detto. Se suonando un accordo Do-Sol-Mi è possibile percepire gli ipertoni delle tre note, prendendo in considerazione i primi quattro ipertoni, l’accordo sarà quindi formato dai seguenti suoni: DoMi-Sol-Sol8-Si-Re; considerando i primi sei ipertoni si avrà invece l’accordo: Do-Mi-Sol-Sol8-Si7-Si-Re-Fa. Cowell spiega il fenomeno degli armonici su una corda, sottolineando il fatto che il primo ipertono è prodotto due volte, nelle due metà della corda, il secondo tre volte, nei tre terzi, ecc. Utilizzando i rapporti dei primi ipertoni, l’orecchio li ac76 77 Ivi, p. xiv. Ivi, p. 3. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 75 cetta più facilmente: a queste combinazioni si dà il nome di accordi semplici o consonanti. Includendo ipertoni sempre più lontani, l’effetto diviene più complesso fino a raggiungere una zona in cui l’orecchio non risulta soddisfatto dall’accordo risultante e comincia a manifestarsi quella che si chiama dissonanza. Ciò che è stata chiamata discordanza [discordance] risulta sia quando negli accordi si formano relazioni ancora più lontane di ipertoni, sia quando le note di un accordo dissonante sono così distanziate che nessuna possibilità di risoluzione [della dissonanza] è suggerita all’orecchio.78 Cowell non propone una barriera drastica di separazione tra consonanza, dissonanza e discordanza — neanche come punto di riferimento orientativo — anzi ribadisce la totale relatività di questi concetti, sottolineando il fatto che tra la consonanza più complessa comunemente accettata, la terza minore 5:6 e la dissonanza più semplice, la settima 4:7, la differenza non è molta di più di quella che corre tra la stessa terza minore e la sesta maggiore, 3:5. Il compositore non manca di ripercorrere la storia musicale che vede una progressiva conquista di nuovi intervalli consonanti. «Ciascuno di questi intervalli era, quando fu aggiunto, quello formato dal successivo membro della serie degli ipertoni, che seguiva quelli già in uso».79 Gli intervalli più complessi nascono come suoni ausiliari, poi si incorporano all’accordo come parti tali da esigere una risoluzione e poi, quando l’udito si è abituato, come suoni indipendenti dell’accordo. D’altra parte, osserva Cowell, mentre la musica conquista nuovi ipertoni, gli intervalli consonanti di ottava, quarta e quinta suonano sempre più insipidi e vengono evitati. Una distinzione è fatta dal compositore tra uso di un nuovo ipertono nell’armonia e piena assimilazione di quel suono nel materiale armonico preesistente. Molto importante è anche la posizione del nuovo intervallo, la sua dislocazione nelle ottave. Per esempio, la settima maggiore ha un rapporto 8:15 nell’ottava, mentre trasposta tre ottave più sopra ha con la fondamentale un rapporto 1:15, tale da risultare consonante. Cowell tocca un problema cruciale: il fatto di chiamare un certo intervallo con lo stesso nome, a prescindere dall’ottava d’appartenenza, può risultare ingannevole. In New Musical Resources si parla di microintervalli, a partire dal fatto che dopo il sedicesimo parziale la distanza tra gli ipertoni diviene minore del semitono temperato. Anche questi intervalli sono percepiti dall’orecchio umano e a dimostrazione di ciò il compositore chiama in causa 78 79 Ivi, p. 10. Ivi, p. 14. 76 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA non già una delle tante esperienze compiute in passato ma una più recente dimostrazione pubblica effettuata da Theremin con i suoi strumenti elettrici, che aveva confermato come gli intervalli fino a un centesimo di tono potessero essere pienamente distinti dall’uditorio.80 Il termine ‘quarto di tono’ — ci informa Cowell — è divenuto sinonimo di qualsiasi intervallo inferiore al semitono temperato, forse per il fatto che è più facile accordare strumenti musicali con questo sistema. A questo proposito, egli cita diversi autori che hanno applicato i microtoni alla composizione: Georgij Rimskij-Korsakov (conosciuto da Cowell durante il viaggio in Russia, maggio 1929),81 Ives e Hába. Quest’ultimo, sottolinea il compositore statunitense, aveva studiato i diversi intervalli che nella serie degli armonici hanno un’ampiezza compresa tra il semitono e il quarto di tono. È probabile che la musica vada in quella direzione, afferma Cowell, dato che la storia musicale si è evoluta nel senso della conquista di armonici superiori. Se l’applicazione musicale del quarto di tono ha preceduto quella di altri ipertoni, la causa risiede nel fatto che esso è più semplice da ottenere sugli strumenti musicali. Questa osservazione riassume in sintesi estrema la strada intrapresa da Carrillo, che optò decisamente per i sistemi microtemperati equabili. La speranza di Cowell è che i nuovi strumenti di Theremin risolvano il problema dell’accordatura e permettano di intonare facilmente anche le suddivisioni inferiori al quarto di tono. Dopo questa parentesi, Cowell ritorna sull’oggetto principale della sua trattazione. I glissati, che non dovrebbero essere considerati semplicemente come effetti coloristici, ci mettono in contatto con un continuum di frequenze, tale da renderci maggiormente consapevoli del fatto che sulla tastiera del pianoforte gli accordi sono approssimati, perché il temperamento dà soltanto «la suggestione dell’accordo come lo si trova nella serie degli ipertoni».82 La triade maggiore è prodotta dagli ipertoni 4, 5, e 6; la triade diminuita dal 5, 6 e 7; diverse versioni della triade aumentata si trovano combinando l’ipertono 7, 9 e 11; l’8, 10 e 13; il 9, 11 e 14; varie forme di accordi di settima e nona si trovano nello stesso modo; la triade minore si trova combinando l’ipertono 10, 12 e 15.83 80 Non era possibile ottenere sul theremin un’intonazione molto precisa. È probabile quindi che COWELL 1930, p. 18 si riferisse alle possibilità organologiche dello strumento più che a quelle esecutive. 81 NICHOLLS 1990, p. 165. 82 COWELL 1930, p. 21. 83 Nel parlare del modo minore, Cowell riesuma la teoria degli armonici inferiori (undertones), sottolineando il fatto che fino a poco tempo prima questa era soltanto una teo- 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 77 Sulla scorta di Helmholtz, Cowell si sofferma su un altro fatto, rilevato anche da Novaro: gli ipertoni non sono prodotti soltanto dalla fondamentale, ma dagli ipertoni stessi. Questa considerazione avalla la costruzione di scale e accordi più complessi di quelli offerti dalla serie armonica: per il compositore è questa la base della poliarmonia. Partendo dalla triade di Do maggiore si generano altre due triadi maggiori, di Mi e di Sol, le quali, sovrapposte, daranno un poliaccordo (figura 1)84 Figura 1 Cowell tiene a specificare che il poliaccordo risultante «segue strettamente il principio matematico degli ipertoni»85 e deriva dalla sola fondamentale Do. Il poliaccordo principale è quello in cui le fondamentali distano una quinta, ma è possibile costruire altri accordi con le fondamentali a distanza di una terza, di una seconda, ecc. e si possono costruire poliaccordi sulla base di altri ipertoni appartenenti alla stessa serie. Gli accordi ria non suffragata da prove sperimentali e veniva generalmente screditata dalla semplice constatazione che una corda o un corpo vibrante non può produrre una vibrazione maggiore della sua lunghezza totale. Egli riferisce di alcuni esperimenti di un ricercatore russo, Nicolas A. Garbusov, il quale aveva dimostrato l’esistenza degli armonici inferiori attraverso una serie di risonatori, grazie ai quali poté ascoltare fino all’armonico inferiore 9. La spiegazione riportata da Cowell è che il corpo vibrante non emette di per sé stesso gli armonici inferiori, ma essi si producono per risonanza dello strumento e della vibrazione simpatica di oggetti circostanti. La serie degli armonici inferiori è speculare a quella degli ipertoni e produce altri intervalli e anche se non sono prodotti dallo strumento, queste frequenze si aggiungono a quella principale prima di raggiungere l’orecchio. Il secondo parziale inferiore spiega la sottodominante, così come il secondo superiore spiega la dominante. I primi quattro parziali inferiori sono la base della triade minore. Se si utilizzano gli armonici inferiori, ogni suono può essere preso come base anche per gli accordi minori. Per esempio, la nota Do verso l’alto è la base dell’accordo di Do maggiore e verso il basso la base di quello di Fa minore. Il discorso sugli armonici inferiori interessò molto Partch che ne trattò anche nella sua teoria (cfr. §7). 84 COWELL 1930, p. 25. 85 Ivi, p. 25. 78 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA formanti il poliaccordo debbono essere debitamente dislocati e spaziati per non confondersi in un singolo accordo dissonante. Nonostante gli accenni al microtonalismo, la successione degli armonici è per Cowell all’origine della poliarmonia. Questa risorsa permette di ottenere un nuovo tipo di contrappunto più dissonante e moderno, l’armonia politonale e ritmi anche molto complessi e scale di durate a partire dai rapporti frazionari intervallari, ovvero dalla durata delle vibrazioni di un dato intervallo. In via provvisoria e in attesa di future novità, il temperamento equabile è un compromesso che il compositore statunitense non mette in discussione. Farà altrettanto un cospicuo filone della musica d’avanguardia, non soltanto statunitense. Anche nell’esteso e in gran parte inedito trattato The Nature of Melody, portato a termine nel 1937, Cowell tocca marginalmente il problema microtonale.86 Nell’ambito dei consigli agli studenti in cerca di risorse per creare nuove scale, non mancano le «scale che usano suoni collocati fuori dal sistema a dodici suoni. Per queste scale, di solito è indicato un approccio che tenga conto di alcuni aspetti della scienza del suono. (Vedere The Science of Musical Sound di Dayton Miller)».87 Inoltre, un capitolo è dedicato alla scala degli ipertoni e uno a quella a quarti di tono:88 due strade tenute ben distinte, soprattutto ipotizzate più che percorse. Per Cowell, solo il futuro avrebbe potuto dire qualcosa di più sui nuovi intervalli. Ives la pensava forse allo stesso modo, ma dopo ben altri esperimenti. 3.6. Le esperienze quartitonali di Ives Nel saggio “Some ‘Quarter-Tone’ impressions”, Ives ricorda nel suo stile inconfondibile l’origine alquanto precoce del suo rapporto con i microintervalli: [M]io padre aveva un debole per i quarti di tono — di fatto non si limitò neanche a essi. Allestì un congegno per tendere 24 o più corde di violino e le accordò per adattarle ai dettami della sua curiosità. Egli sceglieva delle melodie a quarti di tono e cercava di farle cantare alla famiglia, ma ricordo che alla fine vi rinunciò eccetto che come mezzo di punizione — anche se avevamo imparato ad apprezzare alcune melodie che, seppure basate sulla scala usuale, avevano al loro interno anche note a quarti di tono. Ma dopo averci lavorato per un po’ di tempo, egli acquistò la certezza che alcuni ac86 Il testo è stato studiato da RAO 2001. RAO 2001, p. 617. 88 Ivi, p. 633. 87 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 79 cordi a quarti di tono devono essere imparati, prima che le melodie quartitonali acquistino senso e divengano naturali per l’orecchio e per la voce. Per tenere gli accordi cominciò ad applicare un sistema di archetti rilasciati da pesi, ma questo procedimento fu represso dalla famiglia e da alcuni vicini di casa.89 L’interesse per i quarti di tono era sorto in George Ives dal desiderio di ottenere un’imitazione più fedele, attraverso un accordo, dei parziali prodotti dalla campana di una chiesa circostante. Tali esperienze furono condotte intorno al 1890 e si sedimentarono nella memoria di Charles il quale, diversi anni dopo, cominciò ad abbozzare qualche pezzo sperimentale di musica a quarti di tono. Il primo brano compiuto fu un Quarter-Tone Chorale per archi, perduto,90 il cui materiale venne riutilizzato da Ives nel terzo dei Three Quarter-Tone pieces per due pianoforti accordati alla distanza di un quarto di tono.91 Per l’intero corso della sua attività creativa, il compositore mantenne ben distinte due sfere della pratica musicale: gli esperimenti privati e le composizioni da presentare in pubblico. Gli abbozzi di brani quartitonali appartenevano certamente alla prima categoria, così pure i tre pezzi pianistici; in questo senso, essi costituiscono un’eccezione, perché vennero presentati in pubblico come una sorta di saggio sulle possibilità musicali dei nuovi intervalli. I tre brani furono scritti nel 1923-24, anche in base a materiale steso negli anni 1904-14,92 ed eseguiti nel 1925, anche se per il compositore la loro natura rimase sperimentale. Neanche dopo vari concerti, benché sottoposti alla prova dell’esecuzione pubblica, l’autore li considerò come «opere d’arte definitivamente completate», ma come «studi all’interno dei mezzi limitati che avevamo per studiare i quarti di tono».93 Alla decisione di presentare i pezzi in concerto contribuirono le richieste di E. Robert Schmitz — instancabile organizzatore culturale, nonché conferenziere e concertista — che voleva da Ives un pezzo d’avanguardia per un concerto speciale. Fu Schmitz a spingere Ives a estrarre dal cassetto i 89 IVES 1970, p. 110. Il terzo pezzo pianistico è stato ritrascritto per orchestra d’archi da Alan Stout in base alle indicazioni strumentali annotate in uno dei mss. Per questa e altre indicazioni filologiche, cfr. SINCLAIR 1999. 91 Uno dei metodi più pratici per ottenere i quarti di tono senza dover effettuare modifiche agli strumenti musicali è quello di utilizzare due pianoforti, accordandone uno 50 cent più in alto (Ives) o, meglio ancora, più in basso dell’altro. Lo stesso sistema fu utilizzato anche da altri compositori, tra cui Couper e Wyschnegradsky. 92 Cfr. SINCLAIR 1999. 93 IVES 1972, p. 111. 90 80 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA suoi esperimenti quartitonali94 e a organizzare le due “prime” dei Three Quarter-Tone Pieces nel 1925. Se questi brani costituiscono un’eccezione nel corpus ivesiano per il fatto di essere stati presentati in pubblico, non si può dire che l’interesse per i quarti di tono sia stato per Ives episodico. Due pianoforti sfasati di un quarto di tono sono utilizzati dal compositore anche nella Sinfonia n. 4 (1910 ca.-1919),95 uno dei suoi capolavori indiscussi. L’abbozzo della Universe Symphony, a cui il compositore lavorò in modo discontinuo dal 1911 al 1928 per poi abbandonare il progetto, prevedeva anche l’uso di materiale polimicrotonale, in particolare quarti e ottavi di tono.96 Parlando dei suoi esperimenti con i quarti di tono, Ives cita il pianoforte quartitonale a due tastiere realizzato da Stoehr97 per la Mehlin & Sons di New York. Verso la fine del suo saggio, il compositore statunitense afferma che il primo e il terzo pezzo erano stati concepiti in origine per un pianoforte quartitonale a due tastiere e un solo esecutore.98 Successivamente, i brani vennero trascritti per due strumenti, ma senza cambiamenti sostanziali, per cui questi pezzi avrebbero potuto essere ancora eseguiti da un solo pianista su uno strumento a due tastiere. Il pianoforte originario potrebbe essere anche quello realizzato da Barth con la collaborazione dello stesso Ives. Barth fu uno degli interpreti della “prima” quartitonale ivesiana del 1925. Dai Memos appare chiaro che tra Ives e Barth non mancarono divergenze sul modo di gestire la nuova risorsa musicale. Annota Ives: Penso che buona parte delle persone che hanno ascoltato il concerto di musica quartitonale (Aeolian Hall, New York, febbraio [1925]) si è fatta un’idea sbagliata del suo scopo. Ho cercato di avere entrambi, il signor Schmitz nella conferenza e il signor Barth nel concerto, per quello che mi premeva; questi pezzi non erano presentati come opere d’arte definitiva94 Cfr. BURKHOLDER 1985, p. 3. Il problema della datazione delle opere ivesiane dipende dai lunghi processi di accumulazione degli schizzi, ma anche da una discreta propensione del Nostro a retrodatare. In molti casi è meglio fare affidamento sulla prima esecuzione. La Sinfonia n. 4 fu presentata a pezzi; I e II movimento: New York, 29 gennaio 1927; III: New York, 10 maggio 1933; l’intera opera fu eseguita da Stokowski a New York il 26 aprile 1965. Fu lo stesso Schmitz a promuovere l’esecuzione del 1927. 96 Cfr. SINCLAIR 1999 e IVES 1972, p. 106. 97 Si potrebbe trattare, secondo Boatwright (in IVES 1970, p. 112n) del teorico e compositore austriaco Richard Stöhr (1874-1967). Professore di Teoria musicale alla Musikakademie di Vienna dal 1903 al 1938, nel 1939 emigrò negli USA. Tra i maestri di Hába, egli venne ringraziato nella prefazione di MÖLLENDORF 1917. 98 IVES 1970, p. 119. 95 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 81 mente complete (o tentativi di opere d’arte). Essi erano semplicemente studi all’interno dei mezzi limitati che avevamo per studiare i quarti di tono. Devo dire che penso che Hans Barth sia arrivato al problema nel modo sbagliato. L’ho aiutato a costruire il suo pianoforte a quarti di tono e gli ho detto che l’idea era di avere uno strumento su cui poter lavorare, piuttosto che avere qualcosa per sfruttare qualcosa o qualcuno. Forse Barth mi ha frainteso — ma i concerti che ha dato e il modo in cui ha usato il pianoforte, per il mio modo di pensare hanno fatto più un danno che un bene nell’interessare le persone ai quarti di tono.99 Rimane difficile definire con precisione la natura del dissidio e il genere di trattamento musicale o dimostrativo riservato da Barth ai quarti di tono. Resta il fatto che anche Barth fu un convinto fautore della musica microtonale. Forse anche dietro suggerimento di Busoni, e sicuramente di Ives, Barth costruì un pianoforte portatile quartitonale con due tastiere, la prima accordata a 440 Hz, la seconda a 425.5 Hz. La tastiera inferiore, invece che in bianco e nero, aveva i tasti colorati di blu e rosso.100 Nel 1928, il pianoforte di Barth fu costruito da George Weitz.101 Un altro analogo strumento quartitonale a due tastiere fu prodotto dalla Mehlin & Sons. Dopo le esecuzioni ivesiane del 1925, Barth scrisse un Concerto per pianoforte quartitonale e orchestra e lo eseguì sotto la direzione di Stokowski con la Philadelphia Orchestra nel 1930. Nello stesso anno scrisse anche una Suite per archi, ottoni e timpani con microtoni. Anche nel suo Piano Quintet (1930) Barth utilizza lo stesso strumento quartitonale.102 Secondo la testimonianza di Harrison, «[Ives] collaborò alla costruzione del primo strumento a quarti di tono negli Stati Uniti e per questo non ebbe mai un riconoscimento; ciò lo faceva diventar matto».103 Sul disaccordo tra Ives e Barth è lecito solo ipotizzare: forse Barth fece un uso troppo esteriore, ornamentale oppure troppo bruitista dei quarti di tono? Certamente, le questioni sollevate dai brani quartitonali ivesiani non sono esteriori. A prescindere dalla natura delle divergenze tra i due musicisti, si tratta dell’ulteriore testimonianza che negli Stati Uniti degli anni ’20 la questione microtonale sollevò un vivace dibattito: c’era l’intenzione, come afferma Ives nel testo sopra riportato, di «inte- 99 IVES 1972, p. 111. READ 1990, p. 74. 101 Una fotografia dello strumento di Barth si trova presso la Irving S. Gilmore Music Library della Yale University (“The Frederick and Rose Plaut Papers”, cartella 9/259). 102 Cfr. READ 1990, p. 76. 103 BAKER 2002. 100 82 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA ressare le persone ai quarti di tono, o nello sviluppare un senso naturale e un uso di essi». Ci limiteremo qui a indagare il punto di vista di Ives. Per spiegare il suo approccio all’organizzazione musicale dei quarti di tono, forse non bastano i riferimenti alle esperienze familiari. La spiccata propensione all’esperimento, che attraversa tutta l’attività di Ives, è accompagnata in questo caso da una fonte filosofica ben definita, che il compositore in più occasioni considerò un punto di riferimento fondamentale104 e che viene citata pure nel saggio sui quarti di tono: si tratta di The Philosophy of Music di William Pole (1814-1900), di cui Ives possedeva la sesta edizione, pubblicata nel 1924. Il libro, edito per la prima volta nel 1879, raccoglieva, rielaborandole, una serie di conferenze tenute da Pole a Londra nel 1877 sulle teorie di Helmholtz e basate sull’acustica intesa come base fisiologica della teoria musicale. Pole faceva parte della Musical Association e aveva stretti contatti con Ellis, Bosanquet e altri microtonalisti sperimentatori. Il testo di Pole è considerato tuttora un’ottima introduzione al trattato di Helmholtz, che costituisce il punto di riferimento più importante per l’autore di The Philosophy of Music, il quale non manca di citare, criticamente, anche gli studi di Moritz Hauptmann (1792-1868).105 Pole ripercorre in prospettiva filosofica le ricerche dello scienziato tedesco, tentando di stabilire le basi filosofiche di alcuni principi tecnici. Sulla scorta di Helmholtz, anche Pole tratta dell’intonazione giusta: ma nell’affrontare la questione vi è una maggiore enfasi sull’inevitabile necessità di allontanarsi da questo modello nella prassi musicale. È una questione di sfumature, ma è chiaro che per Pole «la musica è quasi totalmente un lavoro d’arte». Non che Helmholtz avesse evitato questo aspetto, ma persino il suo excursus sull’evoluzione storica del linguaggio musicale, in particolare delle scale e dell’armonia, era accompagnato da una serie di dimostrazioni scientifiche. Pole è cosciente che ogni regola musicale è mutevole e peritura. Proprio questo aspetto interessa di più ad Ives: sottolineare la relatività culturale e storica di tutte le regole.106 104 BOATWRIGHT 1970, p. 106. In particolare, HAUPTMANN 1853 minimizzava l’apporto delle proporzioni matematiche delle consonanze fondamentali e l’importanza della serie degli armonici per l’instaurazione dell’armonia tonale. I principi di quest’ultima, secondo l’autore, erano informati a una dialettica hegeliana in cui si fronteggiavano tonica (tesi) e dominante (antitesi) — la terza essendo la sintesi — maggiore e minore, ecc. 106 POLE 1924, pp. 194-202. 105 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 83 Nella sua disamina della storia musicale, connotata da una forte impronta evoluzionista, Pole cita i quarti di tono a proposito della musica persiana, con un’ottava divisa in 24 parti uguali, che «sarebbero equivalenti a quelli che noi chiameremmo quarti di tono, essendo ogni intervallo pari alla metà di un semitono».107 In questo senso, rispetto ai suoi predecessori, non ci sono sostanziali novità. Come Helmholtz, Pole si esime dal compito di indicare una strada per la musica del futuro. L’apporto dei quarti di tono a una musica utopica resta una faccenda per musicisti sperimentatori come gli Ives. Per Pole, come per i fisici suoi contemporanei e gli antichi teorici della musica, il riferimento al modello degli armonici ha ancora un valore essenziale, orientativo, è ancora la base della musica. Le fallaci basi di un Hauptmann non si sono ancora mutate in un fecondo criterio di dialettica artificiale che ha come oggetto il materiale. Comincia però a maturare una coscienza diversa che mette al centro i processi culturali e si insinua nella solida trama della vecchia filosofia naturale più di quanto essa non permetterebbe. Nell’analizzare il temperamento equabile, Pole accenna alla diatriba tra seguaci dell’intonazione giusta e coloro che considerano il temperamento equabile sufficientemente approssimato ai valori “naturali”, in ogni caso l’unico sistema appropriato per la musica moderna. The Philosophy of Music sembra recare qualche traccia delle recenti proposte e polemiche relative all’intonazione giusta, rinfocolate dall’edizione di An Elementary Treatise on Musical Intervals and Temperament di Bosanquet, nel 1876: le conferenze di Pole da cui derivò il libro si tennero solo un anno prima. Pole mette a confronto le approssimazioni del temperamento equabile con i rapporti degli armonici, approssimazioni che sintomaticamente vengono misurate in frazioni di semitono temperato:108 107 108 NOTA TEMPERATA APPROSSIMAZIONE Do giusta Ivi, p. 89. Ivi, p. 150. Si troppo alta di 1/8 di semitono Si7  bassa di 1/6  La  alta di 1/6  La7  bassa di 1/7  Sol  bassa di 1/50  Fa  alta di 1/50  84 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA NOTA TEMPERATA APPROSSIMAZIONE Mi  alta di 1/7  Mi7  bassa di 1/6  Re  bassa di 1/25  Do  giusta Seguendo le consuetudini dei fisici e dei teorici ottocenteschi, Pole ritiene un errore il fatto di considerare le note con diesis e bemolle enarmonicamente equivalenti. D’altra parte, se le differenze tra intonazione giusta e temperata sono accettabili per le quarte e le quinte, esse divengono intollerabili nelle terze. Questa anomalia del temperamento equabile si avverte in particolare su strumenti come l’organo e l’armonium in cui il suono può essere prolungato a piacimento (un cavallo di battaglia della pubblicistica inglese e anche di Helmholtz). Eppure, la posizione di Pole, se raffrontata a quella di Ellis e Helmholtz, sembra più disponibile a un confronto dialettico tra intonazione giusta e sistema temperato: Le persone sensibili possono avere poca simpatia per i teorici estremi che si deliziano nell’oltraggiare e disprezzare la scala duodecimale. Tutti i musicisti pratici devono ammettere che si tratta di una delle più felici e ingegnose semplificazioni mai realizzate nella storia della musica; è stato un modo di far avanzare l’arte a un grado incalcolabile; e il moderno sistema enarmonico, fondato su di essa, è diventato così strettamente incorporato alla musica moderna che è difficile immaginare come possa essere abbandonato. Ma, d’altra parte, se si deve esercitare la ragione e il buon senso, bisogna essere ugualmente in disaccordo con il partito dell’altro estremo che vorrebbe costringerci al temperamento equabile in casi in cui l’intonazione perfetta può essere ottenuta in modo giusto e facile, vale a dire con gli strumenti ad arco o nella musica a cappella.109 Se anche Pole reagisce, a suo modo, all’avanzata universale del temperamento equabile, nel nostro caso il suo libro è importante perché costituisce un trait d’union tra Helmholtz ed Ives.110 Infatti Pole afferma che, mentre gli archi e i cantanti dotati di una sufficiente perizia possono usare gli intervalli giusti e adattarsi alle note difettose del sistema temperato, in particolare la terza, negli strumenti ad accordatura fissa ogni adattamento è impossibile. A questo proposito, lo studioso inglese accenna ai tentativi fatti in questo senso con le varie tastiere “enarmoni109 Ivi, p. 151. Stando aIla testimonianza di Cowell (cit. in IVES 1970, p. 106), nella biblioteca di famiglia di Ives era presente anche un testo di Helmholtz, sebbene le citazioni ivesiane del fisico tedesco siano tratte dal libro di Pole. 110 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 85 che” e ritiene difficile escogitare un sistema semplice per applicare l’intonazione giusta a strumenti come l’organo e il pianoforte. Helmholtz e la cerchia della Musical Association sono i suoi punti di riferimento più vicini. I britannici Liston, Thompson, Bosanquet ed Ellis, gli statunitensi Poole e White, lo stesso Helmholtz si erano applicati assiduamente per escogitare soluzioni pratiche che permettessero di mettere in campo l’intonazione giusta — o, meglio, un’intonazione più giusta — agli strumenti a tastiera. Al contrario dei suoi connazionali, Pole si era dimostrato più disponibile a mediare tra l’intonazione giusta e il temperamento equabile. Essendo anche organista, egli accenna al fatto che negli ultimi 15-20 anni i vecchi temperamenti degli organi da chiesa erano stati soppiantati dal temperamento equabile. Con questo ultimo sistema di intonazione, le «terze aspre, applicate indiscriminatamente a tutto lo strumento, producono un effetto cacofonico e repulsivo, di cui le persone sono tanto contente da scappare via».111 La conclusione del filosofo-musicista è che il temperamento equabile è un necessary evil che però non va tollerato qualora non sia indispensabile. All’intonazione giusta Ives finisce per conferire un valore relativo o meglio commisurato all’effetto degli armonici sull’udito. I passaggi del libro di Pole citati dal compositore con maggior frequenza sono quelli che mirano a relativizzare il valore delle regole musicali a livello storicoculturale e quelli che definiscono le differenze tra la sfera naturale e quella estetica. Ives appare aperto a ogni possibile stimolo esterno ma — a differenza di altri suoi contemporanei dediti alla sperimentazione microtonale — evita di dettare indirizzi certi per il futuro: «L’uomo ora è una sorta di creatura senziente melodico-armonico-ritmica e noi siamo una razza occidentale, equabilmente temperata — a volte».112 A differenza dei vari sistemi a intonazione giusta, la suddivisione a quarti di tono non può vantare alcuna giustificazione fisica. È però un metodo pratico e relativamente privo di complicazioni. Ha anche il grande vantaggio di fornire nuovi intervalli preservando quelli del temperamento equabile a 12 suoni. Nonostante l’attenzione prestata alla teoria di Helmholtz e memore degli avvertimenti relativistici di Pole, con il determinante contributo delle esperienze paterne, nel suo approccio al microtonalismo Ives opta decisamente per i quarti di tono. L’origine filosofica di questa scelta è offerta dallo stesso Ives all’inizio del suo saggio dedicato all’argomento. Esistono due punti di vista fondamentali 111 112 POLE 1924, p. 152n. IVES 1970, p. 110. 86 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA riguardo all’uso di “nuovi materiali”: «quello delle leggi naturali e quello dei principi estetici».113 E cita Helmholtz attraverso Pole: «Il sistema di scale, modi, tessiture armoniche non poggia soltanto su leggi naturali inalterabili, ma in parte è anche il risultato di principi estetici, che sono già cambiati e cambieranno ancora, con il progressivo sviluppo dell’umanità».114 Pole sottolinea il fatto che il giudizio dell’orecchio tende a essere confuso per un fondamento naturale e invece deriva «dall’educazione e dall’abitudine».115 Ives non può che approvare questa considerazione e afferma, secondo un topos ricorrente tra i microtonalisti: «Ci vorranno probabilmente secoli, o almeno generazioni, prima che l’uomo scopra tutto o la maggior parte del valore di un’estensione a quarti di tono».116 La sesta edizione del libro di Pole, che, come si è detto, era in possesso di Ives, recava un’importante appendice, utile a chiarire l’evoluzione del discorso sulle intonazioni e i temperamenti nei primi anni del Novecento. L’edizione del 1924, infatti, è accompagnata da un saggio di Hamilton Hartridge redatto in quello stesso anno, relativo agli sviluppi della ricerca in campo acustico-musicale dal 1895 al 1924. Stante la grande diffusione del libro di Pole negli Stati Uniti, il testo di Hartridge è importante anche al di là dei possibili rapporti con Ives. Per quanto si tratti di una ricognizione prettamente filosofica, il resoconto tocca temi rilevanti per delineare le due opzioni che vertono sulla possibile applicazione musicale o sul deciso rifiuto del microtonalismo temperato e dell’intonazione giusta. Non vengono riferiti risultati di esperimenti recenti; piuttosto, viene presentata una sintesi di problematiche sorte dopo la stesura del saggio di Pole e in seguito alla diffusione, ormai universale, del trattato di Helmholtz. Un punto nodale da cui Hartridge prende le mosse è costituito dalla seguente domanda: «È vero che nelle note prodotte dagli strumenti musicali gli ipertoni sono sempre armonici?».117 Il saggista prende a esempio la produzione di suoni vocalici nella voce umana e afferma che ci sono due scuole di pensiero: una, che fa capo a Dayton Miller, afferma che gli ipertoni che formano il suono delle vocali sono sempre armonici; l’altra, di cui fa parte Scripture,118 sostiene il 113 Ivi, p. 143. Ivi, p. 108. 115 Ivi, p. 109. 116 Ivi, p. 109. 117 HARTRIDGE 1924, p. 322. 118 Edward W. Scripture (1864-1945), psicologo, si interessò anche di musica: fu una figura di spicco della New Psychology americana e lavorò presso il laboratorio della Yale 114 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 87 contrario. A favore della prima ipotesi viene chiamato in causa il teorema di Fourier, nel quale si afferma che «qualsiasi vibrazione (non importa quanto complicata), che periodicamente si ripeta invariata, può essere analizzata nei suoi componenti armonici, di cui se ne può identificare un numero infinito. Viceversa, per produrre una qualsiasi vibrazione a ripetizione periodica è sufficiente sommare diverse componenti armoniche».119 Anche gli esperimenti di Helmholtz sull’analisi e la sintesi del suono avevano confermato questo aspetto. Infine, in certi corpi vibranti, per esempio le corde, è possibile verificare chiaramente come si producono gli armonici. Hartridge sottolinea il fatto che il teorema di Fourier vale soltanto se la vibrazione si ripete invariata; per esempio, non è possibile applicare questo teorema a un colpo di gong e neanche a un tremolo di violino; né un ragionamento del genere può essere ritenuto valido per la voce umana se viene cambiata una vocale durante il canto; e neppure per suoni troppo brevi che non permettono lo stabilirsi nel tempo di una regolarità a livello percettivo. Perciò il teorema di Fourier si applica soltanto per suoni di intensità, altezza e timbro costante e di durata sufficientemente lunga (difficile stabilire quanto, glossa Hartridge). Negli altri casi, le costituenti possono essere inarmoniche e il teorema di Fourier non vale. È proprio questa la circostanza di gran lunga più frequente, perché è raro che un suono non contenga costituenti inarmonici. Parlando delle prove sperimentali, Hartridge distingue esperimenti di sintesi e di analisi del suono. I primi tentano di emulare, ricostruendolo, un suono preso a modello. Il timbro di uno strumento musicale può essere imitato abbastanza fedelmente facendo suonare insieme vari strumenti che emettono “suoni puri”: per esempio, una serie di diapason intonati in modo da formare una serie di armonici. Il problema che ci si deve porre è il seguente: quanto si può credere alle proprie orecchie in un tale giudizio? Ma soprattutto, come possiamo essere sicuri che non vi siano componenti inarmoniche nel suono da imitare, sapendo che non ce ne sono in quello imitato? Per Hartridge, questo problema rimane irrisolto. È interessante vedere anche il modo in cui viene condotta l’analisi del suono. In questo campo si fanno due tipi di esperimento. Il priUniversity. Scripture si dedicò in particolare alla cronometria mentale e, come Carl Stumpf e Alfred Binet, usò il diapason, collegato a un fonometro e al tamburo rotante di un kymograph [chimografo], anche per misurare frazioni temporali molto piccole. Questo aspetto è interessante in relazione a Novaro il quale, viceversa, adotta il metronomo per misurare con esattezza gli intervalli, contandone i battimenti. 119 HARTRIDGE 1924, p. 322. 88 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA mo, diretto, fa uso di risonatori; il secondo, indiretto, ricorre a un grammofono o un phonodyke120 per registrare un suono e di un analizzatore armonico per suddividerlo nelle sue componenti armoniche. Afferma Hartridge che solo di recente, «con l’introduzione della valvola termoionica, sono stati ideati risonatori perfettamente intonati e in grado di misurare con esattezza l’intensità assoluta del suono che li mette in vibrazione». Ma egli afferma: «Che io sappia, non sono stati effettuati esperimenti per verificare la presenza di componenti inarmoniche di [un suono] attraverso [i risonatori]».121 Le osservazioni di Hartridge, per quanto effettuate in stile divulgativo e come glossa al trattato di Pole, riepilogano una serie di problemi di crescente importanza per i teorici musicali degli anni ’20. Vengono ribadite le idee di Helmholtz concernenti l’inarmonicità degli ipertoni e viene citato a questo proposito il libro di Edwin Barton122 La conclusione di Hartridge è che resta tutto da provare, con nuovi esperimenti, il fatto che gli ipertoni di un suono siano sempre armonici.123 Il modello ideale della successione degli armonici comincia a essere messo in discussione dall’evolversi degli studi di acustica. Prende piede la consapevolezza che la qualità di un suono, il suo timbro, «è dovuto non soltanto all’intensità relativa dei costituenti armonici, ma forse anche da quelli inarmonici».124 Come si può definire “naturale”, “vera” e “giusta” un’intonazione che deve essere applicata, per esempio, a corde che prese singolarmente già non rispettano fedelmente il modello matematico delle frequenze armoniche, ossia il raddoppio delle vibrazioni per ogni parziale successivo? Il tentativo di instaurare un modello naturale attraverso la successione degli armonici è dunque seriamente messo in discussione dai progressi della sperimentazione acustica. Ci si 120 Si trattava di un congegno in grado di trasformare le vibrazioni sonore in un diagramma, una versione successiva, stavolta elettrica, della capsula monometrica di König. Su The Indianapolis News del 28 ottobre 1922 apparve il resoconto di una dimostrazione pubblica offerta dal professor R. B. Abbott della Purdue University relativa all’uso di un phonodyke e di uno specchio rotante per l’amplificazione e la visualizzazione del battito cardiaco. Cfr. <http://users.ipfw.edu/abbott/family/StethoscopeNewsClip.html>. In MILLER 1937, p. 52, sono riportate le curve armoniche ottenute dal phonodeik di Miller, riprese anche da PARTCH 1974, p. 141 e pp. 147-48. 121 HARTRIDGE 1924, p. 324. 122 BARTON 1908, pp. 286 e 289. Il libro, destinato agli studenti più che agli studiosi, metteva al corrente degli ultimi progressi in campo acustico sul fronte sperimentale e teorico. 123 A conferma di ciò, Hartridge cita HELMOHLTZ 1875, pp. 71-74. 124 HARTRIDGE 1924, p. 326. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 89 rende conto, in termini scientifici — quindi misurabili e sperimentalmente riproducibili — che un discorso sulle altezze non è così facilmente separabile da quello sul timbro, per esempio. Anche questo nuovo, emergente relativismo è alla base dell’opzione quartitonale da parte di molti autori novecenteschi, mentre un’applicazione onnipervasiva dell’intonazione giusta diventa sempre più una chimera. Lo studio di Hartridge si conclude con un paragrafo sugli strumenti a tastiera a intonazione giusta.125 Sono riprese le osservazioni di Pole riguardanti la difficoltà di adottare l’intonazione giusta sugli strumenti senza cadere in eccessive complicazioni, anche se era stata dimostrata la possibilità di servirsene per organi e armonium. Hartridge ipotizza che Pole si riferisse a due tipi di tastiera: quella inventata da Bosanquet e quella di Paul White. Entrambe fanno uso di un temperamento a 53 suoni nell’ottava. La prima tastiera consta di 84 tasti per ottava, la seconda di 56. (Va chiarito che la differenza nel numero di tasti è dovuta al fatto che si sono escogitate diverse soluzioni per poter ottenere gli accordi, con un numero variabile di suoni ripetuti.) È facile trasporre la musica in altre tonalità con questi due sistemi, perché nel trasporto la distanza delle dita e delle due mani rimane costante. Il sistema di Bosanquet è di più agevole apprendimento per un pianista, perché la disposizione dei tasti ricorda la tonalità di La maggiore degli strumenti a tastiera ordinari. Lo stesso Hartridge rileva che si tratta comunque di strumenti costosi e ingombranti. Questa duplice annotazione sul costo, il volume e il peso degli strumenti sperimentali a intonazione giusta è una sorta di ritornello che diversi autori ripetono. Nessuno si sofferma su un raffronto tra il costo e l’ingombro di un siffatto strumento e quelli di un organo a canne, decisamente superiori. Il problema cruciale è, semmai, la difficoltà di esecuzione e la necessità di reimparare a suonare su una tastiera completamente diversa, che comunque non sembra presentare maggiori difficoltà rispetto ad alcuni strumenti a temperamento equabile, il cui caso limite è forse costituito dalla bizzarra e impervia disposizione dei tasti del bandoneón. Hartridge non manca di avventurarsi in nuove ipotesi di lavoro. Afferma infatti che forse è possibile tentare di ridurre il numero di tasti, facendo una osservazione sul diverso status dei registri: se 53 suoni nell’ottava sono certamente necessari per riprodurre l’intonazione giusta nel registro medio (circa tre ottave), quello a cui l’orecchio è più sensibile, un numero inferiore di gradi sarà sufficiente per i registri grave e acuto, 125 Cfr. ivi, pp. 332-34. 90 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA dove l’udito percepisce meno le discordanze. Lo studioso ipotizza 26 suoni per le due ottave che circondano il registro medio e soli 12 suoni per le due ottave estreme. Si tratta di una stima dichiaratamente approssimativa dettata da esigenze pratiche, ovvero l’ipotetica commercializzazione di strumenti a tastiera in intonazione (quasi) giusta più economici e meno ingombranti. Tornando ad Ives, la sua rilettura di Helmholtz e Pole appare orientata proprio verso quegli aspetti di progressismo relativista che, in un’ottica empirica, tendono a mettere in secondo piano il modello degli armonici. Scrive Ives a proposito: Mi sembra che il criterio per misurare la “ruvidità” di un accordo sia relativo. Non capisco perché molto non dipenda anche da quanto forte le note sono colpite (la loro ampiezza) o dagli strumenti che le suonano. L’orecchio medio sente principalmente la fondamentale e pensa nei suoi termini. Ma siccome l’effetto delle vibrazioni della fondamentale è vincolato a quello dei suoi ipertoni — ossia le vibrazioni di tutti i parziali formano un’unità sonora — nel complesso la “differenza generale” è la cosa più sicura per la misurazione. Ma non vedo perché si debba sempre misurare attraverso vibrazioni che non sempre si sentono.126 È chiaro il riferimento al concetto helmholtziano di consonanza e dissonanza attraverso il confronto con gli armonici di due o più suoni. La posizione di Ives è più empirica. Si può dire che essa dia il giusto peso all’intensità dei diversi parziali: vale ciò che si sente. Per questo la quinta è quella cosa inesorabile, una parte di quelle leggi naturali che nessun principio estetico è finora riuscito a battere. La quinta sembra dire: “Tu non puoi scappare dal fatto che io sono il capo degli ipertoni, il primo vero parziale. Ho le ottave da sostenere. Se non sono terra sono mare e non puoi viaggiare intorno al mondo senza di me”. Si è dimenticata che esiste l’aeroplano.127 L’ottava e la quinta sono davvero importanti; poi, gradualmente, il peso delle leggi naturali si fa più lieve e indeterminato. In questa logica, i quarti di tono possono prestarsi alle applicazioni più disparate. Le incertezze dei processi di recezione sembrano essere l’unico limite: «La famiglia dei quarti di tono, come la maggior parte delle famiglie, ha il senso dell’umorismo. Ma è una cosa piuttosto pericolosa a cui rivolgersi; di- 126 127 IVES 1970, p. 114. Ivi, p. 113. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 91 pende tanto da dove si trova il guantone del ricevitore quanto dai tiri del lanciatore».128 3.6.1. Il Chorale dei Three Quarter-Tone pieces Come ha suggerito Boatwright,129 il saggio “Some ‘Quarter-Tone’ impressions” è uno dei rarissimi esempi di testo ivesiano a contenuto teorico-musicale. Si è visto che l’articolo nacque per accompagnare la prima esecuzione dei pezzi pianistici quartitonali e fu pubblicato per la prima volta sul Franco-American Society Bulletin il 25 marzo 1925. Nel saggio, oltre alle considerazioni filosofiche di cui si è parlato nel paragrafo precedente, Ives riferì le sue esperienze con i quarti di tono e gettò le basi, ipotetiche e fluttuanti, di una possibile armonia basata su questi intervalli. Prima di effettuare un’analisi di uno dei tre pezzi pianistici quartitonali, il Chorale, è necessario esaminare l’approccio di Ives al problema, soffermandoci sulle parti strettamente tecniche del suo saggio per tentare di estrarne i principi compositivi. Il punto di partenza è che l’assimilazione dei quarti di tono […] avverrà attraverso linee armoniche, mentre quelle melodiche rappresentano un fatto collaterale, forse simultaneo, e altrettanto importante, ma strettamente collegato al primo — in un senso opposto a quello in cui si è sviluppato il nostro attuale sistema […]. Mi sembra che una pura melodia a quarti di tono necessiti di una pura armonia a quarti di tono non solo per sostenerla ma per aiutare a generarla.130 Il punto di partenza è dunque armonico. In quale modo si devono organizzare i “nuovi arrivati”? Com’è noto, Ives preferisce un approccio empirico: Gli accordi di quattro o più note, per come li ascolto, mi sembrano una base più naturale delle triadi. Una triade [con quarti di tono], mi sembra, tende verso il suono o i suoni che l’orecchio diatonico si aspetta dopo aver ascoltato le note che formano alcuni intervalli diatonici [la quinta Do-Sol]. Così la terza nota [un suono a metà strada tra Mi e Re8] entra come un debole compromesso con ciò che ci si aspetterebbe: in altre parole, un accordo stonato. Se invece si aggiunge un’altra nota, che forma un intervallo quartitonale con entrambe le due note [Do-Sol] dell’intervallo diatonico, otteniamo un accordo bilanciato che, se ascoltato senza pregiudizio, non 128 Ivi, p. 116. BOATWRIGHT 1970, p. 105. 130 IVES 1970, p. 109-110. 129 92 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA forma tensioni con nessuna parte e che sembra stabilire un’identità propria.131 Questo accordo (figura 2), osserva Ives, ai più «suonerà come un accordo di Do maggiore o minore stonato»132 G ' ' ' Figura 2 Aggiungendo un La diesis innalzato di un quarto di tono, quindi un La triesis, «questa impressione scompare».133 Come si vede, il punto di partenza è l’inserzione di un intervallo quartitonale proprio laddove nell’armonia tonale si chiarisce la natura maggiore o minore dell’accordo stesso, ossia alla terza. In tal modo, Ives annulla la dialettica maggioreminore inserendo un suono che, in termini di temperamento equabile, è esattamente intermedio tra i due, il Re triesis. Per sorreggere quest’ultima nota, e allo stesso tempo sfuggire dalla sensazione di stonatura che essa può procurare, viene poi aggiunto un La triesis, quinta di Re triesis. Procediamo alla catalogazione delle tipologie di accordo definite da Ives. L’accordo 1 si configura quindi come la sovrapposizione di due quinte che si sorreggono tra loro. Come si vedrà più avanti, questa funzione di sostegno della quinta — la quinta temperata, soddisfacente approssimazione all’armonico 2 — verrà impiegata diffusamente nella realizzazione dell’armonia a quarti di tono (figura 3): G ' ' ' ' Figura 3 L’accordo possiede caratteristiche peculiari e, per Ives, «può formare una base soddisfacente e ragionevole per un accordo fondamentale […]. Esso dà una sensazione di stabilità e sostiene ragionevolmente bene una 131 IVES 1970, pp. 111-112. Ivi, p. 112. 133 Ibidem. 132 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 93 semplice melodia quartitonale».134 Il compositore chiarisce che una vera melodia a quarti di tono deve avere intervalli equamente distribuiti tra i due pianoforti sfasati di un quarto di tono. Se i quarti compaiono solo come note di passaggio, ritardi, ecc., si tratta in realtà di una melodia diatonica con coloriture quartitonali e per essa è necessaria e sufficiente un’armonia prevalentemente diatonica. L’accordo Do-Sol-Mi monesis-Si monesis (accordo 2) appare al compositore più forte, ma il Si monesis è troppo vicino all’ottava superiore per non dare problemi nei rivolti. Una altro accordo considerato da Ives è Do-Mi-Sol monesis-La triesis (accordo 3), ma egli ritiene che la presenza di una terza maggiore gli conferisca un sapore eccessivamente diatonico che contrasta con gli intervalli sovrastanti. Inoltre manca la quinta, che ad Ives appare indispensabile. Gli accordi fin qui enunciati sembrano dotati di funzioni fondamentali, ossia conclusive, paragonabili forse a un accordo di tonica dell’armonia tonale. C’è l’esigenza di stabilire in qualche modo un’alternativa dialettica con un accordo secondario o di contrasto a quelli enunciati: «Un accordo di cinque note con cinque quarti di tono per ogni intervallo, eccetto l’intervallo che completa l’ottava sembra incontrare questi requisiti [accordo 4a: Do-Re monesis-FaSol monesis-La diesis- Do]. Questo accordo possiede una quinta e se la seconda nota che forma il primo intervallo è trasposta all’ottava superiore, l’accordo ha un suono più malleabile e ha una forma più utile» (accordo 4b: Do-Fa-Sol monesis-La diesis-Re monesis).135 Va specificato che un siffatto accordo possiede in realtà una quinta Do-Sol monesis molto particolare, con un’ampiezza pari a 750 cent. Ives pensa anche a una scala da costruire sull’accordo 4b, ma afferma di non voler affrontare il problema nel suo saggio. Nel 1924 Carrillo descrisse e impiegò scale costituite da suoni a 5/4 di tono di distanza. Va osservato che questo tipo di successione non si “chiude” sull’ottava della fondamentale, ma si estende sulle ottave superiori, secondo una progressione del tipo: Do-Re monesis-Fa- Sol monesis-La8-Do monesis-Re8-Fa monesis-Sol diesis- La triesis-Do8, ecc. Prendendo spunto da questa successione, Ives parla anche di un accordo «nove-cinque-cinque» (riferendosi ai quarti di tono, anche perché ha appena parlato dei 5/4 di tono), che definisce debole: si tratta di un 134 135 Ibidem. Ivi, p. 113. 94 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA accordo Do-Mi monesis-Sol-La monesis (accordo 5)136 che per il compositore potrebbe costituire un terzo accordo sussidiario. Il materiale fin qui esposto può costituire «una base di lavoro abbastanza soddisfacente. Questi accordi primari, con le loro 24 possibili collocazioni e l’opzione melodica di 24 note per ottava, offrono combinazioni e permutazioni che non causeranno alcun danno alla nostra musica».137 La questione dei rivolti è trattata da Ives a parte, più avanti: I rivolti di accordi con quarti di tono non sembrano così diversi di carattere, come quelli degli accordi puramente diatonici. Si ammette di solito che la posizione fondamentale di un triade maggiore, per esempio, è più forte di quella del primo rivolto e che quella del secondo rivolto è più forte del primo rivolto e meno forte della posizione fondamentale. Non mi sembra di avvertire la stessa differenza nei rivolti di accordi quartitonali.138 Il compositore sottolinea un aspetto generale delle successioni accordali, valido anche per un contesto semitonale: In un movimento di musica, una struttura costruita principalmente sulla progressione di accordi non necessariamente uguali ma con gli stessi intervalli sembra sempre più trattenere quel flusso organico di cui sentiamo il bisogno.139 Per ovviare a questa monotonia, Ives ipotizza una serie ciclica di accordi diversi tra loro anche dal punto di vista intervallare. Egli affronta anche il problema del ritmo armonico in relazione alla presenza dei nuovi intervalli. I quarti di tono possono «alleviare la monotonia di una ripetizione letterale».140 E il brusco inserimento di accordi con quarti di tono in un contesto altrimenti diatonico è paragonato all’effetto prodotto dagli strumenti a percussione. Un altro accordo considerato da Ives per il suo effetto caratteristico, ma non usato nella composizione, è una sorta di poliaccordo cowelliano costituito da una triade maggiore eccedente a cui è sovrapposto lo stesso tipo di accordo alla distanza di un’ottava sopra e ± 5/4 di tono: i due accordi sono formati rispettivamente dalle note Do-Mi-Sol8-Re monesisFa triesis-La triesis [accordo 6a] e Do-Mi-Sol8-La monesis-Do triesisFa monesis [accordo 6b]. Questi agglomerati di suoni, secondo il com136 Ivi, p. 115. Nel suo commento al saggio ivesiano, a p. 115n, Boatwright ricava dalla definizione ivesiana un accordo Do-Re-La-Mi che è chiaramente sbagliato. 137 Ibidem. 138 Ivi, p. 118. 139 Ivi, p. 115. 140 Ivi, p. 116. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 95 positore, comunicano una sensazione che non si trova in alcun tipo di accordo diatonico. Verso la fine del saggio, egli riporta anche due di quelle che chiama “illusioni uditive”, che afferma di aver sperimentato ripetutamente, procurate dai quarti di tono. L’intervallo melodico discendente Do-Si monesis sembra più piccolo se è sorretto da un accordo di Sol maggiore rispetto a quando è accompagnato da un accordo di Do maggiore. E le risoluzioni ascendenti quartitonali sembrano più soddisfacenti di quelle discendenti: per esempio, su un bicordo Do-Mi la risoluzione Fa monesis-Sol è migliore di La monolle-Sol. Ives cita Helmholtz, il quale, invece, ritiene generalmente migliori le risoluzioni discendenti, perché incontrano minore resistenza e richiedono meno sforzo fisico, specialmente alla voce umana; per il compositore, invece, nel caso dei quarti di tono è più efficace la risoluzione ascendente perché essa richiede all’ascoltatore uno sforzo addizionale che rende più percepibile l’intervallo quartitonale «prima che esso si perda nell’accordo finale».141 I tre pezzi per due pianoforti sono descritti sinteticamente da Ives alla fine del suo saggio. Il compositore aveva concepito originariamente il primo e il terzo brano per un pianoforte a due tastiere e un solo esecutore: Il primo movimento, Largo, è prevalentemente diatonico e i quarti di tono sono usati come note di passaggio o ritardi e accordi con quarti di tono come estensioni o varianti, sebbene la sezione mediana sia formata da estensioni di accordi a quarti di tono. Il secondo movimento, Allegro, per due pianoforti, uno accordato un quarto di tono più in alto, è costituito principalmente da ritmi in contrasto o “scissi” tra i due pianoforti. Da un punto di vista strettamente armonicoquartitonale il pezzo non vale molto. L’ultimo è un “Corale” suonato da due pianoforti, anche se è stato scritto per un pianoforte; ci sono pochi raddoppi. Cerca di lavorare sulle linee armoniche puramente quartitonali delineate nella seconda sezione di questo saggio, ed è basato principalmente sull’accordo primario e secondario. Un cantus firmus, tenuto dalla voce superiore nella coda, è costituito da una frase a quarti di tono che diventa a semitoni e finisce a toni interi, mentre il piano armonico rimane interamente quartitonale.142 L’aspetto più interessante di questi brani, che si profila chiaramente anche nel saggio, è il tentativo di delineare un’ipotesi di armonia per la musica a quarti di tono. Il punto di partenza, come si è visto, è di natura 141 142 Cfr. ivi, p. 118. Ivi, p. 119. 96 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA prettamente empirica. Ci si orienta grazie alle “impressioni” in un terreno ancora vergine: il musicista suona diversi accordi e in base alla propria sensibilità ne identifica alcuni con funzione stabilizzante e altri che possono offrire un’alternativa dialettica. Altrettanto dicasi per le melodie quartitonali: mancano regole preesistenti e dunque sembra che il compositore si muova a tentativi ed errori, in base alla propria esperienza e al proprio gusto, con tutta la libertà di una proposta sperimentale e provvisoria. La dissonanza quartitonale, si è visto, secondo Ives dovrebbe risolvere salendo, come una sensibile, in modo da enfatizzarne l’effetto microintervallare. Il saggio e i tre pezzi di Ives sono senza dubbio complementari. La presenza tra gli schizzi dei tre brani di scale e accordi dimostrano che essi costituirono un’importante risorsa orientativa del compositore.143 Raffrontando le considerazioni esplicative della musica alla musica stessa, è possibile tentare di identificare alcuni procedimenti che hanno regolato l’organizzazione dei quarti di tono. Può essere interessante andare a scoprire come Ives risolva il problema dell’armonia microtonale, con particolare riferimento alla costruzione degli accordi. Il secondo pezzo, per ammissione dello stesso compositore, non possiede un grande interesse quartitonale. Il primo brano sfrutta in maniera significativa le nuove risorse armoniche; ma per un’indagine sull’armonia quartitonale ci sembra più interessante il terzo pezzo, “Chorale”. Il brano è interamente imperniato sul decorso dell’armonia a quarti di tono, che viene presentata a uno stato quasi puro. Inoltre, gli andamenti del brano, adagio, very slowly e maestoso, favoriscono la percezione dei microtoni: tenendo presente anche l’origine del pezzo, possiamo dire di trovarci dinnanzi a un vero e proprio saggio di armonia quartitonale. Al contrario di altri autori successivi, Ives non aggira infatti il problema dei microintervalli riconducendoli nell’orbita di un discorso tonale o paratonale: per essere più chiari, il brano di Ives inizia e finisce su un accordo che include i quarti di tono in modo strutturale e non coloristico. L’accordo iniziale e conclusivo è l’accordo 1 (Do-Sol- Re triesis-La triesis), indicato anche nel saggio come un accordo quartitonale dotato di peculiarità proprie e specifiche, con funzione di fondamentale.144 In questo brano è forse possibile scoprire, se esistono, alcune regole per la costruzione degli accordi quartitonali, a cominciare dagli intervalli impiegati. In altri termini, è interessante chiarire se, a partire dagli accordi fondamentali e secondari citati nel saggio, si possano individuare altre 143 144 Cfr. SINCLAIR 1999. Cfr. IVES 1970, p. 112. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 97 tipologie accordali e, in subordine, la natura del movimento melodico delle parti. Gli aspetti generali del brano sono spiegati dallo stesso autore alla fine del suo saggio. Il pezzo è scandito dalla seguenti sezioni, di cui delineiamo per sommi capi le caratteristiche: 1) batt. 1-9: Adagio, very slowly (3/2): andamento omoritmico. 2) batt. 10-15: Legato e maestoso (4/2): progressione del pianoforte I su quattro accordi ripetuti dal pianoforte II. 3) batt. 16-19: Con moto (4/2): motivo su basso ostinato. 4) batt. 20-42: sezione in 3/2 e 4/2: motivo anche per terze, prevalenza del pedale di Do nell’accompagnamento (cadenza e ponte alle batt. 41-42). 5) batt. 43-47: ripetizione di 2). 6) batt. 48-59: Maestoso (3/2): accordi a funzione motivica su pedale di Do e motivo a toni interi nel basso. Trascuriamo per ora la succinta descrizione fornita dal compositore, ma teniamo presente le intenzioni che da essa trapelano. Ives intende saggiare le possibilità musicali offerte dai quarti di tono. È probabile che il primo passo sia stata l’identificazione di alcuni intervalli prettamente quartitonali, ossia diversi da quelli caratterizzanti le tonalità maggiori e minori. Il punto di partenza per la costruzione dei pezzi appare prettamente armonico, attraverso la realizzazione di una serie di accordi in cui i quarti di tono hanno una funzione strutturale, sono riconoscibili come nuovi intervalli; ossia, in cui venga ridotta al minimo la possibilità nell’ascoltatore di confonderli con intervalli stonati del sistema ben temperato. I nuovi accordi, presi isolatamente, devono possedere anche una relativa stabilità interna, tale da poter instaurare rapporti e contrasti con altri accordi. Il contesto generale in cui il compositore si muove è dunque quello di una dialettica tra inaudito e riconoscibile, in cui è necessario evitare di appoggiarsi alle scale e agli intervalli caratterizzanti il contesto tonale. Ives sa di affrontare un campo ancora insondato e intende portare avanti questa esplorazione alla ricerca di una nuova tonalità quartitonale. Come assaggio preliminare, è opportuno esaminare la cadenza finale del brano, perché in genere non si aspetta fino a questo punto per arricchire o contraddire il proprio armamentario compositivo, specie in un contesto che intende essere implicitamente dimostrativo. Alle batt. 5759, il basso effettua una successione I-IV-I-V-I che ha un preciso riferimento tonale. Nelle parti superiori, però, i quarti di tono delineano chiaramente un profilo armonico quartitonale non riconducibile ad alcuna tonalità tradizionale, in cui l’accordo 1 gioca il ruolo dell’accordo centrale, caratterizzato dall’intervallo Do-Re triesis, esattamente inter- 98 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA medio tra minore e maggiore. Su questo accordo, infatti, si conclude anche il brano. A prima vista, l’aspetto generale della cadenza è una sovrapposizione di quinte e quarte, in cui è sempre presente una reciproca sfasatura quartitonale. Gli accordi utilizzati sono i seguenti: batt. 57: [Do-Sol-Re triesis-Sol triesis] – [Do-Sol-Re triesis-La triesis] batt. 58: [Fa-Si7-Sol monesis-Re monesis] – [Do-Sol-Re triesis-La triesis] batt. 59: [Do-Fa8-Re triesis-Sol triesis] – [Sol-Re-Mi monesis-La triesis] – [Do-Sol-Re triesis-La triesis]. Questa successione armonica presenta anche accordi non catalogati nelle tipologie delineate da Ives nel suo saggio. Si ha infatti: batt. 57: [accordo simile a 1, con Sol triesis in luogo di La triesis (accordo 7)] – [accordo 1]; batt. 58: [accordo Fa-Si7-Sol monesis-Re monesis che, trasposto a Do, diventa: Do-Fa-Re monesis-La monesis (accordo 8)] – [accordo 1]; batt. 59: [accordo simile a 1, con Fa8 invece di Sol (accordo 9)] – [accordo Sol-Re-Mi monesis-La triesis che, trasposto a Do, risulta: Do-Sol-La monesis-Re triesis (accordo 10)] – [accordo 1]. Nonostante l’apparizione di altri accordi, l’importanza dell’accordo 1 è confermata nella cadenza conclusiva. Inoltre, alle batt. 57-58, si ha una sorta di cadenza sospesa, in cui l’accordo 1 risolve sull’accordo 8 con punto coronato, una sorta di accordo di sottodominante quartitonale, seguito ancora una volta dall’accordo 1 (cfr. figura 4). Limitando il discorso all’ultima battuta e mezza del brano, dopo la sospensione appena descritta, si scopre una successione di quattro accordi, ciascuno costituito da quattro note e una nota raddoppiata: accordo 1accordo 9-accordo 10-accordo 1. Del movimento del basso già si è detto. A prima vista, sulla partitura, i due pianoforti sembrano opporre prevalentemente movimenti per quarte e quinte parallele. L’effetto complessivo è però ben diverso: 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 99 Figura 4, partitura Chorale, batt. 57-fine. Le ampiezze intervallari dei vari suoni degli accordi sono: Do Do Re Re triesis (3/4) (7/4) (7/4) (quarta) La triesis Sol triesis La triesis La triesis (7/4) (5/4) (quarta) (7/4) Sol Fa8 Mi monesis Sol (7/4) (5/4) (5/4) (7/4) Re triesis Re triesis Re Re triesis (7/4+ottava) (7/4+ottava) (quinta+ottava) (7/4+ottava) Do Do Sol Do [accordo 1] [accordo 9] [accordo 10] [accordo 1] Oltre alle tre consonanze fondamentali di ottava, quarta e quinta, gli unici intervalli che appaiono in questi accordi sono 3/4, 5/4 e 7/4 di tono. Nel suo articolo, Ives menziona non solo accordi creati da quinte e quarte sfasate di un quarto di tono, ma anche scale a 5/4 di tono, che si rivelano particolarmente adatte alla costruzione di accordi peculiarmente quartitonali. La sua composizione evita accuratamente le concatenazioni di terze dell’armonia tonale: si cerca di instaurare una nuova forma di concatenazione a 3/4, 5/4 e 7/4 in luogo delle terze maggiori e minori, 100 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA anche sovrapponendo lo stesso intervallo due o tre volte, sul modello degli accordi aumentati e diminuiti tradizionali. Sarebbero possibili altre soluzioni per evitare gli intervalli del sistema temperato duodecimale, ma quelli impiegati da Ives si rivelano soddisfacenti sotto diversi aspetti. Infatti, l’intervallo di 1/4 di tono sarebbe troppo piccolo per costituire un intervallo armonico autonomo, specie nei rivolti, come osserva Ives a proposito dell’accordo 2 (intervallo Si monesis-Do). D’altra parte, l’intervallo di 9/4 di tono possiede un’ampiezza superiore a una terza maggiore: Ives lo utilizza solo di rado (nell’accordo 5, intervallo Do-Mi monesis). Non è quindi strano né casuale che l’autore si sia concentrato su questi tre intervalli fondamentali — 3/4, 5/4 e 7/4 di tono — per sperimentare il suo nuovo sistema musicale. Vale a dire: per la scelta dei materiali di partenza quartitonali, qualora si voglia realizzare un sistema armonico specifico e distinto da quello a 12 suoni, che pure i quarti di tono inglobano, si impongono limitate possibilità di scelta. In termini di intervalli melodici, le opzioni sono più ampie, a cominciare dall’inclusione dell’intervallo di 1/4 di tono. Se si estende la misurazione degli intervalli a tutti gli altri accordi fin qui delineati, si scopre che vi predominano nettamente il 5/4 e il 7/4 di tono e loro rivolti: Accordo 2: Do (quinta) Sol (19/4, rivolto di 5/4) Mi monesis (quinta) Si monesis Accordo 3: Do (terza magg.) Mi (7/4) Sol monesis (6/4, seconda aum.) La triesis Accordo 4a: Do (5/4) Re monesis (5/4) Fa (5/4) Sol monesis (6/4, seconda aum.) La triesis Accordo 4b: Do (quarta) Fa (5/4) Sol monesis (5/4) La8 (tono) Do Accordo 5: Do (9/4) Mi monesis (5/4) Sol (5/4) La monesis Accordo 7: Do (quinta) Sol (17/4, riv. di 7/4) Re triesis (quarta) Sol triesis Accordo 8: Do (quarta) Fa (19/4, riv. di 5/4) Re monesis (quinta) La monesis La partitura per due pianoforti evidenzia visivamente un altro elemento: il movimento per quinte e quarte parallele sfasate per quarti di tono. Nelle ultime battute si mette bene in evidenza anche la parte acuta (in un registro che mancava da batt. 43), ben distante dal ripieno armonico. Il motivo ascendente dell’acuto — Do-Do-Re-Re triesis — si conclude con un salto di 3/4 di tono, a conferma della convinzione di Ives che in questo modo i microintervalli si sentano meglio. La prima volta, l’accordo 1 raddoppia il Do, mentre sull’accordo conclusivo è raddoppiato il Re triesis (figura 5). B G BBB 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 B B 101 ? ? Figura 5 Visto il richiamo, nella conclusione, a una cadenza tradizionale nella parte del basso, viene spontaneo estendere a tutto il Chorale l’indagine sull’andamento di questa voce. Anche nel corso del brano si trovano diverse clausulae V-I (batt. 7-8; 9; 14-15; 27) e IV-I (batt. 3-4). Questo riferimento, più che dal tentativo di instaurare una nuova forma di allargamento della tonalità, che viene accuratamente evitata, è dettato dalla persistente centralità degli intervalli di quarta e quinta nel nuovo sistema. Se avesse voluto giocare a “microtonalizzare” la tonalità tradizionale Ives avrebbe potuto sovrapporre i microintervalli a solide triadi maggiori e minori, alle varie specie di settime e none, così come si arricchisce il discorso con undicesime e tredicesime variamente alterate, che costituiscono le forme accordali più complesse della tonalità “allargata”. Oppure, avrebbe potuto risolvere il problema con progressioni quartitonali di accordi ben noti nella musica a 12 suoni, senza fare a meno dei capisaldi della tonalità. L’opzione invece è diversa: un nuovo sistema che, però, ha come tonica il Do e quale perno dialettico principale il Sol. Questa antitesi si può osservare bene nel movimento del basso e nella presenza ricorrente delle due note nel pianoforte II. Il Sol è utilizzato nelle batt. 16-26 come punto di riferimento di maggiore importanza per un ostinato quartitonale formato dalle note Sol-Fa triesis-Mi monesis-Re monesis a cui si aggiungono nelle batt. 20 e 24 anche le note Do monesis-SiLa-Sol. È probabile che Ives avesse in mente la seguente scala discendente (tra parentesi è indicata l’ampiezza degli intervalli): Sol (1/4 di tono) Fa triesis (un tono) Mi monesis (un tono) Re monesis (un tono) Do monesis (un semitono) Si (un tono) La (un tono) Sol. Comunque, questa successione emerge chiaramente nel basso alle battute anzidette. A differenza della scala costruita sulla tonica Do, in questo caso Ives non fa a meno della terza maggiore. Anche se questa scala può essere interpretata in vari modi, la sua caratteristica più evidente sono le successioni di toni interi da Fa triesis a Do monesis e da Si a Sol, congiunte da un semitono. Inoltre viene ridotta la distanza dalla to- 102 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA nica del grado meno “naturale” della scala maggiore, la sensibile, in questo caso pari a un quarto di tono, che tende a discendere. L’intervallo che separa la fondamentale e il quinto grado è delineato anche nel saggio — una quinta temperata più un quarto di tono — e la triade costruita sulla tonica (Sol-Si-Re monesis) è un accordo 3 incompleto. Finora si è parlato dell’area in cui il Sol, con annessa scala, esercita una funzione di riferimento primario. Viceversa, il Do è utilizzato come pedale alle batt. 3136, 48-50 e 53-57. In termini armonici convenzionali, nella sezione conclusiva del brano (batt. 48-55), prima della fase cadenzale, ci si trova di fronte a un pedale di tonica, sopra al quale tradizionalmente può avvenire di tutto, senza controindicazioni. In tale contesto, però, l’ostinato a toni interi del pianoforte II ha un suo risalto strutturale e percettivo, nonostante la densità quartitonale degli accordi sovrastanti. Anche in questo caso si può ricavare una scala di riferimento costituita da 7 suoni che, in senso ascendente, sono: Do-Re-Mi-Fa8-Sol8-La8-Si-Do. Si tratta quindi di una scala a toni interi con aggiunta di una sensibile che, peraltro, non risolve mai in senso ascendente. Questa scala, esposta sempre parzialmente in successioni di 5, poi 4, 3 e alla fine di 2 suoni, sorregge un gioco di sfasamento ritmico con gli accordi sovrastanti nelle batt. 4855. Fin qui si sono individuate dieci tipologie accordali. Estendendo l’analisi a tutto il brano, si riscontra un’estrema varietà di accordi. Ricordiamo che l’intenzione di partenza di Ives è quella di mettere alla prova il sistema quartitonale, di verificarne le possibilità. Nella costruzione armonica prevalgono, ancora una volta, gli intervalli di 5/4 e 7/4 e i loro rivolti, oltre alle consonanze fondamentali. Non mancano gli intervalli di terza e sesta, in qualche caso anche in rapporto alla fondamentale (pf II, batt. 5; pf II, batt. 26 e 27; pf I, batt. 30, dalla quale il motivo prosegue frequentemente per terze; pf II, batt. 32.). Anche il tritono è innestato spesso nei blocchi accordali (pf I, batt. 5, secondo accordo; pf II, batt. 9 primo accordo e pf I, batt. 9 secondo accordo). Il più ricorrente è l’accordo 1, usato in varie cadenze. Per il resto, la varietà di costruzioni accordali conferma l’intenzione del compositore, espressa anche nel suo saggio e valida anche per l’armonia tonale, di variare l’ampiezza degli intervalli all’interno degli accordi per offrire una maggiore varietà. Infatti, a parte la ricorrenza costante dell’accordo 1, la ripetizione delle stesse forme accordali è molto rara. Esaminando le cadenze intermedie del brano (batt. 3-4; 7-8; 9; 14-15; 28-29; 41-42; 47-48) si scopre che sono sempre diverse; alcune di esse costituiscono varianti dei tipi già identificati. Ecco un prospetto delle cadenze — quella di batt. 28-29 può essere 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 103 interpretata come uno scivolamento semitonale ascendente — con le relative tipologie accordali fin qui rinvenute: batt. 3-4: [Fa-Re monesis-Si monesis] [Do-Sol-Re monesis-La monesis] acc. 6b incompleto accordo 11 batt. 7-8: [Sol-Re-Mi monesis-La monesis] [Do-Sol-Re triesis-La triesis] acc. 8 acc. 1 batt. 9: [Sol-Re-Mi monesis-La triesis] [Do-Sol-La triesis-Re triesis] acc. 10 acc. 1 batt. 14-15: [Sol-Re-Si monesis-Mi monesis-La [Do-Sol-Re triesis-La triesis] monesis] acc. 5 con re mon. acc. 1 batt. 28-29: [Si-Fa8-Re monesis-La monesis] [Do-Sol-Re triesis-La triesis] Acc. 1 acc.1 batt. 41-42: [Sol-Re (Re7)-Si monolle-Fa mone- [Do-Sol-Mi monolle-Si monolle] sis] acc. 9 con Si monesis acc. 1 batt. 47-48: [Sol-Re-Si monesis-Mi monesis-La [Do-Sol-Re triesis-La triesis] monesis] acc. 5 con La monesis acc. 1 Il punto di partenza di Ives, per sua stessa ammissione, è armonico; quindi è chiaro — al di là dell’accordo 1 e delle altre tipologie presenti nel saggio, eccettuate quelle presentate come “argomenti da approfondire”, ma non immediatamente utili, come gli accordi 3, 6a e 6b — che egli lavorato fin dall’inizio su numerose tipologie accordali. Raffrontandone alcune, allo scopo di chiarire il loro processo costruttivo, si scoprono alcune affinità. Si è detto della prevalenza di intervalli che evitano un eccessivo riferimento alla tonalità e al sistema ben temperato. Se si prendono in considerazione gli inversi degli intervalli quartitonali più ricorrenti (9/4, 7/4, 5/4 e 3/4, ossia 15/4, 17/4, 19/4 e 21/4), si nota che la loro combinazione con quelli fondamentali di quarta (anche aumentata) e quinta, dà luogo a diverse forme di simmetria e analogia. Partendo dalla fondamentale dell’accordo, si ha: quinta-17/4-quinta = accordo 1 quinta-19/4-quinta = accordo 2 quinta-15/4-quinta = accordo 11 104 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Nei tre casi suddetti, tra le consonanze di quinta è inserito l’inverso di uno dei nuovi intervalli fondamentali. Un caso di simmetria è quello dell’accordo 9 (tritono-19/4-quinta), i cui intervalli sono rovesciati nell’accordo 10 (quinta-19/4-tritono). Negli accordi 4b (quarta-5/4-5/4-9/4) e 5 (9/4-5/4-5/4), si riscontra una somiglianza analoga, benché incompleta. Va chiarito però che questi sono soltanto alcuni degli accordi e si tratta di quelli con una connotazione più semplice: nel corso del brano si incontrano le soluzioni più disparate, in cui non mancano neanche concatenazioni di due terze minori (batt. 32-33) o, a batt. 30, terza unità di misura, un accordo particolarmente complesso formato dalla sovrapposizione dei seguenti intervalli: tritono-7/4-5/4-5/4-7/4. Si è visto che la sovrapposizione di bicordi formati da intervalli di quarta e quinta a distanze quartitonali è uno dei processi principali per generare accordi. Questo aspetto è messo bene in luce anche in una progressione che nel corso del brano appare due volte. Nella parte del pf II, alle batt. 10-15, ripetute alle batt. 43-47, spiccano quattro accordi formati da due quarte congiunte, ripetuti, contro le quinte quartitonali del pf I che compiono un percorso discendente. In realtà, questo concatenamento dà luogo nelle batt. 10-13 alla ripetizione di una stessa tipologia di accordo che, a partire alla fondamentale, ha la seguente forma: quartaquarta-5/4 (il suo rivolto 19/4, nel caso del primo accordo di batt. 10)quinta. Non manca neanche un passaggio per terze alle batt. 21-22, ma questo aspetto si colloca già in un discorso che riguarda l’uso dei motivi. Nonostante che l’intenzione primaria del pezzo sia uno studio dell’armonia a quarti di tono, il fattore motivico possiede infatti una sua relativa autonomia e contribuisce a rendere unitario il brano. L’elemento centrale è ritmico e si presenta fin dalle batt. 6-7, distribuito tra pf II e pf I (figura 6): Figura 6 Questo motivo si ripete per tutto il brano in forma più o meno variata.145 L’ultima volta il motivo appare inserito nella citazione de La Marseillaise (batt. 56-57, pf II) alla fine del pezzo, che ne costituisce probabilmente la fonte. Un altro motivo, che appare più sporadicamente, è formato dalla discesa cromatica di tre note e figura la prima volta a batt. 1, pf II, poi a batt. 3, 5, pf II e a batt. 40-41, pf I e II. Nel suo saggio, par145 Batt. 10-13, pf I; batt. 16-18, pf I e II; batt. 23-24, pf. I e II; batt. 32-34, pf I e II; batt. 36 e 37, pf II; batt. 40, pf II. 3. IL MICROTONALISMO NEGLI STATI UNITI FINO AL 1940 105 lando del Chorale, Ives nomina un cantus firmus «tenuto dalla voce superiore nella coda, […] costituito da una frase a quarti di tono che diventa a semitoni e finisce a toni interi, mentre il piano armonico rimane interamente quartitonale».146 Nelle batt. 48-52, il pf I e II si alternano nel disegnare una melodia quartitonale nella voce superiore (omettiamo le note ripetute, se contigue): La triesis-Si-La-La triesis-Si-Si monesis-Do-Do monesis-Do-Do monesis-Do triesis-Re. Il pf II prosegue (batt. 53-56) con una melodia semitonale: Re-Mi7-Re-Re8-Mi-Fa-Sol-Mi-Fa-Do-La-Fa-Sol-Do-Fa. Nella conclusione, Ives cita il canto rivoluzionario francese e una sequenza di note il cui intervallo minimo è la seconda maggiore che conduce all’accordo 1 finale. 