CIVITA CASTELLANA E IL SUO TERRITORIO
RICOGNIZIONI ARCHEOLOGICHE E DATI D’ARCHIVIO
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INDICE
Premessa
Prefazione
Introduzione
I.1. Il centro urbano: il pianoro maggiore
I.1.a. Le ricerche condotte fino al 1939
I.1.b. Le scoperte archeologiche dal 1939 ai giorni nostri
I.2. Il pianoro di Vignale: ricerche e scoperte dall’‘800 a oggi
II. Il suburbio
II.1. La topografia del suburbio
II.1.a. Ricognizioni archivistiche
II.2. Il settore occidentale del suburbio
II.3. Il settore meridionale del suburbio
II.4. Il settore settentrionale del suburbio
III. Il territorio extraurbano
III.1. La via Flaminia
III.2. Il territorio tra la via Flaminia antica e il Tevere
III.3. Il territorio ad ovest della via Flaminia antica
III.4. La via Amerina e il suburbio di Falerii Novi nel territorio di Civita Castellana
Abbreviazioni bibliografiche
Apparato fotografico e cartografico
2
Elenco dei collaboratori:
Laura Ambrosini (LA)
Gilda Benedettini (GB)
Maria Cristina Biella (MCB)
Claudia Carlucci (CC)
Maria Anna De Lucia Brolli (MADB)
Marina Marcelli (MM)
Maria Laura Michetti (MLM)
Angela Napoletano (AN)
Piero Poleggi (PP)
Lucia Suaria (LS)
Isabella Toffoletti (IT)
3
PREMESSA
(a cura dell’Amministrazione Comunale)
4
PREFAZIONE
(a cura del Soprintendente)
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INTRODUZIONE
La tutela di un sito archeologico della rilevanza di Civita Castellana, l’antica Falerii,
deve avvalersi necessariamente di tutti gli apporti possibili che spaziano dalle ricerche
archivistiche a quelle bibliografiche soprattutto per l’area della città antica – oggi
intensamente urbanizzata – affiancandosi allo strumento delle ricognizioni nell’ampio
territorio segnato dalla presenza di importanti assi viarii quali la via Flaminia e la via
Amerina e da un articolato tessuto insediativo di età preromana e romana.
Fin dalla seconda metà dell’800 si è avvertita l’urgenza di dotare l’Amministrazione
pubblica di strumenti idonei a garantire la salvaguardia del patrimonio archeologico, in
coincidenza con l’intensa attività di ricerca e di indagine topografica svolta nell’agro
falisco tra il 1881 e il 1887 nell’ambito della redazione della Carta Archeologica
d’Italia1. Tra i funzionari più attivi in questo settore, Adolfo Cozza ed Angelo Pasqui
affrontarono il problema, fondamentale per la tutela, della cartografia archeologica,
avviando la redazione di carte per l'Etruria meridionale e la Sabina, ed infine
partecipando ad un più ampio progetto incentrato sul territorio falisco.
Alcuni dei documenti elaborati a questo scopo rappresentano ancora oggi una base
importante per la conoscenza e la tutela dell’antica Falerii, e ci permettono di percepire
nelle diverse redazioni il lavoro di continuo aggiornamento dei dati che via via il sito
andava restituendo.
Se confrontiamo la piantina di Civita Castellana redatta da Adolfo Cozza e pubblicata
nelle Notizie degli Scavi del 1887 con la grande pianta di Falerii esposta nel dicembre
del 1888 nel Museo di Villa Giulia in occasione di una visita dei Sovrani, appare
evidente come la ricchezza dei dati di quest’ultima ne faccia un documento di
primissimo piano.
Realizzata di pugno dallo stesso Conte Cozza, essa è il frutto di un paziente lavoro di
ricerca sul terreno, da lui avviato fin dal 1883, e della progressiva raccolta di dati resa
possibile dai risultati dei numerosi scavi che si andavano compiendo in quegli anni
nelle necropoli e nei santuari2.
Probabilmente basata su una pianta catastale recente, e realizzata a china, acquarello e
tempera, con sfumature di colore che ben rendono l'assetto geografico dei luoghi, la
Pianta, priva oggi di buona parte del margine sinistro, riproduce nel dettaglio la
topografia antica nota, inserendola nel contesto moderno, indicando i nomi dei corsi
d'acqua e delle principali località3.
Gli ultimi anni dell’800 e i primi del ‘900 vedono impegnato soprattutto Raniero
Mengarelli, alla cui attività si deve la redazione di un taccuino con appunti e disegni
Sulla Carta archeologica d’Italia: COZZA 1972; CASTAGNOLI 1974
Sulla Grande Pianta di Falerii: Cozza 1985
3 In un secondo momento furono aggiunti a penna e a matita la numerazione delle tombe ed altri segni,
forse in occasione della sistemazione dei corredi del Museo.
1
2
6
misurati e la preparazione di mappe a scala più ampia con i dati topografici da lui
acquisiti in scavi e ricognizioni sia a Vignale sia sul pianoro maggiore.
Conservata nell’Archivio storico del Museo di Villa Giulia, la documentazione
prodotta dal Mengarelli è stata solo parzialmente edita, ma continua a costituire ancora
una volta una base fondamentale per l’attività di tutela della Soprintendenza, che,
avvertendo la necessità di un continuo aggiornamento e di adeguamento agli strumenti
oggi disponibili per una più immediata consultazione e condivisione, ha ritenuto utile
affiancarsi all’Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo Antico
(ISCIMA) del CNR in un progetto di ricerca avviato nel 2004 dal titolo “L’abitato di
Falerii Veteres dalla documentazione di archivio alla cartografia digitale” 4 . In
quest’ambito, si deve a Paola Moscati la realizzazione di una nuova base cartografica
digitale vettoriale, fornita dal Comune di Civita Castellana, che ha costituito il punto di
partenza per la realizzazione di modelli digitali del terreno, finalizzati anche ad
“analizzare la percezione visiva dello spazio circostante che può aver influenzato fin
dall’antichità determinate scelte di carattere urbanistico e architettonico”.
Il progetto condiviso CNR-Soprintendenza archeologica, avviato con l’intenzione di
limitarsi in una prima fase alla documentazione relativa all’area urbana, è purtroppo al
momento sospeso.
