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MARTEDÌ 15 MAGGIO 2018 ore 21.15
Civitanova Alta, Teatro Annibal Caro
CONCERTO DI CHIUSURA
ORCHESTRA FILARMONICA
MARCHIGIANA
MICHEL BROUSSEAU direttore
LORENZO DI BELLA pianoforte
MARIAN SOBULA pianoforte (*)
MICHEL BROUSSEAU
Wolfgang A. MOZART
(1756-1791)
Ouverture da
Le Nozze di Figaro k 492
Frydéryk CHOPIN
(1810-1849)
Concerto per pianoforte e
orchestra n. 2, op. 21:
I.
Maestoso
II.
Larghetto
III.
Allegro vivace
INTERVALLO
interverrà NICOLÒ RIZZI, musicologo
Edvard GRIEG (*)
(1843-1907)
Concerto per pianoforte
e orchestra op. 16:
I.
Allegro molto moderato
II.
Adagio
III.
Allegro moderato
molto e marcato
si ringrazia
Musicista completo, direttore e pianista canadese, è inoltre Direttore Artistico
della New World Philharmonic Society che include l’Orchestra ed il New World
Philharmonic Choir, il Classical Choir di Ottawa, Les Chanteurs de SainteThérèse, e il Choeur Tremblant. È inoltre direttore musicale nonché Direttore
Artistico dell’International Choir, la cui missione è di organizzare tour e progetti
con artisti da tutto il mondo. I progetti più ambiziosi hanno avuto luogo in Italia,
Romania e Francia, in alcune delle più belle cattedrali di quei paesi, mentre nel
2017 il Coro si è recato nel Regno Unito dove il M° Brousseau lo ha diretto in
due lavori del compositore britannico John Rutter, in alcune chiese storiche del
paese. Michel è stato introdotto alla musica sin dalla più tenera età. La sua passione ed il suo precoce talento vennero ben presto notati, cosicché incominciò i
propri studi pianistici sin dall’età di nove anni. Sviluppò rapidamente uno speciale
interesse per la musica sinfonica ed all’età di quattordici anni già era convinto di
voler diventare un direttore d’orchestra. Ha studiato direzione prima con il M°
R. Armenian, perfezionando poi i propri studi al Conservatorio di Montreal,
dove ha pure ricevuto il primo premio al proprio diploma in pianoforte. Ha
inoltre studiato direzione, tra gli altri, con O. Werner-Müller, M. Nachev, V.
Vachev ed A. Faldi. Nel 2005 è stato finalista al Concorso internazionale per
direzione d’opera “Luigi Mancinelli”. La sua attività di direzione l’ha più volte
condotto in Italia, Francia, Repubblica Ceca, Romania, Bulgaria, Ucraina, negli
Stati Uniti ed ovviamente in diverse località del Canada. Appassionato di lirica, è
spesso salito su diversi podî europei, americani e canadesi per dirigervi opera. Nel
febbraio del 2013 ha condotto la prima esecuzione italiana dell’opera Pinocchio,
al rinomato Teatro San Carlo di Napoli. Un’altra sua personale passione risiede
nel poter introdurre il suo pubblico a un repertorio classico meno usualmente
frequentato nelle sale da concerto. Nel 2007 ha scoperto alcuni degli ultimi
lavori di Théodore Dubois, contemporaneo di G. Fauré e nel giugno 2010, con
l’International Choir, è stato invitato alla Carnegie Hall di New York City per
eseguirvi la Messe de Saint Rémi di questo compositore francese, insieme alla New
England Symphonic Ensemble. Nel 2012 è invece stato ospite del Concerto di
Chiusura per la quarta edizione di questo Festival Civitanova Classica, già allora
alla guida dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana ed affianco al M° Lorenzo
Di Bella come solista. In qualità di pianista, il M° Brousseau ha al suo attivo
alcune incisioni con la soprano Maria Kanpik, oltre all’opera completa per voce
e pianoforte (op. 74) di F. Chopin. Il disco, con titolo Pieśni, è stato realizzato
sul finire del 2014.
