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Carmelo Santillo La rivolta di Calatanixsette 1647 Figura 1 Stemma dei Moncada Ricordiamoci di Plinio il Giovane là dove dice che se noi non possiamo fare cose degne d’essere scritte, dobbiamo almeno CALTANISSETTA scrivere cose degne d’essere lette. Michele Amari Testimonianza e critica storica Cari amici, come vedete sono un appassionato di storia. - Il passato per me è attualità e cronaca. Non importa se i fatti che vado narrando sono accaduti ieri o cento o mille anni fa, io descrivo battaglie a cui non ho assistito, personaggi vissuti e scomparsi in epoche remote, gente che non ho mai visto. Per fare ciò ho bisogno delle testimonianze di chi è vissuto a quei tempi e che videro compiersi i fatti che adesso io vado narrando. - Se questi fatti non ci fossero stati tramandati, noi saremmo completamente all’oscuro, ciechi ed ignoranti senza rimedio. Però i fatti raccontati, vanno esaminati, spogliati dagli interessi di parte, confrontati con testimonianze; insomma il mio compito è simile a quello del giudice istruttore incaricato di una inchiesta. Come lui io raccolgo testimonianze con l’aiuto delle quali cerco di costruire la verità. Non è semplice. - Il mio compito è controllare che le testimonianze siano fedeli alla realtà. - I testimoni non sono sempre sinceri, la loro memoria non è sempre fedele, quindi come un giudice io vado vagliando e selezionando le varie verità che vengono alla luce, scartando gli errori e le menzogne. Questo lavoro di investigazione, di cernita del dell’inverosimile all’incredibile si chiama critica storica. - vero dal falso, Immaginiamo uno storico alle prese con un libro scritto trecento o quattrocento anni fa. - La prima sua difficoltà è cercare di interpretare la sintassi e i vocaboli astrusi cui si imbatte. - Poi cerca di leggere tra le righe il pensiero recondito, che non sempre corrisponde a quanto è scritto. (ricordate il nostro divino Dante, che per vivere la sua commedia, faceva il giullare alla corte del tale principe, “tu proverai si come sa di sale il pane altrui, come è duro calle lo scendere e il salir per l’altrui scale …. .- Pag. 2 Poi egli deve vincere l’istinto naturale che mette in opposizione i fatti con le sue convinzioni. - Deve vincere l’impulso della sua seconda natura, l’istinto di riportare integralmente il racconto del testo che sta esaminando. - La pigrizia lo spinge a saltare a piè pari un capitolo che magari esige più impegno e più pazienza. - carmelo santilllo0 @gmail.com 2 CALTANISSETTA . “La maggior parte degli uomini, piuttosto che ricercare la verità, che è loro indifferente, preferisce adottare le opinioni che vengono loro riferite già belle e pronte. -“ Questo primo comandamento è di Tucidide che lo scrisse più di duemila anni fa, ed è sempre valido ed attuale. - Il secondo è simile al primo: lo storico non deve adottare assolutamente le opinioni che gli vengono sciorinate davanti, anzi, deve rifuggire da esse. Riflettiamo un attimo; i greci che ci facevano a Troia? - Dovevano vendicare l’offesa fatta a Menelao. – Balle !! La critica storica ci dice che erano lì per ridurre l’influenza commerciale dei troiani nei traffici con i popoli del Mar Nero. - I Troiani erano stati aggrediti a casa loro. Un classico ancora attuale è il racconto di mille uomini che sbarcano a Calatafimi e sbaragliano un esercito di quarantadue mila soldati. Hanno attraversato tutto il Tirreno senza che la flotta borbonica li abbia intercettati. Hanno attraversato lo stretto senza problemi e sbaragliato un esercito comandato da fior di generali. - Hanno conquistato un regno. Non è incredibile?? Appunto, è incredibile. Io non ci credo. Nelle biblioteche ci sono centinaia di libri che concordano su quanto accaduto, ma io vado lo stesso a cercare tra le scartoffie il punto dove il racconto si scontra con la verità. - Ecco il compito del critico storico; diffidare dell’evidenza dei fatti, dubitare di tutti, cercare e cercare la verità, a costo di riscrivere