Risale invece al 1994 l’incarico da parte della Soprintendenza agli archeologi della
Cooperativa Lateres di effettuare ricognizioni del territorio comunale al fine di creare
una mappatura delle aree di interesse archeologico, aggiornando i dati noti sino a quel
momento anche in zone già sottoposte a vincolo, concentrate soprattutto nell’area
urbana. Va sottolineato infatti che fin dagli anni venti del secolo scorso erano stati
emanati una serie di decreti di vincolo in base alla legge 364/1909, la cui esatta
perimetrazione non risultava confortata da planimetrie catastali. L’attività di revisione
delle aree vincolate si è pertanto focalizzata soprattutto su ricerche archivistiche
inerenti in particolare il settore dell’Antico Catasto Pontificio della Delegazione di
Viterbo e presso l'Ufficio Tecnico Erariale (Sezione Terreni) di Viterbo, al fine di
verificare e posizionare i singoli vincoli, consultando contestualmente la Conservatoria
delle Ipoteche per l'aggiornamento dei titoli di proprietà. Le problematiche
amministrative non potevano peraltro essere disgiunte da una verifica sul terreno che
consentisse di acquisire dati anche sullo stato attuale dei beni immobili vincolati.
La ricognizione territoriale si è poi estesa all'intera area comunale, facendola precedere
da una attenta analisi dei dati bibliografici ottocenteschi. La scelta di prendere le mosse
da una lista di presenze archeologiche segnalate alla fine dell’800 dai redattori della
Carta Archeologica d’Italia, - G. F. Gamurrini, A. Cozza, A. Pasqui, R. Mengarelli5 -,
non è casuale, ma risponde alla necessità di verificare quali trasformazioni avesse
subito il territorio nel corso di un secolo.
Non sempre è stato possibile raggiungere l’obiettivo prefissato: in qualche caso il
divieto di accesso alle proprietà private, in altri l’impraticabilità dei luoghi, causato
dalla presenza di una fittissima vegetazione e di terreni seminati, hanno di fatto
4
5
Sul quale si veda MOSCATI 2005
Forma Italiae II, 1
7
impedito di effettuare i riscontri sui resti segnalati alla fine dell’800. Sono risultati
inaccessibili, inoltre, alcuni dirupi, gole, forre, nei quali non è stato possibile verificare
la presenza di eventuali emergenze archeologiche.
All'interno del perimetro cittadino, invece un elemento di criticità è stato
rappresentato dall’urbanizzazione che ha modificato significativamente lo stato dei
luoghi rispetto alla realtà nota agli scavatori ottocenteschi e dell’inizio del ‘900.
I dati raccolti nel 1994 sono confluiti in una carta topografica (la base è rappresentata
dalla CTR 1:10.000) e in schede analitiche e sono rimasti sino ad oggi inediti, mentre
hanno costituito la base per una più consapevole attività di tutela. Rielaborati nella
forma che viene presentata in questo volume, essi si affiancano a tutte le altre
informazioni che a partire da quella data sono state acquisite grazie ad interventi
condotti per motivi diversi sul territorio (scavi sistematici, controllo delle opere di
urbanizzazione, interventi di salvaguardia, etc.).
Il quadro delineato ormai oltre un quindicennio fa appare oggi ulteriormente
trasformato; soprattutto in zone agricole l’individuazione di aree di frammenti fittili
non ha trovato sempre riscontro alle successive e recenti verifiche sul terreno, dovute
all’attività di controllo che la Soprintendenza effettua periodicamente. Si è ritenuto
opportuno annotare in calce alle schede di ricognizione del 1994 anche i cambiamenti
osservati nel corso di questi sopralluoghi, frutto delle lavorazioni del terreno che
hanno avuto come conseguenza sia la fluttuazione sia l’occultamento dei resti mobili
visti all’epoca in superficie.
(MDLB)
Per fornire un’immagine più esaustiva, che tenesse presente anche l’assai consistente
insieme di indagini condotte dal XIX secolo ad oggi, si è ritenuto utile integrare la
documentazione fornita dalle indagini sul territorio con i ricchissimi dati archivistici,
anch’essi in buona misura ancora inediti e conservati presso numerose istituzioni
perlopiù italiane. Lo si è fatto, prendendo spunto da una ricerca ancora in corso, ma
già ad uno stato avanzato, che prevede lo studio sistematico di queste fonti
archivistiche6. Per la realizzazione di questo volume si sono utilizzati i dati raccolti
sino al mese di giugno 2011, che corrispondono a circa il 65% del totale dei
documenti a disposizione.
Per comprendere l’importanza dei dati archivistici per la conoscenza dell’antica Falerii
occorre ricordare che Civita Castellana fu oggetto nella seconda metà del XIX secolo
di ampie e intense indagini archeologiche. Se si volesse trovare un punto d’inizio per
quest’attività, si dovrebbe risalire al 1873, anno in cui venne alla luce il cosiddetto
Ninfeo Rosa (scheda ***), che a livello locale segnò l’incipit di un rinnovato interesse
Lo studio è stato avviato da chi scrive nel 1997 a seguito della stesura della tesi di laurea sulla Collezione
Feroldi Antonisi De Rosa e sarà completato nel prossimo triennio nell’ambito di un secondo Dottorato di
Ricerca presso l’Università di Southampton, con una ricerca dal titolo “Giving voice to an ancient
preRoman city: the study case of Falerii Veteres” . Nel corso degli anni sono già stati resi noti alcuni dei
risultati raggiunti su singoli contesti e porzioni di territorio: BIELLA 2003, BIELLA 2004, BIELLA 2005,
BIELLA 2007, BIELLA 2007, BIELLA 2010 e BIELLA 2011.
6
8
nei confronti delle antichità presenti nel territorio7. Questo clima particolare trovò
d’altro canto un supporto e un’occasione di sviluppo nella presenza nel distretto
falisco degli autori della Carta Archeologica d’Italia, appassionati ricercatori, che
capirono immediatamente la necessità di “irreggimentare” l’interesse e i frutti delle
indagini locali con il fine di recuperare il maggior numero possibile di testimonianze,
in un periodo storico in cui la neonata Italia cercava anche nel passato le giustificazioni
di una sua identità culturale8.
Le indagini in un primo momento interessarono soprattutto le necropoli, che furono
indagate estensivamente anche grazie alla costituzione da parte dei locali di Società di
Scavi Archeologici 9 . Le ricerche dettero frutti assai consistenti, che secondo la
legislazione vigente all’epoca dovettero essere divisi tra gli scavatori/proprietari dei
terreni e lo Stato, che tuttavia in questo caso optò per l’acquisto quasi sistematico della
totalità delle quote parte, essendo questi materiali utili alla costituzione dell’erigendo
Museo di Villa Giulia a Roma.