146 IVES 1970, p. 119. Di una successione a toni interi, nel senso di esatonale, non v’è traccia. L’unico motivo a toni interi è l’ostinato del basso (batt. 48-55, pf II). Riportiamo per maggior chiarezza il testo originale: «A cantus firmus, taken by the upper voice in the coda, is made of a phrase in quarter-tones going to one in half-tones and ending in whole tones, while the harmonic plan remains throughout on a quarter-tone basis». L’unica risposta è che con whole tones, Ives abbia voluto dire “intervalli da cui sono assenti i semitoni”, il che combacia con la conclusione del pezzo. 4. CARRILLO Se lo stile letterario e il contenuto dei suoi scritti teorici, a volte altisonante e prolisso, potrebbe risultare fastidioso per il lettore d’oggi, è innegabile che Julián Carrillo sia una figura chiave nella storia musicale novecentesca, in particolare per le vicende relative al microtonalismo.1 La tenacia con cui egli portò avanti certe intuizioni relative all’uso musicale dei microintervalli ne fanno un antesignano assoluto su molti versanti. Nell’arco della sua lunga esistenza, il compositore, direttore e violinista messicano realizzò numerose opere, che egli stesso divise in tre generi principali: microtonali e nel sistema tradizionale (tonali e atonali). Si tratta di opere dal valore disuguale, in cui il problema di una nuova articolazione armonica e contrappuntistica microtonale trova soluzioni di compromesso con stilemi ben radicati nella tradizione. Eppure, si tratta di affermazioni che hanno un senso solo in ottica retrospettiva. Carrillo fu, per nascita e per formazione, un uomo dell’Ottocento che si trovò a fronteggiare da solo problemi inediti. L’arco della sua lunga esistenza creativa prende le mosse dal camerismo romantico tedesco e si conclude verso la metà degli anni ’60 con la Misa per quattro voci maschili a quarti di tono, capolavoro di singolare e ardito impianto che non ha riscontri nella produzione coeva. Per pochi autori l’oltrepassamento del secolo fu altrettanto drastico e problematico. A segnare in modo decisivo quella fatidica soglia, nelle vicende private del compositore fu indubbiamente la Rivoluzione messicana del 1910, con le sue lunghe conseguenze politiche e culturali. Come in tutte le vicende latinoamericane di un certo spessore, la biografia di Carrillo è una miscela di eventi prodigiosi e coincidenze fortuite: nato prematuro durante un terremoto e dato per spacciato, diciannovesimo figlio di una coppia contadina in miseria abitante in un paesino sperduto dalle parti di San Luis Potosí, violinista nell’orchestra del Gewandhaus di Lipsia e molto altro ancora, morto a novant’anni quando era ancora in piena operosità. Se sono avventurose le vicissitudini di questo ragazzo poverissimo proiettato dal suo talento a Città del Messico come studente di violino, e poi in Germania e Belgio negli anni successivi, la sua vicenda ha dell’incredibile dal momento in cui egli si intestardì appresso 1 Per una biografia di Carrillo, cfr. CONTI 1997, vol. I, pp. 7-35. 108 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA all’uso musicale dei microtoni. Nell’affermare le proprie convinzioni, il compositore incontrò molti ostacoli, tecnici e umani: forse anche per questo intuì rapidamente l’utilità della stampa periodica come veicolo di diffusione di idee rivoluzionarie che incontravano inevitabilmente la resistenza e l’ostracismo dell’ambiente culturale messicano. Carrillo fondò due riviste musicali, scrisse numerosi articoli, concesse interviste, organizzò concerti e orchestre, e mise in atto vere e proprie forme di propaganda “pubblicitaria” per divulgare le proprie idee. Il “Sonido 13”, ovvero la sua “rivoluzione musicale del suono 13”, è un vero e proprio marchio di fabbrica sotto il quale si riunirono le molteplici attività del compositore, non prive di accenti messianici e connotate da una forte impronta nazionalista. Se l’aspetto più rilevante di questa rivoluzione fu l’impiego musicale dei microintervalli, il “Sonido 13” voleva essere una radicale riforma dell’intera teoria e dell’educazione musicale.2 La scoperta di un tredicesimo suono che rompeva la barriera ben temperata e apriva la strada alla scoperta di un numero infinito di microtoni, avvenne, a dire del compositore, nel 1895 sul proprio violino durante gli studi a Città del Messico. Per Carrillo, quell’esperimento nella prima metà degli anni ’20 acquistò un valore storico fondante. Gli garantiva infatti la priorità storica su tutti gli altri esperimenti microtonali condotti in Europa di cui era a conoscenza: l’ansia di arrivare primo gli fece persino negare o misconoscere la presenza di microtoni nelle musiche extraeuropee e nella musica greca antica. E se in Europa qualcuno aveva costruito un pianoforte a quarti di tono, egli in Messico aveva realizzato già strumenti a ottavi e sedicesimi di tono. Non è tanto da mettere in dub2 A proposito del termine “Sonido 13”, va detto che ancora oggi in Messico esso è più conosciuto del suo stesso artefice. In diversi casi è capitato di sentir descrivere una musica particolarmente strana con la definizione di “stile” o “come il Sonido 13”. Accidentalmente, ci siamo imbattuti in casi di storia orale particolarmente bizzarri che tuttavia acquisiscono una certa importanza per delineare la vicenda della diffusione a lungo termine, a livello popolare, di una teoria musicale che ormai ha un secolo di vita: una vicenda quindi che non appare relegata, in Messico, nelle stanze asettiche dell’accademia. Pare che un devoto del Maestro abbia eseguito per molti anni musica microtonale nel parco di Chapultepéc, a Città del Messico. Alla sua morte nessuno perpetuò questa tradizione, ma l’anziano interprete viene ancora ricordato da qualcuno. Nel 1997, una reprografa di Puebla, incuriosita dalle bizzarre partiture che intendevamo fotocopiare, ci chiese spiegazioni. Venuta a conoscenza del fatto che si trattava di musica di Carrillo (ma al sentire questo nome non ebbe alcuna reazione, mentre la ebbe sapendo che era “el autor del Sonido 13”), la signora un po’ spaventata ci raccontò di una sua amica che una volta, ascoltando per caso in televisione “un concerto del Sonido 13”, fu testimone di un fatto terribile: il canarino cadde stecchito nella gabbia, mentre il cane, più grosso, resistette meglio all’impatto pur rimanendo per qualche tempo in uno stato di intorpidimento. 4. CARRILLO 109 bio il fatto che lo studente Carrillo avesse effettuato esperimenti sui microtoni a mo’ di curiosità nel 1895, quanto piuttosto che quell’esperienza, isolata da un contesto storico in cui le sperimentazioni microtonali si successero rapidamente, avrebbe potuto costituire da sola un punto di partenza. Come vedremo, furono infatti i resoconti di alcune esperienze compiute in Europa ad accendere nel compositore un più consistente interesse nei confronti dell’impiego musicale dei microintervalli. Grazie alla scoperta del tredicesimo suono e della susseguente rivoluzione musicale che aveva permesso di ottenere una miriade di microtoni, secondo Carrillo, il Messico si era guadagnato un ruolo di primissimo piano nella cultura mondiale. È innegabile che la rivoluzione del “Sonido 13” costituisca una sorta di antidoto innocuo e personale o di corrispettivo musicale alle vicende ben più cruente della rivoluzione politica, di cui Carrillo pagò le conseguenze, scontando l’esilio e l’emarginazione dalla via culturale del suo paese. L’ambiente musicale messicano era piccolo e non mancavano dispute e conflitti, alimentati anche dalle vicende politiche: in primis, i postumi del processo rivoluzionario che nel 1910 aveva deposto il dittatore Porfirio Díaz e che dieci anni dopo faceva ancora sentire i suoi effetti con epurazioni, omicidi politici e bruschi cambiamenti nella gestione della vita culturale del Paese. Un avvenimento clamoroso si consumò in questo contesto: la rottura tra Carrillo e Chávez, all’epoca in cui quest’ultimo, imminente plenipotenziario della vita musicale messicana, era allievo del primo; sul difficile rapporto tra i due torneremo più avanti. L’applicazione dei microtoni alla composizione da parte di Carrillo seguì un percorso rapidissimo, anche grazie al singolare terreno di coltura in cui egli si trovò a operare e alla particolare situazione di crescente isolamente che dovette subire in patria. L’idea affiorò dapprima a livello teorico in alcune faconde memorie del compositore; poi, con una concitazione impressionante, spinto e sbeffeggiato da schiere di detrattori che lo attaccavano accusandolo di menzogna, nel 1924 il musicista messicano si vide costretto ad approntare in meno di un anno un suo sistema microtonale comprendente articoli teorici, composizioni, strumenti musicali, tecniche esecutive e un ensemble specializzato. Il punto focale erano gli strumenti musicali, a quarti, ottavi e sedicesimi di tono. Essi comprendevano una chitarra a quarti di tono, l’arpa-cítara a sedicesimi di 110 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA tono ottenuta modificando una cetra da tavolo, come aveva fatto Novaro (figura 7)3 e l’octavina, a ottavi di tono (figura 8).4 Figura 7 Figura 8 3 4 El Sonido 13, ottobre 1924, p. 1. El Sonido 13, febbraio 1925, p. 22. 4. CARRILLO 111 Carrillo avviò anche un’indagine sistematica sulle diteggiature microintervallari per strumenti tradizionali, come il flauto traverso e gli ottoni a pistoni. Un suo collaboratore, Refugio Centeno, riuscì a ottenere sul trombone a pistoni quarti, ottavi e sedicesimi di tono mediante l’inserimento di tre pistoni addizionali, una soluzione che ovviamente poteva essere applicata anche a corni, trombe e tube. Intonarono quarti di tono Ángel Romano sugli ottoni a coulisse e a pistoni, José López Alavés sul clarinetto, Luis Gonzáles e Luis Galindo su violino e violoncello. Più tardi, Carrillo applicò le accordature microtonali anche al pianoforte, un’idea che ebbe fin dagli anni ’20 quando lesse i primi resoconti di esperienze analoghe condotte in Europa e negli Stati Uniti. Solo nel 1940 il musicista messicano poté brevettare una serie di 15 pianoforti microtonali, ciascuno in grado di produrre una differente suddivisione del tono, dal terzo al sedicesimo. Nel 1949 egli presentò un pianoforte da concerto a terzi di tono. Nel 1958 riuscì a far costruire dalla Carl Sauter di Spaichingen Württ la serie dei 15 pianoforti, che gli fu consegnata in tempo per partecipare all’Esposizione Universale di Bruxelles, la stessa del Poème électronique di Varèse e del padiglione Philips costruito da Xenakis per l’atelier Le Corbusier. In quella circostanza, per non meglio identificati motivi, forse politici, gli strumenti non furono accettati nel padiglione messicano e trovarono accoglienza in quello belga. Le opere microtonali del “Sonido 13” sono una novantina e comprendono studi, quartetti per archi, opere sinfoniche e corali. Si tratta di un panorama quantomai vasto in cui abbondano le composizioni eseguite una sola volta o mai, in gran parte manoscritte e spesso in più versioni. Alcune di queste opere sono state però eseguite più volte e incise su disco. In varie occasioni abbiamo cercato di sintetizzare le coordinate della teoria carrilliana e di far luce sui caratteri del nazionalismo musicale messicano.5 Qui si prova a far luce sulle origini e le prime fasi della rivoluzione musicale del “Sonido 13”; l’analisi di una composizione del 1925, l’Ave Maria, permette di indagare sulle tecniche impiegate e di suggerire ipotesi di raffronto con esperienze coeve, in particolare con quelle di Ives. 5 Cfr. CONTI 1995, 1997 (in cui sono tradotti e commentati CARRILLO 1930b, 1948 e 1949), 1998, 2000 e 2003. 112 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA 4.1. Carrillo e Novaro In generale, l’attività dei microtonalisti nordamericani, salvo poche eccezioni, è altamente individualizzata e autoreferenziale; richiama però l’attenzione l’inesistenza di un qualsiasi rapporto tra Novaro e Carrillo. È una questione che, se non emergeranno nuovi documenti, appare irrisolvibile. Non avrebbe in sé nulla di strano la presenza nello stesso luogo — Città del Messico — e nello stesso tempo, di due personaggi di importanza fondamentale per le problematiche microtonali. Insospettisce il fatto che i due studiosi pubblicarono (anzi, nel caso di Novaro dobbiamo dire dichiarò di aver pubblicato, perché i testi non sono reperibili) i loro primi studi nello stesso anno, il 1924, pur facendo risalire a ben prima l’inizio dei loro esperimenti: al 1909, Novaro e addirittura al giorno 13 giugno 1895, Carrillo. A suscitare interrogativi è anche il fatto che, nei rispettivi scritti, ciascuno eviti accuratamente di fare il nome dell’altro: una volta sola Novaro cita Carrillo, a proposito dei sedicesimi di tono. Quella tra i due non è una relazione facile, specie laddove si individuano punti di contiguità. Vi sono poi una serie di tenui indizi, che dimostrano una convergenza o il fatto che l’opera dell’uno fosse conosciuta dall’altro. Un elemento, certamente secondario, è costituito dal fatto che entrambi preferirono denominare l’intervallo di ottava con il termine di duplo, ‘doppio’, per sfuggire al pregiudizio che intende l’ottava come l’ottavo suono e per ribadire, ovviamente, che il suono superiore dell’intervallo è il doppio di quello inferiore. Anche se l’esigenza di ribattezzare l’ottava è presente in altri microtonalisti, questa coincidenza potrebbe non essere accidentale; ed entrambi parlano di dare nuovi nomi alle note. È invece evidente che il raffronto sistematico delle diverse suddivisioni del tono e dell’ottava in parti uguali, offerto da entrambi, prende strade diverse.6 Si è detto dell’uso della cetra da tavolo (e lo stesso potrebbe dirsi della chitarra classica adottata in seguito) come primo esemplificatore microtonale: si tratta di uno strumento musicale economico e all’epoca molto diffuso in Messico, ed è naturale che nascesse l’idea di usarlo per qualche esperimento. Inoltre, Carrillo lamentò più volte, a partire dal suo trattato di orchestrazione redatto negli anni ’10, il fatto che tra gli strumenti dell’orchestra, in particolare i cinque strumenti ad arco, ci fossero troppe discontinuità, sanabili con l’introduzione di 6 Purtroppo, in questo caso è impossibile stabilire una comparazione efficace perché la disamina di questi sistemi da parte di Novaro è documentabile soltanto nel libro uscito nel 1951, una data troppo tarda per tentare di ricostruire alcunché riguardo agli anni precedenti. 4. CARRILLO 113 nuovi strumenti con estensione e qualità timbriche intermedie. Forse anche Novaro realizzò qualcosa del genere producendo alcuni strumenti ad arco con un’estensione diversa da quelli convenzionali, sui quali però esistono solo testimonianze indirette e non certo esaurienti (cfr. §5). Se il buon senso fa ipotizzare che l’uno conobbe il lavoro teorico dell’altro, il punto di partenza dei due teorici è diverso. Essi appartengono a due famiglie microtonali distinte. Novaro muove infatti dalla «preoccupazione che si ascolti la vera musica»; attraverso la successione degli armonici e una serie di calcoli aritmetici, egli instaura le basi di un “sistema naturale” che comprende scale desunte dai rapporti “giusti”, a cui diversi temperamenti equabili microtonali possono fornire approssimazioni soddisfacenti. Carrillo, invece, è uno dei più radicali esploratori del microtonalismo temperato, benché questa sua posizione si chiarisca solo gradualmente, nel corso della sua attività teorica. All’inizio, come si vedrà, non mancarono tentativi di giustificare l’esistenza dei nuovi intervalli attraverso la serie degli armonici. Quando Carrillo, nel 1924, fondò ex abrupto la rivista El Sonido 13, il primo microintervallo a essere preso in considerazione fu 5/4 di tono, definito dall’autore come la differenza tra gli armonici 6 e 7, e tra gli armonici 7 e 8.7 Sia Carrillo sia Novaro, per quanto di indole molto diversa, nel corso degli anni ’30 decisero di lavorare in modo appartato, almeno in Messico. Carrillo aveva già raccolto alcuni successi negli Stati Uniti: sue opere erano state eseguite da Stokowski e da altri interpreti. Anni più tardi, il Preludio a Colón venne pubblicato su New Music8 e anche in seguito, peraltro, egli svolse buona parte della sua attività all’estero, in particolare in Belgio e Francia.9 Novaro, conclusa nel 1932 l’esperienza statunitense, risiedette sempre nella capitale messicana. Autodidatta e latore di una cultura artigianale del suono legata alla progettazione, alla modifica e all’autocostruzione di strumenti musicali, priva di quell’aspetto spettacolare che le composizioni di Carrillo recavano con sé — a cominciare dal dispiegamento di strumenti e sonorità inusuali — Novaro dimostrò di avere scarso interesse per il successo. Al contrario di quello esibito da Carrillo, lo stile letterario dei suoi trattati è scarno e simile a un resoconto scientifico, anche se spesso i concetti sono espressi in modo poco chiaro o addirittura indecifrabile. Novaro divulgò le proprie idee attra7 El Sonido 13, luglio 1924, p. 2. New Music, 17/3, aprile 1944. 9 Tra i più entusiasti divulgatori del Maestro, va ricordato Jean-Étienne Marie (19171989), teorico e compositore francese, che trascorse un lungo periodo di studio nella casa di Carrillo a Città del Messico e contribuì a divulgare la sua musica in Europa. 8 114 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA verso conferenze, presentando in serate organizzate a casa propria strumenti musicali e composizioni (scritte per lo più da altri) basate sul suo sistema natural de la música. In quest’opera di diffusione si distinse particolarmente quella che è considerata l’unica allieva di Novaro, la compositrice e pianista di origine spagnola Emiliana de Zubeldía (cfr. §5), la quale, oltre a eseguire lavori da lei scritti nel sistema di Novaro, ebbe a presentare anche opere di repertorio su strumenti con accordature speciali “rettificate”. Il lavoro teorico di Novaro trovò finalmente compimento in un libro pubblicato nel 1951. È lecito supporre che i due microtonalisti si siano tenuti d’occhio a distanza per più di vent’anni, lavorando ognuno per la propria strada. All’inizio della loro attività le cose potrebbero essere andate diversamente: si tratta solo di un’ipotesi, ma consolidata da piccoli riscontri. Forse, nella logica del potere culturale degli anni 1920-30, Novaro e le sue brillanti intuizioni potevano costituire un antidoto alle idee di Carrillo, il quale finiva per indebolire la sua posizione di innovatore, un fattore a cui Carrillo dava tanta, forse troppa importanza. Potrebbe essere uno dei motivi per cui Novaro fu aiutato da Chávez a farsi strada negli Stati Uniti. Le differenze tra i due teorici sono profonde anche dal punto di vista della formazione e delle abilità. Se Carrillo ricevette un’educazione musicale di alto livello, Novaro fu in gran parte autodidatta e lavorò a lungo come linotipista: dotato di un’ottima manualità e di discrete conoscenze artigianali, egli poté costruirsi buona parte degli strumenti musicali e di misurazione di cui aveva bisogno. L’assenza di qualunque citazione bibliografica nei suoi scritti è la più palese manifestazione di uno spiccato solipsismo; in realtà, il teorico messicano era consapevole dell’antichità del problema di cui si occupò: nel suo libro più importante, egli cita di sfuggita e in appendice diversi teorici, affermando di aver studiato parecchi testi sull’argomento. Probabilmente, fu l’esigenza di delineare il testo come opera didattica, piuttosto che storica, a far cadere l’ipotesi di citare le numerose esperienze precedenti.10 Tornando al rapporto tra i due autori, va detto che anche Carrillo progettò strumenti musicali originali e li fece realizzare tra molte difficoltà e, soprattutto, scrisse molte composizioni microtonali. Novaro compose poco, apparentemente solo quando spinto dall’esigenza di improrogabili esemplificazioni; incentrò i suoi interessi sulla ricerca acustica e matematica, ma non fu un teorico “puro”; buona parte del suo tempo lo spese a congegnare modifiche agli 10 NOVARO 1951, p. 248. 4. CARRILLO 115 strumenti tradizionali e a costruirne di nuovi in grado di intonare disparati sistemi microtonali. Se per un verso i due studiosi messicani si innestarono su un percorso plurisecolare che attiene alle ricerche sugli intervalli, sulla ridiscussione dei sistemi di accordatura in uso e sulla proposta di soluzioni alternative, per altri aspetti i loro risultati possono essere considerati pionieristici. Carrillo fu il primo a scrivere musica con ottavi e sedicesimi di tono — intervalli che pochi si azzarderanno a usare in seguito, specialmente su strumenti acustici — mentre la teoria congegnata da Novaro in base ai principi dell’intonazione giusta è tanto ampia e onnicomprensiva da apparire a tutt’oggi insuperata. Su molti fronti il lavoro di Novaro anticipò le tendenze che di lì a poco sarebbero sorte negli Stati Uniti nel campo dell’intonazione giusta “allargata”, un filone inaugurato da Partch e proseguito da molti altri. Le strade percorse dai due teorici messicani appaiono diverse, segnate da esiti e preoccupazioni distinte. La ricerca di Novaro si concentrò sulle modifiche da apportare al sistema ben temperato per renderlo migliore sui diversi strumenti: un lavoro alimentato dai suoi studi sull’intonazione giusta e dal raffronto di questi con vari sistemi microtonali, diversi dei quali considerati anche da Carrillo (suddivisioni in parti uguali del tono, da tre a sedici), che ne applicò alla composizione soltanto alcuni, pur non trascurando l’ipotesi di identificare, mediante questi sistemi, corrispondenze più precise con la serie degli armonici: su questo punto si potrebbe ipotizzare un influsso di Novaro su Carrillo. Un ulteriore elemento che induce a ritenere che Novaro e Carrillo conoscessero l’uno il lavoro dell’altro è che, al di là di riscontri cronologici precisi — resi peraltro difficili per quanto riguarda Novaro dall’irreperibilità dei primi opuscoli che egli afferma di aver pubblicato — le idee dei due furono messe a confronto da terzi che ebbero modo di frequentare entrambi. Fra costoro, vi fu il compositore Gerónimo Baqueiro Foster, dapprima stretto collaboratore di Carrillo, che poi si avvicinò a Novaro e che forse, per un certo tempo, intrattenne rapporti con entrambi. L’abbandono da parte di Baqueiro Foster del gruppo “Sonido 13”, nella seconda metà degli anni ‘20, non fu privo di asprezze e strascichi polemici: in un manoscritto, Carrillo annotò la mancanza di alcune pagine di partitura sottolineando che “Júdas” se le era portate via. Va infine ricordato che Carrillo e Novaro ebbero conoscenze comuni anche negli Stati Uniti, in contesti culturali tutt’altro che marginali (cfr. §5): se è impossibile che i due autori abbiano ignorato completamente l’uno il 116 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA lavoro dell’altro, per tutta la loro vita essi ostentarono l’autonomia dei loro rispettivi percorsi intellettuali. 4.2. Il “Sonido 13”: origini, caratteri e polemiche Nel periodo in cui cominciò a pensare seriamente ai microtoni, Carrillo era un affermato violinista e direttore d’orchestra, compositore non prolifico e didatta. Aveva studiato in Europa e ricoperto incarichi di primo piano nella vita culturale messicana. Nel 1907 intraprese in Messico una fortunata tournée di quasi due anni come solista di violino. Non si era però accontentato di una remunerativa carriera di virtuoso: a partire dal 1909, prese a polemizzare in diversi articoli contro il provincialismo del mondo musicale messicano e l’inadeguatezza dei suoi metodi pedagogici. In qualità di professore del Conservatorio Nacional de Música di Città del Messico, Carrillo cercò di aggiornare i programmi di studio ma la durezza dei suoi attacchi, che lo qualificarono ben presto come un “corpo ostile” all’interno di una cultura arretrata e sonnolenta, finirono per renderlo anche un facile bersaglio. Fino a quel momento la composizione era stata frequentata occasionalmente e non appariva tra le priorità di un’intensa carriera di interprete.11 Dopo la Rivoluzione del 1910, il Messico conobbe un lungo strascico di instabilità politica e culturale: la cosiddetta decena trágica che portò il paese sull’orlo del collasso e a cui fece seguito un altro decennio di lotte, stragi e omicidi politici che accennò a concludersi solo verso il 1930. Un anno dopo esser stato nominato direttore del Conservatorio (1913), Carrillo, come molti altri funzionari pubblici, venne destituito e a causa della guerra civile si vide costretto a emigrare a New York, dove rimase fino al 1918. In quell’anno il compositore, chiarita la sua situazione estranea alle vicende politiche, poté fare ritorno in Messico su invito del presidente Venustiano Carranza. Fu nuovamente nominato direttore del 11 Il catalogo di Carrillo comprendeva fino ad allora marce bandistiche e nuziali, pezzi da concorso, una Berceuse per flauto, corno inglese, corno, arpa e violoncello (1897), la prima Suite per orchestra da camera (1899), riveduta nel 1932, e le più sostanziose composizioni risalenti o successive agli anni europei: due sinfonie ben costruite, di fresca inventiva melodica (la prima in Re maggiore del 1901, la seconda in Do maggiore del 1905); diversa musica da camera, tra cui un bel Sexteto per archi (1901) di sapore brahmsiano, caratterizzato da una fittissima elaborazione contrappuntistica, l’atto unico Ossian (1902), la seconda Suite per orchestra (1903) – per cui cfr. CARRILLO 1967, p. 284 – e un Tema con variaciones per violino e pianoforte (1910). 4. CARRILLO 117 conservatorio nel 1920, ma abbandonò poi questo incarico, continuando comunque a insegnare nello stesso istituto. Nel 1922, la lettura su un giornale francese dell’articolo “L’Orient e la musique de l’avenir”,12 suscitò in Carrillo una reazione dirompente. La seguente affermazione, contenuta nel testo, fu una delle cause scatenanti del “Sonido 13”: «I quarti di tono arricchiranno la scala temperata con dodici nuovi gradi che, unendosi ai dodici già esistenti, daranno un totale di 24 suoni. Questo è il limite estremo che non si potrà superare, poiché l’udito ordinario non distingue con sufficiente precisione un intervallo minore di un quarto di tono».13 Fino a quel momento, Carrillo aveva avuto una carriera più che onorabile, sebbene in balia di altalenanti vicende storiche e politiche; come compositore aveva navigato nei mari tranquilli di un tardo-romanticismo non privo di qualche originalità, guidato dal cruccio di produrre una musica americana, soprattutto messicana, che esprimesse caratteristiche specifiche a partire dalla tradizione europea. Durante i difficili anni newyorkesi ebbe il tempo di scrivere e pubblicare ben quattro volumi didattici in forma di “trattato sintetico” — armonia, contrappunto, canone e fuga, strumentazione per orchestra sinfonica e banda militare — stampati e venduti in tutta l’America Latina, ma non in Messico, nati con l’intento di riformare e rendere più pratico l’insegnamento della teoria musicale; inoltre scrisse due volumi di ricordi e appunti Pláticas musicales,14 in cui figurava un capitolo relativo al suo esperimento microtonale del 1895. Nel 1923, Carrillo pubblicò in patria alcuni articoli relativi alle sue idee microtonali e una traduzione inglese del suddetto capitolo approdò negli Stati Uniti, su Musical Advance (vol. 10, maggio 1923).15 Nell’articolo, il compositore esponeva i principi dell’evoluzione armonica nei termini di un crescente cromatismo, descrivendo il suo esperimento giovanile di divisione del tono in sedici parti su una corda di violino, come primo indizio di una musica del futuro che avrebbe rivoluzionato ulteriormente il corso della storia: I risultati pratici che possono essere ottenuti [con i microtoni] saranno, prima di tutto, la possibilità di produrre impressioni molto più intense di 12 CHANTAVOINE 1922. “Nuestro programa” [firmato “La redacción”], El Sonido 13, gennaio 1924, p. 2. 14 Il primo volume fu pubblicato nel 1913, il secondo volume, a dire del compositore redatto nel 1923, fu pubblicato nel 1930 assieme alla riedizione del primo. Cfr. CARRILLO 1913 e 1930a. 15 Per precisare meglio la data di questa traduzione, è noto che i diritti di stampa dell’articolo di Carrillo vennero acquistati dalla rivista nell’aprile del 1923. 13 118 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA quelle possibili con i suoni esistenti. Siccome abbiamo proceduto a salti, è naturale che ci sia un divario tra un suono e il successivo, come se nella pittura si omettessero le ombreggiature usate per modificare le linee di colore più definite. Se nei nostri esperimenti riuscimmo a udire sedici suoni tra il Sol e il La, è logico che in musica esiste sufficiente materiale per produrre questa sfumatura per modificare i suoni più generali, ma noi non ne approfittiamo. Mi viene spontaneo domandare: se noi produciamo effetti emozionali così intensi con gli 85 suoni che sono l’attuale limite della tastiera del pianoforte — alcuni pianoforti moderni hanno una quantità maggiore di suoni, ma comunque essi non eccedono un totale di 100 suoni — che cosa succederà se sostituiamo 672 suoni a quegli 85? Diciamo 672 perché ogni tono contiene 16 suoni e in ogni ottava ci sono sei toni completi che moltiplicati per 7 ottave danno 672 suoni perfettamente definiti.16 Dopo questo primo articolo di contenuto poco ortodosso, Carrillo cominciò a essere attaccato da un gruppo di artisti e scienziati denominato Grupo Nosotros, ‘Gruppo Noi’ o Grupo del los Nueve, ‘Gruppo dei Nove’, una formazione nata apparentemente in modo spontaneo verso la fine del 1923 al solo scopo di confutare le sue teorie microtonali e, più in generale, per attaccare tout court la sua attività pubblica e musicale. Fu così alto il livello della polemica tra Carrillo e i nove sui giornali di Città del Messico, che forse, senza questo assillo, alcune idee del compositore avrebbero potuto rimanere a un rispettabile stadio “busoniano” senza dar luogo alla “rivoluzione musicale del suono 13”. Il Grupo Nosotros comprendeva Alba Herrera y Ogarzón, Manuel Barajas, Ernesto Enríquez, Jesús Romero, Ignacio Montiel y López, Luis Delgadillo, Pascual Toral, Roberto Gutierrez Arreola ed Estanislao Mejía. Quest’ultimo, Barajas e Ogarzón stabilirono la prima controversia teorica con Carrillo. Questi decise di argomentare le proprie tesi in una conferenza e, asseverando che anche uno studente avrebbe potuto ribattere alle argomentazioni dei nove, affidò al suo giovane collaboratore Baqueiro Foster il compito di stendere e presentare in pubblico le ragioni del “Sonido 13”. Prima di procedere oltre, è bene descrivere per sommi capi i profili di quattro personaggi-chiave di questa vicenda, che avranno un ruolo di spicco negli anni successivi alla nascita delle prime opere del “Sonido 13”, il 1925. Alcuni di essi conobbero Carrillo in quell’epoca, altri collaborarono con lui, qualcuno ebbe un certo peso anche per l’attività di Novaro. I quattro personaggi, tutti messicani, sono: Jesús Romero (1893-1958), Baqueiro Foster (1898-1967), Daniel Castañeda (189816 El Sonido 13, luglio 1924 [testo pubblicato negli Stati Uniti nel maggio del 1923], p. 19. 4. CARRILLO 119 1957) e Carlos Chávez. Ci si limiterà a riportare soltanto le attività afferenti il tema che ci interessa, svolte dai quattro in seno alla vita musicale messicana; nell’incrocio delle varie vicende artistiche ci capiterà di incorrere in qualche ripetizione che, in nome della chiarezza, non è stata espunta. Jesús Romero, musicologo, conosceva Carrillo dal 1918. Nel 1924 fu uno dei fondatori del Grupo Nosotros, grazie alle sollecitazioni del quale Carrillo si decise a presentare la conferenza di Baqueiro Foster: quest’ultimo, tra il 1925 e il 1926, abbandonò il movimento del “Sonido 13” e divenne un suo oppositore. Romero fu presidente della commissione di selezione del I Congreso Nacional de Música del 1926 e del II Congreso Nacional de Música del 1928, tenutisi a Città del Messico, in cui Baqueiro Foster manifestò la sua opposizione a Carrillo. Baqueiro Foster era divenuto allievo del Nostro al Conservatorio Nacional de Música nel 1922 e suo stretto collaboratore a partire dall’anno successivo, quando si cominciò a delineare il “Sonido 13”. Baqueiro Foster fu esecutore all’arpa-cítara nel gruppo di Carrillo e ricoprì la carica di amministratore delle due riviste da lui fondate, El Sonido 13 e El Armonico 7°. Quest’ultima ebbe vita effimera e nacque per controbattere con l’arma della satira agli attacchi rivolti a Carrillo.17 Il 13 novembre 1924 Baqueiro Foster tenne una conferenza dal titolo “La impugnación y el sonido 13” in risposta alle accuse dei nove.18 Nel 1925, Baqueiro, «senza che se ne conoscano con chiarezza le cause»,19 abbandonò Carrillo, piuttosto malamente e all’improvviso, portandosi via anche qualche manoscritto. In realtà, se le ragioni di questo abbandono non risultano evidenti, ben chiare nel giro di un paio d’anni saranno le conseguenze di questo allontanamento. Infatti Baqueiro, in occasione del I Congreso Nacional de Música — in cui Romero come s’è detto, aveva un ruolo importante — presentò assieme a Castañeda una relazione contro Carrillo. Il titolo dell’intervento fu “Teoría general de la subdivisión del tono, su fondamento científico, su critíca y su porvenir”. La tesi, approvata con menzione speciale, attaccava aspramente le idee di Carrillo, peraltro già messe in pratica dal compositore. Non si può non cogliere, in questa accoglienza così positiva, una motivazione politico-culturale. Baqueiro partecipò a tutte le attività del congresso; assieme a Castañeda aveva proposto anche una relazione intitolata “Doctrina de la no tonali17 Cfr. El Sonido 13, febbraio 1925, p. 8. Il testo fu pubblicato su El Sonido 13 di dicembre 1924 (BAQUEIRO FOSTER 1924). 19 ESCORZA 1999. 18 120 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA dad”, che però venne rifiutata. Nel 1927, Baqueiro fondò un gruppo denominato della “no tonalidad”. In occasione del II Congreso Nacional de Música, sempre con Castañeda, presentò una relazione sulla musica folclorica. Baqueiro fece parte di varie associazioni e commissioni, tra le quali una per il folclore, il Grupo de Estudios Musico-Técnicos Renovación, nel 1931, insieme a Castañeda, Romero e compositori quali Daniel Ayala, Blas Galindo, José Pablo Moncayo. Nel frattempo, all’inizio del 1929, grazie a Chávez, Baqueiro era diventato insegnante al conservatorio e nel 1930 era stato messo a capo della Academia de Nuevas Posibilidades Musicales. Le accademie scomparvero con l’abbandono da parte di Chávez della direzione del conservatorio. A livello didattico e scientifico, le specialità di Baqueiro furono il solfeggio e la musica folclorica.20 Definito generosamente da ESCORZA 1999 come un «teorico del microtonalismo», nel 1928 Baqueiro pubblicò il suo lavoro a quattro mani con Castañeda,21 unico suo saggio sull’argomento. Daniel Castañeda, musicologo, poeta e ingegnere, negli anni ’20 legò con diversi musicisti di belle speranze, tra cui Baqueiro Foster, Mejía e Vicente Mendoza. Nel 1925 pubblicò un articolo su El Sonido 13,22 ma lo stesso anno entrò a far parte del Grupo de los Nueve e nel 1926, come accennato, presentò con Baqueiro un lavoro sul microtonalismo; nel congresso del 1928 presentò due relazioni sulla musica folclorica messicana. Durante la gestione Chávez del Conservatorio Nacional de Música fu nominato professore e capo della Academia de Música Mexicana, dove studiò gli strumenti musicali del Messico preocortesiano. Dal 1951 insegnò alla Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM) la teoria musicale di Novaro. Di quest’ultimo, Castañeda fu, con Zubeldía, il più attivo divulgatore. Anche altre persone, tra quelle menzionate, frequentarono la casa-studio di Novaro: Mejía, Romero, Enríquez, Baqueiro Foster. Tutti costoro — Romero, Baqueiro, Castañeda — furono legati in diversa misura a Chávez. Questi aveva un pessimo rapporto con Carrillo, risalente a una vicenda verificatasi nel 1922, quando, non molto diplomaticamente, il docente Carrillo aveva allontanato l’allievo Chávez da una lezione di direzione d’orchestra, sostenendo che avrebbe dovuto studiare meglio il solfeggio. In questa prospettiva, è piuttosto futile andare a cercare nell’arretratezza della cultura musicale, nella difficoltà di 20 Cfr. ibidem. BAQUEIRO Foster E CASTAÑEDA 1928. 22 CASTAÑEDA 1925. 21 4. CARRILLO 121 udire i microtoni, di trovare interpreti adeguati, la causa principale dei futuri problemi di Carrillo con l’establishment musicale messicano. Fin dall’inizio, anche prima dell’ascesa di Chávez, Carrillo si trovò al centro di uno scontro di natura politico-culturale in cui i caratteri specifici della sua musica furono solo un pretesto. L’accesa rivalità tra Carrillo e Chávez è attestata da diversi documenti.23 Nell’epistolario del secondo, il nome di Carrillo ricorre soltanto nelle lettere degli interlocutori, in cui si coglie l’eco di una relazione non facile. Scrive Varèse (8 febbraio 1926): «Ho visto il suo compatriota Julián Carrillo, quello che scrive per sedicesimi di tono. Lei che ne pensa? Non so nulla di lui, però […] non confido nei suoi mezzi espressivi»:24 affermazione che aiuta anche a chiarire meglio lo scetticismo del compositore franco-statunitense a proposito dei microtoni. Lettera di Octavio G. Barreda (17 febbraio 1926): «Julián Carrillo e il suo Sonido 13 (lotteria?».25 Così Aaron Copland (17 gennaio 1929): «Caro Carlos, tutti ci sentiamo terribilmente dispiaciuti nel sapere che non sarai qui quest’inverno, però allo stesso tempo molto contenti di sapere che sei a capo del Conservatorio Nacional. Il mio primo pensiero è che è stato ottimo per il Messico, però cattivo per noi (Che cosa è successo con Carrillo?)».26 Lettera di Armando Echevarría (21 maggio 1951), piuttosto sintomatica: «Carlos Chávez: Qui c’è la risposta di questo signore [Sergiu Celibidache]. In realtà la gravità delle sue prime dichiarazioni fu aver detto che lei “aveva frenato lo sviluppo dei talenti” (…) Discutere questo non avrebbe mai fine, qualcosa come Julián Carrillo».27 Un’altra testimonianza è la seguente, tratta dagli scritti di Carrillo, in cui si trova una delle rare menzioni di Chávez: Scorrendo una vecchia rivista chiamata Nuestra música, pubblicata a Città del Messico […] lessi un articolo firmato dal signor Carlos Chávez intitolato “La Sinfónica Nacional”, in cui racconta la storia dell’orchestra dall’epoca in cui la diresse il maestro don Carlos J. Meneses, passando per il suo immediato successore don Jesús Acuña e per Manuel M. Ponce, per dire più avanti, testualmente, che “La terza breve e sconnessa tappa della Sinfónica Nacional, affidata allora a Julián Carrillo durante il ministero intraprendente e potente del dottor José Vasconcelos, stabilì un nuovo regime. L’orchestra non lavorò permanentemente durante tutto l’anno e tenne po23 El Sonido 13, novembre 1924, 9-15. CHÁVEZ 1989, p. 67. 25 Ivi, p. 68. 26 Ivi, p. 92. 27 Ivi, p. 574. 24 122 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA che e sporadiche stagioni durante la sua breve esistenza”. Siccome il signor Chávez si riferisce alla Sinfónica Nacional nel periodo in cui ne fui il responsabile, voglio ricordare alcune delle sue numerose e brillanti esecuzioni quando la diressi.28 Lo stesso ministro dell’educazione Vasconcelos, storico e scrittore, fu il primo a concedere a Chávez un incarico pubblico.29 Mano a mano che la posizione ufficiale di Chávez acquistava prestigio e si consolidava, gli antichi rancori con Carrillo si trasformavano in apparente indifferenza. Di fatto, però, Carrillo fu tenuto lontano da qualsiasi gestione ufficiale e nazionale della vita musicale. Dopo la scomparsa di Silvestre Revueltas, il più importante compositore messicano del Novecento, avvenuta nel 1940, la situazione del paese latinoamericano si configurava secondo i dettami di un “modernismo conservatore”: gli sperimentatori — come l’esule Nancarrow, Carrillo e Novaro — lavoravano a casa propria. Abbiamo sottolineato come forme di damnatio memoriae e facili distorsioni siano state perpetrate nei confronti di Carrillo anche in tempi recenti da storici messicani.30 La vicenda di Chávez è comunque molto singolare: nel 1922, senza aver prodotto alcuna opera musicale — salvo alcuni pezzi pianistici in stile schumanniano — egli venne investito da Vasconcelos del ruolo di compositore ufficiale del nazionalismo messicano.31 Il tutto avvenne nel giro di pochi anni: il governo si fece promotore di un nuovo nazionalismo artistico, basato sul culto della rivoluzione e ispirato alle tradizioni popolari e alla civiltà precolombiana. Álvaro Obregón, presidente della repubblica nel 1921, fu il primo politico messicano a preoccuparsi di patrocinare la cultura e le arti con il fine, o il pretesto, di acculturare le masse. Lo scopo era anche quello di ricevere in cambio l’importante appoggio degli intellettuali, che venivano trasformati più o meno scopertamente in dipendenti statali. A quanto pare, Chávez si scaltrì nei due periodi trascorsi negli Stati Uniti (dicembre 1923-marzo 1924 e settembre 1926-giugno 1928). A New York, con il patrocinio dell’International Composers’ Guild, furono eseguiti i suoi Tres exágonos (1923) e la “Danza de los hombres y las máquinas” dal balletto HP (1926). Nell’agosto 1924, il compositore divenne collaboratore assiduo del quotidiano messicano El Universal, lo stesso presso il quale lavorava 28 CARRILLO 1967, p. 343. Anche Vasconcelos si trasferì all’estero per motivi politici e vi rimase fino al 1928. Candidatosi senza successo alla presidenza della repubblica, nel 1929 espatriò nuovamente per tornare soltanto nel 1940. 30 Cfr. CONTI 1999. 31 Cfr. CONTI 2000. 29 4. CARRILLO 123 Novaro, con tutt’altra mansione (cfr.§5). Nel 1928, Chávez venne nominato direttore dell’Orquesta Sinfónica Nacional — lo sarà per un ventennio — e del Conservatorio Nacional de México. Grazie a questo ultimo incarico, che mantenne dal 1928 al 1933 e poi nel 1934, Chávez tentò di promuovere anche la ricerca di “nuove possibilità musicali”, con particolare attenzione alla formulazione e sperimentazione di nuove scale. In seguito, il compositore fu posto a capo del dipartimento artistico del ministero dell’educazione (marzo 1933) e fondò e diresse l’Instituto Nacional de Bellas Artes (1947). Tornando agli anni ’20 a proposito di Carrillo, non è inverosimile pensare a una regia occulta di Chávez nella faccenda di Baqueiro e a un suo ruolo nella promozione di Novaro negli Stati Uniti, in funzione anti-carrillista. Ma le difficoltà incontrate da Carrillo non possono essere addossate tutte al suo difficile rapporto con Chávez: l’artefice del “Sonido 13” non era esente da slanci megalomaniaci, sovente mascherati dall’esaltazione patriottica. I suoi scritti a volte patiscono frettolose schematizzazioni storiche o un autocompiacimento per il calcolo aritmetico fine a sé stesso. Un esempio è il libro El infinito de las escalas y los acordes, formato prevalentemente da numeri, in cui il compositore riporta tutte le scale e gli accordi possibili nel sistema a 12 suoni utilizzando la sua notazione numerica. In altri casi, la critica al sistema musicale in uso e alle consuetudini esecutive è totale, almeno a livello teorico.32 Troppe idee affollano gli scritti di Carrillo, a volte con scarso senso della misura, come quella degli enormi organici orchestrali o il calcolo — completamente arbitrario — della supposta aspettativa di vita di una sinfonia classica o romantica e la moltiplicazione della sua esistenza attraverso le sue metamorfosi microtonali.33 L’autore messicano sembrava davvero convinto che la sua rivoluzione musicale potesse cambiare il mondo in meglio. Il nazionalismo incarnato un po’ frettolosamente da Chávez si mostrava aperto agli influssi statunitensi — Copland e Cowell, in particolare, ma anche Varèse, a livello più ideale che concreto — e in generale a una concezione avanguardistica proiettata nel mondo della tecnica e dell’elettricità, testimoniato anche da un suo celebre libro:34 il tutto in nome dell’arte rivoluzionaria e in discreta sintonia con i grandi muralisti messicani. Paradossalmente, nonostante l’impiego dei microtoni, il mondo in cui crebbe Carrillo era una sorta di proseguimento della tradi32 A partire dall’indagine sulla natura fisica del suono, CARRILLO 1930b è una critica al sistema ben temperato e alla teoria musicale occidentale. 33 Cfr. CARRILLO 1949. 34 CHÁVEZ 1937. 124 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA zione ottocentesca e proto-novecentesca, in cui Wagner, Brahms e Debussy apparivano come capisaldi difficilmente rimpiazzabili. In qualità di direttore d’orchestra, Carrillo organizzò le prime esecuzioni integrali in Messico delle Sinfonie e dei Quartetti per archi di Beethoven. Nel poema sinfonico Horizontes, i microtoni vengono collocati su uno sfondo orchestrale in cui le influenze debussiane appaiono determinanti. Non mancano pagine più originali e non riconducibili a nessi storicostilistici altrettanto definiti, ma è certo che Carrillo e Chávez appartengono a due mondi diversi. La rivalità personale era corroborata da un altro aspetto, prettamente politico. Quando era un promettente violinista, Carrillo fu aiutato da Porfirio Díaz, che abitualmente, da paterno dittatore, conferiva borse di studio su due piedi, dopo aver ascoltato un musicista o visto un quadro, evitando agli artisti noiose e lunghe trafile burocratiche. L’obiettivo era mandare a studiare i giovani più promettenti nel Vecchio Continente. Al termine di un concerto in cui Carrillo era impegnato come violinista, Díaz gli concesse una borsa di studio per recarsi in Europa. A partire dal 1899, in Germania e Belgio, Carrillo fu preso in cura da didatti più che illustri, tra cui Solomon Jadassohn, ed ebbe modo di studiare anche composizione e direzione d’orchestra. Tornato in patria, arrivò a ricoprire in breve tempo alcuni incarichi importanti. I drastici cambiamenti e le tenaci rivalità che scossero il Messico dopo il 1910 costrinsero Carrillo all’esilio negli Stati Uniti: da quel momento, il clima non poteva certo dirsi favorevole al musicista. Nel 1926, comunque, il contrasto tra Carrillo e Chávez non era più una guerra di potere, avendo il primo abbandonato l’insegnamento per dedicarsi esclusivamente alla sua rivoluzione microtonale. Vale forse la pena, per allineare e ordinare questi avvenimenti, ripercorrere l’iter carrilliano dal ’23 al ’25, con particolare attenzione ai legami con la situazione politica, il Grupo de los Nueve e Baqueiro. Per divulgare le proprie idee e anche allo scopo di difendersi dagli attacchi dei Nove, all’inizio del 1924, Carrillo fondò la rivista El Sonido 13, prima mensile e poi quindicinale. Nell’archivio del compositore sono presenti due annate della rivista: l’ultimo numero, il 23-24, risale al dicembre 1925 (figura 9).35 35 Frontespizio della rivista El Sonido 13. 4. CARRILLO 125 Figura 9 Dalle pagine della rivista si ricava l’impressione di un’attività febbrile svolta nel biennio 1924-25: è lì che la rivoluzione microtonale sembra prendere corpo. Il contenuto è vario: articoli a firma propria e dei collaboratori, editoriali redazionali — presumibilmente dello stesso Carrillo — fotografie, finanche annunci pubblicitari di musicisti e liutai (figure 10 e 11).36 Tutto ciò permette di farsi un’idea abbastanza chiara di ciò che accadde in quegli anni Figura 10 36 Entrambi gli avvisi pubblicitari sono tratti dal periodico El Sonido 13. La figura 10 è una réclame che annuncia l’imminente commercializzazione di un organo a quarti di tono, tetráfono, mai avvenuta per quanto se ne sappia. La figura 11 è la pubblicità del liutaio Baudelio García di Guadalajara, che aveva costruito a Carrillo una chitarra a quarti di tono e tentava di avviarne la vendita. 126 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Figura 11 Nel primo numero della rivista, Carrillo descrive l’atto fondante del suo sistema microtonale, ossia l’esperimento del 1895 che gli permise di ottenere quelli che all’epoca egli definì soniditos, ‘piccoli suoni’. Recita un articolo redazionale: «Il nostro direttore riuscì ad ascoltare distintamente 16 suoni differenti tra le note Sol e La della quarta corda di un violino».37 Il numero di marzo 1924 annuncia che il ministro dell’educazione ha concesso, su richiesta di Carrillo, la realizzazione di dipartimenti di musica in tutte le biblioteche di Città del Messico, per informare il pubblico delle novità dell’arte musicale: questa iniziativa non sarà tuttavia messa in atto. Sulle stesse pagine, Carrillo comunica che la sua teoria del “Sonido 13” è stata pubblicata dal periodico Acción del Arte, sconosciuto e irrintracciabile, di cui peraltro non è specificato il numero.38 Le osservazioni del professor Mark Gunzburg — secondo il quale il “Sonido 13” si ispirerebbe alle teorie di Busoni — sono seccamente smentite da Carrillo, con l’asserzione, ovviamente errata, secondo cui Busoni aveva solo realizzato nuove scale nel sistema semitonale ma non aveva suddiviso il semitono. Questa cecità storica — più o meno confusa con lo scarso aggiornamento — contrassegnerà l’attività pubblicistica a sfondo teorico del compositore, finendo per indebolire la verosimiglianza complessiva delle sue affermazioni. Oltre ad altre questioni, nel numero di marzo 1924, sono esposti per la prima volta i principi della teoria del “Sonido 13”. L’approccio è percettivo: l’orecchio è in grado di recepire anche gli intervalli minori del semitono. Nella ruota dentata di Savart l’orecchio coglie tutte le altezze, non soltanto quelle del sistema temperato. «E il 37 38 El Sonido 13, gennaio 1924. El Sonido 13, marzo 1924, p. 5. 4. CARRILLO 127 rumore del vento? E la caduta delle gocce di acqua nello stesso liquido? Tutti questi rumori sono unità perfette nella gamma del suono».39 Carrillo ricorre anche alle recenti ipotesi fatte in Germania su un organo dell’orecchio chiamato arpa di Koening,40 che sarebbe dotato di circa 10.000 microscopiche corde, come una minuscola arpa, in grado di percepire altrettante altezze e non soltanto quelle del sistema ben temperato. Il compositore è convinto anzi che, se si continueranno le sperimentazioni, si scoprirà che l’arpa in realtà possiede 70.000 corde o anche più. Viene spiegata anche la ragione del termine ‘Sonido 13’. Il superamento della barriera temperata di 12 suoni ha preso il via dalla scoperta del primi microtono, il “Sonido 13” appunto. Carrillo fa un paragone con i pianoforti accordati ad altezze diverse dal semitono temperato: Sperimentiamo per caso impressioni ingrate quando udiamo la differenza tra un suono e un altro, quando gli strumenti sono accordati ad altezze diverse, come quando, per esempio, si suona un pianoforte basso, un altro un po’ più alto e un altro ancora più alto? Non si sperimenta alcuna sensazione di fastidio, il che prova pienamente che il nostro udito può aiutarci a realizzare delle possibilità a cui si presta l’uso del “Sonido 13”. Naturalmente, la difficoltà sarà notevole, ma una volta che abbiamo fatto uso del “Sonido 13” non ci sarà potere umano capace di contenerci e continueremo ad ascendere fino a giungere al massimo di una molteplicità di suoni quasi impossibile da prevedere.41 Carrillo ne ha per replicare energicamente a coloro che sostengono l’impossibilità di percepire i microintervalli: Forse in alcuni esseri inferiori [non] esistono tutte le sensazioni vibratorie dei suoni, allo stesso modo in cui in alcuni individui non esistono le sensazioni del colore. Gli specialisti affermano che le persone affette da daltonismo sono prive del mezzo materiale per apprezzare il colore rosso, altri il giallo, ecc.; ma questo si spiega solamente come un’anormalità, un’anomalia, non significa che il colore rosso e giallo non esistano. Pietosamente, possiamo dire a coloro che non possono udire le sottigliezze del suono, il fatto che essi non le sentano non significa che non esistano. Compatiamoli come malati e avremo fatto la nostra parte di cristiani.42 39 Ivi, p. 7. Carrillo si riferisce a Karl Rudolf König, il cui nome appare corretto in CARRILLO 1967, pp. 409-12. Questa teoria è rapportabile in qualche modo ad alcune moderne ricerche sulla percezione, per esempio WEINBERGER 1999. 41 El Sonido 13, marzo 1924, p. 7. 42 Ivi, pp. 7-8. 40 128 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA I fini che il compositore si ripropone non possono affatto dirsi modesti: Il “Sonido 13” sarà il principio e la fine e il punto di partenza di una nuova generazione musicale che arriverà a trasformare tutto, poiché non rimarrà nessuno degli strumenti attuali; saranno tutti insufficienti per produrre la schiacciante quantità di suoni che si deve impiegare. Come saranno i nuovi strumenti? Questa questione sarà risolta a seconda di come lo esigeranno le necessità e si evolveranno di pari passo con le suddivisioni del semitono fino ad arrivare al limite massimo, senza che per questo ne risenta il loro timbro, poiché se il violino, per esempio, arriva a produrre migliaia di suoni non per questo cesserà di essere violino, allo stesso modo in cui l’organo non perderà la sua maestosità e il suo incanto per il fatto di aumentare all’infinito le risorse della sua sonorità. Tutti questi progressi e altri che sicuramente la mia insignificanza non riesce a prevedere li dobbiamo al “Sonido 13”, la cui nascita si avvicina. Se al principio ci causerà un’impressione sgradevole, la colpa sarà dell’educazione limitata del nostro apparato uditivo e non del “Sonido 13”, la cui apparizione dobbiamo essere disposti a salutare, ginocchia per terra, come omaggio alle promesse di evoluzione che la sua presenza significa per l’intera umanità.43 La rivoluzione del “Sonido 13”, benché avviata a livello teorico, è ancora in nuce. Carrillo si sbraccia ad annunziare profeticamente che dopo questa rivoluzione globale nulla nella musica sarà come prima. Il merito della scoperta del 1895, afferma altrove il compositore, spetta al Messico, che finalmente si è guadagnato un posto nella cultura mondiale. Ma nei testi di Carrillo si intravedono in controluce anche le notevoli difficoltà pratiche che derivano dall’applicazione compositiva delle nuove risorse, a cominciare dagli strumenti musicali. Inoltre è necessario difendersi dall’attivissimo gruppo di detrattori che ha messo in dubbio la possibilità stessa di udire i microtoni e che osserva ogni mossa e legge ogni articolo del Nostro, pronto a cogliere spunti per scatenare l’ulteriore polemica. D’altra parte, le idee del compositore proliferano nelle più svariate direzioni, come se non gli bastasse il problema dei microtoni. Egli si fa paladino, tra le altre cose, di una campagna per ribattezzare con il nome di “Colombia” il continente americano, una proposta non del tutto nuova che Carrillo adotta e divulga. Nel numero 4 della rivista, egli ipotizza la costruzione di un teclado de arco, strumento a tastiera che produce il suono per sfregamento di un archetto sulla corda, con cui è possibile ottenere anche glissati, ma non vengono forniti ulteriori dettagli su questo artefatto. Si annuncia inoltre il deposito di un brevetto per una nuova ta43 Ivi, p. 8. 4. CARRILLO 129 stiera con i tasti tutti uguali.44 La rivista riferisce poi che il ministro dell’educazione Vasconcelos ha accettato l’idea di Carrillo di realizzare un museo di storia della musica a Città del Messico. Del progetto poi non se ne fece nulla. Anche negli anni a venire il musicista persisterà nel tentativo di coinvolgere le istituzioni pubbliche in numerosi progetti; la situazione era però cambiata. I nuovi indirizzi della politica culturale stabilivano come evento storico cruciale e momento fondante di una nuova epoca la Rivoluzione del 1910. A partire da quel momento bianchi, meticci e indigeni possono convivere, superando il trauma della Conquista. Questi motivi si inseriscono in tendenze più generali di ridefinizione di un’identità mai davvero proclamata: senza andare troppo lontano, Vasconcelos profetizzava l’avvento di una “razza cosmica” latinoamericana e articolava il suo discorso tra Pitagora, Atlantide, il panamericanismo ma anche la rivalità con gli anglosassoni del Nord. Per i nuovi governi messicani, la Rivoluzione aveva messo fine definitivamente alla stanca imitazione dei modelli europei imposta da Díaz. All’epoca in cui Carrillo avviò la sua rivoluzione — dopo che i nuovi governi avevano avviato la propria in campo culturale, certo una coincidenza non casuale — egli ricopriva ancora incarichi pubblici: era direttore dell’Orquesta Sinfónica Nacional e insegnante al conservatorio. Nel nuovo stato di cose, il compositore subì una crescente condizione di isolamento. Non è improbabile che, anche attraverso la cateratta di idee microtonali, egli cercasse di stabilire un nuovo tipo di rapporto all’interno di una realtà culturale profondamente mutata. È evidente che ciò non gli fu possibile: nel 1925-26 decise di abbandonare l’insegnamento al Conservatorio per dedicarsi esclusivamente alle sue ricerche. Nel maggio del 1924 apparve sulla stampa una replica di Carrillo a uno dei suoi oppositori, il professor Delgadillo, un nicaraguense immigrato in Messico, che aveva scritto un articolo contro il “Sonido 13” su El Demócrata del 24 [aprile o maggio]. Non è stato possibile risalire all’articolo originale di Delgadillo, ma nella sua risposta Carrillo riferisce alcune frasi da cui è facile dedurre la natura pretestuosa dell’attacco. Per esempio, Delgadillo afferma che l’esperimento con cui Carrillo ha ottenuto il “Sonido 13” «è indegno di Pitagora, Helmholtz, Tijurdal [?], Cooch [?] e Taylor».45 Carrillo respinge facilmente diverse accuse, mosse con argomentazioni piuttosto goffe e condotte con materiali di seconda o terza mano. E poi afferma: «L’esistenza del “Sonido 13” non è un’i44 45 El Sonido 13, aprile 1924, pp. 5-7. El Sonido 13, maggio 1924, p. 2. 130 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA potesi, e non può esserlo, perché è un prodotto della natura e, d’altra parte, per produrlo, basta dividere il semitono in due parti».46 Una considerazione inattaccabile. Ma, aggiunge Carrillo, già si è fatto di più, perché alcuni studenti di musica messicani «hanno potuto udire chiaramente otto suoni nello spazio di un semitono».47 Poi l’annuncio: Presto darò una conferenza in relazione al “Sonido 13” e farò ascoltare questo suono a coloro che lo desiderino ascoltare […]. D’altra parte, se il signor Delgadillo, che sembra essere un amante dell’acustica, si prende il disturbo di studiare gli armonici risultanti dalla suddivisione della corda o dei tubi, potrà trovare il “Sonido 13” prodotto dalla natura tra gli armonici 20 e 21 e tra il 21 e il 22. Dirò di più. Se il musicista del Nicaragua conducesse le sue ricerche fino all’armonico 64, come ho fatto io, troverà quarti di tono, ossia il “Sonido 13” negli armonici 21, 27, 29, 31, 33, 35, 37, 39, 45, 49 e 51; troverà anche gli ottavi di tono negli armonici 41, 42, 43, 47, 53, 54, 55, 57, 58, 59, 61, 62 e 63. Devo fare una necessaria chiarificazione, per evitare che il musicista del Nicaragua mi accusi di essere un fanfarone, che questi dati che ho indicato in relazione ai quarti e agli ottavi di tono sono il risultato di studi personalissimi e che sono conseguenza di combinazioni numeriche. Nessun autore nel mondo intero — che io sappia — ha condotto uno studio del genere, poiché nessuno ha portato i suoi esperimenti fino all’armonico 64; tutti si conformano nel giungere al 16 e solo Gevaert arriva al 18. Credo, di conseguenza, che la sperimentazione fino a 64 sia interamente personale del direttore di El Sonido 13.48 L’attacco di Delgadillo era stato piuttosto inconsistente e le ragioni di Carrillo risultano di gran lunga più persuasive, anche se è evidente che le sue ricerche sono state condotte in via esclusivamente matematicospeculativa. Non è un caso che le ricerche precedenti si siano fermate ai primi 18 armonici: sono quelli che si sentono! Carrillo ha verificato l’ampiezza dei rapporti frazionari degli armonici, in relazione a semitoni, quarti e ottavi di tono. Rimane piuttosto difficile pensare che egli abbia ascoltato da qualche parte l’armonico 64. Pur avendo fatto risalire l’origine del “Sonido 13” a una prova empirica, Carrillo adesso verifica queste ampiezze intervallari sulla serie degli armonici. La strada “naturale” è la stessa percorsa da Novaro. A questo riguardo si possono fare le ipotesi più diverse: Carrillo che legge casualmente uno dei folletos di Novaro; Novaro che legge la rivista di Carrillo; in attesa di ulteriori riscontri (e dopo le osservazioni del §4.1), si potrebbe optare per un’ipotesi di relativo solipsismo dei due, a dispetto degli allievi comuni e delle molto 46 Ivi, p. 3. Ibidem. 48 Ibidem. 47 4. CARRILLO 131 ridotte dimensioni dell’ambiente musicale di Città del Messico. In ogni caso, diversi anni dopo, Carrillo pubblicò un raffronto tra numerose teorie degli armonici apparse in diversi trattati, soprattutto musicali, ma anche di fisica acustica. Come già ricordato, Novaro afferma di aver pubblicato il suo primo opuscolo nel 1924, l’anno dell’irruzione del “Sonido 13” sulla scena culturale messicana. Mentre il nucleo della teoria microtonale di Carrillo — a partire dalla realizzazione di un strumento che permettesse di suonare con precisione almeno i quarti di tono, se non anche gli ottavi — risulta ancora in via di elaborazione, dalle pagine della propria rivista egli comincia a prendere di mira diversi errores universales che la teoria del “Sonido 13” intende smascherare. Il primo in assoluto gravita attorno all’oblio delle modalità gregoriane, con tutti i corollari dell’inopportunità di armonizzare in maggiore-minore il canto piano. Si tratta di polemiche non nuove, riprese probabilmente da riviste europee: nel numero di marzo 1924, Carrillo propone la traduzione di un articolo di Romain Rolland relativo a questo problema.49 Un altro oggetto di rettificazione preso di mira dal “Sonido 13” sono le alterazioni: troppe, da semplificare senz’altro.50 Il microtonalismo è solo l’aspetto più vistoso di un’attività che, come abbiamo detto, va rapportata alle drastiche mutazioni della politica culturale messicana, che stavano emarginando Carrillo. Su El Sonido 13 di luglio 1924, p. 2, il compositore annuncia la scoperta di un nuovo intervallo, il 5/4 di tono, che nella successione degli armonici apparirebbe prima di quello di tono intero — quindi sarebbe più importante — in quanto si produrrebbe in corrispondenza dell’armonico 7. Nello stesso numero, Carrillo riproduce il suo articolo pubblicato su Musical Advance nel 1923, aggiungendo alcune informazioni e assicurando che la rivoluzione del “Sonido 13” cambierà profondamente ogni aspetto della musica. Sulla sua rivista, egli si impegna anche in intricate difese a favore della priorità delle sue scoperte microintervallari persino rispetto alla musica indiana. Nel corso del 1924 egli raggiunge però un primo risultato concreto: fa costruire a Guadalajara una chitarra a quarti di tono, che gli viene consegnata il 24 giugno.51 Nel numero di luglio è riportata una utile cronologia degli avvenimenti relativi al “Sonido 13” successivi alla “scoperta” del 1895: 49 El Sonido 13, marzo 1924, pp.1-5. El Sonido 13, giugno 1924, pp. 1 e 14-16. 51 Ivi, p. 23. 50 132 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Nel 1917 [Carrillo] scrisse a New York l’articolo “El Sonido 13” nel secondo volume delle Pláticas musicales; nel 1920 detto articolo fu letto per la prima volta in Messico, nella residenza della distinta dama, signorina Luisa Garza; nel 1921 il nostro direttore lesse la teoria del “Sonido 13” in una conferenza nella Escuela Nacional Preparatoria […]. Nell’autunno del 1922 la rivista messicana Acción del Arte pubblicò la teoria del “Sonido 13”.52 Non è possibile rintracciare una copia di quest’ultimo articolo, ma è improbabile che Carrillo, sotto il fuoco incrociato del Grupo de los Nueve si sia arrischiato a fornire false dichiarazioni, citando un articolo uscito soltanto due anni prima in Messico e riedito nel 1923 negli Stati Uniti. In questo caso, l’inizio della rivoluzione microtonale del compositore messicano si sposterebbe un po’ più indietro, almeno a livello di speculazione teorica: comunque, quando nella primavera del 1923, Carrillo pubblicò su Musical Advance il suo articolo, egli fu certo di aver dato alla sua teoria una diffusione mondiale. Se non planetaria, la diffusione del testo fu certo ampia, almeno negli Stati Uniti: la rivista, edita dal 1913 al 1948, era una delle più importanti del Nord America. Il dottor Mark Gunzburg — sono affermazioni di Carrillo — tradusse in tedesco l’articolo, ma non sappiamo se e dove esso fu pubblicato. Il compositore riferisce pure che Manuel Ponce lo aveva informato di aver appreso da un periodico giunto in Messico che un allievo di Schoenberg aveva utilizzato i quarti di tono in un suo quartetto per archi. A partire da questa informazione, Carrillo annota: Restano, e questo è chiaro, da stabilire le leggi melodiche, armoniche e contrappuntistiche per l’uso dei quarti di tono, come manca tutto il sistema di scrittura; però alla soluzione di questo problema si dedica la direzione di El Sonido 13. Crediamo di aver già trovato il sistema di scrittura, coordinando quello esistente con i quarti di tono e siamo sicuri che spariranno i fogli speciali per scrivere la musica, così come spariranno il pentagramma, le chiavi, i diesis, bemolle, bequadro, ecc. e si indicheranno i suoni con una precisione che non lascerà spazio a dubbi. Non siamo, senza dubbio, sufficientemente avanzati nella soluzione del problema per poter parlare in modo definitivo; però speriamo di poterlo fare molto presto.53 L’idea di usare i numeri invece delle note sembra essere già presente. Storicamente, non mancavano altri esempi: lo stesso Carrillo cita Rousseau che aveva ideato una notazione numerica. Inoltre, in Francia, nel 52 53 Ivi, p. 25. Ivi, p. 26. 4. CARRILLO 133 corso dell’Ottocento, ebbe una discreta diffusione il sistema Chevé che pure utilizzava cifre. A conferma delle sue ipotesi, il direttore di El Sonido 13 comunica la costruzione di un pianoforte a quarti di tono in Germania, nello stesso momento in cui egli sta approntando i suoi strumenti microtonali. È ribadita la scoperta dell’intervallo di 5/4 di tono, in prossimità dell’armonico 7: viene citato a proposito il trattato di Gevaert, per Carrillo l’unico teorico musicale ad aver chiarito le irregolarità del settimo armonico, messe già in evidenza dai fisici. Scrive il compositore belga in uno dei suoi trattati: «Il suono 7 (Si bemolle) è troppo basso per formare con il suono 8 (Do) un intervallo di tono giusto». Per Carrillo, questo intervallo può essere utilizzato per una nuova scala. Oltre ai sedicesimi di tono che hanno decretato la nascita del “Sonido 13”, si avranno altri intervalli e altre scale, ottenute con intervalli naturali e artificiali. Ne viene presentata una: «1/4 di tono, 3/4, 5/4, 7/4, 9/4, 11/4, 13/4, 15/4, 17/4, 19/4, 21/4, 23/4, tutti compresi nell’ottava».54 Nello stesso numero, Carrillo annuncia la scoperta di altri nuovi intervalli (7/4 e 9/4 di tono)55 e la realizzazione di una scala a 5/4 e 5/8 di tono, in luogo di toni e semitoni.56 «L’Europa rettifichi la sua scala degli armonici»,57 afferma il compositore messicano a proposito di alcuni trattati in cui la serie degli armonici era presentata in forma approssimativa, a causa dell’imprecisione della semiografia musicale. Sullo stesso numero del giornale, Carrillo annuncia una conferenza sul “Sonido 13” da tenersi il giorno 13 settembre 1924 nell’Anfiteatro della Escuela Nacional Preparatoria. Vi compare anche l’estratto di un discorso di Carrillo risalente al 1921, tenuto presso il Conservatorio Nacional de Música, in cui vengono deprecate le scelte del presidente della repubblica Venustiano Carranza, il quale rispetto ai suoi predecessori Madero e Huerta ha ridotto finanziamenti e chiuso scuole. Come si vede, Carrillo non rinuncia a precise prese di posizione politiche. Nel numero di settembre 1924 sono ristampate due interviste concesse da Carrillo al quotidiano di Città del Messico El Universal e al suo 54 El Sonido 13, agosto 1924, p. 9. I suoni della scala sono i seguenti: Do-Do monesis-Do triesis-Re monesis-Re triesis-Mi monesis-Fa monesis-Fa triesis-Sol monesis-Sol triesisLa monesis-La triesis-Si monesis-(Do). In pratica, una scala cromatica semitonale chiusa agli estremi da due intervalli quartitonali. 55 Ibidem. 56 Ivi, p. 10. Anche Ives aveva ipotizzato una scala a 5/4 di tono. Una scala siffatta si estenderebbe su cinque ottave. A partire da Do sarebbe: Do-Re monesis-Fa-Sol monesis-La8-Do monesis-Re8-Fa monesis-Sol8-La triesis-Do8-Re triesis-Fa8-Sol triesis-SiDo triesis-Mi-Fa triesis-La-Si monesis-Re-Mi monesis-Sol-La monesis-Do. 57 Ibidem. 134 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA supplemento El Universal Gráfico. Si menziona il pianoforte a quarti di tono appena costruito in Europa. Anche Carrillo ha fatto costruire una chitarra quartitonale e facilmente avrebbe potuto realizzare un pianoforte, perché il liutaio aveva detto, senza conoscere ancora l’articolo, che lo stesso procedimento si poteva applicare ai pianoforti; sostiene inoltre di aver pubblicato la sua teoria del “Sonido 13” nel secondo volume delle Pláticas musicales. Poi aggiunge: Andiamo senza timori alla conquista di una nuova musica, musica che il mondo dovrà al “Sonido 13”. Comprendo tutta la responsabilità che racchiude la frase anzidetta, ma sono i risultati ottenuti fino a oggi nella pratica dei suoni conquistati che mi autorizzano a dire che andiamo verso una nuova musica più bella, più fine di quella che il mondo ha conosciuto finora. Domanda: Potrebbe dirmi quali sono questi suoni conquistati? Carrillo: Sissignore, sono questi: 1/4 di tono, 3/4, 5/4, 7/4, 9/4, 11/4, 13/4, 15/4, 17/4, 19/4, 21/4 e 23/4.58 Il riferimento, in questa fase, sembra essere la serie degli armonici: gli intervalli sono riferiti alle distanze degli armonici. Nella prima intervista, Carrillo annuncia di aver già terminato il sistema di scrittura che elimina il pentagramma, le chiavi e gli accidenti; ha terminato anche la teoria degli intervalli; ha armonizzato il «nuovo intervallo di 5/4 di tono a otto parti reali, senza che si producano dissonanze maggiori di quelle che siamo abituati ad ascoltare».59 Carrillo afferma anche che Manuel Ascencio, membro della Banda della Polizia, è già riuscito a trovare la diteggiatura per i quarti di tono sul flauto traverso tradizionale e che ha in animo di costruire un flauto speciale; e che il signor Ángel Romano lo ha aiutato a trovare la diteggiatura per i quarti di tono sugli strumenti a fiato a pistoni. Carrillo è convinto che anche i fisici abbiano pensato che gli armonici formassero solo toni e semitoni. Nella prima intervista viene chiesto al compositore messicano: Domanda: È opinione diffusa che il quarto di tono sia utilizzato non solo dagli Indù, ma anche dagli indigeni di Michoacán, quelli dello Yucatán, ecc. ecc. Carrillo: Ho ragioni molto solide per credere che né gli Indù, né gli indigeni delle regioni che Lei indica usino i quarti di tono. Ciò che succede a noi musicisti è che quando sentiamo qualcosa di stonato diciamo che quella stonatura sono quarti di tono; però devo dire, nel modo più enfatico, che il quarto di tono non è una stonatura. 58 59 El Sonido 13, settembre 1924, pp. 3-4. Ivi, p. 4. 4. CARRILLO 135 Domanda: E la sua annunciata conferenza? Carrillo: Si terrà ai primi di settembre; la sto già preparando e spero che la onoreranno con la loro presenza il cittadino presidente della repubblica e i signori che formano parte del gabinetto di governo e i principali musicisti e intellettuali della città. Faremo ascoltare composizioni di musicisti orientali, prese da diversi autori eminenti di quella regione, in cui non si trova un solo quarto di tono. Suoneremo melodie indù di eminentissimi musicisti europei, nelle quali non si trova un solo intervallo del genere. Ascolteremo, allo stesso tempo la chitarra di Guadalajara e la piccola arpa realizzata in Messico nella quale sì si ascoltano detti intervalli. Domanda: Mi permetta un’ultima domanda: passerà molto tempo prima che si cominci a praticare il nuovo sistema? Carrillo: Credo di no, la stampa e la ferrovia violentano gli avvenimenti della nostra epoca; e, in quanto al Messico, credo che non sia impossibile pensare che entro un anno si sia già realizzata un’accademia per l’insegnamento — a base di quarti di tono — di solfeggio, canto, pianoforte, armonia e strumenti a fiato, in legno e in metallo; qualcosa che, in definitiva, si possa chiamare il Conservatorio del “Sonido 13”.60 Nella sua classe al Conservatorio, Carrillo insegnava armonia e composizione a circa 100 alunni tra i quali prese a divulgare le sue idee. Intendeva così inglobare i metodi di insegnamento tradizionale nella didattica del “Sonido 13”, ma questa scelta incontrò l’ostracismo di alcuni insegnanti dell’istituto scolastico. La seconda intervista, apparsa su El Universal Gráfico, è particolarmente interessante: Domanda: Si commenta in pubblico e si dice che non è vero che Lei abbia scoperto un nuovo suono. Carrillo: È vero. Non ho scoperto un suono…ho scoperto tutta una serie di suoni, di cui non si ha notizia neanche nelle leggende dell’India. Li elencherò: il 10/8 ossia il 5/4 di tono, non come un composto, ma come un’unità; li ho trovati cercando di chiarire e fissare con esattezza l’armonico 7. Proseguendo nella scala degli armonici, ho trovato un altro nuovo suono che produce un intervallo di 6/8; continuai le mie ricerche e scoprii l’intervallo di 5/8; poi quello di 4/8 (l’attuale semitono); poi il 3/8, il 5/16, poi il 4/16 (ossia il quarto di tono); poi il 3/16, poi il 5/32, il 4/32, ecc. ecc. Domanda: Mi perdoni se la interrompo, però potrebbe provare quanto dice? Carrillo: Sì e sì. Il Messico ha già conquistato per il mondo musicale tutti gli intervalli indicati. Lo dimostrerò pienamente nella conferenza che darò il prossimo settembre nella Preparatoria. Domanda: È sicuro di poter dimostrare tutto ciò? Carrillo: Certo. La dimostrazione sarà prima numerica e poi il pubblico riceverà l’impressione sonora. Con gli elementi conquistati, l’attuale ottava 60 Ivi, p. 5. 136 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA aumenterà i suoi intervalli da 12 a 96 e il pianoforte, in luogo di 85 suoni ne avrà 672, come si affermò anni fa con la teoria del “Sonido 13”.61 Si continua a far riferimento alla serie degli armonici, ma non nella direzione assunta dai teorici ottocenteschi dell’intonazione giusta. Si approssimano i valori a valori temperati come quarti e ottavi di tono. L’adozione dei sedicesimi di tono si collega invece più strettamente all’esperimento del 1895, perché parlando di armonici, almeno in questa digressione, Carrillo non li menziona. I riferimenti alla musica indiana si giustificano con il fatto che su El Universal qualche tempo prima era apparso un articolo di Chávez in cui si affermava che nella musica dell’India erano già presenti da tempo immemorabile i quarti di tono. Alla domanda dell’intervistatore se abbia letto l’articolo sulla musica indiana, Carillo risponde che scriverà un suo commento a proposito. Egli annuncia anche una “nuova legge” per gli armonici: Ogni suono dispari è nuovo nella scala degli armonici; tutti gli armonici pari sono un’ottava più in alto del precedente e, di conseguenza, già conosciuti in detta scala; e, infine, tutti gli armonici dispari — a partire dal settimo — si trovano a uguale distanza dei suoi collaterali. Con queste leggi è facilissimo determinare tutti i suoni vaghi che si trovano nella citata scala degli armonici. La teoria del “Sonido 13” è come acqua benedetta poiché attraverso essa ho trovato l’intervallo 10/8 o 5/4 tra gli armonici 6 e 7 e 7 e 8, suono che non era stato determinato; allo stesso modo potei determinare con esattezza l’armonico 11, nelle sue relazioni con il decimo e il dodicesimo, che produce l’intervallo 6/8; con la stessa legge determinai l’armonico 13, in relazione al 12 e al 14 e l’armonico 15 in relazione al 14 e al 16. Con questo procedimento si chiarì che in tutti i libri di acustica per musicisti, così come in quelli di strumentazione dei musicisti, gli intervalli indicati sono falsi; tra l’armonico 6 e 7 è falso; tra 7 e 8 è falso; tra 10 e 11 falso; tra 11 e 12 falso; tra 12 e 13 falso; falso anche quello tra 13 e 14; e quelli tra 14 e 15 e tra 15 e 16. Cosa c’è di strano, dunque, se con tanti falsi armonici la nostra musica è deliziosamente scordata? Ci si prepari a udire qualcosa di sensazionale. La nostra nota La, con la quale accordiamo le orchestre, i pianoforti, ecc. non esiste in natura, poiché quello che abbiamo scelto come La, ovvero la sesta maggiore del suono fondamentale, è l’armonico più falso di tutti: gli mancano tre ottavi di tono perché sia La… quasi mezzo tono…Vero che questa può chiamarsi una geniale incoscienza dei musicisti?62 Carrillo studia la successione degli armonici su diversi libri di musica e di fisica e critica le approssimazioni dei primi: vorrebbe creare una teoria della musica che rettifichi questi errori. Per quanto si avverta l’esi61 62 Ivi, p. 6. Ivi, p. 7. 