la storia. Carmelo Santillo –aprile ‘18 Il contenuto di quest’opera e la sua veste grafica sono rilasciate con licenza Common Reader, Il fruitore è libero di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, rappresentare, eseguire e recitare la presente opera, alle seguenti condizioni: Deve attribuire sempre la paternità all’autore. Non può in alcun modo usare quest’opera per fini commerciali. - Non può alterare o trasformare l’opera, né usarla per crearne un’altra. Per informazioni non esitate a connettervi con Pag. 3 E. Mail carmelosantillo0@gmail.com carmelo santilllo0 @gmail.com 3 CALTANISSETTA Caltanissetta È una citta feudale. - Dal 1407 appartiene alla famiglia Moncada (venuta in Sicilia dalla Spagna. al seguito dei re Martino). Il toponimo deriva dall'arabo Qalʿat an-nisāʾ, letteralmente traducibile come "rocca delle donne", o "castello delle donne", che è il nome con cui il geografo arabo Idrisi indica la città nel 1154. L’anno di cui stiamo raccontando la storia è il 1647: - Primavera tragica per tutta la Sicilia; il popolo è in rivolta perché non c’è grano a sufficienza per sfamare tutti, specialmente nelle città reali;1 adesso il dramma della fame è arrivato anche in casa dei Moncada di Paternò, perlomeno nei suoi feudi e Caltanissetta è la più importante dei suoi feudi; città tradizionalmente prospera di grano coltivato nelle sue immense pianure. - 2 1 Come è noto i possedimenti in Sicilia erano suddivisi in : Reali appartenenti alla corona. Feudali appartenenti alla nobiltà feudalità e Manomorta appartenenti alla chiesa.--- carmelo santilllo0 @gmail.com 4 Pag. I Moncada di Paternò nel 1657 sono titolati: Duchi di Montalto e Bivona,. Conti di Caltanissetta, di Collesano, di Adernò, di Sclafani, di Caltabellotta, e di Centorbi.- Baroni di Melilli, di Motta Santa Anastasia , di Bellici, di San Bartolomeo, di Belpasso .- Signori di Nicolosi, della Guardia, di Camporotondo, di Biancavilla, di Boschi e terre del Monte Etna, Putignana, Villa Aragona e suo distretto , di San Sixto , di Baccherizzo, delle Marre, della Riviera di Moncada, delle due Petralie, di Xilato,, di Caltavuturo,, di monti e boschi di Miniano 4 2 CALTANISSETTA Figura 2 caccia ai banditi Antonio Aragona Moncada, figlio di Francesco (1582), riunendo i patrimoni dei Moncada, dei Cardona, degli Aragona e dei Luna, con giurisdizione su almeno dodici comuni, a fine cinquecento era collocato al primo posto della feudalità siciliana, più in alto degli Aragona-Tagliavia, dei Ventimiglia, dei Branciforti. Adesso a capo della casata c’è Luigi Guglielmo Moncada-Aragona-La Cerda 3 e Caltanissetta è il principale centro e sede della sua vasta corte. “ …. fu una delle principali città siciliane, anche se il suo status di città feudale non le consentiva un ruolo di rilievo nella geografia politica isolana…/…in età moderna il territorio nisseno è il cuore della Sicilia del grano “ P. Militello Nella primavera del 1646 la crisi alimentare colpì la parte occidentale delle tenute. Per fronteggiare la crisi i giurati della città di Caltanissetta vietarono l’estrazione (esportazione) di frumento, orzo, avena e legumi dal territorio, pena la confisca del prodotto e dell’animale utilizzato per il trasporto. – “si ordina provede e comanda a tutti e singoli personi, di qualsivoglia stato grado foro et condizione, che siano così citatini come foristieri, che di hoggi innanti non vogliano né debiano uscire né fare uscire da questa carmelo santilllo0 @gmail.com 5 Pag. Luigi Guglielmo Moncada in effetti ci rimase poco in Sicilia; a soli 22 anni venne nominato presidente del regno di Sicilia. Quindi passò in Sardegna come vicerè. - Nel 1657 fu nominato vicerè di Valenza ed infine ricevette la porpora cardinalizia. - Chi amministrava i feudi siciliani allora c’era don Cesare Moncada principe di Calvaruso, - Aveva il titolo di procuratore generale e di “luogotenente “degli stati del principe di Paternò. - 5 3 CALTANISSETTA cità predetta e suo territorio formenti et orgio (orzo) maiorca, advena