Questa fortunata serie di coincidenze ha fatto sì che almeno ai materiali rinvenuti
durante le ricerche dell’ultimo trentennio del XIX secolo a Civita Castellana sia toccata
una sorte invidiabile, se paragonata, ad esempio, a quella degli scavi cominciati qualche
anno più tardi nella vicina Narce10. Lo Stato Italiano ha infatti nel caso dell’antica
Falerii conservato non solamente i reperti, ma anche a livello archivistico una
documentazione estremamente dettagliata relativa alle indagini condotte11. Questo fa
sì che, anche a una distanza di ben oltre un secolo noi si sia in grado di ricreare un
resoconto preciso degli interventi effettuati, delle scoperte avvenute, dei materiali
ritrovati e della sorte a loro toccata.
Per questa prima fase i documenti utilizzati per la presente ricerca sono conservati nei
seguenti archivi:Archivio Centrale dello Stato (Eur Roma), Archivio SBAEM (Villa
Giulia a Roma, Museo Archeologico dell’Agro Falisco a Civita Castellana), Archivio
SBAT (Museo Archeologico Nazionale Firenze e Carte Gamurrini presso Museo
Archeologico Nazionale C. Mecenate di Arezzo), Archivio Nazionale di Orvieto
(Carte Cozza) e BIASA, Carte Barnabei.
A queste serie documentali vanno aggiunti anche nuclei più ristretti, conservati presso
alcune istituzioni museali straniere, che hanno acquistato perlopiù verso la fine
dell’800 nuclei di materiali provenienti da Civita Castellana12.
7BIELLA
2011, pp. 10 s. e p. 15.
Per un quadro della temperie culturale nel centro dell’allora provincia di Roma si vedano COZZA 1972,
soprattutto p. 450 e Tamburini in TAMBURINI, BENOCCI, COZZA LUZI 2002, pp. 65 ss..
9 Per la nascita delle Società di Scavi Archeologici BARNABEI, DELPINO1991, p. 195 e nota n. 25 p. 214 e il
fascicolo ad esse dedicato all’Archivio Centrale dello Stato, AABBAA, I versamento (1860-1890), b. 138,
fasc. 9.
10BAGLIONE, DE LUCIA 1998, p. ***.
11 Basti qui ricordare, ad esempio, che la pubblicazione ad oggi più esaustiva delle necropoli di Falerii
Veteres è interamente basata sull’analisi dei dati archivistici prodotti al momento dello scavo e
provvedendo ad un incrocio con i volumi inventariali del Museo di Villa Giulia a Roma (Forma Italiae II,
2).
12 È il caso, ad esempio, della documentazione conservata presso l’archivio della University of
Pennsylvania, le brevi notizie relative ad una tomba da Monte Paglietta, oggi conservata presso il Museo
dell’Università di Tübingen, o ancora quelle del complesso all’Antikensammlung di Berlino.
8
9
A questo primo periodo di particolare fervore ne seguì un secondo per noi al
momento meno chiaro, il cui studio dettagliato è però destinato a portare rilevanti
novità soprattutto per quanto concerne l’assetto urbano della prima Falerii. Agli inizi
del ‘900 infatti, la porzione orientale del plateau di Civita Castellana, sotto la spinta
dell’apertura della linea tranviaria, fu oggetto di una serie di interventi edilizi
numericamente assai consistente. Fu il momento in cui si provvide all’edificazione
parziale dell’area dello Scasato, precedentemente quasi del tutto priva di costruzioni,
come chiaramente testimoniato anche dalle carte dell’Antico Catasto Pontificio della
Delegazione di Viterbo, redatte nel 1873 e oggi conservate presso l’Archivio di Stato
di Viterbo13. Quando la S.A.R.A. Nistri provvederà alla copertura aerofotografica nel
1930 dell’odierna provincia di Viterbo a fini catastali, l’area risulta essere ormai in
buona parte edificata, avendo sviluppato una vocazione prevalentemente industriale,
legata alle produzioni ceramiche di sanitari che avevano preso piede nel distretto
civitonico14.
La differenza principale tra le ricerche del primo e del secondo periodo individuati
risiede fondamentalmente nel fatto che mentre le prime furono espressamente
condotte con finalità archeologiche, le seconde furono invece frutto della “necessità”,
venendosi ad inquadrare in quello che potremmo a buona ragione definire come
“indagini d’emergenza”. D’altro canto sarà proprio questo tipo di operazioni alla base
delle scoperte archeologiche effettuate a Civita Castellana dagli inizi del ‘900 ai giorni
nostri, essendo le ricerche mirate e nate con finalità scientifica assai più limitate
numericamente. Ad un primo periodo in cui furono attivi sul terreno personalità di
spicco dell’archeologia italiana, quali, ad esempio, Enrico Stefani, al quale dobbiamo
una documentazione assai dettagliata delle indagini che ebbe modo di controllare di
persona, seguirono anni in cui l’attenzione all’“archeologia urbana” fu meno presente
con l’inevitabile e conseguente perdita di dati. Solo dagli anni ’80 del secolo scorso si è
riaccesa una forte sensibilità nei confronti dell’“archeologia urbana”, in parte anche in
concomitanza con l’apertura di grandi cantieri nelle città etrusche e con il conseguente
spiccato interesse nei confronti dell’urbanizzazione di età preromana. Ne consegue
che anche per Civita Castellana si è dunque rinnovata l’attenzione per gli scavi
condotti nel centro urbano e nell’immediato suburbio in occasione di interventi edilizi.
Quest’attività di controllo e di studio delle emergenze rinvenute ci ha permesso di
approfondire notevolmente le nostre conoscenze su particolari aspetti dell’assetto
urbanistico dell’antica Falerii.
Sono ascrivibili alla seconda fase individuata scoperte molto più limitate,
indubbiamente frutto delle modalità con cui le ricerche vennero condotte. Ne
consegue anche che l’immagine che noi ad oggi possiamo fornire è altamente
frammentaria, ma che, contemporaneamente, se attentamente riletta, può portare a
una conoscenza di alto dettaglio della struttura urbana dell’antica Falerii e del suo
sviluppo nel corso dei secoli, che permetterebbe di delineare il quadro forse più
Per l’Antico Catasto Pontificio della Delegazione di Viterbo si vedano AUTUNNO 1993 e AUTUNNO
1998.
14 Per un quadro delle vicende inerenti allo sviluppo delle prime industrie ceramiche si vedano DEL
FRATE 1898, p. *** e DEL FRATE 2000, p. 107.
13
10
dettagliato a nostra disposizione per quanto concerne una città preromana dell’Italia
centrale tirrenica.