4. CARRILLO 137 genza di una maggior fedeltà alla successione degli armonici, è presente anche l’aspetto pratico di una moltiplicazione inaudita del materiale intervallare a disposizione, forse l’aspetto che in prospettiva futura interessa di più Carrillo. La data della conferenza incombe. L’autore del “Sonido 13” vuole dimostrare la sua priorità nella realizzazione di alcuni strumenti musicali microtonali. I tempi sono strettissimi: «Entro otto giorni avremo uno strumento a fiato metallico con ottavi e sedicesimi di tono».63 Nella copertina del numero di ottobre 1924 di El Sonido 13 appare una fotografia dell’arpa-cítara a sedicesimi di tono. Il giornale riferisce anche la notizia dell’approntamento di un pianoforte a quarti di tono negli Stati Uniti a opera di Moritz Stoehr. La fabbrica Paul G. Mehlin & Sons è stata incaricata della costruzione. Carrillo rilancia, annunciando di voler far realizzare un organo a sedicesimi di tono.64 I toni della polemica con il Grupo Nosotros rimbalzano anche sul numero di novembre 1924. Carrillo sostiene che la teoria del “Sonido 13” sta impressionando intensamente i nostri vicini dell’ammirevole paese del Nord. […] Si prospetta già la possibilità che il centro dell’enorme rivoluzione del “Sonido 13” possa essere la città di New York, dove porteremo tra non molto tempo un’orchestra sinfonica che suonerà composizioni con intervalli mai sognati in alcuna parte del mondo e senza che figurino in esse, se non eccezionalmente, toni e semitoni. Devo dire […] che l’articolo firmato da[i Nueve], pubblicato su El Universal di domenica 26 ottobre fu veramente una sorpresa.65 Carrillo difende la sua teoria, torna a menzionare l’arpa di König e cita Titchener, il quale paragona l’orecchio a un minuscolo pianoforte con 11.000 corde.66 Il musicista messicano afferma di aver ricevuto numerose proposte di lavoro per dirigere orchestre ad Atene, Bruxelles, New York, ma di aver deciso di concentrarsi sulla sua teoria, l’ideale più grande di tutta la mia vita, quello che mi permetterà di lasciare nel mio passaggio per il mondo una musica più fine e più bella di quella attuale. La musica futura sarà di tale ricchezza che si potranno archiviare tranquillamente, con tutti gli onori, il tono e il semitono.67 63 Ivi, p. 19. El Sonido 13, ottobre 1924, pp. 20-21. 65 El Sonido 13, novembre 1924, p. 1. 66 Ivi, p. 6. 67 Ivi, p. 7. 64 138 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Il 13 novembre, nel Salón de Actos del Museo Nacional, Baqueiro Foster tenne una conferenza, dopo che lo stesso Carrillo ne aveva pronunciata un’altra il 13 settembre.68 La scelta delle date non è casuale. Vi ricorre con insistenza quasi mistica e altamente simbolica il 13. Si tratta di un numero che ha una certa importanza in diverse culture precolombiane e non è improbabile che le idee di Carrillo abbiano tratto giovamento anche da questo aspetto, vista la più volte ribadita “messicanità” delle sue scoperte. Anche un’altra allieva di Carrillo, Elvira Larios, tenne la sua conferenza il giorno 13 gennaio 1925 al Museo Nacional.69 Si accende una polemica con Chávez, che aveva pubblicato sul settimanale La Antorcha,70 numero 2, un articolo intitolato “[?]portación en México”,71 in cui invitava gli artisti messicani a scrollarsi di dosso le eredità europee e a guardare al loro proprio passato. Carrillo replica affermando che è impossibile per i messicani diseuropeizzarsi. E aggiunge, piuttosto efficacemente: “Come si vestirà Chávez? Quale musica si farà? Il pianoforte, che è europeo, sparirà dalla musica di Chávez?”. Ci dica il signor Chávez, se lo sa, se in alcuna parte del mondo si è diviso il tono in 16 parti per applicazioni artistiche prima che in Messico […]. A Città del Messico già abbiamo composizioni in cui non si utilizza mai l’intervallo di tono e l’Europa ancora non lo fa. Abbiamo composizioni nelle quali abbiamo impiegato intervalli che l’Europa neanche si sogna. Abbiamo ottenuto 97 suoni nell’ottava — così chiamata indebitamente negli ultimi secoli — e l’Europa sta lottando per l’impiego pratico di 25. Abbiamo già composizioni con ottavi, sedicesimi, 5/4, 3/4, 5/8, 5/16, 3/8, 3/16 [di tono], ecc. ecc. e in Europa ancora non si pensa a ciò, poiché si sta sperimentando, con marcata timidezza, il quarto di tono. Abbiamo già un sistema di scrittura per i 97 suoni della cosiddetta ottava e l’Europa ancora non si sogna qualcosa del genere.72 In questa ansia da primato c’è l’esigenza di affermare il ruolo di primo piano del Messico nella cultura mondiale. Carrillo si difende dagli attacchi di Chávez e rivendica i termini cronologici della sua teoria, riprendendo passi di un suo precedente editoriale apparso su El Sonido 13: 68 El Sonido 13, dicembre 1924, p. 3. LARIOS 1925. 70 Rivista dalla vita effimera (ottobre 1924-ottobre 1925) fondata da Vasconcelos, che pubblicava autori latinoamericani ed europei. 71 Nella copia di El Sonido 13 da noi consultata, la prima parte del titolo è illeggibile, né l’articolo è presente in due bibliografie di Chávez. 72 El Sonido 13, novembre 1924, p. 9. 69 4. CARRILLO 139 Il nostro distinto musicista Manuel M. Ponce ci aveva informato che un discepolo di Schoenberg aveva impiegato quarti di tono in un quartetto. Siccome si tratta di un avvenimento che si riferiva in modo specifico alla suddivisione del semitono, dicemmo che rimanevano da stabilire per il quarto di tono le leggi melodiche, armoniche, contrappuntistiche, come mancava anche il sistema di scrittura, essendo la nostra conquista relativa al sedicesimo, l’ottavo, il 5/4, il 3/4, il 5/8, il 5/16 [di tono], ecc. ecc. Abbiamo dedicato la nostra attenzione al sistema completo […], rimaneva da realizzare il sistema di scrittura, sistema di cui per fortuna disponiamo a un livello già avanzato. Il problema sono le leggi che devono governare l’uso dei 5/4, 3/4, 5/8, 5/16 [di tono], ecc.73 Dopo aver ribadito la sua scoperta del 1895, Carrillo minimizza le esperienze europee: Stein […] scrisse come op. 26 due pezzi per violoncello e pianoforte con quarti di tono, possiede un clarinetto a quarti di tono e costruì, per prova, per prova!, un piccolo pianoforte, senza specificare quante note abbia, a quarti di tono.74 Nel suo articolo apparso su La Antorcha, Chávez aveva affermato che nel 1906 fu eseguita un’opera a quarti di tono di Stein. Carrillo dice di non credere che questo sia corretto (sbagliando), assumendo come valida la notizia di Le Ménestrel (in realtà, imprecisa anch’essa) secondo la quale il primo pianoforte a quarti di tono sarebbe stato costruito nel 1924: strumenti analoghi, infatti, erano stati realizzati fin dall’Ottocento. Carrillo poi afferma, a scopo cautelativo: Però, supponendo che l’Europa già abbia tutti gli strumenti per suonare i quarti di tono, la nostra teoria si limita ai quarti di tono? No. Per noi la nostra base è il sedicesimo di tono conquistato in Messico nell’anno 1895.75 Chávez, nel suo articolo, cita la prima edizione della Harmonielehre di Schoenberg in cui si parla di microtoni: Carrillo ribatte, sostenendo che il passo schoenberghiano, risalente al 1911, è pieno di “se”, di “ma”, di “può darsi”, mentre egli nel 1895 aveva già suddiviso il tono in sedici parti.76 Chávez, le cui argomentazioni sono più solide rispetto ad altri oppositori di Carrillo, mira a dimostrare che l’idea del rivale non è nuo73 Ivi, pp. 11-12. Ivi, p. 12. 75 Ivi, p. 13. 76 Ivi, pp. 13-14. 74 140 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA va o che addirittura è copiata da altri.77 L’autore del “Sonido 13” risponde affermando che nessuno ha mai diviso il tono in 16 parti uguali e che quindi non può essere tacciato di plagio. Come si vede, la temperatura del dibattito è piuttosto alta e nel 1924 il microtonalismo diviene il perno di una contesa che, ingaggiata da Carrillo — il compositore messicano più celebre assieme a Ponce — e dal giovane e altrettanto battagliero Chávez, assume toni di tale violenza da far dichiarare a Carrillo che il suo antagonista «non ha alcun titolo […] per esercitare la sua professione».78 L’appuntamento decisivo sul quale si concentra l’attenzione dei Nove, di Chávez e dell’opinione pubblica musicale è l’annunciata conferenza fissata per il giorno 13 novembre 1924. Baqueiro Foster porta avanti le sue argomentazioni in uno stile magniloquente tipico dell’oratoria di quegli anni, in particolare quella latinoamericana. La conferenza si apre con un paragone tra le conquiste di Colombo e Fulton — la scoperta dell’America e il motore a vapore — e il “Sonido 13”. Poi si viene a sapere, più concretamente, che il collegio dei docenti del Conservatorio Nacional aveva condannato il “Sonido 13” e minacciato di espulsione quegli studenti che ne professassero le teorie. Baqueiro ricorda i nemici di Carrillo, narrando aneddoti sui quali ci sarebbe piaciuto sapere di più: Oppositori carenti di forza, usciti da una massa anonima, senza prestigio; alcuni espulsi dai conservatori, altri che ottennero diplomi di musica per corrispondenza e altri che neanche a questo arrivarono, tentarono di buttare in terra la teoria del “Sonido 13”, senza tenere conto che essa era passata dalla speculazione alla realtà. Una conferenza pubblica del suo autore, il maestro Julián Carrillo, nell’Anfiteatro della Escuela Nacional Preparatoria, il 13 settembre scorso, bastò per dimostrarlo. Subito dopo sorse il Gruppo dei Nove che cominciò a negare l’esistenza del “Sonido 13”, usando, per impugnare la teoria, mezzi illeciti e indecorosi: alterarono concetti, cambiarono frasi, soppressero parole, mutarono testi, ecc. ecc. Affinché si prestasse attenzione a quanto dicevano, dovettero farsi scudo di nomi che solo chi lo merita ed è autorizzato dovrebbe usare. Si definirono artisti e uomini di scienza; poca cosa! Per fortuna la giustizia trionfa sempre. Il capo degli artisti dei Nove fu fischiato in un cinema perché non era capace di suonare un foxtrot e, oh, ironia! questo foxtrot si chiama Padre Nostro e il capo degli uomini di scienza, nello stesso Gruppo dei Nove, è stato anch’egli fischiato pubblicamente dall’opinione pubblica, per aver ignorato l’esistenza dell’arpa delle 10.000 corde, che conoscono anche i 77 Se ci fossero stati indizi o sospetti di un plagio documentabile da parte di Carrillo, è certo che Chávez non lo avrebbe taciuto. 78 Ivi, p. 15. 4. CARRILLO 141 bambini delle elementari; e, se ciò non bastasse, essi stessi si collocarono ai limiti estremi dell’esecrazione alterando documenti di dominio pubblico.79 Baqueiro riprende il paragone tra conquiste scientifiche e la scoperta di Carrillo. Riferisce anche le prime impressioni in Messico di fronte ai quarti di tono: Un celebre musicista, ascoltando per la prima volta i quarti di tono con la prima arpa-cítara costruita per questo scopo, si sentì talmente infastidito che non poté contenere la sua indignazione e mi disse le seguenti parole: “Questa è una follia, è una disgrazia che voi così giovani stiate perdendo la testa, stiate scomponendo le orecchie di tutto il mondo. Dovete dedicarvi a studiare i vostri strumenti, non a perdere tempo in fesserie”.80 Baqueiro cita l’articolo di Delgadillo apparso su El Demócrata del 24 maggio 1924, in cui si invita Carrillo a dimostrare l’esistenza del “Sonido 13” e si assevera che gli Indù userebbero già i quarti di tono. Carrillo aveva contestato questa affermazione nella sua conferenza del 13 settembre, portando come prova la testimonianza di Sourindro Mohun Tagore, membro onorario di diverse società e conservatori europei. Pochi giorni dopo, sempre su El Demócrata, apparve un altro articolo di Delgadillo, di cui Baqueiro riporta il seguente passaggio: Sono disposto a dimostrarle, sempre con rigore assolutamente scientifico, che il “Sonido 13” non può esistere fisicamente, che è solamente un’impostura, che il suo esperimento con don Eucario Gonzáles [l’esperimento del 1895], lo strumento che si sta costruendo da quattro anni sotto la sua direzione per produrre il “Sonido 13”, ecc. ecc. sono soltanto una tremenda farsa. Baqueiro replica anche a quelle accuse, sostenendo che non sono passati quattro anni, ma due. Poi, attacca direttamente Chávez che, fra le altre cose, aveva dichiarato i messicani incapaci di produrre qualcosa di buono; procede poi alla distinzione tra gli esperimenti microtonali per applicare i commi pitagorici alla musica, come quelli compiuti da William Holder (1618-1698), e le suddivisioni del tono realizzate da Carrillo. Il sedicesimo [di tono] è stato pienamente conquistato e non ha relazione né con i commi di Pitagora, né con il Cruti dell’India, né con i timidi saggi 79 80 BAQUEIRO Foster 1924, p. 3. Ivi, p. 4. 142 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA per l’adattamento dei quarti di tono di Alois Hába, né con i terzi di tono di Busoni.81 Neanche la conferenza di Baqueiro Foster, come quella del suo maestro, così infarcita di riferimenti alla storia antica e alla scienza recente, era all’insegna dell’understatement: Il giorno 13 settembre 1924, giorno in cui si dimostrò in modo evidente in questa Città del Messico l’esistenza del sedicesimo di tono come elemento musicale, si realizzò l’èra di una trasformazione psicologica tanto grande come quella prodotta dalla Dottrina Cristiana, secondo le previsioni dell’autore del “Sonido 13”.82 Baqueiro conclude presentando sinteticamente le composizioni microtonali che si ascolteranno: «Queste composizioni sono gli embrioni dei grandi organismi di musica vocale e strumentale che gli artisti del “Sonido 13” svilupperanno in futuro».83 In un’intervista a El Universal Gráfico, riportata anche su El Sonido 13, vengono forniti dettagli sui problemi del “Sonido 13” nel Conservatorio Nacional de Música. Per appoggiare la sua riforma musicale, Carrillo aveva costituito dei “Grupos 13”, in buona parte formati da studenti di conservatorio. Diversi docenti dell’istituto, come già riferito, avevano manifestato la propria opposizione a queste teorie. O, forse, avevano semplicemente sollevato dubbi sull’utilità della musica microtonale in età scolare. Ma Carrillo appare inarrestabile e prospetta numerose composizioni: «Il nostro ideale è avere quanto prima un’opera, un concerto per organo, uno per pianoforte e un altro per violino, sulla base del sedicesimo di tono».84 Un’altra conferenza, riguardante la notazione musicale del “Sonido 13”, è tenuta nel gennaio del 1925 da Elvira Larios. Facendo presentare i risultati delle proprie ricerche ai suoi allievi, Carrillo vuole rendere tangibile l’idea di un gruppo che lavora alla rivoluzione musicale. Si accenna alle esperienze microtonali di Hába, anche se ci si affretta a chiarire che esse sono diverse da quelle di Carrillo. Larios cita una parte della prefazione di Hába al suo Tempo di quartetto, op. 7: Il quartetto è il risultato di lunghi e minuziosi studi di ricerca. Non cerco di compromettere il sistema attuale del semitono, ma provo a impregnarlo 81 BAQUEIRO Foster 1924, p. 7. Ivi, p. 8. 83 Ivi, p. 8. 84 El Sonido 13, dicembre 1924, p. 13. 82 4. CARRILLO 143 di differenze più sottili. Mi parve di sentire che il sistema a quarti di tono non era un nuovo linguaggio, ma un ampliamento dell’antico. Gli impulsi dati da Busoni e Möllendorf sono conosciuti. La nuova possibilità fu presentita e attesa da tutti i compositori moderni. I segni di trasposizione in uso sono stati conservati (diesis e bemolle). I nuovi segni sono: diesis di quarto di tono e bemolle di quarto di tono.85 Larios presenta poi il sistema realizzato da Carrillo, che esamineremo più avanti. Nel gennaio 1925 viene annunciata la costruzione di un trombone a ottavi di tono. Si riferisce pure che «il distinto e colto J. F. Ramírez ha inaugurato a Città del Messico il Centro cultural “El Sonido 13” il giorno 13 gennaio 1925».86 La copertina di El Sonido 13 di febbraio 1925 è dedicata a Hans Sadis che, sulle colonne di Excelsior, aveva sostenuto il ricorso da parte di Stravinskij ai quarti di tono. Carrillo replica, scovando una dichiarazione del compositore russo: «Sono un uomo ben temperato e la mia prima qualità è l’equilibrio. I quarti di tono sono eccellenti per gli africani e i capúas [?]. Sono abbastanza intelligente e abbastanza ricco di idee da non aver bisogno dei quarti di tono».87 Nonostante il fermento rivoluzionario, fino a questo punto il dibattito si era svolto a suon di conferenze, in cui aveva trovato posto solo qualche piccolo esempio pratico relativo ai microtoni. I Nove, questi benemeriti del microtonalismo novecentesco, continuavano a pungolare a dovere Carrillo e i suoi allievi. Mancava però qualcosa di più solido su cui argomentare: un’opera microtonale vera e propria. Una svolta decisiva venne da una lettera aperta, pubblicata su El Universal del 2 dicembre 1924, in cui Carrillo era invitato a presentare alcune opere del “Sonido 13” in un concerto pubblico per il gennaio successivo. Era stato Don José Gómez Ugarte, direttore de El Universal — comprensibilmente esasperato dalla diatriba che si svolgeva sul suo giornale — a sollecitare a Carrillo una pubblica prova delle sue idee, offrendo anche la sponsorizzazione del concerto. Il 4 dicembre 1924, il compositore pubblicò una lettera su El Universal in cui accettava la proposta: in gennaio avrebbe dato un concerto, non soltanto con una, ma con molte opere di diversi autori, che gli stessi avrebbero diretto. Il concerto si tenne non a gennaio, ma il 15 febbraio 1925 presso il Teatro Principal di Città del Messico. Il programma — in cui apparivano 85 LARIOS 1925, p. 8. El Sonido 13, gennaio 1925, p. 19. 87 El Sonido 13, febbraio 1925, p. 1. 86 144 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA cinque opere di Carrillo e alcuni lavori dei suoi allievi Elvira Larios, Soledad Padilla e Rafael Adame — era il seguente: 1) Preludio per chitarra a quarti di tono, di Adame; 2) Melodía per voci femminili, di Larios; 3). Capricho per chitarra a quarti di tono di Adame; 4) ¡Oh Salutaris Hostia! per voci e strumenti, di Padilla; 5) Melodía per strumenti soli a sedicesimi di tono, di Larios; cinque brani di Carrillo: 6) Preludio a Colón per soprano, violino, flauto, chitarra, octavina e arpa-cítara; 7) Ave Maria, per coro a quarti di tono, e strumenti microtonali; 8) Preludio per violoncello obbligato a quarti di tono e strumenti a quarti, ottavi e sedicesimi di tono; 9) Tepepan, scena campestre per voci e arpa in sedicesimi di tono; 10) Hoja de Album per strumenti vari in quarti, ottavi e sedicesimi di tono. Tra i partecipanti al concerto figuravano, oltre alle compositrici Larios e Padilla, María Ahedo, soprano solista; María García Genda, Guadalupe Solís, Amalia Tamayo, Ana Valderrama, Josefina Carlos, Marcelina Carlos, María de los Ángeles Ortiz e Cecilia Larios, soprani e contralti; Enrique Rodríguez, Santos Carlos, Tomás Ponce Reyes, Antonio Hernández Montoya, Manuel León Mariscal, Pedro Rebolledo, tenori e bassi; Rafael Adame, chitarra; Gerónimo Baqueiro Foster, arpa-cítara a sedicesimi di tono; Luis Gonzáles y Gonzáles, violino; Luis Galindo, violoncello; José López Alavés, clarinetto; Manuel Ascencio, flauto; José María Torres, octavina.88 Secondo la testimonianza diretta della figlia del compositore, Dolores, le opere degli allievi andarono perdute,89 mentre sono sopravvissute le cinque opere di Carrillo, in varie versioni, con schizzi, abbozzi e parti.90 Adolf Schmidt, direttore dell’orchestra dei “Ballets Russes” e condiscepolo di Schoenberg, ascoltò il concerto e a New York pubblicò un articolo contenente un frammento della nuova semiografia numerica,91 presentando la teoria del maestro messicano alla League of Composers. Rilasciò inoltre un’intervista a Musical America in cui riferiva del concerto e della nuova teoria.92 Sul suo giornale, Carrillo riportò alcune recensioni ma, è ovvio, soltanto quelle positive, ribadendo al contempo che con ogni probabilità il gruppo “Sonido 13” avrebbe trasferito la sua sede ope- 88 Cfr. El Sonido 13, febbraio 1925, p. 4 e CARRILLO 1967, p. 212. Dolores Carrillo, comunicazione personale allo scrivente (1994). 90 Almeno fino al 1998 i mss. erano conservati a casa di Carrillo. 91 CARRILLO 1962, pp. 8-11. 92 El Sonido 13, 15 giugno 1925, p. 3. 89 4. CARRILLO 145 rativa a New York.93 In quello stesso anno, il compositore prese una decisione drastica: abbandonò la cattedra del Conservatorio per dedicarsi esclusivamente alle sue ricerche. Nella gerenza del numero di marzo 1925 il nome di Baqueiro Foster in qualità di amministratore della rivista è scomparso. Nel numero del 15 maggio 1925, Baqueiro viene ancora citato nella conferenza di Vicente I. Mendoza,94 ma di lì a poco abbandona la cerchia di Carrillo. Il Gruppo dei Nove passò al contrattacco e sulle pagine de El Universal accusò Carrillo di aver diretto la Sinfonia n. 9 di Beethoven senza tromboni; il compositore pubblicò sulla sua rivista una fotografia dell’evento, in cui dimostrava invece di averli impiegati, e non mancò di dileggiare i suoi avversari. Nello stesso numero apparve anche un articolo di Castañeda,95 che sarebbe diventato il più importante teorico collaboratore di Novaro — il cui nome non compare nell’articolo — oltre che un oppositore di Carrillo. Nella parte iniziale dell’articolo, Castañeda cita il “Sonido 13” e passa poi a dimostrare che la scala temperata in uso ha scarsi addentellati con gli armonici: «La rivoluzione musicale che attualmente ci agita e che indiscutibilmente farà cadere tutte le vecchie convinzioni musicali pretende, e non senza ragione, che la nostra gamma sia carente di armonici».96 La scala maggiore naturale — 1, 9/8, 5/4, 4/3, 3/2, 5/3, 15/8, 2 — viene così commentata: «Siccome in questa scala non compaiono tutte le relazioni “semplici”, soprattutto alcune che sono sufficientemente gradevoli all’udito, in seguito si formò la scala minore».97 Vengono riportati i rapporti frazionari di una scala minore naturale: 1, 9/8, 6/5, 4/3, 3/2, 8/5, 15/8, 2. Castañeda usa la legge di Carrillo, “ogni armonico dispari è un suono nuovo” e descrive la scala naturale, approssimandola agli ottavi di tono. La scala naturale — 8/8, 9/8, 10/8, 11/8, 12/8, 13/8, 14/8, 15/8, 16/8, ossia 1, 9/8, 10/8, 11/8, 3/2, 13/8, 7/4, 15/8, 2 — deriva per Castañeda dalla serie naturale degli armonici 1, 3, 5, 7, 9, 11, 13 e 15: in ordine scalare, la successione è la seguente: tonica, armonico 9, 5, 11, 3, 13, 7, 15. Castañeda compara la serie degli armonici con la scala maggiore. In questo modo, egli verifica che la quarta e la sesta della scala maggiore non sono armonici della tonica; e che, nella scala minore, non sono armonici la terza minore, la quarta e la sesta mi93 El Sonido 13, febbraio 1925, p. 18. MENDOZA 1925, p. 8. 95 CASTAÑEDA 1925. 96 Ibidem. 97 Ivi, p. 14. 94 146 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA nore. Castañeda conclude riferendosi alla “scala maggiore dei Greci” [sic], in cui solamente la seconda, la terza maggiore, la quinta e la settima sono armonici della tonica; d’altronde, nella scala minore, lo sono soltanto la seconda, la quinta e la settima. La relazione tra terza minore e maggiore è 6/5 : 5/4 = 24/25; quella tra sesta minore e maggiore: 8/5 : 5/3 = 24/25. Prosegue poi parlando del tentativo di fondere le gamme in una sola: Si diesisizza una nota moltiplicando per 25/24 e si bemollizza moltiplicando per 24/25. La nuova gamma che fonde quella maggiore con la minore ha dunque le otto note dell’ottava più sette diesis più sette bemolle, vale a dire 22 suoni compresi tra la tonica e l’ottava. L’eccessivo numero di suoni di questa gamma dette origine a numerosi tentativi per ridurre il loro numero e facilitare l’esecuzione pratica. Tutti questi tentativi pretendevano di abbandonare le relazioni strettamente matematiche (e, di conseguenza, abbandonare il principio stabilito dai teorici greci), accontentandosi di buone o cattive approssimazioni con il fatto che tali discrepanze non sono molto avvertibili dall’orecchio umano.98 Castañeda passa a esaminare la scala temperata, mettendo in evidenza il fatto che, a parte la tonica e l’ottava, nessun suono è armonico della tonica o di altri suoni della scala temperata stessa: «Queste differenze relative sono, in generale, piccole, però alterano profondamente i suoni e l’espressione musicale che si ottiene con le loro combinazioni».99 Lo studioso mette così a confronto i valori delle vibrazioni (in decimali) della scala temperata con una scala di armonici, per dimostrare la sua affermazione. Le due scale hanno un numero diverso di gradi: SCALA TEMPERATA: SCALA DEGLI ARMONICI: Do = 1.00000 Do8 = 1.05946 Re = 1.12246 Re8 = 1.18900 Mi = 1.25992 Fa = 1.33484 Do = 1.00000 Armonico 17 = 1.06250 Armonico 9 = 1.12500 Armonico 19 = 1.18750 Armonico 5 = 1.25000 Armonico 21 = 1.31250 Armonico 11 = 1.37500 Armonico 23 = 1.43750 Armonico 3 = 1.50000 Armonico 25 = 1.56250 Armonico 13 = 1.62500 Armonico 27 = 1.68750 Armonico 7 = 1.75000 Fa8 = 1.41421 Sol = 1.49831 Sol8 = 1.58740 La = 1.68179 La8 = 1.78179 98 99 Ivi, p. 15. Ivi, p. 18. 4. CARRILLO Si = 1.88775 Do = 2.00000 147 Armonico 29 = 1.81250 Armonico 15 = 1.87500 Armonico 31 = 1.93750 Armonico 2 = 2.00000 Si è detto che, assieme a Baqueiro, Castañeda propose nel 1926 una sua teoria microtonale, in quel caso non più accessoria ma alternativa a quella di Carrillo. Gli sforzi del Gruppo dei Nove si erano rivelati vani e Carrillo aveva intenzione di replicare il concerto in diverse città messicane, facendolo precedere da una sua conferenza esplicativa. Prima della partenza per New York, prevista per l’inverno successivo, Carrillo intendeva propagare il verbo del “Sonido 13” in tutta la Repubblica. Il numero del 15 luglio 1925 della rivista si apre con la notizia che Enrique Rodríguez è riuscito ad accordare i trentaduesimi di tono e sta cercando di ottenere i sessantaquattresimi. Nell’articolo “Problemas del Sonido 13”,100 Carrillo affronta diverse questioni, tra cui quella, nuova, dell’inesattezza degli armonici, probabilmente alludendo all’inarmonicità degli ipertoni. Egli sottolinea che «la mancanza di apparati di straordinaria esattezza per controllare la produzione delle vibrazioni ci obbliga a procedere con cautela».101 Il testo tocca diversi problemi, in maniera rapsodica e confusa: è la dimostrazione più palese che Carrillo ha troppe cose da fare. Pur continuando a comporre con i microtoni, egli impiegherà diversi decenni a rimettere ordine nel binario parallelo — relativamente indipendente e accessorio alla composizione — della “teoria”. Nell’articolo balena anche un’idea che Carrillo avrà modo di verificare più di vent’anni dopo: la serie degli armonici, secondo il compositore, è inesatta e forse perfino l’armonico 2 non equivale esattamente al doppio della fondamentale, ma sarebbero necessari altri esperimenti da parte dei fisici per dimostrarlo. Il 16 dicembre 1947, Carrillo, assieme al fisico Sam Lutz, effettuò alla New York University il cosiddetto “esperimento del nodo” per dimostrare questa supposizione.102 Le conclusioni furono le seguenti: l’armonico 2, la cosiddetta ottava, non equivarrebbe esattamente al doppio della frequenza della fondamentale, ma avrebbe un valore leggermente inferiore. Ma fin da quel confuso articolo del 1925, le preoccupazioni di Carrillo di spiegare il “Sonido 13”, ossia il suo sistema microtonale, attraverso la successione degli armonici, cominciano a venir meno. La 100 El Sonido 13, 15 luglio 1925, pp. 3-8. Ivi, p. 3. 102 Cfr. CARRILLO 1956, 1948, p. 3 e 1967, pp. 124-27. 101 148 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA musica del “Sonido 13” da scrivere era tanta e doveva essere versatile e persuasiva, ma anche quella già scritta da sola bastava a provare la praticabilità dei nuovi intervalli. Sul numero datato 8 agosto 1925, Carrillo riferisce che il ministro messicano dell’educazione, Manuel Puig Casauranc, ha dichiarato che il “Sonido 13” dovrebbe essere insegnato in conservatorio. Le polemiche sugli eterodossi insegnamenti scolastici di Carrillo — che ancora svolgeva un’attività didattica istituzionale — non si erano ancora sopite. I seguaci del “Sonido 13” vennero definiti “ciarlatani” da alcuni;103 eppure, Puig aveva disposto che si concedesse loro l’auditorium del conservatorio tutti i giorni 13 del mese per tenervi delle conferenze. Sul suo giornale, Carrillo continua a prendere di mira Chávez frontalmente (figure 12 e 13).104 Figura 12 103 El Sonido 13, 8 agosto 1925, pp. 8-9. La figura 12 è tratta da El Sonido 13, 8 agosto 1925, p. 14. In essa si legge: «El sirviente: Ya es hora, señor Don Carlitos, relox ha sonado las 13… Don Carlitos: ¡Abajo el Sonido 13…!». La figura 13 (tolta da El Sonido 13, dicembre 1925, p. 12) si riferisce agli scontri tra Chávez e Carrillo all’interno del Conservatorio di Città del Messico: le pedate metaforiche nascondono l’inasprimento del conflitto: di lì a poco Carrillo abbandonerà l’insegnamento. Nella didascalia sta scritto: «Una clase de “armonía y contrapunto”». 104 4. CARRILLO 149 Figura 13 Il permesso di tenere seminari nel Conservatorio, nonostante la richiesta del ministro, non venne accordato: fu concessa invece una sala dell’università. Il compositore rispose con una dura lettera in data 21 agosto 1925 al rettore, responsabile anche del Conservatorio.105 Poi, annunciò la tournée del suo gruppo, divenuta addirittura mondiale: A un anno esatto dalla conferenza della Preparatoria, iniziamo la nostra “gira Sonido 13”. L’itinerario è: San Luis Potosí 13 e 14 settembre, Tampico 16, 17 e 18; Linares 20; Monterrey 22 e 23; Nuevo Laredo 24; Saltillo 26; Parral 27; Torreón 28 e 29; Gómez Palacio 30, ecc. Dopo 13 mesi dal concerto iniziale ci sarà un grande concerto sinfonico a New York; poi Eu105 El Sonido 13, [numero speciale], agosto 1925, pp. 3-9. 150 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA ropa, Asia, Africa e infine Oceania. I “Grupos 13” partiranno dalla Stazione Colonia sabato 12 con una carrozza “Pullman” speciale che durante la tournée si chiamerà “Pullman Sonido 13”.106 Carrillo annuncia l’imminente costruzione a New York, su progetto di Moritz Shoehr, di un pianoforte a quarti di tono con due tastiere: «Godowsky, l’insigne pianista, fu il primo ad andare a visitare la fabbrica di pianoforti di New York dove si costruisce lo strumento a quarti di tono».107 Carrillo sembra oscillare tra l’interesse per le varie esperienze microtonali, a supporto delle sue idee di fronte agli avversari, e rivendicazione di priorità nella scoperta e nell’uso musicale dei nuovi intervalli. Il giro di concerti ci fu, ma limitatamente al Messico. Su El Sonido 13 apparvero le fotografie dei “Grupos 13” accolti nelle stazioni ferroviarie dalla banda, dalle autorità civili, militari e religiose, nonché da drappelli di sparuti e intimoriti campesinos con il cappello in mano. A Guadalajara, Baudelio García fondò la fabbrica di strumenti musicali “El Sonido 13”. Il giornale annuncia un concerto da tenere a Washington con musiche di Carrillo per il successivo novembre, con annessa radiotrasmissione continentale (su questo evento non è stato possibile far luce). Anche il numero di ottobre è in buona parte occupato dal resoconto e dalle fotografie della tournée; vi figura anche un saggio sulla nuova scrittura numerica microtonale. Ne riassumiamo sinteticamente le caratteristiche.108 Le note sono sostituite da numeri, tanti quanti sono i suoni utilizzati nell’ottava.109 Nel caso dei sedicesimi di tono, sono quindi previsti in ciascuna ottava 96 suoni a cui corrispondono altrettanti numeri, da 0 a 95, a partire da Do = 0. Il pentagramma è sostituto da un solo rigo principale. ______________________________________________ Il Do = 0 che corrisponde al Do centrale del pianoforte è attraversato da questa linea. Le diverse ottave si indicano con tagli addizionali: _________________________________ _________________________________________________ _________________________________ 106 Ivi, p. 1. Ivi, p. 7. 108 Cfr. CARRILLO 1948. 109 Negli anni ’30, Carrillo estese la sua notazione numerica anche al sistema ben temperato con numeri da 0 a 11, anticipando idealmente l’identica soluzione adottata dalle teorie insiemistiche dell’analisi musicale. 107 4. CARRILLO 151 Per fare un esempio, la scala cromatica a 12 suoni ha i seguenti numeri: Do8 = 8; Re = 16; Re8 = 24; Mi = 32; Fa = 40; Fa8 = 48; Sol = 56; Sol8 = 64; La = 72; La8 = 80; Si = 88. Lo schema completo dei sedicesimi di tono è il seguente: Figura 14 I valori di durata sono indicati nel modo tradizionale, a parte minima e semiminima, tenendo conto che la breve non è utilizzata e la semibreve è resa scrivendo soltanto il numero del suono (figura 15: da sinistra a destra si leggono i simboli di minima, semiminima, e così via): Figura 15 Terzine, sestine e altri gruppi irregolari si indicano con i numeri romani per evitare confusioni. Questo sistema di notazione è il migliore mai messo a punto per scrivere con precisione microtoni temperati di qualsiasi genere e ampiezza. Della stessa opinione è READ 1990, che ha dedicato uno studio specifico all’argomento. L’unico problema, non certo secondario, che una siffatta semiografia comporta è la perdita del riferimento visivo al profilo melodico che costituisce un aiuto insostituibile nella lettura della partitura. D’altro canto, sarebbe impossibile dotare le note sul pentagramma di segni addizionali o grafìe particolari per scrivere 96 suoni diversi per ottava. Al momento di pubblicare alcune sue opere quartitonali, Carrillo, come altri autori, scelse il sistema tradizionale integrato da segni aggiuntivi. Tuttavia, fin dagli albori della sua rivoluzione, e in maniera più dettagliata nei trattati pubblicati successivamente, il compositore mise in atto una severa critica alla teoria tradizionale e prospettò una radicale modificazione dell’intero curriculum di studi musicali. Ciononostante, nella pratica esecutiva, Carrillo optò in buona parte per la notazione tradizionale, usando quella numerica solo ove strettamente necessario. 152 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Sottoponendo all’analisi i brani eseguiti nel 1925, ci si rende conto che le dirompenti novità microtonali furono gestite accortamente: in ballo c’era il successo o il fallimento del “Sonido 13”. 4.3. Ave Maria Carrillo afferma di non aver mai impiegato i toni interi, ossia l’intervallo di seconda maggiore, in uno dei suoi cinque pezzi eseguiti nel concerto del ’25, l’Ave Maria. Questo elemento di superficiale spettacolarità, riservato agli addetti ai lavori, era parte integrante delle funzioni promozionali attribuite al concerto. Per il compositore, bisognava esibire una prova tangibile della possibilità di scrivere, eseguire e ascoltare musica microtonale. Egli voleva dimostrare che anche uno studente era in grado di comporre un brano del genere, che esistevano strumenti microtonali e interpreti in grado di intonare questi intervalli. In tale contesto, nacque la sfida: evitare sistematicamente un intervallo fondamentale come la seconda maggiore; le nuove risorse del “Sonido 13” sarebbero state sufficienti all’approntamento di un brano in cui questa significativa assenza non sarebbe stata rimpianta. A parte questo elemento, tutto sommato esteriore — che non metteva peraltro a repentaglio la possibilità di impiantare un discorso tonale — l’Ave Maria ci permette di addentrarci nei risultati concreti conseguiti dall’impetuosa battaglia carrillista. Non può essere sottaciuto il carattere agonistico di una sfida che impegnò il musicista messicano nel periodo 1924-25 e che in breve tempo portò all’approntamento di strumenti, notazione, opere e alla preparazione di un ensemble per il cruciale concerto dimostrativo. Anche i collaboratori di Carrillo dovettero lavorar sodo. Ascencio aveva ottenuto le diteggiature quartitonali per il flauto; per il violino e il violoncello era stato necessario addestrare i musicisti ai nuovi intervalli; la chitarra a quarti di tono era stata costruita e recapitata al compositore; l’octavina era una specie di violoncello dotato di tasti, che permetteva di produrre agevolmente gli ottavi di tono; con l’arpa-cítara si potevano ottenere sedicesimi di tono. L’organico dell’Ave Maria è il seguente: soprano e contralto soli (solo per un breve passaggio di 4 battute), coro (SATB), flauto, violino, chitarra a quarti di tono, arpa-cítara, octavina e violoncello. Lo scopo che il compositore si prefiggeva nello scrivere ed eseguire i brani del “Sonido 13” era quello di persuadere l’auditorio che una musica a microtoni era possibile, non era sgradevole e offriva maggiori possibilità rispetto a quella tradizionale. Gli interpreti di cui Carrillo disponeva erano studenti: forse, in questo caso, la curiosità, l’entusiasmo e l’affiatamento va- 4. CARRILLO 153 levano più delle doti esecutive di un buon orchestrale, date le difficoltà assolutamente nuove da fronteggiare. In ogni caso, per il buon successo dell’intera operazione, era necessario dosare accuratamente le risorse derivanti dai microtoni, collocandoli entro forme facilmente riconoscibili e utilizzando una scrittura in cui fosse facile orientarsi. Cercheremo, ove possibile, di ricondurre la notazione numerica di Carrillo agli intervalli quartitonali, in modo da offrire un quadro più leggibile della struttura intervallare dell’opera, anche perché in essa i quarti di tono sono gli intervalli di gran lunga più ricorrenti. Per un’analoga esigenza di semplificazione, tenderemo decisamente a nominare gli intervalli quartitonali in forma di alterazioni diesizzate (monesis e triesis), trasformando quindi le alterazioni discendenti. Il brano è dedicato alla figlia di Carrillo, María de los Dolores, detta Lola, pianista. Il testo latino è esposto nello spazio di 48 battute complessive. L’andamento è poco lento (semiminima = 66). L’opera è inedita e il ms. utilizzato per questa analisi è la bella copia redatta da Carrillo, in un momento imprecisato, ma comunque successivo al concerto del 1925. Anche in questo ms., come in altri della stessa epoca, si riscontra qualche piccola integrazione resa evidente dall’uso di un diverso inchiostro, per esempio a batt. 18 nella parte dell’arpa-cítara. Si è detto che l’intelaiatura del brano è quartitonale, in termini sia quantitativi che strutturali. Gli ottavi di tono appaiono a partire da batt. 18, nella parte dell’octavina: la loro presenza si riscontra in passaggi melodici il cui decorso ha una funzione ornamentale rispetto alla struttura armonica d’impianto. Gli ottavi di tono fungono, in modo assolutamente prevalente, da note di passaggio, senza nulla togliere al loro effetto acustico caratteristico. Nell’Ave Maria non compaiono mai, invece, i sedicesimi di tono, che comunque, almeno in altre due opere eseguite in quello stesso concerto, Preludio a Colón e Tepepan,110 hanno un’analoga funzione di note di collegamento. Anche nell’Ave Maria non è difficile individuare una dialettica piuttosto marcata tra una struttura portante di natura prettamente armonico-accordale e un flusso vettoriale costituito da materiale melodico-scalare. In diversi casi, quest’ultimo, a causa della frequente esposizione per gradi congiunti e della regolarità ritmica, si offre come un materiale quasi autoreferenziale: in poche parole, basta il suo (inaudito) carattere microtonale a connotarlo melodicamente. È ricercata la più chiara enunciazione dei nuovi intervalli del “Sonido 13”, per cui Carrillo semplifica al massimo anche il profilo ritmico dei motivi. Vi 110 Cfr. l’analisi dei due brani in CONTI 1997. 154 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA sono evidenti differenze nell’uso dei microtoni tra gli strumenti a intonazione fissa e quelli in cui i microtoni vanno intonati; per esempio, la scrittura delle parti vocali è, fatto salvo qualche raro caso, esclusivamente quartitonale. L’obiettivo della seguente analisi è la comprensione del modo in cui Carrillo organizza il materiale microintervallare, in rapporto alle due direzioni principali secondo cui è organizzato il brano: armonica e melodica. Va ribadito che i passaggi propriamente contrappuntistici sono quasi assenti e che il profilo generale dell’Ave Maria è quello di un tessuto musicale in cui di volta in volta è compresente, prevalente o chiaramente alternato, un elemento accordale e uno quasi-motivico che procede di preferenza per gradi congiunti in base a varie scale microtonali. Non è infrequente imbattersi in strutture che svelano chiaramente una iniziale progettazione armonica e in cui i microintervalli estranei agli accordi sono stati inseriti successivamente in funzione di giunzione o ornamento, senza per questo voler togliere nulla al loro peculiare impatto sonoro: per esempio, alle batt. 18-31 il brano si regge su una successione di accordi tradizionali di settima diminuita e di settima di dominante. Anche per quanto riguarda le scale è possibile stabilire alcuni punti di riferimento preesistenti alla messa a punto del brano. Ricorrono, infatti, alcune scale presentate sulla rivista El Sonido 13, come quelle a 1/4, 5/4 e 5/8 di tono. Il compositore non delimita sezioni del brano mediante le doppie stanghette; il testo è esposto piuttosto uniformemente, per cui, è sembrato opportuno procedere a un’analisi battuta per battuta, dopo aver esaminato come il brano inizia e finisce. La prima battuta dell’Ave Maria gravita attorno a un accordo di Do-Mi-Sol-La monesis, che è lo stesso accordo con cui l’opera si conclude. A differenza di Ives, Carrillo non fa a meno della terza maggiore, ma integra l’accordo di Do maggiore con un intervallo prossimo a quello della settima armonica (Do-La monesis); il La monesis è equidistante dal Sol e dal Do superiore, 5/4 di tono. Nelle batt. 1-5, su un pedale di Do maggiore, la chitarra (batt. 2) e il flauto (batt. 3) procedono per scale cromatiche a quarti di tono. A batt. 3-5 la chitarra e l’arpa-cítara reiterano un frammento di scala cromatica a 5/4 di tono (Sol-La monesis-Do-La monesis-Sol, ecc.) che l’arpa riprende a batt. 9. A batt. 5, nel primo accenno di cadenza, il La monesis risolve salendo al Do nel flauto e discendendo su Sol nella chitarra e nell’arpa-cítara. Il testo della preghiera comincia a essere intonato omoritmicamente da soprano, contralto e tenore a batt. 6, su un bell’intrico quartitonale a terzine contro duine della chitarra e dell’arpa-cítara e sul pedale 4. CARRILLO 155 di Do del basso. Anche qui il La monesis ribadisce la sua funzione di nota strutturale unito all’accordo di Do maggiore. Sul pedale del basso le tre voci intonano alle batt. 6-9 i seguenti tricordi: [Sol-Mi-Do] - [MiSol-La monesis] - [Do-La monesis-Sol] - [Mi-Sol-La monesis] - [SolMi-Do] - [Do-Sol-La monesis] - [Do-La monesis-Sol]. Segue un breve inserto strumentale (batt. 10-13): nella parte del flauto è ben visibile la tipologia dei semplici motivi impiegata da Carrillo (figura 16). Figura 16. Ave Maria, flauto, batt. 10-13. Ives aveva tentato di stabilire nuove forme di dialettica armonica quartitonale tra accordi principali e secondari, una tecnica che si manifesta fin dall’inizio del Chorale. Nelle batt. 1-17 dell’Ave Maria, oltre alle differenze armoniche di cui si è detto, prevale un’altra soluzione, che in forma ridotta figura anche nei brani ivesiani: il ricorso frequente al pedale, anche doppio o triplo. Per esempio, alla batt. 14-17 il coro intona “Gratia plena” su Do maggiore. Il violino, prima a quarti di tono (batt. 14) e poi, intrecciandosi col soprano ancora a duine contro terzine, espone una scala a 5/4 di tono (batt.15-17). Nelle batt. 10-17 si mettono in evidenza alcuni pregnanti passaggi armonici: alla batt. 17 l’attacco sul bicordo Sol monesis-Fa si risolve nella misura seguente, il Sol discendendo di un quarto di tono; a batt. 12-13, nel bicordo Si monesis-Re, la prima nota, come nel caso precedente, scende di un quarto di tono; a batt. 17, nella parte del soprano, allo stesso modo il Sol monesis risolve 156 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA discendendo a Sol. I quarti di tono, diversamente dal brano di Ives, sono dunque generalmente trattati come dissonanze tradizionali e risolvono discendendo. Le batt. 18-31, in cui le voci intonano il testo “Dominus tecum | Benedicta Tu in mulieribus | Et benedictus fructus ventris tui Jesus | Sancta Maria | Ora pro nobis”, sono articolate su un griglia armonica formata dall’accordo diminuito su Si (batt. 18); La8 settima diminuita (batt. 19); La settima diminuita (batt. 20); Sol8 settima diminuita (batt. 21-23); accordo di settima di dominante su Sol (batt. 24-25) e Sol maggiore (batt. 26-27); ancora Sol8 settima diminuita (batt. 28-31). Senza voler nulla togliere alla particolarità dei decorsi melodici microtonali, questo scivolamento semitonale di settime da Si a Sol, fino a batt. 28, e poi la stabilizzazione sull’accordo di settima diminuita su Sol8 alle batt. 28-29, replicato in secondo rivolto (batt. 30-31), caratterizza questa zona della partitura al punto da delineare abbastanza chiaramente una sezione autonoma. Le voci intrecciano porzioni del testo su note ribattute appartenenti ai suddetti accordi e risolvono gli occasionali quarti di tono sempre scendendo, mentre octavina, chitarra e violino tessono disparate sequenze microtonali di contorno. A parte quelli già visti a quarti di tono — per esempio a batt. 19 nel violoncello — compaiono qui spezzoni di scala a 3/4 di tono: violino, batt. 20; flauto, batt. 21; chitarra, batt. 21-22, ecc. Non mancano passaggi a ottavi di tono, già impiegati nella parte dell’octavina a batt. 18. A batt. 25 il violoncello e il tenore intonano 58 (Sol più 1/8 di tono) e il violoncello e violino 54 (Sol meno 1/8 di tono): entrambi approcciano il 56 (Sol), già presente nella parte dei bassi. Si tratta solo di un piccolo tassello della partitura, ma si è visto anche in precedenza che le dissonanze quartitonali tendono a raggiungere la nota del sistema a 12 suoni più prossima, preferibilmente discendendo. Nell’ottica dell’impalcatura accordale, sembra che i singoli microtoni e anche le oscillazioni prodotte dai brevi frammenti scalari a microintervalli siano inseriti in vista di queste risoluzioni: quindi, nella stesura del brano, dopo aver stabilito l’impalcatura stessa. La cadenza di batt. 30-31 è molto particolare: mentre l’octavina disegna in terzine una scala a ottavi di tono e le voci (eccettuando il soprano) tengono un accordo di settima diminuita su Sol8, violoncello, chitarra, violino e flauto oscillano sugli accordi diminuiti di Re e Do8, mentre il soprano (batt. 28-31) intona “Ora pro nobis” con un motivo discendente costituito da tre successivi intervalli di 3/4 di tono (Si-La monesis-Sol8), un semitono (Sol8-Sol) e quattro quarti di tono (Sol-Fa triesis-Fa diesis-Fa monesis-Fa). 4. CARRILLO 157 Un motivo a unisoni e ottave senza accompagnamento, in fortissimo — prima strumentale (batt. 32-33) e poi vocale (batt. 33-34, sempre su “Ora pro nobis”) — spezza il decorso dell’opera e stabilisce l’inizio di una nuova sezione Figura 17. Ave Maria, batt. 32-35. Alle batt. 36-39 il coro riprende l’accordo di settima diminuita su Sol8 accompagnando a bocca chiusa, una tecnica vocale già comparsa diverse volte lungo il brano (batt. 36-39), mentre soprano (in obbligato, all’unisono con il violino) e contralto solisti reiterano, sfasati, la parola “peccatoribus” — peccatori che proliferano, quasi a manifestarne la considerevole quantità di cui se ne dispone in questo mondo — su un passaggio melodico-scalare prevalentemente a 3/4 di tono. La chitarra avvia una progressione quartitonale su accordi di settima diminuita, a partire da quello su Sol8 (batt. 36-39). Una novità armonica e melodica viene introdotta alle batt. 40-43 con effetto drammatico in corrispondenza del testo “Nunc et in hora mortis nostrae”, intonato dai contralti: tutto il materiale intervallare è infatti desunto da una scala a 5/4 di tono. All’inizio di batt. 40 l’accordo per quarte congiunte Do8-Fa-Si viene subito infarcito di altri intervalli, Re triesis e Sol triesis, con evidente riferimento alla scala Do8 (5/4) Re triesis (5/4) Fa8 (5/4) Sol triesis (5/4) Si.111 Alle batt. 42-43, in corrispondenza della “a” di ”Amen”, all’accordo di sostegno precedente si aggiungono altre 111 L’uso dei suddetti suoni produce sulla partitura un singolare effetto, probabilmente non intenzionale, che manifesta la simmetria degli intervalli utilizzati: tutte le cifre che indicano i suoni finiscono per 8 (Do8 = 8; Re triesis = 28; Fa8 = 48; Sol triesis = 68; Si = 88). 158 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA quarte e viene intonato dal violoncello e dal coro l’accordo Do8-Fa8-SiMi. Rispetto alle due battute precedenti, compaiono nella parte della chitarra altri intervalli (Do triesis e Mi), ulteriori gradi congiunti della scala a 5/4 di tono a partire da Si. A batt. 44, il testo “men” di “Amen” è intonato su un accordo di Do-Re triesis-Sol-La monesis, accordo che fino a questo punto non era mai apparso e che permane ancora a batt. 45. Vale la pena di focalizzare l’attenzione sul passaggio armonico delle batt. 43-44. A batt. 43 l’accordo per quarte Do8-Fa8-Si-Mi è articolato su un doppio pedale Do8-Si iniziato a batt. 40. Tralasciando l’arpa e il violino che continuano a intonare la scala a 5/4 di tono, sull’ultima unità di misura di batt. 43 si registra un interessante passaggio accordale, che riportiamo in notazione numerica: batt. 43 ] batt. 44 Soprani 32 ] 28 Contralti 88-92 ]0 Tenori 48-52 ] 56 Bassi 8-4 ]0 Violoncello 8+88 — 4+92 ] 0+0 I soprani e la chitarra, a batt. 46, risolvono il Re triesis di un accordo Do-Re triesis-Sol-La monesis sul Mi, abbordando lo stesso accordo presente all’inizio del brano (Do-Mi-Sol-La monesis). Il La monesis è reiterato da flauto e violino fino alla battuta finale. L’accordo conclusivo è un Do maggiore, massicciamente esposto, appena increspato dal La monesis della chitarra. La costante presenza di microintervalli nel corso del brano è gestita da Carrillo in maniera diversa rispetto ad Ives. Il compositore messicano non rinuncia, come si è visto, alla terza maggiore e su un “quasi-Do maggiore” principia e si conclude il brano. A differenza di Ives, egli non stabilisce una nuova logica accordale mediante i microintervalli, un nuovo criterio dialettico che ambisca a sostituirsi alle tensioni e distensioni della tonalità tradizionale. Carrillo opta invece per una sorta di nuova modalità incentrata sull’accordo di Do maggiore con l’aggiunta di La monesis: si tratta di un accordo di primaria importanza attorno al quale ruotano vari episodi ma che non incontra un’opposizione antitetica; piuttosto, si gioca su una tecnica di scivolamenti, di scorrimenti sintattici ideati per analogia più che per contrasto, in cui predominano alcuni accordi tradizionali, come quelli diminuiti, tradizionalmente riservati ai 4. CARRILLO 159 massimi momenti di tensione armonica o impiegati per sorprendenti svolte enarmoniche. Negli interstizi di questi scorrimenti principali — facilmente identificabili in termini acustici dall’ascoltatore — trovano posto le diverse scale microtonali, un elemento fortemente caratterizzato dal punto di vista acustico. Sono evitate le contrapposizioni troppo nette e le asprezze armoniche: il “Sonido 13”, secondo il suo autore, non cancellava la tradizione preesistente, ma intendeva inglobarla e arricchirla. 4.4. L’attività di Carrillo dal 1925 al 1940 Tra il 1926 e il 1930 Carrillo visse negli Stati Uniti. Il compositore giunse a New York il 1° gennaio 1926, via Cuba, dove dette un concerto microtonale. Un cornista messicano, Lucino Nava, e il contrabbassista Emil Mix, presentarono Carrillo a Claire Raphael Reis, direttrice della League of Composers: l’associazione decise di patrocinare un concerto del “Sonido 13”. Sulle prime, il compositore fu indeciso se accettare o meno, per due motivi: cominciava appena a formulare le basi della nuova tecnica compositiva e gli strumenti microtonali che portava con sé erano rudimentali e sconosciuti agli esecutori che li avrebbero suonati. Si trattava però di un’occasione irripetibile e Carrillo scrisse di getto la Sonata casi fantasía per violino, violoncello e chitarra a quarti di tono, octavina, arpa-cítara e corno a sedicesimi di tono. L’opera fu terminata in pochi giorni, ma richiese quarantotto prove di tre ore ciascuna: se si pensa che ha una durata di 15-20 minuti, ci si può rendere conto delle grandi difficoltà che gli interpreti incontrarono.112 Il concerto si tenne il 13 marzo 1926 alla Town Hall — è probabile che il compositore avesse avuto modo di scegliersi la data, vista l’ulteriore ricorrenza della cifra fatidica — interpreti Margaret Kane, Lucino Nava, Bernardo Ocko, Jenaro Nava, Lajos Schuck e Emil Mix. L’opera di Carrillo ebbe una buona accoglienza, con recensioni positive su giornali e riviste.113 Leopold Stokowski seppe del concerto e chiese a Carillo di poter ascoltare la Sonata. Il grande direttore si interessò alla nuova scrittura e alle idee del Nostro e gli commissionò un brano per orchestra tradizionale e strumenti solisti microtonali. Dalla necessità di adattare un’opera con microintervalli all’orchestra a semitoni nacque 112 D. CARRILLO 1992, pp. 233-5. Recensioni al concerto furono pubblicate, tra gli altri, da Modern Music, The New York Evening Post, The New York Tribune e Musical Advance. 113 160 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA successivamente l’idea delle leggi di metamorfosi musicale.114 Fu una soluzione decisiva: l’unione di orchestra tradizionale e strumenti microtonali caratterizza la maggior parte delle opere non cameristiche di Carrillo. Il 3 e 4 marzo 1927 Stokowski diresse il Concertino di Carrillo con la Philadelphia Orchestra. Il direttore scrisse nel programma di sala che era necessario uno sforzo di concentrazione mentale e uditiva per ascoltare quella musica senza perdere le sottigliezze e le combinazioni che essa presentava.115 Inoltre, nonostante il compromesso temporaneamente adottato, Carrillo aveva in animo di scrivere musica microtonale per un’intera orchestra ed è probabile che in quel periodo cominciarono a prender forma i primi trattati del “Sonido 13”, nonché un buon numero di studi microtonali, specialmente per strumenti ad arco, tra cui vanno annoverati: Sesenta Estudios per qualsiasi strumento ad arco, Tres Estudios con quarti di tono in forma di “Sonatina” per violino a tre corde intonate all’ottava, Estudios per violino in quarti di tono, Capricho per viola in quarti, ottavi e sedicesimi di tono e Preludio per viola in sedicesimi di tono, unitamente a una serie di vari solfeggi microtonali. Negli anni successivi, Carrillo realizzerà anche diversi brani per chitarra a quarti di tono (vari Estudios e una Sonata) e anche Estudios per chitarra in terzi di tono. Mancavano però gli strumenti musicali speciali, un’arpa-cítara da concerto, i tanto vagheggiati pianoforti. Per questo motivo, nel 1928, Carrillo tornò in Messico con l’intenzione di vendere la propria casa per finanziare il “Sonido 13”. Nel frattempo, ricevette anche una promessa di aiuto da parte del governo, anche se i soldi non arrivarono mai. Il compositore messicano scrisse per Stokowski anche due sinfonie denominate Colombia (1926) che però rimasero nel cassetto, poiché il direttore fu costretto a una lunga convalescenza in seguito a un incidente automobilistico, anche se sue esecuzioni di musica del “Sonido 13” sono documentate fino al 1962. Nello stesso periodo fu composto anche il preludio Nocturno al Río Hudson — denominato anche Misterioso Hudson — per grande orchestra in quarti, ottavi e sedicesimi di tono (1926-27). Purtroppo, dopo il discreto successo iniziale, contrasti interni al “Grupo 13” — la speciale orchestra di strumenti tradizionali e microtonali che Carrillo aveva messo su negli USA — compromisero alcuni 114 D. CARRILLO 1992, p. 238. Il suggerimento di Stokowski era dettato da ovvie esigenze pratiche, non potendosi addestrare un’intera orchestra all’uso dei microtoni, soprattutto nei tempi canonici riservati alle prove. Carrillo recuperò così la dialettica del concerto grosso, riservando la parte microtonale a un gruppo ristretto di strumenti. 115 Ibidem. 4. CARRILLO 161 contratti già firmati con le orchestre di Chicago, Cleveland e Minneapolis. Nonostante queste difficoltà organizzative, Carrillo compose anche alcuni quartetti per archi, tra i quali i Dos Pequeños Cuartetos in quarti di tono (Meditación, En secreto, 1926-7) eseguiti varie volte dal Philadelphia Quartet e rielaborati in seguito per coro a cappella con il titolo di Dos Bosquejos. Altri brani che risalgono agli stessi anni sono: Balbuceos (1927), un Capricho per corno in sedicesimi di tono e orchestra, alcuni pezzi per coro a quarti di tono, Ensueño e Murmullos (1928-31), Impromptu per due soprani in quarti di tono, tromba e arpa in sedicesimi di tono (1929). In questo periodo videro la luce anche alcuni trattati, Pre-Sonido 13 (1926) e Génesis de la revolución musical del “Sonido 13” (1929). Carrillo è il compositore microtonale che negli anni ’20 si ascoltò di più in Nord America; purtroppo, il soggiorno negli Stati Uniti fu interrotto bruscamente nel 1929, quando una grave malattia lo costrinse a fare ritorno in Messico, con un lungo viaggio in automobile assieme alla sua famiglia. Dopo il ritorno in patria, nel corso degli anni 1930-41, il musicista messicano ridusse l’attività compositiva. Si dedicò invece alla stesura di alcuni trattati e all’organizzazione di gruppi musicali specializzati. L’impressione è che Carrillo, con le fortunate esperienze statunitensi, avesse portato alle estreme conseguenze la sua utopia sonora e ora cercasse di riorientarsi. Un brano in sedicesimi di tono per viola, come altri che Carrillo realizzò in questi anni, deve aver offerto parecchi spunti di riflessione sulle reali capacità di uno strumento musicale di produrre microintervalli. Tutto questo porterà successivamente il compositore a considerare il pianoforte come strumento elettivo per intonare i microtoni; al contempo, egli tenterà di produrre nuovi strumenti musicali.116 116 A partire dal 1930, l’attenzione del compositore si focalizzò anche sulla realizzazione di nuovi strumenti musicali in grado di produrre il maggior numero possibile di microtoni, oltre i limiti degli strumenti già costruiti e delle diteggiature microtonali scoperte su quelli tradizionali. Era questo infatti l’unico modo concreto per espandere nella pratica musicale le possibilità del “Sonido 13” e per fornire una base per educare l’orecchio di musicisti e ascoltatori. Vi è da affrontare un duplice problema: ottenere i microtoni con facilità ed esattamente intonati. Non a caso un violinista come Carrillo finì col prediligere uno strumento con un’accordatura stabile come il pianoforte. Negli anni ‘50 egli riuscì a costruire una serie di 15 pianoforti microtonali; in tal modo era possibile fornire al pianista una partitura in notazione convenzionale riferita ai tasti dello strumento, pur essendo le corde intonate con varie suddivisioni equabili del tono, da 3 a 16. Carrillo, come la maggior parte dei microtonalisti, tentò di escogitare anche una tastiera alternativa a quella del pianoforte. Nel suo studio erano ancora conservate, almeno fino al 1996, le copie di brevetti di tastiera depositati negli Stati Uniti fino al 1933. Inoltre, nel 1948, egli aveva ricevuto una “Proposal to Maestro Julian Carrillo Mexico City, Mexico on a New 162 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Ma nel 1930 la possibilità di creare un’orchestra interamente microtonale era una delle priorità assolute del Maestro. A Città del Messico egli fondò la Orquesta Sinfónica Sonido 13, interamente microtonale, formata da sette violini, due viole, tre violoncelli, due contrabbassi, tutti suonati a quarti di tono, due esecutori per vari flauti in quarti, ottavi e sedicesimi, oboe a quarti di tono, due clarinetti a quarti di tono, fagotto a quarti di tono, cornetta a sedicesimi di tono, barítono117 a sedicesimi di tono, trombone a sedicesimi, tuba a sedicesimi, timpani, arpa a quarti e arpa-cítara a sedicesimi di tono. L’orchestra tenne il suo primo concerto al Teatro Esperanza Iris il 13 luglio 1930, con un programma di opere microtonali tra cui la Fantasía Sonido 13 per orchestra completa in quarti, ottavi e sedicesimi di tono.118 L’anno seguente, Stokowski fu invitato in Messico per dirigere un concerto patrocinato dal sempre provvidenziale quotidiano El Universal a beneficio delle vittime del terremoto di Oaxaca.119 Il successo del concerto, tenutosi il 1° febbraio 1931, spinse Carrillo a ideare una tournée mondiale della sua orchestra, con sponsorizzazione governativa. Dopo un’iniziale approvazione del presidente della repubblica Pascual Ortiz Rubio, il progetto venne bloccato con pretesti burocratici;120 di lì a poco l’orchestra si sciolse. Da quel momento in poi, rammaricato, Carrillo rinunciò a grosse imprese con finanziamenti pubblici e visse appartato, almeno in patria. Compose qualche opera nel “sistema tradizionale dei dodici suoni” — oltre alla Suite n. 3, la Fantasía ‘Impromptu’ (8 de Septiembre) per pianoforte e orchestra (1930), due quartetti atonali per archi — e brani da camera microtonali. Il decennio 1930-1940 è difficilmente ricostruibile attraverso la cronologia delle opere.121 Si trattò indubbiamente di un decennio operoso, anche senza il confronto con una dimensione pubblica costituita da concerti, insegnamento, ecc. Il momento della riscossa verrà soltanto una quindicina di anni più tardi, in Europa. Negli anni ’30 il compositore messicano scrisType of Piano Keyboard” dalla Armour Research Foundation dell’Illinois Institute of Technology di Chicago. Il Maestro aveva cercato infatti di far costruire a Chicago una doppia, tripla o quadrupla tastiera per pianoforte che permettesse di eseguire simultaneamente note a distanza di tre ottave, ma i costi proibitivi ne impedirono la realizzazione. Anche l’idea di un pianoforte in grado di produrre simultaneamente diversi tipi di microtoni rimase allo stadio di progetto: alla fine Carrillo optò per la tastiera convenzionale. 117 È probabile che con questo termine Carrillo abbia voluto indicare il flicorno baritono. 118 CARRILLO 1967, pp. 16-17. 119 Ivi, p. 17. 120 Ivi, p. 18. 121 Schizzi e varie stesure erano sommariamente suddivise in cartelle quando lo scrivente poté esaminare l’archivio del compositore. 4. CARRILLO 163 se diverse composizioni, a cominciare da una serie imprecisabile, probabilmente otto, di quartetti quartitonali per archi, tre sonate per violino a quarti di tono; nel 1942 portò a termine il coro La Virgen Morena per il film omonimo, con un organico vocale e strumentale in quarti, ottavi e sedicesimi di tono. 5. NOVARO La teoria musicale “naturale” elaborata da Augusto Carlos Novaro (Tacubaya, Città del Messico, 3 gennaio 1891 – ivi, 11 novembre 1960) venne realizzata nell’arco di circa trent’anni, in buona parte in uno stato d’isolamento pressoché totale. Formatosi prevalentemente come autodidatta, lo studioso messicano, insoddisfatto delle ricerche compiute fino ad allora nel campo dell’acustica musicale, decise di ripartire da zero. Costruì vari strumenti sonori e cominciò a misurare le ampiezze di tutti gli intervalli. Delineò così un sistema musicale fondato sull’intonazione giusta, apportò correzioni al temperamento equabile per tentare di migliorarlo e progettò soluzioni per ridurre l’inarmonicità degli strumenti musicali. Realizzò liuti speciali con accordature temperate a 12, 19, 22, 31, ecc. suoni per ottava e vari strumenti ad arco: «Realizzò il quartetto d’archi senza violoncello, formato da minovar (violino), lanovar (viola), renovar e sinovar, questi ultimi due a distanza di una terza bassa. I violoncelli furono denominati donovar e solnovar, a seconda della loro accordatura in Do o in Sol».1 Modificò anche la chitarra e realizzò pianoforti speciali denominati novaro-clave e novar.2 Della maggior parte di questi strumenti oggi si sa molto poco; in qualche fotografia si possono vedere le straordinarie casse acustiche realizzate per alcuni strumenti a corda e gli speciali altoparlanti spiraliformi che lo studioso costruì, a partire dalle sue speculazioni a metà strada tra acustica e geometria. Nell’appendice del suo libro del 1951, Sistema natural de la música, che raccoglie tutto il lavoro di Novaro, sono elencati altri oggetti co1 AA.VV 1995. La costruzione di questi strumenti fu lunga e laboriosa. Dopo aver tentato di realizzare un pianoforte con temperamento a 53 suoni nell’ottava, Novaro disegnò una nuova cordiera per uno strumento derivato dal pianoforte in temperamento equabile, il novaro-clave. Si dovettero fondere varie cordiere prima di ottenere un risultato soddisfacente, un modello basato sul disegno delle casse acustiche in precedenza costruite da Novaro per le sue sperimentazioni, con una corda soltanto per ciascun suono. Nel 1939 Emiliana de Zubeldía dette su questo strumento i primi concerti privati. Novaro realizzò in seguito uno strumento con tre corde per nota, il novar. Sui dettagli costruttivi non si sa molto, ma Novaro riproduce alcune immagini e ne fornisce una breve descrizione (cfr. NOVARO 1951, pp. 246-47, con fotografie alle pp. 244-45). Anche il novar è una variante del pianoforte, in cui sono state modificate «la forma della cordiera e il diametro e la lunghezza delle corde» (cfr. ivi, p. 246). 2 166 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA struiti nel corso della sua attività: per esempio, una cassa sonora con il temperamento a 53 suoni, approntata per verificare le qualità di questo sistema, in cui «le condizioni acustiche sono indipendenti dalla resistenza necessaria per sopportare la tensione delle corde».3 Forse furono proprio le numerose sperimentazioni a ritardare di molti anni l’uscita del libro, il cui indice era già delineato nei primi anni ’30: un lavoro lento, portato avanti con scarse risorse finanziarie: Novaro venne aiutato economicamente dal fratello Luis e, per la risoluzione di alcuni problemi, dalla sorella Blanca, professoressa di fisica.4 Anche la figlia Rosa María eseguì opere al novar in audizioni private. Dal punto di vista costruttivo, l’aspetto più evidente delle ricerche di Novaro si manifesta nelle forme spiraliformi di alcune casse di risonanza, derivate da scale desunte dalla serie degli armonici (cfr. §5.1, 5.2 e 5.5). La struttura del novar venne ricavata, per esempio, dalle proporzioni della seconda scala fondamentale,5 di cui le spirali riproducono geometricamente i rapporti numerici degli intervalli della forma fondamentale, a sinistra, e della sua reciproca, a destra (figura 18):6 Figura 18 Le stesse spirali servono da base per strumenti e altoparlanti.7 3 NOVARO 1951, p. 240. Si trattava quindi di uno strumento in cui la struttura che sopportava la tensione delle corde era indipendente dalla cassa di risonanza. 4 Cfr. Ivi, p. 245n. 5 Ivi, pp. 246-47. 6 Ivi, p. 49. 7 Ivi, p. 247. 5. NOVARO 167 Figura 19 Si tratta di ricerche e soluzioni realizzate da Novaro nell’arco di tutta la vita, specialmente a partire dagli anni ’30. Lo studioso si mosse poco da Città del Messico e lavorò in discreta solitudine all’interno di una ristretta cerchia di amici e collaboratori; alcuni di essi avevano lavorato con Carrillo, ma l’autore del Sistema natural de la música si tenne fuori dalle accese polemiche che contrassegnarono la vita musicale messicana nel corso degli anni ’20 (cfr. §4). Novaro ebbe la sua grande occasione nel 1931, quando ottenne una borsa di studio di un anno dalla John Simon Guggenheim Memorial Foundation; in tal modo poté lavorare in alcuni centri di ricerca con scienziati statunitensi e far conoscere i propri studi a eminenti personalità. Stokowski, nella sua inesauribile energia e curiosità, conobbe e apprezzò le teorie di Novaro, il quale ebbe contatti anche con Cowell, Schillinger, Theremin, Seeger, Riegger e Yasser (per quest’ultimo, cfr. §6). Vari interpreti e ditte di pianoforti statunitensi adottarono le accordature rettificate proposte dallo studioso. Questo periodo felice finì presto e il ritorno in Messico fu inevitabile; invano Novaro fece richiesta per ulteriori borse di studio, ma ciò non gli impedì di proseguire le sue ricerche.8 8 Sugli anni successivi al periodo statunitense, oltre ai pochi ricordi autobiografici, esistono scarse testimonianze scritte, tra cui BAQUEIRO FOSTER 1988. Molto importante è la documentazione in possesso dell’archivio della Guggenheim Foundation riguardante il pe- 168 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Le ricerche del Nostro sono scandite, fino al 1929, dalla pubblicazione di vari opuscoli — tra i quali esamineremo in dettaglio Teoría de la Música. Sistema natural, base del natural-aproximado (1927) — che confluiscono nella stesura lenta e meditata del già citato Sistema natural de la música (1951). Nel mezzo si collocano due testi correlati: Nueva teoría para la perfecta afinación temperada del piano y de cualquier instrumento de teclado (1933), prefazione ad alcuni brani pianistici non microtonali,9 il cui contenuto è anticipato da The Novaro Tuning (1932). Per quanto riguarda gli strumenti musicali, Novaro afferma di aver costruito la maggior parte di essi e delle casse di accordatura con la collaborazione di Paulino Morales, a partire dal 1921.10 Stando alle testimonianze, Teoría de la música, base del sistema natural fu stampato nel 1924 o l’anno successivo.11 La differenza di date non è insignificante se si tiene conto del fatto che nel 1924 — seppure anticipata da alcuni testi — prese il via la rivoluzione carrillista. A suo dire, Novaro avrebbe cominciato a fare esperimenti nel 1909, con una piccola cassa di risonanza a 33 corde definita “cassa armonica”. Nel 1929 venne pubblicata quella che l’autore denominò “quinta edizione” del suo opuscolo.12 Invero, i refusi nell’edizione 1927 potrebbero indurre qualche sospetto. Ammesso che sia stata davvero la quarta edizione — del resto non dichiarata come tale dal suo autore — non è strano che essa continui a trascinarsi dietro errori abbastanza evidenti? Diversi di questi indizi13 e una riodo 1930-1940, con un paio di lettere del 1951. TABLADA 1931 e PARROTT 1931 offrono una circostanziata descrizione di Novaro a New York. Qualche altra informazione si desume dalle biografie di stretti collaboratori del Maestro, come Castañeda e Zubeldía. 9 Si tratta di NOVARO 1933, la partitura degli Estudios Armónicos. Nella premessa vi sono alcune regole per l’accordatura. Secondo Novaro, questa pubblicazione lo «trattenne dal fare i passi necessari per la pubblicazione dei [suoi] lavori sulla musica», ritardando l’uscita del testo definitivo. Novaro afferma di averlo già terminato alla fine del 1932 (NOVARO 1951, p. 239). Questa non appare una giustificazione plausibile, dato che il testo che accompagna la partitura del 1933 è piuttosto breve, mentre il libro del 1951 consta di 254 pagine. D’altra parte, un indice molto simile a quello pubblicato nel libro fu compilato nel 1932. 10 NOVARO 1951, p. 87n. 11 BAQUEIRO FOSTER 1988 data il primo opuscolo dal 1925, Novaro e TABLADA 1931 dal 1924. 12 Una copia di esso è presente nella Biblioteca de las Artes di Città del Messico, mentre la Library of Congress di Washington possiede un esemplare dell’edizione 1927. BAQUEIRO FOSTER 1988, p. 36 cita l’edizione del 1925 della Teoría e quella del 1929 senza menzionarne il titolo. 13 Per esempio: p. 17, riga 7; p. 17 righe 15-16; p. 18, riga 6-7; p. 19, riga 1 e p. 47 riga 1 dello schema numerico. 5. NOVARO 169 grammatica a volte farraginosa e incomprensibile14 indicano che, nonostante le diverse edizioni, il testo non venne sottoposto a una rilettura critica. È anche vero che si tratta di opuscoli pubblicati in proprio da Novaro, il quale ne curò probabilmente anche la composizione tipografica.15 Da una lettura dei due trattati, appare evidente che, nonostante i ripensamenti e le correzioni di rotta operate negli anni, ci si trova di fronte a una ricerca unitaria e continua, di cui il testo del 1951 rappresenta la conclusione. Il Sistema natural, base del natural-aproximado costituisce invece un’importante testimonianza dello stato delle ricerche intorno al 1927,16 un work in progress che ha come oggetto la teoría natural o la perfecta armonía, ossia il sistema naturale, i sistemi microtonali che permettono di approssimarcisi e strumenti musicali di nuova concezione. L’utilità dell’opuscolo quale strumento conoscitivo degli studi novariani prima del periodo statunitense, è incrementata dal fatto che l’itinerario 1927-1951 non fu né rettilineo né privo di ripensamenti, come peraltro affermato anche dall’autore.17 È stato ipotizzato che la teoria di Novaro ebbe minor successo di quella di Carrillo, perché quest’ultimo godeva di legami politici più consistenti. Ciò può essere stato vero fino al periodo 1920-1923, quando Carrillo, tornato dall’esilio newyorkese successivo alla caduta di Victoriano Huerta, venne nominato da José Vasconcelos, per la seconda volta, direttore del Conservatorio Nacional de Música. Ma nel 1926 il “Sonido 13” fu respinto dal conservatorio dal nuovo direttore Gustavo Campa. Con l’aggravarsi della situazione politica, Carrillo riparò nuovamente negli Stati Uniti: da quel momento, i rapporti istituzionali di Carrillo in Messico non furono certo ottimali e non lo saranno neanche negli anni successivi. Fu invece Novaro a trarre un relativo beneficio dalla nuova 14 Sono grato a Eduardo Subirats per avermi aiutato a verificare le incertezze stilistiche e i refusi di NOVARO 1927. 15 Il numero di pagine delle diverse edizioni degli opuscoli è pressoché uguale (1927: 62 pagine; 1929: 61 pagine). Confrontando le due edizioni, non emergono differenze sostanziali. Gli opuscoli rispondono a esigenze didattiche e divulgative. La professione di linotipista esercitata da Novaro favorì senz’altro il moltiplicarsi delle edizioni, aggiornamenti sullo stato delle proprie ricerche: necessità forse dettata anche dalle contigue e coeve ricerche di Carrillo. 16 Della Teoría è tornato a parlare CHALMERS 1994. L’autore ha riconosciuto la priorità di Novaro nella realizzazione del tonality diamond di Partch. Chalmers considera diversi gli approcci di Novaro e Partch per il metodo impiegato, le motivazioni soggiacenti e i concetti di consonanza e dissonanza; sottolinea il fatto che solo lo statunitense giunse a realizzare una musica sulla base di queste teorie. 17 NOVARO 1951, p. 24. 