e legumi et questo sotto la pena di perdere detti formenti et orgi et li bestii che portiranno detti formenti et orgi. (ordine dei giurati di Caltanissetta, 28 aprile 1646). -“ Il primo maggio successivo il Cesare Moncada principe di Calvaruso, in risposta al decreto dei giudici, ordina un controllo e la risposta è da terremoto: il seminato sta andando in rovina per le eccessive piogge e adesso per la siccità. - I possessori di frumento vendono i grani che hanno in possesso (malgrado il divieto). Ordina che si faccia subito “il rivelo “del grano da effettuarsi entro otto giorni, lasciando però ai rilevanti la possibilità di “estrarre” (vendere) metà del grano in loro possesso, approfittando dei prezzi alti del mercato. Il 26 maggio altro divieto “esteso anche a chi possedeva le polizze di esportazione: “stante quello poco (che) ni è rimasto non bastare per lo vitto di questo popolo” e subito dopo un nuovo bando estende la proibizione al pollame. “Stanti servire per uso di questa predetta città”. Il 24 giugno si inaspriscono le pene per chi non rispetta gli ordini, che sono perseguibili anche in assenza di flagranza, sulla base di semplice denuncia o testimonianza. - Due giorni dopo il rivelo indica “tenendoni bisogno fra seminario e mangia da salme 18.000 e, per squadro fatto, si vede che la raccolta non arriva a salme 8.000” e scoppia l’incetta a qualunque prezzo, per chi ha i soldi, ma per il popolo in miseria comincia la fame. - 4 Mero e misto imperio era una licenza per poter applicare la legge (del feudatario) nei suoi possedimenti. carmelo santilllo0 @gmail.com 6 Pag. 6 In luglio l’ordine pubblico è minacciato dai banditi che fanno da padroni nelle campagne, con furti e violenze. - Don Cesare Moncada emana un ordine di contrastare questo fenomeno, e ai capitani delle sue terre ordina di applicare il “mero e misto imperio”4 CALTANISSETTA Contemporaneamente un nuovo editto dei giurati impone di consegnare al municipio della città tutto il frumento e i cereali custoditi da privati. - Don Cesare raccomanda e dà il mandato per comprare ovunque, anche fuori provincia, tutto il frumento che si riesca a trovare, a qualsiasi prezzo. - La gravità della situazione impone, nonostante tutto, di conservare una parte importante di frumento per la semina del prossimo anno, e sa che già il popolo ha fatto incetta di queste scorte. - Se non c’è la semente, cosa si seminerà a ottobre per il prossimo raccolto ??Nei mesi successivi la situazione è davvero drammatica; non si riesce a gabellare i servizi; e quelle poche andate a buon fine non è detto che siano poi pagate. - Si ricorre al metodo della “” credenzeria” 5 Il Il banditismo è diventato una vera piaga sociale carmelo santilllo0 @gmail.com 7 Pag. Credenzeria- cessione di un bene, una gabella a credito. Si stabiliva (1) i giurati, con l’intervento del procuratore e del consulente della città devono scegliere una persona “Habile, virtuosa et honorata, “che si occupi di esigere ogni gabella e di versare entro un anno, le somme ricavate. - (2) ogni collettore nel giorno di sabato, deve versare al tesoriere della città le somme incassate. (3) si deve tenere nota di quanti contravvengono al pagamento delle gabelle. (4) Le persone scelte per esigere le gabelle dovranno essere pagate con regolare contratto tenendo conto delle difficoltà di esazione che l’opera presenta nel fissare il salario; bisogna avere “occhio alla miseria nella quale oggi si ritrovano li città e terre di dicto stato” (4) i giurati di mese in mese dovranno rivedere i conti per individuare eventuali negligenze degli esattori, rispondendo in prima persona delle gabelle non esatte integralmente e delle somme non versate. - 7 5 CALTANISSETTA Piero Faxando Zunica y Requesens, marchese de Los Veles era allora il vicerè di Sicilia; e teneva stretti rapporti con il Moncada di Caltanissetta; e questo fu un bene per la cittadina, perché informato della crudele rivolta scoppiata a Palermo, don Cesare si premunì ad affrontare il panico.