Per questa seconda fase, che, come detto, deve essere fatta giungere sino ai giorni
nostri, i documenti sono conservati nei seguenti archivi: Archivio Centrale dello Stato
(Eur Roma), Archivio SBAEM (Villa Giulia a Roma, Museo Archeologico dell’Agro
Falisco a Civita Castellana), Biblioteca Apostolica Vaticana, Carte Stefani e Archivio
Regione Lazio.
(MCB)
11
I.1. IL CENTRO URBANO: IL PIANORO MAGGIORE
L’odierna Civita Castellana occupa il sito che fu dell’antica Falerii, città egemone delle
popolazioni falische. Il primo nucleo dell’insediamento si sviluppò, a partire dall’età
del Bronzo finale, sull’altura di Vignale, andando ad occupare nel corso del VII secolo
a.C. il pianoro maggiore, che offriva una maggiore disponibilità di spazi.
I dati archeologici che ci sono pervenuti attestano una frequentazione costante fino al
momento della conquista romana nel 241 a.C., allorché la città fu completamente rasa
al suolo, e una ripresa dell’occupazione urbana nel periodo medioevale, documentata
da reperti ceramici databili a partire dal X secolo rinvenuti negli scavi condotti in vari
punti del settore orientale del pianoro in località Scasato.
La posizione naturalmente fortificata fu ulteriormente rinforzata in antico da tratti di
mura in blocchi squadrati di tufo, oggi scarsamente visibili tra la vegetazione infestante
dei ripidi costoni tufacei; un breve tratto può essere ancora apprezzato all’interno del
fossato del Forte Sangallo, che ha ricalcato, alla fine del 1400, il vallo difensivo della
città falisca.
All’interno della cinta muraria, l’organizzazione spaziale è segnalata dalla dislocazione
dei collettori fognari e dei cunicoli che attraversano il pianoro in senso est-ovest e
nord-sud, la cui rete, intercettata ed esplorata via via già nell’800, è stata riprodotta
nella Grande Pianta acquerellata di Falerii, redatta da Adolfo Cozza nel 1888.
Agli inizi del ‘900 Raniero Mengarelli, nel corso della sua attività di ispettore preposto
alla tutela del sito, si dedicò ad esplorare sistematicamente il perimetro della cinta
muraria, identificando in alcuni varchi porte urbiche, e a verificare pozzi e cunicoli. Di
questa attività, estesa anche alla vicina altura di Vignale, rimane una preziosa
testimonianza nelle planimetrie inedite conservate nell’Archivio storico del Museo di
Villa Giulia.
La nostra conoscenza della topografia antica dell’insediamento urbano di Falerii ha una
base fondamentale in questi documenti, che hanno trovato spesso conferma in anni
più vicini a noi, nel corso di interventi di scavo determinati dall’attività di tutela.
La tragedia provocata dalla conquista romana – la città fu rasa al suolo – e la
continuità di vita dal medioevo ad oggi hanno d’altra parte comportato, a livello
strutturale, la sopravvivenza quasi esclusiva degli apprestamenti idrici (cunicoli, pozzi,
cisterne), la cui conservazione è stata assicurata dalla loro natura ipogea.
Solo i santuari, rispettati dai conquistatori e frequentati fino alla fine del II - inizi del I
secolo a.C. allorché furono abbandonati e dismessi secondo modalità che potremmo
definire ordinate, ci hanno restituito testimonianze di grande rilevanza che si
affiancano a quelle dei santuari suburbani, documentando anche la profonda religiosità
di questa popolazione15.
L’insieme di questi dati ci consente di tentare una ricostruzione dell’assetto
topografico del pianoro maggiore: ai margini dell’area urbana, probabilmente in
15
Atti Perugia
12
collegamento con i principali accessi alla città, doveva esistere, almeno da un
momento avanzato della prima metà del V sec. a. C., un sistema di santuari di
impianto monumentale. Oltre al santuario identificato grazie alle scoperte di via
Gramsci e al santuario dello Scasato II, posto ad est del pianoro maggiore, due
santuari minori dovevano trovarsi a sud-est e a nord-est, uno dei quali parzialmente
esplorato16.
Nel contesto generale dell’area urbana, un settore nevralgico era costituito dalla
località Scasato, probabilmente coincidente con il foro di Falerii17. Nel IV sec. a.C. lo
Scasato si configura come il principale centro religioso della città: a breve distanza
l’uno dall’altro, lungo il maggiore asse viario est-ovest, sorgono infatti due tra i più
importanti santuari urbani, dedicati rispettivamente a Minerva e ad Apollo Soranus.
Il monumentale tempio dedicato a Minerva, nel santuario dello Scasato II, documenta,
insieme ai santuari suburbani di Vignale e Celle, la fase di rinnovamento edilizio che
investe la città dall’inizio del IV sec. a.C., momento nel quale si attuano peraltro forme
di regolarizzazione dell’impianto urbanistico di cui si sono riconosciuti gli effetti anche
negli scavi condotti nel 1998 nell’area di via Gramsci. Alla fine del secolo, la
costruzione del tempio dedicato ad Apollo Soranus non può non tenere conto del
nuovo assetto e si allinea ad uno dei principali percorsi N-S18, quello collegato alla
posterula sotto il giardino delle Clarisse, identificata dal Mengarelli come una delle porte
urbiche settentrionali19.
Pur tuttavia, nonostante una così attenta pianificazione degli spazi, il polo religioso
del IV sec. a. C. risulta decentrato rispetto all’abitato quale è definito dal perimetro
della cinta muraria, lasciando intuire una specifica vocazione sacrale di questo settore
dell’area urbana sin dalle età precedenti, come hanno confermato le scoperte del 1924
e del 2004 nell’area del santuario dello Scasato II.
Polo religioso, ma anche artigianale, come testimoniano i sistematici ritrovamenti di
resti e materiali funzionali ad attività produttive, in particolare di ceramica, dislocate
peraltro in prossimità delle aree santuariali20.
(MDLB)
I.1.A. LE RICERCHE CONDOTTE FINO AL 1939
I dati sui due santuari minori sono riportati dai redattori della Carta Archeologica d’Italia ( COZZAPASQUI 1981, p. 6, e nota 15); l’edificio a sud-est è riportato anche nella Grande Pianta di Falerii (cfr.
COZZA 1985) e le ricognizioni di Paola Moscati, durante le quali è stato recuperato un frammento di
gamba pertinente a decorazione architettonica, sembrano confermare il dato (MOSCATI 1983, pp. 74-75,
nn. 2-3, tav. XVII).