170 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA classe dirigente e a ottenere qualche aiuto da Chávez. Lasciando da parte le questioni di politica culturale, che a partire dai primi anni ’20 sono fortemente condizionate dall’attività istituzionale di Chávez, entrambe le teorie devono scontare una loro intrinseca difficoltà ad affermarsi in una realtà culturale che, seppure aperta agli indirizzi più nuovi nel campo delle arti, è poco atta a recepire gli azzardi di due teorici molto avanzati come Carrillo e Novaro. Bisogna, a questo punto, aprire una parentesi a proposito del rapporto di Chávez con le ricerche sperimentali sugli intervalli: il suo sembra un rapporto più ideale che concreto. Afferma Partch: Un recente esempio [di scarsa comprensione della just intonation] è Carlos Chávez, che scrive: «Se dovessimo cercare di ottenere la purezza degli intervalli dagli armonici 5, 7, 9, 11, 13, ecc., le complicazioni diverrebbero fantastiche». Una parola forte, quel “fantastico”. Ma Chávez parla anche di “permettere il progresso nella conquista degli intervalli puri” e sottolinea che “la tendenza va indubbiamente in quella direzione.” [CHÁVEZ 1937, pp. 151-52].18 Senza indagare ulteriormente sulle reali concezioni musicali riservate da Chávez alla musica del futuro, è innegabile che sia Novaro che Carrillo riscossero i loro maggiori successi negli Stati Uniti, sollevando e risolvendo per primi una serie di problemi relativi alle risorse microtonali. Entrambi, vuoi per la difficoltà dei loro sistemi vuoi per questioni politiche, ebbero scarsa incidenza nella vita musicale del proprio paese. La musica di Carrillo (cfr. §4) ottenne un certo riscontro negli USA, dove fu eseguita diverse volte da orchestre e gruppi da camera: il suo contenuto microtonale ne limitò però la diffusione. Per quanto riguarda Novaro, la mancanza di vere e proprie composizioni relegò la sua attività dimostrativa a conferenze con esemplificazioni pratiche, a piccoli concerti privati, anche se il livello dei suoi interlocutori statunitensi fu di gran lunga superiore ai contatti stabiliti nel suo paese. Con la sua teoria Novaro anticipò, per molti versi, le esperienze di Partch e fu il primo, vero pioniere dell’intonazione giusta a carattere sperimentale negli Stati Uniti. Egli gettò i semi per un rinnovato interesse nei confronti dell’intonazione e dei sistemi di accordatura correttivi o alternativi al temperamento equabile. L’avvento di strumenti tecnologicamente avanzati e di nuovi metodi scientifici di indagine resero presto obsoleti, non tanto i risultati, quanto i criteri di ricerca adottati da Novaro. Anche Partch si avvicinò all’intonazione giusta, scrivendo composizioni e trattati: conti18 PARTCH 1974, p. 424n. 5. NOVARO 171 nuò a farlo nei decenni successivi in chiave nettamente e fieramente anti-elettronica, artigianale e anarchica, non senza un enorme sforzo individuale, inaugurando un filone perpetuato negli Stati Uniti da compositori come Harrison, Johnston e Tenney. Le alterne vicende statunitensi di Carrillo e Novaro vanno inquadrate in un contesto più generale in cui gli artisti provenienti dall’America Latina, operanti negli USA tra gli anni ’20 e ’30, non riuscirono a guadagnarsi spazi di primissimo piano rispetto al grosso della produzione locale d’avanguardia. È stato notato che, con l’eccezione di Chávez, conosciuto e rispettato negli Stati Uniti fin dagli anni ’30, bisogna attendere circa un trentennio per imbattersi nella riconsiderazione degli autori latinoamericani e nel tentativo di superare vari preconcetti che sostanzialmente li avrebbero voluti creatori di “musica turistica”, peraltro un’inclinazione che sovente gli stessi compositori assecondarono.19 Pur non mancando, nel frattempo, autori importanti che si interessarono al problema, come Slonimsky,20 l’attività di questi compositori è stata presa in considerazione come una tendenza specifica e dotata di sue peculiarità solo dopo il 1960.21 È inutile dire che le idee e la musica di Novaro e Carrillo risultavano quasi incomprensibili a prescindere dalla provenienza latinoamericana dei due, al pari delle teorie di Yasser e Partch. Era un filone di ricerca che intaccava troppo in profondità alcuni stabili punti di riferimento; eppure, questi autori furono costantemente animati dalla speranza in un successo più ampio. Purtroppo esperienze del genere non potevano che apparire marginali, in un’epoca in cui le più disparate tendenze stilistiche si contendevano il pubblico curioso e cosmopolita delle grandi metropoli statunitensi. 5.1. Testimonianze su Novaro fino al 1930 Nel luglio del 1930 una commissione di sei accademici messicani approvò ufficialmente il sistema di Novaro.22 La notizia apparve anche su alcuni giornali della capitale. Non era il primo risultato ufficiale raggiunto da Novaro, ma quasi. Da qualche tempo la sua teoria era inse19 Per questa tendenza della musica messicana, cfr. CONTI 2000. Slonimsky redasse un importante testo di riferimento, SLONIMSKY 1945, e accumulò un consistente numero di partiture di autori latinoamericani, ora alla Library of Congress: <http://www.loc.gov/rr/perform/special/Slonimsky>. 21 DE LA VEGA 1980, p. 164. 22 Cfr. BAQUEIRO FOSTER 1988. Una lettera di Carlos Chávez, datata 1° agosto 1930 e allegata alla documentazione inviata alla Guggenheim Foundation, conferma questa notizia. 20 172 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA gnata in qualche corso accademico.23 Castañeda, al quale si è già fatto riferimento a proposito di Carrillo, professore di acustica al conservatorio, si fece divulgatore delle idee di Novaro.24 Nella prefazione al suo libro più importante, questi ci offre un breve scorcio sugli anni che precedettero il soggiorno negli USA, menzionando collaboratori e sodali a cui sottopose intervalli, scale e accordi per saggiarne le reazioni e mettere a confronto opinioni diverse: «Nel corso dei miei esperimenti, quando avevo da mostrare una qualche realizzazione pratica, cercavo di sapere quale impressione produceva. Per questo motivo riunii periodicamente nel mio studio diverse persone».25 Tra gli altri, parteciparono a queste riunioni «i maestri Luis G. Saloma, Estanislao Mejía, Daniel Castañeda, Ernesto Enríquez, Géronimo Baqueiro Foster, Gabriel Zaldívar, José Antillón Rossner, Manuel Torres Torija, Santiago André Laguna, il dottor Jesús C. Romero, padre Juan Segale, dottore in fisica, e molti ancora».26 Alcuni di essi fecero parte del “Grupo de los nueve” che aveva attaccato Carrillo e con molti di loro Novaro rimase in contatto per tutta la vita. La casa di Novaro era il centro delle sue attività creative: lì egli mostrava e provava pubblicamente gli strumenti, teneva concerti, radunava periodicamente amici e conoscenti. Questi test collettivi lo aiutarono molto: Dalle loro osservazioni dedussi utili insegnamenti; non su tutti lo stesso accordo produce lo stesso effetto. La scala che faceva sognare qualcuno lasciava indifferenti gli altri; alcuni, agli accordi tranquilli e dolci che piacevano alla maggioranza delle persone, preferivano sonorità strane, dotate di una certa asprezza. A volte si cambia parere: le scale che al principio sembravano aride, in seguito affascinavano. Nell’arco di cinque anni pubblicai vari opuscoli con i risultati dei miei studi. Il primo fu pubblicato nel 1924 e l’ultimo nel 1929.27 Il periodo trascorso negli USA permise di maturare l’idea del libro.28 Dopo quella esperienza, l’autore pensava che sarebbero bastati pochi mesi per stendere il testo. Ma non fu così: «Passarono diversi anni e sol23 Scrive Novaro: «I professori Daniel Castañeda e Gerónimo Baqueiro Foster del Conservatorio di Città del Messico insegnano le scale fondamentali della musica con questa teoria, dal 1928» (NOVARO 1951, p. 30). 24 Nel 1951 scrisse 18 articoli a scopo didattico e divulgativo, in concomitanza con l’edizione del Sistema natural de la música. Cfr. PULIDO 1970, p. 39. 25 NOVARO 1951, p. 18. 26 Ibidem. 27 Ibidem. 28 Cfr. Ibidem. 5. NOVARO 173 tanto nel 1948 potei concentrare nuovamente il mio lavoro su questo libro».29 La mancata consegna alla Guggenheim Foundation di una bozza di tale scritto fu il motivo principale del mancato rinnovo della borsa di studio nel 1932, 1933, 1934, 1935 e 1940. Nella prefazione al Sistema natural de la música, datata “Tacubaya, D.F., 1933”, l’autore ricostruisce l’itinerario della propria ricerca. L’inizio delle sue speculazioni sul suono risalirebbe al 1909. Sconfortato dal fatto di non riuscire a trovare una soluzione soddisfacente alle sue domande attraverso lo studio delle diverse teorie del suono, nel 1918 egli fu sul punto di abbandonare le ricerche. Decise allora di ripartire dall’inizio, rifacendo da solo un percorso storico millenario. Dato un suono, qual è la sua relazione più importante? Ovviamente, l’ottava. Egli pensò quindi di dividere l’ottava in due parti uguali, «in due intervalli uguali per l’udito».30 Con un analogo procedimento di ulteriore suddivisione, Novaro ottenne 16 suoni uguali tra loro all’interno dell’ottava. Per udire queste altezze egli costruì alcuni strumenti musicali: un anno dopo aveva realizzato un pianoforte a rullo con un nuovo tipo di tastiera, in grado di produrre i 16 intervalli nell’ottava, con un’estensione di quattro ottave. Il ricercatore messicano aveva comprato anche una macchina per perforare i rulli e fu uno dei primi musicisti a compiere esperimenti di questo genere sullo strumento, alcuni anni prima di Nancarrow (anch’egli in seguito attivo a Città del Messico) e in concomitanza con le note esperienze compositive di Stravinskij, Casella e altri, che avevano scritto musica espressamente pensata per l’incisione su rullo. Gli intervalli prodotti dallo strumento erano dunque ottenuti dalla formula 16ř 2 . Il teorico messicano si rese presto conto che si trattava di un sistema arbitrario: «E se qualcuno proponesse un sistema di 18 suoni nell’ottava, come potrai dimostrare che quello a 16 è migliore?».31 Bisognava cercare un sistema che unificasse queste soluzioni, in cui i suoni potessero essere correlati tra loro. Sperimentando varie combinazioni accordali sul proprio pianoforte, Novaro avvertì il bisogno di altri intervalli che lo strumento non poteva produrre: «Il sunto della mia esperienza musicale con i 16 suoni è che con essi si può fare un certo tipo di musica un po’ vaga, tranquilla, con una tinta religiosa; però, oltre all’ottava, non si possiede nessuno dei primi intervalli della musica».32 In altri termini, mancava una corrispon29 Ivi, p. 239. Ivi, p. 7. 31 Ivi, p. 8. 32 Ivi, p. 9. 30 174 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA denza con gli intervalli fondamentali desunti dalla serie degli armonici. Al procedimento anzidetto ne viene affiancato un altro: «Se ottengo un suono, vale a dire una vibrazione unitaria, quale sarà un altro suono che possiede con quello dato la relazione più semplice?».33 L’operazione più elementare consiste nel sommare all’unità il suo stesso valore, per cui si ottiene ancora una volta l’ottava, ossia la relazione 2/1. Per ottenere altri intervalli, Novaro divide a metà il numero di vibrazioni esistente tra 1 e 2, ottenendo 1, 1.5, 2: (1_______1.5_______2) Con lo stesso procedimento di suddivisione si ottengono due successioni (1, 1.25, 1.5 e 1.5, 1.75, 2) e poi una scala di 16 suoni all’interno dell’ottava contraddistinta dai seguenti valori che, espressi in termini proporzionali rispetto alla fondamentale ( = 1), sono: 1, 17/16, 9/8, 19/16, 5/4, 21/16, 11/8, 23/16, 3/2, 25/16, 13/8, 27/16, 7/4, 29/16, 15/8, 31/16, 2/1 Si tratta di rapporti ricavati dalla successione 16/16, 17/16, 18/16, ecc… 32/16, dopo averne semplificato le frazioni.34 Per accordare con questo sistema il pianoforte speciale a 16 tasti per ottava, l’orecchio non basta più: è necessario un sistema più preciso. Il ricercatore messicano pensa a tre possibili soluzioni: corde, flauti o elettricità, optando per la prima.35 33 Ibidem. Si raffronti questa scala con quella diatonica naturale: 1, 9/8, 5/4, 4/3, 3/2, 5/3, 15/8, 2/1. Nella scala di Novaro, oltre al tono maggiore, la terza maggiore, la quinta e la “sensibile” naturale, sono presenti la settima armonica (7/4) e altri gradi “nuovi”. La tonica è seguita da un grado a essa molto prossimo, 17/16, e poi da 19/16. Lo spazio tra la terza e la quinta (3/2) è occupato da tre gradi: 21/16, 11/8 e 23/16. Il primo (21/16, in decimali 1.3125) è di poco inferiore alla quarta naturale (4/3, in decimali 1.3333), il secondo (11/8, in decimali 1.375) e il terzo (23/16, in decimali 1.4375) sono più ampi di essa. Tra la quinta e la settima naturale (7/4) si ha 25/16, 13/8 e 27/16. Dopo la settima armonica si ha 29/16 e la “sensibile” naturale, 15/8, è seguita da un altro intervallo, 31/16. Si tratta di una scala originale, che rientra solo in senso lato nella categoria dell’intonazione giusta, ottenuta com’è dalla suddivisione aritmetica di una corda ideale. 35 I 16 intervalli sono ottenuti su altrettante corde disposte su una cassa di risonanza a ponticelli mobili. Il sistema di accordatura è il seguente: vengono dapprima intonate all’unisono due corde mediante un diapason, poi si fa scorrere il ponticello mobile sotto la prima corda, che funge da riferimento, fino al punto in cui la lunghezza corrisponde all’intervallo desiderato. Poi le corde della cassa di risonanza sono impiegate per accordare quelle del pianoforte e di altri strumenti musicali. 34 5. NOVARO 175 Novaro si preoccupa di stabilire «la base della musica»,36 di ottenere per essa un fondamento inequivocabile. I rapporti numerici degli armonici sono semplici, obbediscono a proporzioni elementari del tipo 1, 2, 3, 4, 5 e si prestano a costituire il punto di partenza per successive speculazioni. Con la scala di 16 suoni, Novaro è convinto di aver formato la serie degli armonici.37 Si tratta di una scala molto particolare, diversa da quelle a intonazione giusta conosciute, perché fa a meno del riferimento privilegiato al modello della scala maggiore naturale e ai suoi capisaldi. Sono presenti tonica, terza maggiore, quinta e altri intervalli tra cui la settima armonica, 7/4, ma mancano quarta e sesta. Lo studioso è consapevole che l’uso di una serie aritmetica come principio ordinatore delle altezze comporta la non trasponibilità su altri gradi delle stesse proporzioni, in base a una fondamentale di partenza. Ammesso che si riuscisse a trovare una soluzione a questo problema, rendendo trasponibile questa scala, quegli intervalli sarebbero stati la “base della musica”? La questione è allora posta in altri termini: Se 1 è la fondamentale e questa produce automaticamente la serie 2, 3, 4, 5 ecc., è logico supporre che gli intervalli che si ottengono da questi armonici, in relazione alla fondamentale, siano i primi in musica. Da questo ragionamento si ottengono 2/1, 3/1, 4/1, 5/1, 6/1, 7/1, ecc. Se dagli armonici in relazione con l’unità si sono ottenuti gli intervalli aperti, quelli minori dell’ottava li avrei ricavati considerando quello che producono tra loro detti armonici: 3/2, 4/3, 5/4, 6/5, 7/6, 8/7, ecc. Non ottenendo in nessuna delle due forme gli intervalli che sono tanto indispensabili in musica, per esempio il 5/3, l’8/5, ecc., ricorsi a combinazioni di armonici; vale a dire, il 5/3 sarebbe la combinazione del quinto e del terzo armonico, il 7/4 la combinazione del settimo con il quarto, ecc. Credevo di essere soddisfatto rispetto alla parte teorica, quando feci le seguenti considerazioni: è indubbio che gli intervalli aperti ottenuti posseggano un’importanza musicale, ma è altrettanto evidente che non rappresentano i primi intervalli necessari alla musica. Rispetto agli intervalli minori dell’ottava, soltanto le prime relazioni hanno un certo ordine musicale in questo ordinamento, essendo fuori di dubbio che prima degli intervalli 7/6 o 8/7 siano necessari in musica i rapporti 5/3, 8/5 e 7/4. Per ottenere questi intervalli fu necessario ricorrere alla combinazione di armonici. Riflettei: nel primo caso, è logica la forma in cui ricavai gli intervalli aperti, sebbene i suoi risultati musicali non fossero quelli che speravo. Rispetto al procedimento per ottenere gli intervalli minori dell’ottava, la sua difesa è debole, perché non nascono da sé in relazione alla fondamentale. Per quanto riguarda la combinazione degli armonici, può considerarsi una fantasia, dentro la quale tutti abbiamo il diritto di combinare armonici come meglio ci pare. In quell’epoca non po36 37 Ivi, p. 10. Cfr. ibidem. 176 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA tevo mettere d’accordo teoria e pratica. La serie aritmetica, rappresentativa dell’ordine numerico, da cui ognuno può prendere ciò che vuole, non doveva essere per me la base della musica. Questo si riferiva alla parte teorica. Per quanto riguarda la parte pratica, se si potessero costruire strumenti musicali in cui sia facile produrla, cominciando da qualsiasi suono, si otterrebbe ben poco, ci mancherebbe il complesso delle grandi risorse armoniche.38 L’applicazione delle progressioni aritmetiche ha conseguenze fin troppo ampie. D’altro canto, Novaro lamenta la mancanza degli intervalli fondamentali della scala naturale e, soprattutto, di una giustificazione teorica, ovvero fisica, basata su un qualche dato di naturalità. In seguito, gli esperimenti condotti in questo ciclo di studi si rivelarono importanti: «Potei apprezzare, in diversi aspetti, accordi che avrei impiegato più tardi, sebbene mi vedevo nella necessità di suonarli a differenti altezze, poiché non sempre erano in relazione con la fondamentale».39 Dalle scale si è passati alla sperimentazione di accordi come complessi indipendenti. Fin dall’inizio, l’aspetto matematico e speculativo si combina con la verifica auditiva dei risultati acquisiti. Con la pianola meccanica, Novaro può sperimentare accordi e scale anche in sequenze rapidissime. L’effetto delle scale risulta diverso a seconda delle durate dei singoli gradi: Per esempio, quando suonavo 1, 9/8, 5/4, 11/8, 3/2, 13/8, 7/4, 15/8, 2/1 era manifesta la stranezza di arrivare all’11/8. L’udito, per abitudine o per ragioni fisiologiche, faceva desiderare il 4/3. Accelerando un poco il suo movimento [della scala] non si apprezzava la differenza. Al discendere, l’11/8 non produce fastidio, anche suonando la scala lentamente.40 Nonostante qualche spunto interessante, il teorico messicano sente di aver imboccato un vicolo cieco: Dopo alcuni anni di sperimentazione, apparentemente ero avanzato molto poco; allora non sospettavo che tutte le mie osservazioni mi sarebbero state utili in seguito. Ero deluso, pensavo che per qualche motivo la teoria e la pratica, la scienza e l’arte della musica avevano creato un perfetto groviglio. Forse avevano ragione coloro a cui non importava niente o quasi niente di tutte le teorie; era loro sufficiente possedere un certo senso estetico e intuizione musicale».41 38 Ivi, pp. 11-12. Ivi, p. 12. 40 Ivi, pp. 12-13. 41 Ivi, p. 13. 39 5. NOVARO 177 Manca un sistema di riferimento oggettivo. Conscio delle differenze culturali nell’apprezzamento degli accordi, Novaro è convinto che si possa trovare una “armonia generale” da cui «ciascuno prenda ciò che si accorda con la propria cultura e i propri sentimenti».42 Una notte, mentre camminava per strada, Novaro ebbe un’intuizione decisiva: «[D]opo la metà, la divisione più semplice dell’ottava è per terzi; questa significò per me la nascita delle scale fondamentali».43 Lo studioso spiega così il ragionamento con cui ottenne le scale fondamentali: Le mie ricerche partirono dalle seguenti premesse: essendo la relazione 2/1 il primo intervallo della musica, esso rappresentava la prima scala fondamentale. La seconda scala fondamentale si otteneva dividendo l’ottava in due parti: 1, 1+1/2, 2. Al dividere per terzi si aveva la terza scala fondamentale: 1, 1+1/3, 1+2/3, 2. La quarta scala fondamentale è quella che procede per quarti: 1, 1+1/4, 1+2/4, 1+3/4, 2. La quinta ha le seguenti proporzioni 1, 1+1/5, 1+2/5, 1+3/5, 1+4/5, 2. Dividendo l’ottava per sesti, settimi, ottavi, ecc. si ottenevano le rispettive scale fondamentali. Se nei miei esperimenti anteriori potei apprezzare queste scale a differenti altezze, ora esse si originavano nello stesso fondamentale concetto basilare, indispensabile alla musica. Non avevo bisogno di fare combinazioni di numeri, facendole nascere come sussidiarie di altri suoni, come si può fare nella forma: 1, 2; 2, 3, 4; 3, 4, 5, 6; 4, 5, 6, 7, 8; ecc. La serie usuale dei numeri ora avrebbe rappresentato in musica un sentiero sul quale si sarebbero mosse le rispettive scale; questo principio dette origine al concetto di posizioni armoniche. Ciascuna scala fondamentale comprende a differenti altezze le sue scale fondamentali precedenti. Disponendo nel mio pianoforte della sedicesima scala fondamentale, potei studiare tutte le prime 15 scale con un criterio diverso. Se nel mio pianoforte non potevo farle nascere da una sola fondamentale, per il fatto di aver bisogno di più suoni nell’ottava, questa difficoltà non esisteva nelle mie casse acustiche, che accordai in questo modo, apprezzando il perfetto equilibrio armonico di queste scale. Il loro studio mi convinse che per molti anni non sarebbe stato necessario arrivare alla quinta scala. Le scale fondamentali presentano nel loro sviluppo un campo illimitato. Ci si può rendere conto di questa vastità, affermando che tutta la musica scritta fino a oggi è compresa entro i margini della terza scala fondamentale. Le scale fondamentali sono armoniche: se osserviamo una di esse, al suonare la fondamentale, rispondono per simpatia la maggior parte dei suoni, con una intensità pari al loro grado di sottigliezza. Poco dopo avevo precisato gli accordi delle prime scale fondamentali, apprezzando il loro legame armonico.44 42 Ibidem. Ibidem. 44 Ivi, pp. 13-14. 43 178 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Prettamente speculativo è il punto di partenza per la realizzazione delle scale reciproche, che rendono possibile l’acquisizione di nuovi intervalli: Una di queste volte riflettei: hai come metro musicale la relazione 2/1, il suono grave denominato fondamentale e al suono acuto la cofondamentale [ottava; una definizione più ampia del termine è data più avanti]. Collocando un suono intermedio si ottengono due intervalli: uno in relazione con la fondamentale, l’altro con la cofondamentale; in questo modo nascevano secondo me gli intervalli complementari, che sono il risultato della relazione con la cofondamentale in forma inversa, l’intervallo messo prima in relazione con la fondamentale; un principio che dette origine alle scale reciproche. Lo studio delle scale reciproche mi fu molto utile: era la spiegazione a molte domande. Non avevo potuto chiarire, fino ad allora, perché una successione di intervalli molto eterogenea, per esempio 1, 10/9, 5/4, 10/7, 5/3, 2/1 si ascoltasse come una perfetta armonia. Apparentemente era una confusione di noni, quarti, settimi e terzi, ma in realtà in questa scala tutto è perfezione.45 È come se Novaro avesse rifiutato in partenza il principio di trasposizione d’ottava che dalla serie degli armonici porta alla realizzazione delle scale a intonazione giusta. Ne segue un altro, governato dai numeri in forma altrettanto semplice e “basilare”, in cui anche gli armonici e le combinazioni di intervalli gradevoli e interessanti trovano una giustificazione. Dopo le scale fondamentali e reciproche, Novaro scopre il modo di procedere oltre: Dopo qualche tempo definii un altro concetto che denominai scale complesse; il suo principio è semplice: è il risultato della combinazione di una scala fondamentale con la sua rispettiva reciproca. Questo concetto acquisisce grande significato nella pratica musicale. Stetti più di un anno facendo comparazioni di scale, costruendo nuovi strumenti e studiando la forma di migliorare la purezza dei suoni con le mie casse acustiche. Sviluppai poco dopo il concetto di scale reciprochegraduali: se considerando tutte le scale fondamentali in relazione con la cofondamentale in forma inversa, avevo ottenuto le scale reciproche, le reciproche-graduali erano quelle nelle quali si fissava come fondamentale un qualsiasi grado della scala.46 45 Ivi, pp. 14-15. Espressa in Hz, prendendo 100 Hz come punto di partenza, la scala anzidetta sarebbe: 200 Hz; 222.22 Hz; 250 Hz; 285.7 Hz; 333.2 Hz; 400 Hz. 46 Ivi, p. 15. 5. NOVARO 179 Decrescendo l’ampiezza degli intervalli, Novaro deve affrontare il problema dell’inarmonicità delle corde e cerca di ridurre il fenomeno in vari modi:47 il sistema diviene più complesso. Dopo aver formato alcuni quadri armonici (cfr.§5.5.6), egli sperimenta gli intervalli così ottenuti con amici e colleghi, rendendosi conto che è facile sbagliarsi su relazioni frazionarie numericamente molto diverse tra loro ma rese simili dalla scarsa distanza intervallare: «Si può dire che un suono di 1000 vibrazioni al secondo è diverso da uno di 1001, questo però a livello teorico. Nella pratica, invece, per il nostro udito, essi sono uguali».48 È lo spunto per rovesciare completamente il discorso: in vista di un’applicazione concreta di queste scale, il criterio delle progressioni aritmetiche è abbandonato per quello delle progressioni geometriche (cfr. §2.1), con cui è possibile ottenere approssimazioni accettabili alle scale fondamentali.49 Il primo temperamento a essere considerato è formato da 60 suoni equidistanti nell’ottava, 60ř 2 , che permette di imitare fino alla quinta scala fondamentale, con una successione di suoni «sufficiente per esprimere i nostri pensieri musicali».50 Ma questo temperamento non dà i risultati previsti inizialmente, da cui segue una comparazione a tutto campo tra scale fondamentali e scale a progressione geometrica.51 Novaro applica poi i suoi principi armonici anche al sistema equabile a 12 suoni nell’ottava, ma «lo sviluppo armonico e l’intonazione di questo temperamento differivano da quello generalmente usato».52 Anche la scala diatonica (definita escala de los grados) va reinterpretata: essa è solo una delle tante scale complesse e non può costituire la base della musica come si era creduto fino ad allora. Se le prime scale fondamentali sono comprese nell’ottava, la stessa estensione-limite può essere applicata a qualsiasi altro intervallo appartenente alla scala fondamentale, secondo il seguente principio: «Ciascun intervallo è di per se stesso armonico; per ottenere uno o più suoni in perfetta armonia reciproca all’interno di qualsiasi intervallo, è sufficiente che il numero delle sue frequenze formi con i suoi 47 Sembra che il novaro-clave riducesse i fenomeni di inarmonicità e possedesse una straordinaria purezza di suono, anche grazie a minime modificazioni dell’accordatura (cfr. §5.5). 48 Ivi, p. 16. 49 Cfr. ibidem. 50 Ibidem. 51 Ivi, pp. 51-62. 52 Ivi, p. 17. 180 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA estremi una progressione aritmetica; in musica, una scala fondamentale».53 Dopo questa introduzione alle basi della teoria di Novaro, è bene prendere in esame il contenuto dell’opuscolo del 1927. Anche se in questo testo le scale fondamentali sono chiamate armoniche (più tardi vennero chiamate elementari), si tratta della stessa cosa. I termini consonanza e dissonanza vengono rifiutati, perché gli intervalli hanno sfumature sottili e soprattutto graduali, per cui è difficile stabilire i confini tra le due sfere, così come non si può stabilire una demarcazione tra bianco e nero nelle sfumature del grigio. 5.2. La Teoría de la música. Sistema natural base del natural-aproximado (1927) L’ opuscolo — dedicato alla memoria di Busoni54 — ha come obiettivo «il desiderio che sia ascoltata la vera musica». A tal fine, Novaro vuole delineare la “base della musica” nel suo aspetto fisico, matematico e fisiologico. Il testo è suddiviso in tre parti: “sistema naturale”, “considerazioni” e “naturale-approssimato”. Anche le opere di repertorio, i cui «pensieri immortali apprezzeremo in tutta la loro grandezza ascoltandoli nel Sistema Naturale»,55 saranno percepite sotto una nuova luce. Il punto di partenza sono le scale armoniche,56 le quali «essendo formate da armonici, sono semplicemente la divisione delle vibrazioni dell’unità [la fondamentale] in parti uguali».57 Pertanto, il numero di queste scale è teoricamente illimitato: prima scala armonica: 1, 2 seconda: 1, 3/2, 2 terza: 1, 4/3, 5/3, 2 quarta: 1, 5/4, 3/2, 7/4, 2 quinta: 1, 6/5, 7/5, 8/5, 9/5, 2 sesta: 1, 7/6, 4/3, 3/2, 5/3, 11/6, 2 settima: 1, 8/7, 9/7, 10/7, 11/7, 12/7, 13/7, 2 53 Ivi, p. 18. A p. 31 dell’opuscolo figura un ritratto di Busoni, scomparso nel 1924, con la didascalia: «Ferruccio Busoni, uno dei più grandi maestri dell’epoca attuale a cui l’arte deve un grande progresso e che dedicò molti anni della sua vita al problema di trasformare la scala musicale». 55 NOVARO 1927, p. 10. 56 Si è detto che queste scale verranno poi denominate ‘scale fondamentali’. 57 Ivi, p. 13. 54 5. NOVARO 181 ottava: 1, 9/8, 5/4, 11/8, 3/2, 13/8, 7/4, 15/8, 2 nona: 1, 10/9, 11/9, 12/9, 13/9, 14/9, 15/9, 16/9, 17/9, 2 decima: 1, 11/10, 6/5, 13/10, 7/5, 3/2, 8/5, 17/10, 9/5, 19/10, 2 undicesima: 1, 12/11, 13/11, 14/11, 15/11, 16/11, 17/11, 18/11, 19/11, 20/11, 21/11, 2 ecc. L’idea di formare scale diverse con gli armonici è un nuovo modo di reinventare un procedimento plurimillenario, quello della suddivisione della corda; Zarlino l’aveva divisa in sei parti uguali (cfr. §2). Nei secoli successivi, soltanto la possibilità di includere il 7/4 tra gli intervalli musicali riuscì a sollevare un dibattito altrettanto acceso. In Novaro, il processo di formazione delle scale non tiene conto di considerazioni di ordine culturale o percettivo: solo in un secondo tempo il gusto può indirizzare verso la selezione di una particolare scala o un accordo; il teorico messicano, però, scarta la possibilità di approntare per la pratica musicale un sistema basato su intervalli disuguali, sul tipo di quelli proposti da Helmholtz e altri, considerandolo troppo complesso e scarsamente gestibile. Gli intervalli delle scale armoniche hanno ampiezze diverse, essendo metà, terzi, quarti, ecc. della fondamentale. Per esempio, nell’ottava scala armonica si ha (tra parentesi le distanze intervallari): 1 (9/8) 9/8 (10/9) 5/4 (11/10) 11/8 (12/11) 3/2 (13/12) 13/8 (14/13) 7/4 (15/14) 15/8 (16/15) 2 Si potrebbe andare avanti all’infinito a produrre scale con nuovi intervalli: Novaro non si pone alcun limite, anche perché non deve applicare queste scale a uno strumento musicale e correggere le intonazioni in uso. La base “naturale” della musica ha implicazioni prettamente teoriche. D’altronde, Novaro è conscio della relatività non solo della scala maggiore e minore, ma di qualsiasi scala, indipendentemente dal numero di gradi e dal tipo di intervalli che essa possiede. Questa idea può essere maturata grazie agli scritti di Busoni, allo studio della musica popolare messicana, ecc., ma tale concezione non è corredata di alcuna spiegazione o apparato filosofico: nella sua scarna trattazione, l’autore mira a chiarire una serie di principi operativi immediati. In questo senso, gli armonici e le loro possibili manipolazioni aritmetiche rappresentano il punto di riferimento inequivocabile per fornire una base alla teoria e costituire il punto di partenza per successive speculazioni, da verificare con opportuni esperimenti sonori. Novaro indica infatti i punti della corda in cui si producono determinati intervalli, anche se afferma: «Ci asterremo dall’udito come principio per fissare i suoni, ottenendoli matemati- 182 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA camente come la natura ce li indica in una delle sue molte forme».58 L’uso di monocordi risale a Pitagora, il quale verificò i rapporti fondamentali di ottava, quinta e quarta (corrispondenti a rapporti di 2/1, 3/2 e 4/3 della fondamentale) ma anche, in tempi più vicini a Novaro, qualcuno li aveva utilizzati come ausilio per accordare il pianoforte nel sistema temperato.59 Nella sua idea di andare alle fondamenta della musica, Novaro verifica tutti gli intervalli determinando il punto esatto in cui si producono sulla corda. La vera novità consiste nel fatto di portare il processo di suddivisione della corda alle soglie estreme del riconoscimento degli intervalli, dopo averne stabilite le proporzioni matematiche. All’inizio viene presa in considerazione una corda ideale e se ne definiscono le suddivisioni; poi esse sono applicate, tenendo in conto «la tensione della corda, la sua elasticità, la resistenza degli estremi, l’altezza a cui si colloca il ponticello per dividerla e altri fattori che intervengono nella produzione del suono».60 A tale scopo, Novaro costruisce una apposita “cassa acustica” munita di tasti e di un ponticello mobile.61 Con questo e analoghi strumenti, egli conduce vari esperimenti sui rapporti ottimali tra lunghezza, spessore, tensione della corda, in relazione alla precisione degli intervalli ottenuti. Sulla base di siffatti procedimenti, nel corso della sua esistenza Novaro costruì diversi strumenti musicali, fin dall’inizio delle sue ricerche: lo testimoniano le diverse fotografie di liuti e chitarre microtonali contenute in Teoría de la música. Non a caso, anche il primo strumento microtonale di Carrillo fu una chitarra, molto diffusa nella musica popolare e di conseguenza nella liuteria messicana, realizzabile a basso costo da artigiani locali e facilmente trasportabile per dimostrazioni e concerti. In questo senso, era anche più facile reperire interpreti e comunicare i nuovi intervalli in una veste timbrica largamente condivisa dalla comunità dei musicisti. Nell’opuscolo di Novaro figurano, tra l’altro, un liuto le cui corde sono intonate secondo i rapporti 1, 6/5, 7/5, 8/5, 9/5 e 2, della decima scala armonica. Nel transitare da una illimitata e numerica teoria agli strumenti musicali, risultò a Novaro che la quarta scala armonica fosse la più importante, in quanto contenente «i rapporti più belli, non soltanto rispetto all’u- 58 Ivi, p. 16. È il caso del sonometro di Rosario Alessi, sviluppato nel 1881 (BARBIERI 1998, p. 394). 60 Ivi, p. 17. 61 Nell’opuscolo, l’immagine è piuttosto sfocata (ivi, p. 18). 59 5. NOVARO 183 nità [la fondamentale] ma anche tra loro [i diversi gradi]»:62 vale a dire, gli intervalli 1, 5/4, 3/2, 7/4, 2. Le scale armoniche sono infinite ma devono soggiacere alle possibilità dell’udito di percepirle e apprezzarle, un aspetto di cui lo studioso si mostra pienamente consapevole. L’utilità musicale delle scale armoniche viene stabilita a orecchio, senza badare ai rapporti numerici, anche se l’autore tiene a sottolineare che il punto di partenza, l’accordatura, non è definita in base a un criterio auditivo, bensì in base alla misurazione della corda in pollici.63 I quattro intervalli della quarta scala armonica sono «le quattro colonne che sostengono il mondo musicale».64 Questa scala viene sottoposta a un inedito trattamento di natura aritmetica e speculativa: ciascun grado è utilizzato come nuovo elemento iniziale, mentre si mantiene l’ottava come limite superiore. Trasformando i relativi in assoluti, «formiamo i primi intervalli»65 che compongono il seguente schema: 1 5/4 3/2 7/4 2 5/4 6/5 7/5 8/5 2 3/2 7/6 4/3 5/3 2 7/4 8/7 10/7 12/7 2 I suoni così ottenuti sono disposti in ordine crescente a formare la seguente scala: 1, 8/7, 7/6, 6/5, 5/4, 4/3, 7/5, 10/7, 3/2, 8/5, 5/3, 12/7, 7/4, 2. Novaro introduce poi il concetto di inversione, quello tradizionale, per cui l’inverso di una quinta corrisponde a una quarta, quello di una settima a una seconda, ecc.; ma, in questo caso, con una differenza: trattandosi di rapporti frazionari, l’inversione si ottiene moltiplicando per 2 il denominatore e invertendo i termini (per esempio, l’inversione di 3/2 è 4/3). Nello schema appena citato tutti gli intervalli hanno già un’inversione presente. Procedendo a esaminare la consonanza e dissonanza degli accordi, scaturisce una drastica distinzione: sono consonanti gli accordi che derivano dalla terza scala armonica, ossia 1-4/3-5/3; 1-5/4-5/3; 1-4/3-8/5; 16/5-8/5; 1-5/4-3/2; 1-6/5-3/2. 62 Ivi, p. 19. Ivi, p. 16. 64 Ivi, p. 19. Quindi, al pari di altri teorici e sperimentatori dell’intonazione giusta — Euler, Bosanquet, Cahill — anche Novaro include tra gli intervalli più importanti la settima armonica, 7/4. 65 Ivi, p. 20. 63 184 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA In base al concetto di inversione, è possibile anche rivoltare gli accordi, ottenendo varie posizioni. L’accordo 1-5/4-3/2, ad esempio, che corrisponde all’accordo di Do maggiore naturale, Do-Mi-Sol, darà Sol-DoMi nella seconda posizione e, nella terza, Mi-Sol-Do. Trasformando in fondamentale ( = 1) il primo suono di ciascun accordo, si avranno i seguenti rapporti: seconda posizione, 1-4/3-5/3; terza posizione, 1-6/5-8/5. Quindi, deduce Novaro, ciascuna triade forma un circolo di sei suoni. L’autore esamina poi gli accordi della quarta scala armonica, introducendo in modo estemporaneo alcuni termini nuovi per definirli: Accordi di “quinta maggiore” 1-5/4-3/2 inversione: 1-4/3-5/3 “ 1-6/5-8/5 “ 4/3-8/5-2 6/5-3/2-2 5/4-5/3-2 Accordi di “quinta minore” 1-8/7-10/7 inversione: 1-7/5-8/5 “ 1-5/4-7/4 “ 7/5-7/4-2 5/4-10/7-2 8/7-8/5-2 Accordi di “quarta minore” 1-7/6-4/3 inversione: 1-3/2-7/4 “ 1-8/7-12/7 “ 3/2-12/7-2 8/7-4/3-2 7/6-7/4-2 Accordi di “quarta maggiore” 1-6/5-7/5 inversione: 1-10/7-12/7 “ 1-7/6-5/3 “ 10/7-5/3-2 7/6-7/5-2 6/5-12/7-2 Accordi di “settima minima” 1-5/4-3/2-7/4 inversione: 1-8/7-10/7-12/7 “ 1-7/6-4/3-5/3 “ 1-6/5-7/5-8/5 “ 8/7-4/3-8/5-2 7/6-7/5-7/4-2 6/5-3/2-12/7-2 5/4-10/7-5/3-2 Dalla quarta scala armonica è possibile derivare 32 accordi, 2 di tre suoni e 8 di 4; questi ultimi sono ritenuti di grande utilità musicale. Il numero di tali accordi può essere aumentato considerevolmente con le inversioni parziali: se l’inversione di 1-5/4-3/2 è 4/3-8/5-2, invertendo soltanto uno dei suoni, si otterrà un altro accordo; per esempio, invertendo 3/2 si otterrà 1-5/4-4/3 e con 5/4 si avrà 1-3/2-8/5. Se un accordo è consonante, la sua inversione non produrrà mai una dissonanza e viceversa, ma con le inversioni parziali è possibile rompere questa corrispondenza e ottenere accordi più variegati. 5. NOVARO 185 Per la realizzazione del suo sistema “naturale”, l’autore afferma di voler limitare l’uso delle scale armoniche fino alla quinta compresa (1, 6/5, 7/5, 8/5, 9/5, 2). Se, anche in questa scala, «si procede a trasformare ogni relativo in unità»,66 si otterranno 6 nuovi intervalli: 9/5, 9/7, 9/8, 10/9, 14/9 e 16/9. A questo punto, Novaro afferma testualmente che «restano da acquisire le sensibili. Delle diverse che ci offre la natura spiccano il 21/20 e il 15/16».67 Nell’ottica delle scale armoniche, si tratta di intervalli presi molto lontano, rispettivamente nella ventesima e nella sedicesima scala.68 Colpisce la presenza di due “sensibili”, una decisione, peraltro, non giustificata dall’autore: non rimane che constatare che 21/20 è molto vicina alla tonica sovrastante, mentre 15/16 è più arretrata. I due intervalli, con le rispettive inversioni, sono collocati all’interno del seguente quadro, formato da 23 suoni nell’ottava: 1 21/20 16/15 10/9 9/8 8/7 7/6 6/5 5/4 9/7 4/3 7/5 10/7 3/2 14/9 8/5 5/3 12/7 7/4 16/9 9/5 15/8 40/21 2 Dal quadro è estrapolata una scala di 7 suoni, che integriamo col valore in Hz per meglio chiarire l’altezza dei diversi intervalli, a partire da un Do = 260 Hz: Do = 1 (260 Hz) Re = 10/9 (288,88 Hz) Mi = 7/6 (303,33 Hz) Fa = 4/3 (346,66 Hz) Sol = 3/2 (390 Hz) La = 12/7 (445,71 Hz) Si = 9/5 (468 Hz) (Do = 2) (520 Hz) 66 Ivi, p. 23. Ibidem. 68 Confrontando questa scala con quella di altri autori novecenteschi, anche successivi a Novaro, che adottano a vario titolo la just intonation, si riscontra che nessuno ha scelto questi intervalli nella zona corrispondente grosso modo ai dintorni del settimo grado della scala maggiore temperata a 12 suoni. 67 186 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Questa scala costituisce la base per la notazione musicale proposta da Novaro, mirante al mantenimento del pentagramma, nonostante la quantità di suoni da trascrivere.69 Dopo quelle armoniche, l’autore realizza anche un altro gruppo di scale, dette irregolari, a cui assieme agli armonici concorrono altri valori. Per esempio, 1, 8/7, 6/5, 4/3, 3/2, 8/5, 40/21, 2, in cui risalta la strana “sensibile” 40/21, ottenuta per inversione di 21/20 e con un valore molto prossimo alla tonica superiore (2 = 42/21).70 Come anticipato in §5.1, in vista di un’applicazione musicale delle scale, Novaro passa dalle progressioni aritmetiche (sequenze di valori in cui è costante la differenza tra termini successivi) a quelle geometriche (in cui è costante il rapporto tra i numeri, per esempio 1, 1.4142, 2 in cui 2 : 1,4142 = 1,4142). Ecco un raffronto tra le più semplici scale dei due generi: PROGRESSIONI ARITMETICHE: PROGRESSIONI GEOMETRICHE: 1, 2 1, 2 1, 1.4142, 2 1, 1.5000, 2 1, 1.2600, 1.5874, 2 1, 1.3333, 1.6666, 2 1, 1.1892, 1.4141, 1.6818, 2 1, 1.2500, 1.5000, 1.7500, 2 1, 1.1487, 1.3195, 1.5157, 1.7411, 2 1, 1.2000, 1.4000, 1.6000, 1.8000, 2 69 Ai nomi delle note della scala sono affiancati altri valori che, pur non avendo le stesse proporzioni, vengono battezzati con il nome di una delle 7 note: Do = 1, 21/20, 16/15; Re = 10/9, 9/8, 8/7; Mi = 7/6, 6/5, 5/4, 9/7; Fa = 4/3, 7/5, 10/7; Sol = 3/2, 14/9, 8/5, 5/3; La = 12/7, 7/4, 16/9; Si = 9/5, 15/8, 40/21. In questo modo, nonostante le approssimazioni possano apparire grossolane, Novaro si risparmia ulteriori complicazioni nella grafia, con l’inserimento di alcuni numeri: se si vuole indicare il 21/10 sul pentagramma basta scrivere 2Do; 16/15 è 3Do, ecc. Le alterazioni possono essere anche discendenti, per es. 16/15 corrisponde a 2) Re, 21/20 a 3)Re, ecc. Le durate delle note e delle pause sono espresse in modo convenzionale mentre, invece delle chiavi, Novaro adotta i numeri romani: i numeri indicano le ottave di appartenenza, che sono fisse, ossia il Do si trova sempre nel terzo spazio, ecc.; l’ottava I corrisponde all’ottava più grave del pianoforte. 70 Molti gli intervalli in comune con le scale a intonazione giusta impiegate da Harrison, Non è da escludere che il compositore statunitense sia venuto a conoscenza dell’attività di Novaro, giacché nel 1934-35 studiò con Cowell, il quale conosceva gli studi del messicano; in questo modo, Harrison potrebbe essere stato influenzato anche dal più importante precursore di Partch, benché la sua ricerca nel campo dell’intonazione giusta prenda le mosse da quest’ultimo. Ma non ci sono né prove documentali né testimonianze, per cui una tale affermazione deve restare tra le ipotesi piacevoli. In ogni caso, è indubbio che Novaro fu il primo a indagare in questo campo. La differenza sostanziale tra i due è che Partch fu soprattutto un compositore, nella cui attività le interazioni tra teoria e pratica si fecero fluttuanti e imprevedibili. 5. NOVARO 187 Le scale geometriche, per Novaro, non possiedono la “consistenza” necessaria per essere utilizzate in musica, anche per il fatto di formare accordi dissonanti; in questo senso, pure il sistema temperato, che rientra nelle progressioni geometriche, è troppo approssimativo; e comunque l’equabilità, ossia l’equidistanza dei gradi, è causa di monotonia,71 anche se Novaro ammette che il temperamento in uso è la suddivisione più accettabile con un numero tanto ridotto di suoni. Per essere più fedeli al sistema naturale, è necessaria una scala con un gran numero di gradi temperati. Se si volesse realizzare una progressione geometrica basata sulla terza scala armonica, occorrerebbe una scala di 65 suoni nell’ambito dell’ottava. Per un’analoga approssimazione della seconda scala armonica, sarebbero necessari 53 suoni equidistanti per ottava. La maggiore utilità delle progressioni geometriche consiste nel fatto che esse possono fornire buone approssimazioni a quelle aritmetiche,72 come nel caso della progressione geometrica a 60 suoni. Eppure, studiando questa scala — verificandone cioè le approssimazioni ai valori delle progressioni geometriche, ma anche suonando i suoi gradi in successione, provando accordi, ecc. — «essa risulta inaccettabile»,73 perché le sue approssimazioni non sono soddisfacenti. Per esempio, il 5/3 (1.6666), appartenente alla terza scala armonica, è troppo distante sia da 1.6625 che da 1.6818. D’altra parte, rileva Novaro, «se la musica dipendesse dalle progressioni geometriche, questa scala sarebbe la migliore, poiché riunisce le prime relazioni con l’unità in valori uguali tra loro, senza un numero eccessivo di suoni».74 Il discorso sulle progressioni geometriche offre il destro a Novaro per introdurre il temperamento equabile a 12. Egli ne riporta i valori in decimali, sostenendo che per le consonanze non è accettabile alcuna relazione che vada oltre 0.003 per eccesso o per difetto: 1, 1.05946, 1.1224, 1.1892, 1.2600, 1.3348, 1.4142, 1.4983, 1.5874, 1.6818, 1.7818. 1.8877, 2 Pertanto, l’approssimazione di 1.4983 a 1.5000 (3/2) è considerata buona. Altrettanto efficace è l’approssimazione all’inverso di 3/2, ossia 4/3, alla differenza di 3/2 e 4/3 = 9/8 e all’inverso di quest’ultimo, 16/9. Per Novaro, questi quattro intervalli sono gli unici che il temperamento 71 Cfr. ivi, p. 36. Cfr. ivi, p. 37. 73 Ibidem. 74 Ivi, p. 38. 72 188 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA equabile approssima con valori soddisfacenti. Invece, per la sesta maggiore, 1.6666 (5/3), il valore 1.6818 risulta troppo alto. Da ciò deriva una conclusione classica per i teorici dell’intonazione giusta: «Per questo motivo, tutti gli accordi che derivano dai suoni detti temperati sono dissonanze e che risolvendo indefinitamente in altre dissonanze mancano dell’indispensabile equilibrio che deve esistere in musica».75 Inoltre, la mancanza di una buona approssimazione al 7/4 «esclude tutti gli elementi principali e imprescindibili delle differenze di colore».76 Novaro afferma che per ottenere approssimazioni alla terza scala armonica, migliori di quelle del temperamento equabile a 12 suoni, si dovrebbe ricorrere a un sistema equabile a 53 suoni nell’ottava (ragione 0.013164).77 Ma le buone approssimazioni non andrebbero oltre la terza scala armonica, per cui il materiale musicale risulta insufficiente. Bisogna quindi volgersi nuovamente al sistema ben temperato, a cui possono essere apportate migliorie tali da farlo assomigliare al sistema “naturale”. Le complicazioni, infatti, non esistono in Natura, poiché per mezzo degli organi vocali si può facilmente modulare a piacimento e arrivare facilmente alla dodicesima scala armonica e come limite fino alla sedicesima, ma pretendere di fare lo stesso con gli strumenti musicali oggi in uso sarebbe materialmente impossibile.78 Per imitare fedelmente gli intervalli naturali fino alla terza scala armonica, Novaro propone anche una scala a 65 suoni equidistanti nell’ottava (ragione matematica 0.01072); la scala a 53 suoni (ragione 0.013164) presenta invece buone approssimazioni agli intervalli della seconda scala armonica. Giacché pare indispensabile la quarta scala armonica, è necessario formare una progressione geometrica che vi si approssimi: in tal modo si può creare un sistema naturale-approssimato che costituisca l’imitazione del sistema “naturale”.79 Il sistema naturale-approssimato è una progressione geometrica che ha come unità di base 1/72 di ottava (ragione 0.00968, corrispondente a un’ampiezza di 1/12 di tono temperato), denominato da Novaro punto, unità di misura che varia da sistema a sistema e che egli utilizza anche nel suo libro finale. Il sistema naturale75 Ivi, p. 39. Ibidem. 77 Si tratta di un sistema già preso in considerazione da altri teorici, tra cui BOSANQUET 1876. 78 Ivi, pp. 40-41. 79 Cfr. ivi, pp. 42 e 45. 76 5. NOVARO 189 approssimato deve riprodurre l’asimmetria degli intervalli naturali. Sono così identificati vari tipi di intervallo, definiti in base alla loro ampiezza in punti: di ciascun intervallo esistono quattro tipi (massimo, maggiore, minore e minimo), eccettuando la quarta e la quinta che ne hanno tre; tutti gli intervalli possono essere aumentati e diminuiti, purché non arrivino al valore degli intervalli circostanti. Come nella teoria tradizionale, questi intervalli possono essere invertiti;80 il massimo, rivoltandosi, si trasforma in minimo, il maggiore in minore, il minimo in massimo e il massimo in minore.81 Con lo schema seguente Novaro paragona gli intervalli del sistema naturale a quelli del sistema naturale-approssimato. Di ogni intervallo si hanno: nel sistema naturale, il rapporto frazionario, quello in decimali e la lunghezza della corda in pollici che produce l’intervallo, essendo la fondamentale prodotta da una corda di 24 pollici; nel sistema naturaleapprossimato, la lunghezza in pollici della corda, in decimali e il valore in punti. In barrato, due evidenti errori emendati dallo scrivente tra parentesi quadre.82 NATURALE-APPROSSIMATO NATURALE 80 Rapp. rapp. in decimali lungh. corda in pollici lungh. corda in pollici rapp. in decimali valore in punti 1 1 24 24 2 [1] 1 [0] 21/20 1.0500 22 6/7 22.87 1.0494 5 16/15 1.0666 22 1/2 22.44 1.0697 7 10/9 1.1111 21 3/5 21.57 1.1117 11 9/8 1.1250 21 1/3 21.38 1.1224 12 8/7 1.1428 21 20.97 1.1443 14 7/6 1.1666 20 4/7 20.57 1.1665 16 6/5 1.2000 20 19.99 1.2007 19 5/4 1.2500 19 1/5 19.23 1.2479 23 9/7 1.2857 18 2/3 18.68 1.2845 26 4/3 1.3333 18 17.98 1.3348 30 7/5 1.4000 17 1/7 17.13 1.4007 35 La somma dell’intervallo e del suo corrispettivo rivolto deve dare 9 come nella teoria tradizionale in cui, per esempio, la settima rivoltata dà la seconda (7 + 2 = 9). 81 Cfr. ivi, pp. 45-48. 82 Ivi, p. 47. 190 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA 10/7 1.4285 16 4/5 16.81 1.4279 37 3/2 1.5000 16 16.02 1.4983 42 14/9 1.5555 15 3/7 15.42 1.5572 46 8/5 1.6000 15 14.97 1.6027 49 5/3 1.6666 14 2/5 14.41 1.6657 53 12/7 1.7142 14 14 1.7145 56 7/4 1.7500 13 5/7 13.73 1.7479 58 16/9 1.7777 13 1/2 13.47 1.7818 60 9/5 1.8000 13 1/3 13.34 1.7990 61 15/8 1.8750 12 4/5 12.82 1.8697 65 40/21 1.9040 12 3/5 12.59 1.9060 67 2 2 12 12 2 72 Tra le immagini riprodotte nell’opuscolo, vi è uno strumento che Novaro costruì per raffrontare i due sistemi: si tratta di una cassa armonica a due ordini di corde intonate nei due sistemi, in modo da permettere rapide comparazioni di gradi e accordi.83 Lo studioso afferma: «Con il sistema naturale-approssimato si può imitare la sesta, settima, ottava e nona scala armonica considerando i seguenti intervalli che, in relazione a quelli già classificati, fanno parte degli aumentati e diminuiti».84 NATURALE-APPROSSIMATO NATURALE 83 84 Rapp. rapp. in decimali lungh. corda in pollici lungh. corda in pollici rapp. in decimali valore in punti 11/16 1.8326 13 1/11 13.08 1.8340 63 11/7 1.5714 15 3/11 15.26 1.5722 48 13/7 1.8571 12 12/13 12.96 1.8518 64 11/8 1.3750 17 5/11 17.47 1.3740 33 13/8 1.6250 14 10/13 14.83 1.6183 50 11/9 1.2222 19 7/11 19.60 1.2240 21 13/9 1.4444 16 8/13 19.64 1.4417 39 17/9 1.8888 12 12/17 12.71 1.8877 66 Cfr. ivi, p. 48. Ivi, p. 49. 5. NOVARO 191 Per il sistema naturale-approssimato, Novaro utilizza la stessa notazione musicale di quello naturale. Sul pentagramma, oltre alle scale, vengono definiti 32 accordi fondamentali derivati dalla quarta scala armonica, 8 di 4 suoni e 24 di 3.85 Si tratta delle approssimazioni ai 32 accordi fondamentali del sistema naturale, già presentati in forma frazionaria trattando delle posizioni (rivolti). Alle scale armoniche e irregolari, Novaro aggrega le regolari, formate da gradi equidistanti tra loro e che egli definisce «incolori»: esse vanno usate solo per produrre questo effetto. L’uso del punto (1/72 di ottava) è indispensabile in armonia ma non ha senso nelle melodie. «Possiamo usare in determinati casi gli intervalli di 2/72 e 3/72, perfettamente percettibili, ma per il canto non si deve impiegare un intervallo minore di 4/72 che imita quello di 25/24».86 Viene fornito un elenco di intervalli, di cui sono altresì esposte le ragioni della loro precipua importanza: È di somma utilità l’attento studio degli intervalli 7/6, 7/5, 10/7 e 12/7, che corrispondono a 16, 35, 37 e 56 punti, per la loro grande somiglianza con le consonanze. L’8/7, 14 punti, tra le altre cose, per essere fattore nella sensibile 1-8/710/7. Il 21/20 e il 25/20, la cui imitazione corrisponde ai toni maggiore e minore. Il 12/11, 9 punti, con cui si può formare tutta una nuova organizzazione musicale. Il 7/4, 56 punti, per la sua grande importanza nei chiaroscuri musicali. Il 10/9 e il 9/8, 11 e 12 punti, per la loro successiva alterazione cercando di produrre consonanze con i differenti gradi. La seconda minima, 7 punti, perché imita il 15/14 e il 16/15, intervalli di grande importanza musicale, fattori nelle prime divisioni del 9/8 e del 10/9. Queste prime divisioni sono, del 10/9, 16/15 e 25/24, essendo 15/14 e 21/20 quella del 9/8. La scala irregolare 1, 8/7, 6/5, 4/3, 3/2, 8/5, 40/21, 2, che corrisponde a Do, 4Re, 5)Mi, Fa, Sol, 5)La, 3Si, Do, e si caratterizza per la sua [il suo accordo di] sensibile 8/7-4/3-40/21. Prendendo come unità l’8/7 si ottiene 17/6-5/3. Le scale irregolari 1, 6/5, 4/3, 3/2, 5/3, 2, ossia Do, 5)Mi, Fa, Sol, La, Do. E quella 1, 5/4, 4/3, 3/2, 8/5, 2, che corrisponde a Do, Mi, Fa, Sol, 5)La, Do. Entrambe sono formate da un accordo consonante e dall’inversione dello stesso.87 85 Cfr. ivi, p. 52. Ivi, p. 56. 87 Ivi, pp. 56-58. 86 192 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Intorno al 1927 le ricerche di Novaro sono giunte a quanto descritto finora; i semplici strumenti di cui dispone sembrano non bastare. Nella Teoría de la música. Sistema natural base del natural-aproximado mancano riferimenti precisi alla rettificazione del sistema ben temperato che, nel complesso, viene giudicato negativamente, assieme a tutte le scale a progressione geometrica, che «non posseggono la consistenza necessaria per innalzare i cimenti della musica».88 Non ci sono ancora indizi del conseguimento di quella che risulterà essere una delle credenziali più importanti per l’ottenimento della borsa di studio statunitense: una serie di accordature basate sul temperamento equabile, adattate a diversi strumenti: questi risultati, evidentemente, matureranno in buona parte tra il 1927 e il 1930. 5.3. L’attività di Novaro negli USA (1930-1932) È possibile ricostruire l’attività di Novaro nel periodo statunitense grazie alla corrispondenza intrattenuta con la John Simon Guggenheim Memorial Foundation di New York, in particolare con il segretario della fondazione, Henry Allen Moe (1894-1975). Un radicato e ricorrente luogo comune dipinge i messicani come pigri e fatalisti, al contrario dei loro vicini settentrionali, dotati di pragmatismo e intraprendenza, a volte anche troppa. Seppure smentito abbondantemente nella sfera dell’arte e anche in quella più generale delle attività lavorative, questo stereotipo nasconde indubbiamente le difficoltà di un incontro tra due mentalità diverse: in questa prospettiva, l’epistolario Novaro-Moe non fa eccezione. Nelle lettere, come nei libri, il Nostro adotta comunque uno stile semplice e diretto, benché non privo di cortesia e riconoscenza; siamo assai lontani dall’ampollosità di un Carrillo, ma il profilo psicologico che s’intravede in lontananza è troppo sfocato per tentare di definire anche a grandi linee la personalità dello studioso. D’altra parte, Moe fu uno dei principali paladini delle nuove tendenze musicali e sostenne l’attività di vari compositori statunitensi. Forse le ricerche di Novaro si collocavano all’incrocio di troppi ambiti disciplinari per suscitare in Moe una piena complicità. La cartella relativa a Novaro, in possesso della Guggenheim Foundation, oltre alle lettere comprende diversi altri materiali e rappresenta l’unica documentazione esistente sugli studi del teorico messicano 88 Ivi, p. 36. Nell’originale si tratta di una frase grammaticalmente faticosa, il cui senso è però abbastanza chiaro e che abbiamo preferito tradurre alla lettera. 5. NOVARO 193 negli USA: la sola fonte che ci permetta di approfondire e chiarire un tratto della sua biografia e delle sue indagini. Quando decise di trasferirsi negli Stati Uniti, nel 1930, Novaro era un uomo di quasi quarant’anni, con un impiego stabile di linotipista in un quotidiano di Città del Messico, sposato con Enriqueta Vega e con due figli di 12 e 11 anni. Al momento di sottoporre la domanda per una borsa di studio alla Guggenheim Foundation, il 15 novembre 1930, egli si trovava già a New York. È ragionevole supporre che una trasferta del genere non sia avvenuta alla cieca, senza una solida speranza in un introito economico, ma in mancanza di riscontri, l’ipotesi è destinata a rimanere tale. D’altra parte, in Messico, Novaro aveva effettuato le sue ricerche in completa solitudine per molti anni — a suo dire fin dal 1909 — pubblicando periodicamente alcuni opuscoli in merito, con intenti divulgativi. Dal Sistema natural de la música si deduce che egli — pur avendo a disposizione alcuni testi di acustica e teoria musicale abbastanza aggiornati, peraltro mai citati direttamente nei suoi scritti — fino all’esperienza statunitense, ma anche dopo, adottò per le sue misurazioni uno strumentario che può considerarsi pre-settecentesco. Egli si era servito, e continuò a fare uso, di semplici mezzi meccanici come orologi, metronomi e alcuni strumenti autocostruiti, tra cui le cosiddette “casse acustiche”, piccole casse di risonanza su cui erano tese una o più corde. Gli intervalli erano ottenuti in base alle lunghezze della corda, ricavate da calcoli aritmetici. Nonostante queste risorse facessero parte da millenni della teoria musicale, spiccate capacità progettuali e costruttive permisero a Novaro di realizzare un gran numero di strumenti, con risultati assolutamente nuovi e originali. Se Novaro si mostrò meno ambizioso di Carrillo, scontò il fatto di non essere né compositore né scienziato: lavorò in un campo che non poteva certo dirsi nuovo e le cui certezze erano dogmaticamente ribadite più che verificate, specialmente nella fase di stallo degli studi di acustica che precedette l’avvento massiccio dell’elettronica nei laboratori di ricerca. Gli studi di Novaro si collocano pionieristicamente in un’area che di lì a pochi anni si sarebbe rimessa in moto, con sperimentazioni scientifiche e un rinnovato interesse creativo dei compositori. La difficoltà di trovare una collocazione disciplinare chiara, finanche di definire la natura della sua attività di ricerca se non attraverso un generico “teoresi della musica”, emerge anche dall’epistolario Novaro-Moe. Lo studioso messicano, peraltro, si era formato prevalentemente come autodidatta; non parlava l’inglese;89 nel presentare la sua candi89 Anche ad Antonio Meucci (1808-1889) la scarsa conoscenza della lingua inglese impedì di far valere i propri diritti circa l’invenzione del teletrofono, di cui pure i giornali statu- 194 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA datura alla Guggenheim, si definì candidamente «dedito alla ricerca e alla sperimentazione musicale».90 Eppure, i risultati ottenuti negli anni precedenti e le dimostrazioni pratiche finirono per persuadere la commissione selezionatrice, grazie anche alle lettere di presentazione di Stokowski e Cowell. Quest’ultimo ricevette una borsa di studio Guggenheim lo stesso anno di Novaro e si recò a Berlino nel 1931-32 per studiare con Hornbostel.91 Vale forse la pena di ricordare che da quegli studi nacque l’interesse di Cowell per le musiche extraeuropee: un aspetto che avrà importanti ripercussioni in ambiente californiano anche sulle successive ricerche di nuovi o esotici sistemi in intonazione. In attesa del responso per la borsa di studio, a New York Novaro approntò una casa-studio con i suoi strumenti, tra cui un liuto con un temperamento equabile a 53 suoni nell’ottava, una chitarra in temperamento equabile a 15 suoni e diverse casse acustiche. Un conoscente, Prosper Guerry, aveva concesso a Novaro un appartamento a tale scopo. In quella casa si dettero varie dimostrazioni basate su plurimi sistemi temperati e sulle casse acustiche; fu lì che Yasser poté ascoltare il temperamento a 19 suoni sul quale stava lavorando (cfr. §6).92 L’ambiente di lavoro di Novaro era certamente un luogo meno spettacolare del favoloso laboratorio di Lev Theremin, ma gli intenti dei due ricercatori non erano dissimili.93 Entrambi si adoperarono per diffondere le proprie ricerche e reperire finanziamenti: esperti, studiosi, professionisti e soprattutto qualche potenziale mecenate appartenente all’alta borghesia newyorkese erano invitati ad assistere alle performances. Il poeta messicano José Juan Tablada (1871-1945) fu testimone di queste attività di Novaro, che descrisse in un prezioso articolo che riportiamo più avanti. nitensi parlarono nel 1860. 90 Modulo di richiesta di borsa di studio della John Simon Guggenheim Memorial Foundation per l’anno 1931, presentato da Novaro il 15 novembre 1930. Archivi della John Simon Guggenheim Memorial Foundation, New York, v. NOVARO E ALTRI 19301951. 91 Ogni anno, la Fondazione Guggenheim assegna due borse di studio ad artisti e scienziati statunitensi, canadesi, latinoamericani e caraibici. 92 Cfr. NOVARO 1951, p. 19. 93 Sul finire degli anni ’20, Theremin aveva allestito a New York un atelier altamente tecnologico in cui si potevano ammirare diverse meraviglie dell’elettronica, in alcuni casi esemplari unici al mondo. Oltre a vari theremin e a un complesso sistema di luci elettriche colorate, vi trovavano spazio una pedana elettronica che lo scienziato russo aveva appositamente creato per la moglie, la danzatrice afroamericana Iavana Williams, e un prototipo di televisore a colori. 5. NOVARO 195 Il 15 settembre 1931 Novaro iniziò un periodo di studio inerente — questa la motivazione ufficiale della Guggenheim Foundation — alla «teoria della musica matematica e fisica e composizione musicale, e la ricerca nella progettazione e costruzione di nuovi strumenti musicali».94 All’epoca, negli Stati Uniti, la fondazione era una delle poche istituzioni ad assegnare borse di studio. Ne beneficiò, tra gli altri, Partch che, dopo due tentativi infruttuosi (1932, 1933), ne ottenne ben tre (1943, 1944, 1950). Questa contiguità rende difficile credere che Partch abbia ignorato completamente le ricerche di Novaro. Anche dopo l’assegnazione della borsa di studio e un chiarimento sull’ambito d’indagine del ricercatore messicano, non fu facile per il responsabile della fondazione indirizzare Novaro nel luogo più adatto e individuare il suo più adeguato referente. Risultava abbastanza naturale che le proposte dello studioso messicano suscitassero un certo interesse in un ambiente culturale in fermento come quello newyorkese, in cui l’interazione tra musica e nuove tecnologie muoveva con entusiasmo i suoi primi passi. Tuttavia, le risorse dei grandi laboratori di ricerca, dove gli scienziati avevano ben altro da fare, apparivano eccessive e impraticabili se commisurate all’entità del progetto; inoltre, tanto i presupposti quanto le finalità degli esperimenti, almeno sulla carta, non potevano che risultare, agli occhi di uno scienziato, eccessivamente generici o avulsi da un’applicazione pratica immediata. D’altra parte, un conservatorio di musica sarebbe stata una sede ancora più inopportuna per un tipo di ricerche che richiedevano una strumentazione specifica. Un articolo dell’11 marzo 1931 di Lindesay Parrott95 presentava il personaggio Novaro e le sue ricerche. Messicano, d’origine italiana, vent’anni prima, studiando il pianoforte, egli aveva cominciato a interrogarsi sulle teorie musicali in circolazione trovandole insoddisfacenti. Aveva realizzato allora delle «stringed acoustic boxes», casse acustiche a una o più corde. Parrott sostiene che se ai profani riesce difficile comprendere gli aspetti teorici della ricerca di Novaro, anche loro riescono ad avvertire le differenze tra un’accordatura tradizionale del pianoforte e quella denominata “Novaro Perfect Temperament”. Il ricercatore messicano è a New York da quattro mesi e non parla inglese (vedremo che il problema della lingua ricorrerà diverse volte). Alfred Kugel, ex-insegnante al Teacher’s College e flautista a becco, affermò che la nuova accordatura aveva eliminato le dissonanze del temperamento equabile sul pianoforte. 94 95 MOE E ALTRI 1932, p. 78. PARROTT 1931. 196 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Annota Parrott, riferendosi a Novaro, e spostandosi su un altro aspetto delle sue ricerche: Gli studiosi delle sue teorie spiegano, comunque, che egli crede di aver ottenuto un fondamento matematico definitivo per l’armonizzazione. Il suo sistema dell’armonia, asseriscono, è più semplice ed elastico del vecchio, ed egli sostiene che con l’applicazione dei suoi principi, le risorse della scala cromatica siano state incrementate del 70 percento.96 Anche il poeta Tablada, come già accennato, scrisse dalla metropoli statunitense un articolo su Novaro, pubblicato da El Universal di Città del Messico il 29 marzo 1931. Lo scrittore aveva vissuto in Giappone e, come Carrillo, si era autoesiliato a New York nel 1914 dopo la caduta di Huerta. Si fece paladino dell’arte di Orozco, Rivera e di altri pittori messicani; fu altresì amico di Varèse, il quale musicò una delle sue poesie tradotta in francese.97 Dall’articolo di Tablada, un lungo elogio di Novaro che merita di essere riportato integralmente, si possono estrarre alcune informazioni biografiche.98 Tablada cita anche un articolo coevo scritto da Arturo Bri96 Ibidem. Si tratta di “La croix du sud”, in Offrandes. 98 «Dal 1904 al 1910 studia solfeggio e pianoforte e comincia meditazioni che nei successivi vent’anni lo porteranno a profondità abissali, appena illuminate dai lampi, forse dai fuochi fatui, della fugace intuizione. […] Nel decennio seguente, 1910-20, studia pianoforte e armonia e si dedica alla composizione, e qui comincia la tragedia che, annunciando per qualsiasi altro il fallimento, usata da Novaro si convertì in un trionfo. Nel corso dei suoi lavori, cominciò a incontrare serie difficoltà tecniche, che i trattati di armonia anziché chiarire complicavano in intrichi esasperanti. Fu allora che, senza scoraggiarsi né darsi per vinto, Novaro ricominciò da capo, dedicandosi alla ricerca scientifica della musica […]. Non soltanto non trovò trattati che stabilivano la vitale e indispensabile relazione tra la fisica e la musica, ma scoprì il fatto sconcertante e mostruoso che i principi stabiliti della teoria non erano applicati nella pratica, ma soffrivano delle più arbitrarie alterazioni. Regnava il capriccioso empirismo dove doveva imperare l’esattezza scientifica! […] Si imponeva dunque la sperimentazione e la verifica pratica dei frutti dell’analisi. A questo fecero seguito, per organizzare quel caos, le speculazioni analitiche, con il fine di valorizzare intrinsecamente i suoni e trovare l’espressione matematica delle sue relazioni. Queste, rispetto agli intervalli, furono studiate in base alla ricerca dei numeri in rapporto all’armonia e alla fisica […]. Si imponeva quindi la sperimentazione e la verifica pratica dei frutti dell’analisi e si dovettero costruire strumenti per riprodurre le suddivisioni ottenute mediante i calcoli, ma la loro realizzazione richiese prima la costruzione di macchine esatte e precise. Gli strumenti provarono obiettivamente e inconfutabilmente i calcoli astratti, affermarono le basi della Teoria Musicale Novaro e dimostrarono l’imperfezione e carenza dell’attuale accordatura del pianoforte e di altri strumenti, per rimediare alla quale e per servire come guida infallibile fu inventata la cassa di accordatura che è, inoltre, indice e regola per il sistema temperato in generale…Dopo queste impegnative e 97 5. NOVARO 197 sbane e pubblicato sull’Evening Post. Oltre a ricevere una certa attenzione dalla stampa quotidiana e settimanale non specialistica (che, come si vedrà anche per Partch, costituì un importante veicolo di diffusione delle idee più innovative e anche più bizzarre), a New York Novaro ebbe modo di incontrare numerosi personaggi, artisti e studiosi, presso i quali le sue idee riscossero un certo interesse. Oltre a Tablada e ai nomi citati nel suo articolo, Novaro conobbe tra gli altri Francis Flynn Paine99 ed Esperanza Pulido.100 Se di alcune di queste persone si sono perse le tracce ed è difficile stabilire persino quale attività svolgessero, altre hanno certamente avuto una loro parte nella storia musicale e artistica; in ogni caso, si trattava di interlocutori che, a causa della loro formazione e del loro campo di attività, erano in grado di prestare una certa attenzione all’attività di Novaro. Tra gli artisti incontrati a New York, la più importante fu certamente la pianista, compositrice, direttrice d’orchestra e didatta Emiliana de Zubeldía y de Inda (1888-1987), che più tardi diverrà l’unica vera allieva di Novaro, la quale mise tenacemente in pratica alcune delle sue idee. Nata complesse attività matematiche, fisiche, filosofiche, musicali e materialmente costruttive, Novaro, nel 1924, pubblica il libro Teoría de la música, che dota questa di una base inamovibile e il musicista di una legge inviolabile per collegare i suoni all’interno di un vasto campo scientifico, mostrandogli la via per dilatare gli orizzonti nelle regioni musicali di un futuro pregno di prodigi […]. Il consumarsi di un enorme lavoro intellettuale e fisico, per ventisette anni, senza scoraggiamento né un dubbio né un centesimo…poiché bisogna menzionare la commovente circostanza che Augusto Novaro è un operaio, linotipista a El Universal, e che condusse i suoi ciclopici lavori di inventore a margine dei compiti quotidiani, sacrificando così i precari ozi della sua vita di proletario! […] Con la nuova ondata d’entusiasmo che non dobbiamo trattenere, menzioniamo il beneplacito di Carlos Chávez e del Comité dei Maestri guidato da Luis G. Saloma che ha adottato ufficialmente la Nuova Teoria Novaro, dimostrando così un’agile intelligenza e plausibile solidarietà per opere che onorano la patria e diamo come prova anche gli allori che una primavera propizia comincia a far germogliare per Novaro, con alcuni fatti eloquenti e rigorosi. Sono profondamente interessati alla Nuova Teoria Novaro il decano dei professori di musica newyorkesi, Walter Damrosch, della famosa scuola Juilliard; Leopold Stokowski, già conosciuto in patria; Gerard Warburg, famoso violoncellista, figlio del banchiere Felix Warburg; Henry Cowell, compositore e musicologo di gran fama; il professor Surette, della Harvard University; J. Seeger, dell’accademia Juilliard, e Claudio Bragdon, filosofo ed estetologo, che scrivendo sulla Teoria Novaro dice: “Possiede la rara e semplice bellezza di un fatto inevitabile”. Le fabbriche di pianoforti che hanno approvato e adottato il sistema di temperamento basato su questa teoria sono: Harman & Peck, Knabe, Cristman Piano, la Baldwin e la Steinway» (TABLADA 1931). 99 Francis Flynn Paine, gallerista e promotrice dell’arte messicana negli Stati Uniti. Alla galleria “Art Center” di New York organizzò diverse mostre tra cui, nel 1930, quella della pittrice messicana María Izquierdo. 100 Esperanza Pulido (1900-1991), musicologa messicana. 198 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA in Navarra, si era diplomata al Conservatorio Real di Madrid e aveva studiato direzione di coro e d’orchestra a Parigi. Giunta in America nel 1928, a Rio de Janeiro, l’anno seguente tenne diversi concerti in Uruguay e Argentina per poi salpare alla volta di New York, prima della rivoluzione militare del 1930. L’incontro con Novaro avvenne in occasione di una conferenza del teorico alla Columbia University. Il 12 febbraio 1931, alla Town Hall, la Columbia Concert Corporation presentò il primo concerto statunitense di Zubeldía, che prevedeva vari pezzi, tra cui alcune armonizzazioni di canti popolari baschi realizzate secondo il sistema del teorico messicano, oltre a una Suite en tres tiempos della stessa pianista, per due pianoforti con accordature Novaro. Nel 1932 Zubeldía effettuò una tournée nei Caraibi e in Messico e nel 1936, dopo un’altra serie di concerti a Cuba, divenne stabilmente allieva dallo studioso dopo essersi trasferita in Messico. Nel 1937 si ritirò dall’attività concertistica, frequentando i concerti del venerdì nella casa di Novaro a Città del Messico: per dieci anni, la compositrice studiò assiduamente il sistema naturale e lo applicò (in parte) alle proprie opere.101 Su questo periodo la documentazione biografica è molto scarsa, ma sappiamo che Novaro proponeva dei temi musicali e Zubeldía dava loro corpo all’interno di una qualche forma classica. Nacquero così innumerevoli fughe, sonate, preludi, tientos, studi, sinfonie, poemi sinfonici, concerti e altre opere. Tutti i venerdì sera, un gruppo ridotto e selezionato di melomani e specialisti si raccoglieva nella casa di Tacubaya per ascoltare le novità della settimana sui pianoforti che Novaro era riuscito a costruire e perfezionare: il novaro-clave e il novar.102 La realizzazione di questi ultimi due strumenti risale probabilmente agli anni ’40, ma Novaro, ancora nel libro edito nel 1951, afferma che è necessario apportarvi ulteriori modifiche. Il golpe militare in Spagna rafforzò le convinzioni repubblicane di Zubeldía e i postumi della guerra civile costrinsero molti musicisti a emigrare in Messico: anche la cerchia di Novaro si aprì agli esuli. Tra i frequentatori della casa di Tacubaya c’erano Baqueiro Foster, Alfonso Reyes, Rodolfo Halffter, Otto MayerSerra, Pulido, Luis Sandi, Castañeda, José Revueltas, tutti personaggi di spicco della vita culturale messicana. Di gusti tradizionalisti, Zubeldía avversò la musica elettronica, ma non rimase immune dal fascino suscitato dalle nuove accordature del maestro ed eseguì musica di repertorio sui suoi strumenti. Compose se101 102 Cfr. VARELA 1992 e 1993. VARELA 2002. 5. NOVARO 199 condo la teorìa natural, ma esclusivamente nel campo dei 12 suoni temperati.103 Uno dei primi esempi è la Sinfonía elegíaca (1939-40), eseguita a Città del Messico il 5 agosto 1956. Nel 1947 la Universidad de Sonora invitò la musicista a formare e dirigere un coro studentesco a Hermosillo, dove la compositrice trascorse il resto della sua esistenza, anche se si recò spesso a Città del Messico. A parte alcuni arrangiamenti di musica indigena Seri, Yaqui e Maya, tra le opere scritte da Zubeldía nel sistema di Novaro, si ricordano i Cinco Estudios para piano, de acuerdo con las teorías de Novaro, i Diez Tientos, dedicati a Esperanza Pulido;104 il Concerto per pianoforte e orchestra; Motivos del año, per soprano e orchestra; Sinfonía per coro e orchestra; Lento elegiaco, per viola e pianoforte; otto ulteriori Tientos; Sonata en tres estancias per pianoforte. Uno dei lavori più importanti della compositrice è la Misa de la Asunción (1968). Morì a Hermosillo quasi centenaria il 26 maggio 1987.105 La compositrice utilizzò soltanto le prime tre scale fondamentali e le rispettive reciproche, così come gli accordi e le posizioni che essi generano, applicate al sistema temperato a 12 suoni; certamente si servì delle varie accordature rettificate nel sistema ben temperato e collaudò i nuovi strumenti di Novaro, ma l’aspetto “naturale” della teoria non fu applicato, anche perché la compositrice spagnola scrisse sempre per strumenti tradizionali. Torniamo agli anni statunitensi di Novaro. Le nuove accordature furono adottate da alcuni conservatori. Il ricercatore messicano fu presentato da Leopold Godowsky all’organista Frederick C. Mayer, che pare abbia accordato con il nuovo sistema il monumentale organo dell’accademia militare di West Point. Interpreti come Herma Menth, Gerard Warburg, Harold Bauer, Josef Lhevinne, Walter Gieseking, Anton Rovinsky suonarono con la nuova intonazione di Novaro. Tra gli altri personaggi incontrati a New York, nel libro sono ricordati Stokowski, Slonimsky, Charles Seeger, William Braid White, Cowell, Marion Bauer, Schillinger, Jonne Landseet, Wallingford Riegger, Harry Cumpson e Theremin. A New York, Novaro non ebbe soltanto la possibilità di far conoscere le proprie ricerche a una vasta comunità di compositori e interpreti, ma entrò in contatto con diversi scienziati. Tra questi, il più importante fu il fisico Harvey Fletcher, all’epoca direttore della sezione di acustica sperimentale dei Bell Telephone Laboratories, inventore del suono stereofonico, dell’hearing aid e del primo audiometro. Quando 103 L’archivio di Zubeldía è attualmente custodito dalla Universidad de Sonora. PULIDO 1970, p. 39. 105 Per ulteriori notizie, cfr. VARELA 1992, 1993 e 1999. 