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La programmazione del Civitanova Classica Piano Festival (giunto qui alla sua
decima edizione) ha in questi anni ripercorso l’intero repertorio per pianoforte
e orchestra lasciatoci da Frydéryk Chopin. Il compositore polacco, infatti, genio
indiscusso dello strumento, al contrario di autori più o meno coevi e parimenti
importanti nell’evoluzione musicale europea (quali Weber, Mendelssohn o
Schumann, per citarne alcuni), si dedicò con estrema parsimonia all’orchestra, e
sempre per componimenti con pianoforte obbligato, nei quali l’organico orchestrale
parrebbe sin troppo spesso ricoprire un ruolo tuttalpiù comprimario. Oltre alle
Variazioni su tema dal Don Giovanni di Mozart, alla più nota Grande Polonaise
brillante, e a due opere decisamente minori (la Fantasia su arie polacche e il
Krakowiak), certo i risultati migliori – in questo sforzo di dialogo tra un raffinato
pianismo e le molteplici possibilità della compagine orchestrale – vennero da
Chopin raggiunti coi due Concerti, scritti a brevissima distanza l’uno dall’altro
(tra il 1829 ed il 1830), quando l’autore non era neppure ventenne. Con queste
due opere il giovane polacco portò a definitivo superamento quello che oggi siam
soliti chiamare lo ‘Stile Biedermeier’. Termine ereditato alla critica musicale dalle
arti figurative e dal design, laddove viene impiegato per identificare un’estetica
semplice e spontanea, venata di una certa eleganza (spesso impreziosita da motivi
floreali), propria in particolare ad opere d’arte ed oggetti più in voga presso la
borghesia tedesca ed austriaca di metà Ottocento.
Quando si pensa alla ‘polonesità’ di Chopin certo verranno alla mente per prime le
sue Polacche, o il raffinato cosmo sonoro delle Mazurche. Eppure, anche già nelle
sue più giovanili composizioni per pianoforte ed orchestra, si cela un omaggio
profondo e convinto alla propria terra ed alla sua nobiltà culturale, tra le volute
virtuosistiche dell’evidente sfoggio d’abilità di un musicista pronto all’epoca
per spiccare il volo di una promettente carriera verso l’Europa. Se del resto per
il famoso Larghetto è chiaro il debito con la forma pre-romantica del recitativo
accompagnato, di tradizione operistica, è nel Finale che l’eredità ‘popolar-nazionale’ (in questo caso più evidente nel genere della Mazurca) viene con maggior
leggiadria trasfigurata, da occasione espressiva qui a luogo di virtuosismo galante.
Un carattere che può essere quindi sì collocato all’apice di un’estetica ‘biedermeier’,
al contempo tramutantesi però nel suo stesso superamento, più espressamente
concreto nelle proprie vesti ‘romantiche’, rivolte in certo qual senso più al futuro
che alla tradizione. E, in primo luogo, questa qualità romantica – può sembrar
paradossale – andrà realizzandosi proprio in una scrittura che prevede l’orchestra
quasi come solo accompagnamento dei passi più ‘espressivi’ per lo strumento
solista, con un apporto timbrico che spesso vi si riduce a poche pennellate di colore, talvolta tace del tutto. Già un grande musicologo anglosassone come Gerald
Abraham si era del resto visto costretto ad ammettere quanto «l’opinione generalmente espressa su come Chopin tratta l’orchestra dovesse essere, se non rovesciata,
almeno sostanzialmente rivista». Qui mi limiterò a sottolineare come la delicata
orchestrazione in Chopin non potesse certo essere addebitata a un’inesperienza
compositiva (pur tenendo bene a mente di avere a che fare con un giovane alle sue
primissime prove da orchestratore). Sarà più proficuo spiegarsi invece questa peculiarità di scrittura supponendo Chopin in un certo imbarazzo nel porre a dialogo
la multiforme voce orchestrale da un lato con gli intimi accenti del suo elegante
pianismo. Alcuni momenti, del resto, come il fremito degli archi nel cuore del
Larghetto (ch’è la perla più pregiata dell’op. 21), ci restituiscono al contrario una
profondità psicologica inattesa. Che dire poi del vorticoso finale, dove l’elegante
passo di agilità dei violini (‘col legno’), o l’effettistica fanfara dei corni ricordano
un mondo in cui il Concerto era anche un momento per raffinati coup de théâtre,
vezzi di elegante ironia, tra il divertito e il teatrale? Pare così perfettamente calzante,
stasera, anche la decisione di introdurre il programma con un’ouverture teatrale
tra le più spumeggianti e briose di tutto il repertorio mozartiano, autore del resto
sopra tutti amato particolarmente dal genio polacco, anche più del Beethoven che
molti vorrebbero unico vero padre del grande romanticismo europeo.