17 TORELLI 1993, p. 16
18 Probabilmente il cardo, secondo l’interpretazione di Giovanni Colonna (COLONNA 1985, p. 87)
19 Biblio
20 Non sembra senza significato, peraltro, che i settori produttivi individuabili nel tessuto urbano siano
ubicati proprio in prossimità delle principali aree santuariali dell’antica Falerii. Lo stato dei rinvenimenti
non consente, se non per il complesso del pozzo II di via Gramsci, di definire con certezza l’esistenza di
un sistema complesso imperniato sulla produzione, vendita e circolazione di ceramiche destinate al
circuito santuariale.
16
13
Il settore del pianoro di Civita Castellana che maggiormente venne interessato dai
rinvenimenti di fine XIX-inizi XX secolo fu senza dubbio quello orientale. Questo
perché da un lato la porzione occidentale del plateau era edificata e quindi non soggetta
a particolari interventi e dall’altro perché invece proprio il settore orientale negli anni a
cavallo tra la fine dell’‘800 e gli inizi del ‘900 subì profonde trasformazioni, legate
perlopiù all’apertura della tranvia Roma-Civita Castellana e al conseguente sviluppo
industriale dell’area21.
Il periodo attorno alla fine degli anni ’80 del XIX secolo fu contraddistinto da ricerche
mirate soprattutto all’indagine delle necropoli, che stavano restituendo ingenti quantità
di materiali, poi venduti allo Stato Italiano. È d’altro canto ancora di là da venire
l’interesse per l’indagine delle strutture urbane. Quello che però è certo è che si cercò
di prestare una particolare attenzione da parte dell’Amministrazione dello Stato ogni
qual volta si andasse a toccare per scopi edilizi parte del pianoro su cui sorgeva l’antica
Falerii.
La porzione orientale del pianoro era divisa in due zone, la località “Le Monache” a
nord e “Lo Scasato” a sud. La delimitazione est-ovest di queste due aree era
grossomodo costituita in entrambi i casi dagli assi viari omonimi – via delle Monache
(attuale via Ferretti) da un lato e via dello Scasato dall’altro. I confini settentrionale e
meridionale erano invece più netti, essendo costituiti dai limiti stessi del plateau.
LOCALITÀ SCASATO
I rinvenimenti di maggiore consistenza avvennero in località Scasato, ove a più riprese
dal 1887 al 1924 furono portate alla luce strutture ascrivibili a vari momenti di
occupazione del pianoro di Civita Castellana, dalla tarda età del Ferro sino al periodo
medioevale.
Tra le prime ricerche di cui rimane memoria bisogna ricordare quelle di cui si dà
notizia nel volume di Notizie degli Scavi del 188722, quando “in un’area, ottenuta per
mezzo di taglio nel banco di tufo, e nella quale si trovano praticati dei fori irregolari,
ed una specie di sotterraneo, che probabilmente nei bassi tempi servì ad uso di
cantina, si erano raccolti varî frammenti fittili” 23, che appartenevano alla decorazione
di un tempio. Si trattava delle indagini condotte negli orti Morelli, Orazi e Baroni e che
portarono alla luce i resti del sistema decorativo del santuario dello Scasato I (I.a.1)24.
Se è ben nota la ricchezza delle decorazioni fittili recuperate in quell’occasione, assai
più scarsi furono i rinvenimenti relativi alle strutture del/degli edificio/i. Coloro che
condussero le indagini ricordano infatti di avere rintracciato sul terreno solamente un
“piccolo tratto delle fondazioni, a due soli strati di blocchi di tufo, alti ciascuno m,
0,40 in circa”, nell’orto Morelli”. Al di sotto di questo lacerto di struttura affiorava già
il banco tufaceo25. Un altro piccolo tratto murario era stato poi conservato sul confine
tra gli orti Baroni e gli orti Orazi. Il rinvenimento dei frammenti statuari avvenne
Si veda, a tal proposito quanto detto supra in Introduzione.
Pasqui 1888, p. 137.
23 Cozza 1888, p. 414.
24 Per un posizionamento delle indagini condotte si veda di recente Biella 2004, pp. 327 ss.
25 Cozza 1888, p. 414.
21
22
14
dunque quasi esclusivamente all’interno di strutture ipogee con funzione
originariamente idraulica. Nell’orto Baroni venne infatti scoperta “una grande fossa
quadrata, di m. 13 di lato, e di quasi 8 m. di profondità, nelle cui pareti veggonsi
canaletti ad opera muraria con intonaco, usati per regolare il corso degli stillicidi e
mantenere asciutto il luogo”26. La cisterna era dotata anche di “nicchiette” praticate a
varie altezze nella parete ed era fornita di due scale d’accesso, l’una con quaranta
gradini – la maggiore – sul lato nord e l’altra – la minore con cinque gradini – sul lato
ovest. Nell’orto Orazi venne inoltre scoperto un cunicolo, con soffitto voltato, di m
0,80 di ampiezza e alto m 2,50, che correva in direzione nord sino ad andare a trovare
il suo sbocco nella rupe di Civita Castellana, attraversando, dunque anche la località Le
Monache. Un’altra piccola vasca (m 1,30 x 0,60) fu rinvenuta sul confine tra l’orto
Orazi e quello Baroni. Un “canaletto di scarico” partiva dalla vasca, mettendola in
comunicazione con un piccolo pozzo di m 0,30 di diametro, che a sua volta era
collegato con il grande cunicolo descritto. Vennero rinvenute durante le indagini
anche “pozzi, fosse rettangolari, probabilmente usate per magazzini o per cantine”, di
cui tuttavia non si fu in grado di stabilire una cronologia precisa e che non vennero
comunque messi in relazione dagli scavatori con l’edificio templare 27 . È però
interessante sottolineare come alcune di queste cavità dovevano essere anteriori alla
costruzione del tempio, essendo state chiuse in occasione della sua edificazione, come
testimoniato al momento dallo scavo dal tipo di riempimento riscontrato, costituito
esclusivamente da “vasellame etrusco di uso domestico di età anteriore [a quella delle
decorazioni fittili, NdA]” 28 . Altri però vennero assegnati da Adolfo Cozza ad età
medioevale, contenendo “vasellame del X o dell’XI secolo, a copertura vitrea o di
mezza maiolica come si suol dire” 29 . I resti del grande ciclo decorativo, noto in
letteratura come Scasato I e inquadrabile secondo gli studi più recenti al III sec. a.C.30,
vennero rinvenuti “sparsi tra la terra, o meglio rimasti occulti nelle buche naturali del
tufo, sotto il piccolo strato di terreno vegetale”31. Risultò chiaro che in parte furono
gettati all’interno della grande cisterna, quasi ad opera di pulizia del terreno
circostante. Il Cozza propone anche di riconoscere il momento in cui avvenne
quest’opera di dismissione: in epoca romana, tra la fine della Repubblica e l’inizio
dell’Impero, per via del tipo di rinvenimenti presenti nello strato più superficiale della
cisterna, tra i quali si distinguevano soprattutto “frammenti di vasi a vernice corallina
imitanti le stoviglie di Arezzo” e che possono dunque essere riconosciuti come parti di
fittili in sigillata italica32. Da questo dettaglio lo studioso propone di riconoscere in
Cozza 1888, p. 414.