104 200 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Novaro andò a New York era in pieno svolgimento una rivoluzione nella ricerca sul rapporto tra suono ed elettricità: nel 1929 Fletcher aveva pubblicato uno studio fondamentale dedicato agli aspetti fisici del parlato, della sua trasmissione e dell’ascolto.106 Nei laboratori Bell Novaro compì alcuni esperimenti con la collaborazione del dottor J. Steinberg, ottenendo fotografie delle vibrazioni sonore che riprodusse nel suo libro.107 A parte ciò, della sua attività in quell’istituzione non è rimasta traccia.108 Il fatto appare normale, data la quantità di invenzioni e applicazioni tecnologiche che scaturirono da quella fucina e dato il numero di sperimentatori che vi si avvicendarono.109 Novaro è comunque uno dei primissimi musicisti a lavorare in quei laboratori: nel suo libro più importante, l’autore riferisce di due esperimenti riguardanti il rapporto di ottava. Nel primo, furono raffrontate le fotografie della forma d’onda di una fondamentale e dell’ottava prodotta da uno dei sonometri di Novaro e dello stesso suono filtrato. Alla University of Iowa, poi, vennero confrontate all’oscilloscopio le note del sonometro e di un diapason. Intonando all’unisono due sonometri, attraverso un ponticello mobile una delle due corde veniva divisa esattamente a metà. Lo stesso esperimento venne ripetuto anche con una sola corda, con due misurazioni successive. Se la corda divisa a metà produceva, come previsto, il doppio della frequenza della corda intera (fondamentale), il problema riscontrato da Novaro riguardava il suono simultaneo della fondamentale e dell’ottava, in cui si registravano +3.5 battimenti in 5 secondi, contro la previsione teorica che avrebbe voluto un rapporto d’ottava nella forma “pura” 2/1. Un esperimento straordinariamente simile a quello “del nodo” condotto da Carrillo nel 1947 (cfr. §4.2). Cercheremo di ricostruire nel dettaglio il periodo della borsa di studio di Novaro tramite la documentazione della Guggenheim Foundation. Di notevole interesse, per lo studioso messicano, era la possibilità di “vedere il suono” e fotografarlo attraverso alcune macchine, il che rendeva possibile un raffronto tra suoni diversi. Il fatto di poter visualizzare le vibrazioni sonore non era una conquista recentissima;110 nell’Ot106 FLETCHER 1929. NOVARO 1951, p. 20. 108 E-mail del 24 febbraio 2003 di Sheldon Hochheiser, storico istituzionale dell’AT&T, allo scrivente. 109 Sulle ricerche condotte da Fletcher e altri presso i Bell Labs, cfr. RUSSO 2002, pp. 7280 e pp. 83-94 e SCHOENHERR 1999. 110 Già Helmholtz aveva avuto modo di lavorare con il fonoautografo di Scott & König di Parigi per le sue misurazioni (cfr. HELMHOLTZ 1875, p. 166). Le prime applicazioni del107 5. NOVARO 201 tocento questa esigenza venne assolta da diversi strumenti, tra cui l’analizzatore del timbro a cavità risonante di König. In seguito, l’applicazione delle risorse elettriche e poi elettroniche aveva permesso di misurare e visualizzare alcuni parametri del suono. Durante i suoi studi statunitensi Novaro non frequentò soltanto fisici; lavorò per esempio con Carl Emil Seashore (1866-1949), celebre psicologo con interessi musicali e rettore della University of Iowa, il quale condusse pionieristici studi di acustica in rapporto alla percezione umana. Nell’Iowa Novaro realizzò vari esperimenti e scambiò opinioni con scienziati sul possibile uso delle sue scale. Per dimostrare la possibilità di udire una scala di 43 suoni nell’ottava, Partch cita la Psychology of music (1938) di Seashore e FLETCHER 1929.111 Un altro personaggio importante per Novaro fu Thomas Whitney Surette (1861-1941), compositore, didatta, attivo a Concord e autore di diversi libri.112 Il nuovo sistema di accordatura fu presentato a diverse ditte di pianoforti (Hardman, Peck & Co., American Piano Company, Baldwin, Steinway, Knabe): Knabe espose nel suo negozio vari pianoforti accordati con il sistema Novaro, accanto a strumenti con accordatura tradizionale. Rispetto agli scienziati, il contatto con i musicisti risultò più facile. Senza perdersi in spiegazioni, Novaro poteva proporre le proprie idee e darne dimostrazione. Vari interpreti di rilievo ritennero interessante il lavoro del ricercatore messicano. Stokowski non risparmiò le lodi, dopo che Novaro gli aveva accordato il pianoforte: «Il risultato fu una purezza di intervalli che non avevo mai sperimentato prima e anche un maggiore volume di suono».113 Levine e Bauer tennero un concerto al Barbizon Plaza con due pianoforti accordati à la Novaro. Anche il mondo della radiofonia si interessò alle ricerche del messicano, che accordò un organo l’elettronica resero possibile anche la fotografia delle vibrazioni sonore, a cui anche ricorse Novaro. Helmholtz riferisce di altri sistemi di visualizzazione decisamente rudimentali, come i disegni ottenuti da Politzer attaccando una penna all’osso dell’orecchio di un papero e facendo poi risuonare due canne d’organo per registrare graficamente l’effetto dei battimenti. 111 PARTCH 1974, pp. 121n e 122n. L’affermazione di Seashore, secondo il quale i 12 intervalli temperati sarebbero gli intervalli minimi di cui una “media statistica non selezionata” può godere, sembrava a Partch simile «alla scusa comune con cui si giustificano i cattivi film e i programmi radiofonici mediocri» (PARTCH 1974, p. 122n). 112 Ricorda Otto Luening: «Moe, Thomas Whitney Surette, Porter e io ci incontrammo a New York per fondare il Council for the Advancement and Diffusion of American Music […]. Gli scopi del consiglio erano l’avanzamento e la diffusione della conoscenza, comprensione e apprezzamento della musica, particolarmente quella dei compositori americani» (LUENING 1980). 113 STOKOWSKI 1931. 202 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Welte per Emil Velazco, il quale diffuse nell’etere alcuni brani dalla stazione WOR.114 Del concerto di Zubeldía si è già detto. La documentazione allegata alla richiesta di borsa di studio riporta alcuni utili dati biografici. Prevalentemente autodidatta per quanto riguarda la musica, Novaro non ricevette un’istruzione regolare, non frequentò l’università e prese lezioni da diversi insegnanti privati. Sono elencate alcune persone in grado di fornire ulteriori informazioni sul suo conto: Chávez, all’epoca direttore del Conservatorio Nacional de Música e vari docenti di quella stessa istituzione (Castañeda, Romero, Saloma) nonché Ernesto Hidalgo, direttore dell’Universal Gráfico, giornale presso il quale Novaro lavorava. Per accertare la validità del progetto di ricerca, venne interpellata una serie di esperti: Stokowski, Cowell, il direttore Frank Damrosch e il violoncellista Gerard Warburg. Cowell — all’epoca presidente per il Nord America della Pan American Association of Composers — sostenne l’importanza delle ricerche di Novaro, ritenendo molto precisi e magnificamente costruiti gli strumenti musicali che questi aveva realizzato; Damrosch affermò con tutta sincerità di non aver capito la nuova accordatura, mentre Warburg sottoscrisse un parere più che positivo. Un altro allegato alla domanda per la borsa di studio chiarisce i primi anni di attività di Novaro. Dopo aver scritto vari pezzi pianistici tra il 1910 e il ’20 e insoddisfatto delle informazioni fornite dai trattati di armonia e contrappunto, egli avrebbe abbandonato la composizione per dedicarsi alla ricerca. Gli studi condotti sono così riepilogati dall’autore: «[Intendevo stabilire] la posizione matematica dei suoni contenuti in tutte le suddivisioni dell’ottava, mettendo così in pratica il mio lavoro analitico. In questo studio mi occupai di tutte le suddivisioni conosciute e di altre che presumo non siano mai state investigate».115 Nel 1924 uscì il primo opuscolo, Teoría de la música, seguito da altri, a scadenze annuali. Per lo studioso l’attuale accordatura dei pianoforti e degli altri strumenti musicali è falsa. Il sistema alternativo di Novaro fu approvato dal conservatorio di Città del Messico nel 1930; nella commissione figurava Baqueiro Foster il cui nome, come abbiamo visto, ricorre frequentemente nelle vicende di Carrillo e Novaro. Quest’ultimo, nel programma sottoposto alla Guggenheim, si prefiggeva i seguenti obiettivi: completamen114 Lo stesso Velazco pensò di eseguire un suo concerto jazz con la Manhattan Symphony Orchestra alla Carnegie Hall con un pianoforte accordato col sistema Novaro, ma non è dato di sapere se ciò sia avvenuto. 115 NOVARO 1931. Questa e le successive lettere sono custodite negli archivi della John Simon Guggenheim Memorial Foundation, New York, v. NOVARO E ALTRI 1930-1951. 5. NOVARO 203 to degli studi matematici legati alla musica e loro verifica empirica; progetto e costruzione di scatole di accordatura, sul tipo di quelle già realizzate in Messico, e nuovi strumenti musicali; stesura e pubblicazione di un libro che spiegasse in dettaglio il complesso della teoria e i vari studi, allo scopo di rettificare gli attuali strumenti e guidare e incoraggiare la progettazione e la costruzione, ancora una volta, di nuovi strumenti musicali. La stesura del libro occupò quasi tutta la vita di Novaro. In concomitanza con le richieste di rinnovo della borsa inoltrate alla Guggenheim, Moe sollecitò inutilmente stralci del testo. La versione finale del libro fu diversa da quanto prospettato nel 1930: essa infatti accenna soltanto ai nuovi strumenti senza fornire dettagli sulla loro progettazione; ma la struttura generale e molte idee esposte nell’ultima stesura si trovano già abbozzate. L’architettura generale del Sistema, come vedremo, fu concepita nel 1935, anche se la parte riservata al microtonalismo e all’intonazione giusta, parzialmente trattata nell’opuscolo del 1927, fu notevolmente ampliata dopo il soggiorno statunitense. Stando alle testimonianze, sembra che tra tutti gli elementi della teoria di Novaro, ad attecchire di più negli Stati Uniti furono le versioni rettificate del temperamento equabile che, come abbiamo visto, interessarono Stokowski e altri musicisti: era un aspetto di certo più coinvolgente delle complicate volute aritmetiche della “teoria naturale”. Per quanto riguarda gli strumenti microtonali, gli esemplari costruiti del ricercatore messicano rimasero allo stadio di curiosità, forse anche per il fatto di non essere corroborati da vere e proprie composizioni. Il 17 marzo 1931 fu comunicata a Novaro l’assegnazione della borsa di studio: restava da chiarire con quali studiosi egli avrebbe lavorato: fisici, musicisti, liutai? Moe, come sopra accennato, si arrovellò sul problema. Novaro, intanto, tornò in Messico per approntare gli strumenti di cui aveva bisogno; in una lettera datata 25 aprile, il segretario della fondazione gli consigliò di tornare negli USA entro luglio, per studiare inglese e lavorare al libro; ipotizzò che le prime attività del borsista si svolgessero «presso la Harvard University o altrove» per il mese di settembre, pensando a Surette come tutor. La missiva di Moe anticipò l’arrivo di Novaro a Città del Messico (3 maggio 1931). Surette, a sua volta, cercò di individuare un referente: tentò dapprima con il professor Frederick A. Saunders del Jefferson Physical Laboratory della Harvard, a cui però l’opuscolo di Novaro non fece una grande impressione; esito che Moe riferì al borsista (lettera del 19 giugno 1931). Saunders aveva buon gioco a citare il trattato di Helmholtz, con la sua scala a 53 suoni simile a quella ipotizzata da Novaro: suggerì al messicano di leggere il li- 204 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA bro, se non lo conosceva. Saunders affermò inoltre di non aver trovato traccia della scala a 12 suoni rettificata per accordare il pianoforte (e infatti negli opuscoli non se ne parla). Probabilmente, il lavoro di aggiustamento del temperamento equabile fu portato avanti empiricamente e a suon di dimostrazioni pubbliche; fu con tali mezzi che il lavoro di Novaro avrebbe ottenuto il riconoscimento del conservatorio di Città del Messico. Moe invitò Novaro a replicare a Saunders con altra documentazione e un resoconto sui suoi metodi di accordatura. Novaro rispose il 28 giugno: era in ritardo con la costruzione dei suoi strumenti; sperava di poter mandare le fotografie di ciò che aveva realizzato e temeva di non poter rispettare il calendario stabilito; contava di arrivare a Harvard nella seconda settimana di luglio; asseriva, infine, con una certa noncuranza, di possedere un testo in francese (scritto dal più importante studioso di acustica dell’Ottocento), intitolato Théorie Physiologique de la Musique. Sensations Auditives.116 Circa le perplessità che gravavano sull’opuscolo, Novaro affermò che si trattava di un lavoro estremamente condensato e sperava di poter dare a Saunders ulteriori spiegazioni verbalmente. Riguardo al suo futuro libro, l’autore dichiarava di aver steso «il secondo e il terzo capitolo dell’indice», auspicando di poter portare con sé una cassa di accordatura dei 12 suoni per il professor Surette. Allegò, forse in quella occasione, l’indice del progettato libro che si trova tra le carte in possesso della fondazione Guggenheim.117 Si tratta di un piano di lavoro molto interessante e ben delineato. I tempi della stesura, però, si allungarono smisuratamente, fino al 1951. Non a caso, le fasi iniziali della borsa di studio furono piuttosto turbolente.118 L’insistente richiesta 116 Si tratta dell’edizione francese del trattato di Helmholtz (HELMHOLTZ 1868), il cui titolo esatto è Théorie physiologique de la musique fondée sur l'étude des sensations auditives. 117 La richiesta di un indice, di un capitolo, di un pezzo del libro era stata reiteratamente rivolta da Moe a Novaro. Questo indice fu l’unico materiale riconducibile al libro presentato dallo studioso messicano alla Guggenheim Foundation prima dell’edizione 1951. 118 Con lettera datata 7 luglio 1931, Moe informò Novaro di ritenere insoddisfacente la sua replica a Saunders e Surette e ne sollecitò la presenza negli USA per incontrare personalmente i due luminari. A preoccupare Moe era anche il problema dell’inglese, tanto più che né Saunders né altri fisici con cui Novaro avrebbe dovuto lavorare parlavano spagnolo. La costruzione degli strumenti musicali diventava, secondo Moe, un problema secondario. È facile immaginare che per Novaro i problemi non fossero soltanto di ordine organologico, ma ve ne fossero anche di più concreti, come il dover lasciare temporaneamente un’occupazione, la famiglia, ecc. L’11 luglio 1931 Novaro indirizzò a Moe una richiesta di scuse, informandolo di aver fatto visita al dottor Eyler N. Simpson, segretario del comitato di selezione della fondazione in Messico, che sarebbe andato a casa sua a vedere i nuovi strumenti musicali. Poi Novaro tornò negli Stati Uniti. Nella missiva datata 27 agosto 1931, inviata a Moe, Saunders chiarì che il suo incontro con Novaro non pote- 5. NOVARO 205 di un testo scritto da parte di Moe fu finalmente soddisfatta da Novaro in data 7 febbraio 1932, con un elaborato di cinque cartelle, in inglese, relativo al suo sistema di accordatura, The Novaro Tuning. Qui l’autore si impose uno sforzo di chiarezza, di cui altre volte fece a meno: copie del dattiloscritto furono inviate a Seashore e Surette (lettera di Moe a Novaro, 10 febbraio 1932). Poi, Novaro fece domanda per una nuova borsa.119 Novaro trascorse un periodo di studio nella University of Iowa sotto la tutela di Seashore. Con lettera del 23 maggio 1932, in spagnolo, riepiva costituire una sorta di esame, come gli aveva prospettato Surette, ma serviva a stabilire se il borsista messicano poteva proficuamente svolgere le sue ricerche nel laboratorio di fisica della Harvard University. Di nuovo, egli segnalò i problemi con l’inglese. L’11 settembre 1931 Moe chiese a Saunders un appuntamento con Novaro; lo stesso giorno venne compilata dalla Guggenheim una lettera standard di presentazione del nuovo borsista. L’appuntamento con Saunders fu fissato per venerdì 18 settembre alle ore 10; Novaro si fece accompagnare dall’amico signor Moran che funse da interprete. Il 19 settembre Moe scrisse a Harvey Fletcher dei Bell Telephone Laboratories, affermando che Saunders lo aveva ritenuto il miglior interlocutore per gli studi di Novaro. Purtroppo, negli archivi della Guggenheim manca la risposta di Fletcher. Il 1° ottobre Moe spedì una lettera a Dayton C. Miller, esperto di acustica musicale e divulgatore, chiedendo di incontrarlo a New York per presentargli il lavoro di Novaro e fargli ascoltare i suoi strumenti. La risposta di Miller giunse il 29 ottobre: ha sentito parlare di Novaro, le sue ricerche gli sembrano interessanti e si può organizzare un incontro. Il 21 novembre 1931 Seashore scrisse a Moe, suggerendo che per Novaro sarebbe più adatto un matematico-musicista e l’unico studioso di questo tipo negli Stati Uniti è un certo Prof. Baker, docente di matematica nella University of Iowa. Se Novaro potesse aggiornare la sua teoria per iscritto, Seashore potrebbe mostrare il lavoro a Baker: il 4 dicembre Moe sollecitò con urgenza a Novaro un testo scritto. L’inserimento di Novaro nell’ambiente della ricerca statunitense non appare facile. I grandi scienziati, come Fletcher, erano impegnati in ricerche avanzate che coinvolgevano l’elettronica: le questioni trattate dallo studioso messicano forse apparivano loro di secondaria importanza. Eppure, l’indirizzo di studi avviato da Novaro — con il suo modus operandi di tenace autodidatta, disposto a indagare nei recessi degli strumenti musicali per scovare le soluzioni migliori — venne in seguito battuto anche da alcuni scienziati. Lo sviluppo di un filone dell’acustica relativo agli strumenti musicali e ad alcune conseguenze fisiche della loro costruzione, sembra emergere a partire dal secondo dopoguerra. Nel 1931 risulta difficile collocare in un ambito più circoscritto un’attività di ricerca che riguarda acustica, fisica, organologia e una matematica piuttosto elementare, ma che non doveva risultare particolarmente allettante per la maggior parte dei musicisti. Come si poteva, in poche parole, trasmettere il vivo entusiasmo di Stokowski e di altri musicisti per le accordature rettificate di un non-scienziato messicano alla realtà dei laboratori di fisica? Il 9 gennaio 1932 Surette scrisse a Edward B. Hill, del dipartimento di musica della Harvard University, chiedendogli di organizzare una dimostrazione in quella università con due pianoforti per poter raffrontare l’accordatura tradizionale con quella di Novaro e per sottoporla agli studenti e a Saunders, forse non del tutto convinto della validità di quelle ricerche. Da un’altra lettera, di Moe a Hill in data 18 gennaio 1932, si desume che la dimostrazione si tenne giovedì 21 gennaio. In una missiva del 6 febbraio, Seashore comunicò a Moe che si sarebbe impegnato per facilitare 206 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA logò a Moe le proprie ricerche: ha ricevuto consigli da due insegnanti, Baker e Clapp, rispettivamente matematico e musicista; ha istruito sul suo sistema un buon accordatore di pianoforti, il signor Hale; il dott. Rothchild, con cui ha avuto modo di condurre vari esperimenti, lo ha edotto sull’uso delle macchine per ottenere «le fotografie delle vibrazioni del suono», forse il risultato più soddisfacente dell’intera sessione di studi; ha scritto una parte del suo libro. Per fortuna, è più dettagliato il report di Seashore a Moe sul lavoro condotto da Novaro (23 maggio 1932). Sono identificate tre fasi della ricerca che, in ordine d’importanza, sono: «Primo, la sua teoria della fondazione e dello sviluppo delle scale musicali; secondo, l’aspetto pratico del suo sistema di accordatura; terzo, la teoria di questa accordatura». Per Seashore, sul primo aspetto Novaro va incoraggiato, affinché completi un libro monografico sull’argomento. Parlando di scale, con tutta probabilità Seashore allude alla verifica sperimentale delle proporzioni delle scale fondamentali, reciproche, ecc., e ai possibili sistemi di suddivisione dell’ottava in parti uguali, che fin dagli opuscoli davano corpo al sistema naturale-approssimato. Circa il secondo punto, «l’esperienza qui è la stessa di New York. I musicisti sono molto soddisfatti del suo sistema di accordatura, [Novaro] ha addestrato il nostro accordatore ufficiale a usare il sistema e la nostra scuola di musica senza dubbio continuerà a utilizzarlo». Come si vede, nonostante le titubanze, all’atto pratico le ricerche dello studioso messicano convincono. Il problema, più volte ribadito, è la conoscenza della lingua inglese e una maggiore celerità nella stesura del libro. Sull’ultimo punto Seashore si dilunga di più: il lavoro di Novaro alla University of Iowa: il problema della lingua sarebbe stato risolto temporaneamente con un interprete locale. Aggiunse anche, non molto diplomaticamente: «Questi stranieri sono un po’ un problema». Ma avrebbe trovato a Novaro una camera ammobiliata. 119 L’8 febbraio Moe informò Novaro sulle modalità di rinnovo della borsa: era necessario sottoporre una relazione sull’attività svolta fino a quel momento e un progetto di lavoro per il periodo successivo. Immediata la risposta di Novaro, dubbioso sul fatto di poter stendere una relazione in tempi brevi. Il 10 febbraio, Moe comunicò a Novaro che era impossibile portare nell’Iowa anche Moran, l’amico-inteprete, esortandolo a partire senza indugi. Novaro, il 12 febbraio, inviò una relazione. Il 2 marzo 1932, Moe comunicò a Novaro la decisione del comitato che vagliava le candidature: per il periodo rimanente della sua borsa di studio, quindi fino al 1° luglio 1932, lo studioso messicano si doveva recare nel laboratorio di Seashore in Iowa, mentre il rinnovo della borsa è stato negato per votazione e potrà essere riconsiderato se Novaro dimostrerà di possedere una sufficiente conoscenza dell’inglese. Il 13 marzo Novaro partì per l’Iowa con l’idea di chiedere un rinnovo della borsa per l’anno successivo. 5. NOVARO 207 Il terzo progetto implica varie fasi: primo, la teoria riguardante il suo uso della corda divisa in due parti; secondo, metodi psicofisici per determinare la natura delle illusioni dell’ascolto nelle circostanze richieste dalla sua teoria e, terzo, la valutazione estetica dei nuovi accordi compresi nel suo sistema armonico. Il primo problema è stato risolto da un’elaborata serie di misurazioni oscillografiche della sua “scatola”, sui bicordi, il pianoforte e il diapason. È stato dapprima verificato che quando la corda è divisa in due nella sua “scatola” attraverso l’uso di un ponticello, dal punto di vista fisico, a un segmento corrisponde esattamente una frequenza doppia dell’intera corda, ma noi udiamo i battimenti come [Novaro] aveva previsto: 3 ogni cinque secondi. Secondo, quando accordiamo una corda di pianoforte, o un bicordo, o due diapason, in modo che non siano presenti battimenti, il rapporto fisico delle frequenze è esattamente 2 a 1 [ottava]. Al contrario, se accordiamo questi strumenti in modo che producano 3 battimenti ogni 5 secondi, lo stesso battimento è registrato nella frequenza fisica. Quindi, il fenomeno mostrato dalla corda bisecata pertiene a quella situazione ma, nel concreto, non funziona in termini musicali. Potrebbe essere causato da un complesso sistema di interferenze nelle corde disposte in quel modo. Questo pone un interessante problema in fisica, ma non è rilevante per la sua teoria. Da questi fatti possiamo concludere che deve essere sviluppata un’altra teoria sulla mancanza di intonazione dell’ottava. Ciò trasferisce il problema nel campo della psicofisica che dovrebbe rappresentare il secondo stadio delle sue ricerche di laboratorio. Seashore ipotizza la futura realizzazione di esperimenti psicoacustici con musicisti esperti, per raffrontare le accordature di Novaro alla serie degli armonici; anche per questo auspica un’ulteriore borsa di studio per il messicano. Soprattutto il terzo punto, la determinazione del valore estetico dei nuovi accordi e il loro sviluppo melodico, secondo Seashore, si avvantaggia di un approccio sperimentale. Il professor Clapp, musicista e docente di musica alla State University of Iowa, ha provato a comporre con gli accordi di Novaro: alcuni li ha trovati soddisfacenti, secondo «un criterio a tentativi ed errori e in violazione delle attuali teorie dell’armonia». Seashore nota che «la fonofotografia è ora a uno stadio in cui gli studi scientifici di queste scoperte possono essere perseguiti con profitto». Il lavoro di ricerca di Novaro si delinea meglio, dacché i dati relativi alla percezione degli accordi vengono incrociati con la visualizzazione fotografica delle forme d’onda. Seashore conclude augurandosi che Novaro, che ha cominciato a parlare inglese e sta per tornare in pa- 208 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA tria dove intende lavorare al suo libro, possa ricevere un’altra borsa per l’anno venturo e ribadisce il valore delle sue ricerche.120 Fino al 7 gennaio 1935 non si registrano avvenimenti di sostanziale importanza. In quella data, finalmente, una missiva di Novaro a Moe fa luce sul misterioso libro. Novaro allega infatti quel che dovrebbe essere un indice definitivo e dichiara il libro pronto per la pubblicazione. Ha scritto e riscritto più volte le circa 400 pagine che lo compongono; il manoscritto ha interessato Esperanza Pulido, musicologa messicana residente a New York, il direttore del Conservatorio Nacional de Música, 120 Moe risponde a Seashore (11 giugno 1932) e sembra soddisfatto del lavoro svolto: è quasi certo che a Novaro verrà concessa un’altra borsa. Tornato in Messico, Novaro scrive a Simpson — segretario messicano della Guggenheim — il 15 dicembre 1932, dicendosi impegnato nella scrittura del suo libro, che intende tradurre in inglese per poterlo presentare ai professori di Harvard e dell’Iowa, nonché nella costruzione di alcuni strumenti musicali. Spera anche di sviluppare il suo lavoro negli Stati Uniti: in realtà, in quel paese non tornerà mai più. In una lettera a Moe, sempre del 15 dicembre, Novaro lo ringrazia per l’invio del libro di Harvey N. Davis e ha preso nota di un altro libro che gli è stato segnalato, Longitudinal Vibrations of the Rubbed String, di autore irrintracciabile. Il 24 dicembre 1932 Moe scrive a Novaro chiedendo di inviargli entro il 1° febbraio 1933 una relazione sul lavoro svolto nell’Iowa per ripresentare la sua candidatura. Il 17 gennaio 1933 Simpson scrive a Moe, affermando che Novaro ha fatto progressi con l’inglese (requisito fondamentale per il rinnovo della borsa) e che vorrebbe lavorare quattro mesi nel laboratorio di Seashore. Ma Novaro non ha ancora spedito il suo report a New York: Moe lo sollecita di nuovo, con lettera del 23 febbraio 1933. Novaro invia un telegramma (2 marzo 1933) dicendo di non aver ricevuto la lettera precedente e che il suo lavoro nell’Iowa si era incentrato soprattutto sulle «fotografie di vibrazioni». Il 3 marzo Moe concede a Novaro 24 ore per inviare la sua relazione, che viene spedita il giorno stesso e fa luce sul lavoro svolto: è stata ottenuta «una considerevole quantità di fotografie», ha lavorato con Seashore e altri docenti di acustica e di fisiologia. Il ricercatore messicano cita di sfuggita anche il lavoro «svolto a New York» (presumibilmente ai Bell Telephone Laboratories). Al ritorno negli Stati Uniti, Novaro vorrebbe «terminare la correzione generale del [suo] libro, che consta di circa 300 pagine», tradurlo in inglese, presentare i suoi lavori ai musicisti interessati, come Stokowski, Marion Bauer, Anton Rovinsky, ecc., andare a Harvard a studiare con Surette e, se possibile, tornare nell’Iowa per presentare il libro, che conta di finire entro tre mesi. La richiesta di borsa viene respinta (lettera del 31 marzo 1933), soprattutto perché non è stata sottoposta alcuna bozza del libro o alcuno studio teorico sugli esperimenti realizzati, concetto ribadito anche in una lettera successiva di Moe (3 novembre 1933). Il 6 novembre Novaro spedisce a Moe otto copie di NOVARO 1933 (girato e fatto leggere, tra gli altri, a Seashore, Clapp, Rothschild e Baker: lettera di Seashore a Novaro del 20 novembre 1933). Ma Moe rincalza: «Quando dovrebbe essere pubblicato il suo libro?» (13 novembre 1933). In tutta risposta, Novaro manda altre copie della sua più recente pubblicazione e afferma di aver terminato due dei tre libri in cui intende condensare il risultato dei suoi studi musicali (lettera di Novaro a Moe, 20 novembre 1933). Si augura anche di poterli tradurre in inglese grazie al contributo della fondazione. Ma una nuova richiesta di borsa per il 1934 viene negata (lettera di Moe a Novaro, 14 giugno 1934). 5. NOVARO 209 Estanislao Mejía. Novaro vorrebbe aprire a New York una scuola, assieme a Pulido, per insegnare il suo sistema; chiede un contributo della fondazione per editare il libro in spagnolo in Messico ma, qualora ne avesse la possibilità, preferirebbe stamparlo in inglese. Se si raffrontano l’indice inviato da Novaro a Moe e quello allegato alla prima richiesta di borsa di studio si notano differenze interessanti, alcune correzioni di rotta, specialmente per quanto riguarda la ricerca di un congruo temperamento equabile microtonale che si approssimi al sistema naturale. L’indice inviato a Moe nel 1935 è invece quasi uguale a quello del Sistema natural de la música, con alcune importanti difformità che aiutano a chiarire lo sviluppo delle ricerche di Novaro.121 Con la lettera indirizzata 121 Rispetto all’indice del 1935, nel libro del 1951 le “serie armoniche” e le “serie regolari” appaiono nel primo capitolo e il gruppo delle 65 serie geometriche è espunto dal secondo capitolo; le considerazioni sui temperamenti equabili (progressioni geometriche) a 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 suoni nell’ottava sono collocate nel paragrafo “considerazioni preliminari”, dove vengono passate in rassegna le sudddivisioni dell’ottava da 3 a 11 parti (NOVARO 1951, p. 59); inoltre, il terzo e il quarto capitolo del 1935 vengono fusi nel terzo capitolo dell’edizione 1951. Il terzo capitolo dell’ “Indice” 1935 corrisponde grosso modo a NOVARO 1951, pp. 73-90; il quarto capitolo corrisponde a NOVARO 1951, pp. 91-134. Degli esempi musicali (Estudios Armónicos, 8 Ejercicios, 10 Ejercicios más, 3 Preludios) nell’edizione 1951 rimangono solo l’Ejercicio primero (p. 101); Ejercicio segundo (p. 102); una “frase musicale” e la sua reciproca (p. 103); Estudio armónico n. 1 (pp. 104-5); Estudio armónico n. 2 (pp. 105-8); Estudio armónico n. 3 (pp. 110-11); Estudio armónico n. 4 (pp. 111112); Ejercicio [n. 3] (pp. 118-119); Preludio n. 1 (pp. 122-23); Preludio n. 2 (pp. 123-24); 21 esercizi di due battute ciascuno, ovviamente da ripetere ad libitum (pp. 138-41). Estudio armónico n. 5 (pp. 195-96); Pequeño preludio [Preludio n. 3] (p. 224). Insomma: 3 Ejercicios, 5 Estudios armónicos e 3 Preludios, più diversi esercizi o esempi brevissimi. Di questi brani, nell’edizione 1951 non c’è molto di più di quanto non appaia nel sommario del 1935; del resto, uno dei preludi e i cinque studi erano stati pubblicati in NOVARO 1933 assieme alle indicazioni per la perfetta accordatura del pianoforte e di altri strumenti a tastiera. Il quarto capitolo del libro assorbe i capitoli quinto, sesto e settimo del progetto. Una elencazione sul tipo di quella presente nell’indice del 1935 (terzi, quarti, quinti, settimi, ottavi, noni, decimi, dodicesimi, quattordicesimi e sedicesimi di tono) ricorda le suddivisioni carrilliane: nell’edizione 1951, alle suddivisioni del tono vengono aggiunti i sesti, pur continuando a mancare gli undicesimi, già esposti, almeno a livello teorico, da Carrillo. Nel paragrafo “campi armonici distinti” del quarto capitolo dell’edizione 1951 (pp. 161-74), sono passati in rassegna da Novaro tutti i temperamenti presenti nell’indice del 1935, tranne quello a 28 suoni nell’ottava. La dicitura sexta edición presente nel colophon del Sistema natural de la música non si può riferire evidentemente alla sesta edizione di un testo con questo titolo pubblicato dopo il 1933, altrimenti Novaro ne avrebbe inviato senz’altro copia a Moe. Sesta edizione significa quindi sesto libro riguardante il “sistema naturale”, inclusi gli opuscoli. Ce lo conferma una lettera datata 9 maggio 1935, con la quale Castañeda informa Moe che il suo saggio “Música de mañana” «era destinato alla sesta edizione del libro del prof. Augusto Novaro, che doveva essere pubblicata nell’anno 1931, molto prima [sic] del suo viaggio negli Stati Uniti». 210 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA a Moe, unitamente all’indice c’è la prefazione del libro, pensato come testo didattico per chi non possegga alcuna cognizione musicale, in cui si dichiara che «teoria e pratica sono strettamente unite, essendosi rettificate tra loro costantemente fino a ottenere conclusioni chiare». Nell’appendice del Sistema natural de la música, datata “Tacubaya 1949”, Novaro racconta la tormentata storia del libro.122 Esso sarebbe stato portato a termine già nel 1932, un’affermazione non avvalorata dai documenti disponibili, ma altamente improbabile; altrimenti, Novaro avrebbe sottoposto almeno una parte del manoscritto alla Guggenheim quando chiese il rinnovo della borsa di studio. Questa la spiegazione dell’autore: l’anno seguente, l’Universidad Autónoma de México pubblicò NOVARO 1933, contenente gli Estudios Armónicos e le regole per accordare il pianoforte; la conclusione dell’opera maggiore sembra dietro l’angolo, ma una serie di problemi irrisolti ne ritardano la conclusione; soltanto nel 1948 l’autore poté tornare a dedicarsi alla stesura del libro. L’epistolario Novaro-Moe reca traccia di questa tormentata gestazione. Il 9 aprile 1935 Moe annuncia allo studioso che avrebbe inoltrato la sua candidatura per quell’anno assieme all’indice del libro. Novaro non ha potuto spedire la nuova stesura perché ne possiede una sola copia; fa scrivere qualche lettera a insegnanti messicani a cui ha mostrato il testo: ancora una volta la borsa di studio non viene concessa. Dopo cinque anni, il 30 gennaio 1940, Novaro effettua un nuovo tentativo: sostiene di aver continuato gli studi, di aver finito il libro e di aver costruito nuovi strumenti musicali, tra cui uno, «che forse chiamer[à] novo-piano». Scopo della borsa richiesta è il completamento dell’artefatto in Messico e la sua presentazione pubblica negli USA. Moe (1° maggio 1940) richiede a Novaro copia di qualsiasi nuovo manoscritto da allegare alla selezione delle domande. Ma, ancora una volta, il teorico messicano afferma di disporre di una sola copia del testo e di non poterla inviare. Aggiunge che vorrebbe fare un disco con registrazioni dei suoi strumenti, ma sarebbe troppo costoso; li ha fatti ascoltare ai membri della commissione messicana della Guggenheim: la borsa è respinta, non essendo una richiesta di studio (lettera di Moe a Novaro, 1° luglio 1940). Trascorrono più di dieci anni. Il 3 giugno 1951 Novaro invia a Moe la tanto sospirata edizione del Sistema natural de la música, stampata nel marzo di quell’anno. Analizzeremo in dettaglio il contenuto di questo libro e del testo del 1932 relativo alla rettificazione del temperamento equabile. Prima, però, è bene soffermarsi sugli anni successivi alla borsa di studio di cui si sa poco, a parte 122 NOVARO 1951, p. 239. 5. NOVARO 211 lo scambio epistolare con Moe e i tentativi di ottenere altre borse di studio. In Messico, Novaro espose le sue idee sulla “armonia perfetta” davanti a non meglio precisati “esperti”. A un certo punto — prima del 1940, stando alla corrispondenza con Moe risalente a quell’anno — abbandonò tutte le sue ricerche per dedicarsi soltanto alla «riforma del pianoforte universale», lavoro che lo occupò per dodici anni:123 uno strumento musicale costruito in base ai risultati delle ricerche sul sistema naturale e su quello naturale-approssimato. Baqueiro Foster ricorda che Novaro costruì anche arpe e cetre, utilizzò legni mai impiegati in liuteria e revisionò la struttura dei pianoforti ritenendola suscettibile di miglioramenti: «Riesaminando il pianoforte moderno, scoprì che la calibratura delle sue corde era stata fatta commercialmente: che la tavola armonica non favoriva debitamente la risonanza delle corde».124 Il novaro-clave costituiva la forma riveduta e corretta del pianoforte e accoglieva una versione rettificata del temperamento a 12 suoni: con esso vennero eseguite a scopo dimostrativo opere di repertorio. Ma, almeno fino al 1944, Novaro continuò a pensare a una versione in grado di produrre nuovi intervalli.125 Stimare le caratteristiche di uno strumento musicale esclusivamente da un testo scritto è affatto inutile e l’articolo di Baqueiro non fa eccezione. Non resta che fare appello a qualche vaga informazione orientativa: 1) nel novaro-clave la cassa armonica del pianoforte è stata trasformata esclusivamente in un mezzo di resistenza alle corde, privo di risonanza; 2) il risonatore di Novaro, multiplo, è basato sui principi delle casse spiraliformi e permette di ottenere risonanze molto più lunghe e prive di asprezze rispetto agli strumenti tradizionali; 3) ciascuna corda ha un proprio risonatore (sembra quindi che Novaro abbia seguito un principio analogo a quello applicato alla marimba e al vibrafono, in cui a ogni tasto corrisponde un risonatore specifico, intonato con il tasto corrispondente). Quindi, il suono del novaro-clave, per via dell’accordatura impiegata e della particolare costruzione, risulta diverso da quello di un pianoforte tradizionale. Baqueiro Foster ritiene che, a seconda delle modalità esecutive, lo strumento ricordi la chitarra, il clavicembalo, l’organo o un insieme di violini; per Pulido, esso possiede una sonorità più vicina a quella di un clavicembalo dal timbro trasparente e puro. 123 Cfr. BAQUEIRO FOSTER 1988, p. 37. Ivi, p. 40. 125 Cfr. ivi. 124 212 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA 5.4. The Novaro Tuning (1932) Il testo di cinque cartelle redatto da Novaro nel 1932, su esplicita richiesta di Moe, presenta in forma sintetica il sistema di accordatura rettificata riguardante il temperamento equabile da applicarsi al pianoforte. Il testo è rivolto ad accordatori professionisti e ha finalità pratiche. Per questo motivo, come lo stesso autore sottolinea, esso è privo di dettagli teorico-scientifici. Con questo metodo di intonazione si ottiene un «temperamento equabile perfetto».126 È interessante il modo in cui Novaro utilizza i principi dell’intonazione giusta per rettificare il temperamento equabile, in maniera del tutto indipendente dal microtonalismo equabile, operando leggeri ampliamenti o restringimenti degli intervalli ben temperati. Si può arguire che queste piccole oscillazioni di altezza siano state accuratamente misurate dal ricercatore seguendo un metodo a tentativi ed errori. Né qui né altrove Novaro fornisce alcuna prova acustica o dimostrazione matematica per avallare le sue decisioni: per lui, tutti i manuali di accordatura scritti fino ad allora sono basati sul principio di un’«ottava omogenea» (ossia sul raddoppio esatto della frequenza della fondamentale, senza battimenti) e sul fatto che il numero di battimenti di tutti gli altri intervalli deve variare a seconda della loro frequenza. L‘accordatura che Novaro propone è basata su queste regole: 1) L’intervallo 2/1, ottava, deve essere accordato leggermente crescente, nella misura di 3 battimenti per 5 secondi; 2) l’intervallo 3/2, quinta, deve essere accordato senza battimenti, quindi secondo l’intonazione giusta; 3) il 4/3, ovvero la quarta, deve essere accordato crescente, 3 battimenti per cinque secondi. Il numero di battimenti per ottave e quarte deve essere lo stesso, a prescindere dall’ottava di appartenenza.127 Lavorando con molti accordatori, Novaro ha notato che molti di loro non contano i battimenti, sebbene questo sia considerato il metodo migliore. Incurante dei rischi di cadere in stato di ipnosi, per l’autore si può imparare a contare i battimenti osservando le oscillazioni di un pendolo: in realtà, egli utilizzava un metronomo. Un accordatore, dopo una certa pratica, impara a sentire lo swing di un intervallo senza contare i battimenti. Esposti i principi, si può procedere a fissare i punti di riferimen126 Diversamente da quanto prescritto in NOVARO 1927, in cui sono presenti varie accordature per pianoforte e organo, qui viene presentata una sola accordatura standard che, dal contesto, si desume essere stata pensata per il pianoforte. 127 Il teorico si sofferma su una questione lessicale. Si intende con l’epiteto smooth o even un intervallo che non produce battimenti; se a un intervallo del genere si accresce l’altezza del suono superiore, l’intervallo è definito sharp; se invece si abbassa la frequenza del suono inferiore, allora l’intervallo si definisce flat. 5. NOVARO 213 to.128 Si parte dal Do centrale, da intonare con un diapason apposito; poi si accordano gli intervalli in quest’ordine: Do-Fa (quinta discendente): giusta, senza battimenti Do-Sol (quarta discendente): -3 battimenti/5 secondi Sol-Re (quinta ascendente): giusta Re-La (quarta discendente): -3 battim. /5 sec. La-Mi (quinta ascendente): giusta Mi-Si (quarta discendente): -3 battim./5 sec. Si-Fa8 (quarta discendente): -3 battim. /5 sec. Fa8-Do8 (quinta ascendente): giusta Do8-Sol8 (quarta discendente): -3 battim. /5 sec. Sol8-Re8 (quinta ascendente): giusta Re8-La8 (quarta discendente): -3 battim. /5 sec. La8[Si7]-Fa’ [quinta ascendente]: giusta Fa-Fa’ (ottava): +3 battim./5 sec. Quindi, a partire dal Do centrale, quarte e ottave in senso ascendente devono essere accordate a +3 battim./5 sec. In senso discendente, rispetto al Do centrale, quarte e ottave devono essere -3 battim./5 sec. Le ottave servono anche a controllare l’accordatura tendendo presente, sottolinea Novaro, che l’indice dei battimenti deve essere costante nelle diverse ottave, ossia 2/1 = Fa-Fa’, 4/1 (doppia ottava) = Fa-Fa’’, 8/1 (tripla ottava) = Fa-Fa’’’, immancabilmente, 3 battimenti ogni 5 secondi.129 Il teorico messicano continua con una serie di consigli orientativi e non quantificati con esattezza, attribuendo una certa importanza anche al gusto individuale dell’accordatore. Suggerisce anche di evitare una tendenza abbastanza frequente, quella di innalzare troppo i suoni del registro acuto, in quanto con il suo sistema già vengono sufficientemente “tirati”. Se ha seguito correttamente le indicazioni suggerite, «l’accordatore nel provare gli accordi dovrebbe avere l’impressione di una linea retta che attraversa lo strumento, una perfetta continuità e, suonando lo stesso accordo o nota al grave e all’acuto, dovrebbe udirli fondersi in una singola colonna di suoni priva di strani e confusi battimenti».130 128 Prima di procedere a tutto ciò, Novaro propone anche di accordare, a partire dal Do centrale, il Fa’ a +3 battim./5 sec.; poi dal Do centrale il Fa inferiore senza battimenti. L’intervallo Fa-Fa’, correttamente accordato, deve produrre +3 battim./5 sec: esso può servire come punto di riferimento e come controllo finale dell’accordatura. 129 Novaro riecheggia HELMHOLTZ 1875, p. 165: «Quando i parziali superiori sono forti, è facile fare errori nel conteggio dei battimenti». 130 NOVARO 1932, p. 4. 214 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA 5.5. Il Sistema natural de la música (1951) Compendio dell’intera attività di Novaro, il libro consta di quattro parti: Musica teorica, Musica pratica, Strade diverse e una breve appendice. “La musica teorica” è occupata da due capitoli, “Principi armonici” e “Progressioni geometriche”, in cui sono esposti i fondamenti dell’«ordinamento della perfetta armonia»,131 con ripresa di argomenti già apparsi negli opuscoli degli anni ’20. In “Musica pratica”, questi principi sono applicati al temperamento di 12 suoni. Le “Strade diverse” includono tutti i sistemi che non rientrano nel temperamento equabile, ovvero i sistemi microtonali. L’appendice, con l’indicazione “Note complementari” e recante la data 1949, riporta descrizioni di esperimenti e di strumenti musicali, e appunti eterogenei.132 Con il suo libro, Novaro intende stabilire le basi della musica; per questo, anche per facilitarne lo studio, decide di partire da zero.133 Il sistema a 12 suoni precede i sistemi microtonali. Si è visto che negli USA le accordature di Novaro applicate agli strumenti tradizionali ottennero un discreto successo e divennero l’aspetto più facilmente divulgabile delle sue attività. La quantità di spazio devoluta nel libro al temperamento di 12 suoni denuncia anche una diversa focalizzazione del problema nell’attività post-1931: se i primi opuscoli si concentravano sul microtonalismo, i risultati del periodo statunitense e altri fattori — l’attività compositiva di Zubeldía, il discreto esito dei pianoforti speciali e di altri strumenti di nuova concezione — spinsero Novaro a dare ampio spazio alla modifica del sistema tradizionale. Nella parte teorica del libro, egli riprende in parte il contenuto delle precedenti pubblicazioni; la novità più rilevante è che il processo di costituzione di nuovi intervalli e scale all’interno del sistema che egli chiama “naturale”, e che costituisce la “base della musica”, è praticamente illimitato, ma vincolato a precise successioni scalari e intervallari. Nonostante sia indotto, ancora una volta, a partire dalle scale armoniche — che qui Novaro ribattezza con il termine di scale fondamentali — la conseguenza più evidente è che tutti gli intervalli ottenuti a livello aritmetico con i calcoli frazionari posseggono un loro status naturale. Prima che Partch metta in pratica le intonazioni giuste “allargate”, Novaro arriva a teorizzarne una versione “illimitata”, vincolandola però, come si vedrà, a un processo di costruzione scalare e intervallare in cui coabitano disparate regole costruttive. Con questi 131 NOVARO 1951, p. 51. Ivi, pp. 237-51. 133 Cfr. ivi, p. 24. 132 5. NOVARO 215 gruppi di due-infiniti intervalli si può fare ben poco: certamente, non comporre. Per realizzare scale e accordi è necessario che intervengano decisioni “creative”, frutto di scelte soggettive dettate dal gusto e da un orientamento estetico. Tutti gli intervalli sono naturali, purché ottenuti secondo i criteri stabiti dall’autore. Ciò, in un certo senso, indebolisce le gerarchie che, laddove presenti, dipendono unicamente dalla convenienza estetica e dal contesto musicale a cui si intende applicare una data scala o un singolo intervallo: in questo caso, l’unico metro di giudizio è dato dall’orecchio. È una posizione vicina a quella partchiana, ma gli ingranaggi del sistema di Novaro — fin troppo ingombranti, come vedremo, una sorta di telharmonium teorico — rimangono privi di un indicazione operativa e tantomeno di opere, o di soddisfacenti facsimili o campioni, che abbordino il problema della composizione, seppure in un clima da laboratorio. La parte teorica del Sistema natural de la música delinea un meccanismo per produrre intervalli e scale di cui la parte pratica, con i sistemi a 12 suoni e microtonali, costituisce un’approssimazione. 5.5.1. Generazione di intervalli e scale nel “sistema naturale” Il punto di partenza sono le scale fondamentali (definite armoniche nel 1927, cfr. §5.2), rette da rapporti semplici e dal seguente principio: «Affinché tre o più suoni si armonizzino tra loro, basta che il numero delle loro frequenze formi una progressione aritmetica».134 Rispetto agli opuscoli, ci sono diverse novità nel trattamento dei rapporti frazionari e nel loro ordinamento. Il processo aritmetico dei rapporti semplici e delle scale fondamentali da essi derivate assume un andamento vorticoso, una sorta di virtuosismo numerico da cui scaturisce una enorme quantità di intervalli e scale. Oltre a 2/1, anche altri intervalli sono utilizzati come limite superiore delle scale, a cominciare da 3/2. In questo modo si stabilisce un secondo gruppo di scale fondamentali: prima: 1, 3/2 seconda: 1, 5/4, 3/2 terza: 1, 7/6, 4/3, 3/2 quarta: 1, 9/8, 5/4, 11/8, 3/2 quinta: 1, 11/10, 6/5, 13/10, 7/5, 3/2 ecc. La quarta, 4/3, ne procura altre: 134 Ivi, p. 27. 216 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA prima: 1, 4/3 seconda: 1, 7/6, 4/3 terza: 1, 10/9, 11/9, 4/3 quarta: 1, 13/12, 7/6, 5/4, 4/3 quinta: 1, 16/15, 17/15, 6/5, 19/15, 4/3 ecc. Con il 5/3 si avrà: prima: 1, 5/3 seconda: 1, 4/3, 5/3 terza: 1, 11/9, 13/9, 5/3 quarta: 1, 7/6, 4/3, 3/2, 5/3 quinta: 1, 17/15, 19/15, 7/5, 23/15, 5/3 ecc. Novaro distingue intervalli chiusi e aperti, a seconda che siano o meno contenuti nella relazione 2/1. La prima relazione aperta è la doppia ottava da cui si ottengono le seguenti scale: prima: 1, 4/1 seconda: 1, 5/2, 4/1 terza: 1, 2/1, 3/1, 4/1 quarta: 1, 7/4, 5/2, 13/4, 4/1 quinta: 1, 8/5, 11/5, 14/5, 17/5, 4/1 ecc. Dal rapporto 3/1, un’ottava più una quinta (2/1 × 3/2 = 3/1), si ha: prima: 1, 3/1 seconda: 1, 2/1, 3/1 terza: 1, 5/3, 7/3, 3/1 quarta: 1, 3/2, 2/1, 5/2, 3/1 quinta: 1, 7/5, 9/5, 11/5, 13/5, 3/1 E dal rapporto 8/3 (ottava più quarta, 2/1 × 4/3 = 8/3): prima: 1, 8/3 seconda: 1, 11/6, 8/3 terza: 1, 14/9, 19/9, 8/3 quarta: 1, 17/12, 11/6, 9/4, 8/3 quinta: 1, 4/3, 5/3, 2/1, 7/3, 8/3 ecc. Il processo di costruzione delle scale e gli intervalli che le costituiscono viene arricchito da altri procedimenti di calcolo. Uno di questi è la reciprocità: le scale reciproche mantengono le stesse proporzioni delle 5. NOVARO 217 scale fondamentali ma in relazione inversa a quella che l’autore chiama la cofondamentale, ossia il limite superiore della scala.135 Il reciproco di (2/1 : 3/2 = ) 4/3 si ottiene invertendo i termini: (3/2 : 2/1 = ) 3/4.136 Sono definite anche le scale reciproco-graduali, in cui un qualsiasi intervallo della scala è considerato cofondamentale: «Per ottenerle, dopo aver invertito i termini delle frazioni si moltiplichi per il valore di quella che diventa la cofondamentale».137 Le scale complesse invece si ottengono combinando una scala fondamentale con una qualsiasi delle sue scale reciproche.138 Con la terza scala fondamentale del 2/1 (1, 4/3, 5/3, 2/1) e la sua reciproca (1, 6/5, 3/2, 2/1) si forma la seguente scala complessa: 1, 6/5, 4/3, 3/2, 5/3, 2/1. Le scale complesse sono regolari, quando sono reciproche di sé stesse, o irregolari, qualora non lo siano. Dalla stessa scala fondamentale, unita alla sua rispettiva reciproca-graduale al 3/2 si ha: 1, 9/8, 4/3, 3/2, 5/3, 9/5, 2/1. Con la reciproca-graduale al 5/3 si ottiene 1, 5/4, 4/3, 5/3, 2/1. Al 6/5 si ha: 1, 6/5, 4/3, 36/25, 5/3, 9/5, 2/1. Novaro propone anche l’esempio di una scala complessa ottenuta da una scala fondamentale (1, 4/3, 5/3) e due reciproche (1, 5/4, 5/3, reciproca, e 16/15, 4/3, 16/9, reciproca-graduale al 16/9): 1, 16/15, 5/4, 4/3, 3/2, 5/3, 16/9, 2/1. È altresì possibile costruire una scala complessa tramite una scala reciproca ottenuta da due fondamentali: 1, 4/3, 5/3 e 9/8, 3/2, 15/8. In questo caso è considerato come assoluto il 9/8; la scala reciproca-graduale di entrambe è 6/5, 3/2, 2/1. Gli intervalli, in ordine di altezza, sono: 1, 9/8, 6/5, 4/3, 3/2, 5/3, 15/8, 2/1. In pratica, una scala minore naturale. 135 Per ottenere una scala reciproca basta invertire i termini che esprimono i suoi intervalli e moltiplicarli per il valore del suo metro. Per esempio, data la scala 1, 4/3, 5/3, 2/1, invertendo le relazioni si ha 2/1, 3/4, 3/5, 1/2 che, moltiplicati per 2/1, valore del metro musicale, in questo caso, dànno 2/1, 3/2, 6/5, 1. Ordinando questi intervalli in base alla loro ampiezza, si ottiene la seguente scala reciproca: 1, 6/5, 3/2, 2/1. Come si può vedere, le differenze tra gli intervalli sono le stesse (tra 2/1 e 3/2 è 3/4, tra 2/1 e 6/5 è 5/3). 136 Le scale reciproche di 2/1 sono: prima: 1, 2/1; seconda: 1, 4/3, 2/1; terza: 1, 6/5, 3/2, 2/1; quarta: 1, 8/7, 4/3, 8/5, 2/1; quinta 1, 10/9, 5/4, 10/7, 5/3, 2/1, ecc. Le reciproche di 3/2: prima: 1, 3/2; seconda: 1, 6/5, 3/2; terza: 1, 9/8, 9/7, 3/2; quarta: 1, 12/11, 6/5, 4/3, 3/2; quinta: 1, 15/14, 15/13, 5/4, 15/11, 3/2, ecc. Il teorico messicano fissa anche i rapporti intervallari di alcune scale mediante la lunghezza della corda da cui si ottengono gli intervalli (cfr. §2). Per ottenere le scale fondamentali di 2/1 le lunghezze sono: prima: 1, 1/2; seconda: 1, 2/3, 1/2; terza: 1, 3/4, 3/5, 1/2; quarta: 1, 4/5, 2/3, 4/7, 1/2; quinta: 1, 5/6, 5/7, 5/8, 5/9, 1/2, ecc. 137 NOVARO 1951, p. 34. Per esempio, la reciproca-graduale della terza scala fondamentale del 2/1 (1, 4/3, 5/3, 2/1) al grado 5/3 è: 5/6, 1, 5/4, 5/3; al 4/3 sarà: 2/3, 4/5, 1, 4/3. 138 Cfr. ivi, p. 35. 218 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Conclusa la trattazione delle scale, l’autore afferma che ogni progressione aritmetica è una serie armonica e formula una concezione di simmetria intervallare basata sulle serie armoniche e le loro reciproche.139 Le prime serie armoniche osservano le seguenti relazioni: prima: 1 2 3 4 5 6 ecc. seconda: 1 2 1/2 4 5 1/2 7 8 1/2 ecc. terza: 1 2 1/3 3 2/3 5 6 1/3 7 2/3 ecc. quarta: 1 2 1/4 3 1/2 4 3/4 6 7 1/4 ecc. quinta: 1 2 1/5 3 2/5 4 3/5 5 4/5 7 sesta: 1 2 1/6 3 1/3 4 1/2 5 2/3 6 5/6 ecc.140 ecc. Le serie possono essere modificate eliminando alcuni membri con un ordine regolare (serie armoniche alterne); si possono inoltre combinare serie diverse, alterne o complete, anche trasposte, ossia a partire da fondamentali diverse. I primi tre termini della seconda serie armonica, per il teorico messicano, sono «quello che potremmo considerare come il punto [del linguaggio scritto] in musica, per il suo assoluto effetto di quiete all’essere suonato».141 Si tratta dell’accordo 1, 5/2, 4/1 (per esempio Do-Mi1-Do2). Le serie armoniche reciproche hanno gli stessi rapporti delle serie armoniche, ma in forma inversa rispetto all’unità: «In questo caso la fondamentale funge al contempo da cofondamentale».142 Le posizioni armoniche sono la trasposizione di un intervallo «senza interrompere la serie armonica a cui appartiene».143 Per esempio, l’intervallo 5/2, principio della seconda serie armonica, ha le seguenti posizioni armoniche: nella sua seconda posizione 8/5, nella terza 11/8, nella quarta 14/11, nella quinta 17/14, nella sesta posizione 20/17, e via dicendo: Se di questa serie trasformiamo in assoluto, per esempio, l’11/8, questo intervallo avrà due posizioni armoniche discendenti e un numero illimitato di posizioni ascendenti. Se consideriamo l’11/8 come reciproco, vale a dire 139 Cfr. ivi, pp. 36-37. Sommando i valori della tabella si ottiene: prima: 1, 2, 3, 4, 5, 6 ecc. seconda: 1, 5/2, 4/1, 11/2, 7/1, 17/2, ecc.; terza: 1, 7/3, 11/3, 5/1, 19/3, 23/3, ecc.; quarta: 1, 9/4, 7/2, 19/4, 6/1, 29/4, ecc.; quinta: 1, 11/5, 17/5, 23/5, 29/5, 7/1, ecc.; sesta: 1, 13/6, 10/3, 9/2, 17/3, 41/6, ecc. 141 Ivi, p. 36. 142 Ibidem. 143 Ivi, p. 37. 140 5. NOVARO 219 8/11, esso avrà due posizioni ascendenti e un numero illimitato di posizioni armoniche discendenti. Tutti gli intervalli che costituiscono una serie sono posizioni armoniche tra loro stessi.144 Le posizioni armoniche si ottengono anche dalle scale. Ad esempio, continuando la serie ascendente di 1, 4/3, 5/3, si ottiene 6/3, 7/3, 8/3, 9/3, 10/3, ecc., con le seguenti posizioni armoniche: prima posizione: 1, 4/3, 5/3 seconda posizione: 4/3, 5/3, 2/1 : 1, 5/4, 3/2 terza posizione: 5/3, 2/1, 7/3 : 1, 6/5, 7/5 quarta posizione: 2/1, 7/3, 8/3 : 1, 7/6, 4/3 quinta posizione: 7/3, 8/3, 9/3 : 1, 8/7, 9/7 sesta posizione: 8/3, 9/3, 10/3 : 1, 9/8, 5/4 Continuando con la serie armonica della serie fondamentale che ci serve da esempio, otteniamo 2/3, 1/3; le sue posizioni discendenti sono: seconda posizione: 2/3, 1, 4/3 : 1, 3/2, 2/1 terza posizione: 1/3, 2/3, 1 : 1, 2/1, 3/1 La terza posizione discendente è di fatto la prima posizione della serie, formando la seconda scala fondamentale del metro 3/1. La base del sistema naturale è costituita da queste operazioni. Se la sfera di riferimento è quella dell’intonazione giusta, basta poco ad accorgersi che si tratta di una forma ben più ampia di quella prospettata da teorici precedenti, una forma in cui il calcolo intervallare non ha limiti. Infatti, il sistema naturale non ha preoccupazioni di ordine concreto: il numero vi predomina e definisce il contesto entro cui muoversi. Non ci si pone il problema dell’applicazione agli strumenti musicali, della consonanza e della dissonanza: ogni intervallo del sistema è naturale, anche se alcuni accordi possono servire meglio di altri a scandire il discorso musicale. Delineate le scale principali, Novaro presenta un sistema di relazioni e operazioni con i rapporti frazionari atto ad allargare le basi armoniche del sistema naturale. In questo modo, si offrono vari sistemi di prolungamento e trasposizione delle scale e degli intervalli fondamentali. L’autore introduce anche un altro aspetto, antitetico a quanto detto finora e ripreso più avanti, quello delle serie regolari basate sulle progressioni geometriche. Esse procurano un effetto di uniformità, avendo intervalli uguali tra loro. Per questo, Novaro le considera «la base del rit- 144 Ibidem. 220 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA mo. Poco armoniche, hanno una certa monotonia al suonare i loro valori in sequenza. Hanno grande utilità in musica».145 Ciascun intervallo indica per mezzo dei suoi valori la serie a cui appartiene, che si può interpretare in due forme: una stabilisce il concetto di posizioni armoniche; l’altra quello di posizioni regolari. Le posizioni regolari di un intervallo fissano la cofondamentale come fondamentale di un altro intervallo le cui relazioni sono uguali al primo. Per esempio, 3/2 × 3/2 = 9/4; 9/4 × 3/2 = 27/8, ecc., da cui si ottiene la progressione geometrica 3/2, 9/4, 27/8, 81/16, ecc., nella quale 3/2 è il rapporto della serie. Attraverso le sue posizioni regolari una scala può essere trasposta. Basta prendere i suoi rispettivi gradi come fondamentali e moltiplicarli successivamente per il valore che rappresenta il suo metro musicale. Per esempio, data la scala 1, 4/3, 5/3, ecc., si ha: 4/3 × 5/3 = 20/9; 5/3 × 5/3 = 25/9, ecc., che fornisce la successione 1, 4/3, 5/3, 20/9, 25/9, ecc. Le posizioni regolari della seconda scala fondamentale del metro 5/3 sono pertanto: prima posizione: 1, 4/3, 5/3 seconda posizione: 4/3, 5/3, 20/9 : 1, 5/4, 5/3 posizioni terza e prima: 5/3, 20/9, 25/9 : 1, 4/3, 5/3 ecc. La terza posizione, come si vede, è anche la prima. In tal modo, Novaro guadagna ancora nuovi intervalli, senza perdere il riferimento, seppure traslato, alle scale fondamentali. Aggiungendo alla seconda scala fondamentale del 5/3 il 2/1, si ottiene la terza scala fondamentale del metro 2/1. Muovendo la scala attraverso le sue posizioni regolari, si ottiene un altro campo armonico: prima posizione: 1, 4/3, 5/3, 2/1 seconda posizione: 4/3, 5/3, 2/1, 8/3 : 1, 5/4, 3/2, 2/1 terza posizione: 5/3, 2/1, 8/3, 10/3 : 1, 6/5, 8/5, 2/1 posizioni quarta e prima: 2/1, 8/3, 10/3, 4/1 : 1, 4/3, 5/3, 2/1 ecc. Le posizioni regolari di una scala complessa regolare sono reciproche tra loro. Questa reciprocità si manifesta nel modo seguente: prima posizione: 1, 6/5, 4/3, 3/2, 5/3, 2/1 seconda posizione: 6/5, 4/3, 3/2, 5/3, 2/1, 12/5 terza posizione: 4/3, 3/2, 5/3, 2/1, 12/5, 8/3 145 Ivi, p. 39. 5. NOVARO 221 quarta posizione: 3/2, 5/3, 2/1, 12/5, 8/3, 3/1 quinta posizione: 5/3, 2/1, 12/5, 8/3, 3/1, 10/3 posizioni sesta e prima: 2/1, 12/5, 8/5, 3/1, 10/3, 4/1 Le relazioni delle sequenze intervallari divengono più chiare se si trasforma in assoluto, ossia in “fondamentale” (= 1), il primo intervallo di ciascuna posizione: prima posizione: 1, 6/5, 4/3, 3/2, 5/3, 2/1 seconda posizione: 1, 10/9, 5/4, 25/18, 5/3, 2/1 terza posizione: 1, 9/8, 5/4, 3/2, 9/5, 2/1 quarta posizione: 1, 10/9, 4/3, 8/5, 16/9, 2/1 quinta posizione: 1, 6/5, 36/25, 8/5, 9/5, 2/1 posizioni sesta e prima: 1, 6/5, 4/3, 3/2, 5/3, 2/1 In ogni scala complessa regolare la prima posizione è reciproca di sé stessa, la seconda della quinta, la terza della quarta, ecc. In questo modo, attraverso le posizioni armoniche e le posizioni regolari, l’autore raccorda tutti gli intervalli fin qui ottenuti: «Le posizioni armoniche rappresentano un laccio infinito, a cui si legano tutti gli intervalli».146 Le posizioni regolari ci indicano la classificazione di queste relazioni in gruppi che a loro volta sono uniti tra loro. Novaro distingue accordi perfetti e frazionari; i primi si hanno quando la serie che li esprime è continua, per esempio 1-5/4-3/2-2/1. Il concetto di posizioni regolari classifica in gruppi gli accordi in base al loro grado di semplicità (il più semplice è quindi 1-2/1). La seconda scala fondamentale, 1, 3/2, 2/1, nella sua seconda posizione regolare è 3/2, 2/1, 3/1; in questo caso, ha le stesse relazioni della sua reciproca. Queste due scale formano il secondo gruppo di accordi: 1-3/42/1 e 1-4/3-2/1. Dalla terza scala fondamentale del metro 2/1 e delle sue diverse posizioni regolari, otteniamo, nella sua prima posizione, 1-4/35/3-2/1; seconda posizione, 4/3-5/3-2/1-8/3; terza posizione, 5/3-2/1-8/310/3. Le loro rispettive reciproche sono: prima posizione, 1-6/5-3/2-2/1; seconda posizione, 3/4-1-6/5-3/2; terza posizione: 3/5-3/4-1-6/5. Questi sei accordi formano il terzo gruppo: 1-4/3-5/3-2/1 1-6/5-3/2-2/1 1-5/4-3/2-2/1 1-4/3-8/5-2/1 1-6/5-8/5-2/1 1-5/4-5/3-2/1 146 Ivi, p. 41. 222 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Sviluppando la quarta scala fondamentale del 2/1 per mezzo delle sue posizioni regolari, otterremo il quarto gruppo di accordi, per un totale di otto: 1-5/4-3/2-7/4-2/1 1-8/7-4/3-8/5-2/1 1-6/5-7/5-8/5-2/1 1-5/4-10/7-5/3-2/1 1-7/6-4/3-5/3-2/1 1-6/5-3/2-12/7-2/1 1-8/7-10/7-12/7-2/1 1-7/6-7/5-7/4-2/1 Il quinto gruppo di accordi ha come base la quinta scala fondamentale del metro 2/1: 1-6/5-7/5-8/5-9/5-2/1 1-10/9-5/4-10/7-5/3-2/1 1-7/6-4/3-3/2-5/3-2/1 1-6/5-4/3-3/2-12/7-2/1 1-8/7-9/7-10/7-12/7-2/1 1-7/6-7/5-14/9-7/4-2/1 1-9/8-5/4-4/3-7/4-2/1 1-8/7-4/3-8/5-16/9-2/1 1-10/7-4/3-14/9-16/9-2/1 1-9/8-9/7-3/2-9/5-2/1 Novaro stabilisce poi il concetto di alternanza che può riguardare tanto un accordo quanto una scala in rapporto ai loro reciproci o reciprocigraduali. Nel trasporto delle fondamentali a qualsiasi grado «si otterrà sempre una successione di accordi in perfetta armonia».147 Le tavole armoniche comprendono diversi rapporti frazionari in cui l’unità funge da asse di simmetria a una serie armonica parziale e alla sua reciproca e viceversa. Ciascun intervallo possiede una propria tavola armonica. Le tavole «allacciano tra loro tutte le scale fondamentali e reciproche e rappresentano una fonte inesauribile di risorse e insegnamenti musicali».148 Esse corrispondono ai tonality diamond di Partch (cfr. §7). 147 Ivi, p. 46. Ibidem. Un’altra tendenza simile, ricollegabile alla filosofia antica è il cosiddetto lambdoma numerico che vanta presunti legami con il trattato di Nicomaco di Gerasa e con l’ampliamento della tetraktis pitagorica reclamato da coloro che si sono dedicati all’argomento. Il filone moderno di queste speculazioni è costituito dagli studi di Hans Kayser (1891-1964). Lo scienziato tedesco — che studiò anche composizione con Schoenberg, Humperdinck e Kretzschmar a Berlino — a partire dagli anni ’20 condusse una serie di studi comparativi, persuaso che i rapporti frazionari degli armonici corrispondessero a 148 5. NOVARO 223 Novaro invita a leggere le tavole armoniche in senso orizzontale, verticale e diagonale: Tavola armonica del 2/1 1 1/2, 1, 2/1 1/3, 2/3, 1, 3/2, 3/1 1/4, 1/2, 3/4, 1, 4/3, 2/1, 4/1 1/5 2/5 3/5 4/5 1 5/4 5/3 5/2 5/1 1/6, 1/3, 1/3, 2/3, 5/6, 1, 6/5, 3/2, 2/1, 3/1, 6/1 ecc. Tavola armonica del 3/2 1 2/3, 1, 3/2 1/2, 3/4, 1, 4/3, 2/1 2/5, 3/5, 4/5, 1, 5/4 5/3 5/2 1/3, 1/2, 2/3, 5/6, 1, 6/5, 3/2, 2/1, 3/1 2/7, 3/7, 4/7, 5/7, 6/7, 1, 7/6, 7/5, 7/4, 7/3, 7/2 1/4, 3/8, 1/2, 5/8, 3/4, 7/8, 1, 8/7, 4/3, 8/5, 2/1, 8/3, 4/1 ecc. Tavola armonica del 4/3 1 3/4, 1, 4/3 3/5, 4/5, 1, 5/4, 5/3 1/2, 2/3, 5/6, 1, 6/5, 3/2, 2/1 3/7, 4/7, 5/7, 6/7, 1, 7/6, 7/5, 7/4, 7/3 3/8, 1/2, 5/8, 3/4, 7/8, 1, 8/7, 4/3, 8/5, 2/1, 8/3 1/3, 4/9, 5/9, 2/3, 7/9, 8/9, 1, 9/8, 9/7, 3/2, 9/5, 9/4, 3/1 ecc. Tavola armonica del 5/3 1 3/5, 1, 5/3 3/7, 5/7, 1, 7/5, 7/3 1/3, 5/9, 7/9, 1, 9/7, 9/5, 3/1 3/11, 5/11, 7/11, 9/11, 1, 11/9, 11/7, 11/5, 11/3 3/13, 5/13, 7/13, 9/13, 11/13, 1, 13/11, 13/9, 13/7, 13/5, 13/3 ecc. strutture rintracciabili in chimica, fisica, astronomia, cristallografia, botanica, ecc., e che l’unità di fondo del mondo fisico fosse il riflesso dell’armonia cosmica. Il ‘lambdoma numerico’ corrisponde alle ‘tavole armoniche’ e alle ‘serie armoniche reciproche’ di Novaro, oltre che ai tonality diamond di Partch. Sono grato a Luigi Polsini per questo riferimento. 224 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Tavola armonica del 6/5 1 5/6, 1, 6/5 5/7, 6/7, 1, 7/6, 7/5 5/8, 3/4, 7/8, 1, 8/7, 4/3, 8/5 5/9, 2/3, 7/9, 8/9, 1, 9/8, 9/7, 3/2, 9/5 1/2, 3/5, 7/10, 4/5, 9/10, 1, 10/9, 5/4, 10/7, 5/3, 2/1 ecc. Tavola armonica del 5/4 1 4/5, 1, 5/4 2/3, 5/6, 1, 6/5, 3/2 4/7, 5/7, 6/7, 1, 7/6, 7/5, 7/4 1/2, 5/8, 3/4, 7/8, 1, 8/7, 4/3, 8/5, 2/1 4/9, 5/9, 2/3, 7/9, 8/9, 1, 9/8, 9/7, 3/2, 9/5, 9/4 ecc. Tavola armonica dell’8/5 1 5/8, 1, 8/5 5/11, 8/11, 1, 11/8, 11/5 5/14, 4/7, 11/14, 1, 14/11, 7/4, 14/5 5/17, 8/17, 11/17, 14/17, 1, 17/14, 17/11, 17/8, 17/5 1/4, 2/5, 11/20, 7/10, 17/20, 1, 20/17, 10/7, 20/11, 5/2, 4/1 ecc. Tavola armonica del 7/4 1 4/7, 1, 7/4 2/5, 7/10, 1, 10/7, 5/2 4/13, 7/13, 10/13, 1, 13/10, 13/7, 13/4 1/4, 7/16, 5/8, 13/16, 1, 16/13, 8/5, 16/7, 4/1 4/19, 7/19, 10/19, 13/19, 16/19, 1, 19/16, 19/13, 19/10, 19/7, 19/4 ecc. Tavola armonica dell’8/7 1 7/8, 1, 8/7 7/9, 8/9, 1, 9/8, 9/7 7/10, 4/5, 9/10, 1, 10/9, 5/4, 10/7 7/11, 8/11, 9/11, 10/11, 1, 11/10, 11/9, 11/8, 11/7 7/12, 2/3, 3/4, 5/6, 11/12, 1, 12/11, 6/5, 4/3, 3/2, 12/7 ecc. 5. NOVARO 225 Incuranti delle possibili applicazioni concrete, si giunge così a una proliferazione incontrollabile di intervalli. Eppure, per Novaro, le proporzioni numeriche e i concetti armonici fin qui delineati posseggono una loro concretezza immediata. Per esempio, possono essere applicati al disegno di casse di risonanza spiraliformi. L’autore riporta alcuni esempi tratti dalle scale più semplici (figure 20 e 21):149 Figura 20 Nonostante l’articolazione e la corenza teorica del progetto, lo studioso messicano è però consapevole dei problemi pratici che l’intero sistema naturale comporta. Enunciatone i principi armonici, Novaro prepara una deviazione a sorpresa, ponendosi una domanda a proposito del sistema naturale, una domanda che figurava già nell’opuscolo del 1927: «Ci sono mezzi per produrre la musica nata da quelle combinazioni sonore?». Non si tratta di un errore; anzi, il sistema fin qui delineato, secondo il suo autore, garantisce la «perfetta armonia» applicabile, come si è visto, anche alla progettazione di strumenti musicali. Le progressioni aritmetiche però manifestano la loro scarsa maneggevolezza, quando si tenta di applicarle alla pratica musicale, alla composizione. Infatti, non è assolutamente facile ottenere gli intervalli enunciati, specialmente con le tecnologie disponibili all’epoca di Novaro. 149 Ivi, p. 49 e p. 50. 226 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Figura 21 Questi, è vero, a livello sperimentale supera brillantemente molte difficoltà, riuscendo a produrre, misurare e udire intervalli molto piccoli e disparate scale attraverso le misurazioni delle lunghezze della corda. L’uso musicale di questi intervalli è alquanto problematico. Peraltro, si domanda Novaro — ignorando apparentemente le esperienze precedenti sugli strumenti a intonazione giusta, anche se il suo sistema si spinge oltre — ammesso che si possano risolvere i “problemi meccanici”, ossia che si riescano a costruire strumenti in grado di produrre agevolmente queste relazioni intervallari, una musica siffatta potrebbe dirsi pratica? La sua risposta è no, perché «la principale difficoltà nel creare musica 5. NOVARO 227 con gli intervalli reali, consiste nell’impiego costante di relazioni disuguali tra loro».150 Questo, Novaro lo sapeva fin dall’inizio. I connotati del “sistema naturale”, delineati con tanta dovizia sono stati definiti allora al solo scopo di fornire una base inequivocabile di riferimento per la musica. Grazie alle esperienze compiute sotto il controllo di Seashore, Novaro sa che, oltre una certa soglia, l’udito umano non si accorge di piccole differenze intervallari, per cui certe approssimazioni sono giustificabili: vedremo più avanti in quale misura queste soglie di approssimazione siano stabilite. 5.5.2. Le progressioni geometriche Nell’introdurre il discorso sulle approssimazioni degli intervalli, Novaro tralascia di considerare l’effetto complessivo di una scala sulla percezione, come invece fa Yasser (cfr. §7). Del resto, egli non si occupa di questioni inerenti al registro ma tiene in conto — in particolare nell’appendice conclusiva — il ruolo del timbro nella riduzione dei battimenti. Singoli intervalli sono passati al vaglio dei monocordi: la “base naturale” però rimane a debita distanza, intangibile e inapplicabile. Incamminandosi verso un applicazione pratica del suo sistema, lo sperimentatore messicano sceglie quei sistemi a progressione geometrica che permettono di approssimarsi con trascurabili differenze alle scale fondamentali. Lo scopo non è quello di proporre scale a intervalli equidistanti tra loro, ma suddivisioni minute dell’ottava mediante le quali sia possibile ricostruire con buona approssimazione i diversi gradi diseguali che formano le scale fondamentali. Lo stesso processo era stato considerato da Bosanquet nell’Ottocento per approssimarsi all’intonazione giusta. Anche Novaro è convinto che con i sistemi temperati microtonali sia possibile ottenere una versione approssimata dei rapporti del “sistema naturale”. Le scale fondamentali costituiscono il punto di riferimento teorico per questa operazione e la relazione d’ottava, 2/1, appare l’unico termine comune e irrinunciabile di entrambi i sistemi. Per comparare questi due ambiti, Novaro fa uso di non meglio specificati “millesimi” (anche se dal contesto si deduce che si tratti di millesimi d’ottava, quindi millitone, 1 millitone=cent, cfr. §6). Per gli intervalli 3/2 e 4/3 sono considerate buone le imitazioni che non arrivano, per eccesso o per difetto, a 2 millitone; per gli intervalli 5/3, 6/5, 5/4 e 8/5 l’approssimazione è di circa 3 millitone. Oltre i 4 millitone bisogna tener conto dei battimenti, a causa 150 Ivi, p. 51. 228 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA dei quali Novaro boccia molte progressioni geometriche: quando esse producono buone approssimazioni alle relazioni semplici, allora possono essere utili; anche nel caso in cui se ne discostino di poco possono essere ancora accettabili; ma se rientrano in quella che Novaro chiama la “zona proibita” dei battimenti, ossia tra i 4 e i 9 millitone, gli intervalli risultano intollerabili all’udito. Il teorico messicano considera i seguenti intervalli naturali come campioni per effettuare le comparazioni con quelli ottenuti dalle progressioni geometriche: 3/2 = 1.5; 5/3 = 1.667; 7/4 = 1.75 e 9/5 = 1.8. Si tratta degli intervalli più importanti per definire la validità, rispettivamente, della seconda, terza, quarta e quinta scala fondamentale. Nel corso del suo studio, Novaro prende in esame i rapporti dei temperamenti equabili da 3 a 84 suoni per ottava, ossia da ř3 2 a 84ř 2 . I valori numerici degli intervalli di alcune di queste progressioni geometriche sono raffrontati con quelli delle progressioni aritmetiche, allo scopo di verificare quali intervalli temperati meglio si approssimano alle relazioni fondamentali: 3 ř5 2 ř2 ci dà quasi perfette relazioni agli intervalli “naturali” 34/27 e 27/17; presenta una discreta imitazione di 8/7 (1.1428), con l’1.1487; uguale approssimazione al suo reciproco 7/4. L’intervallo di quarta si approssima al 54/41 e il 41/27 può essere usato come quinta; 6 ř 2 offre valori prossimi agli intervalli 9/8, 34/27, 24/17,15127/17 e 16/9, «tutti utili, ma insufficienti a stabilire un sistema musicale»; 7 ř 2 dà buone approssimazioni all’11/10 e al 20/11, ma per l’approssimazione alle relazioni semplici questa progressione non è utile; 8 ř 2 , pur avendo buone approssimazioni a 12/11, 81/68, 13/10, 24/17, 20/13, 136/81 e 11/6, si allontana dalle prime relazioni fondamentali; 9 ř 2 fornisce valori vicini agli intervalli 13/12, 34/27, 27/17, 24/13. Quasi perfetti i riscontri per 7/6 e 12/7; 5 10 ř 2 , oltre ai valori ottenuti con ř 2 , offre intervalli che si avvicinano a 14/13, 13/7 e 24/17; 11 ř 2 : approssimazioni discrete a 16/15, 6/5, 14/9, 5/3 e 15/8. 12 ř 2 (il sistema ben temperato) presenta le prime approssimazioni accettabili agli intervalli 3/2 e 4/3. La validità di questa successione è attestata anche dal fatto che è possibile costruire scale fondamentali e traslarle secondo le procedure adottate nella parte teorica. Novaro non si perita di sottolineare che questa formula è quella vigente nel sistema musicale tradizionale, forse perché ha concepito il suo trattato come se si dovesse ricominciare daccapo la spiegazione dei vari sistemi. Dagli intervalli di quarta e quinta, che l’autore ritiene accettabili, si ottengono diverse scale: seconda scala fondamentale: 1, 3/2, 2/1 scala reciproca: 1, 4/3, 2/1 151 Ivi, p. 59. 5. NOVARO 229 scala complessa risultante: 1, 4/3, 3/2, 2/1 In base al concetto delle posizioni regolari, si ottiene: prima posizione: 1, 4/3, 3/2, 2/1 seconda posizione: 1, 9/8, 3/2, 2/1 terza posizione: 1, 4/3, 16/9, 2/1 Dalla seconda e terza posizione regolare, in questo caso reciproche tra loro, si ottiene la seguente scala complessa: 1, 9/8, 4/3, 3/2, 16/9, 2/1 Con le posizioni regolari si ricavano le seguenti scale complesse: Prima posizione: 1, 9/8, 4/3, 3/2, 16/9, 2/1 Seconda posizione: 1, 32/27, 4/3, 128/81, 16/9, 2/1 Terza posizione: 1, 9/8, 4/3, 3/2, 27/16, 2/1 Quarta posizione: 1, 32/27, 4/3, 3/2, 16/9, 2/1 Quinta posizione: 1, 9/8, 41/16, 3/2, 27/16, 2/1 Novaro introduce anche, bruscamente, un discorso sulle scale pentatoniche che oltrepassano l’estensione di un’ottava. Per esempio, a partire da 1, 9/8, 8/1, seconda scala fondamentale del metro 8/1, si ha: rispettiva reciproca 1, 16/9, 8/1; scala complessa: 1, 16/9, 9/2, 8/1; seconda posizione regolare: 1, 81/32, 9/2, 8/1 che insieme alla posizione reciproca — 1, 16/9, 256/81, 8/1 — costituisce la seguente scala complessa: 1, 16/9, 81/32, 256/81, 9/2, 8/1. Considerando le posizioni regolari di questa scala, si ricavano cinque scale pentatoniche «tanto perfette, all’udito, all’interno dei 12 suoni [uguali tra loro] nella relazione 2/1, come se usassimo valori giusti».152 Novaro fornisce anche alcuni accordi che nel sistema a 12 suoni risultano «uditivamente perfetti», come 1-34/27-16/9-2/1, accordo che all’interno delle sue rispettive posizioni dà: Prima posizione: 1-34/27-16/9-2/1 Seconda posizione: 1-24/17-27/17-2/1 Terza posizione: 1-9/8-17/12-2/1 I rispettivi accordi reciproci sono: Prima posizione: 1-9/8-27/17-2/1 Seconda posizione: 1-34/17-17/12-2/1 Terza posizione: 1-24/17-16/9-2/1 152 Ivi, p. 61. 230 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Sostiene Novaro che «per le sue qualità musicali, la progressione geometrica di 12 suoni nell’ottava rappresenta il primo passo nell’armonia pratica»,153 ma è bene menzionare anche un aspetto generale che riguarda tutti i temperamenti. Alla fine del suo trattato si osserva: L’uso di diversi temperamenti dipende da ciò che vogliamo fare e dalle nostre possibilità pratiche. Gli esempi esposti nel quarto capitolo possono servire da guida per determinare le loro qualità armoniche e l’organizzazione musicale; però nessun temperamento, non importa il numero di suoni che comprenda, potrà servire mai da base all’armonia infinita.154 Per quanto riguarda i temperamenti, la posizione di Novaro non è dissimile da quella dei teorici dell’intonazione giusta. Tuttavia, la consapevolezza di un’insanabile distanza di tutti i temperamenti dalla “perfetta armonia” conduce lo sperimentatore messicano a rivalutare anche il sistema ben temperato. Da un punto di vista microtonale, quindi più sofisticato, in base alle leggi “naturali”, egli è persuaso che si possa migliorare anche la resa di questo sistema. 