- Il prezzo degli alimenti intanto era salito a livelli impressionanti.- Los Veles , appena scoppiata la rivolta,, ha lasciato Palermo e adesso lo troviamo qui, ospite di don Cesare.- Seguendo i suoi consigli don Cesare mette mani al portafoglio e spedisce i suoi capitani per tutta l’isola a fare incetta di frumento.“ “E redottolo in questa città con molto travaglio, per la penuria che per tutto corre, con haver con pene ardue fatto rivellar e sfossar li fromenti, in modo che ni ho trovato quantità bastante fino a nuovo raccolto e forse qualche cosa di più, quando però si consumi con ordine, sicome io faccio osservare.”” “….. Havendo trovato questa città famelica, ho già redotto il pane alla piazza e di peso più grande di tutte l’altre terre convicine, con applauso universale di popoli” “Havendo questa mattina tardato un poco a venir alla piazza il pane, mi viddi tutta Caltanissetta al palazzo, (tanto) che fu necessario, per darli satisfatione, dar ordine si avessero frustati quattro panettieri “” Lettere di don Cesare al vicerè Los Veles. - Allarmato dal disastroso andamento degli approvvigionamenti, non solo nella sua città, ma in tutti i territori a lui sottoposti, il Don Cesare invocò l’aiuto del vicerè affinchè concedesse la dilazione, e non mandasse i commissari incaricati della riscossione delle somme dovute alla Regia Corte e alla Deputazione del Regno.- (non pagar le tasse si andava in galera, a quei tempi ).-sottolineando la drammatica situazione della città dove si moriva di fame, ed anche se si riusciva a trovare un pezzo di pane, non c’erano soldi per procurarselo; infine c’era il timore che anche il raccolto nuovo non lasciava sperare nulla di buono.- carmelo santilllo0 @gmail.com 8 Pag. Ci è piaciuto in quest’anno ,a Sua Divina Maestà mortificar questi popoli con la pessima raccolta di vettovagli , havendo quelli fatto seccare in erba per tutto questo territorio , di maniera tale che appena si potrà raccogliere la simenta di quelli; per il che stiamo in grandissini fastidii, non solamente per il vitto dell’anno seguente ma, quel che importa, per il seminario , cosa tanto importante, et per Sua Maestà et per i populi, essendo questa una delle città frumentarii del regno, et conseguentimente, cossì essendo, seguiranno due altri pessimi et sterili 8 Non tralasciò nemmeno di chiedere aiuto ai religiosi che predicassero bene e estinguessero qualsiasi scintilla di tumulto. CALTANISSETTA annati, poiché non seminandosi senza dubbio non si raccoglierà e li poveri borgesi et massari di questa sarranno forzati fugire, come in effetto hanno incominciato.- Perciò ni ha parso del tutto darni parti a Vostra eccellenza, supplicandola, e per questa et anco per memoriali, voglii fare favori e consolari questo povero popolo et detti poveri borgesi.- Non lasciando di presentare a Vostra Eccellenza come in questo territorio vi sono alcuni feghi (feudi) del principe duca padrone nostro venduti ad esteri ma suffraganii a questa città delli quali vengono prodotti molti vittovagli e , per le presenti scarseze, fan bisogno trasportarsi di questa città et li padroni di quelli vengono renitenti, supplicamo a Vostra Eccellenza vogli farni favore, per il quieto vivere di questa città, concederni licenza di quelli levarsi per forza, che altrimenti si potria dubitare di qualche inconveniente.(li giurati di Caltanissetta al vicerè Los Veles. Caltanissetta, 8 giugno 1647) La situazione si aggravò ulteriormente, tanto che don Cesare cominciò a temere per la propria incolumità. - Lo stesso giorno due frati cappuccini, a nome del loro padre guardiano riferirono che alcune persone avevano confessato la decisione di tumultuare se non si abolivano le gabelle. – Che fare? Decise di togliere subito la gabella sul macinato, odiata e gravosa. Poi fece liberare dal carcere chiunque fosse stato arrestato per debiti inferiori a 50 onze; disponendo di non arrestare debitori per il mese successivo. Dopo settimane di tensione, la sera del 10 giugno iniziò la rivolta; protagoniste