Cozza 1888, p. 415.
28 Cozza 1888, p. 415.
29 Cozza 1888, p. 415.
30 Comella 1993, pp. 87 ss.. La studiosa propende per un inquadramento tra la fine del IV-inizi del III
secolo per il nucleo più consistente delle decorazioni. Le terrecotte recuperate testimoniano tuttavia anche
una fase più antica di metà IV sec. a.C. e una più recente di II-I sec. a.C. (Comella 1993, rispettivamente
pp. 201 ss. e pp. 211 ss.), che suggerisce la continuità della frequentazione dell’area sacra anche dopo
l’episodio bellico del 241 a.C.
31 Cozza 1888, p. 415.
32 Cozza 1888, p. 416.
26
27
15
questa porzione del plateau di Civita Castellana un’area destinata a coltura nel periodo
dalla tarda Repubblica. Questa situazione dovette rimanere inalterata sino attorno
all’XI secolo, età alla quale il Cozza attribuiva “un frantoio, scavato nel tufo, con
orifizio di scarico a livello dello strato romano; nel quale frantoio si trovarono vasi a
mezza maiolica dello stile del tempo”33. All’acribia con cui si descrissero i pochi resti
strutturali rinvenuti, corrispose anche un’attenzione particolare alla raccolta dei
frammenti relativi alla decorazione del tempio34 e ai materiali votivi35.
Ancora alla fine dell’‘800 vanno collocate le scoperte in località Scasato, a brevissima
distanza da quelle di cui si è sino ad ora detto, nei terreni di proprietà dei Signori
Paolelli, in occasione della costruzione di un “grande magazzino”36 (I.a.2). In quella
circostanza vennero alla luce strutture ascrivibili a due differenti periodi storici e con
diverse funzioni. Sul lato orientale dell’area indagata furono infatti scoperte due
tombe, l’una a fossa con loculo, destinata a ospitare due bambini e ascrivibile
all’Orientalizzante Recente per via del corredo e l’altra a fossa semplice, con cassa
litica rinvenuta senza corredo37. Nella porzione occidentale emersero invece parte di
una platea di tegole, disposte nei pressi dell’imboccatura di un pozzo, una cisterna
sotterranea e i resti di una struttura in blocchi di tufo, il rivestimento interno della
quale, unitamente al tipo di reperti mobili recuperati, faceva propendere già gli
scavatori, per un’interpretazione dell’area come destinata alla produzione di manufatti
ceramici, con particolare riguardo alla vernice nera e al bucchero riconducibile alla
cosiddetta domestic ware del Rasmussen38.
Prova della costante attenzione che l’Amministrazione rivolge ai rinvenimenti, anche
minimi, avvenuti a Civita Castellana è, ad esempio, quello del 1911, sempre in località
Scasato, nei terreni della vedova Cossio (I.a.3), in una porzione di terreno ove era stata
da poco aperta una cava di tufo. Ne dà notizia lo Stefani in uno dei suoi taccuini,
conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Lo studioso infatti, alla data 27
febbraio 1911, dice: “Il Magliulo ritornò ieri a Civita da Corchiano perché chiamato
per telefono dal Custode Rossi in seguito all'avvenuta scoperta di tre pozzi lungo i
lavori della Tramvia, in vocabolo Pian di Catalano e pel trovamento di alcuni fittili
presso la cava di tufi in contrada Lo Scasato, a 100 m circa a sud del luogo ove tornò
in luce la fossa votiva del tempio omonimo. La proprietà è della sig. Elide Brunelli
vedova Cossio. Il punto del trovamento è a 6 m ad ovest dal pozzo visto dal [illeggibile,
Cozza 1888, p. 416.
Una prima descrizione e una proposta descrittiva è contenuta in Cozza 1888, pp. 418 ss.. Un’analisi del
sistema decorativo è stata presentata in anni non lontani in Comella 1993.
35 Per una trattazione sistematica dei votivi provenienti dai santuari di Falerii si veda Comella 1986. Per i
pochi rinvenuti allo Scasato si veda in particolare p. 163, ai quali bisogna comunque aggiungere la pur
generica notizia, contenuta in Cozza 1888, p. 415, della presenza di “mani, un piccolo torso di statua virile
ed altri pezzi”.
36 Pasqui 1903, p. 453. La documentazione dello scavo è altresì conservata presso l’Archivio SBAR, Civita
Castellana, 291/12 e i rinvenimenti sono stati in anni recenti riconsiderati in Biella 2004, pp. 325 ss.
37 I contesti sono stati in anni recenti rianalizzati in Baglione, De Lucia 2007-08, 878 s. Nel contributo si
ricorda anche come altre sepolture sono venute alla luce altre due sepolture negli scavi SBAEM 1992 e di
cui si tratterà più dettagliatamente nel prosieguo di questa trattazione.
38 Pasqui 1903, p. 456 e per il riconoscimento di una produzione di bucchero Biella 2004, p. 336.
33
34
16
NdA]. Gli oggetti sono un'aretta fittile, votiva, una gamba virile a tutto rilievo
appartenuta a decorazione scultorea, poi tagliato al ginocchio forse per essere usata
come voto, un fondo di una oinochoe di bucchero, una ciotoletta pure di bucchero e
qualche altro frammentino insignificante. Non è improbabile che appartenessero alla
fossa votiva del tempio dello Scasato vuotato a distanza”39.