5.5.3. I sistemi temperati rettificati a 12 suoni Una buona porzione del Sistema natural è dedicata alle possibili modifiche che si possono apportare al temperamento a 12 suoni nell’ottava, 12ř 2 (intervalli equidistanti di ampiezza 1.05946). Novaro è consapevole della complessità dei problemi che circondano questo sistema nei suoi molteplici aspetti: Il temperamento di 12 suoni, attualmente in uso in Occidente, non è stato imposto da nessun fisico famoso o compositore eminente, lo ha imposto il popolo: i liutisti italiani e ancor di più i viellisti spagnoli, ansiosi di ottenere un mezzo pratico per esprimersi nella musica e accompagnare la danza, optarono, senz’altra teoria, per un sistema che permettesse di soddisfare i loro desideri. Si cominciò a usare il temperamento di 12 suoni empiricamente e si è continuato nello stesso modo. Fisici e musicisti non sono potuti giungere a un criterio per effettuare questa accordatura. Gli accordatori di pianoforti, a loro volta, aggiustano gli intervalli del temperamento come meglio pare loro, e si può dire che le accordature sono tante quante gli accordatori. Il problema è più complesso con l’orchestra: ci sono strumenti accordati in forma più o meno temperata; altri con intervalli di relazioni semplici, e altri ancora la cui accordatura è convenzionale. È nell’or153 154 Ivi, p. 62. Ivi, p. 249. 5. NOVARO 231 chestra che si manifesta con maggiore chiarezza il fatto di avere due modi di ascoltare la musica: una è ciò che crediamo di ascoltare, l’altra ciò che realmente si ascolta. Nel primo caso ci suggestiona il ritmo, la melodia, i diversi timbri che concorrono a formare un’opera che, prodotta dall’orchestra, è corretta notevolmente dal nostro cervello; ma la nostra sensazione è diversa quando eliminiamo i fattori che ci suggestionano e schiettamente giudichiamo ciò che in realtà si produce. Non è possibile avanzare nella musica se non si conoscono per prima cosa, in tutta la loro esattezza, gli intervalli che si utilizzano. Spero che quanto scritto […] sull’accordatura serva per iniziare una conoscenza migliore del temperamento di 12 suoni. La prima accordatura rappresenta il desiderio di Bach, quando dice in alcune sue opere: “per tastiera ben temperata”; l’ottava accordatura è il sogno di Aristosseno divenuto realtà. Tra questi estremi, si studi la quinta accordatura, per la sua maestosità, e la sesta, per il suo caratteristico colorito.155 [In nota:] Ascoltando al novar, con la sesta accordatura, la musica di Debussy interpretata da Vilma Erenyi, Manuel Medina y Alvarado esclamò: ”Non è possibile immaginare, nemmeno nel mondo fantastico dell’oppio, che si possa udire nulla di simile nella realtà ascoltata”.156 Nel corso delle sue sperimentazioni, lo studioso messicano aveva compreso che per ottenere un’accordatura soddisfacente non basta fornire e applicare i rapporti numerici delineati, ma è necessario studiare le condizioni fisiche dei mezzi utilizzati per far musica. Pertanto, egli concentrò la sua attenzione sulle corde e sui cordofoni, utilizzando come riferimento una corda di 24 pollici.157 In questo modo, Novaro verificò un’anomalia nell’intervallo di ottava, quella di possedere +7 battimenti ogni 5 secondi. D’altra parte, se suoniamo un’ottava giusta sul pianoforte, la sensazione — dice Novaro — è che predomini il suono grave; per udire i due suoni a uguale intensità dobbiamo suonare più forte il suono acuto; se accordiamo una serie di ottave, la sensazione è che i suoni acuti posseggano minore intensità. Questo crea disequilibrio tra le note del pianoforte. Se invece al centro del pianoforte accordiamo un’ottava con +7 battimenti in 5 secondi, l’ottava sarà bilanciata e il suono grave non 155 Ivi, p. 249-50. Ivi, p. 250n. 157 È notorio che le frequenze sono inversamente proporzionali alla lunghezza delle corde, mantenendo inalterate la tensione, il diametro e la densità. La corda di 24 pollici era già stata utilizzata nella Teoría. Novaro riporta la lunghezza a cui si producono i vari intervalli, su uno strumento di precisione per dividere la corda con un margine d’errore di soli ± 0.0005 pollici. Per queste misurazioni sono utilizzate particolari “casse di accordatura”, strumenti a due corde da intonare inizialmente all’unisono. Attraverso un ponte mobile che si sposta su un righello graduato in pollici, è possibile poi ottenere su una delle corde l’intervallo desiderato ed eventualmente utilizzarlo come riferimento per accordare gli strumenti musicali. 156 232 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA predominerà più sull’acuto. Questo sistema non è però applicabile a tutti gli strumenti: nell’organo, per esempio, questa discrepanza si rivela sgradevole, per cui è meglio optare per l’ottava giusta, «pulita, senza battimenti», ossia per un rapporto 2/1 esatto. Il valore della quinta temperata, 1.4983, si sostituisce a quello naturale, 1.5. Per Novaro, la quinta temperata sulla sua cassa acustica non produce battimenti; un po’ a sorpresa, egli dichiara che «dal punto di vista fisico questo intervallo sarebbe la perfetta relazione 3/2».158 L’approssimazione della quarta nel sistema temperato è pari a 1.3348, ottenuta su una corda di lunghezza pari a 17.9802 pollici. La quarta ha +7 battimenti in 5 secondi. Per ottenere il 4/3 senza battimenti si deve ricorrere a una corda di 18.015 pollici, ossia una quarta temperata ottenuta dalla formula 12ř 1,99 . Il teorico verifica la presenza di battimenti in intervalli di ottava, quinta e quarta di diversa ampiezza, contandone il numero ogni 5 secondi. Questi intervalli vengono verificati su diversi temperamenti equabili:159 LUNGHEZZA DELLA FONDAMENTALE = 24” (pollici) tempo = ± battimenti / 5 sec. 12 ř2 ř 1.999 12 ř 1.998 12 ř 1.997 12 ř 1.9965 12 ř 1.996 12 ř 1.995 12 ř 1.994 12 ř 1.993 12 ř 1.992 12 ř 1.991 12 ř 1.990 12 8a = 12” (+7) 8a = 12.006” (+5) 8a = 12.012” (+3) 8a = 12.018” (+1) 8a = 12.021” (0) 8a = 12.024” (-1) 8a = 12.030” (-3) 8a = 12.036” (-5) 8a = 12.042” (-7) 8a = 12.048” (-9) 8a = 12.054” (-11) 8a = 12.060” (-13) 5a = 16.018” (0) 5a = 16.023” (-1) 5a = 16.028” (-2) 5a = 16.033” (-3) 5a = 16.0355” (-3.5) 5a = 16.038” (-4) 5a = 16.043” (-5) 5a = 16.048” (-6) 5a = 16.053” (-7) 5a = 16.058” (-8) 5a = 16.063” (-9) 5a = 16.068” (-10) 4a = 17.980” (+7) 4a = 17.9835” (+6.3) 4a = 17.987” (+5.6) 4a = 17.9905” (+4.9) 4a = 17.9923” (+4.55) 4a = 17.994” (+4.2) 4a = 17.9975” (+3.5) 4a = 18.001” (+2.8) 4a = 18.0045” (+2.1) 4a = 18.008” (+1.4) 4a = 18.0115” (+0.7) 4a = 18.015” (0) Nella sperimentazione, la corda è divisa in due parti uguali. Benché minima, va inclusa anche la larghezza del ponte mobile: per il suo sonometro, Novaro calcola che si tratti di un valore di un millesimo di pollice per ciascun estremo della corda. L’applicazione concreta della formula teorica del temperamento equabile, porta alle seguenti conclusioni: «Riassumendo, si può dire che nel passaggio dalla teoria alla pratica, 158 159 Ivi, p. 76. Cfr ivi, pp. 77-78. 5. NOVARO 233 7 ř 2 si è trasformata nei nostri sonometri in ř 1.5 e, a sua volta, 12 ř 1.9965 in ř 2 ».160 12 12 12 ř 1.9965 12 7 ř2 ř 1.5 1 1 1 99.51.00 100.06.00 100.23.00 204.34.00 205.06.00 205.42.00 315.29.00 316.21.00 317.18.00 1007.23.00 434.18.00 435.33.00 557.27.00 559.04.00 560.51.00 689.18.00 691.21.00 693.38.00 828.58.00 831.35.00 01.05.00 976.55.00 980.00.00 983.25.00 41.23.00 45.04.00 49.08.00 207.25.00 211.44.00 216.31.00 383.17.00 388.19.00 393.54.00 167.05.00 2 08.27.00 L’accordatura proposta da Novaro prevede l’ottava giusta, una quinta 3.5 battimenti/5 sec. e una quarta +4.55 battimenti/5 sec. In determinate condizioni acustiche, egli ritiene utile la quinta pura e un’ottava e una quarta +7 battimenti.161 Tra questi due estremi si possono ottenere numerose accordature intermedie, teoricamente perfette, garantisce Novaro, che solo la pratica musicale può aiutare a scegliere. L’autore ne elenca otto, per evitare che si arrivi «a suddivisioni che si potrebbero considerare come semplici fantasie».162 Novaro si preoccupa di evitare infruttuose speculazioni in un ambito dichiaratamente applicativo; le accordature posseggono caratteristiche espressive distinte e quindi adatte a usi diversi: la prima è serena, non stanca l’orecchio e si presta a essere applicata all’organo; la seconda è più adatta al pianoforte, i suoni cominciano a cantare, le modulazioni sono più gradevoli e questa particolarità va ac160 Ivi, p. 78. Sull’accordatura tradizionale del pianoforte, cfr. CAMPBELL 1997. 162 NOVARO 1951, p. 79. L’autore ricorda che, a partire dal 1930, Henry C. Pfaff fece conoscere l’ottava accordatura a New York, collaborando anche a diversi esperimenti (cfr. ivi, p. 90n). 161 234 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA centuandosi fino ad arrivare alla quinta accordatura, che presenta varie possibilità (cfr. oltre); la 5b unisce equilibrio e originalità e si presta a essere usata in concerto, mentre la 5c aumenta il volumi dei suoni, ma è carente di espressione; la 8 è più musicale e luminosa, dai suoni gradevoli ed eterei, ma è poco stabile, per cui si può usare in concerti ma è sconsigliabile usarla quotidianamente:163 INTERVALLO DI ACCORDATURA 8a 5a 4a 1 0 -3.5 +4.55 2 +1 -3 +4.9 3 +2 -2.5 +5.25 4 +3 -2 +5.6 5 +4 -1.5 +5.95 6 +5 -1 +6.3 7 +6 -0.5 +6.65 8 +7 0 +7 «Questi valori sono compresi nel tempo di cinque secondi e si riferiscono a battimenti semplici, l’onda completa di una vibrazione equivale a due battimenti».164 Novaro trova particolarmente importante per il pianoforte la quinta accordatura e fornisce altre accordature derivate da questa:165 INTERVALLI DI 5a 4a +4.25 -1.375 +6.03 5c -4.5 -1.25 +6.12 5d +4.75 -1.125 +6.21 ACCORDATURA 8 5b a Per misurare i battimenti, Novaro usa un metronomo e un contasecondi con un quadrante di 50 secondi. Ulteriori contasecondi con quadrante modificato sono utilizzati per altri esperimenti (figura 22):166 163 Ivi, p. 79. Ibidem. 165 Ivi, p. 80 166 Ivi, p. 203. 164 5. NOVARO 235 Figura 22 Novaro sa bene che gli accordatori di pianoforti non applicano alla lettera la formula del temperamento equabile: in questo modo, egli definisce una serie di accordature “pratiche”, ottenute da sottigliezze — altrimenti delegate all’orecchio — che in senso lato si potrebbero definire microtonali. La questione dei battimenti, in questo ambito, diventa cruciale: «Nei libri di fisica si legge che il numero di battimenti è uguale alla differenza tra due frequenze». Secondo questo concetto, lo stesso intervallo a diverse altezze dovrebbe avere un differente numero di battimenti, dato che le frequenze aumentano quando il suono è più acuto e diminuiscono se il suono è più grave. Invece, per Novaro, la pratica insegna che i battimenti sono proporzionali all’intervallo e che essi non variano all’aumentare o diminuire la frequenza. A questo proposito, egli descrive due esperimenti. La prima prova riguarda due corde all’unisono. Aumentando la frequenza di una di esse senza modificare l’altezza dell’altra, si nota che i battimenti si presentano in movimento lento, aumentano in rapidità fino a un grado che è difficile precisare auditivamente e, arrivando a un certo limite, cominciano a decrescere fino a scomparire in corrispondenza della relazione 6/5. Se continuiamo ad aumentare le frequenze, i battimenti tornano a presentarsi, dapprima lentamente, per poi riscomparire in corrispondenza degli intervalli 5/4, 4/3, 3/2, 8/5, 5/3 e 2/1. Novaro afferma che se il numero di battimenti fosse uguale alla differenza tra due frequenze, aumentando la frequenza di una delle due note, a partire dall’unisono, il loro numero dovrebbe aumentare senza decrescere mai. Si chiede allora il ricercatore: la serie che discende è la stessa che ascende? «Non potrebbe essere che in fisica sia necessario considerare in un certo 236 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA senso come “unisoni” le relazioni indicate, prive come sono di battimenti?».167 Gli intervalli privi di battimenti formano la terza scala fondamentale del metro 2/1 che può essere sviluppata con le posizioni regolari: terza scala fondamentale: 1, 4/3, 5/3, 2/1 terza scala reciproca: 1, 6/5, 3/2, 2/1 seconda posizione regolare: 1, 5/4, 3/2, 2/1 seconda posizione reciproca: 1, 4/3, 8/5, 2/1 terza posizione regolare: 1, 6/5, 8/5, 2/1 terza posizione reciproca: 1, 5/4, 5/3, 2/1 Per intervalli maggiori dell’ottava, abbiamo la terza scala fondamentale del metro 5/2: fondamentale: 1, 3/2, 2/1, 5/2 reciproca: 1, 5/4, 5/3, 5/2 la quarta scala fondamentale del metro 3/1: fondamentale: 1, 3/2, 2/1, 5/2, 3/1 reciproca: 1, 6/5, 3/2, 2/1, 3/1 la quinta scala fondamentale del metro 6/1: fondamentale: 1, 2/1, 3/1, 4/1, 5/1, 6/1 reciproca: 1, 6/5, 3/2, 2/1, 3/1, 6/1 «Questi sono tutti gli intervalli senza battimenti che possiamo usare in musica»:168 Novaro ritorna, in sostanza, alle basi tradizionali dell’intonazione giusta. Nel secondo esperimento, sempre a partire da due corde all’unisono, viene prodotto un intervallo di quarta temperata, +4.55 battimenti in 5 secondi. Si sposta poi il ponte mobile della fondamentale al grado seguente e si fa salire di ugual valore anche l’altra corda. In questo modo, si ottiene lo stesso rapporto con la stessa frequenza di battimenti, nonostante il valore delle frequenze sia differente. Per Novaro, a parità di rapporto, il numero dei battimenti resta costante, indipendentemente dalle frequenze dell’intervallo; ossia, secondo il teorico, i battimenti sono proporzionali all’intervallo. 167 168 Ivi, p. 82. Ivi, p. 83. 5. NOVARO 237 A questo punto, l’autore si rivolge espressamente agli accordatori. Stabilita la nota di riferimento, in base al diapason in uso, egli presenta la quinta accordatura, secondo le procedure di accordatura tradizionale (per quarte, quinte e ottave), con l’indicazione del numero di battimenti di ciascun intervallo in 5 secondi. Per ottenere un’accordatura esatta, lo studioso assume come punto di riferimento il metronomo. Il problema principale è costituito dai battimenti: in ogni bicordo o accordo ne coesistono diversi tipi, che peraltro si modificano nel tempo. È molto facile sbagliarsi a contare i battimenti e bisogna imparare a capire quali sono quelli giusti, da prendere come punto di riferimento. Tra le due serie di battimenti prodotti dall’intervallo d’ottava, l’una pari al doppio dell’altra, per esempio, bisogna prendere in considerazione quella più acuta.169 Può capitare anche che una singola corda produca battimenti da sola, a causa di un difetto di costruzione o di un montaggio sbagliato. Lo studioso presenta i seguenti valori di riferimento in quella che chiama «scala dei gradi» nel sistema a 12 suoni: Do = 1; Do8 = 18/17; Re = 9/8; Re8 = 81/68; Mi = 34/27; Fa = 4/3; Fa8 = 24/17; Sol = 3/2; Sol8 = 27/17; La = 136/81; La8 = 16/9; Si = 17/9; Do =2 Gli intervalli sono presentati in forma frazionaria per rapportarli meglio alle scale fondamentali. Infatti, il temperamento di 12 suoni, dal punto di vista armonico, offre la seconda scala fondamentale del metro 2/1: 1, 3/2, 2/1 e la sua reciproca, 1, 4/3, 2/1, che dànno luogo alla scala complessa 1, 4/3, 3/2, 2/1, con cui si ottengono due nuovi valori il 9/8, differenza tra 4/3 e 3/2 e il suo rispettivo reciproco, 16/9. Tutti questi intervalli appartengono alla nona scala fondamentale del 2/1, che serve da guida per precisare i rimanenti intervalli. Il 17/9 e il suo reciproco 18/17, sono quasi perfetti con questo temperamento; il 34/27 è la differenza tra 3/2 e 17/9, essendo 27/17 il suo reciproco; l’81/68 è la differenza tra 34/27 e 3/2, ottenendo come reciproco il 136/81. In questo ordine, la quarta aumentata può essere rappresentata, indifferentemente, dal 24/17 o dal suo reciproco, 17/12.170 La riduzione a 12 «[del]l’infinito numero di suoni che formano l’armonia perfetta»171 implica inevitabilmente la scelta di approssimare e selezionare alcuni intervalli. A questo punto, Novaro accantona il problema dei rapporti frazionari e si dedica a stabilire un suo sistema armonico 169 Cfr. ivi, p. 89. Ivi, p. 91. 171 Ivi, p. 92. 170 238 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA in base alle scale fondamentali, reciproche e così via, inteso come imitazione del sistema naturale, raccomandando «al musicista, e ancor più al compositore, di familiarizzarsi con la tecnica dei numeri per ottenere dal temperamento la sua massima bellezza».172 5.5.4. I sistemi microtonali equabili Enunciate le possibilità melodiche e armoniche del suo temperamento a 12 suoni, nella terza parte Novaro esamina quelli che chiama i caminos diversos, ossia i diversi modi di suddividere il tono (l’intervallo di seconda, 1.1225) o l’ottava. Il tono può essere suddiviso in due modi, attraverso le progressioni aritmetiche o quelle geometriche. A differenza di Carrillo, Ives e altri, per i quali i sistemi microtonali godono di una loro autonomia “numerica” (sono autosufficienti e arricchiscono la composizione e forse le possibilità espressive), Novaro è interessato soprattutto alla relazione dei sistemi temperati via via affrontati con le scale fondamentali: la loro utilità è commisurata alla bontà delle approssimazioni, soprattutto per quegli intervalli che nella gerarchia degli armonici costituiscono i punti di riferimento più importanti. I rapporti frazionari del “sistema naturale” e il temperamento equabile rettificato costituiscono due guide irrinunciabili nel percorso di Novaro attraverso i sistemi microtonali equabili. In qualche caso, questa posizione acquista il significato di una replica, a distanza e a lungo soppesata, alla teoria microtonale di Carrillo, il quale, come si è detto (cfr. §4), viene ricordato da Novaro una sola volta a proposito dei sedicesimi di tono. Come vedremo, la critica a Carrillo e, più in generale, all’indiscriminata suddivisione plurima del tono, si manifesta palesemente nelle conclusioni dell’indagine sui sistemi microtemperati. D’altronde, Novaro afferma di voler ricorrere alle suddivisioni temperate del tono per facilitare «lo sviluppo del concetto di posizioni regolari».173 I primi intervalli presi in esame sono i terzi di tono, una progressione geometrica il cui rapporto è 1.03927, che fornisce 18 suoni nell’ottava. La resa del sistema è ritenuta scarsa perché mancano le relazioni fondamentali di quinta e quarta. Anche i quarti di tono sono liquidati da Novaro sbrigativamente e in modo non proprio chiaro, perché si uniscono «due circoli di 12 note, 172 173 Ivi, p. 93. Ivi, p. 198. 5. NOVARO 239 con i quali indipendentemente si può fare musica»;174 il punto di riferimento costante, quindi, è ancora il sistema ben temperato. Unendo questi due cicli, secondo Novaro, non si raggiunge una maggiore ricchezza armonica e si perde la praticità del sistema a 12 suoni. Contrariamente agli esperimenti di numerosi altri teorici e compositori, egli considera i quarti di tono come un sistema povero. Laddove le approssimazioni al “sistema naturale” non siano più che soddisfacenti, continua a essere ribadita la centralità del sistema ben temperato. Con i quinti di tono, 30 suoni nell’ottava (ragione 1.02339) si ottengono buone imitazioni degli intervalli 5/3 e 6/5, una certa approssimazione a 7/4 e 8/7, ma si deve rinunciare a 3/2 e 4/3. I sesti di tono, 36 suoni nell’ottava, sono letti come sovrapposizione di tre circoli di 12 suoni sfasati tra loro, con cui si producono buone approssimazioni agli intervalli 7/4, 8/7, 9/7 e 14/9 e in modo praticamente perfetto a 7/6 e 12/7. Tuttavia, dinanzi alla “facilità pratica” del temperamento a 12 suoni, le qualità intrinseche di questa scala hanno poco da offrire. Novaro però considera interessanti le peculiarità suesposte e afferma che questa scala va tenuta presente. I settimi di tono, 42 suoni nell’ottava, hanno inservibili approssimazioni a 5/3, 6/5, 7/4, 8/7, 21/20 e 40/21; d’altronde, non si può ottenere il 3/2 e, di conseguenza, neanche il 4/3. Inoltre «distruggiamo anche il 3/1, le cui scale fondamentali, come quelle di 2/1 e 4/1, vengono rotte»,175 per cui il sistema è da bocciare. Anche se diversi tipi di microtono sono sperimentati sulle casse di accordatura, è evidente che il primo indizio sulla pertinenza di questi sistemi sia dato dalle caratteristiche numeriche degli intervalli e dai rapporti da essi posseduti all’interno delle scale fondamentali. Per Novaro, il “sistema naturale” non si limita ai rapporti di numeri piccoli ma si estende a scale fondamentali che, come si è visto, possono essere molto complesse, ferma restando la centralità dei rapporti di consonanza tradizionale. Egli, più avanti, sostiene che la semplicità teorica di alcuni intervalli è compromessa da fenomeni fisici complessi, principalmente dai suoni armonici.176 Se il punto di partenza sono le suddivisioni intervallari ineguali, a riflesso delle asimmetrie degli armonici, le partizioni eguali non sono automaticamente utili a fare musica e vanno vagliate caso per caso, anche in rapporto al temperamento a 12 suoni in uso e alle sue versioni nova174 Ivi, pp. 153-54. Ivi, pp. 154-55. 176 Cfr. ivi, p. 200. 175 240 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA riane modificate. È il caso degli ottavi di tono, 48 suoni nell’ottava, inutili dal punto di vista del “sistema naturale”, al punto che, secondo l’autore, sarebbe meglio sostituirli con i sesti di tono. I noni di tono formano una successione di 54 suoni nell’ottava, da cui si ottengono intervalli 7/6 e 12/7 quasi perfetti e buone approssimazioni al 10/9 e al 9/5. Ma mancano i fondamentali 3/2 e 4/3. Con i decimi di tono, 60 suoni equidistanti nell’ottava, si ricavano solo buone imitazioni del 5/3 e del 6/5, e una discreta approssimazione a 5/4 e 8/5. I dodicesimi di tono, 72 suoni nell’ottava, posseggono una maggior ricchezza armonica: questa progressione rappresenta un’eccezione rispetto alla maggior parte delle precedenti. Secondo Novaro, essa possiede «il massimo di armonia all’interno di un sistema musicale in cui non viene distrutto il temperamento di 12 [suoni]».177 Infatti, 72 = 12 × 6. La scala microcromatica a dodicesimi di tono permette di imitare con una certa precisione la sesta scala fondamentale. Sono particolarmente indicativi, in tal senso, alcuni intervalli: INTERVALLI NATURALI APPROSSIMAZIONI DEL TEMPERAMENTO A 72 SUONI 11/9 = 1.2222 1.2240 11/8 = 1.3750 1.3740 13/9 = 1.4444 1.4417 11/7 = 1.5714 1.5722 13/8 = 1.6250 1.6183 11/6 = 1.8326 1.8340 13/7 = 1.8571 1.8518 17/9 = 1.8888 1.8877 Per concludere, Novaro tratta i quattordicesimi (84 suoni nell’ottava) e i sedicesimi (96 suoni). Afferma che, salvo qualche miglioria a intervalli di secondaria importanza, essi non apportano molto a quanto già descritto nel temperamento a 12 suoni. Gli intervalli più importanti delle scale fondamentali sono confrontati ai sistemi microtonali in progressione geometrica a 60, 72, 84 e 96 suoni, tenendo presente che, se c’è del 177 Ivi, p. 156. 5. NOVARO 241 buono, oltre ai suoni si moltiplicano le complicazioni. La critica a distanza del sistema di Carrillo appare evidente: Non per l’ansia di aumentare i suoni si otterrà una maggiore ricchezza armonica. Se si vuole, possiamo suddividere il tono in mille parti; ciononostante, per quanto sia grande il numero di suoni definiti, essi saranno sempre pochi in relazione a quelli necessari alla perfetta armonia, non servendo in questo caso nemmeno come riferimento teorico; equivarrebbe a fissare un punto convenzionale di comparazione all’interno di un’altra convenzione. Da quanto studiato finora si deduce che le serie di 36 e 72 suoni uguali tra loro all’interno dell’ottava [sesti e dodicesimi di tono] posseggono manifeste qualità armoniche. Sono esse indicate per sostituire o, per meglio dire, aumentare il numero di suoni nel temperamento di 12? La risposta è negativa ogni volta che con un numero minore di suoni si possono ottenere migliori risultati, raggiungendo un ordine più in accordo con i principi armonici. La nostra conclusione sulle suddivisioni del tono studiate è la seguente: il temperamento di 12 suoni deve lasciarsi così com’è, è completo di per sé stesso; le sue qualità musicali lo definiscono come il primo passo nell’armonia pratica. Qualsiasi numero di suoni che si pretenda aggiungergli non contribuirebbe che a complicarlo inutilmente.178 Analizzati i vari sistemi di suddivisione del tono in parti uguali, Novaro esamina altre progressioni geometriche, sempre in relazione ai rapporti semplici delle prime scale fondamentali, quindi ancora una volta nella prospettiva di una loro “purezza armonica”, seppure approssimata. Si tratta stavolta di suddivisioni non del tono, ma dell’ottava, in 19, 22, 26, 29, 31, 34, 41, 46, 53, 63 e 65 parti uguali. Il temperamento di 19 suoni equidistanti nell’ottava — lo stesso sistema al centro della teoria di Yasser (cfr. §6) — la cui ragione è 1.037155, costituisce una progressione particolarmente interessante. Abbiamo ricordato che Novaro, il quale aveva costruito un liuto speciale in grado di intonare questo sistema, fece ascoltare al teorico polacco questo temperamento. Le relazioni 5/3 e 6/5 sono considerate perfette, mentre il 1.116 sostituisce le seconde 1.111 e 1.125. Le approssimazioni agli intervalli 3/2 (1.5) e 4/3 (1.333) si ottengono rispettivamente con 1.494 e con 1.339, valori che però rientrano nel “margine proibito dei battimenti”. Anche 1.245, che rappresenta l’intervallo di terza (1.250), è impraticabile per lo stesso motivo. Evidentemente, è sufficiente la buona resa delle relazioni 5/3 e 6/5 a far ritenere utile questo sistema. Caratteristiche analoghe presenta la progressione geometrica di 22 suoni. In questo caso, il problema per gli intervalli 3/2 e 4/3 è inverso rispetto al temperamento di 19 suoni: la quinta è approssimata per ecces178 Ivi, p. 160. 242 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA so, 1.506, e la quarta per difetto, 1.327; si ottengono buone approssimazioni agli intervalli 5/4, 8/5, 15/8 e 16/15, mentre i valori per rendere 5/3 e 6/5 superano la soglia proibita dei battimenti. Per l’autore, si tratta di progressioni geometriche utilizzabili soltanto su un certo tipo di strumenti musicali. La progressione di 26 suoni fornisce la seconda scala fondamentale del metro 7/4 (1, 11/8, 7/4) e la sua reciproca (1, 14/11, 7/4) in modo quasi perfetto. Ci sono approssimazioni a 5/3, 6/5, 10/9 e 9/5, ma il valore 1.492 è poco adatto a sostituire 1.5. Novaro considera interessante la successione di 29 suoni nell’ottava. Rispetto al temperamento di 12 suoni, questa successione ha un’approssimazione simile ai valori fondamentali, ma in forma inversa: INTERVALLI NATURALI TEMPERAMENTO A 12 TEMPERAMENTO A 29 SUONI SUONI 3/2 = 1.5000 1.4984 (-0.016) 1.5013 (+0.0013) 4/3 = 1.3333 1.3348 (+0.0014) 1.3322 (-0.0012) 5/3 = 1.6667 1.6818 (+0.0151) 1.6519 (-0.0148) 6/5 = 1.2000 1.1892 (-0.0108) 1.2107 (+0.0107) 5/4 = 1.2500 1.2600 (+0.0100) 1.2400 (-0.0100) 8/5 = 1.6000 1.5874 (-0.0126) 1.6129 (+0.0129) 9/8 = 1.1250 1.1225 (-0.0025) 1.1269 (+0.0029) 16/9 = 1.7778 1.7818 (+0.0040) 1.7746 (-0.0032) 2/1 2 2 Mentre il temperamento di 12 suoni si presenta aspro e privo di flessibilità, quello a 29 suoni, grazie a questa sua approssimazione inversa, possiede una maggior delicatezza, anche se «persiste in impressioni tristi e monotonia a colori scuri».179 Inoltre, l’intervallo di terza non può essere considerato un sostituto del 34/27, come nel sistema di 12 suoni, in quanto 1.240 (al posto di 1.250) si rivela poco appropriato allo scopo. La conclusione di Novaro sul temperamento a 29 suoni è abbastanza prevedibile: esso non migliora quello a 12 e ciò che offre non compensa le difficoltà pratiche che presenta. Il sistema temperato a 31 suoni sarebbe molto interessante se possedesse valori di approssimazione meno difettosi alla quarta e alla quinta. Sono invece eccellenti le approssimazioni a 5/4 e a 8/5, accettabili quelle 179 Ivi, p. 164. 5. NOVARO 243 a 5/3 e 6/5, buone quelle a 7/4 e a 8/7, sufficienti quelle a 7/6, 12/7, 7/5, 10/7, 15/8, 16/15, 40/21, 21/20, 18/11, 11/9, passabili quelle a 9/7 e 14/9. L’1.183 sostituisce 10/9 = 1.111 e 9/8 = 1.125. L’1.337 permette di imitare la terza 6/5. Ma quinta e quarta si trovano nella zona “vietata” dei battimenti. In merito, Novaro fa una considerazione importante, che riguarda quest’ultimo problema: «Se si potessero costruire strumenti musicali nei quali i battimenti non siano molesti, questo temperamento sarebbe utile».180 Anche la progressione geometrica di 34 suoni possiede aspetti di rilievo. Essa approssima in modo accettabile gli intervalli 5/3, 6/5, 5/4 e 8/5. Rispetto alla serie di 31, migliorano i valori di 3/2 e 4/3: «In certe condizioni acustiche questo temperamento può essere di utilità musicale, nonostante le limitazioni che presenta, essendo formato da due cicli di 17 suoni».181 Comparando tra loro i temperamenti più interessanti — quelli a 29, 31 e 34 suoni — con i valori della terza e quarta scala fondamentale del metro 2/1 otterremo: INTERVALLI NATURALI TEMP. A 29 SUONI TEMP. A 31 SUONI TEMP. A 34 SUONI 8/7 = 1.1429 1.1542 1.1435 1.1302 6/5 = 1.2000 1.2107 1.1964 1.2013 5/4 = 1.2500 1.2400 1.2505 1.2514 4/3 = 1.3333 1.3322 1.3373 1.3303 3/2 = 1.5000 1.5013 1.4956 1.5035 8/5 = 1.6000 1.6129 1.5993 1.5983 5/3 = 1.6667 1.6519 1.6725 1.6648 7/4 = 1.7500 1.7327 1.7489 1.7698 2/1 2 2 2 Dopo aver verificato le approssimazioni dei temperamenti suddetti alle scale fondamentali, Novaro raffronta i valori della scala di Do maggiore ottenuta dalle scale fondamentali alle tre scale ricavabili con i tre sistemi temperati. “La scala dei gradi” naturale possiede i seguenti valori: 180 181 Ivi, p. 166. Ibidem. 244 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Do Re Mi Fa Sol La Si Do’ 1 9/8 5/4 4/3 3/2 5/3 15/8 2 Nel sistema a 12, come in quello a 31, i valori 9/8 e 10/9 sono riassunti in un solo valore e i gradi formano una scala complessa regolare, che forma sette posizioni regolari distinte. Invece, nei temperamenti a 29 e 34 suoni, per Novaro, i valori che rappresentano il 9/8 e il 10/9 sono indipendenti, per cui la presenza di due diverse seconde obbliga ad alterare tutti gli altri intervalli. Da questi due sistemi risulta una scala complessa irregolare che, sviluppata mediante le posizioni regolari, dà vita a 14 scale differenti. Un’evidenza è sottaciuta da Novaro: le differenze tra i diversi temperamenti condizionano anche la strutturazione della scala. In altre parole, non si può rendere “impunemente” una scala di Do maggiore naturale in temperamento a 29 o 31 suoni per ottava. Ciascun temperamento possiede delle caratteristiche peculiari, nonostante la possibilità di imitare alcuni intervalli del “sistema naturale”, a volte i meno significativi. Lo studio delle progressioni geometriche prosegue con il temperamento a 41 suoni. Tra tutte le progressioni fin qui studiate, da questa si ottiene la migliore approssimazione ai valori 3/2, 4/3, 9/8 e 16/9 e valori prossimi agli intervalli 5/3, 6/5, 5/4, 8/5, 7/4, 8/7, 10/7, 9/5, 10/9, 7/6, 12/7, 9/7, 14/9, 15/8, 16/15, 21/20, 40/21, 11/8 e 16/11. La progressione geometrica formata da 46 suoni equidistanti nell’ottava offre surrogati accettabili agli intervalli 3/2 e 4/3 e valori abbastanza vicini a 5/3, 6/5, 5/4, 8/5, 7/4, 8/7, 7/5 e 10/7; il 10/9 e il 9/5 si ottengono in modo praticamente perfetto. Con il temperamento a 53 suoni, la cui ragione è 1.013164, si ricava la migliore approssimazione a 3/2; il valore 1.4999 è quasi identico all’1.5 e si dispone anche di un buon sostituto di 4/3. Si riscontrano buone imitazioni alla terza scala fondamentale (1, 4/3, 5/3, 2/1), al 5/4 e all’8/5. Con questo temperamento è possibile sostituire la quarta e la quinta scala fondamentale del metro 2/1. Storicamente, tra i sistemi temperati, questo è uno dei più utilizzati per le approssimazioni agli intervalli naturali (cfr. §2.11). Il temperamento a 63 suoni viene citato da Novaro solo per le approssimazioni ai valori 3/2 e 4/3, mentre la progressione geometrica che definisce 65 intervalli all’interno dell’ottava offre ottimi valori per rendere la quarta, quinta e sesta scala fondamentale. La perlustrazione ad ampio raggio delle progressioni geometriche è commentata dallo stesso autore: «La fantasia si è impadronita di noi nel considerare come pratiche le ultime serie, se teniamo in conto i nostri 5. NOVARO 245 attuali mezzi per produrre musica».182 Il calcolo delle progressioni geometriche potrebbe spingersi ancora più avanti, rendendo disponibili intervalli dotati di migliori qualità armoniche, ossia con migliori approssimazioni alle scale fondamentali. Ma due fattori pongono un limite a questa ricerca potenzialmente infinita: il primo riguarda le possibilità pratiche, ovvero l’applicazione concreta a uno strumento degli intervalli ottenuti e il loro uso musicale; il secondo investe le limitazioni dell’udito, che consigliano di limitarsi alle progressioni fin qui prese in esame, ovvero di non proseguire oltre i 63 suoni per ottava. L’esplorazione dei sistemi equabili microtonali è chiusa da un raffronto tra le successioni a 41, 46, 53 e 65 suoni e gli intervalli della seconda, terza, quarta e quinta scala fondamentale del metro 2/1, da cui si desume che il temperamento a 46 suoni supera in efficacia quello a 41 in tutti i valori, meno la quinta e la quarta, simili a quelle del temperamento a 12 ma con un’approssimazione inversa. Altri temperamenti musicalmente utili sono, per Novaro, quelli a 53 e a 65 suoni. Quest’ultimo possiede un buon temperamento, che supera quello a 53 nell’approssimazione alla sesta scala fondamentale del 2/1, ma presenta pure un numero maggiore di suoni e comporta quindi più complicazioni. Si è visto come in diverse occasioni, soprattutto in riferimento alla praticità d’uso, Novaro ribadisca l’importanza del sistema a 12 suoni. Le differenze con quei teorici dell’intonazione giusta che optarono per l’applicazione dei sistemi equabili microtonali non sono circoscritte a questo dato. Se Bosanquet si limitava a sdoganare la settima minore armonica come nuovo intervallo, il resto della sua ricerca era occupato dal tentativo di presentare un sistema a intonazione giusta per opere preesistenti; il suo predecessore Mercator — il primo a identificare la suddivisione dell’ottava in 53 parti — era ricorso a questo temperamento «per rappresentare l’intonazione pitagorica».183 L’intenzione di Novaro, più legato ai dati sperimentali, è eminentemente pratica; egli è persuaso che gli intervalli della “perfetta armonia”, una volta applicati grazie ai sistemi microtonali equabili, possano cambiare completamente le concezioni musicali vigenti. Ciascun sistema, a parere del teorico messicano, conduce a un cambiamento totale della prospettiva musicale: Con il temperamento a 53 torniamo allo stesso problema affrontato con la progressione a 34 suoni: la nostra mentalità musicale, conseguenza delle nostre possibilità pratiche, ci ha limitato nella considerazione che una se182 183 Ivi, p. 171. HELMHOLTZ 1875, p. 328. 246 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA conda è una quinta meno una quarta e che una quarta meno una seconda è pari a una terza diminuita [sic] nella scala dei gradi. Questo non vale se si fa musica secondo principi rigorosamente armonici. L’uso di una grande varietà di valori offerti dal temperamento a 53 suoni distrugge l’interpretazione data alla scala dei gradi, nel temperamento di 12; si useranno ora come seconde principali gli intervalli 11/10, 10/9, 9/8 e 8/7. La composizione musicale risulta molto più complicata, però la bellezza che si ottiene è superiore alle difficoltà che si devono vincere.184 Lo studioso non si nasconde però i problemi che deriverebbero dall’accordatura di tali sistemi. E alla fine, anche lui, rimanda a data da destinarsi l’approdo dei suddetti sistemi nella prassi generalizzata: Entrambi i temperamenti sono impraticabili se si impiegano gli strumenti musicali in uso: [queste intonazioni] appartengono a un futuro nel quale, senza perdere il fattore umano, si potrà creare musica. Questo non è impossibile, ma non sarà immediato.185 Del resto, Novaro non è un compositore e non ha interessi operativi immediati: pur non sconfessando l’utilità musicale di questi temperamenti, finisce per riconoscerne le difficoltà intrinseche. Davanti a sé ha la centralità indiscutibile del temperamento a 12 nella pratica musicale, a cui ha cercato di fornire varie soluzioni correttive, vari dialetti che ne dispongano un uso più efficace. Alcuni sistemi microtonali, è vero, permettono una migliore imitazione dell’«armonia perfetta», il che non appare soltanto possibile e apprezzabile dall’orecchio umano, ma è persino necessario, pur nella logica utopistica del rinvio a un’epoca futura e indefinita. Conscio che nel presente questo genere di temperamenti complessi rischia di apparire soltanto come un elenco di numeri, e la suddivisione minuta del tono una semplice speculazione, Novaro si dedica a dimostrare le potenzialità di questi sistemi, in particolare del temperamento a 53 suoni, abbozzando per questi una teoria musicale, comprendente notazione, sistema di accordatura e un’armonia in nuce.186 D’altra parte, il momento della verifica sperimentale sembra imprescindibile e le decisioni sul funzionamento dei diversi temperamenti sono prese sempre sulla scorta di un duplice approccio, matematico ed empirico. L’aspetto più specificamente musicale — da intendersi come composizione-esecuzione-fruizione — appartiene a una sfera distinta che non interessa Novaro in questo contesto, poiché entrerebbero in gioco 184 NOVARO 1951, p. 173. Ibidem. 186 Ivi, pp. 175-97. 185 5. NOVARO 247 componenti pratiche, percettive e culturali. Afferma, egli, infatti: «Quando la cinquantatreeesima parte dell’ottava risulterà tanto familiare all’orecchio umano come lo è adesso la dodicesima parte, si potrà allora pensare a un temperamento più perfetto».187 Egli realizzò una “cassa di sperimentazione” (figura 23)188 e un liuto (figura 24)189 in grado di intonare il temperamento equabile a 53 suoni, chiarendo che quest’ultimo era uno strumento utile a sperimentazioni, ma non adatto a esecuzioni propriamente musicali. Figura 23 187 Ivi, p. 174. Ivi, p. 197 189 Ivi, p. 174. 188 248 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Figura 24 La cetra conta 55 pironi, quindi ha un’estensione di un’ottava, con la corda più grave che funge da punto di riferimento secondo il metodo di accordatura di Novaro.190 Il primo problema che l’auotore affronta nel presentare la sua teoria del temperamento a 53 suoni è la notazione; al contrario di Carrillo, che inventa una semiografia completamente numerica in cui a ogni numero corrisponde un suono (cfr. §4), egli ricollega l’intera gamma scalare ai nomi delle sette note in uso, integrandoli con numeri che fungono da alterazioni che, come nel sistema tradizionale, possono essere annullati dal bequadro. Le alterazioni ascendenti presentano soltanto la cifra, in quelle discendenti essa è preceduta da una parentesi.191 Anche se sette note del sistema a 53 sono identificate con i nomi delle note tradizionali e servono da punti di riferimento, il sistema è molto esteso e complesso. Stabilito per la nota Do un diapason di 523.3 Hz, Novaro deve poi risolvere il problema dell’accordatura. Infatti, anche per il temperamento a 53 suoni, come per quello a 12, a partire dallo schema numerico che de190 Perciò la prima corda fungeva da punto di riferimento: si sposta il ponticello mobile sul righello (in pollici) e si ottiene l’intervallo desiderato; si accorda poi all’unisono la corda su cui l’intervallo è richiesto. 191 Cfr. ivi, pp. 175-76. 5. NOVARO 249 finisce il sistema è possibile utilizzare diversi sistemi di accordatura, primo tra tutti quello che non presenta differenze rispetto allo schema stesso in termini di battimenti, per quinte, quarte e ottave. Le altezze del sistema temperato a 53 vengono associate da Novaro agli intervalli naturali che questi valori sono «più frequentemente chiamati a sostituire»,192 un chiarimento indispensabile, perché è evidente che le relazioni tra i valori approssimati e quelli naturali giusti non possono essere sempre univoche, proprio a causa del loro valore approssimato. Sono ancora le scale “naturali” a dettar legge e a presentarsi come un problema che il musicista deve risolvere, trovando il grado migliore messo a disposizione dal sistema a 53:193 192 193 Ivi, p. 178. Ivi, pp. 178-79. INTERVALLI NATURALI TEMPERAMENTO A 53 SUONI 1 - 81/80 1 39/38 2 25/24 3 21/20 4 16/15 5 13/12 6 12/11 7 10/9 8 9/8 9 8/7 10 29/25 11 7/6 12 32/27 13 6/5 14 11/9 15 21/17 16 5/4 17 81/64 18 9/7 19 13/10 20 250 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA 21/16 21 4/3 22 27/20 23 11/8 24 18/13 25 7/5 26 10/7 27 13/9 28 16/11 29 40/27 30 3/2 31 32/21 32 20/13 33 14/9 34 124/81 35 8/5 36 34/21 37 18/11 38 5/3 39 27/16 40 12/7 41 50/29 42 7/4 43 16/9 44 9/5 45 11/6 46 24/13 47 15/8 48 40/21 49 48/25 50 76/39 51 160/81 52 2/1 53 5. NOVARO 251 Il sistema musicale a 53 suoni rappresenta un buon compromesso tra fedeltà agli intervalli naturali e contenimento del numero di suoni impiegato. Per Novaro non si tratta però di un sistema musicalmente pronto all’uso, autosufficiente: i sistemi microtonali, a suo avviso, per essere destinati alla composizione devono prima essere organizzati in scale, secondo i medesimi principi utilizzati per le progressioni aritmetiche. Il sistema temperato microtonale costituisce un serbatoio di suoni a cui attingere per costruire diverse successioni, secondo le stesse regole che governano le basi del “sistema naturale”. Anche con gli intervalli del sistema temperato a 53 suoni Novaro costruisce scale fondamentali, reciproche, complesse, fondamentali e reciproche di estensione minore o maggiore di un’ottava, complesse e reciproco-graduali. Egli ritiene queste scale «più reali» di quelle esposte all’inizio del suo libro. Il problema delle posizioni armoniche viene esemplificato da Novaro mediante tre successioni, nei seguenti metri: ottava, ottava più quinta e doppia ottava. Anche il temperamento a 53 presenta suoni comuni a serie armoniche di metri differenti, il che facilita la composizione musicale perché rende possibile la modulazione da una serie armonica all’altra. Oltre alle posizioni regolari, è necessario che il musicista faccia uso delle serie armoniche che convergono in una scala complessa. A completamento dell’indagine sul temperamento a 53 suoni, Novaro presenta un suo studio armonico basato su questo sistema, trasposizione dello stesso brano già presentato nel temperamento a 12 suoni.194 5.5.5. I temperamenti a 14, 15 e 16 suoni L’ultima sezione del Sistema natural de la música in cui si concentrano molti, forse troppi argomenti, rappresenta indubbiamente il frutto delle ricerche più avanzate di Novaro. In una forma letteraria che in certi casi rasenta l’indecifrabilità, l’autore propone di ripartire dalla terza 34/27 appartente al suo sistema temperato a 12, domandandosi se non le si possa trovare una quinta adeguata. Secondo i criteri del “sistema naturale”, l’intervallo richiesto sarebbe 41/27, una quinta in realtà molto sui generis, lontana dalle relazioni giuste. Mentre nella disamina dei sistemi microtonali equabili (cfr. §5.5.4), Novaro aveva scartato alcuni temperamenti proprio per la loro infedeltà agli intervalli fondamentali del “sistema naturale”, ora questo aspetto è sottaciuto a favore della conformità 194 Ivi, pp. 195-96 e pp. 104-05. Il sistema a 53 suoni offre nuovi intervalli, come 25/24, 21/20, 16/15, 7/4, 16/9 e 9/5. 252 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA alle scale fondamentali più elaborate. Siccome «in ogni sistema musicale è necessario che la scala che serve da base deve svilupparsi secondo i concetti di posizioni regolari e posizioni armoniche»,195 alla fine l’unica giustificazione per l’esistenza della scala 1, 34/27, 41/27 sarà proprio questa: «quarta posizione armonica di una scala o un accordo di 3 suoni all’interno della sesta serie armonica».196 È necessario approssimarsi il più possibile a questi valori all’interno di un temperamento; in questo modo essa si potrà sviluppare nelle posizioni regolari. Il temperamento equabile a 15 suoni nell’ottava offre valide approssimazioni (1, 1.2600, 1.5157) a questi intervalli. Se si vuole spostare questa scala di 3 suoni su varie posizioni armoniche servirebbe un temperamento a 30 suoni nell’ottava; per trovare il primo intervallo della sesta serie armonica, 13/6, sarebbe necessario ricorrere al temperamento di 60 suoni uguali tra loro nell’ottava, poiché il temperamento a 30 procura al 13/6 un valore troppo approssimativo. Il temperamento di 30 suoni possiede al suo interno, tra l’altro, la scala fondamentale del metro 16/9, ossia: 1, 34/27, 41/27, 16/9, che insieme alla reciproco-graduale all’ottava, forma una scala complessa che il Nostro considera interessante: 1, 9/8, 34/27, 54/41, 41/27, 27/17, 16/9, 2/1. Finalmente, il ricorso ai temperamenti di 30 e 60 suoni è ritenuto antieconomico, dato che si possono ottenere gli stessi risultati con un minor numero di suoni. Ancora una volta si può cogliere la sostanziale differenza tra le teorie di Carrillo e di Novaro. Se il primo intende il materiale microtonale come una sorta di serbatoio già pronto all’uso, qualsiasi operazione, per Novaro, deve articolarsi in una scala che organizzi preliminarmente gli intervalli e che rifletta in qualche modo il sistema delle scale fondamentali. Egli elegge quindi il sistema a 15 suoni equidistanti nell’ottava a sistema preferenziale: la successione 1, 34/27, 41/27 viene raffrontata agli intervalli giusti 1, 5/4, 3/2 e a quelli del sistema temperato a 12 suoni. Gli intervalli giusti sono identificabili sul quarto accordo o scala di tre suoni nella prima serie armonica. L’autore descrive l’effetto dell’accordo come se riferisse in tempo reale le sensazioni trasmesse da un esperimento e come se gli intervalli dell’accordo venissero gradualmente modificati: Questo accordo è dolce; aumentando le sue proporzioni in un tempo lento di battimenti, acquista un’espressione religiosa, canta; dandogli più movimento, penetriamo nel margine proibito dei battimenti, a cui ci siamo ri195 196 NOVARO 1951, p. 198. Ibidem. 5. NOVARO 253 feriti varie volte, passato il quale si presenta una varietà di scale con qualità musicali, tra cui 1, 34/27, 41/27, accordo che per la sua chiarezza si può definire bellico.197 Dal punto di vista matematico, questo accordo è ritenuto da Novaro tanto perfetto quanto 1, 5/4, 3/2, che, è vero, rappresenta relazioni più semplici, ma nella pratica musicale questa semplicità si relativizza. Infatti, «facendo musica con intervalli di espressione semplice nei loro valori reali o con temperamenti di manifeste qualità armoniche, dobbiamo impiegare costantemente relazioni complesse».198 A questo punto — e solo ora — Novaro invoca la complessità dei fenomeni fisici, che rendono peculiare ogni suono: «le relazioni semplici si presentano nella pratica accompagnate da suoni armonici che distruggono la loro semplicità teorica; e si dà il caso che in certi intervalli di espressione complessa i fenomeni fisici si attenuino».199 È evidente che si tratta di osservazioni che l’autore avrebbe potuto — forse dovuto — introdurre all’inizio del trattato. Stante la travagliata gestazione del testo, non è impensabile che questa parte — con gli accenni di relativismo intervallare che l’accompagnano — costituisca il frutto delle sue più recenti speculazioni. Comunque, se un discorso sulla percezione e la complessità fisica del suono musicale si intraprende soltanto qui è perché, in questo caso, l’autore deve gestire le approssimazioni di alcune scale fondamentali al temperamento di 15 suoni, la cui “base naturale” non è direttamente leggibile: anzi, fuoriuscendo dalla logica novariana delle scale fondamentali, il temperamento a 15 suoni nell’ottava, dal punto di vista dell’intonazione giusta, è pessimo e basta un rapido raffronto tra i suoi intervalli e quelli della scala naturale per convincersene. L’unico intervallo accettabile è la terza maggiore, pari a 400 cent, coincidente con la terza maggiore della scala ben temperata, non proprio un capolavoro di purezza armonica. Questa apparente incongruenza rispetto ai sacri rapporti degli armonici, d’altra parte, mette bene in evidenza il carattere progressivo della teoria “naturale”, che finisce per allontanarsi, grazie ai suoi stessi criteri di calcolo numerico, dai confini tradizionali dell’intonazione giusta, per affrontare fenomeni di ordine percettivo che ora emergono in primo piano. I nuovi sistemi appaiono strani all’ascoltatore. Se Novaro ha ricordato varie volte che a consigliare l’adozione del temperamento a 12 suoni non è soltanto l’abitudine, ma anche la facilità d’uso, adesso aggiunge 197 Ivi, p. 200. Ibidem. 199 Ibidem. 198 254 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA che si tratta di un vantaggio relativo perché la facilità nasconde il rischio di produrre nella composizione «una musica eccessivamente simmetrica»,200 un’ argomentazione debole, perché lo stesso potrebbe dirsi del sistema a 15, se esso non divenisse la base per le sue imitazioni delle scale fondamentali, che simmetriche non sono: anche se, a questo punto, è lecito domandarsi apertamente se anche un eccessivo radicamento nella componente “naturale” costituita dalle scale fondamentali non porti ad altrettanta monotonia. D’altronde, la condizione pionieristica e profetica del Nostro sconsiglia di tentare una valutazione estetica dei preludi, esercizi e studi armonici sparsi nel Sistema natural de la música. Tornando ai dettagli tecnico-intervallari, nel raffronto dei temperamenti a 12 e a 15 la differenza più evidente interessa l’intervallo di seconda. Nel temperamento a 12 suoni la seconda temperata supplisce le seconde naturali 10/9, 9/8 e 8/7. Invece «nel temperamento a 15, una seconda è più chiusa del 10/9, quasi un 11/10 [80 cent], e un’altra è più aperta dell’8/7 [160 cent]. L’uso di due seconde in un temperamento con uno scarso numero di suoni origina in certi casi strani contrasti, in altri delle deficienze».201 I sistemi di 12 e 15 sono simili dal punto di vista della facilità d’uso. A dire dell’autore, in entrambi i sistemi, alcuni valori temperati rappresentano valori reali (o quasi), altri vanno intesi come valori puramente convenzionali. Nella successione 1, 34/27, 41/27, riferita al sistema a 15 suoni, scarseggiano le posizioni armoniche all’interno della sesta serie armonica. Si rende necessario un aggiustamento numerico: «Considerando il 34/27 come 68/27 e imitazione del 5/2»,202 viene impiegato come punto di riferimento del sistema a 15 suoni la seconda serie armonica e adatta i primi otto termini di questa serie al sistema a 15 suoni. Si è visto (cfr. §5.5.3) che la formula del temperamento equabile a 12 suoni, 12ř 2 , dopo vari esperimenti viene approssimata a ř7 1.5 . Anche il temperamento a 15 suoni, dopo la sperimentazione sui sonometri, è sottoposto a un’analoga operazione. Una volta contati i battimenti con il metronomo e gli orologi speciali, gli intervalli sono verificati sulle corde, con il risultato che la formula teorica 15ř 2 viene mutata nella pratica in 11 ř 1.6667 , suddivisione che presenta, tra l’altro, un intervallo di sesta privo di battimenti. Anche in questo caso l’autore fornisce due accorda- 200 Ibidem. Ibidem. 202 Ibidem. 201 5. NOVARO 255 ture estreme per il temperamento a 15 suoni (i numeri indicano i battimenti semplici in 5 secondi): prima accordatura: ottave = 0; seste: - 4; terze “diminuite”: + 4 ottava accordatura: ottave = +7; seste: 0; terze “diminuite”: +7. Novaro descrive i caratteri specifici del temperamento a 15 suoni e appronta per esso una semiografia musicale. È mantenuto il pentagramma, così anche i simboli delle note, integrati da segni di alterazione, chiamati diesis (+), doppio diesis (8), bemolle (7) e doppio bemolle (I7), che non hanno il significato che si attribuisce loro nella teoria tradizionale. Per l’accordatura si prevede come punto di riferimento un diapason inconsueto (Do = 523.6 Hz oppure La = 870.5 Hz), diverso dal tradizionale La = 440 Hz (880 Hz) precedentemente proposto.203 I valori delle altezze di Novaro, espressi in Hz, sono i seguenti: Do = Do+ = Do8 = Re = Re+ = Mi = Fa = Fa+ = Fa8 = Sol = Sol+ = La = La+ = La8 = Si = Do’ = 523.65 Hz 548.8 Hz 574.35 Hz 601.5 Hz 630 Hz 659.75 Hz 690.95 Hz 723.65 Hz 757.85 Hz 793.7 Hz 831.75 Hz 870.55 Hz 911.75 Hz 954.85 Hz 500 Hz 1047.3 Hz Gli intervalli di sesta, terza “diminuita” e ottava fungono da base per l’accordatura del temperamento a 15 suoni. A partire dal Do = 523.6 Hz, Novaro presenta il circolo armonico per l’accordatura, che include terze, quinte, seste e ottave, con il relativo numero di battimenti ogni 5 secondi:204 203 Si ignorano le ragioni del ricorso a questa frequenza di riferimento. Essa è assente persino nell’interminabile tabella di ELLIS 1875, pp. 493-513 e deriva forse dalle caratteristiche costruttive di uno specifico strumento utilizzato da Novaro. 204 NOVARO 1951, p. 205. 256 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA INTERVALLI BATTIMENTI/5SEC. Do-La 0 La-Fa+ +7 Fa+-Re +7 Re-Si +7 Si-Sol+ 0 Sol+-Fa +7 Fa-Do8 +7 Do8-La8 +7 La8-Sol 0 Sol-Mi +7 Mi-Do+ +7 Do+-La+ +7 La+-Fa8 0 Fa8-Re+ +7 Re+-Do +7 Do-La +7 La-La’ +7 Come ulteriori punti di riferimento per l’accordatura, viene consigliato l’uso di intervalli di terza, decima, quarta e quinta; viene altresì concepita una possibile tastiera per un pianoforte accordato con questo temperamento (figura 25):205 Figura 25 Sono proposte anche le lunghezze delle corde di una chitarra — dotata ovviamente di speciale tastatura — per produrre gli intervalli del sistema, accordatura delle corde vuote e intavolature di vari accordi. Quindi, 205 Ivi, p. 206. 5. NOVARO 257 viene esaminato l’aspetto armonico del temperamento a 15. La scala diatonica presenta i seguenti valori: Do = 1; Re = 1681/1458; Mi = 34/27; Fa = 54/41; Sol = 41/27; La = 68/41; Si = 1394/729; Do’ = 2/1. Novaro sottolinea che queste relazioni, pur essendo reali, posseggono un valore convenzionale, come nel caso delle altre accordature. Le basi dell’armonia sono sviluppate ancora una volta attraverso scale fondamentali, posizioni regolari, scale reciproco-graduali e complesse, ecc. Per concludere, l’autore presenta a titolo dimostrativo un Pequeño preludio per chitarra (figura 26).206 Figura 26 206 Ivi, p. 224. 258 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Una novità assoluta della teoria novariana consiste nell’ipotesi di combinare assieme sistemi microtonali diversi, grazie alla presenza di suoni in comune o tra loro complementari, allo scopo di ottenere nuove sonorità. L’autore chiarisce con un esempio questa possibilità, combinando i temperamenti a 12 e 15 suoni, dotati di alcuni suoni complementari: il sistema a 12 offre una quarta, imitazione del 4/3, mentre quello di 15 ha il 5/3, la sesta. Con questi intervalli, secondo il criterio dell’autore, si può costruire una buona terza scala fondamentale del metro 2/1. Gli intervalli comuni ai due sistemi, che nel sistema temperato a 12 corrispondono alla terza maggiore (400 cent), alla quinta aumentata o sesta minore (800 cent) e all’ottava, offrono altre possibilità. Due altri temperamenti al di fuori delle relazioni semplici, considerati interessanti e analizzati succintamente, sono quelli a 14 e 16 suoni.207 Il primo può essere basato sulla scala 1, 31/25, 37/25. L’accordo “maggiore”, assevera l’autore, può impiegare come terza il 31/25 o il 13/10. Il valore 1.756 si avvicina molto alla settima 7/4. Novaro propone due tastiere per i sistemi a 14 e 16 suoni,208 analoghe a quella per il temperamento a 15. Sul sistema a 14 suoni viene costruita una “scala dei gradi”: Do = 1; Re = 121/98; Mi = 9/7; Fa = 14/11; Sol = 11/7; La = 18/11; Si = 99/49; Do’ = 2/1 L’unità minima di riferimento — diversa per ciascun sistema, alla quale Novaro ricorre in base a criteri del tutto personali, il punto, in questo caso pari a 21/20 — può essere usata, sotto forma di scala cromatica. Il sistema a 14 suoni offre diversi intervalli interessanti per la composizione, come le terze “diminuite” 7/6 e 11/9 e la sesta “diminuita” 14/9. L’11/10 può essere impiegato come seconda, così come il 12/7 può essere una sesta alternativa e il 40/21 un’altra settima. L’autore propone un’altra “scala dei gradi” nel sistema a 14: Do = 1; Re = 7/6; Mi = 9/7; Fa = 14/11; Sol = 11/7; La = 12/7; Si = 40/21; Do’ = 2/1 Sostituendo la sesta 12/7 con la sesta diminuita 14/9, «otteniamo una scala complessa che impressiona per gli effetti patetici».209 Vale la pena sottolineare il fatto che, nel corso delle sue ricerche, Novaro si premura 207 Cfr. ivi, pp. 227-30. Ivi, p. 228-29 209 Ivi, p. 229. 208 5. NOVARO 259 di definire anche in termini espressivi molti degli intervalli identificati; talora sono la natura e le potenzialità dell’intero sistema a essere prese in considerazione da un punto di vista estetico. Il complesso degli intervalli ricavabili dal sistema a 14 è giudicato dall’autore molto interessante. Ancora più stimolante è l’effetto complessivo di questi sistemi. Infatti, l’autore ritiene complementari i temperamenti a 12, 14, 15 e 16 suoni per imitare gli intervalli basilari della musica. Ma nessuno di essi offre il 10/9, per ottenere il quale abbisogniamo di una progressione geometrica a 13 suoni.210 Pur offrendo anche il 9/5 in modo quasi perfetto, quest’ultimo è però un sistema povero e poco utile, qualora non venga combinato ad altri. Da qui la decisione più radicale dell’intero apparato teorico del Sistema: l’ipotesi, cioè, di utilizzare una combinazione simultanea dei temperamenti a 12, 13, 14, 15 e 16 suoni, in modo da ottenere, con un ottimo livello di approssimazione, gli accordi delle scale fondamentali:211 in particolare, ne scaturiscono gli accordi della quinta scala fondamentale, di particolare importanza per il “sistema naturale” — che includono quelli della terza e quarta scala — da cui si possono omettere anche alcuni suoni ottenendo un maggior numero di combinazioni212: 1 6/5 7/5 8/5 9/5 2/1 1 10/9 5/4 10/7 5/3 2/1 1 7/6 4/3 3/2 5/3 2/1 1 6/5 4/3 3/2 5/3 2/1 1 8/7 9/7 10/7 12/7 2/1 1 7/6 7/5 14/9 7/4 2/1 1 9/8 5/4 4/3 7/4 2/1 1 8/7 4/3 8/5 16/9 2/1 1 10/7 4/3 14/9 16/9 2/1 1 9/8 9/7 3/2 9/5 2/1 5.5.6. Sistemi microtonali non equabili Consapevole delle difficoltà intrinseche derivanti dall’applicazione dei sistemi musicali con valori disuguali tra loro, ossia non equabili, Novaro 210 Cfr. ivi, p. 229. Cfr. ivi, p. 229. 212 Cfr. ivi, p. 43. 211 260 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA torna su questa tipologia alla fine del suo trattato. La base di questi sistemi non temperati è costituita dagli stessi rapporti intervallari frazionari, che vengono organizzati in quadri armonici e nei quali, a partire da qualsiasi intervallo estremo, è possibile intonare la medesima scala complessa. L’autore fornisce tre quadri armonici, relativi alla terza, quarta e quinta scala fondamentale con rispettive reciproche. Per la terza scala fondamentale e reciproca nel metro 2/1, sono necessari 13 suoni nell’ottava: 1 6/5 4/3 3/2 5/3 2/1 6/5 36/25 8/5 9/5 2/1 12/5 4/3 8/5 16/9 2/1 20/9 8/3 3/2 9/5 2/1 9/4 5/2 3/1 5/3 2/1 20/9 5/2 25/9 10/3 2/1 12/5 8/3 3/1 10/3 4/1 In questo caso si forma la scala 1, 9/8, 6/5, 5/4, 4/3, 25/18, 36/25, 3/2, 8/5, 5/3, 16/9, 9/5 e 2/1 da cui si ottengono le 5 posizioni regolari della scala complessa 1, 6/5, 4/3, 3/2, 5/3, 2/1. Utilizzando come base la quarta scala fondamentale e la sua reciproca, sono necessari 25 suoni nell’ottava. Il quadro armonico è il seguente: 1 8/7 5/4 4/3 3/2 8/5 7/4 2/1 8/7 64/49 10/7 32/21 12/7 64/35 2/1 16/7 5/4 10/7 25/16 5/3 15/8 2/1 35/16 5/2 4/3 32/21 5/3 16/9 2/1 32/15 7/3 8/3 3/2 12/7 15/8 2/1 9/4 12/5 21/8 3/1 8/5 64/35 2/1 32/15 12/5 64/25 14/5 16/5 7/4 2/1 35/16 7/3 21/8 14/5 49/16 7/2 2/1 16/7 5/2 8/3 3/1 16/5 7/2 4/1 La scala complessa realizzata sulla quinta scala fondamentale offre un quadro armonico ancora più complesso, costituito da 38 suoni all’interno dell’ottava: 1 10/9 6/5 5/4 7/5 10/7 8/5 5/3 9/5 2/1 10/9 100/81 4/3 25/18 14/9 100/63 16/9 50/27 2/1 20/9 6/5 4/3 36/25 3/2 42/25 12/7 48/25 2/1 54/25 12/5 5/4 25/18 3/2 25/16 7/4 25/14 2/1 25/12 9/4 5/2 5. NOVARO 261 7/5 14/9 42/25 7/4 49/25 2/1 56/25 7/3 63/25 12/5 10/7 100/63 12/7 25/14 2/1 100/49 16/7 50/21 18/7 20/7 8/5 16/9 48/25 2/1 56/25 16/7 64/25 8/3 72/25 16/5 5/3 50/27 2/1 25/12 7/3 50/21 8/3 25/9 3/1 10/3 9/5 2/1 54/25 9/4 63/25 18/7 56/25 3/1 81/25 18/5 2/1 20/9 12/5 5/2 14/5 20/7 16/5 10/3 18/5 4/1 Questo processo può essere portato avanti con le scale fondamentali successive. Anziché proseguire su questa strada, l’autore si affretta a chiarire la natura di tali sistemi estremamente complessi: I quadri armonici suesposti sono tra i più semplici che si possano usare; senza dubbio, bisogna metterli in pratica per apprezzare la loro difficoltà. Dando per risolti gli ostacoli costituiti dalla loro intonazione, il compositore deve preoccuparsi costantemente di definire la loro fondamentale, sulla base di ciò che intende creare. È quasi disperante, facendo musica, scoprire che a partire da certi suoni non si possono ottenere le risorse che altri offrono. L’uso pratico di uno qualsiasi dei quadri armonici anzidetti è più difficile da mettere in pratica del temperamento a 53 suoni e, fisiologicamente, con gli intervalli nel loro valore reale non otterremmo migliori effetti musicali.213 La prassi sperimentale ha immunizzato Novaro dal culto numerologico fine a sé stesso. Ben cosciente delle difficoltà derivanti da un’applicazione rigorosa dei rapporti frazionari di riferimento, problematica anche per la sua fedeltà, l’autore invoca ancora una volta le capacità limitate dell’orecchio e la difficoltà di avvedersi delle minime differenze esistenti tra sistemi “giusti” e temperati. Riaffiora il principio di economia che in questa ricerca aveva consigliato di risparmiare suoni ove possibile per limitare le difficoltà applicative. Novaro non rinuncia però a sperimentare questi sistemi asimmetrici su uno strumento musicale, un liuto a tasti mobili intonato secondo i rapporti della decima scala fondamentale. Gli ultimi sistemi di organizzazione intervallare che si profilano nel Sistema natural de la música scaturiscono dalla considerazione che non solo l’ottava, ma «qualsiasi intervallo che riunisca qualità fisico-musicali può servire per realizzare un sistema musicale».214 Si è visto come nell’ottava accordatura del sistema temperato a 12 suoni (cfr. § 5.5.3), per presentare un 3/2, quinta armonicamente perfetta, Novaro ricorra a un 213 214 Ivi, pp. 231-32. Ivi, p. 235. 262 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA intervallo di ottava “aperto”, pari a 2.0035:1. Un altro esempio è l’ottava accordatura del temperamento di 15 suoni, che ha come base la sesta maggiore giusta, 5/3. In questi casi è il valore dell’ottava a oscillare, perché il riferimento principale è costituito da un altro intervallo: nello specifico, la sesta. Si può fare lo stesso con altri rapporti frazionari. Per rendere con accettabili approssimazioni i nuovi intervalli generati dalle varie scale, si devono usare temperamenti molto complessi — viene riportato l’esempio di 53ř 4 — che rappresentano il vertice della ricerca microtonale novariana e anche la conclusione del suo trattato. Soltanto alcuni autori di musica elettroacustica riuscirono dopo qualche anno a mettere in pratica siffatte suddivisioni, ma con minor fatica! Secoli fa, dall’esperienza acquisita, nacque il primo trattato di armonia. Venne dopo qualcuno che, fuori dalle regole stabilite, cominciò intuitivamente a innovare. Dapprima venne giudicato rudemente, ma quando si imposero le sue opere, teorici e musicisti riformarono i procedimenti anteriori. Questo fatto si è ripetuto costantemente nella storia della musica ed è così che fino a oggi si è andati avanti nell’armonia. È tempo che i principi armonici vengano precisati definitivamente e in modo chiaro. Spero che quanto esposto nel primo capitolo contribuisca a ciò; solo in questa maniera si potrà avanzare fermamente nella musica e vederla negli ampi orizzonti che presenta come scienza e come arte.215 Al pluridecennale sforzo di Novaro di raccogliere in un solo libro il frutto delle proprie ricerche fanno da corollario le controverse vicende dell’intenso e breve periodo da borsista, la scarsa fiducia e l’entusiastica accoglienza a cui negli Stati Uniti soggiacquero le sue teorie, il mancato rinnovo della borsa di studio: a parte il problema della lingua, certe questioni dovettero apparire troppo impalpabili, troppo “teoriche”, senza i riscontri di un pezzo di musica. L’attività in Messico continuò inarrestabile ma con scarsi contatti culturali. Tutto questo contribuisce a delineare un quadro esemplare, in cui le personali vicissitudini di questo studioso — che hanno molto in comune con le biografie intellettuali altrettanto tormentate di Carrillo e di Partch — si intersecano con i più generali rapporti degli artisti messicani con gli USA negli anni in cui Franklin D. Roosevelt varava nei confronti dei paesi latinoamericani la politica ambigua e più tardi decisamente nefasta del good neighbourhood (1934). 215 Ivi, p. 251. 6. LA EVOLVING TONALITY DI YASSER Nel 1932 Joseph Yasser (1893-1981) pubblicò un libro intitolato A Theory of Evolving Tonality,1 in cui offriva una sua ricostruzione della nascita e lo sviluppo delle scale musicali, ipotizzando per il futuro l’adozione di un sistema microtonale temperato a 19 suoni nell’ottava.2 Nel vivace dibattito di quegli anni, la evolving tonality rappresenta un caso a sé stante, che con le coeve esperienze microtonali ha rapporti spesso antitetici. L’autore, infatti, mosse dall’analisi di opere di Debussy, Schoenberg e Skrjabin per dimostrare che la tendenza al pancromatismo di questi autori aprirebbe una nuova fase della musica occidentale in cui la scala cromatica — non più quella diatonica — diviene il sistema di riferimento. In un imprecisato futuro, un ulteriore salto evolutivo condurrà all’adozione di un nuovo sistema microtonale a 19 suoni nell’ottava, il quale si affermerà spontaneamente attraverso la pratica compositiva, non certo per imposizione dogmatica. Nonostante la fiducia nel primato della pratica sulla teoria, la prospettiva utopica di Yasser e una certa rigidità del suo futuribile sistema non mancarono di sollevare critiche. Eppure, A Theory of Evolving Tonality ha avuto una discreta diffusione, a cui ha certamente contribuito il luogo e la lingua di edizione;3 per certi versi, esso conclude, almeno negli Stati Uniti, la fase più calda del dibattito relativo al microtonalismo. In seguito, saranno soltanto alcuni specialisti a occuparsi di queste tematiche. Yasser collocò l’avvento di un nuovo sistema microtonale all’interno di un ben più vasto processo evolutivo che dalle origini della musica conduce verso un futuro incerto ma non imperscrutabile. 1 YASSER 1932. Yasser aveva cominciato a delineare la sua teoria qualche anno prima, con due articoli, YASSER 1929, poi in 1932, pp. 295-328 e YASSER 1930, riedito in 1932, pp. 329-52. Va sottolineato che il secondo articolo apparve su Modern Music, all’epoca uno dei punti di riferimento delle tendenze musicali più avanzate. 3 Il libro di Yasser è divenuto nel tempo una sorta di messaggio nella bottiglia inserito nei circuiti “alti” della comunicazione bibliografica, risorsa ottimale per brevi citazioni, immancabile nelle enciclopedie musicali: un destino opposto alla produzione teorica di quasi tutti i microtonalisti. 2 264 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Nato in Polonia e diplomatosi in organo a Mosca nel 1917, in quella città Yasser fu organista presso il Teatro Bol’šoi e il Teatro d’Arte. Non è dato di sapere se il formulatore della evolving tonality sia venuto a conoscenza delle esperienze microtonali condotte nella Russia zarista e proto-sovietica; viceversa, un altro contesto ebbe un’importanza cruciale per la maturazione di certe idee. Infatti, dopo la Rivoluzione russa, tra il 1920 e il 1923, il musicista soggiornò in varie località asiatiche, lavorando in Siberia e a Shanghai, dove poté studiare le teorie musicali cinesi; approdato a New York nel 1923, pubblicò alcuni articoli su quest’argomento e divenne organista in varie sinagoghe. Erano gli anni delle esecuzioni di musica microtonale di Ives, Barth, Carrillo e del dibattito attorno all’uso di queste nuove risorse. È verosimile che l’interesse di Yasser per la materia si sia acceso anche grazie a queste esperienze: la conferma ci viene dal fatto che l’autore, pur non citando esperienze specifiche, ribadisce più volte di essere venuto a mettere ordine nel caos microtonale regnante, grazie a una teoria radicata in principi superiori e ineluttabili.4 Infatti, in un’ottica sperimentale, l’adozione di un sistema a 19 suoni nell’ottava non avrebbe necessitato di ulteriori spiegazioni: Yasser, invece, eresse un imponente apparato teorico atto a giustificare questa scelta, il che rende A Theory of Evolving Tonality un caso unico nelle vicende del microtonalismo novecentesco. Non è difficile indovinare fin dalle prime pagine del libro una prospettiva in cui la verifica acustica del sistema d’intonazione — per non dire la composizione — è posta in secondo piano. Novaro attesta, siamo nel 1931: «Yasser poté ascoltare su uno dei miei strumenti musicali il temperamento di 19 suoni sul quale stava scrivendo un libro».5 Nella pubblicazione edita poco dopo lo studioso messicano non viene menzionato: a parte questa dimenticanza, va detto che l’idea di un temperamento a 19 suoni nell’ottava non era una novità assoluta e che, all’epoca dell’incontro con Novaro, Yasser aveva già pubblicato testi sull’argomento. Il maggior merito del libro fu quello di scandagliare le possibilità di un sistema microtonale in ogni direzione, non tralasciando di inquadrare i problemi di ordine percettivo, sia pure limitatamente all’ambito teorico: l’autore intendeva preparare il terreno per approfonditi esperimenti di laboratorio che verificassero le implicazioni psico-fisiologiche del sistema.6 4 YASSER 1932, pp. 4, 138 e 267. NOVARO 1951, p. 19. 6 Cfr. YASSER 1932, p. 277-78. 5 6. LA EVOLVING TONALITY DI YASSER 265 Il sistema a 19 avrebbe una giustificazione «organica», un processo invero un poco schematico secondo il quale l’umanità svilupperebbe il proprio sistema musicale — uno soltanto — aggiungendo nuovi suoni alle scale preesistenti. Il punto di partenza è la scala pentatonica (attraverso la lente di Helmholtz e Riemann) che, diffusa pressoché ovunque, costituirebbe una tappa dell’evoluzione musicale dell’intero pianeta.7 Il graduale processo di inglobamento di suoni accessori è verificato da Yasser, per quanto riguarda i sistemi pentatonici, nella musica cinese. Non siamo molto lontani dalle concezioni enunciate a proposito della scala pentatonica da Bråiloiu, il quale non a caso cita Yasser.8 Dopo esser giunti a una scala diatonica di 7 suoni, il processo di arricchimento si ripeterebbe nella musica moderna in cui la scala di riferimento non è più quella diatonica ma quella cromatica a 12 suoni. In futuro, per Yasser, questo processo condurrà all’affermazione di una scala supra-diatonica di 19 gradi, formata dai 12 della scala cromatica più 7 gradi accessori, necessariamente dei microintervalli.9 Appare evidente che l’approccio sistematico e interculturale e una patina di scientificità accomunano il 7 Nella musica basata sulla scala pentatonica sarebbe la presenza dei biãn — suoni occasionali di riempimento che non appartengono alla scala ma sono usati per integrarla (cfr. BRäILOIU 1982, p. 17) — a favorire il nascere di scale eptatoniche. Infatti «i biãn: 1) sono sempre meno frequenti dei suoni costitutivi; 2) hanno soltanto funzione di note di “ornamento”; 3) variano; 4) si riconoscono spesso dall’intonazione esistente» (BRäILOIU 1982, p. 23). 8 BRäILOIU 1982. L’articolo di Yasser citato è “La tonalité évolutive”, La Revue musicale, 181, 1938. 9 Il processo di graduale acquisizione di nuovi intervalli descritto da Yasser possiede superficiali analogie con le teorie di Carrillo e Partch i quali, anche allo scopo di rimarcare l’importanza delle proprie teorie — in cui l’apporto microtonale è consistente e decisivo — ricostruiscono l’itinerario della lenta e inesorabile conquista di nuovi intervalli musicali, di cui il temperamento equabile a 12 suoni rappresenterebbe soltanto una tappa perfettibile o forse addirittura un errore acustico. Tralasciando per ora la teoria di Partch (cfr. §7), è opportuno sottolineare una differenza fondamentale tra la teoria di Carrillo e quella di Yasser. Se il primo pensa a un’evoluzione intervallare nei termini di un’acquisizione individualistica, e in un certo senso neutra, di nuovi suoni e quindi di nuovi intervalli, anche microtonali, all’interno dei sistemi di suddivisione dell’ottava, la riflessione di Yasser si incentra sulle scale musicali e su un personale concetto di “tonalità”, intesa come sfera d’azione culturale, indipendente dalla volontà del singolo. Del resto, il teorico di origine polacca colloca in un futuro indefinito la piena affermazione del suo sistema microtonale: egli considera il suo testo valido «come fondamento teorico preliminare, come pietra angolare di un enorme edificio ancora da costruire» (YASSER 1932). Invece, in Carrillo la ricostruzione del processo di acquisizione dei nuovi intervalli appare strumentale, perché l’uso musicale dei microtoni da parte sua avvenne molto prima di un tentativo di giustificazione storica: una sua cronologia degli intervalli musicali appare soltanto in CARRILLO 1940. 266 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA trattato di Yasser ad altre esperienze teoriche condotte in quell’epoca negli Stati Uniti. Basti pensare al lavoro di Schillinger10 o ai trattati di Cowell, il quale non a caso studiò con Hornbostel.11 Se l’impianto generale dell’argomentazione di Yasser è privo di qualsivoglia scientificità, su argomenti specifici non mancano disamine condotte in modo sistematico, come nel caso del raffronto tra le intonazioni pitagoriche, giuste e temperate dei sistemi a 12 e 19 suoni. Segno di scarso rigore metodologico è invece l’uso di ricerche della neonata psicoacustica, per giustificare la validità del sistema a 19 suoni quando nelle comparazioni con il sistema ben temperato si registra una minor qualità di alcuni suoi intervalli fondamentali:12 in quel caso — e solo in quello — sono citati alcuni studi scientifici per affermare che l’orecchio opererebbe una serie di correzioni a seconda del tipo di accordatura impiegata; altrove, però, viene sottolineata la miglior fedeltà ad alcuni intervalli “naturali” del sistema a 19. Peraltro, Yasser non crede all’assolutezza di una “intonazione giusta” ed è un fermo assertore della validità delle accordature temperate. Il punto cruciale è un altro: l’acquisizione evolutiva di nuovi suoni. A questo punto è opportuno esaminare in dettaglio l’Evolving Tonality. L’autore chiarisce subito che la sua «teoria e le sue deduzioni non sono in nessun modo maturate in accordo ai [suoi] gusti»13 e che esse derivano dallo studio della musica moderna. Gli assunti di Yasser sono i seguenti: 1) storicamente, i repertori musicali registrano un progressivo incorporamento di nuovi intervalli che, nati come suoni accessori di impiego sporadico, finiscono per stabilizzarsi formando nuove scale musicali fondamentali; 2) attraverso lo studio del passato è possibile prevedere il futuro. Le scale pentatoniche, di cui Yasser studia le varietà celtiche, irlandesi, siamesi, mongoliche e soprattutto cinesi, costituiscono il primo passo di questo processo e delineano quello che l’autore definisce sistema infra-diatonico, ossia l’infra-tonalità. L’aggiunta saltuaria di due suoni accessori finì per divenire stabile, generando il sistema diatonico a 7 suoni, ossia la tonalità. Analogamente, la scala diatonica, che fa uso di 7 + 5 suoni, si sta evolvendo nella musica moderna verso un sistema in cui i 12 suoni, la scala cromatica, diverranno egualmente strutturali e renderanno necessaria l’inserzione di nuovi intervalli secondari, che l’autore calcola per analogia con i sistemi precedenti nel numero di 7: essi an10 SCHILLINGER 1948. COWELL 1930 e RAO 2001, pp. 595-640. 12 YASSER 1932, p. 189, 195, 213. 