Scegliere poi il Concerto in La minore di Grieg, per la seconda parte di questo
programma, permette un confronto che solo con superficialità può essere letto come
semplice compendio evolutivo del concerto per pianoforte romantico di pieno
Ottocento. In effetti, sia il Concerto di Chopin che quello di Grieg sono da sempre
considerati degli indiscussi pilastri nella storia del genere, e potrebbe stupire che
poco meno di 40 anni ne separino le date di composizione (il 1830 per Chopin,
il 1868 per Grieg). Se si è detto poi della scarsa frequentazione chopiniana con la
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Patrimonio Nazionale ed il Ministero della Scienza e dell’Educazione Superiore
polacchi, la Crescendum Est di Polonia. Nel 2008 riceve il prestigioso premio
“Ars Quaerendi” dalla Regione di Cracovia, e nel 2017 il “Bene Merito” dal
Ministero degli Affari Esteri polacco, per i suoi servigi nel promuovere la cultura
polacca nel mondo. In aggiunta all’attività concertistica, Marian Sobula porta
avanti una personale passione per l’insegnamento, tenendo diverse masterclasses
in Polonia ed all’estero; a Bratislava, Lipsia, Lecce, Cagliari ed al Conservatorio
Centrale di Pechino. Dal 2007 lavora inoltre presso il Dipartimento di pianoforte
dell’Accademia musicale di Cracovia ed è stato più volte membro di giuria in
concorsi per giovani pianisti in Lipsia, Kosice, Usti nad Labem e Shangai. È infine
presidente dell’Associazione PianoClassic e direttore artistico del 9° International
Royal Cracow Piano Festival, e del progetto Polish Music Days.
(ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
– per il Curriculm Vitae si veda p. 5)
NOTE DI SALA
scrittura orchestrale, anche nel caso del norvegese Edvard Grieg non ci troviamo
certo innanzi a uno scaltrito sinfonista, essendo anche il suo catalogo orchestrale
pur sempre limitato a una sola decina di numeri d’opera. Eppure, non poche volte
(si pensi anche alle due Suites dalle musiche di scena per il Peer Gynt ibseniano o
alla versione orchestrale della Suite dai tempi di Holberg) la tavolozza orchestrale
del compositore si rivela di un certo interesse timbrico, ricca com’è di colori che
attingono a piene mani sia dalla migliore tradizione romantica tedesca che dal
patrimonio etnofono baltico e nord-europeo. E il giudizio rimane più che valido
anche nel caso del Concerto in La minore, portato a termine dal compositore nel
1868, durante una vacanza nel villaggio danese di Sölleröd, a nord di Copenhagen.
Pur con evidenti richiami al Mendelssohn sinfonico e più ancora allo Schumann del
Concerto per pianoforte (anch’esso in un drammatico La minore), a Grieg riesce
di fondere qui – e con straordinaria efficacia comunicativa – un denso crepuscolarismo romantico a una singolare freschezza espressiva, quella stessa naturalezza
di accenti che rinverdisce molti dei suoi Lyriske Stykker (“Pezzi lirici”), veri ‘lied
senza parole’ per pianoforte solo, in cui l’eredità del folclore norvegese si tinge
volentieri di un riuscitissimo impressionismo timbrico ed armonico. Accomunato
al Chopin più intimista, da una personale predilezione per la miniatura pianistica,
potremmo dire (con E. Melchiorre) che Grieg si rivela nei suoi momenti migliori
un raffinato ‘acquarellista’, e con maggiore evidenza nella sua produzione solistica.
Certo è vero che questo introverso norvegese, in particolare laddove sceglie un
piglio più ‘eroico’ e sinfonico, sa però disvelare una passionalità inaudita, con una
fantasia che ha spesso del rapsodico. Come Chopin, anche Grieg compose con
relativa velocità il suo unico Concerto (di un altro, in Si minore, abbiamo solo
degli abbozzi), chiaramente in preda a una forte ispirazione, ed anche nel suo caso
ritroviamo un idioma musicale fortemente caratterizzato dall’eredità nazionale.
Se nel primo movimento predomina così un appassionato lirismo, che non a caso
valse al concerto l’ammirazione di Rachmaninov, l’Adagio si avviluppa invece in
una tenerezza profonda, più che un crepuscolare Notturno ricordando il lucente
canto di un’alba. È comunque nel Finale che il compositore sembra ritrovare il
migliore equilibrio tra tradizione e personale istinto creativo, laddove scatena –
come di consueto – un carattere più ‘popolare’, sullo slancio insistente di ritmi
da danza norvegese che pare suscitarono l’entusiasmo anche dell’ungherese Franz
Liszt, da Grieg interpellato per consigli di orchestrazione. Dedicato ad Edmund
Neupert, dopo la première di Copenhagen, il Concerto venne ripreso ad Oslo nel
1870, sempre col dedicatario in veste di solista ma con Grieg alla direzione, che
lo diresse anche a Lipsia, al Gewandhaus, nove anni più tardi, in una memorabile
esecuzione con cui ebbe inizio la mai esaurita fortuna di questo amatissimo concerto. Ciò in cui quest’opera in definitiva sembrerebbe più riuscita consiste forse
proprio nella personale soluzione del problema formale optata dal compositore.