Deve passare una decina d’anni perché la località torni alla ribalta per via di scoperte
archeologiche. Al 1921 risale infatti il rinvenimento di un assai interessante nucleo
sepolcrale, costituito da quattro “tombe a pozzo”, venute alla luce durante i lavori per
la costruzione della Società G.B. Percossi (I.a.4) 40. Purtroppo sembra che i materiali
rinvenuti in quell’occasione non vennero acquistati dallo Stato e per tale ragione
dobbiamo basare le nostre considerazione sull’analisi dei soli materiali archivistici. La
tomba I era caratterizzata dalla custodia litica, all’interno della quale era presente
un’urna cineraria e il corredo. La tomba II venne invece rinvenuta già vuota, ma
rimaneva parte della custodia litica con il coperchio in frammenti; la III sembrò agli
scavatori intatta, ma, una volta aperta, risultò vuota. I pochi dati a nostra disposizione
ci portano a intessere una trama di confronti con altri nuclei sepolcrali di Falerii, e nella
fattispecie con quelli rinvenuti sotto il tempio di Celle41, ma anche - e forse soprattutto
– con alcune delle tombe rinvenute in località Montarano42.
A brevissima distanza dalla Ditta Percossi e ancora una volta in occasione
dell’edificazione di un’altra industria ceramica, la Ditta Coletta, nel 1924 venne alla
luce il ricco contesto santuariale, ormai noto in letteratura con il nome di Scasato II43,
la cui fase di maggiore splendore dovette corrispondere agli inizi del IV sec. a.C.
(I.a.5)44. Sfortunatamente al momento abbiamo poche informazioni in merito alle
indagini condotte. Rimangono però presso l’Archivio Fotografico della
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale delle immagini assai
eloquenti, che testimoniano le poderose strutture in blocchi di tufo, posti per testa e
taglio, emerse nel 1924, che, evidentemente dovettero poi venire reinterrate. Raniero
Mengarelli ricorda in occasione della pubblicazione del tempio del Manganello a Caere
come fossero lì venuti alla luce pozzetti la cui funzione doveva essere legata al culto e,
nel fare ciò, cita come confronto quelli scoperti nello scavo nello scavo dello Scasato
II45. Maria Santangelo nel pubblicare la testa dello Zeus che a lungo è rimasta l’unico
frammento edito del complesso di terrecotte, si riferisce alla struttura emersa come a
un “tempio di tipo tuscanico a tre celle” 46, ipotesi questa corroborata dallo studio
BAV, Carte Stefani 9, f. 43 r. Si vedano per la notizia anche Moscati 1990, p. 163 e per il
posizionamento Biella 2010, nota n. 20 p. 23.
40 Per un’analisi dei documenti archivistici e di queste sepolture si veda Biella 2010.
41 Si veda, a tal proposito, infra la scheda ***.
42 Si veda, a tal proposito, infra la scheda ***.
43 Rimasto a lungo quasi del tutto inedito, il ricco insieme di terrecotte architettoniche è “riemerso” dai
depositi del Museo di Villa Giulia dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso (Colonna 1992, Cristofani
1992, Cristofani-Coen 1991-92 e Carlucci 2004).
44 Carlucci 2004, p. 32. La studiosa ricorda come tra i materiali ve ne siano anche che attestano una fase
precedente, databile attorno al 470 a.C.
45 Mengarelli 1935, p. 87.
46 Santangelo 1948, ***.
39
17
delle lastre di rivestimento delle porte, pertinenti ad almeno cinque angoli, che sono
stati letti da Claudia Carlucci come “la prova insperata, in mancanza della struttura del
tempio, della presenza di tre celle”47.
LOCALITÀ LE MONACHE
La località Le Monache fu invece interessata da un’unica campagna di scavo
sistematica, alla quale si devono aggiungere le assai interessanti scoperte di terrecotte
architettoniche avvenute durante lavori di ampliamento o di costruzione di alcuni
edifici. Questi interventi, almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze, non
furono sottoposti a controlli sistematici, con la conseguente perdita delle informazioni
relative alle modalità di rinvenimento e delle eventuali strutture venute alla luce.
Al 1909 risale la campagna di scavo del Signor Ugo Cardani, che fece eseguire alcuni
scavi nei terreni di proprietà della Signora Maria Gertrude Hendrichs, in vocabolo Le
Monache, nei pressi della chiesa di Santa Maria del Carmine (I.a.6) 48. Lo Stefani
riconobbe, oltre ad una strada tagliata nella roccia, che doveva fungere da via
d’accesso alla città sul lato settentrionale, un vano, presso il ciglio nord della rupe,
identificato come una “tomba a camera”, che veniva così descritta: “la vôlta piana
della tomba è sostenuta da un pilastro e da una colonnina rastremata in alto e
sormontata da un capitello tuscanico, l’uno e l’altra ricavati dalla roccia stessa” 49.
Sembra inoltre che su due delle pareti la tomba dovesse presentare dei loculi, la cui
analisi venne resa difficile dallo stato di interro che caratterizzava la struttura al
momento della visita dello Stefani, che comunque, notando anche la presenza
dell’intonaco, propendeva per una datazione “al periodo tra il III e il II secolo a.C.”50.
Lo studioso non escludeva la presenza di altre tombe lungo il costone settentrionale,
che tuttavia non poterono essere indagate dal Cardani per via della situazione
geomofologica del suolo. Lo scavatore procedette dunque per trincee. Ne aprì tre,
portando alla luce nella prima un “cavo rettangolare scavato nel tufo, lungo circa m.
2,00 largo m. 1,50, discendente fino alla profondità di m. 2,30”51. Questa struttura non
fu indagata sino al fondo, ma solamente per circa un metro. Nella seconda trincea
venne scoperta una “calatoia” costruita in corrispondenza dell’imboccatura di un
cunicolo, che, anche in questo caso venne indagato solo in modo parziale, ma per il
quale si ipotizzò che si andasse a scaricare direttamente nella vicina porzione
settentrionale della rupe del plateau di Civita Castellana52. Infine la terza trincea mise in
luce “un vano sotterraneo scavato nel tufo, a pareti curvilinee, al quale si discendeva
per mezzo di alcuni gradini ricavati nella roccia stessa”. Le indagini tuttavia
interessarono anche la porzione occidentale dell’orto, annessa al Convento del
Carmine. In questo frangente si poté notare in primo luogo come l’interro presente
Carlucci 2004, p. 37.
Una prima edizione dei rinvenimenti è contenuta in Stefani 1909, 193-196. Un’analisi maggiormente
dettagliata è contenuta negli appunti dello Stefani (BAV, Carte Stefani, 5).