13 Ivi, p. vi. 11 6. LA EVOLVING TONALITY DI YASSER 267 dranno a formare così un sistema di 12 + 7 suoni (supra-diatonico). In un futuro più lontano, Yasser pronostica l’adozione di sistemi ultra-diatonici a 31 e 50 suoni, in base alla stessa progressione che dalla scala pentatonica aveva condotto a quella cromatica.14 Non ci vuole molto a capire che le ipotesi di Yasser appaiono inficiate da una potenziale errata estrapolazione. È questo un termine statistico impiegato per indicare un errore che si verifica quando, arbitrariamente, si considera costante la variazione nel futuro dei dati corretti di cui si dispone. Un esempio comune che mostra efficacemente questa incongruenza è quello della crescita umana: se un bambino di 2 anni è alto 90 cm, a 12 misura 150 cm e un ragazzo di 18 anni arriva a 180 cm, per errata estrapolazione si afferma che a 40 anni sarà un uomo alto 3 metri. Il dubbio che nella musica del passato e del futuro possano esistere o convivere sistemi diversi di riferimento non sfiorò le argomentazioni del teorico: la musica che si ascoltò nelle sale da concerto di New York durante gli anni ’20 — atonale, pancromatica, tonalissima, jazz o jazzata, a quarti, ottavi e sedicesimi di tono, rimembranze del telharmonium a intonazione giusta, i vari theremin, la musica indonesiana — avrebbe potuto indurre qualche dubbio. Per tutti i sistemi enunciati, a partire da quelli pentatonici, Yasser imposta il suo discorso raffrontando le diverse scale nei tre principali sistemi d’intonazione: giusto, pitagorico e temperato equabile. Tuttavia, il risultato di queste comparazioni sottostà al processo della «tonalità in evoluzione» che finisce per relativizzare le proporzioni intervallari a favore dei criteri espressivi che si manifestano nelle composizioni attraverso l’uso di diverse scale. Il cammino disegnato dall’autore è univoco e fortemente normativo: non a caso egli utilizza i concetti hegeliani di tesi, antitesi e sintesi,15 ritenendo che nella musica attuale si fronteggino la tonalità (tesi) e l’atonalità (antitesi), la sintesi essendo costituita dalla supra-tonalità. Alla fine del suo libro Yasser profetizza: L’introduzione della scala supra-diatonica metterà anche fine a quella incertezza che si trova a volte tra i compositori moderni che si sono stancati dell’anarchia musicale esistente e che, nel loro desiderio per la stabilità perduta, chiamano i loro confratelli “indietro verso la tonalità perduta”. Non c’è alcuna strada all’indietro, comunque, per quei compositori che hanno interiormente percepito il nuovo piano tonale. Psicologicamente, essi si sono già allontanati, in modo considerevole, dalla vecchia tonalità e, quindi, difficilmente potranno creare, all’interno di queste condizioni, 14 15 Cfr. YASSER 1932, p. 141. Ivi, pp. 329-30. 268 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA qualcosa di realmente valido al giorno d’oggi. Le loro esitazioni sono, indubbiamente, solo temporanee e di certo spariranno quando la nuova scala verrà introdotta nella musica d’arte. Si è inclini a credere che questo avvenimento li ispirerà con una nuova fiducia e risveglierà nuove forze per il vigoroso volo creativo nello sconosciuto e allettante mondo della supra-tonalità.16 Le analisi delle opere contemporanee sono più convincenti: è indubbio che, grazie a Schoenberg, Debussy, Skrjabin e altri autori, un nuovo linguaggio cromatico sia venuto alla luce, anche se per Yasser esso sarebbe ancora in via di definizione. Per quanto riguarda i tempi della futura applicazione del sistema a 19, l’autore asserisce che è difficile fare previsioni: L’attuale transizione all’uso pratico della scala supra-diatonica nell’arte musicale è un problema molto più complicato di quanto non possa apparire a prima vista. […] Questa scala, molto prima della sua introduzione ufficiale nella pratica musicale (e in forma adeguata) dovrà essere sottoposta al più attento e ampio esame. Questo rivelerà con accuratezza scientifica qualunque cosa sia connessa con la percezione psico-fisiologica della nuova scala e permetterà di controllare sperimentalmente le teorie, a volte di natura puramente ipotetica, contenute in questo libro.17 L’idea di utilizzare una suddivisione dell’ottava in 19 parti uguali non era nuova e a conferma della validità di questo temperamento lo studioso non manca di ricostruirne la storia.18 A prescindere da altre considerazioni, Yasser ritiene che il sistema temperato a 19 suoni, rapportato al temperamento a 12, «sia più vantaggioso dal punto di vista della purezza acustica. Esperimenti specifici ci aiuteranno, per esempio, a scoprire, tra le altre cose, il grado e la rapidità di adattamento dell’orecchio musicale alle varie intonazioni di diverse scale in generale».19 Se Yasser ritiene opportuni speciali esercizi di condizionamento e addestramento dell’ascoltatore, è perché sullo scivoloso fronte della purezza le cose non sono così semplici. Nel confronto tra sistema a 19 e a 12 risulta che «gli intervalli dissonanti, sebbene di minore importanza, di regola suoneranno 16 Ivi, p. 292. Ivi, p. 277. 18 Sembra che il sistema a 19 suoni, in una versione mesotonica, fosse usato nel “Clavicymbalum Universale” in possesso di Carl Luyton, organista di corte a Praga nel XVI secolo (cfr. YASSER 1932, p. 279n). Yasser non manca di citare diversi studiosi che dalla metà dell’Ottocento auspicarono l’adozione del sistema a 19 suoni, fino ad ARIEL 1925, lo studio più accurato sull’argomento, in cui il temperamento è raffrontato a numerosi intervalli naturali. 19 YASSER 1932, p. 279. 17 6. LA EVOLVING TONALITY DI YASSER 269 probabilmente meglio nel temperamento a 19 suoni».20 Quarta e quinta, al contrario, suonano piuttosto male e assomigliano a quelle del sistema mesotonico. Insomma, in termini di purezza degli intervalli il sistema a 19 è peggiore di quello a 12. A Yasser non resta che invocare l’effetto complessivo della scala sulla percezione e ricostruire la storia del temperamento a 19 suoni, perlopiù concentrata negli ottant’anni precedenti la pubblicazione del suo libro, anche allo scopo non dichiarato di arginare drasticamente le immani possibilità derivanti dai microintervalli. Pur adottando un sistema temperato equabile microtonale, Yasser muove una critica ai disparati sistemi di suddivisione dell’ottava e soprattutto del tono: la maggior parte dei microtonalisti ha effettuato una suddivisione meccanica del tono in quattro, sei o più parti al solo scopo di aumentare il numero degli intervalli, utilizzando «un metodo storicamente ingiustificato e acusticamente assurdo».21 Ciononostante, il destino della musica d’arte è microtonale: L’adozione di una nuova scala in futuro non deve apparire inaspettata, dato che sappiamo che neanche la nostra scala diatonica e più tardi la scala cromatica nacquero repentinamente nella musica, ma furono precedute da scale meno complesse le quali, di regola, sono state ora abbandonate.22 Il teorico difende quello che definisce «una sorta di metodo organico» per la immissione di nuove altezze nella scala, giustificato anche — con un’affermazione piuttosto rischiosa, con tutto quello che era successo nella storia degli intervalli e dei temperamenti — dall’«esperienza storica, che dovrebbe portare solo a una e non a diverse soluzioni».23 Seguendo il suo metodo «organico», l’autore dichiara di voler «scoprire le leggi obiettive a cui sono soggetti i cambiamenti strutturali delle scale»24 e in base a queste leggi intende realizzare una nuova scala, più complessa. Lo studio delle teorie musicali extraeuropee si focalizza quindi sulla ricerca di universalia che confermino questa ipotesi. Non si può dire che Yasser non ricorra a drastiche semplificazioni, omissioni e travisamenti per costruire il suo edificio: le conoscenze dell’epoca sarebbero state probabilmente sufficienti per elaborare argomentazioni più articolate sulle musiche folcloriche ed extraeuropee, ferma restando l’onnipresenza delle scale pentatoniche. Convinto che le teorie musicali cinesi siano «forse 20 Ivi, p. 281n. Ivi, p. 295. 22 Ibidem. 23 Ivi, p. 295. 24 Ivi, p. 295. 21 270 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA l’unica fonte capace di rivelare, almeno in parte, la vera natura della scala pentatonica»,25 Yasser mette in relazione la complessità di quelle teorie con la mancata adozione del sistema temperato, in ogni caso familiare ai Cinesi da tempi immemorabili. La scala pentatonica “pura”, nonostante la ricorrente presenza dei due gradi ausiliari, non è mai stata messa in discussione ed è sempre esistita, nella teoria cinese: una scala infra-diatonica del tipo 5 + 2, che si può reperire anche altrove e che ha per Yasser «radici profonde e subconscie nella mente umana».26 L’approdo alla scala cromatica, che l’autore denomina scala supra-diatonica, si colloca all’interno di un percorso di «leggi storiche infallibili».27 Come sopra riferito, il teorico rintraccia questa scala nelle opere di alcuni compositori moderni, sebbene nelle loro opere essa «trovi ancora un’applicazione limitata e una rappresentazione inadeguata».28 Il metro di giudizio è sempre un principio evolutivo in cui l’atonalità e il pancromatismo costituirebbero una fase di transizione tra la scala diatonica e la nuova scala supra-diatonica. Yasser — come altri microtonalisti — vorrebbe adeguare anche il lessico al processo evolutivo e stabilisce un sistema decimale di misurazione degli intervalli, in cui il tono ben temperato è suddiviso in 10 (decitone = dtn), 100 (centitone = ctn = 2 cent) e 1000 parti (millitone = mtn), a dispetto dell’affermarsi del cent.29 Nel nuovo sistema a 19 suoni l’ampiezza di ciascun intervallo è pari a 31.6 cnt (ossia a 63.2 cent).30 È necessario che i vecchi gradi alterati della scala cromatica, nel nuovo sistema a 12 suoni risultino autonomi; per questo Yasser li ribattezza: V ( = Do8), W ( = Re8); X ( = Fa8); Y ( = Sol8); Z ( = La8). Nel contempo sorgono nuove note alterate (figura 27).31 25 YASSER 1932, p. 299. Ibidem. 27 Ivi, p. 297. 28 Ivi, p. 297. 29 Cfr. YASSER 1928. 30 Cfr. ivi, p. 156. 31 Ivi, p. 156. 26 6. LA EVOLVING TONALITY DI YASSER 271 Figura 27 I simboli tradizionali di alterazione, diesis e bemolle, sono modificati con un segno addizionale per distinguerli da quelli del sistema a 12 suoni (figura 28) e sono denominati supra-diesis (quindi + 1/19 di ottava più acuto) e supra-bemolle (- 1/19 di ottava):32 Figura 28 32 Ivi, p. 154. 272 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Il sistema supra-diatonico completo è formato da 19 gradi di cui Yasser fornisce le ampiezze intervallari in forma di rapporto numerico, in Hz e in cnt (figura 29):33 Figura 29 33 Ivi, p. 224. 6. LA EVOLVING TONALITY DI YASSER 273 Per il sistema a 19 suoni nell’ottava l’autore ritiene più opportuno un rigo musicale a 10 linee, ipotizzando un nuovo tipo di tastiera: una soluzione semplice, che risolve il problema in modo brillante. Si tratta infatti di una tastiera facilmente utilizzabile da interpreti avvezzi agli strumenti tradizionali. Purtroppo, questa proposta si fermò allo stadio progettuale (figura 30).34 Figura 30 Il sistema a 19 viene fornito dall’autore nella versione pitagorica e in quella temperata, ma appare evidente che le sue preferenze vanno a quest’ultima,35 una scala supra-diatonica formata da una successione di 19 (ossia 12 + 7) quinte temperate, in cui il suono X supra-bemolle finisce per coincidere con il Fa.36 I 12 supra-modi costruiti a mo’ di esempio con il nuovo sistema microtonale sono così trasponibili sui 19 gradi del34 Ivi, pp. 159-60. La tastiera era già stata presentata nell’articolo del 1929: cfr. Ivi, p. 314. Ivi, p. 310. 36 Ivi, p. 158. 35 274 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA la scala.37 Pur operando, come accennato, in una sfera prettamente teorica, l’autore è cosciente della difficoltà di distinguere e soprattutto apprezzare i nuovi intervalli. Egli ritiene che, «oltre alle dimensioni quantitative di un intervallo, noi dobbiamo determinare […] la qualità di ciascuno di essi nel senso del suo soddisfare o meno un orecchio che si adatterà organicamente, nel futuro, alla struttura della scala supra-diatonica».38 Perché allora l’orecchio non si dovrebbe adattare anche ai quarti di tono, come asseriva Ives, o ad altri intervalli? A differenza di autori come Helmholtz e Partch, Yasser è convinto che il temperamento equabile non comprometta l’evoluzione dell’orecchio umano, poiché ciascuna intonazione è in un certo senso mediata da una scala di riferimento: Tra una composizione musicale e le relazioni acustiche pure esiste un agente intermedio nella forma di una scala che, anche quando è acusticamente pura, presenta le sue proprie e più essenziali caratteristiche strutturali. Queste ultime […] permettono certe limitate deviazioni dalle relazioni acustiche pure […]. Il compositore, invece delle relazioni pure può aver avuto in mente relazioni più complesse che prevedevano i battimenti.39 Il criterio per stabilire quali siano le consonanze e le dissonanze del sistema supra-diatonico non si può stabilire a tavolino; sono necessari numerosi esperimenti prima che l’orecchio si abitui alle combinazioni dei nuovi intervalli.40 Eppure, il raffronto della nuova scala con l’infradiatonica e la diatonica ispira una certa convinzione preliminare che la scala supra-diatonica essendo formata d’accordo con lo stesso principio, con un incremento proporzionale della complessità, mostrerà quelle caratteristiche comuni che ci permetteranno di considerarla come una scala “organica” allo stesso modo delle due precedenti.41 Dopo aver enunciato gli aspetti salienti della evolving tonality, è opportuno soffermarsi sulle riflessioni di Yasser elaborate in merito all’intonazione giusta. La disamina di questo fenomeno, infatti, manifesta alcune novità rispetto agli autori ottocenteschi. Non essendo un difensore dell’intonazione giusta in senso stretto, Yasser ha modo di mantenere un certo distacco nell’affrontare un argomento che negli stessi anni Partch aveva posto al centro del suo rivoluzionario sistema musicale. L’intona37 Ivi, pp. 164-65. Cfr. ivi, p. 166. 39 Ivi, p. 168n. 40 Ivi, p. 169. 41 Ivi, p. 113. 38 6. LA EVOLVING TONALITY DI YASSER 275 zione giusta è «un’intonazione soggetta a quelle leggi acustiche elementari che si manifestano nella serie armonica naturale (ipertoni) nota a ogni musicista»42 (figura 31): Figura 3143 Al contrario della gran parte dei microtonalisti, Yasser si dichiara attento ai fattori percettivi e alla capacità dell’orecchio di adattare le intonazioni alle altezze conosciute; inoltre, egli ammette che non è affatto chiaro il modo in cui l’intonazione giusta si rapporta alla serie degli armonici. È evidente, per esempio, che i sette gradi della scala diatonica coincidono solo in parte con l’intonazione di sette ipertoni consecutivi.44 Convinto che l’acquisizione di nuovi suoni nelle scale si manifesti in forma lineare attraverso un processo storico-culturale, Yasser ha modo di relativizzare il contributo diretto della serie degli armonici a questo processo.45 Se — per avallare la saldezza teorica e l’efficacia pratica dell’intonazione giusta — si traspongono i valori degli armonici entro una sola ottava e li si ordina secondo valori crescenti, anziché cercare una serie di armonici consecutivi, pur proseguendo questa ricerca fino all’armonico 15, risulteranno in ogni caso irreperibili le note Fa e La. Quindi, «sebbene l’intonazione giusta della scala diatonica abbia, dopo tutto, la serie armonica naturale come suo fondamento, la scala non è basata direttamente su di essa ma attraverso il medium degli accordi consonanti [i tre accordi fondamentali maggiori]; questo fattore porta a risultati completamente differenti».46 Dopo il confronto con la serie degli armonici e la comparazione delle tre versioni — giusta, pitagorica e temperata — 42 Ivi, pp. 176-77. Ivi, p. 177. 44 Ivi, pp. 177-78. 45 Cfr. ivi, pp. 178. 46 Ivi, p. 180. 43 276 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA con il suo sistema, Yasser conclude che è impossibile applicare l’intonazione pitagorica al sistema supra-diatonico:47 per esso è da preferirsi certamente la forma temperata. Consonanze perfette come la quinta giusta, in sistemi come il supra-diatonico diventano dissonanze, spiega l’autore, il quale si appella alle facoltà di correzione dell’orecchio per difendere la fondatezza del temperamento: «Nella pratica musicale gli accordi consonanti, in genere, sono gli unici sui quali un orecchio altamente sviluppato è incline a effettuare la correzione psicologica a cui ci riferiamo».48 D’altra parte, Yasser è persuaso del valore relativo di qualsiasi forma di intonazione giusta che, al contrario di quanto il termine stesso sia atto a suggerire, non implica, in nessun modo, un’idea di verità acustica assoluta. In realtà, la natura dell’intonazione giusta, per quanto strano possa sembrare, in qualche modo preclude una rigida impeccabilità in tutte le possibili direzioni. In una o in più di queste direzioni la sua “giustezza” è sempre indebolita da alcuni “difetti” che, sebbene minimi e trascurabili, non possono essere rettificati se non a costo di una perdita definitiva in qualche altra direzione. E questo è esattamente ciò che ha causato — e ancora causa — l’apparire di vari sistemi di accordatura pura, nello sforzo di trovare la soluzione più vantaggiosa, se non perfetta, al problema.49 Ogni accordatura giusta è sempre relativa, per diverse ragioni. La prima è che la scala giusta è tale solo in rapporto a sé stessa e non anche ad altre scale giuste.50 Il punto di approdo è dunque la relativizzazione dei sistemi a intonazione giusta, sulla base di un più ampio discorso inerente alla centralità del concetto di scala inteso come esperienza: quindi, in definitiva, alle implicazioni psicoacustiche del condizionamento sociale. Neanche Yasser sfuggirà alla lente dei critici dell’intonazione giusta, ma non a causa di quanto appena argomentato. Per Llewellyn Lloyd, in rapporto alle affermazioni di certi teorici della just intonation, le speculazioni contenute in A Theory of Evolving Tonality di Joseph Yasser hanno almeno il merito di essere informate a una vera concezione musicale, quella di una viva e sempre mutevole arte: egli produce un edificio molto elaborato, ma le sue fondamenta restano poggiate sulle sabbie mobili, per il fatto di derivare l’esade della scala supra-diatonica, il suo “accordo comune”, dall’ottavo, nono, decimo, undicesimo, tredicesimo e quattordicesimo suono parziale di uno strumento musicale. Sarebbe istruttivo se 47 Cfr. ivi, p. 190. Ivi, p. 193. 49 Ivi, pp. 212-13. 50 Yasser riprende anche la questione secolare della non perfetta coincidenza tra gli intervalli armonici e melodici nei sistemi a intonazione giusta, cfr. ivi, pp. 213-14. 48 6. LA EVOLVING TONALITY DI YASSER 277 noi potessimo persuadere alcuni fisici a produrre suoni puri [a onda sinusoidale] di queste altezze, simultaneamente, e osservare che cosa si ascolta. Infatti, attraverso l’analisi di laboratorio, nelle vibrazioni fisiche complesse dell’aria che producono i suoni che percepiamo come suoni di strumenti musicali, possono essere scoperte tuttalpiù mere tracce delle vibrazioni corrispondenti a questi suoni parziali alti. Il normale orecchio umano non può scoprirle.51 Murray Barbour ritiene il sistema a intonazione giusta di Partch vicino a quello di Yasser, con la differenza che quest’ultimo temperò la successione delle altezze in un sistema equabile a 19 suoni; con lo stesso sistema, Partch avrebbe potuto ottenere un sistema temperato a 43 suoni, anche se una tale ipotesi sarebbe andata contro le sue più ferme convinzioni, contrarie a qualsiasi forma di temperamento.52 Pur condizionato dalla discutibile concezione — elaborata a postulato — di un’evoluzione “organica” e unitaria delle scale musicali, nel novero dei microtonalisti Yasser ebbe il merito di aver spostato il fuoco dell’argomento sulla definizione di “tonalità”, intesa come complesso di operazioni di carattere prevalentemente artistico ma non arbitrarie e soggettive, in quanto frutto di processi culturali, con cui si ridefinisce nel tempo l’organizzazioni degli intervalli. Alla luce di altre esperienze microtonali, il tentativo di Yasser, mettendo da parte le argomentazioni addotte, appare estremamente lucido nel definire un sistema microintervallare a partire dal temperamento equabile tradizionale: intenti e proposte non inutili, il cui fondamento filosofico verrà però smentito, nella pratica musicale, dal proliferare di innumerevoli soluzioni. Si è visto come alcune delle argomentazioni relative alla evolving tonality siano facilmente criticabili. Quindi il testo yasseriano, il suo aspetto inoppugnabilmente progressivo, si può interpretare come il tentativo di restaurare un ordine perduto, di restituire alla storia musicale una direzione lineare e all’uomo un destino univoco. Da questa urgenza scaturisce quella che oggi ci appare una semplificazione troppo drastica: l’unitarietà latente di tutta la musica mondiale. È forse una suggestione proveniente dall’educazione di Yasser o è il risultato delle vicissitudini personali attraverso gli sconvolgimenti della Rivoluzione russa? Qualunque siano state le motivazioni di un tale approccio, una teoria del genere — come pure quelle di altri microtonalisti — è pregna di accenti profetici. È un destino di tutte le teorie microtonali? Forse non indifferente a qualche suggestione biblica, il teorico polacco tiene a precisare di non 51 52 LLOYD 1940, p. 360. BARBOUR 1950, p. 133. 278 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA avere alcuna responsabilità creativa o comunque individuale su ciò che va annunciando, ma che nella realtà compositiva ci sono prefigurazioni di un cambiamento improcrastinabile. I dubbi che le argomentazioni di Yasser sollevano non hanno sminuito l’interesse per il temperamento a 19 suoni, suscitato grazie al suo libro: diversi studiosi si sono occupati degli aspetti fisico-acustici53 e musicali54 di questo sistema microtonale. 53 SCHAFER – PIEHL 1947, p. 730. HÖRNER 1976, pp. 12-23 raffronta le scale maggiori dei sistemi a 12, 19 e 31 suoni per ottava e MCCLURE 1948, pp. 28-40 riferisce di quasi 15 anni di esperimenti su musicisti con temperamenti equabili a 12 e 19 suoni. 54 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH Un discorso sulla musica di Harry Partch (1901-1974), anche se strettamente orientato a definire i suoi sistemi a intonazione giusta prima del 1940, non può che prendere l’avvio da una serie di luoghi comuni ormai radicatisi nella storiografia musicale statunitense. Le idee e le composizioni di questo autore sembrano creare a tutt’oggi due fronti nettamente contrapposti. Taluni considerano Partch «il compositore più genuinamente statunitense, iconoclasta e innovativo del [ventesimo] secolo»:1 con enfasi, egli è indicato come tipico esponente di una non meglio definita «American Experimental Tradition».2 Ancora in vita, il compositore venne altresì etichettato, nelle recensioni apparse sulla stampa non specialistica, come «an authentic American composer»,3 l’hobo della musica, il musical rebel,4 l’american aboriginal,5 ecc. Si insistette molto — e si insiste ancora oggi — sull’americanità di Partch e sul fatto che egli sarebbe il primo vero esempio di compositore genuinamente statunitense, come se Ives e Cowell, scegliendo a caso, non lo siano altrettanto. Per alcuni, Partch sarebbe quindi il primo compositore (ab)originale di musica (accademica, colta, classica?) statunitense. Mai come in questo caso le etichette si rivelano inefficaci per definire una posizione nettamente anticonformista. D’altro canto, non mancarono e non mancano neanche oggi coloro che ritengono la musica di Partch monotona, priva di interesse, fiaccata da autocompiacimento creativo. Non è soltanto il fronteggiarsi di due schiere ben marcate — sostenitori e detrattori — a caratterizzare la recezione delle opere di Partch. Queste soggiacciono a più concreti problemi di trasmissione, essendo ineseguibili senza gli speciali e originalissimi strumenti realizzati dal compositore (poche le repliche modellate su quei prototipi) e quindi, ancora oggi, ben di rado ascoltabili dal vivo. Se gli strumenti sono affatto originali, gli intervalli musicali impiegati dal compositore sono sideralmente lontani dal mondo temperato del mainstream colto europeo, 1 Introduzione di Thomas McGeary a PARTCH 1991, p. xv. Cfr. GILMORE 1992, p. 5. 3 MELLERS 1991, p. 16. 4 SMITH 1980. 5 MELLERS 1963. 2 280 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA anche il più avanguardistico. Per eseguire le opere di Partch sono necessari gruppi di esecutori specializzati, che sappiano suonare gli strumenti e leggere partiture quasi indecifrabili e peraltro rimaste a lungo inedite, a parte qualche rara eccezione.6 Sulla scia di Helmholtz e di altri teorici, anche Partch, a partire dal 1930, concepì un sistema di intervalli musicali espressi in rapporti frazionari, adottando l’intonazione giusta come principale criterio organizzatore. In anni recenti, varie iniziative editoriali hanno permesso una migliore circolazione delle opere di Partch. Sono stati pubblicati dischi, registrazioni video, partiture. Il paradosso è che, nonostante il restauro di alcuni strumenti e la dedizione (talora interessata) di alcuni interpreti, la musica di Partch circola più attraverso le edizioni discografiche che dal vivo, in contrasto con un concetto fondamentale maturato dal compositore, quello di corporeality: ossia, la presenza fisica dell’interprete che l’autore riteneva indispensabile alla comunicazione musicale. Quella di Partch si configura fin dal primo ascolto come una musica differente. Si odono intervalli e strumenti musicali diversi da qualsiasi altro. Nessuno, o quasi — se lo studio delle civiltà musicali è servito a qualcosa — si sognerebbe mai di criticare la scarsa pregnanza del “tema principale” arbitrariamente estratto da un pezzo di musica giavanese pensato per il teatro delle ombre, o i limiti timbrici di una cerimonia tibetana. Un atteggiamento di partecipazione attenta e incuriosita dovrebbe accompagnare l’ascoltatore di un brano di Partch, in cui risultano molto peculiari e fortemente caratterizzati gli aspetti intervallari e timbrici. D’altra parte, è necessario schivare la non meno ingombrante retorica dell’eclettico-individualista-apostata-autodidatta-teorico che vive ai margini della società, ecc.,7 che ha avvolto la figura del compositore fin dagli anni ’60, secondo la quale tutto ciò che ha scritto, detto e fatto Partch è immancabilmente di altissimo livello. Questo culto ha però permesso che la sua attività si conosca piuttosto bene tra gli specialisti e che un libro come Genesis of a Music, edito nel 1949 e poi in una nuova 6 Dal 2001 la Schott pubblica le partiture di Partch in facsimile (quindi non risolvendo il problema della decifrabilità). Le varie notazioni impiegate dall’autore statunitense presentano alla lettura diversi problemi, spesso insormontabili, perché non sempre è chiara neanche l’identificazione dell’altezza di un suono. La partitura è un misto di indicazioni di rapporti frazionari e grafici di posizioni, sul tipo dell’intavolatura; il suo scopo principale è quello di chiarire all’esecutore quale corda, barra o bottiglia percuotere. La trascrizione di queste indicazioni in forme più convenzionali risulta molto difficile. 7 Tutte definizioni prese a caso dall’introduzione di Thomas McGeary a PARTCH 1991, p. xv. 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 281 edizione nel 1974, sia stato letto da compositori e musicisti delle più diverse estrazioni.8 L’opera di Partch è sensibilmente marcata dall’uso dell’intonazione giusta, ma non si limita a essa. Convinto della necessità di restituire alla musica una funzione rituale, in cui abbia un peso determinante la presenza fisica degli interpreti, la voce e il significato delle parole, il compositore statunitense — che, in tal senso, procedette di pari passo con alcune fondamentali esperienze teatrali del Novecento — esordì con il rifiuto del temperamento equabile dopo aver letto in California il trattato di Helmholtz, nel 1923. Ciò determinò una sorta di conversione nel giovane pianista e compositore che si guadagnava la vita come correttore di bozze. Negli anni seguenti, fino al 1928, Partch maturò una forte insoddisfazione per l’insegnamento musicale, soprattutto verso l’enfatizzazione della tecnica compositiva e strumentale. In questa fase, egli compì vari esperimenti e realizzò diversi sistemi di notazione musicale per l’intonazione giusta, di cui non ci è giunta traccia. Si trattò di «un periodo di gestazione. In tempi differenti inventai tipi di notazione per 12 intervalli giusti nel 2/1».9 Nel 1925 cominciò ad applicare le sue teorie realizzando su pezzi di carta le diteggiature di intervalli giusti per il violino e la viola: Gli anni tra il 1925 e il 1928 furono occupati da esperimenti su sistemi a intonazione giusta e dalla notazione e composizione di musica per dimostrarli. Nello stesso anno scrissi un quartetto d’archi, perduto, in intonazione giusta. Nel 1926, con l’intento di fare esperimenti con strumenti ad altezza variabile, cominciai a studiare il violino e più tardi la viola, strumento che suonai nella University of California Symphony Orchestra.10 Intorno al 1927 l’autore cominciò a redigere un testo teorico; la Exposition of Monophony fu conclusa nel maggio 1928, a San Francisco. Di questa prima versione ci è giunta soltanto la prima e l’ultima pagina del manoscritto. Già a quell’epoca egli aveva optato per un sistema in intonazione giusta limite 11. Fino al 1933, quando stese l’ultima versione, l’unica che si è preservata,11 Partch riscrisse e integrò l’Exposition, per poi riutilizzarne varie parti con titoli diversi nei successivi vent’anni. Anche 8 Il libro, e in generale il lavoro di Partch, ha avuto una consistente importanza per Harrison e Johnston. 9 PARTCH 1933, cit. in GILMORE 1992. 10 Materiale scritto da Partch allegato nell’ottobre del 1933 alla richiesta di una borsa di studio della John Simon Guggenheim Memorial Foundation, New York, cit. in GILMORE 1992. 11 Una parte della versione del 1933 è stata pubblicata sulla rivista Interval nel 1986, cfr. PARTCH 1986. 282 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA la seconda versione, del 1930, non è più rintracciabile. In quell’anno, a New Orleans, Partch distrusse in una stufa tutte le sue composizioni precedenti, un atto che gli appassionati del musicista non hanno mancato di caricare di significati rituali e purificatori. Nella stessa città, Partch si fece assemblare uno strumento musicale che univa la cassa di risonanza di una viola al manico accorciato di un violoncello, che chiamò adapted viola.12 Il musicista compì svariati esperimenti sugli intervalli giusti e definì una scala microtonale di 29 suoni nell’ottava, sulla base della quale, nel periodo 1931-33, compose una serie di brani vocali con accompagnamento di viola adattata, su testi del poeta cinese Li Po, dell’Antico Testamento e di Shakespeare.13 Come per Yasser, anche Partch subì il fascino della musica cinese. I suoi genitori erano stati missionari presbiteriani in Cina per diversi anni (1888-93 e 1895-1900) e avevano fatto ritorno negli USA durante la rivoluzione dei Boxer; il padre di Partch, oltre a svolgere l’attività pastorale, aveva insegnato matematica e filosofia in cinese mandarino. Anche dopo il ritorno in patria, poco prima della nascita del figlio, i coniugi avevano continuato a leggere libri e a intonare canzoni popolari cinesi; nel frattempo, il padre era divenuto ateo. L’infanzia di Harry fu densa di stimoli sonori inusitati: la famiglia Partch abitò in varie città ma anche in zone periferiche o desertiche del West dove si incrociavano tradizioni musicali molto variegate, da quella degli indiani Yaqui alle canzoni messicane. Quando compose i primi brani, la melodia vocale era per Partch una sorta di estensione o amplificazione melodica delle intonazioni del parlato. Questo stile salmodiante era reso più sottile e originale dall’adozione degli intervalli in just intonation. La parola parlata, piuttosto che cantata, si colloca al centro dell’immaginario di Partch, il quale era convinto che la voce tendesse a cantare per intervalli giusti.14 L’importanza delle intonazioni della lingua parlata per la musica greca antica e cinese incoraggiò il compositore in questa scelta. Tra il 1931 e il ’32, in diverse occasioni, mentre lavorava come correttore di bozze per alcuni giornali californiani, Partch fece eseguire i suoi brani a San Francisco e Los Angeles, assieme a due soprani a cui aveva insegnato il suo sistema di intonazione, Rudolphine Radil e Calista Rogers. Il 9 febbraio 1932 il compositore e interprete figurò in un programma della 12 Cfr. PARTCH 1974, pp. 198-202. I Two Psalms comprendono il Salmo 23, The Lord is my Shepherd, e il n. 137, By the Rivers of Babylon; il brano shakesperiano è The Poson Scene (da Romeo and Juliet), tutti del 1931. 14 Cfr. PARTCH 1974, p. 256. 13 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 283 New Music Society di Cowell, al quale, comunque, la musica composta da Partch in questo periodo non piacque mai. Partch e Cowell parlarono molto del libro di quest’ultimo, New Musical Resources (cfr. §3). Di particolare interesse per Partch era il discorso sugli armonici inferiori, che poco dopo inserì anche nella sua teoria a giustificazione della utonality, un accordo di sei suoni costruito discendendo dalla fondamentale (2/1); l’otonality, invece, indica la costruzione accordale principale realizzata ascendendo dalla fondamentale (1/1). Il 2 ottobre 1931 Partch completò la terza versione dell’Exposition of Monophony e nel 1932 realizzò il primo progetto per una ratio keyboard microtonale a tasti circolari. È problematico stabilire se le esperienze di Novaro abbiano avuto un influsso diretto su Partch. Nei primi anni di attività certamente non si conobbero. Non è improbabile che, tramite Cowell — il quale usufruì nello stesso anno di Novaro di una borsa Guggenheim e scrisse per lui una lettera di presentazione alla fondazione — Partch abbia potuto conoscere qualche dettaglio sugli studi del teorico messicano. Forse Cowell ebbe modo di informare Partch, a grandi linee, sul lavoro di Novaro, anche se Partch aveva all’epoca già intrapreso tenacemente la propria strada in compagnia di un soprano e di uno strumento ad arco un po’ bizzarro. È sintomatico, comunque, che sia Novaro sia Partch negli stessi anni affrontino il medesimo problema. Al volenteroso che avesse deciso di passare davvero all’azione con l’intonazione giusta, il trattato di Helmholtz e del suo intraprendente commentatore-traduttore inglese forniva materiale sovrabbondante per una vita; tuttavia, l’idea di una manipolazione numerica scevra da considerazioni di ordine percettivo e fisiologico, che cominciasse a condurre fuori dai saldi confini della tonalità tradizionale — che l’apparato giusto o naturale finiva col rendere ancora più inamovibili — non era a disposizione nella bibbia dell’acustica musicale ottocentesca. Ci voleva qualcosa di più: Partch e Novaro percorsero queste strade nuove con modalità diverse. Mancando riferimenti diretti sui rapporti tra i due autori, è possibile solo avanzare qualche ipotesi, basata su un dato di fatto: entrambi si mossero in una direzione di sfruttamento creativo delle possibilità insite nel sistema giusto. Alcune idee dello statunitense furono anticipate dal messicano, limitato dal fatto di non esplicitare nella composizione la sua teoria.15 15 Si è detto (cfr. §5) che CHALMERS 1994 ha riconosciuto Novaro come anticipatore di alcune idee di Partch, in particolare a proposito del tonality diamond, ‘diamante della tonalità’ — in cui il termine ‘tonalità’ va inteso nel senso di intonazione giusta — costituito dai gradi della scala disposti in ordine simmetrico, armonico e subarmonico (cfr. PARTCH 1974, p. 159). 284 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Figura 32 Nel grafico sono utilizzati intervalli a intonazione giusta limite 11. Partch ebbe in ogni caso il merito di applicare uno schema siffatto alla tastiera della diamond marimba e di altri strumenti. Il compositore fu il primo ad adottare chiaramente il concetto di “limite” nella just intonation, anche se questo aspetto è implicito nelle scale fondamentali di Novaro; ciò che lo contraddistingue dal collega è che, con la sua teoria, Partch intende dotarsi di strumenti per la composizione. A differenza di quelle elaborate da Novaro, le sue teorie hanno conosciuto un’ampia diffusione, per due motivi sostanziali. Il primo, di palmare evidenza, è il contesto storico-geografico in cui Partch ha lavorato, gli Stati Uniti degli anni 1920-70, in cui si consumano le esperienze artistiche più insolite, animate dal desiderio di contrassegnare con esperienze autoctone l’allonta- 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 285 namento dalla tradizione europea, un desiderio che del resto già appartenne ad altri autori statunitensi. Per quanto insofferente alle limitazioni e ai condizionamenti, Partch poté operare, certo non facilmente, all’interno in un sistema costituito da università e fondazioni che garantiva qualche speranza di riuscita — lo stesso sistema che permise a Novaro un vero e proprio salto di qualità, nonostante la brevità della sua esperienza. Il secondo elemento che incrementò la risonanza pubblica dei suoi lavori, è la grande spettacolarità delle performances di opere partchiane, un aspetto mai disgiunto da quello musicale. Tornando ai possibili contatti tra le idee di Novaro e Partch, bisogna tener conto del fatto che gli Stati Uniti, almeno fino al 1940, per un compositore d’avanguardia non erano un paese così ricco di iniziative come si potrebbe pensare. L’unico vero centro della musica moderna era, all’epoca, New York; in California, Cowell organizzava concerti casalinghi, mentre nelle orchestre e nei conservatori prevalevano gusti molto tradizionali, per non dire retrivi. San Francisco era il centro musicale più importante dell’Ovest e Los Angeles, almeno fino ai primi anni ’20, era soltanto una cittadina di provincia. Leggendo le cronache musicali di quegli anni, tra le due coste si finisce per incontrare sempre gli stessi nomi, a parte qualche figura di minor spicco; poche fondazioni elargiscono borse di studio e la musica contemporanea ha pochi paladini. In California, Partch conobbe Couper, compositrice di brani per pianoforte a quarti di tono (cfr. §3). Ma non a caso, nonostante il forte radicamento a Ovest, nel 1933 egli decise si recarsi a New York per far conoscere la propria musica, sostenuto economicamente da una donazione. In quell’occasione tenne diversi concerti, cantando da solo le parti vocali dei suoi brani, non avendo trovato un soprano; fu così che conobbe, tra gli altri, Seeger, Copland, Otto Luening e Walter Piston. Chiese inutilmente alla Guggenheim Foundation una borsa di studio nel 1933 e nel 1934; nel giugno di quell’anno ottenne, invece, una borsa della Carnegie Corporation, grazie alla quale poté recarsi in Gran Bretagna e Irlanda. Alla British Library di Londra Partch studiò numerosi trattati di acustica e approfondì la conoscenza delle esperienze ottocentesche sull’intonazione giusta. Dall’anno precedente il compositore statunitense covava l’idea di realizzare un Oedipus, allorquando lesse la traduzione della tragedia sofoclea realizzata da William Butler Yeats, King Oedipus. Nel 1934 incontrò il poeta a Dublino. In Gran Bretagna, Partch fece an- 286 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA che la conoscenza di Kathleen Schlesinger (1862-1953), autrice di eterodosse teorie, oggi definitivamente screditate, sulle scale greche.16 Tornato negli Stati Uniti nell’aprile 1935, Partch iniziò un lungo periodo di vagabondaggi e lavori saltuari che si concluderà soltanto nel 1943. In quegli anni, vivendo a tratti come un hobo, egli si spostò frequentemente e organizzò diversi laboratori per la costruzione dei suoi strumenti, continuando ad abbozzare composizioni e a scrivere diari e altri testi. In ricordo di otto mesi di vagabondaggio (giugno 1935-febbraio 1936), Partch scrisse il diario Bitter music, un interessantissimo documento infarcito di trascrizioni musicali di canti popolari e di frasi di cui cerca di riprodurre in dettaglio le inflessioni.17 Nel 1938, nella falegnameria di una scuola, cominciò a costruire la kithara, un altro dei suoi strumenti,18 completato nel 1940 a Big Sur. In ambito compositivo, dopo il 1933 e fino al 1941, Partch non portò a termine nessuna opera. Invece, nel dicembre 1940, completò un testo teorico di 260 pagine, Patterns of Music, che aveva cominciato nel 1926 e che, dopo ulteriori versioni, si trasformerà in Genesis of a Music, edito la prima volta nel 1949. (Nella prefazione al manoscritto, il compositore statunitense utilizzò l’analogia con i colori per spiegare che il compositore ha bisogno, o può sentire il bisogno, di usare più di 12 suoni nell’ottava:19 anche Carrillo espresse un concetto del genere.) La biografia partchiana, fino al 1940, termina qui. Ne sono esclusi i grandi lavori teatrali (1950-60) che lo renderanno famoso, ma sostanzialmente indipendenti e inutili alla comprensione della sua singolare teoria microtonale. Prima del 1940 le uniche opere compiute risalgono al periodo 1930-33;20 del 1933 è anche la versione finale di Exposition of Monophony. Altri documenti ci aiutano a ricostruire l’attività di Partch in quegli anni: per esempio, un articolo risalente al periodo in cui egli risiedeva a New Orleans pubblicato su The Times-Picayune il 16 novembre 1930 e riprodotto in GILMORE 1992, p. 45: 16 Secondo Schlesinger le harmoniai apparterrebbero a un sistema a intonazione giusta limite 13. PARTCH 1974, pp. 447-57 riprende in parte questi studi. La studiosa aveva scritto le “voci” relative agli strumenti musicali della Grecia antica sulla Encyclopaedia Britannica (undicesima edizione, 1910-11) e SCHLESINGER 1939 (cfr. CHALMERS 1992). 17 Creduto distrutto dal suo autore, il testo è stato pubblicato con altri nel 1991. 18 Cfr. PARTCH 1991, [“The Khitara”, 1941] pp. 169-73. 19 Ivi, pp. 159-61. 20 GILMORE 1992 contiene una dettagliata ricostruzione dei primi anni di attività di Partch e informazioni su numerosi documenti inediti in possesso della Harry Partch Foundation di San Diego, California. 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 287 Una nuova teoria della musica basata sulla serie degli armonici e che richiede una scala di 29 gradi all’interno dell’ottava invece dei consueti 12, così come un nuovo strumento per suonare le piccole suddivisioni intervallari, sono stati completati da Harry Partch, musicista per interesse e correttore di bozze per professione, che si trova da febbraio a New Orleans e durante questo periodo ha terminato un libro che spiega le sue teorie e ha fatto costruire il suo strumento musicale. Quest’ultimo è chiamato il monophone [primo nome dato alla adapted viola] e il nuovo sistema monophony […]. Il monophone ha il corpo di una viola, un’estensione intermedia tra una viola e un violoncello e il suo carattere distintivo è il particolare manico lungo con molti segni. Lo strumento si tiene tra le ginocchia e sebbene possa essere utilizzato da solo, esso è impiegato soprattutto per accompagnare la voce […]. Al contrario di molti critici della musica moderna che vorrebbero che essa si sviluppasse secondo certe linee, al signor Partch non importa come essa si sviluppi. Egli crede che da secoli la musica sia sulla strada sbagliata e che dovrebbe ritornare al metodo musicale del mondo antico: voce accompagnata da uno strumento […]. Egli spiega brevemente la monophony […] in questi termini: “Come è noto, in fisica ogni suono produce un certo numero di armonici, che si dipartono da esso in una serie infinita. Questa è l’unica vera scala. Ogni nota di essa può essere messa in relazione con il suono fondamentale nella sua posizione naturale come armonico o in forma trasposta. Così ogni suono è un universo che produce altro suono e il campo d’espressione all’interno di una singola tonalità è infinito. Nella pratica, io chiudo il campo al dodicesimo armonico, perché il tredicesimo entra in un territorio ancora insondato per le nostre orecchie, sebbene tra qualche anno esso potrebbe divenire familiare. La maggior parte dei teorici si fermano al settimo armonico. Il terzo, quinto, settimo, nono e undicesimo armonico — ciascuno dei quali costituisce una nuova serie in questo campo — sono chiamati magneti nella monophony, perché essi sembrano attrarre le note illegittimamente trasposte, chiamate satelliti”. Attraverso calcoli esatti […] i magneti e i satelliti formano la scala di 29 suoni nell’ottava (sebbene “ottava” sia una parola senza senso in una scala del genere e il signor Partch la chiami “aura”). L’effetto della sua musica è malinconico e orientale, e le piccole divisioni del tono a un orecchio non abituato la fanno suonare come se stessero scivolando perennemente fuori tonalità. La musica ordinaria può essere suonata sul monophone, ma l’inventore ne ha composta di sua nella nuova scala, scrivendo la melodia per la voce e in cui il monophone accompagna solamente. Le sue ultime composizioni sono adattamenti musicali di alcune poesie cinesi e per scrivere queste melodie egli usa una nuova notazione adatta alla monophony.21 La Exposition of Monophony (1933), il cui testo è inedito,22 permette di chiarire in dettaglio il sistema a intonazione giusta del compositore sta21 22 MAYFIELD 1930. Citiamo le parti riportate in GILMORE 1992, pp. 59-84. 288 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA tunitense. Il primo aspetto rilevante è che Partch estende il concetto di consonanza fino all’undicesimo armonico. Si tratta per la verità di un concetto non tradizionale: l’armonico 11 è «il limite della sorgente degli […] intervalli».23 Partch adotta, in poche parole, una intonazione giusta limite 11, ovvero un sistema che prevede «tutte quelle relazioni d’altezza analoghe agli intervalli creati da due dei primi undici elementi della serie degli armonici, e dall’inversione di quegli intervalli».24 In questo modo, oltre agli intervalli tradizionali del limite 5, ne vengono ottenuti di nuovi come il 7/5 e la sua inversione 10/7, 7/6, 11/9, 9/7 e cinque diverse seconde (12/11, 11/10, 10/9, 9/8, 8/7). A distanza di pochi anni Novaro e Partch percorrono una strada analoga. Basta confrontare gli intervalli proposti da Partch con quelli di NOVARO 1927: 7/5: quinta scala armonica. 10/7: settima scala armonica. 7/6: cfr. NOVARO 1927, p. 23. 11/9: nona scala armonica. 9/7: quinta scala armonica. 12/11: undicesima scala armonica e NOVARO 1927, p. 57. 11/10: decima scala armonica. 10/9: Cfr. NOVARO 1927, p. 23. 9/8: ottava scala armonica. 8/7: settima scala armonica. Tutti gli intervalli della scala di Partch furono quindi presi in considerazione anche da Novaro. C’è una differenza ovvia e immediata: le scale armoniche di quest’ultimo sono la base del sistema naturale, mentre Partch costruisce una sola scala e la usa per comporre. Ma non si può sottacere la preveggenza di Novaro nell’affermare che il 12/11 può «formare una nuova organizzazione musicale».25 Nei molti numeri dei suoi testi, il teorico messicano trasferisce anche il risultato di esperienze pratiche in cui si è interrogato su un possibile uso musicale di certi intervalli. D’altra parte, il concetto di monophony pone al centro della composizione il suono di una singola voce che parla, intona o canta mantenendo il ritmo, l‘intelligibilità e le intonazioni delle parole. Le “melodie” di Partch sono ricavate dalle inflessioni del parlato ed è come se le sue armonie fossero sviluppate dall’espansione tonale del tono singolo (1/1) fino a rapporti frazionari contenenti il numero 11. Anche Partch, come 23 PARTCH 1933, p. 50, cit. in GILMORE 1992, p. 59. GILMORE 1992, p. 59. 25 NOVARO 1927, p.57. 24 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 289 Novaro, identifica gli intervalli riportando i rapporti di lunghezza della corda.26 Nella prima corda, di lunghezza n, i numeri 1, 2, 3, ecc. fino a 11 individuano le proporzioni 1/n, 2/n, 3/n, ecc. Sulla parte destra della “corda” è riportato il numero m corrispondente all’intervallo ottenuto (m/n). Riconducendo gli intervalli all’interno dell’ottava, questi rapporti sono scritti sotto la linea. Nella seconda “corda”, ai 6 intervalli della prima se ne aggiungono altri 4 derivati da un processo simile. Ma stavolta i rapporti frazionari sono ottenuti non a partire dalla corda a vuoto, ma da 1/3, ossia utilizzando 1/3 della corda come fondamentale. Ne risultano 5 nuove altezze invece di 6, perché una è duplicata. Procedendo in questo modo, alla fine si ottiene sulla sesta “corda” una scala di 29 suoni nell’ottava. 1, 12/11, 11/10, 10/9, 9/8, 8/7, 7/6, 6/5, 11/9, 5/4, 14/11, 9/7, 4/3, 11/8, 7/5, 10/7, 16/11, 3/2, 14/9, 11/7, 8/5, 18/11, 5/3, 12/7, 7/4, 16/9, 9/5, 20/11, 11/6, 2/1 Questa successione, però, appare a Partch sbilanciata, poiché alcuni intervalli, soprattutto i due estremi, sono troppo ampi. Quindi è necessario inrodurre degli intervalli intermedi, ottenuti non più dalla suddivisione della corda ma dall’aggiunta di intervalli giusti a quelli preesistenti, allo stesso modo in cui si aggiungono gradi cromatici alla scala diatonica a intonazione giusta (cfr. §2). Partch chiama questi intervalli secondari. Una quinta giusta è aggiunta sopra l’11/8, ottenendo così 33/32. Il numero di questi intervalli secondari «è variabile nel periodo 1928-35, con il risultato che in tempi differenti [Partch] prese in considerazione una scala a 29 suoni, 55 suoni, 39 suoni, 37 suoni e alla fine 43 suoni nell’ottava. […] È impossibile, per la scarsità di documentazione risalente a quegli anni, essere certi dell’esatta costruzione di queste scale (eccetto quella a 37 suoni)».27 In ogni caso, la scala a 43 suoni costituisce l’ultima e definitiva costruzione scalare di Partch, a partire dal 1934-35. Gli intervalli sono di diversa ampiezza e disposti simmetricamente all’interno dell’ottava. Nella maggior parte dei casi questa scala viene applicata agli strumenti solo parzialmente. D’altra parte, nelle composizioni di Partch troviamo anche intervalli non appartenenti a questa successione: tale scollamento tra teoria e pratica è una costante nella sua attività. Per esempio, le scale greche ricavate da Schlesinger e così attentamente studiate in Genesis of a Music, sono usate molto raramente nella composizio26 Cfr. PARTCH 1933, in GILMORE 1992, p. 61. GILMORE 1992, pp. 62-63. L’autore a p. 66 riporta una cronologia di apparizione delle varie scale. 27 290 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA ne; anche il legame scientifico con l’acustica in fin dei conti è relativamente blando, se non addirittura pretestuoso. Benché la monophony sia «un’espressione evoluta del fenomeno della serie degli ipertoni»,28 l’autore evita di addentrarsi in discussioni accurate sui parziali armonici, sottintendendo come punto di riferimento il trattato di Helmholtz. Per la sua scala a 29 suoni, Partch non elude il problema armonico. Gli accordi sono formati da intervalli di numeri dispari della serie degli armonici (i numeri pari essendo le ottave). Un accordo del tipo 1, 5/4, 3/2, 7/4, 9/8, 11/8 è da considerare fondamentale per il nuovo sistema, al pari di una triade maggiore o minore per la tonalità. L’importanza di questi accordi si mette in luce soprattutto nelle opere successive al 1940. In tutti i suoi testi il compositore non delinea alcuna teoria armonica, salvo fornire una suddivisione tipologica degli intervalli, mantenuta anche in Genesis of a Music.29 Sono distinte quattro funzioni degli intervalli: potere (ottava, quinta e quarta), sospensione (intervalli assimilabili alla quarta aumentata o quinta diminuita), emozione (vari tipi di terza e sesta maggiore e minore), approccio (seconde e settime maggiori e minori).30 Tutti gli intervalli sono riassunti in uno schema che l’autore chiama “The One-Footed Bride”, (‘La sposa con un piede solo’), che affianca gli intervalli reciproci (figura 33):31 Prima di esaminare l’organizzazione degli intervalli così come appare sulla viola adattata, è necessario riportare alcune definizioni teoriche date dall’autore nel Genesis, che nel testo del 1933 non erano erano state ancora formulate. Il primo è il binomio otonality-utonality, che delinea due direzioni degli accordi a partire dalla fondamentale: la prima, ascendente (‘o’ come over); la seconda, discendente (‘u’ come under), in analogia con il concetto di sottotoni che Partch dedusse dal trattato di Cowell.32 Dalla combinazione di otonality e utonality nasce il tonality diamond (figura 34),33 definito dal compositore come un’arbitraria sistemazione dei rapporti della monophony per costituire una dimostrazione prima facie dell’identità almeno duale di ciascun rapporto e di conseguenza della capacità del sistema della monophony a intonazione 28 PARTCH 1991, p. 176. Cfr.PARTCH 1974, pp. 155-57. 30 Ivi, p. 155. 31 Ibidem. 32 Cfr. ivi, pp. 72 e 75. 33 Ivi, p. 159. 29 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 291 giusta di offrire suoni, ciascuno dei quali può essere considerato in più di un senso.34 Figura 33 34 Ivi, pp. 74-75. 292 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Figura 34 Se ci siamo sporti sul trattato finale di Partch, la cui versione definitiva risale al 1974, lo abbiamo fatto perché il concetto di tonality diamond, benché non ancora classificato con questo termine, era già presente nel testo del 1933. Il tonality diamond, la otonality e la utonality sono assimilabili al concetto di inversione degli intervalli e alla loro organizzazione simmetrica in NOVARO 1927 (cfr. §5.2). Partch però, fin dalla realizzazione di una tastiera per un organo a intonazione giusta costruito a Londra nell’inverno 1934-35 e chiamato Ptolemy, trasferisce il principio del tonality diamond alla pratica musicale.35 35 Descrizioni di questo strumento sono date in PARTCH 1974, pp. 219-20 e in PARTCH 1935, dove è presente anche una fotografia. 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 293 I brani su testi di Li Po furono pensati sulla viola adattata. Lo strumento ad arco, naturalmente, offriva una possibilità immediata di verificare sulle corde i più disparati intervalli e soprattutto di applicare l’intonazione giusta. La viola adattata, in particolare, con il suo lungo manico di violoncello, si rivelava particolarmente congeniale alla definizione accurata di intervalli anche molto piccoli. Per agevolare questo compito, Partch incastonò piccoli pezzi di metallo sul manico in corrispondenza dei diversi punti delle corde in cui si producevano i 29 suoni della sua scala36 che, indicati sul manico della viola adattata, sono: 1/1, 33/32, 21/20, 15/14, 12/11, 10/9, 8/7, 7/6, 6/5, 11/9, 5/4, 9/7, 4/3, 11/8, 7/5, 10/7, 16/11, 3/2, 14/9, 8/5, 18/11, 5/3, 12/7, 7/4, 9/5, 11/6, 28/15, 40/21, 64/33, 2/1 A questi intervalli vanno aggiunti 9/8 e 27/16 delle corde a vuoto. L’accordatura infatti è quella convenzionale: I = 1/1 (Sol); II = 3/2 (Re); III = 9/8 (La); IV = 27/16 (Mi). Questi rapporti frazionari sono costruiti simmetricamente, come nel tonality diamond e nella scala a 43 suoni. In questo caso, l’asse di simmetria è costituito da 7/5 e 10/7, da cui si dipartono simmetricamente intervalli invertiti della stessa ampiezza, in direzione della fondamentale 1/1 e dell’ottava 2/1 (figura 35). 36 In PARTCH 1974, p. 201 è riportata la diteggiatura di questi rapporti intervallari. 294 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Figura 35 Si è detto che nel processo compositivo della monophony il ritmo e le inflessioni del parlato hanno un’importanza decisiva. Anche la scelta di 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 295 adottare un’intonazione giusta allargata e, in definitiva, dei microintervalli, sembra derivare dall’esigenza di adattarsi con maggior accuratezza alle inflessioni del declamato: «Mi resi conto che la parola parlata era l’espressione caratteristica a cui si adattava meglio la mia inclinazione inventiva, e che avevo bisogno di altre scale e altri strumenti».37 A favorire questa decisione fu anche l’influsso ideale della tragedia greca e delle canzoni cinesi, oltre al desiderio di Partch di ricondurre la musica a una dimensione di semplicità espressiva, da cui anche la preferenza data alla voce accompagnata da un solo strumento. Nel novembre del 1930 Partch aveva già cominciato a comporre il ciclo su testi di Li Po: i contrastanti stati emotivi, la sensualità e l’anticonformismo del poeta cinese, riflessi o contraddetti improvvisamente dagli scorci paesaggistici, offrivano un ricco repertorio di spunti vocali. Per la stretta aderenza al testo parlato, nei manoscritti e nelle note ai programmi dei concerti, Partch definì queste prime composizioni come tone declamations. Per ricavare la parte vocale, egli utilizzava il seguente sistema: il testo veniva letto dall’autore stesso o da un cantante; sulla viola adattata si cercavano gli intervalli più prossimi alle altezze della declamazione; la melodia veniva poi trascritta, non senza aver inserito piccole varianti, prolungamenti e perorazioni nel declamato originario.38 È molto probabile quindi che l’accompagnamento sulla viola adattata sia stato interamente realizzato in un secondo momento, per adeguarsi alle inflessioni della melodia. Il sistema di trascrizione del declamato in un caso è documentato con precisione: si tratta dell’interpretazione del Psalm 23 da parte del cantore Reuben Rinder presso la Congregation Emanu-El di San Francisco, trascritta da Partch nel gennaio 1932 e riportata nella Exposition of Monophony. L’analoga melodia di The Poison Scene shakespeariana è basata invece sulla trascrizione della declamazione di Radil.39 Nella primavera del 1933 il compositore adottò il suo sistema di notazione, di cui si tratterà più avanti, anche per trascrivere alcuni canti di nativi americani presso il Southwest Museum di Los Angeles.40 La copia finale dei brani composti su poesie di Li Po fu eseguita dall’autore nel 1962.41 La scala a 29 suoni sarebbe stata abbandonata già nell’autunno del 1931. L’aspetto più interessante che si ricava dall’analisi 37 PARTCH 1974, p. 5. Cfr. PARTCH 1974, pp. 5-6 e GILMORE 1992, pp. 83-84. 39 Cfr. GILMORE 1992, pp. 83-84, p. 112 e PARTCH 1974, p. 255-56. 40 Cfr. GILMORE 1992, pp. 112 e 139-40. 41 La genealogia dei mss. in possesso della Harry Partch Foundation è stata in parte ricostruita, cfr. ivi, pp. 86-125. 38 296 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA delle opere di Partch è la continua differenziazione della pratica dal modello teorico stabilito. In un ms. del 1931-32, sono enunciati 55 intervalli di riferimento:42 1/1, 56/55, 55/54, 50/49, 45/44, 36/35, 33/32, 28/27, 25/24, 22/21, 21/20, 16/15, 15/14, 12/11, 10/9, 9/8, 8/7, 7/6, 6/5, 11/9, 5/4, 14/11, 9/7, 21/16, 4/3, 15/11, 11/8, 7/5, 10/7, 16/11, 22/15, 3/2, 32/21, 14/9, 11/7, 8/5, 18/11, 5/3, 12/7, 7/4, 16/9, 9/5, 20/11, 11/6, 28/15, 15/8, 40/21, 21/11, 48/25, 27/14, 64/33, 35/18, 88/45, 96/49, 55/28, (2/1) Questa proliferazione di materiale deriva in buona parte dalla necessità di disporre di intervalli sempre più piccoli per definire con maggior precisione le inflessioni del parlato. Ossia: il parlato genera nuovi intervalli. Se per Novaro il motore della produzione è il meccanismo di semplici processi aritmetici, in Partch la continua inserzione di rapporti frazionari di disparate dimensioni desunti dall’intonazione giusta trasforma la scala a 29 suoni in una scala sempre più precisa, modellata sulle sottigliezze della declamazione. Le diverse scale di Partch si possono raffrontare per scoprirne gli elementi comuni. Sulla scala a 55 suoni è verificata la presenza di intervalli appartenenti alla scala teorica a 29, indicata in corsivo, mentre gli intervalli della diteggiatura della viola adattata più quelli delle corde a vuoto sono identificati in sottolineato: 1/1, 56/55, 55/54, 50/49, 45/44, 36/35, 33/32, 28/27, 25/24, 22/21, 21/20, 16/15, 15/14, 12/11, 10/9, 9/8, 8/7, 7/6, 6/5, 11/9, 5/4, 14/11, 9/7, 21/16, 4/3, 15/11, 11/8, 7/5, 10/7, 16/11, 22/15, 3/2, 32/21, 14/9, 11/7, 8/5, 18/11, 5/3, 12/7, 7/4, 16/9, 9/5, 20/11, 11/6, 28/15, 15/8, 40/21, 21/11, 48/25, 27/14, 64/33, 35/18, 88/45, 96/49, 55/28, (2/1) L’unico intervallo della scala a 29 suoni non presente in quella a 55 è 11/10 e manca anche il 27/16 di una corda a vuoto della viola: gli altri intervalli dello strumento adattata sono tutti presenti. Come si vede, nella nuova scala, la zona che si arricchisce meno di intervalli è quella centrale. Partch modificò ulteriormente questo schema, fino a ridurlo a 43 suoni nell’ottava, sistema denominato monophonic fabric in PARTCH 1974, pp. 133-35: 1/1, 81/80, 33/32, 21/20, 16/15, 12/11, 11/10, 10/9, 9/8, 8/7, 7/6, 32/27, 6/5, 11/9, 5/4, 14/11, 9/7, 21/16, 4/3, 27/20, 11/8, 7/5, 10/7, 16/11, 40/27, 3/2, 32/21, 14/9, 11/7, 8/5, 18/11, 5/3, 27/16, 12/7, 7/4, 16/9, 9/5, 20/11, 11/6, 15/8, 40/21, 64/33, 160/81, (2/1) 42 Ibidem. 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 297 La simmetria di questa scala è perfettamente bilaterale e ha come asse i due intervalli 7/5 e 10/7. Le ampiezze intervallari tra i diversi gradi della scala, a partire da questi due punti centrali, sono: 12/11, 121/120, 100/99, 81/80, 64/63, 49/48, 36/35, 55/54, 45/44, 56/55, 99/98, 28/27, 33/32, 56/55, (intervallo 7/5) 50/49 (intervallo 10/7), 56/55, 33/32, 28/27, 99/98, 56/55, 45/44, 55/54, 36/35, 49/48, 64/63, 81/80, 100/99, 121/120, 12/11. C’è una grande ricchezza di ampiezze, se si prescinde dalla loro ripetizione a ritroso. Le combinazioni dei 43 suoni producono ben 340 intervalli diversi. Partch calcola infatti 42 × 43 intervalli = 1806 da cui, sottraendo le ripetizioni, si ottiene 340.43 Durante il periodo 1930-33 Partch continuò a sperimentare diversi sistemi di notazione. Dopo alcuni sistemi che ci rimangono sconosciuti, intrapresi nel decennio precedente, egli approdò all’uso delle frazioni numeriche derivante, è ovvio, dall’esigenza di annotare con esattezza il valore degli intervalli in intonazione giusta. A questi numeri sono aggiunti alcuni segni integrativi.44 Per ammissione dello stesso compositore, questo sistema (come nel caso della notazione numerica di Carrillo) non offre il conforto di una visualizzazione grafica che riproduca il movimento delle altezze, come nella notazione tradizionale. A questi inconvenienti Partch cercò di ovviare successivamente con una notazione approssimata su pentagramma, integrata dai valori esatti dell’intervallo espressi in forma frazionaria. Tentò anche soluzioni più complesse, utilizzando per esempio un rigo musicale a 18 linee; ma all’inizio degli anni ’40 tornò a preferire una notazione espressa prevalentemente con rapporti frazionari, integrata da indicazioni aggiuntive per gli interpreti. A spingerlo verso questa soluzione fu anche la necessità di adattare la notazione a un crescente numero di strumenti autocostruiti che egli impiegava nelle sue opere. Nel caso delle parti vocali, spesso le indicazioni frazionarie furono integrate dai valori approssimati delle note sul pentagramma come nelle trascrizioni degli Eleven Poems by Li Po e dei Six Poems by Li Po del 1962. Nel trascrivere queste opere del 1933, Partch le adeguò al suo nuovo sistema a 43 suoni nell’ottava, mantendendo l’organico originario: voce e viola adattata.45 Verso il 1940, il compositore fissò 43 Cfr. PARTCH 1974, pp. 154-56 e 461-63. Cfr. GILMORE 1992, p. 106. 45 Erroneamente, nel retro del frontespizio dell’edizione Schott degli Eleven Poems (PARTCH 2001), sono riportati nell’organico due voci e il chromelodeon, strumento costruito nel 1942: in pratica, un armonium a intonazione giusta nel sistema a 43 suoni nell’ot44 298 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA definitivamente la monophonic fabric, che però avrebbe in futuro disatteso nella pratica compositiva. Se nella versione finale del suo trattato, edita nel 1974, il nome di Novaro continua a mancare, il teorico messicano — a quel tempo dimenticato da tutti — è il più importante antecedente di Partch nella teorizzazione sistematica di sistemi a intonazione giusta innovativi che andassero oltre le ricerche ottocentesche di Helmholtz e dei teorici inglesi. 7.1. Il dibattito sull’intonazione giusta (1936-50) Nel periodo che va dalla fine degli anni ’20 alla prima metà del decennio successivo, le competenze dell’acustica vennero definitivamente ridisegnate, anche grazie all’impiego massiccio delle risorse elettroniche.46 Intorno al 1930 vennero avviati i primi studi scientifici sui sistemi di accordatura e intonazione grazie al lavoro di alcuni musicologi-matematici, che permise di sfatare vari luoghi comuni e di ampliare le anguste prospettive in questi ambiti della teoria musicale vigente;47 maturò anche un approccio più organicamente storico-critico, caratterizzato da uno spoglio sistematico della trattatistica musicale. Nel corso dell’Ottocento, il problema delle accordature era stato affrontato secondo due prospettive principali, assai lontane tra loro: da un lato la manualistica pratica per accordatori, dall’altro la dimensione militante dei teorici dell’intonazione giusta che, pur senza trascurare le incursioni storiche, propendevano per un approccio scientifico o che comunque facesse ricorso alla matematica e alla fisica. Si trattò di una prospettiva nuova, che non intendeva privilegiare alcun sistema di accordatura, anche se ciò non impedì a qualche studioso di prendere posizione sull’attualità o su alcuni sistemi rispetto ad altri, a prescindere dal contesto storico. A riaccendere tava con un estensione di 3 ottave e mezza (cfr. PARTCH 1974, pp. 69 e 207-08). Questo strumento era usato da Partch per aiutare il cantante a memorizzare gli intervalli durante le prove, ma non era destinato all’esecuzione. Infatti la notazione della voce è duplicata e il ms. reca all’inizio le indicazioni “voice in ratio notation” e “voice in Chromelodeon notation”, segno quindi che si tratta di una duplice notazione per la stessa parte vocale. 46 Tra i testi del ventennio 1920-30 vanno ricordati SABINE 1927, FLETCHER 1929, RICHARDSON 1929, BEATTY 1932, DAVIS 1934, LLOYD 1937. Fondamentale e accademicamente longevo è MORSE 1936, riedito fino al 1981. 47 Per dare conto della recezione generale dei problemi relativi ai temperamenti in questo periodo, sono più utili i libri di acustica divulgativa di quelli di didattica musicale in senso stretto. Nei primi è spesso presente un accenno all’argomento dei temperamenti, non di rado trattato per sommi capi e senza eccessive pretese storiche. Un esempio è ostituito da BUCK 1918, che raffronta i temperamenti mesotonici a quello ben temperato. 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 299 il dibattito contribuì l’uscita di alcuni saggi, in particolare quelli di Yasser e Partch, che proponevano un sistema sperimentale e quindi nuovo, anche se il cuore del dibattito su accordature e temperamenti si rivolse al repertorio. Le ampiezze intervallari di un brano del periodo barocco o rinascimentale non erano un dato così incontestabile: si rendeva necessaria una più accurata e sottile interazione tra il passato, il sistema di riferimento del compositore, e il presente della sfera esecutiva. Le teorie di Partch e Yasser furono criticate da almeno due studiosi di diversa formazione: Murray Barbour (1897-1970), musicista, musicologo e acustico statunitense e Llewellin Lloyd (1876-1956), fisico, acustico e musicista dilettante britannico. Entrambi presero di mira l’attività di quelli che Lloyd definì “teorici” tra virgolette, ovvero i propugnatori dell’intonazione giusta. A essere particolarmente bersagliato fu Ellis, mentre Lloyd dimostrò un grande rispetto per Pole e ovviamente per Helmholtz. Ma lo studioso inglese era persuaso che, in generale, la teoria musicale ospitasse troppo spesso elementi pseudo-scientifici:48 quello del temperamento equabile è un mito49 e lo sono anche le suddivisioni equabili della musica antica;50 inoltre, «è necessario distinguere attentamente tra gli uomini di scienza e i “teorici”. Sono peculiari caratteristiche del “teorico” la nozione secondo cui il tessuto armonico sia derivato direttamente dagli ipertoni armonici di uno strumento musicale, e i suoi corollari sono una base fisica per la musica e una scala a intonazione fissa. Noi possiamo usare questi elementi per identificare lui (e le sue vittime), così come riconosciamo il leopardo dalle sue macchie».51 Nel 1932 Barbour discusse la sua dissertazione sul temperamento equabile, un punto di partenza per gli studi storici sull’argomento. Lo studio fu pubblicato soltanto nel 1951 e due anni dopo ne uscì una nuova edizione.52 Nel dibattito tra sistemi giusti e temperati microtonali lo studioso statunitense si schiera a favore di questi ultimi. Egli afferma infatti che le divisioni dell’ottava in 19, 31, 34, 53, 87, 118, 559 e 612 parti uguali consentono buoni risultati dal punto di vista acustico, ossia permettono di ottenere buone approssimazioni agli intervalli consonanti fondamentali.53 Barbour non manca di criticare l’applicazione dell’into48 LLOYD 1943-44. LLOYD 1940. 50 LLOYD 1946. 51 LLOYD 1940, p. 361. 52 BARBOUR 1932, 1951 e 1953. 53 Cfr. READ 1990, p. 150. 49 300 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA nazione giusta, affermando che «non esiste un sistema di intonazione che abbia le virtù popolarmente ascritte all’intonazione giusta».54 Anzi — What a curious thing just intonation is! — le sue considerazioni sono molto più drastiche; con questa esclamazione conclude un suo saggio con cui intendeva confutare quelli che considerava dei luoghi comuni sull’argomento: Non c’è stata un’età dell’oro dell’intonazione giusta, coincidente con l’età dell’oro della polifonia. Infatti è difficile credere che l’intonazione giusta sia mai stata praticata da qualche parte. Se è stata usata dai Tonic Sol-Faists [cfr. THOMPSON 1850] dell’Inghilterra vittoriana, si deve essere trattato di un anacronismo, per il fatto di non essere l’intonazione usata dai compositori della musica eseguita. L’intonazione giusta è sempre stata una meravigliosa teoria. I suoi devoti sono sempre provenuti principalmente dai ranghi dei mistici e dei filosofi — matematici che non sapevano la musica e musicisti che non sapevano la matematica. Può essere ottenuta pienamente in una qualche quarta dimensione acustica. La necessità dell’uomo pratico la riconosce per quello che è e la tiene fermamente al suo posto, nascosta in un libro di fisica.55 La tesi dottorale di Barbour era stata studiata nella biblioteca di Ithaca, prima dell’uscita del libro, da Partch che l’intonazione giusta aveva tirato fuori dai libri di fisica da almeno tredici anni e in maniera piuttosto appariscente. Quando uscì Genesis of a Music, nel 1949, era prevedibile che la recensione del libro, debordante di rapporti frazionari, toccasse ai pochi specialisti del ramo piuttosto che a un paladino della musica contemporanea. Barbour recensì il volume, la cui parte finale è definita una spigliata storia dell’intonazione; molto del materiale è stato preso da uno studio che la modestia impedisce di nominare, come da una discussione delle teorie sull’intonazione di Schoenberg, Cowell, Hindemith e Krenek, di alcune divisioni equabili come quelle di Yasser e Bosanquet, e dall’intonazione giusta di Colin Brown, Perret e Kathleen Schlesinger.56 La maggior parte del materiale storico relativo ai temperamenti era estrapolata dal lavoro di Barbour e Partch non mancò di accennare alla sua provenienza.57 Per Barbour, però, il punctum dolens del trattato non era tanto lo zibaldone storico, quanto piuttosto il sistema di Partch, descritto in questi termini: 54 BARBOUR 1938, p. 48. Ivi, pp. 59-60. 56 BARBOUR 1950, p. 132. 57 Cfr. PARTCH 1974, p. 375n. 55 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 301 Essenzialmente, questo libro è il resoconto della rinuncia dell’autore alla musica convenzionale in favore della monophony, un sistema che contiene 43 intervalli irregolari, ma arrangiati simmetricamente all’interno del 2/1 o ottava. Questi intervalli sono formati da rapporti che non hanno fattori primi più grandi di 11.58 Lo studioso si concentrava poi sulla filosofia del compositore statunitense, pericolosamente vicina a quella dei teorici ottocenteschi: La santità dei rapporti frazionari di numeri piccoli è la pietra angolare del suo sistema. Questi rapporti sono sempre considerati in due modi: come rapporti di frequenza, come nella serie degli armonici, e come rapporti frazionari della corda vibrante, come sul monocordo. Siccome l’una è reciproca dell’altra, la scala necessariamente diviene simmetrica. Per esempio, se Do è la nota-chiave o 1/1, e 5/4 rappresenta il Mi, la odentity (‘o’ sta per over) e implica anche 4/5 o La bemolle, la udentity (‘u’ sta per under).59 Il sistema di Partch, nota Barbour, prende le mosse da una intonazione giusta limite 5 con una scala di 7 suoni, espanso fino a un sistema di 13 suoni che include intervalli che vanno dal comma sintonico, pari a 81/80 o 22 cent, al tono maggiore, 9/8 o 204 cent. La scala a 29 suoni di Partch comprende fino all’armonico 11 che, nella tromba naturale, corrisponde a un suono intermedio tra Fa e Fa8. Il punto di approdo è la scala a 43 suoni nell’ottava, in cui l’intervallo maggiore è 45/44 (39 cent, ca. 1/5 di tono), il più piccolo 121/120 (14 cent o 1/14 di tono). Barbour osserva che «il rapporto frazionario di ogni intervallo in ciascuna delle quattro scale realizza l’ideale tolemaico della superparticolarità, ossia di avere un numeratore che eccede di uno il denominatore».60 Lo studioso afferma prudentemente che è difficile valutare le teorie di Partch senza aver ascoltato da lui una spiegazione del sistema attraverso le sue opere. In parte, Partch dette ascolto a questa istanza e nella seconda edizione del libro, del 1974, aggiunse la spiegazione di sei suoi lavori.61 Dopo essersi in qualche modo giustificato per il fatto di non aver indagato il versante compositivo, nella sua recensione Barbour si concentra sulla teoria di Partch, asseverando che Certamente il suo sistema contiene molte debolezze e assurdità. La simmetria degli intervalli invertiti non è il sine qua non di una scala soddisfacente né gli intervalli superparticolari sono importanti eccetto che come 58 BARBOUR 1950, p. 131. Ivi, p. 132. 60 Ibidem. 61 PARTCH 1974, pp. 320-57. 59 302 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA omaggio ai Greci. Anche se i Greci, pur utilizzando invero intervalli più piccoli dei semitoni giusti, non usarono più di due intervalli superparticolari in successione. Per loro, una scala di 43 microintervalli sarebbe stata un’abominazione.62 Con le sue affermazioni, Barbour non si rende conto di percorrere una strada perigliosa: è come se si rimproverasse l’uso di una scala pentatonica per l’assenza di una sensibile. Barbour fatica a distinguere i compiti della storia da quelli dell’acustica musicale, con un retrogusto di evoluzionismo ottocentesco, e si sofferma volentieri sui numerosi problemi che l’applicazione dell’intonazione giusta comporta. Una critica del genere alla just intonation manifesta tutta la sua inconsistenza, perché pretenderebbe di aggredire con argomenti scientifici un sistema teorico costruito da un artista. Vale la pena elencare altri argomenti addotti da Barbour. Egli sostiene che si è sempre portati a sospettare coloro che dicono di possedere un udito straordinariamente acuto.63 In merito alle complicazioni nell’applicare l’intonazione giusta, Barbour ricorda che Ellis ammetteva la difficoltà di accordare sugli strumenti persino la terza maggiore giusta, 5/4: Ammettiamo, comunque, che le ance [del chromelodeon, lo strumento che Partch usava come punto di riferimento] siano state accordate perfettamente e che le 72 corde della kithara [altro strumento inventato da Partch] siano state accordate con esse. Che cosa impedisce ad alcune corde dall’essere più tardi scordate di uno o due battimenti? Se ciò accade, i sacri rapporti della monophony vengono totalmente compromessi. Il temperamento, in cui non ci sono rapporti puri, può assorbire facilmente leggeri errori senza danni.64 In realtà, il problema della scordatura è di ordine generale e riguarda anche le accordature temperate. Barbour rileva poi il problema della voce, la quale avrà il vibrato e tutte le altre deviazioni dall’intonazione regolare esplorate da Seashore e i suoi colleghi, i quali effettivamente impediscono ai cantanti di raggiungere l’ideale della monophony. Ma se il cantante, per cui il sistema fu originariamente sviluppato, non può eseguirlo, perché questo sistema dovrebbe esistere?65 62 BARBOUR 1950, p. 133. Ibidem. 