circa duecento donne che recatosi a palazzo del Moncada invocarono l’abolizione delle gabelle e “doppo andorno alle carceri volendoli aprire, quali andorno con alcuni cofini di pietra” L’intervento dei gentiluomini, l’élite urbana che deteneva l’effettivo controllo della città, fu decisivo per arginare la folla che tentava l’assalto al palazzo e che voleva liberare i detenuti. - Pag. 9 Due donne vennero arrestate e anche l’autore di un cartello di protesta. Intanto la protesta si diffondeva anche nelle altre terre della famiglia Moncada Si trattava ormai di una cosa non arginabile con misure tradizionali. - Da qui nacque un altro problema: come applicare la giustizia verso questi soggetti Preti, donne, monaci, bimbi. - carmelo santilllo0 @gmail.com 9 CALTANISSETTA Figura 3 i cofini di pietra Nei mesi successivi le difficoltà non cessarono; c’è una lettera di Luis de Cameros procuratore dei giurati e dalla università di Caltanissetta ai vicerè Los Veles: + “Poiché la detta università, per la sterilità del raccolto delli formenti dell’anno prossimo passato,,,,, / si ritrova in grandissima penuria di formento, così per l vitto necessario come del seminario dell’anno presente, et tiene bisogno di molta quantità di formenti per l’effetto suddetto “ Per acquistare a mercato nero 1500 salme di frumento fu necessario raccogliere tutto il denaro presente in città; inoltre la città si sta spopolando sempre più “Per causa di detta mala raccolta, se ne fuggono la miglior parte delli cittadini di essa, per li molti debiti che restano di dare, et altri per non potere campare, se ni hanno andato ad abitare in altre città et terre del regno. -“ Pag. 10 Il maltempo aveva impedito ai braccianti di poter lavorare, carmelo santilllo0 @gmail.com 10 CALTANISSETTA ” cosicchè per non poter comprare quattro grani di pane per loro e loro famiglie, se ne hanno andate e vanno giornalmente con le loro mogli e figlie a mangiare erbe fuora, come gli animali. -“ La mortalità aveva raggiunto livelli altissimi e ogni giorno morivano 2530 persone senza contare la morte dei bambini. - Tra morti e fuggitivi vennero a mancare alla città 5000 abitanti. -6 Nel mese di ottobre 1648 quando si approssimava il tempo della semina, non c’era in città nemmeno una goccia di frumento. --------------------------------------------------ooo000ooo---------------------------------------- Marsala Già dalla primavera 1647 la crisi frumentaria si aggravò e la tensione raggiunse li stelle quando un carico di grano comprato a Sciacca, viene fermato ed impedita la consegna dagli abitanti della città. - Come tragica conseguenza, narrano le cronache, molti cittadini marsalesi morirono di fame. “……-l’alterazioni de prezzi de frumenti, massime in città miserabile come è questa, con gente come è questa, con gente rozza che non discorre secondo la ragione ma come la guida il senso, e considerata la calamità de tempi et esservi moltissimi che …non poteri haveri peggior stato che il presenti “(i giurati di Marsala al vicerè Los Veles) Dopo essersi impegnati nel compito di non fare scoppiare la rivolta come era stata a Palermo, i giorni seguenti si intorbidirono ed alquanto. Arrivò in città una compagnia di soldati una “compagnia di cavalli “ con in testa il capitano Cesare del Bosco.- La presenza di soldati in città era il massimo che i cittadini non potevano sopportare, perché era usanza di ospitare i soldati nelle case, dare loro da mangiare e infine la loro presenza era sempre causa di ruberie e aggressioni.