Come giustamente sottolineato dal Rattalino, sopravanzando in tal senso opere
certo imprescindibili (come il primo concerto di Brahms o quello appunto di
Schumann), l’op. 16 in La minore riesce a sostituire «al principio dell’unità del
tempo, con variazioni, […] il principio della compresenza di più tempi diversi e
della estrema caratterizzazione di ogni episodio», in questo coronando in certo
qual senso l’apice del concerto romantico per eccellenza. Principio si potrebbe
dire ‘rapsodico’, ulteriormente sopravanzato dal solo Rachmaninov, prima del
definitivo affievolirsi del tardo-Romanticismo europeo, e che in Grieg (come nel
suo grande ammiratore russo), così come già in Liszt o Chopin prima di loro,
sembra originarsi nel carattere istintivo di una libera improvvisazione, in cui
pianoforte ed orchestra vivono mossi dalla medesima identità di accenti. Come
nell’inconsapevole presentimento che all’acme di quel linguaggio presiedessero
già le ceneri del suo ineluttabile esaurirsi. Un’inaudita malinconia estetica che
ancor oggi, in questa musica, ci restituisce intatto tutto il suo irresistibile fascino.
Nicolò Rizzi
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STEFANO PAPETTI, storico dell’arte
Laureato in Lettere Moderne presso l‘Università di Firenze, è conservatore delle
collezioni comunali di Ascoli Piceno e direttore della Pinacoteca Civica, della
Galleria Civica di Arte Contemporanea ‘Osvaldo Licini’ e del Museo dell’Arte
Ceramica cittadine. Docente a contratto di Museologia e Restauro dei Beni
Culturali presso l’Università degli Studi di Camerino, è inoltre presidente della
Fondazione Salimbeni di San Severino Marche. Ha al suo attivo l’organizzazione
e la curatela di diverse iniziative espositive dedicate al Gotico nelle Marche, ai
Pittori del Rinascimento, al Seicento marchigiano e ad alcune personalità di
spicco dell’arte regionale come Carlo e Vittore Crivelli, Simone de Magistris,
Pier Leone Ghezzi ed Antonio Amorosi. Nel corso degli anni ha pubblicato circa
ottanta volumi dedicati principalmente al contesto artistico delle Marche, presso
le case editrici FMR, Skira, Federico Motta, Il Sole 24 Ore, Electa, Allemandi
e Silvana editoriale. Suoi articoli sono apparsi su importanti quotidiani come
“Il Sole 24 Ore” o “l’Osservatore Romano” e riviste specializzate come “FMR”
o “Paragone Arte”.
NICOLÒ RIZZI, musicologo
Laureato in Musicologia e diplomato in Pianoforte, nel corso dei propri studi
accademici si è dedicato alla musica pianistica russa (e in particolare ad A. Scrjabin,
M. Musorgskij e N. Medtner), argomento su cui ha tenuto alcune conferenze
ed è stato di recente invitato ad intervenire a dei convegni in San Pietroburgo
e a Berlino. Ha fatto parte in Milano del direttivo scientifico della casa editrice
‘Ergo Diesis’ ed ha collaborato con l’editore Zecchini di Varese come autore nella
Guida alla Musica Sacra. È Maestro di palcoscenico del Teatro lirico ‘Ponchielli’
di Cremona, dove è anche stato assistente al Segretario artistico musicale. Nel
campo della divulgazione culturale, ha collaborato con varie istituzioni come
l’Associazione ‘Musica rara’ di Milano, il ‘Wam Festival Mozart’ di Rovereto o il
‘Mantova Chamber Music Festival’. A Cremona, è stato per diversi anni direttore
artistico del Comitato Concerti del Dipartimento di Musicologia e per quattro
anni assistente alla direzione artistica del Cremona Piano Forum. Attualmente
è il musicologo collaboratore del ‘Mugellini Festival’ di Potenza Picena e del
‘Civitanova Classica’ di Civitanova Marche. Seguendo un suo particolare interesse
per la divulgazione musicale, è inoltre redattore di sala per diversi teatri e festival
italiani. Come pianista, si sta specializzando nel repertorio russo e dell’Est Europa
mentre da molti anni è basso nel ‘Coro della Facoltà di Musicologia’, col quale
si è più volte esibito in tournée, sia in Italia che all’estero.
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