64 Ibidem. 65 Ivi, p. 134. 63 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 303 Anche questo è un problema generale, non circoscritto all’intonazione giusta. Barbour commenta infine il fatto che Partch ha pensato il suo libro soprattutto per i compositori, affermando che il testo ha mancato questo obiettivo e contiene molte complicazioni inutili, a cominciare dall’uso esclusivo dei rapporti frazionari in luogo degli intervalli tradizionali. Insomma Partch, secondo Barbour, rimane «impantanato nella massa della sua complessa teoria».66 Nella seconda edizione di Genesis of a Music, del 1974, Partch non mancò di replicare a Barbour, affermando che lo studioso era evidentemente favorevole al temperamento e contrario all’intonazione giusta. Per il compositore, Barbour sembra credere che pensare alle divisioni eguali del suono sia “moderno” e, come corollario implicito, che ogni forma di moderno pensiero sia sottosviluppata. Riguardo alla tastiera di [Giovanni Battista] Doni, egli scrive: “I risultati di queste ricerche, come quelle del generale Thomas Perronet Thompson e altri nel XIX secolo, erano condannati al fallimento, perché non è mai possibile avere a disposizione sufficienti tasti in just intonation per assecondare tutte le richieste dei compositori» [BARBOUR 1932, p. 196]. Quali richieste? E quali compositori? Esiste forse un sistema musicale che soddisfi tutte le richieste? Sfortunatamente, pochi compositori pongono la minima attenzione all’intonazione che hanno a disposizione e a quella che vorrebbero avere, ma l’ipotesi che quelli che veramente si preoccupano dell’intonazione siano unanimemente d’accordo è confutata dal presente lavoro.67 La recensione di Barbour alla prima edizione del testo di Partch segna il culmine di una polemica alimentata da vari studiosi nei confronti dell’applicazione musicale della intonazione giusta e delle ipotesi dei teorici inglesi dell’Ottocento.68 Per tentare di ricostruire questa diatriba bisogna rifarsi a una serie di articoli pubblicati tra il 1936 e il 1948, in cui è dibattuto l’uso musicale dell’intonazione giusta. In questo filone di indagine si distinsero, oltre a Barbour, Lindsay Norden e il già citato Lloyd.69 A contribuire alla riapertura del dibattito — nonostante il trattato di Helmholtz giocasse da sempre un ruolo cruciale — fu il libro di Yasser, in cui si trattava anche di intonazione giusta. Norden, da parte sua, difende l’intonazione giusta dal punto di vista dell’interpretazione del repertorio: 66 Ivi, p. 135. PARTCH 1974, p. 383n. 68 Un importante precedente di questa critica è costituito da PIERCE 1924 (cfr. §3.1). 69 Cfr. NORDEN 1936, BARBOUR 1938, LLOYD 1939, 1940 e 1943, BARBOUR 1948. 67 304 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Uno dei maggiori errori nella musica attuale è lo sforzo di insegnare la musica a cappella con l’aiuto di un pianoforte in temperamento equabile. Dopo varie prove con il pianoforte, il direttore elimina l’accompagnamento strumentale e il coro si trova in uno stato prossimo al caos. Ai cantanti sono stati insegnati intervalli falsi, ma si suppone debbano cantare con intervalli puri, perché tutta la musica a cappella deve essere eseguita in intonazione giusta.70 Secondo lo studioso «era impossibile, durante il regno dell’intonazione mesotonica, insegnare come oggi l’intonazione giusta per mezzo di una tastiera»,71 allusione a uno strumento inidentificabile a intonazione giusta. Se basta uno strumento a una tastiera per insegnare gli intervalli giusti più importanti di una tonalità maggiore o minore, con due tastiere si può anche modulare e aggiungere accordi cromatici a quelli diatonici. Il discorso di Norden sull’argomento è molto articolato e fondato su esempi.72 70 NORDEN 1936, p. 218. Gli unici intervalli davvero intonati sono quelli giusti, forniti dalla serie degli armonici, privi di battimenti. A meno di non essere determinata elettricamente, secondo Norden, l’accordatura degli strumenti effettuata contando i battimenti non può che essere approssimata. Si è visto che Novaro fu in grado di contare i battimenti con l’ausilio di alcuni strumenti meccanici. Per Norden, se con accuratezza si può ottenere un discreto risultato sugli strumenti, un coro a cappella non può contare i battimenti. Ciò significa che tutti i cori cantano sempre secondo un’intonazione giusta o comunque non temperata (cfr. NORDEN 1936, p. 220). La scala diatonica a intonazione giusta è per Norden la vera, fondamentale scala (cfr. ivi, p. 222). Il problema è, semmai, che molti musicisti contemporanei scrivono musica per coro avendo in mente il sistema temperato, per cui spesso realizzano progressioni accordali e modulazioni che non possono essere cantate correttamente a cappella (cfr. ivi, p. 224). 71 Ivi, p. 222. 72 Riassumiamo i punti fondamentali del saggio di Norden. La scala a intonazione giusta non va ricavata dagli ipertoni dall’8 al 16 (con omissione del 14 che sarebbe il “Si7 armonico”) perché questa scala ha valori diversi da quelli giusti. La scala diatonica giusta è costituita da una struttura portante formata dalle note Fa, Do, Sol e Re (in cui Fa è il generatore della scala pur non essendone la tonica) intonate per quinte, mentre i suoni rimanenti, La, Mi e Si, sono terze maggiori giuste di Fa, Do e Sol. Infatti una serie di quattro quinte a partire da Do genera una terza Do-Mi pari a 81/64, mentre la terza maggiore giusta è 80/64, ossia 5/4 (la differenza è pari a un comma sintonico, 81/80). Nella scala diatonica giusta si hanno tre triadi maggiori giuste (Do-Mi-Sol; Fa-La-Do; Sol-Si-Re), due triadi minori (Mi-Sol-Si; La-Do-Mi) una triade diminuita (Si-Re-Fa), una triade minore “grave” (Re-Fa-La). Quest’ultimo accordo è considerato minore nella teoria basata sul temperamento, ma deve essere impiegato in primo rivolto ossia nella forma FaLa-Re, poiché quest’ultima è in realtà non la forma rivoltata ma quella fondamentale. Ciascun accordo è allo stato fondamentale quando non può essere espresso in numeri più piccoli, ossia quando il rapporto frazionario più alto non può essere diviso per 2, non può cioè essere trasposto all’ottava inferiore: esattamente ciò che accade alla forma FaRe-La (cfr. ivi, p. 223-24). Neanche Do-Mi-Sol è un accordo allo stato fondamentale, 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 305 Nell’intonazione giusta, le differenze tra accordi maggiori e minori sono molto più marcate che nel temperamento equabile. In molte disposizioni dell’accordo minore si producono forti terze maggiori di combinazione che contrastano con l’accordo. Per questo, secondo Norden, gli accordi finali in minore furono a lungo evitati. La conclusione di Norden è che Noi udiamo l’intonazione giusta molte volte in accurate esecuzioni corali, da camera e orchestrali, ma non abbiamo riconosciuto questa cosa a livello perché secondo il criterio anzidetto è Sol-Do-Mi a soddisfare la non divisibilità del rapporto frazionario della nota superiore, anche se l’accordo maggiore allo stato fondamentale è l’unico in cui le due note superiori siano ipertoni della base dell’accordo, mentre i rivolti non soddisfano questo requisito. Per la questione dei due diversi Re che si ottengono dalla quinta ascendente di Sol e dalla quinta discendente di La, secondo Norden è necessario studiare attentamente il problema sul repertorio dei “vecchi maestri”, che precede l’instaurarsi del sistema temperato come punto di riferimento. I cantanti devono essere istruiti su come intonare questi diversi intervalli. Il temperamento equabile ha semplificato solo in apparenza la teoria musicale. Quando nella musica corale si modula da Do a Sol, non si trasforma soltanto il Fa in Fa8, ma si deve anche cambiare il La della nuova tonalità; i cantanti esperti compiono questa sostituzione, ma tutto ciò non rientra nella teoria musicale basata sul temperamento equabile. Norden fa diversi esempi di differenze intervallari in brani, accordi e scale diverse, differenze che il sistema ben temperato non contempla. Per esempio, afferma che la triade costruita sul settimo grado della scala minore non è una triade maggiore giusta, ma “grave”. Laddove la triade giusta possiede i rapporti 4 : 5 : 6, quella grave è 108 : 135 : 160, essendo la sua forma basilare il secondo rivolto della teoria musicale convenzionale. Il problema delle alterazioni non viene eluso. A seconda del sistema impiegato, comparando Do8 e Re7, si offrono diverse situazioni. Nell’accordatura pitagorica, Do8 (113.7 cent) è più acuto di Re7 (90.2 cent); in quella mesotonica Do8 (76.1 cent) è è più grave di Re7 (117.1 cent); nell’intonazione giusta dipende da come i due suoni vengono raggiunti, perché esistono almeno 4 diversi Do8 e 4 Re7 (cfr. NORDEN 1936, pp. 227-28). Norden esamina anche i suoni di combinazione dei bicordi e degli accordi dalla differenza delle loro vibrazioni. I suoni di combinazione, una volta prodotti reagiscono nuovamente con i suoni compresenti creando ulteriori suoni di combinazione. Se gli intervalli sono giusti, i suoni di combinazione preminenti vibreranno in simpatia con gli intervalli stessi, in particolare nel modo maggiore; altrimenti, daranno luogo a suoni discordanti. Come i teorici dell’Ottocento, Norden non manca di sottolineare che sul pianoforte questi fenomeni sono meno accentuati, ma l’organo, i cori a cappella e le orchestre li manifestano in modo più evidente. Norden prende in esame l’orchestra, mentre Ellis e altri avevano limitato il problema a singoli strumenti. Inoltre, sottolinea Norden — ed è la prima volta che viene compiuta un’osservazione del genere in rapporto ai temperamenti — anche in un organo intonato secondo il temperamento equabile, i registri misti sono in intonazione giusta (cfr. NORDEN 1936, p. 229). Ogni intervallo dunque appare “con i suoi satelliti”, i suoni di combinazione, per cui non è possibile classificare gli intervalli secondo il metodo della teoria convenzionale (consonanze perfette, imperfette e dissonanze), perché non c’è una frontiera marcata tra consonanza e dissonanza, ma il passaggio tra i due campi è graduale. Una situazione analoga esiste negli accordi, per cui a causa dei suoni di combinazione disso- 306 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA teorico. La teoria è rimasta molto distante dalla pratica. L’accordo di settima di dominante con la settima armonica (4 : 5 : 6 : 7), che risuona di frequente nelle esecuzioni non influenzate da strumenti ad altezza fissa, è completamente ignorata nei libri di teoria. Si tratta di un accordo meraviglioso, facilmente intonabile.73 Il saggio di Norden, breve ma esauriente, riaprì il discorso dell’intonazione giusta non già da una prospettiva sperimentale o teorica, ma da quella esecutiva, in particolare della musica corale a cappella. Le reazioni da parte dei paladini del temperamento non tardarono a manifestarsi. (Più tardi, Barbour ammise che l’intonazione giusta ebbe un uso limitato nel repertorio corale cinquecentesco).74 Barbour affronta il problema a partire dalla terminologia. La just o true o natural o fundamental intonation è a volte confusa con l’intonazione corretta, quindi non stonata, dell’interprete. L’intonazione giusta in senso tecnico è, secondo Barbour, mitizzata Con il corollario che il temperamento equabile è una deplorevole deviazione dai valori puri per il fatto di permettere a uno stesso tasto del pianoforte, per esempio, di avere la stessa funzione di Sol diesis e La bemolle. Le società corali e i quartetti d’archi, liberati dalla tirannia dell’intonazione fissa, si suppone usino intervalli giusti, interpretando così la musica come fu intesa dai compositori [evidente il riferimento a NORDEN 1936]. Questa concezione è essenzialmente falsa. Non esiste un sistema d’intonazione che possegga le virtù popolarmente ascritte all’intonazione giusta. Inoltre, come viene spesso definita, l’intonazione giusta è un sistema di accordatura molto limitato, ingombrante e insoddisfacente.75 È interessante seguire la rilettura del sistema a intonazione giusta effettuata da Barbour in questo saggio. La scala giusta è formata dall’unione degli accordi maggiori giusti di Do, Fa e Sol. Ciò non comporta automaticamente che anche le triadi minori della scala siano intonate: sono soltanto le triadi minori di La e Mi ad avere un’intonazione giusta, mentre la triade minore di Re non rispetta gli stessi rapporti ed è dissonante. Ma se il Re viene abbassato per rendere puro l’accordo di Re minore, ne deriva che l’accordo di Sol maggiore diviene impuro, un fenomeno osservato almeno a partire dal Rinascimento. Scrive Barbour: nanti i trattati musicali relativi al sistema temperato sconsigliano alcune disposizioni/raddoppi delle parti in accordi formalmente consonanti. 73 Ivi, p. 232. 74 BARBOUR 1948, p. 20. 75 BARBOUR 1938, p. 48. 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 307 In questo semplice schema di giusta intonazione delle triadi non trova posto nemmeno la più blanda dissonanza, l’accordo di settima di dominante. […] L’intervallo Sol-Fa avrà un rapporto 16/9, che è circa un comma più alto della settima naturale, che ha rapporto 7/4. Nell’intonazione giusta, come nell’accordatura mesotonica, una nota diesizzata è più grave della nota enarmonicamente bemollizata [Sol7 più acuto di Fa8]. Alcuni teorici insistono, quindi, sul fatto che l’accordo naturale di settima di dominante dovrebbe essere scritto Sol-Si-Re-Mi8, e che l’accordo di sesta aumentata dovrebbe avere un Fa! Ma almeno l’accordo di settima di dominante è stato ritenuto degno dell’intonazione giusta da alcuni teorici che hanno provveduto all’armonia settimale su strumenti appositamente costruiti, come lo harmonical sperimentale di Ellis, l’organo enarmonico teorico di Poole e l’organo elettrico pratico del dott. Thaddeus Cahill, il telharmonium. Joseph Yasser, che ha una concezione rigida e ristretta dell’intonazione giusta della scala diatonica, protesta fermamente contro l’attribuzione del valore naturale alla settima, per il fatto che essa in questo caso sarebbe così pura da non richiedere di essere risolta.76 Tra gli studiosi di intonazione giusta non vi è consenso unanime su quali altezze dovrebbero costituire gli accordi di settima e quali siano gli intervalli dissonanti in genere: Barbour accenna al problema, ma preferisce concentrarsi sulla gestione degli intervalli consonanti. Per un repertorio corale rinascimentale e semplici armonizzazioni di canti popolari, lo studioso ammette la possibilità di usare l’intonazione giusta con opportuni accorgimenti. In particolare, non può essere lasciata al caso la resa sonora dei due diversi Re. I cantanti devono infatti stabilire l’intonazione mediante una meticolosa analisi armonica: il Re dell’accordo di Re minore sarà un comma più in basso del Re che figura nell’accordo di settima di dominante. Barbour riconsidera la vecchia questione relativa alla fluttuazione dell’altezza della stessa nota nel caso in cui tutti gli accordi siano puri. Se la fondamentale dell’accordo si muove per quarte o per quinte non ci sono problemi, ma l’altezza del suono si abbassa di un comma al salire di una terza minore o al discendere di una terza maggiore. Se, viceversa, la fondamentale dell’accordo scende di una terza minore o sale di una terza maggiore la nota aumenterà la sua altezza di un comma. Solo «se nel corso di una composizione i movimenti ascendenti sono esattamente bilanciati da quelli discendenti, l’altezza finale sarà la stessa».77 Si tratta di casi rari. Inoltre, si chiede l’autore, sono in grado i cantanti di intonare gli intervalli melodici un comma (1/9 di tono) più in alto o più in basso per preservare l’armonia pura? Barbour cita Helmholtz, convinto che gli 76 77 Ivi, p. 49. Ivi, p. 50. 308 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA intervalli naturali suonassero davvero naturali a orecchie incorrotte, che fosse più facile cantare secondo intervalli naturali piuttosto che temperati e «la cui marcata preferenza per l’intonazione giusta causò un ritorno di interesse per essa nel secondo Ottocento».78 Afferma poi che «diversi studi sperimentali del XIX secolo relativi alla percezione e intonazione degli intervalli soffrirono delle limitate osservazioni e della crudezza degli apparati di verifica».79 Alcuni esperimenti condotti all’Harvard Psychological Laboratory da Brues80 con i quarti di tono e alla University of Washington con 48 intervalli di ampiezza non superiore a poco più di una quinta avrebbero confermato che da parte degli ascoltatori non esiste alcuna preferenza particolare né per gli intervalli giusti, né per quelli in temperamento equabile.81 Oggetto comune dei due studi è la fusione degli intervalli musicali: i risultati di questi studi confermano per Barbour che la fusione migliore non è data dagli intervalli giusti, quelli in cui i battimenti sono assenti, come pensava Helmholtz, bensì da intervalli in cui sono presenti fino a 10 battimenti al secondo.82 Giustamente, Barbour sottolinea la fondamentale differenza che separa la ricerca di laboratorio connessa al metodo statistico da un ascolto effettuato in una sala da concerto. Gli esperimenti di Seashore83 si focalizzarono sul vibrato nella voce e dimostrarono che esso è costantemente presente nell’interpretazione, mediamente con oscillazioni di circa un semitono (1/4 di tono sotto e sopra la nota prodotta). Altre oscillazioni di altezza esaminate da Seashore riguardano i portamenti e le inflessioni d’attacco, di cui lo studioso statunitense aveva calcolato i valori medi statistici: «Sebbene in senso fisico i cantanti non siano mai intonati, in un altro senso, quello percettivo, essi vengono percepiti come intonati»84 perché «c’è una fusione di stimoli, l’orecchio automaticamente corregge piccoli errori nella percezione e il risultato è un prodotto artistico che possiede calore e 78 Ivi, p. 51. Ivi, p. 52. 80 BRUES 1927. 81 GUTHRIE – MORRILL 1928 verificarono con ben 753 studenti che la migliore fusione intervallare si ottiene con una terza maggiore prossima a quella temperata, 2/3 di comma più alta di una terza maggiore giusta. Anche i valori preferiti per la quinta e la terza minore sono innalzati di valori simili. 82 Anche Ellis aveva sottolineato l’inattendibilità dell’orecchio in presenza dei battimenti, ma non fino al punto di rimettere in discussione il valore fondamentale degli intervalli giusti. 83 cfr. SEASHORE 1932, 1936 e 1937. 84 SEASHORE 1937. 79 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 309 flessibilità che un suono irremovibile a un’altezza fissa non possiede».85 Questa salutare mancanza di precisione viene fornita da Barbour come prova patente che «distrugge il mito che i cantanti facciano davvero uso o possano usare l’intonazione giusta».86 Discorsi simili si applicano agli strumenti ad arco. I violinisti propendono per l’intonazione pitagorica, sebbene possano temperare di poco gli intervalli, come suggeriva Rameau, specialmente suonando assieme a strumenti temperati. In ogni caso, secondo Barbour, gli archi gravitano attorno alla sfera pitagorica anche perché in generale si tende a elevare le terze, oltre al fatto che l’accordatura è per quinte giuste.87 Le trombe e i corni naturali sono ovviamente in intonazione giusta, ammette Barbour, ma hanno possibilità limitate dal punto di vista intervallare. Per quanto riguarda gli strumenti a tastiera, un secondo Re si renderebbe necessario per la scala diatonica laddove, per una scala cromatica, servirebbe un gran numero di suoni per ottenere i rapporti giusti: in qualsiasi caso, la perfezione non è mai raggiunta. Barbour ricorda i tentativi di Zarlino e Salinas, concludendo che il “parfait diapason” a 31 suoni per ottava di Mersenne è il «deprimente memoriale delle insaziabili richieste dell’intonazione giusta»;88 riconosce poi il merito di alcune esperienze dei teorici ottocenteschi, in particolare di certi strumenti con tastiera speciale, anche se ritiene (erroneamente) che nessuno di questi strumenti sia sopravvissuto.89 E afferma: È un assioma della teoria dell’accordatura che, se tutte le note nell’ottava devono essere impiegate in tutte le possibili relazioni armoniche, la divisione più efficace sia quella equabile. Il temperamento equabile è superiore a qualsiasi altro sistema di divisione delle dodici note. Se si desiderano terze più pure di quelle del sistema ben temperato, il numero di parti equabili si può accrescere a 19, 22, 31, 34, 41, 43, 50 e 55; queste sono le divisioni sostenute dai teorici. La migliore divisione equabile, con terze e quinte praticamente perfette, è quella di 53 note nell’ottava di Bosanquet, applicata alla sua “tastiera generalizzata” di 84 tasti nell’ottava.90 L’asserzione che nella musica pre-bachiana si fosse davvero impiegata l’intonazione giusta, per Barbour non trova riscontro alcuno nella tratta85 BARBOUR 1938, p. 55. Ibidem. 87 Cfr. ivi, p. 56. 88 Ivi, p. 57. 89 Cfr. ibidem. Più correttamente, ma con analoga impellenza di accantonamento, LLOYD 1943, p. 136 afferma che questi strumenti sono diventati esemplari da museo. 90 BARBOUR 1938, p. 58. 86 310 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA tistica. Una posizione di analogo ridimensionamento dell’intonazione giusta, con particolare riferimento alla teoria della consonanza di Helmholtz e agli studi sulla percezione auditiva, è perseguita da Lloyd, il quale sottolinea i limiti di un approccio esclusivamente numerico agli intervalli91 e il fatto che le scale sono create dai compositori,92 non dai teorici. Lloyd appartiene a quella schiera di scienziati che nel trattare la relazione tra scienza e musica tende a dare la precedenza agli aspetti artistici. La sua posizione sull’uso dell’intonazione giusta, definito «temperamento giusto»,93 si chiarisce meglio in un articolo del 1940. La considerazione dei fattori percettivi nell’affrontare il problema degli intervalli e dei sistemi di intonazione appare all’autore ineludibile. Egli tiene conto delle più recenti acquisizioni nel campo della ricerca sulla percezione, ribadendo l’inutilità di un approccio esclusivamente numerico al problema e disapprovando l’attività di alcuni “teorici”. Lloyd evidenzia l’uso maldestro dell’armonia da parte di Ellis, allorché questi deve spiegare l’applicazione pratica del suo sistema alla musica di repertorio: nel dettaglio, vengono stigmatizzati i quattro errori nell’uso dell’accordo di quarta e sesta nell’armonizzazione dell’inno nazionale britannico.94 Inoltre, la sua traduzione del Lehre von den Tonempfindungen helmholtziano sarebbe stata viziata da alcuni travisamenti, in particolare in merito all’arbitraria introduzione del termine just intonation. Arbitraria fino a un certo punto, va subito precisato, perché è innegabile che Helmholtz sia stato un propugnatore dell’intonazione giusta. Ellis è accusato da Lloyd di essersi garantito una fortuna postuma ricavandosi un posto nel trattato di Helmholtz. Lloyd accenna anche alla dotazione dei laboratori di acustica ai tempi di Ellis, affermando che le uniche risorse erano un armonium attentamente intonato e un udito eccezionalmente acuto. Le cose non stavano proprio così; comunque lo scienziato britannico ha ragione quando afferma che all’epoca l’orecchio era la guida principale per tutti gli esperimenti di acustica. Sull’attività dei “teorici”, Lloyd propone anche una riflessione di carattere generale: Il problema dell’accordatura è, essenzialmente, un problema di fisica acustica. La conoscenza che noi possiamo aver guadagnato non ci equipaggia, comunque, per il trattamento degli equivoci dei “teorici”, i quali continuano a fare altri calcoli relativi alle vibrazioni corrispondenti ai suoni musicali che ascoltiamo e non tengono conto del potere dell’orecchio di stimare 91 Cfr. LLOYD 1939, p. 366. Cfr. ivi, p. 372. 93 Cfr. LLOYD 1940, p. 350. 94 LLOYD 1943, pp. 139-40. 92 7. ALLE ORIGINI DELLA MONOPHONY DI PARTCH 311 gli intervalli musicali in circostanze musicali variabili. Ammettendo che il “teorico” sappia di scienza più di noi, […] siamo turbati quando ci viene detto che la musica degli ultimi duecento anni si fonda su una base falsa perché (come il “teorico” adduce) è stata composta in temperamento equabile, o che il temperamento equabile è implicito nello scambio enarmonico o che la scala semitonale a 12 note dei compositori moderni può essere spiegata soltanto con il temperamento equabile. Otteniamo la conclusione che ci sia una sorta di conflitto tra scienza e musica, e decidiamo che qui ci sono insondabili misteri e che è meglio aderire alla musica.95 A sostegno delle sue affermazioni, Lloyd porta esempi da Bach e Brahms, dimostrando che alcuni passaggi musicali, in un’ottica rigida di temperamento equabile, sarebbero sbagliati.96 La scienza moderna non aiuta i “teorici”: in laboratorio è stato dimostrato che le altezze delle scale eseguite da un violino non accompagnato oscillano e che per un interprete non vincolato a uno strumento ad altezza fissa è impossibile riprodurre esattamente i rapporti del temperamento equabile. Neanche l’accordatore di pianoforti accorda esattamente lo strumento secondo la formula del sistema ben temperato (cfr. §2).97 Nel Settecento francese la teoria della consonanza si era spostata dal terreno metafisico a quello fisico; il lavoro di Helmholtz costituisce un ulteriore passo in avanti, perché il problema si sposta dalla fisica alla fisiologia: «Il “teorico” che ancora derivi la sua scala e la sua armonia direttamente dagli ipertoni armonici degli strumenti musicali trascura tutto ciò che la scienza ha scoperto riguardo all’ “udito” fin dai tempi di Rameau».98 Si è visto (cfr. §2) che l’assetto dei sistemi giusti è contrassegnato da un consistente tasso di arbitrarietà creativa e che la serie degli armonici da sola non può fornire una scala. Anche la formula di riferimento del temperamento equabile costituisce un modello, spiccatamente artificiale, adattato a diverse situazioni strumentali e non applicato rigorosamente dagli interpreti di strumenti a intonazione variabile, almeno nei termini di una misurazione di laboratorio. La critica di Lloyd coinvolge anche la teoria di Yasser, al quale però è riconosciuto il merito di aver modellato la sua teoria sui principi di una vera concezione musicale e di un’arte in costante mutamento. Se il modello intervallare degli armonici fosse così importante «da molto tempo i compositori avrebbero smesso di scrivere per qualcosa di così aspro e 95 LLOYD 1940, pp. 350-51. Cfr. ivi, pp. 351-55. 97 Cfr. ivi, pp. 355. 98 Ivi, p. 360. 96 312 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA grezzo come l’orchestra. Il loro genio li avrebbe spinti a esplorare, invece, le vaghe bellezze di un consort di ocarine, per il fatto che le note prodotte dall’ocarina sono praticamente un suono puro [forma d’onda sinusoidale]».99 99 Ivi, p. 361. UNA DOMANDA CONCLUSIVA In varia misura, gli autori qui presi in considerazione riposero una discreta fiducia nello sviluppo futuro delle tecniche musicali in direzione microtonale. Carrillo, Novaro, Yasser, e anche Ives, erano persuasi che ci sarebbe voluto del tempo per intaccare il predominio del sistema temperato. Partch fu troppo cosciente della sua individualità nella sperimentazione di sistemi giusti per auspicarne una diffusione rapida e condivisa. Tutti, in fondo, ebbero l’idea che la musica nei tempi a venire si sarebbe arricchita o sarebbe stata resa più “giusta”. Si sarebbero potute esprimere così emozioni più intense, sottili e variegate. Come in tutte le idee utopiche, anche questo rimando a tempi futuri, indubbiamente migliori, nasconde un serio imbarazzo per le vicende presenti. Coloro che osarono adottare sistemi di organizzazione intervallare costruiti in antitesi alle sfere di influenza del sistema ben temperato si trovarono a tirar su le tende o almeno a compiere un’escursione, in quasi perfetta solitudine, in un mondo sonoro alieno e sconfinato, un wild west o altiplanicie dell’immaginazione: tutti autori, anche il profetante Yasser, anzi soprattutto lui — perché un oracolo non deve mai essere troppo chiaro — ben coscienti che una grammatica degna di questo nome si può costruire con o dopo le opere, non prima. Da qui discende la drastica limitazione dei compiti della teoria, in Novaro, Carrillo e Partch: anche perché la delineazione delle basi (gli intervalli) assorbe ogni sforzo. Nel cuore d’Europa, al contrario, a Hába e Wyschnegradsky urge l’approntamento di prescrizioni armoniche. Con l’eventuale stesura di un brano, dopo aver risolto non pochi problemi, si profilano i tratti del più importante avversario dell’uso musicale dei microintervalli: l’ascoltatore. Per quanto una statistica sulle preferenze del fruitore medio — lo sappiamo da Adorno, ma lo si verifica tutti i giorni — possa condurre alla delineazione di una creatura dalle fattezze mostruose e alla commercializzazione di prodotti ad hoc ancora più raccapriccianti che, in regime di monopolio quasi totale, vengono comunque venduti, e per quanto il complesso delle risposte di un pubblico possa apparire spiazzante, l’assenza dei microtoni dall’orizzonte auditivo del pubblico è un tema troppo ingombrante per non affacciarsi in corso d’opera alla mente degli autori. Ma è stata sufficiente la dedizione dei posteri? BIBLIOGRAFIA AA.VV, 1989: Carter. a c. di Enzo Restagno. Torino, EDT. AA.VV, 1995: “Novaro, Augusto”. Diccionario de música en México, a c. di G. Pareyón. 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INDICE ANALITICO 1/1, 1 (fondamentale), 21-3, 26, 28, 301, 34-5, 38, 46, 55, 75, 90, 96, 102-4, 136, 145, 147, 174-8, 1807, 189, 191, 200, 212, 215-24, 229, 236-7, 242, 244, 249, 252-4, 257-60, 283, 288-90, 293, 296, 301, 307 1/2, 223-4 1/3, 219, 223 1/4, 223-4 1/5, 223 1/6, 223 1/10 di tono, 29 1/72 di ottava (cfr. punto), 188, 191 2/1, 2 (ottava), 9, 21-2, 26, 28, 30, 1748, 182, 200, 212- 3, 215-7, 21924, 227-9, 232, 235-7, 239, 242-5, 252, 257-8, 259-61, 281, 283, 289, 293, 296, 301 12 ,  2 46 2/3, 21, 217, 219, 223-4 2/5, 223-4 2/7, 191, 223 2/72 di ottava, 191 3/1, 3 (ottava più quinta giusta), 216, 219, 221, 223, 236, 239, 260-1 3/2 (quinta perfetta), 9, 21-3, 25-6, 2832, 34-7, 145, 174-5, 176, 180-1, 182-7, 190-1, 212-3, 215-7, 219, 220-4, 227-9, 232-3, 235-7, 23944, 250, 252-3, 259-61, 276, 28990, 293, 296, 305 3/4, 26, 217, 221, 223-4 3/4 di tono, 42, 99, 100, 103, 133-4, 138-9, 156-7 3/5, 217, 223-4 3/7, 223 3/8 di tono, 135 3/11, 223 3/13, 223 3/16 di tono, 135 3/72 di ottava, 191 3/8, 223 3/8 di tono, 135, 138, 3  2 , 46, 228, 4/1, 4 (doppia ottava), 22, 26, 30, 175, 213, 216, 218, 220-1, 223-4, 236, 239, 251, 260-1 4/3 (quarta perfetta), 21, 28, 30-1, 34-5, 145, 174-6, 180, 182-7, 189, 191, 212-3, 215-7, 219-24, 227-9, 232, 235-7, 239-44, 250, 258-60, 289, 293, 296 4/5, 217, 223-4, 301, 304 4/7, 223-4 4/9, 223-4 4/13, 224 4/19, 224 4/72 di ottava, 191 4  2 , 46 5/1 (due ottave più terza minore), 46, 175, 218, 223, 236 5/3 (sesta maggiore limite 5), 30-2, 345, 75, 145-6, 174- 5, 178, 180, 183-8, 190-1, 216-7, 219, 220-4, 227-8, 235, 236, 239, 240, 241, 242, 243, 244, 250, 258-62, 289, 293, 296 5/4 (terza maggiore giusta limite 5), 212, 28-9, 30-1, 34- 5, 39, 44, 1456, 174-6, 178, 180-1, 183-6, 189, 191, 215-7, 219-24, 227, 235-6, 240, 242-4, 249, 252-3, 259-60, 330 289-90, 293, 296, 301-2, 304, 307-8 5/4 di tono, 93-4, 99, 100, 102-4, 113, 131, 133-6, 138-9, 154-5, 157-8 5/6, 217, 223-4 5/7, 223-4 5/8, 223-4 5/8 di tono, 135 5/9, 223-4 5/11, 223-4 5/13, 223 5/14, 224 5/16 di tono, 135 5/17, 224 5  2 , 46, 228 6/1 (due ottave più una quinta giusta), 175, 218, 223, 236 6/5 (terza minore limite 5), 18, 30, 33, 145-6, 175, 180-6, 189, 191, 215-7, 219-24, 227-28, 235-6, 239-44, 249, 259-60, 289, 293, 296 6/7, 223-4 6  2 , 46, 228 7/1, 175 7/2, 26, 223, 260, 7/3, 216, 219, 223, 260-1, 7/4 (settima minore limite 7), 7, 26, 35-7, 53, 145, 174-6, 180-1, 1836, 188, 190-1, 216, 222-4, 228, 239, 242-5, 250-1, 258-61, 289, 290, 293, 296, 306-7 7/4 di tono, 99, 100, 102-4, 133-4, 245 7/5, 35, 180-6, 189, 191, 215-6, 219, 222-4, 243-4, 250, 259-61, 28889, 293, 296-7 7/6 (terza minore limite 7), 18, 35, 175, 180, 183-6, 189, 191, 215-6, 219, 222-4, 228, 239-40, 243-4, 249, 258-9, 288-9, 293, 296 7/8, 223-4 7/9, 223-4 7/10, 224 7/11, 223-4 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA 7/12, 224 7/13, 223-4 7/16, 224 7/19, 224 7  1.5 , 233, 254 7  2 , 228 7-limit, v.intonazione giusta limite 7 8/1 (tripla ottava), 22, 213, 229, 8/3, 216, 219-21, 223, 260-1 8/5 (sesta minore limite 5), 30, 33-4, 145-6, 175, 180-6, 190-1, 216-8, 220-4, 227, 235-6, 240, 242-4, 250, 259-61, 289, 293, 296 8/7 (tono intero limite 7), 175, 180, 183-6, 189, 191, 217, 219, 222-4, 228, 239, 243-4, 246, 249, 254, 259-60, 288-9, 293, 296 8/9, 30, 223-4 8/11, 219, 224 8/17, 224, 237 8  2 , 228 9/2, 218, 229 9/3, v. 3/1 9/4, 216, 218, 220, 223-4, 260-1 9/4 di tono, 100, 103-4, 133-4 9/5 (settima minore grande limite 5), 33, 180-2, 185-6, 190, 216-7, 221-4, 228, 240, 242, 244, 250-1, 259- 61, 289, 293, 296 9/7 (terza maggiore limite 7), 35, 180, 185-6, 189, 217, 219, 222-4, 239, 243-4, 250, 258-9, 288-9, 293, 296 9/8, (tono intero pitagorico), 28-32, 35, 45, 145, 174, 176, 181, 1857, 189, 191, 215, 217, 219, 2214, 228-9, 237, 242-4, 246, 249, 252, 254, 259-60, 288- 90, 293, 296, 301 9/10, 30, 224 9/11, 223-4 9/13, 223 9  2 , 46, 228 INDICE ANALITICO 9-limit, v.intonazione giusta limite 9 10/3, 218-21, 260-1 10/7, 178, 180, 183-6, 190-1, 217, 222, 224, 243-4, 250, 259-61, 288-89, 293, 296-7 10/9 (tono intero minore), 29-32, 345, 178, 181, 185-6, 189, 191, 216-7, 221-2, 224, 240, 242-4, 246, 249, 254, 259-60, 288-9, 293, 296 10/11, 224 10/13, 224 10/19, 224 10  2 , 228 11/3, 218, 223 11/5, 216, 218, 223-4 11/6, 46, 180, 216, 228, 240, 250, 289, 293, 296 11/7, 180, 190, 223-4, 240, 258, 289, 296 11/8, 46, 145, 174, 176, 181, 190, 215, 218, 224, 240, 242, 244, 250, 289, 290, 293, 296 11/9, 18, 46, 181, 190, 216, 223-4, 240, 243, 249, 258, 288-9, 293, 296 11/10, 181, 215, 224, 228, 246, 254, 258, 288, 289, 296 11/12, 224 11/13, 223 11/14, 224 11/16, 190 11/17, 224 11/20, 224 11  1.6667 , 254 11  2 , 228 11-limit, v. intonazione giusta limite 11 12/5, 220, 221, 260, 261 12/7 (sesta maggiore limite 7), 243-4, 250, 258-61, 289, 293, 296 12/11, 46, 181, 191, 217, 224, 228, 249, 288-9, 293, 296, 297 12 , 232 1.990  12  1.991 , 232 331  1.992 , 232  1.993 , 232 12  1.994 , 232 12  1.995 , 232 12  1.996 , 232 12  1.9965 , 232-3 12  1.997 , 232 12  1.998 , 232 12  1.999 , 232 12  2 (sistema ben 12 12 temperato), 3, 5-6, 8, 14, 22, 25, 38- 41, 42-3, 56, 58, 97, 103, 115, 123, 127, 150, 188, 192, 199, 228, 230, 232-3, 239, 254, 266, 270, 298, 305, 309, 311, 313 13/3, 223 13/4, 216, 224 13/4 di tono, 133, 134 13/5, 216, 223 13/6, 218, 252 13/7, 180, 190, 223-4, 228, 240 13/8, 145, 174, 176, 181, 190, 240 13/9, 181, 190, 216, 223, 240, 250 13/10, 181, 215, 224, 228, 250, 258 13/11, 181, 223 13/12, 216, 228, 249 13/16, 224 13/19, 224 13  2 , 259 13-limit, v.intonazione giusta limite 13 14/5, 216, 224, 260, 261 14/9 (sesta minore limite 7), 181, 1856, 190, 216, 222, 228, 239, 243, 244, 250, 258-61, 289, 293, 296 14/13, 228 14/17, 224 14  2 , 251-59 15/8, (settima maggiore limite 5), 21, 30-1, 35, 145, 174, 176, 181, 185-6, 190, 217, 228, 242-4, 250, 260, 296 332 15/11, 181, 217, 296 15/13, 217 15/14, 191, 217, 293, 296 15/16, 30, 185 15  2 , 194, 251-59, 262 16/5, 260, 261 16/7, 224, 260-1 16/9 (settima minore piccola pitagorica), 251-2, 259-61, 289, 296, 307 16/11, 181, 244, 250, 289, 293, 296 16/13, 224 16/15 (semitono diatonico giusto limite 5), 30-1, 34-5, 181, 185-6, 189, 191, 216-7, 228, 242-4, 249, 251, 296 16/19, 224 16  2 , 173, 251-59 17/5, 216, 218, 224 17/8, 224 17/9, 181, 190, 237, 240 17/10, 181 17/11, 181, 224 17/12, 216, 229, 237 17/14, 218, 224 17/15, 216 17/16, 174 17/20, 224 18/5, 261 18/7, 261 18/11, 181, 243, 250, 258, 289, 293, 296 18/13, 250 18/17 (approssimazione al semitono temperato), 237 18 (terzi di tono), 4, 42, 58-60, 111, 2 142, 160, 238 19/4, 218, 224 19/4 di tono, 100, 102, 104, 133-4 19/7, 224 19/9, 216 19/10, 181, 224 19/13, 224 19/15, 216 19/16, 18, 174, 224 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA 2 19 (v. anche Yasser), 16, 194, 241, 263-78, 309 20/7, 261 20/9, 220, 260-1 20/11, 181, 224, 228, 289, 296 20/13, 228, 250 20/17, 218, 224 20th Century-Fox, 61 21/8, 260 21/11, 181, 296 21/16 (quarta limite 7), 174, 250, 296 21/17, 249 21/20, 185, 186, 189, 191, 239, 243-4, 249, 251, 258, 293, 296 22/15, 296 23/16 (armonico 23), 146, 174 22/21, 296 24/13, 228, 250 24/17, 228, 229, 237 24  2 (quarti di tono), 3-4, 6, 10, 12-5, 42-3, 49-50, 58, 60, 65-71, 73, 78-83, 85-86, 90-7, 100, 104-5, 107-9, 111, 117, 125, 130-7, 139, 141-4, 150, 152-6, 159- 63, 23839, 274, 285, 308 25/9, 220, 260-1 25/12, 260-1 25/14, 260-1 25/16, 33-4, 174, 260-1 25/18, 33-4, 221, 260 25/20, 191 25/24 (semitono cromatico giusto piccolo), 33, 146, 191, 249, 251, 296 25 ,  5 46 27/8, 220 27/14 (settima maggiore limite 7), 296 27/16 (sesta maggiore pitagorica), 28, 174, 229, 250, 293, 296 27/17, 228-9, 237, 252 27/20, 250, 296 27/25, 33 28/15, 293, 296 28/27, 296-7 INDICE ANALITICO 29/16 (armonico 29), 147, 174 29/25, 249 29  2 , 242-44 30  2 (quinti di tono), 239, 252 31/16 (armonico 31), 147, 174 31/25, 258 31  2 , 44-45, 47, 242-4, 278, 309 32/15, 260 32/21, 250, 260, 296 32/27 (terza minore pitagorica), 31, 34, 229, 249, 296 33/32 (armonico 33), 289, 293, 296-7 34/17, 229 34/21, 250 34/27, 228, 229, 237, 242, 251-4, 257 34  2 , 243-45 35/16, 260 35/18, 296 36/25, 33, 217, 221, 260 36/35, 296, 297 36  2 (sesti di tono), 4, 6, 9, 42, 58, 60, 177, 209, 239, 240, 241 37/25, 258 39/38, 249 40/21, 185, 186, 190-1, 239, 243-4, 250, 258, 293, 296 40/27 (quinta del lupo), 31-2, 250, 296 41/16, 229 41/27, 228, 251-4, 257 41  2 , 46, 244-5 42/25, 260 42  2 (settimi di tono), 177-8, 209, 239 45/32, 33 45/44, 296, 297, 301 48/25, 250, 260-1, 296 46  2 , 245-6 48  2 (ottavi di tono), 9, 42, 65, 80, 110, 130, 136, 143, 145, 152-3, 156, 240 49/16, 36, 260 49/25, 261 49/32 (armonico 49), 36 333 50/21, 261 50/27, 34, 260-1 50/29, 250 50/49, 296, 297 50  2 , 267 53  2 , 29, 45, 50, 89, 165-6, 188, 194, 203, 244-5, 246-9, 251, 261 53 ,  4 262 54/25, 260-1 54/41, 228, 252, 257 54  2 (noni di tono), 178, 209, 240 55/28, 296 55/54, 296, 297 56/25, 261 56/55, 296, 297 60  2 (decimi di tono), 179, 209, 240, 252 63/25, 261 63  2 , 244-5 64/25, 260-1 64/33, 293, 296 64/35, 260 64/49, 260 64/81, 304 65  2 , 187, 188, 245 68/41, 257 72/25, 261 72  2 (dodicesimi di tono), 209, 240-1 75/64, 33 76/39, 250 81/16, 220 81/25, 261 81/54, v. quinta giusta 81/64 (terza maggiore pitagorica), 28, 249 81/68, 228, 237 81/80 (comma di Didimo o sintonico), 29, 249, 296, 297, 301, 304 84  2 (quattordicesimi di tono), 209, 228, 240 87 ,88/45, 296 2 96/49, 296 334 2 96 (sedicesimi di tono), 12, 42, 50, 108, 109, 111-2, 115, 121, 133, 136-9, 141-2, 144, 150-3, 15963, 209, 238, 240, 267 99/49, 258 100/49, 261 100/63, 260-1 100/81, 34, 260 118  2 , 299 121/98, 258 124/81, 250 125/72, 33 128/81 (sesta minore pitagorica), 229 136/81, 228, 237 144  2 , 57 147/32, 36 147/128, 36 160/81, 250, 296 243/128 (settima maggiore pitagorica), 28 256/81, 229 256/243 (semitono diatonico pitagorico, limma), 28-9, 31, 45 559 2  , 299 612  2 , 299 1323/128, 37 1323/1024, 36, 37 1394/729, 257 1681/1458, 257 2187/2048 (semitono cromatico pitagorico o apotome), 29, 45 531441/524288 (comma pitagorico o ditonico), 29 N  2 , 42 A Abbey, Joseph, 49 Academia de Música Mexicana, 120 Academia de Nuevas Posibilidades Musicales, 120 Academy of Music, Philadelphia, 62 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA accordatore, 39, 43, 50, 206, 212-3, 311 accordatura, 3, 5, 6, 7, 15, 25-6, 28, 31, 36-7, 39, 40-1, 43, 50, 53, 57-9, 65, 76, 84, 115, 161, 165, 168, 170, 174, 179, 183, 195, 196, 201-6, 209, 211-3, 230-1, 233-4, 237, 239, 246, 248-9, 255-6, 261-2, 266, 276, 293, 298, 304-7, 309-10 accordo aumentato, diminuito, 46, 76, 100, 156, 159, 304 di nona, 76 di quarta e sesta, 310 di quinta diminuita, 76 di settima, 76 di settima di dominante, 35, 54, 154, 156, 306, 307 di settima diminuita, 154, 156-7 Acoustical Society of America, 58 Acuña, Jesús, 121 acustica, 130-1, 136, 165, 172, 193, 199, 201, 204-5, 208, 212, 283, 285, 290, 298, 302, 310 Adame, Rafael, 144 Preludio per chitarra a quarti di tono, 144 Capricho per chitarra a quarti di tono, 144 adapted viola, v. viola adattata Aeolian Hall, New York, 66, 80 aetherophone, v. anche theremin, 55 Africa, 11, 15, 57, 143, 150 Ahedo, María, 144 Alaleona, Domenico, 46 alternanza, 222 altoparlante, 51, 165, 166 America, 6-7, 50, 53, 61, del Nord, 6, 12, 15, 49 del Sud, 12 Latina, 17 America, 52 INDICE ANALITICO American Antiquarian Society, 49 American Music Guild, 62 American Piano Company, American Symphony Orchestra, 61 André Laguna, Santiago, 172 Antico Testamento, 282 Antillón Rossner, José, 172 Apel, Willi, 33, 34, apotome, semitono cromatico pitagorico, v. 2187/2048 Argentina, 198 Aristosseno, 40, 231 armonia cosmica, 32, 223 armonico (v. anche ipertono), 3, 14, 23-7, 33, 36-7, 39, 45-6, 54, 57, 71-4, 76-8, 82-3, 85-8, 90, 113, 115, 130-1, 133-7, 145-7, 166, 170, 173, 175, 178, 180-1, 186, 207, 223, 238-9, 253, 275, 283, 287-8, 290, 299, 301, 304, 311 armonium, 14, 40, 53, 84, 310 a intonazione giusta, 89, 297 a quarti di tono, 6, 13, 50 a sesti di tono, 6, 59 elettrico, 56 Armour Research Foundation, Illinois Institute of Technology, Chicago, 162 arpa a quarti di tono, 135, 162 arpa-cítara, 109, 119, 137, 141, 144, 152-4, 159, 162 da concerto, 160 arpa di König, 127, 137, 140 Ascencio, Manuel, 134, 144, 152 ascoltatore, 8, 10-1, 36, 47, 73, 95, 97, 159, 161, 253, 268, 280, 308, 313 Asia, 11, 150, 264 Atene, 137 Atlantide, 129 Auld Lang Syne, 52 Ayala, Daniel, 120 335 B Bach, Johann Sebastian, 231, 311 Baker, 205-6, 208, Baldwin, 197, 201 Ballets Russes, 144 Ballroom del Plaza Hotel, New York, 66 Baqueiro Foster, Gerónimo, 115, 11820, 123-4, 138, 140-42, 144-5, 147, 172, 198, 202, 211 Barajas, Manuel, 118 Barber, Samuel, 63 Barbizon Plaza, New York, 201 Barbour, Murray, 33, 36, 45, 277, 299, 300-3, 306-9 Barreda, Octavio, 121 Barth, Hans, 66, 69, 80-1, 264 Concerto per pianoforte quartitonale e orchestra, 81 Piano Quintet, 81 Suite per archi, ottoni e timpani, 81 Bartók, Béla, 9, 15, 36 Quartetto n. 6, 9 Barton, Edwin, 88 battimento, 25-6, 31, 41, 44, 87, 200, 201, 207, 212-3, 227-8, 231-7, 241-3, 249, 252-5, 274, 302, 304, 308 Bauer, Harold, 199, 201 Bauer, Marion, 62, 199, 208 Beethoven, Ludwig van, Trio in Do maggiore, op. 87 per due oboi e corno inglese, 54 Quartetti, 124 Sinfonia n. 9, 145 Sinfonie, 124 Belgio, 64, 107, 113, 124 Bell Telephone Laboratories, 7, 58, 63, 199, 205, 208 Benedetti, Giovanni Battista, 32 ben temperato (sistema) v. 12 2 Berliner, Emile, 51 336 Berlino, 53, 56, 59, 62, 68, 194, 222 Big Sur, 286 biān, 265 Binet, Alfred, 87 Blackwood, Easely, 18 Blitzstein, Marc, 62 blues, 15 Bosanquet, Robert Holford Macdowall, 29, 41, 45, 82-3, 85, 89, 183, 227, 245, 300, 309 Boston, 49 Boulanger, Nadia, 62, 68, 69 Boulez, Pierre, 19 Le visage nuptial, 9 Boxer (rivolta dei), 282 Brahms, Johannes, 124, 311 Brăiloiu, Constantin, 265 Branca, Glenn, 18 Brandt, Henry, 62 Bride White, William, Brisbane, Arturo, 196-97 British Library, 13, 285 Broadway, 61 Brues, 308 Bruxelles, 111, 137 Buenos Aires, 69 Busoni, Ferruccio, 6, 12, 58-60, 65, 67, 81, 126, 142, 143, 180-1 C Cagniard de la Tour, Charles, 7 Cahill, Thaddeus, 6, 7, 52-5, 59, 183, 307 California, 15, 64, 69, 281, 285-6 Campa, Gustavo, 169 campana, 23, 37, 79 Caraibi, 198 Carlos, Josefina, 144 Carlos, Marcelina, 144 Carlos, Santos, 144 Carlos, Wendy, 18 Carl Sauter, 111 Carnegie Corporation, 285 Carnegie Hall, New York, 62, 66, 202 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Carranza, Venustiano, 116, 133 Carrillo, Julián, 9-12, 15-9, 42, 47, 50, 60-4, 71, 76, 93, 107-63, 167, 169, 170-2, 182, 192, 193, 196, 200, 202, 209, 238, 241, 248, 252, 262, 264-5, 286, 297, 313 Ave Maria, per coro a quarti di tono e strumenti microtonali, 111, 144, 152-9 Berceuse, 116 e Novaro, 112-6 Capricho per viola in quarti, ottavi e sedicesimi di tono, 160 Concertino, 62, 160 Dos Bosquejos, 161 Dos Pequeños Cuartetos (Meditación, En secreto), per quartetto d’archi a quarti di tono, 161 Ensueño, 161 Estudios per chitarra a quarti di tono, 160 Estudios per chitarra a terzi di tono, 160 Estudios per violino in quarti di tono, 160 Fantasía ‘Impromptu’ (8 de Septiembre) per pianoforte e orchestra, 162 Fantasía Sonido 13 per orchestra a quarti, ottavi e sedicesimi di tono, 162 Génesis de la revolución musical del “Sonido 13”, 161 Hoja de Album per strumenti vari in quarti, ottavi e sedicesimi di tono, 144 Horizontes, 124 Impromptu, per due soprani in quarti di tono, tromba e arpa in sedicesimi di tono, 161 La Virgen Morena, per voci e strumenti in quarti, ottavi e sedicesimi di tono, 163 Murmullos, 161 INDICE ANALITICO Nocturno al Río Hudson (Misterioso Hudson) per grande orchestra in quarti, ottavi e sedicesimi di tono, 160 Ossian, 116 Preludio per viola in sedicesimi di tono, 160 Preludio per violoncello obbligato a quarti di tono e strumenti a quarti, ottavi e sedicesimi di tono, 144 Preludio a Colón, per soprano, violino, flauto, chitarra, octavina e arpa-cítara, 62, 113, 144, 153 Pre-Sonido 13, 161 Sesenta Estudios per qualsiasi strumento ad arco, 160 Sexteto per archi, 116 Sinfonia n. 1 in Re maggiore, 61, 116 Sinfonia n. 1 in Do maggiore, 116 Sinfonie “Colombia”, 160 Sonata, per chitarra a quarti di tono, 160 Sonata casi-fantasía, 62 Suite n. 1 per orchestra da camera, 116 Suite n. 2 per orchestra, 116 Suite n. 3, 162 Tema con variaciones per violino e pianoforte, 116 Tepepan, scena campestre per voci e arpa in sedicesimi di tono, 144, 153 Tres Estudios con quarti di tono per violino a tre corde intonate all’ottava, 160 Carrillo, María de los Dolores, 144, 153 Carter, Elliott, 4, 72 Casella, Alfredo, 173 cassa di risonanza (acustica, armonica, “di sperimentazione”, spiraliforme), 166, 168, 174, 182, 190, 196, 204, 211, 232, 247, 282 337 Castañeda, Daniel, 118-9, 120, 145-7, 168, 172, 198, 202, 209 CBS, 61 Celibidache, Sergiu, 121 cent, 3, 21-3, 270 Centeno, Refugio, 111 centitone, 270 cetra da tavolo (v. anche arpa-cítara), 110, 112, 248 Chalmers, John, 18, 169, 283 Chávez, Carlos, 17, 62, 64, 109, 114, 119, 120-4, 136, 138-41, 148, 170-1, 197, 202 HP, “Danza de los hombres y las máquinas”, 122 Tres exágonos, 122 Chicago, 161, 162 Chichicastenango, 67 Chickering Hall, 66 chimografo, v. kymograph chitarra, 112, 165, 182, 211 a quarti di tono, 109, 125, 131-5, 144, 152, 154, 156, 157-60 a terzi di tono, 160 in temperamento a 15 suoni per ottava, 194, 256, 257 Cristman, 197 Chu Tsai-Yü, 40 Cina, 15, 40, 282 Città del Messico, 49, 107-8, 112-3, 116, 118-9, 121, 126, 129, 131, 133, 138, 142-3, 148, 162, 165, 167-8, 172-3, 193, 196, 198-9, 202-4 Clapp, Philip Greeley, 206, 207, 208 clarinetto, 111, 144 a quarti di tono, 139 Cleveland, 161 cofondamentale, 178, 217-8, 220 Colombo, Cristoforo, 140 Colonna, Fabio, 44 Columbia Pictures, 61 Columbia University, 198 comma del lupo, 34 338 comma di Didimo, v. 81/80 comma ditonico, v. 531441/524288 comma pitagorico, v. 531441/524288 comma sintonico, v. 81/80 comma tolemaico, v. 81/80 Commodore 64, 7 Composers’ Collective, 62 Congregation Emanu-El, 295 Congreso Nacional de Música Primer, 119 Segundo, 119-20 Conquista, 68, 129 Conservatorio Nacional de Música de México, Città del Messico, 116, 119-20, 133, 142, 169, 202, 208 Conservatorio Real, Madrid, 198 consonanza, 28, 30, 35, 47, 73, 75, 90, 169, 180, 183, 219, 239, 288, 305, 310-1 contasecondi, 193, 234, 254 contrabbasso, 162 conversione cent-rapporti frazionari, 23 rapporti frazionari-cent, 22 rapporti frazionari-Hz, 23 Copland, Aaron, 62-4, 68, 69, 121, 123, 285 Dance Symphony, 69 Due pezzi per violino e pianoforte (con Duschkin), 68 Grohg, 69 Ukelele Serenade, 68 Vitebsk [Study on a Jewish Theme], per trio con pianoforte, 69 Copland-Sessions Concerts of Contemporary Music, 62 corda, 21, 22, 24, 27, 28, 30, 32, 35, 39-40, 44, 50, 70, 74, 77-8, 87-8, 117, 126-8, 130, 160-1, 165, 166, 168, 174, 179, 181, 182, 183, 189-90, 193, 195, 200, 207, 211, 217, 226, 231-2, 235, 236, 237, 248, 254, 256, 280, 289, 293, 296, 301-2 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA cornetta a sedicesimi di tono, 162 corporeality, 280 Couper Cooper, Mildred, 69-70, 79, 285 Dirge, per due pianoforti a quarti di tono, 70 Dirge, per violino e pianoforte, 70 Marco’s Millions (musiche di scena), 70 Rumba, per due pianoforti a quarti di tono, 70 Xanadu, 69 Couper, Richard, 69 Cowell, Henry, 11, 14, 18, 56-7, 614, 70-8, 84, 123, 167, 186, 194, 197, 199, 202, 266, 279, 283, 285, 290, 300 Concerto for Rhythmicon and Orchestra, 64 Crawford, Ruth, 62 Cruti, 141 Cuba, 159, 198 Cumpson, Henry, 199 D Dahl, Ingolf, 70 Damrosch, Frank, 202 Daniélou, Alain, 45 Darreg, Ivor, 18 Five Subminor Sketches, per violino a quarti di tono, 71 David Mannes Music School, 69 Davis, Harvey, 208 Debussy, Claude, 66, 124, 231, 263, 268 decimo di tono, v. 60 2 decitone, 270 de Forest, Lee, 51 Delgadillo, Luis, 118, 129, 130, 141 diapason, 87, 174, 200, 207, 213, 237, 248, 255 diatonico (sistema, scala), in Yasser (v. anche infra- supra- e ultra- diatonico), 264-6, 269, 270, 275 pitagorica, 28-32, INDICE ANALITICO naturale, 29, 31-3, 41, 174, 179, 289, 304, 307, 309 nel temperamento a 15, 256-7 diatonon syntonon, 30 Díaz, Porfirio, 109, 124, 129 disco (v. anche industria discografica), 12, 51, 111, 210 discordanza, 75, 90 dissonanza, 47, 73-4, 75, 90, 169, 180, 195, 305, 307 in Novaro, 183-4, 188, 219 in Yasser, 274, 276 quartitonale, 96, 134, 156 diteggiatura, 45, 54, 111, 134, 152, 161, 281, 293, 296 dodicesimo di tono, v. 72 2 Donaueschingen, 53 donovar, 165 Doty, David, 18 Du Bois Duddell, William, 51 Dublino, 285 duplo (sinonimo d’ottava), 112 Duschkin, Samuel, 68 dynamophone (v. anche telharmonium), 52, 59 E Echevarría, Armando, 121 Edison, Thomas, 51 effetto del toc, 37-8 electrophon, 53 elettricità, 7, 8, 11, 12, 18, 40, 41, 513, 55-6, 59, 76, 88, 123, 174, 194, 200-1, 304, 307 elettronica, 7, 8, 10, 12, 18, 41, 45, 46, 51, 52, 53, 55, 56, 57, 59, 171, 193-4, 198, 201, 205, 298 Ellis, Alexander, 3, 5-6, 12, 15, 49-50, 82, 84-5, 299, 302, 305, 307, 308, 310 Ellis, Don, 19 enarmonia (nelle varie accezioni), 3, 29, 34, 44, 84, 159, 307, 311 339 ennefonia, v. 9 2 Enríquez, Ernesto, 118, 120, 172 equabile, v. temperamento Erenyi, Vilma, 231 errata estrapolazione, 267 Escuela Nacional Preparatoria, Città del Messico, 132, 133, 140 esecuzione, 8, 43, 47, 61, 67, 79, 89, 146, 246, 298 esperimento del nodo, 147, 200 Esposizione Universale di Bruxelles, 111 Ethnomusicological Institute, University of California, 15 etnomusicologia, 6, 15 Euler, Leonhard, 35, 45, 183 Europa, 11, 12, 18, 49, 53, 56, 61-2, 108-9, 111, 113, 116, 124, 133-4, 138-9, 162, 313 Evenings on the Roof, 70 evolving tonality, 263-78 F fagotto a quarti di tono, 162 Fétis, François-Joseph, 35 Fewkes, Walter, 15 flauto, 54, 111, 116, 134, 144, 152, 154-6, 158 Fleming, Ambrose, 51 Fletcher, Harvery, 7, 63, 199, 200, 205 flicorno baritono a sedicesimi di tono, 162 Fokker, Adriaan, 45 fondamentale, v. 1/1 fonofotografia, 207 fonometro, 87 Foucault, Michel, 9 Francia, 13, 56, 69, 113, 132 Franco-American Musical Society, 612, 66 Fulton, Robert, 140 G Galilei, Vincenzo, 16, 32 340 Galindo, Blas, 120 Galindo, Luis, 111, 144 Gann, Kyle, 18, 36 García, Baudelio, 125, 150 García Genda, María, 144 Garza, Luisa, 132 Germania, 6, 13, 56, 64, 66, 69, 107, 124, 127, 133 Gershwin, George, Cuban Overture, 64 Second Rhapsody, 64 Gevaert, François-Auguste, 130, 133 Gewandhaus, 107 Giappone, 196 giusto, sistema, v.intonazione giusta Godowsky, Leopold, 150, 199 Gómez Palacio, Messico, 149 Gómez Ugarte, José, 143 Gonzáles, Eucario, 141 Gonzáles y Gonzáles, Luis, 111, 144 grammofono, 8, 88 Gran Bretagna, 6, 12-3, 285 Grecia, 286 Green, Ray, Sea Calm, 71 Grofé, Ferde, Grand Canyon Suite, 64 Groven, Eivind, 45 Grupo de Estudios Musico-Técnicos Renovación, 120 Gruppo dei Nove, v. Grupo de los Nueve Grupo de los Nueve, 118-20, 124, 132, 137, 140, 143, 145, 147, 172 Grupo Nosotros, v. Grupo de los Nueve Guadalajara, 125, 131, 135, 150 Guatemala, 67 Guerry, Prosper, 194 Guggenheim, v. John Simon Guggenheim Gunzburg, Mark, 126, 132 Gutierrez Arreola, Roberto, 118 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA H Hába, Alois, 4, 9, 10, 66, 68-9, 71, 76, 80, 142, 313 Die Neue Harmonie, 4 Suite per orchestra d’archi, 68-9 Tempo di quartetto, op. 7, 142 Hale, 206 Halffter, Rodolfo, 198 Hammond, v. organo Hardman, Peck & Co., 201 harmon, 45, 50 harmoniai, 286 harmonical, 307 Harrison, Lou, 14, 16, 18, 71, 81, 171, 186, 281 Hartridge, Hamilton, 86-90 Harvard Psychological Laboratory, 308 Harvard University, 197, 203, 205 Hauptmann, Moritz, 82, 83 Hellberger, Bruno, 57 Helmholtz, Hermann von, 5-7, 13-4, 28-30, 35, 47, 49, 52, 54, 67, 77, 82-8, 90, 95, 129, 181, 200-1, 203-4, 265, 274, 280-1, 283, 290, 298-9, 303, 307-8, 310-1 Hermosillo, 199 Hernández Montoya, Antonio, 144 Herrera y Ogarzón, Alba, 118 hertz (Hz), 21, 23 Hidalgo, Ernesto, 202 Hill, Edward, 205 hobo, 279, 286 Holder, William, 141 Hollywood, 61 Hood, Mantle, 16 Hopi, 15 Hornbostel, Erich Moritz von, 194, 266 Huerta, Victoriano, 133, 169, 196 Hummel, Johann Nepomuk, Ausführlich teoretisch-practische Anweisung zum Piano-forte Spiel, 40 Humperdinck, Engelbert, 222 Huygens, Christiaan, 35, 44 INDICE ANALITICO Novus cyclus harmonicus, 44 I inarmonicità, 24, 25, 37, 39, 88, 147, 165, 179 India, 135-6, 141 Indù, 134-5, 141 industria discografica, 63 infra-diatonico (sistema, scala), 266, 270, 274 Instituto Nacional de Bellas Artes, 123 International Composer’s Guild, 61 intervallo, 21-3, 35-7, 41, 78, 105, 179, 235-8, 248 chiuso-aperto, limma, v. 256/243 microtonale, v. microintervallo ottava (v. anche duplo), 26-7, 38, 55, 177, 212, 213, 231, 262 quarta temperata, 236 quinta, 212, 232 seconda, 29, 105, 152, 254 giusta, v. 9/8 sesta maggiore, 90, 146 giusta, v. 5/3 pitagorica, 29 temperata, 136, 258 sesta minore, 146 della scala pitagorica, giusta, v. 8/5 sesta, 254 settima, minore armonica, v. 7/4 maggiore, v. 15/8 soglia di distinguibilità, 11, 117 terza maggiore, giusta, v. 5/4 temperata, 93, 100-1, 154, 158, 253, 258 terza minore, 18 giusta, v. 6/5, 7/6, 6/5, 19/16, 11/9, 32/27 temperata, 145 intonazione, giusta (just intonation, v. anche scala naturale), 3-4, 6, 13, 24, 29-37, 45-7, 54-7, 71, 89, 145, 170, 176, 253, 310 341 “allargata”, 12, 34, 36, 115, 214, 295 dibattito, 300-10 limite 3 (v. anche pitagorico, sistema), 31, 36 limite 5, 31, 36, 288, 301 limite 7, 35, 307 limite 9, 36 limite 11, 36, 281, 284, 288 limite 13, 36, 286 scala cromatica, 34 inversione, 35, 183-6, 191, 288, 292 ipertono (v. anche armonico e inarmonicità), 23, 24, 39, 73, 74-7, 78, 86, 88, 90, 147, 275, 290, 299, 304, 305, 311 Ives, Charles, 10, 14, 19, 57, 60, 63-4, 65-76, 78-105, 111, 133, 154-6, 158, 238, 264, 274, 279, 313 Quarter-Tone Chorale, per archi, 79 Sinfonia n. 4, 57, 65, 80 Some Quarter-tone impressions, 66, 91-6 Three Places in New England, 64 Three Quarter-Tone pieces, 43, 50, 71, 79, 80, 91-105 Allegro (II), 95 Chorale (III), 50, 91-105 Largo (I), 66, 95 Universe Symphony, 65, 80 Ives, George, 6, 50 J Jadassohn, Solomon, 124 Janet, Pierre, 51 jazz, 19, 57, 202, 267 Jefferson Physical Laboratory, Harvard University, 203 Jiménez, Francisco de, 67 John Simon Guggenheim Memorial Foundation, 31, 167, 173, 192-5, 200, 202-5, 208, 210, 281, 283, 285 Johnston, Ben, 14, 18, 171, 281 342 just intonation, v. intonazione giusta K Kane, Margaret, 159 Kayser, Hans, 222 King-Fang, 45 kithara, 286, 302 klaviatursphäraphon, 53 Klein, Sigmund, 66 König, Karl Rudolf, 7, 88, 127, 137, 200, 201 Kretzschmar, Hermann, 222 Kugel, Alfred, 195 kurbelsphäraphon, 53 kymograph, 87 L lambdoma, 222-3 lanovar, 165 Larios, Cecilia, 144 Larios, Elvira, 138, 142-3, 144 Melodía per voci femminili, 144 League of Composers, 62, 144, 159 Le Corbusier (Charles-Eduard Jeanneret), 111 Leibniz, Gottfried Wilhelm, 35 León Mariscal, Manuel, 144 Levine, Henry, 201 Library of Congress, Washington, 168 Lieben, Robert von, 51 Ligeti, György, 19 limma, v. 256/243 Linares, 149 Li Po, 282, 293, 295 Lipsia, 107 Liston, Henry, 85 liuto, 32, 182, 194, 241, 247-8, 261 Lloyd, Llewellyn, 276, 299, 303, 30912 Lobero Theatre, 70 logaritmo, 22, 41, 43, 47 Londra, 13, 82, 285, 292 López Alavés, José, 111, 144 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Los Angeles, 16, 70, 282, 285, 295 Luening, Otto, 201, 285 Lutz, Sam, 147 Luyton, Carl, 268 M Mager, Jörg, 53, 56-7, 66 magnetismo, 51 Marie, Jean-Étienne, 113 Maya, 67, 199 Mayer-Serra, Otto, 198 McLaren, Brian, 18 Medina y Alvarado, Manuel, 231 Mehlin & Sons, 80-1, 137 Mei, Girolamo, 32 Mejía, Estanislao, 118, 120, 172, 209 Mendoza, Vicente, 120, 145 Meneses, Carlos, 121 Mercator II, Nicolas, 45 Mersenne, Marin, 23, 35, 309 Harmonie Universelle, 44 mesotonico, v. temperamento mesotonico Messico, 12-3, 16, 17, 19, 49, 50, 63-4, 107-9, 112-3, 116-7, 121, 124, 126, 128-9, 132, 135, 138-9, 141, 150, 160-2, 167, 169, 193, 198, 203-4, 108-9, 210-1, 262 Metro-Goldwyn Mayer, 61 metronomo, 25, 87, 193, 212, 234, 237, 254 Meucci, Antonio, 193 Meyer, Max, 6, 50 Michoacán, 134 microfono, 8 microintervallo, 3-4, 10, 42, 47, 65, 76, 95, 97, 100, 102, uso coloristico, 66, 69 microtonale, composizione, 4-6, 8-9, 15, 17, 42-3, 47, 50, 60, 65, 76, 109, 111, 113-5, 137-8, 142, 195, 225, 246, 251, 254, 258, 264, 267, 274, 281, 284, 288, 295 microtono, v. microintervallo Miller, Dayton, 24, 78, 86, 88, 205 INDICE ANALITICO millitone, 227-8, 270 Ming, 40 Minneapolis, 161 minovar, 165 Mix, Emil, 159 modulazione, 31-2, 55, 233, 251, 304 Moe, Henry, 192, 193, 201, 203-6, 208-12 Möllendorf, Willi, 66, 69, 143 Moncayo, José Pablo, 120 monesis, 42 monolle, 42 monophone (v. anche viola adattata), 287 monophonic fabric, 296, 298 monophony, 279-83, 287, 288, 290-1, 301-2 Monterrey, 149 Montiel y López, Ignacio, 118 Morales, Paulino, 168 Moran, 205-6 Morris, William, 13 Mosca, 264 mural, 70, 123 Museo Nacional, Città del Messico, 138 Musical Association, 82, 85 musicologia, 63 comparativa, v. etnomusicologia N Nancarrow, Colon, 72, 122, 173 natura, 13, 16, 27, 85-6, 90, 130, 136, 176, 182, 185, 188, 214-5, 219, 308 naturale (scala), v. intonazione giusta naturale, sistema, 17, 30, 113, 169, 180, 187-251, 259, 288 naturale-approssimato, sistema, 18091, 206, 211 Nava, Jenaro, 159 Nava, Lucino, 159 Navarra, 198 NBC, 61 343 Neill, Ben, 18 Neumann, Robert, 9 New Mexico, 15 New Music Society, 62, 70, 283 New Orleans, 282, 286, 287 New Symphony Orchestra, 61 New York, 6, 50, 52, 56, 59, 61-2, 64, 66, 69, 71, 80, 116, 122, 132, 137, 144-7, 149-50, 159, 168, 193- 202, 205-6, 208-9, 233, 264, 267, 281, 285 New York Musicological Society, 71 New York University, 64, 147 Nicomaco di Gerasa, 222 Nierop, Dyrck Rembrantz von, 45 Nono, Luigi, 19 nono di tono, v. 54 2 Nordamerica, v. America del Nord Norden, Lindsay, 26, 303-6 notazione, 4, 10, 44, 123, 132, 142, 150-3, 158, 161, 186, 191, 246, 248, 280-1, 287, 295, 297-8 novar, 165, 166, 198, 231 Novaro, Augusto, 4, 8, 9, 11, 16-9, 21, 25, 27, 36, 41, 43- 4, 46, 58, 60, 63-4, 71, 73, 77, 87, 118, 120, 122, 123, 130, 165, 165-262, 264, 283-5, 288-9, 296, 298, 304, 313 e Carrillo, 112-6 Estudios Armónicos, 168, 209-10 Nueva teoría para la perfecta afinación temperada del piano y de cualquier instrumento de teclado, 168 Pequeño preludio, per chitarra a 15 suoni per ottava, 257 Sistema natural de la música, 114, 165, 167, 168, 172-3, 193, 20910, 214-62 Teoría de la Música. Sistema natural, base del naturalaproximado, 50, 168, 180-92, 197, 202 344 The Novaro Tuning, 168, 205, 212-3 Novaro, Blanca, 166 Novaro, Luis, 166 Novaro, Rosa María, 166 novaro-clave, 165, 179, 198, 211 Nove, v. Grupo de los Nueve novo-piano, 210 numero, 6, 21, 22, 28, 30, 32, 34, 36, 132, 177, 196, 215, 239, 310 Nuevo Laredo, 149 O oboe a quarti di tono, 162 Obregón, Álvaro, 122 ocarina, 312 Oceania, 150 Ocko, Bernardo, 159 octavina, 110, 144, 152-3, 156, 159 Oliveros, Pauline, 18 ondes Martenot, 56, 68 O’Neill, Eugene, 69 orecchio, (v. anche udito), 8, 127, 137, 201 organo, 14, 41, 53, 84-5, 89, 128, 199, 211-2, 232, 233, 305, 307 a intonazione giusta, 292 a quarti di tono, 125 a sedicesimi di tono, 137, 142 canne di, 201 euharmonico, 49 elettronico a microintervalli, 7, 57 Hammond, 41 Welte, 222 orologio, v. contasecondi Orozco, José Clemente, 196 Orquesta Sinfónica América, 61 Orquesta Sinfónica Nacional, 123, 129 Orquesta Sinfónica Sonido 13, 162 Ortiz, María de los Ángeles, 144 Ortiz Rubio, Pascual, 162 otonality, 283, 290, 292 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA ottava, v. 2/1 doppia, v. 4/1 più quinta, v 3/1 suddivisione della, 51 ottavo di tono, v. 48 2 P padiglione Philips, Bruxelles, 111 Padilla, Soledad, 144 ¡Oh Salutaris Hostia! per voci e strumenti, 144 Paine, Francis Flynn, 197 Palestrina, Giovanni Pierluigi da, 5, 33, 55 Palisca, Claude, 30, 32 Pan American Association of Composers, 62, 202 panamericanismo, 11, 17, 61, 129 Paramount Pictures, 61 parfait diapason, 309 Parigi, 62, 68, 69, 198, 200 Parral, 149 Parrott, Lindesay, 195-6 Partch, Harry, 3, 4, 9, 10, 12-9, 21, 267, 35-6, 63, 70-3, 77, 115, 169, 170-1, 186, 195, 197, 201, 214, 262, 265, 274, 277, 279-98, 299303, 313 Bitter music, 286 Eleven Poems by Li Po, 297 Exposition of Monophony, 281, 283, 286-7, 295 Genesis of a Music, 17, 280, 286, 289-90, 300, 303 Oedipus, 285 Patterns of Music, 286 Psalm 23, 282, 295 Six Poems by Li Po, 297 The Poison Scene, 295 parziale (v. anche armonico), 23-4, 26, 28, 35, 75, 77, 79, 88, 90, 213, 276, 277, 290 Passamaquoddy, 15 pentafonia, 46 INDICE ANALITICO pentatonica, v. scala percezione, (v. anche udito) 8, 11, 13, 16, 19, 26, 37-8, 47, 59, 96, 127, 201, 207, 227, 253, 268, 269, 308, 310 performance, v. esecuzione Pfaff, Henry, 233 Philadelphia, 50, 62, 69 Philadelphia Orchestra, 62, 81, 160 Philadelphia Quartet, 161 Philips Gloeilampenfabriek, 45 phonodyke, phonodeik, 88 pianoforte, 14, 24, 26, 35, 39-41, 43, 76, 85, 118, 127, 138, 177, 182, 186, 195-6, 201-2, 204, 207, 209, 210-2, 231, 233-4, 256, 304-6 a 16 suoni nell’ottava, 173-4 a 53 suoni nell’ottava, 165 a quarti di tono, 50, 80-1, 95, 108, 133-4, 137, 139, 150, 285 a sedicesimi di tono, 142 a terzi di tono, 111 microtonali, 111, 136, 161, 162 pianola meccanica, 176 Pierce, Edwin, 54-5 Piston, Walter, 285 Pitagora, 21, 28, 129, 141, 182 pitagorico, sistema (v. anche intonazione giusta limite 3), 28-32, 367, 39, 47, 245, 266-7, 273, 275-6, 305, 309 Pole, William, 5, 82-90, 299 poliarmonia, 71, 77-8 polimicrotonalità, 251-9 Polonia, 264 Polsini, Luigi, 223 polyrhythmophone (v. anche rhythmicon), 57 Ponce, Manuel, 121, 132, 139-40 Ponce Reyes, Tomás, 144 ponticello mobile, 174, 182, 200, 207, 248 Poole, Henry, 49-50, 52, 85, 307 Popol Vuh (Pop Wuj), 67 345 posizione armonica, 218, 219-21, 229, 236, 252 Poulsen, Valdemar, 51 Praga, 268 Premio Nobel, 64 Prima Guerra Mondiale, 51, 69 progressione, 93-4, 97, 101, 104, 157, 304 aritmetica, 22, 176, 179-80, 186, 215, 218, 225, 238 geometrica, 22, 179, 186-8, 192, 209, 214, 219- 20, 227-30, 238, 240-5, 259 Pro Musica Society, 62 Psychological Laboratory, University of Iowa, 8 ptolemy, 292 Puebla, 108 Puig Casauranc, Manuel, 148 Pulido, Esperanza, 197-9, 208-9, 211 punto (unità di misura variabile, v. anche 1/72 di ottava e 21/20), 188, 191, 258 pure intonation, v. intonazione giusta puro, v. giusto Q quadro armonico, 185, 260 quarta, 21, 25, 39, 75, 99, 101, 103-4, 145, 175, 189, 228, 232-3, 236, 237-8, 242-6, 256, 258, 269, 290 giusta, v. 4/3 “maggiore”, 184 “minore”, 184 quarter-tone machine, 6, 50 quarto di tono, v. 24 2 quattordicesimo di tono, v. 84 2 quinta, 75, 77, 90-3, 101, 103-4, 146, 174-5, 182-3, 189, 228, 232-3, 238, 241-3, 245-6, 251, 256, 269, 308 aumentata, 258 346 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA del lupo, v. 40/27 diminuita, 290 giusta, v. 3/2 “maggiore”, 184 “minore”, 184 quinto di tono, v. 2 30 R Radil, Rudolphine, 282, 285 radiofonia, radiotrasmissione, 8, 12, 51-2, 61, 63, 150, 201 Rameau, Jean-Philippe, 35, 309, 311 Ramírez, J. F., 143 rapporti semplici (scala a), v. intonazione giusta ratio keyboard, 283 razza cosmica, 129 RCA, 56 Rebolledo, Pedro, 144 reciprocità, 216, 220 Redfield, John, 71 Regener, Eric, 36 registratore magnetico, 51 Reis, Claire Raphael, 159 renovar, 165 Revueltas, José, 198 Revueltas, Silvestre, 17, 122 Reyes, Alfonso, 198 rhythmicon, 57, 70 riciclaggio, 16 Riegger, Wallingford, 62, 167, 199 Riley, Terry, 18 Rimskij-Korsakov, Georgij, 53, 76 Rinascimento, 13, 29, 32, 45, 299, 306-7 Rinder, Reuben, 295 Rio de Janeiro, 198 risonatore, 77, 88, 211 riutilizzo, 16 Rivera, Diego, 196 Rivoluzione messicana del 1910, 64, 107, 109, 116, 124, 129 Robinson, Earl, 62 Rodríguez, Enrique, 144, 147 Rogers, Calista, 282 Rolland, Romain, 131 Roma, 69 Romano, Ángel, 111, 134 Romero, Jesús, 118-20, 172, 202 Roosevelt, Franklin D., 262 Rore, Cipriano de, 32 Rothchild, 206 Rousseau, Jean-Jacques, 132 Rovinsky, Anton, 199, 208 Rudhyar, Dane, 62 Ruggles, Carl, 61, 62, 64 Sun-Treader, 64 rullo di Edison, 51 rullo per pianola, 173 ruota dentata di Savart, 126 Rossi, Lemme, 44 Ruskin, John, 13 Russia, 13, 76, 264 S Sadis, Hans, 143 Salinas, Francisco de, 309 Salisburgo, 68 Saltillo, 149 Salzedo, Carlos, 61-2 Saloma, Luis, 172, 197, 202 Sandi, Luis, 198 San Diego, 286 San Francisco, 70, 281-2, 285, 295 San Luis Potosí, 107, 149 Santa Barbara, 69, 70 Santo Tomás de Chuilá, v. Chichicastenango Saunders, Frederick, 203-5 Sauveur, Joseph, 23, 25 scala, 53, 77-8, 82, 86, 93, 97, 102, 123, 126, 179, 215, 251, 263, 265, 267, 269, 274, 289, 295, 299, 301, 310 a 3/4, 5/4 e 5/8 di tono, 93, 99, 117, 133, 226, 154-5, 157-8, 172, 180-1 INDICE ANALITICO a 29 suoni nell’ottava, 287, 28990, 293, 295-6, 301 a 43 suoni nell’ottava, 201, 289, 293, 297, 301-2 a 53 suoni nell’ottava, 203 a 55 suoni nell’ottava, 296 a intonazione giusta o naturale o tolemaica o dei rapporti semplici o zarliniana o dei rapporti tra numeri interi piccoli, 14, 26-7, 30-4, 37, 57, 113, 135-6, 145-6, 166, 174-6, 178, 180, 183, 185-6, 217, 243, 249, 252, 258-60, 2758, 283, 304-6, 311 cromatica, 33-4, 71, 258, 309 minore, 145, 217 a semitoni (v. anche supra-diatonica), 22, 58, 60, 72, 84, 145-6, 151, 196, 263, 266, 270, 311 a terzi di tono, 60 a toni interi, 46 a ottavi di tono, 65, 156 a quarti di tono, 154 armonica, v. fondamentale complessa, 178, 179, 217, 221, 229, 237, 244, 251-2, 257-8, 260 cromatica, v. a semitoni degli armonici (v. anche scala a intonazione giusta), 74, 78, 133 dei gradi, 237, 243, 246, 258 diatonica, 28-33, 41, 45, 49, 91, 93-5, 179, 256, 265-6, 269, 275, 304, 307, 309 di durate, 78 elementare, v. fondamentale eptatonica, v. diatonica fondamentale, 166, 172, 177, 179-80, 182-5, 187-8, 190, 199, 206, 214-20, 222, 227-9, 236-45, 252-4, 258-61, 284, 288 geometrica, v. progressione geometrica e temperata infra-diatonica, 270, 274 irregolare, 186 , 191 347 lineare, 22 logaritmica, 22 maggiore, 47, 102 microtonale, 7, 46, 101, 133, 154, 156, 159, 238- 62, 269, 282 pentatonica, 229, 265-7, 269-70, 302 pitagorica, 28-9, 31, 39 cromatica, 29 diatonica, 28 pentatonica, 28 reciproca, 178, 217, 228, 236, 257 reciproco-graduale, 178, 217, 257 supra-diatonica, 265, 267-8, 270, 273-4 temperata (v. anche microtonale), 22, 39, 53, 55, 187-8, 253-4 universale dei suoni, 45 Schenker, Heinrich, 35 Schillinger, Joseph, 7, 57, 167, 199, 266 schizofonia, 8 Schlesinger, Kathleen, 286, 289, 300 Schmidt, Adolf, 144 Schmitz, Robert, 66, 79-80 Schoenberg, Arnold, 9, 132, 144, 222, 263, 268, 300 Harmonielehre, 9, 139 Schuck, Lajos, 159 Scripture, Edward, 86-7 Seashore, Carl, 8, 201, 205-8, 227, 302, 308 Psychology of music, 201 Seconda Guerra Mondiale, 9, 17, 47 Seconda Scuola di Vienna, 61 sedicesimo di tono, v. 96 2 Seebeck, Louis Friedrick, 7 Seeger, Charles, 62, 167, 197, 199, 285 Segale, Juan, 172 semitono, 3, 4, 10, 21-2, 24, 29, 33, 34, 38, 45, 56, 58-60, 68, 75-6, 83, 94-5, 101, 103, 105, 126-8, 348 130, 133-5, 137, 139, 142, 156, 160, 302, 308, 311 cromatico giusto grande, 135/128 cromatico giusto piccolo, v. 25/24 cromatico pitagorico o apotome, v. 2187/2048 diatonico giusto, v. 16/15 diatonico pitagorico (limma), v. 256/243 temperato, Seri, 199 serie armonica, 24, 37, 77, 218-9, 222, 251-2, 254, 275 Sessions, Roger, 62 sesto di tono, v. 36 2 settimale, v. limite 7 settimo di tono, v. 42 2 Shakespeare, William, 282 Shanghai, 264 Siberia, 264 Siegmeister, Elie, 62 Simpson, Eyler, 204, 208 singing arc, 51 sinovar, 165 sintetizzatore, 9, 46, 52 sintonico, sistema, 32 sistema naturale, v. naturale, sistema sistema microtonale equabile, v. temperamento microtonale sistema microtonale non equabile, 259-62 Skrjabin, Aleksander, 36, 263, 268 Slonimsky, Nicolas, 64, 70, 171, 199 Overture on an Ancient Greek Theme, per violino a quarti di tono, 70 Smyth, J. C., 41 Solís, Guadalupe, 144 solnovar, 165 sonidito, v. sedicesimo di tono “Sonido 13”, 12, 50, 107-52, 153, 15962, 169 storia orale, 108 sonometro, 182, 200, 232-3, 254 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Southwest Museum, Los Angeles, 295 sovratono, 23 Spagna, 198 Spaichingen Württ, 111 sphäraphon, 53 spirale (v. anche cassa di risonanza), 165-6, 211, 224 Springfield, Massachusetts, 50 Stati Uniti d’America, 6, 12-3, 15, 18, 49-78, 111, 113-5, 117-8, 122-4, 132, 137, 159, 161, 169-71, 193, 195, 197, 203-5, 208-9, 263, 266, 284-6 Stein, Richard, 66, 139 Due pezzi per violoncello e pianoforte, op. 26, 139 Steinberg, J., 200 Steinway, 70, 197, 201 Stockhausen, Karlheinz, 19, 46 Stoehr, Moritz, 6, 50, 80, 137 Stokowski, Leopold, 11-2, 50, 62-3, 69, 80-1, 113, 159- 60, 162, 167, 194, 197, 199, 201-3, 205, 208 Stout, Alan, 79 Stravinskij, Igor, 70, 143, 173 strumento musicale, 3-6, 8, 10, 23-5, 27-8, 31-2, 36, 39, 43-4, 47, 66, 76, 86-7, 89, 111, 128, 165, 169, 173, 178, 181-2, 188, 198-9, 201-3, 207-8, 210-1, 213- 4, 219, 225, 230-1, 242-3, 245-6, 255, 273, 276-7, 279-80, 284, 295, 299, 302, 304-5, 311 a corda, 24 a fiato, 134-5, 137 a intonazione fissa, 37, 41, 84, 154, 306 a intonazione giusta, 10, 33, 49, 70, 89, 226, 261 a percussione, 94 a tastiera, 33, 85, 89, 209, 304, 309 acustico, 14, 18, 42, 115 ad arco, 57, 84, 112-3, 160, 281-3, 293, 309 autocostruito, 16, 297 INDICE ANALITICO elettrico, 12, 18, 40-1, 51, 53, 56, 59 elettronico, 7, 12, 18, 46, 51, 53, 55-7, 59 microtonale, 14-5, 17, 33, 43-4, 49, 50, 52, 59, 62, 65, 81, 108-9, 133, 137, 139, 150, 152, 159-61, 193-4, 196, 203-5, 247, 264, 286-7, 289, 292, 297-8, 307, 309 moderno, 74 strumento di misurazione, 7, 8, 57, 74, 114, 165, 174, 190, 192-3, 195, 201, 231, 304 Stumpf, Carl, 87 Sudamerica, v. America del Sud superparticolarità, 301 supra-diatonico (sistema, scala), 267, 268, 270, 272-4, 276 Surette, Thomas, 197, 201, 203-5, 208 T Tablada, José Juan, 194, 196-7 Tacubaya, 165, 173, 198, 210 Tagore, Sourindro Mohun, 141 Tamayo, Amalia, 144 Tampico, 149 tastiera microtonale (v. anche strumento microtonale), 70 tavola armonica, 211, 222-4 Teatro Esperanza Iris, Città del Messico, 162 Teatro Principal, Città del Messico, 143 teclado de arco, 128 telegraphone, 515 teletrofono, 193 Telharmonic Hall, 52 telharmonium, 6, 52-5, 267, 307 temperamento, 3, 4-8, 16, 24, 31, 378, 45, 50, 85, 86, 230, 244, 2467, 253, 269, 274, 276-7, 281, 298-300, 302-4, 306 equabile, 4-8, 13, 22, 25-6, 29, 38-43, 47, 54, 57-8, 67, 71, 73-4, 349 76, 78, 83-5, 89, 92, 165, 170, 179, 187-8, 192, 194-5, 197, 203, 210-2, 214, 230-2, 235, 237-42, 245, 253-4, 304-5, 308-9, 311 a 12 suoni, v. 12 2 microtonale, 44, 46-7, 113, 209, 228 a 3 suoni, v. 3 2 a 13 suoni, v. 13 14  2 a 14 suoni, v.  2 a 15 suoni, v. 15 2 a 19 suoni, v. 19 2 a 29 suoni, v. 29 2 a 30 suoni, v. 30 2 a 31 suoni, v. 31 2 a 34 suoni, v. 34 2 a 41 suoni, v. 41 2 a 46 suoni, v. 46 2 a 53 suoni (v. anche 53 2 ), 89 a 60 suoni, v. 60 2 a 63 suoni, v. 63 2 a 65 suoni, v. 65 2 a 72 suoni, v. 72 2 a 144 suoni, v. 144 2 ineguale (v. anche temperamento mesotonico), 40 mesotonico, 3, 38, 57, 298 regolare, 38 irregolare, 38 Tenney, James, 18, 171 teorema di Fourier, 87 Termen, Lev Sergievich, v. Theremin, Leon terpsitone, 56 terzo di tono, v. 18 2 tetracordo, 30 tetráfono, 125 tetraktis, 222 The One-Footed Bride, 290 Theremin, Leon (Lev Sergievich Thermen), 7, 55-7, 76, 167, 194, 199 350 theremin, 55-7, 76, 194, 267 Theremin Electrical Symphony, 56 thereminvox, 56 Thompson, Perronet, 3, 85, 303 Thurburn, Malcolm, 70 timbro, 11, 25, 37, 39, 47, 54-6, 87-9, 113, 128, 182, 201, 211, 227, 231, 280 timpano (organo), v. orecchio timpano (strumento musicale), 56, 81, 162 Titchener, 137 tolemaica (scala), v. intonazione giusta Tolemeo, Claudio, 3, 30 Harmonica, 29 tonality diamond, 169, 222-3, 283, 290, 292-3 Tonic Sol-Faists, 300 tono intero, maggiore giusto o pitagorico, v. 9/8 minore giusto, v. 10/9 Toral, Pascual, 118 Torreón, 149 Torres, José María, 144 Torres Torija, Manuel, 172 Town Hall, New York, 62, 159, 198 triesis, 42 trimolle, 42 trombone a sedicesimi di tono, 162 true intonation, v. intonazione giusta tuba a sedicesimi di tono, 162 Twain, Mark (Samuel Langhorne Clemens), 52 U udito (v. anche percezione), 8, 11, 245, 28, 32, 39, 54, 60, 74-5, 77, 79, 86-7, 89-91, 126, 141, 146, 161, 174, 183, 215, 233, 235, 246-7, 261, 266, 268, 274-7, 287, 308, 310 ultra-diatonico (sistema, scala), 267 unisono, 22, 37-8, 157, 174, 200, 231, 235-6, 248 SUONI DI UNA TERRA INCOGNITA Universidad de Sonora, Hermosillo, 199 Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), Città del Messico, 120 University of California, Berkeley, 72 University of California Symphony Orchestra, 281 University of Iowa (State), 8, 200-1, 205-7 University of Washington, 308 Uruguay, 198 USA, v. Stati Uniti d’America utonality, 283, 290, 292 V Valderrama, Ana, 144 valvola (termoionica, a diodo, a triodo), 51, 88 van der Pol, Balthazar, 45 Varèse, Edgard, 8, 14, 59, 61-4, 67-9, 111, 121, 123, 196, Density 21,5, 9 Ecuatorial, 9 Hyperprism, 61, 67 Intègrales, 61 Ionisation, 64 Nocturnal, Octandre, 61 Offrandes, 61, 67, 196 Poème electronique, 111 Vasconcelos, José, 121-2, 129, 138, 169 Vega, Enriqueta, 193 Velazco, Emil, 202 Vicentino, Nicola, 5, 44 Vienna, 61, 68-9, 80 viola, 160-1, 165, 199, 281 adattata, 282, 287, 290, 293, 2957 violino, 3, 27, 50, 58, 68, 70-1, 78, 87, 107-8, 111, 116-7, 124, 126, 128, 142, 144, 152, 155, 156-63, 165, 211, 281, 309, 311 violoncello, 56, 111, 116, 139, 144, 152, 156, 158-9, 162, 165, 197, 202, 282, 286-7, 293 INDICE ANALITICO elettrico, 56 voce, 18, 37, 57-8, 67, 79, 86-7, 95, 281-2, 287-8, 295, 297-8, 302, 308 W Wagner Richard, 124 Lohengrin, 52 Warburg, Gerard, 197, 199, 202 Warburg, Felix, 197 Warner Brothers, 61 Washington, 52, 150, 168 Webern, Anton, 9-10 An Bachesranft, 10 Das lockere Saatgefilde Lechzet krank, 10 Fünf Lieder op. 3 aus “Der siebente Ring” von Stefan George, 10 Weiss, Adolph, 62 White, James Paul, 45, 50, 52, 85, 89 White, William, 199 Williams, Iavana, 194 Withorne, Emerson, 62 Wyschnegradsky, Ivan, 9, 10, 66, 71, 79, 313 X Xenakis, Iannis, 19, 111 xilofono, 37 Y Yale University, 66, 81 Yasser, Joseph, 14, 16, 18-9, 45, 167, 171, 194, 227, 241, 263-78, 282, 299, 300, 303, 307, 311, 313 351 Yates, Frances, 5 Yaqui, 199, 282 Yeats, William Butler, 285 King Oedipus, Young, La Monte, 14, 18, 36 The Well-Tuned Piano, 36 Yucatán, 12, 134 YWCA, San Francisco, 70 Z Zaldívar, Gabriel, 172 zarliniana, scala, v. intonazione giusta Zarlino, Gioseffo, 3, 16, 28, 30, 32, 35, 181, 309 Zubeldía y de Inda, Emiliana de, 114, 120, 165, 168, 197-9, 202, 214 Cinco Estudios para piano, de acuerdo con las teorías de Novaro, 199 Concerto per pianoforte e orchestra, 199 Diez Tientos, 218 Lento elegiaco, per viola e pianoforte, 199 Misa de la Asunción, 199 Motivos del año, per soprano e orchestra, 199 Sinfonía per coro e orchestra, 199 Sinfonía elegíaca, 199 Sonata en tres estancias per pianoforte, 199 Suite en tres tiempos, 198 Zuñi, 15