- Ospitare in casa, dove il contadino si alzava all’alba per raggiungere il suo lavoro, e magari ritornava a fine settimana, lasciando la casa in mano a questi avventurieri era proprio il massimo; Specie con mogli e figli in età.L’arrivo di questi cavalieri fu accolto con mugugni e mormorii; i cittadini si chiedevano quanto dovessero stare in città. - Il captano assicurò che avrebbe avuto bisogno di quattro giorni soltanto e che avrebbe tenuto a stretti freni la compagnia. Ma il tenente Pitrelli fece rompere l’accordo per una sua imprudenza. – L’arciprete di Caltanissetta attestava:” Faccio fede io dottor don Girolamo Mammana, arciprete e vicario di questa città di Caltanissetta qualmente havendo cercato li libri dove si notano li defunti et ho retrovato che, dal primo di settembre proximo passato …../…. Sono morti tra bambini e donni , huomini et figlioli, numero 1685: onde in fede della verità salvo sempre errore numeri ; ho fatto la presente, sottoscritta di propria mano, hoggi 8 di gennaio 1648 .carmelo santilllo0 @gmail.com 11 Pag. 11 6 CALTANISSETTA ” Il detto tenente entrò con la compagnia, impaziente della resposta, per la porta di Mazara cosiddetta e tirò alla volta del quartiero, solito presidio delle compagnie, ma trovaron la porta del qualtiero murata, quale si murò e serrò al partirsi di detta compagnia e si sole sempre fare quando non vi sono collocati soldati di presidio in questa città “.Una gran folla si riunì davanti al quartiere: e chiese agli ufficiali di lasciare la città. - Temendo per la loro vita, la compagnia lasciò immediatamente la città, attraverso la porta di mare, che era la più vicina. - , Altra agitazione nasce quando si cercò di impedire la ingabellazione delle gabelle annuali della città. – Pag. 12 che si banniassiro né liberassiro dette gabelle, dicendo et esclamando che voleano levati tali gabelle, minacciando …s’ altrimenti facessimo di voler correre la città e liberare tutti i detti populi da tale imposittiomi”” (i giurati di Marsala al vicerè Los Veles) carmelo santilllo0 @gmail.com 12 CALTANISSETTA I giurati cercarono di calmare gli animi riuscendo a stabilire la quiete, “sì concorsero ogni quantità di populi, li quali ostinatamente non permisero “necessario che tali gabelle persistano e non si facci innovatione, ne movimento stante che dette gabelle sono applicate alli guardii e custodia della città si altri affari necessarii et la città non può avere altro rimedio et riparo per complire come deve al servitio di Sua Maestà “. Chiesero al vicerè che si producesse comunque all’ ingabellazione, facendo a meno delle solite “sollennità e proclami e in qualsiasi tempo non festivo e feriato come ci obligano le nostre costituzioni.” Si volevano evitare le occasioni di assembramento in giorni particolarmente delicate come quelli festivi, in cui si trovavano in città tutti coloro che durante la settimana erano assenti perché impegnati nei lavori agricoli, in modo da “non succedere alcun tumulto e disordine in questi popoli che oggi corrono universalmente senza ragione né sanno quello che domandano”. - Pag. che tenia il colleggio di Padri Gesuiti nel territorio di detta città si haveriano morto di fame, si come li avvenne nei mesi di aprile et magio prossimi pasati…. et ora sono ridutti a termino che non hanno formento di potersi substentari per giorni vinti incirca. (i giurati di Marsala al vicerè Los Veles). - 13 A settembre la città è sprovvista completamente di grano: i giurati non erano riusciti “ad alcanzare alcunchè, che se non avessero havuto quelli pochi formenti carmelo santilllo0 @gmail.com 13 CALTANISSETTA Collesano stato appartenente al principe Moncada. - Maggio 1647. - il capitano di giustizia trasse in arresto alcuni bordonari che, nottetempo, avevano tentato di trafugare carichi di grano dal paese. -7 Il popolo rumoreggiò contro quei venditori e i bordonari, volevano che si inasprissero le pene e soprattutto volevano i nomi di queste persone. La tensione sembrava sopita quando accadde un fenomeno mistico che scosse tutta la città. - Era domenica 26 maggio, quando l’immagine della Madonna Santissima dei Miracoli, patrona della città, custodita nella chiesa dei cappuccini, ha cominciato a sudare. Subito si chiama tutto il paese con le campane a stormo; una donna “sperdata e indemoniata” riferisce che la Vergine piangeva da una settimana per le sofferenze di Collesano e aveva sottratto alle sue mani numerose anime che avrebbero dovuto partecipare a una rivolta programmata per quella domenica. -8r La testimonianza della indemoniata fornisce un’efficace rappresentazione della grande tensione vissuta del centro madonita (da monti Madonie) raffigurata come lotta tra il bene e il male, incarnato dalla Madonna e il male, impersonato dalla donna ritenuta posseduta dal maligno, che si contendevano le anime di quanti avrebbero preso parte al tumulto. 7 Bordonari.- specie di trasportatori di cose e persone, a bordone carmelo santilllo0 @gmail.com 14 Pag. La detta domenica circa hore 17 incominciò la nostra Madre di Dio delli Miracoli, patrona di questa università, a sudare tutta la santissima immagine della santissima faccia insino alli santissimi piedi, gettando grandissimi sudori del suo santissimo corpo, e accorsi li frati cappuccini, che tengono nella loro chiesa tal tesoro, incominciarono a sonare la loro campana , onde lì concorse tutto il popolo ,et, portandoci alcune donne sperdate, una di dette rivelò et disse che otto giorni sono che la Santissima §Madre di Dio piangeva innante il cospetto di Dio per li flagelli di questo popolo et hanco la detta indemoniata dicea che ci haveva levati dalle sue mani tante anime che si havevano da perdere per detta rebellione, che si pensava fare in detto giorno. A margine della missiva si dichiarava che a essa era allegato un po' di cotone con il quale era stata asciugata l’immagine della Vergine 14 8 CALTANISSETTA Caltavuturo Una rivolta era stata sedata sul nascere a Caltavuturo, mentre a Petralia Sottana. dove la tensione cresceva di giorno in giorno, il reggente inviò il benedettino Vincenzo di Catania “per andare acquetando quei genti “ Per l’università di Petralia Sottana il biennio 1647- 48 fu l’ultimo di un ciclo di anni crisi e ne rappresentò il culmine. Testimonianza della crisi è l’elevata mortalità. /84 morti e 147 nascite nel 1647, anno in cui la meta del frumento fu fissata a 3,10 onze la salma. – Il 1647 era stato, anche per Petralia Sottana un anno pesante, superato, dopo una stretta dei due anni cruciali, con la netta ripresa delle nascite, quasi ininterrotta dal 1648 al 1655, accompagnata da una curva dei prezzi del grano, sempre a livelli sostenuti, intorno a onze 2,10 la salma Francesco Figlia Pag. 15 “La crisi oltre ad essere demografica ed economica era finanziaria. e, il 12 gennaio 1647, si era riunito il Consilio civico per affrontare il grave dissesto finanziario dell’università.- La reiterata impossibilità a far fronte a tende e donativi regi e le uscite per la costruzione della “ Maggiore Ecclesia” avevano causato l’accumulo di debiti per 200 onze.Per l’ennesima annata di crisi , erano previsti un gettito ridotto delle gabelle e difficoltà di esazione.- Ai debiti si aggiungeva l’impossibilità di sostenere le spese ordinarie , non essendo possibile imporre nuove gabelle .per il timore del trasferimento degli abitanti in altri luoghi a causa dell’inasprimento della pressione fiscale; inoltre non si riusciva ad ingabellare le gabelle esistenti.Il Consilio civico, per ovviare alla difficile situazione , aveva deliberato l’affegamento delle terre comuni , cioè la possibilità di ingabellarle o affittarle , per intero o in parte.L’università sperava così di evitare anche il temuto intervento dei commissari incaricati delle esazioni.- Il consilio aveva deliberato perciò anche la cessione delle terre per cinque anni e a quattro terraggi ( quattro salme di frumento per salma di terreno seminato ) prezzo vantaggioso per l’università ed applicabile per le terre, essendo da anni destinate al pascolo, erano potenzialmente molto fertili ed erano vicine al centro abitato; inoltre ,l’assemblea aveva richiesto al feudatario “ lettere osservatoriali “ che consentissero l’esecutività di quanto deciso e al Los Veles, ottenendolo, che per un anno non fossero inviati commissari e delegati per la riscossione dei debiti .- carmelo santilllo0 @gmail.com 15 CALTANISSETTA F, Figlia. - Potere e società in un comune feudale. - Pag. 16 miseria nera carmelo santilllo0 @gmail.com 16