49 Stefani 1909, p. 194.
50 Stefani 1909, p. 194.
51 Stefani 1909, p. 193.
52 Stefani 1909, p. 195.
47
48
18
fosse a tratti anche molto consistente, superando persino i 6 m di profondità, e si
rintracciò poi anche un bel frammento di terracotta architettonica. Lo Stefani si
spinse, in virtù di questo rinvenimento, a ipotizzare che “la presenza di questo
frammento architettonico ci fa supporre che in quelle vicinanze dovesse sorgere un
tempio, uno dei tanti templi di cui era ricca quell’antica città”53. D’altro canto lo
studioso ricordava in un appunto del 9 febbraio 1909 come: “Mi sono recato a vedere
il luogo dove fu rinvenuto il frammento decorativo portato al Msueo dal Cozza, con
palmette e fiori di loto. Il Sig. Luigi Morelli nello scavare le fondazioni di un muro e di
alcuni pilastri di sostegno della tettoia del suo laboratorio meccanico rinvenne altri
pezzi di quel fregio, di cui egli ne conserva altri 2 pezzi. I framm.ti si trovarono alla
profondità di circa 1 metro e lateralmente a quelli un cunicolo - L'officina è davanti al
prospetto della stazione tramviaria” 54 (I.a.7). Oltre al rinvenimento di materiale
relativo alla decorazione di un edificio a carattere sacro, dalla scarna notizia si recupera
ancora una volta la presenza di una delle infrastrutture idriche della città antica.
Anche se al momento non precisabile, ad anni non lontani dal 1909 deve essere fatto
d’altro canto risalire, da un’area significativamente non lontana al precedente
rinvenimento anche la scoperta di altri due rivestimenti architettonici, uno
riconoscibile come la porzione inferiore di un’antefissa configurata a Satiro che rapisce
una Menade, e l’altra invece, generalmente descrivibile come una decorazione fittile,
nella quale rimane la porzione anteriore di un felino. Questi frammenti vennero
rinvenuti durante l’edificazione del Nuovo Cinematografo (I.a.8)55.
LA PARTE OCCIDENTALE DEL PIANORO
Anche se la gran parte delle scoperte avvenne nella porzione orientale del pianoro,
non dobbiamo tralasciare di ricordare che in occasione di lavori di risistemazione di
strutture esistenti anche la metà occidentale di Civita Castellana restituì interessanti
testimonianze antiche. È il caso, ad esempio, delle tombe di epoca romana, rivenute
qualche anno prima del 1895 durante i lavori di sistemazione del piazzale del forte
borgiano, che vengono descritte dal Pasqui come “quattro o cinque sepolture a fossa,
coperte da tegole, alcune delle quali con avanzi di scheletri e con qualche vasetto di
corredo” e datate dallo stesso al III-II sec. a.C. in un’epoca comunque successiva al
241 a.C. (I.a.9)56. Questo rinvenimento va d’altro canto a sommarsi a quello di un
colombario, rinvenuto nelle immediate vicinanze del Duomo, avvenuto in anni ben
più recenti e di cui si tratterà nel prossimo paragrafo57.
(MCB)
I.1.B. LE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE DAL 1939 AI GIORNI NOSTRI
Stefani 1909, p. 197.
La descrizione è contenuta in BAV, Carte Stefani 5, f. 21 e se ne dà notizia in Stefani 1909, p. 197. Per
un posizionamento del rinvenimento si veda Biella 2010, pp. 553 ss.
55 Per un’analisi preliminare del rinvenimento si veda Biella 2010, p. 555.
56 Pasqui 1903, p. 455 e Archivio SBAR, pratiche di tutela, 291/12.
57 Per una notizia di questa scoperta si veda Moscati 1990, p. 170 e tav. VII c-d.
53
54
19
Il 1939 segna l’inizio di una nuova fase nella storia istituzionale del Museo di Villa
Giulia, così come nella storia della tutela archeologica. E’ questo l’anno nel quale viene
promulgata la legge 1089 del 1 giugno per la” tutela delle antichità e belle arti” e nel
contempo istituita la Soprintendenza alle antichità dell’Etruria meridionale che di fatto
ha costituito una tappa fondamentale anche per la formazione delle attuali collezioni
del Museo di Villa Giulia, passate da un criterio di ordinamento cronologico ad uno di
carattere topografico, espressione delle competenze della soprintendenza stessa.
Dal breve excursus cronologico sulle scoperte effettuate sul pianoro prima di questa
data emerge come l’ultimo importante impegno istituzionale sul pianoro di Civita
Castellana risalga al 1924 e agli scavi che portarono in luce il rilevantissimo complesso
santuariale dello Scasato II. Da quel momento e fino al secondo dopoguerra la politica
della ricerca archeologica mostra un sostanziale calo che investe peraltro non solo
l’antica Falerii58, evidenziando una lenta ripresa solo negli anni successivi.
Ripercorrendo le fonti archivistiche appare comunque evidente come gli interventi
della Soprintendenza archeologica nell’area di Civita Castellana si siano focalizzati fino
agli anni ’80 soprattutto sul territorio e sulle necropoli, trascurando fondamentalmente
il settore dell’insediamento vero e proprio sia sul pianoro maggiore sia al Vignale,
quest’ultimo solo apparentemente meno esposto a situazioni di rischio data la
vocazione agricola del sito. Ci sono pervenute infatti solo poche segnalazioni relative
all’area urbana e nessuna tale da costituire una base innovativa per la conoscenza del
centro antico.
La situazione è fondamentalmente mutata a partire dalla seconda metà degli anni ’80,
allorché si è sviluppata una maggiore sensibilità verso l’archeologia urbana.
Sebbene in linea generale gli interventi di scavo siano stati per lo più condizionati dalla
casualità delle scoperte e resi obbiettivamente difficoltosi dalla situazione ambientale,
nondimeno la maggiore attenzione alle problematiche di tutela nell’area
dell’insediamento ha permesso da quella data in poi di acquisire dati di un certo rilievo
per la conoscenza dell’antica Falerii .
Fondamentale è risultato a questo scopo il sistematico controllo dei lavori di
urbanizzazione primaria - quale ad esempio il collettore fognario in via Ferretti -, degli
allacci idrici, della rete elettrica e telefonica, etc., ai quali si deve l’individuazione di
tratti di cunicoli, pozzi, cisterne che si sono andati ad aggiungere a quelli già noti dalla
cartografia antica, redatta alla fine dell’800 da Adolfo Cozza e qualche anno dopo da
Raniero Mengarelli.
Risultati ancora più rilevanti sono stati raggiunti in settori nevralgici del pianoro
maggiore, dove la previsione di interventi edilizi ha suggerito di mettere in atto
accertamenti di scavo preventivi atti a verificare la compatibilità del progetto con la
presenza di resti archeologici nel sottosuolo.
In particolare vanno segnalati i rinvenimenti effettuati in via Rosa nell’area del Palazzo
Feroldi De Rosa, quelli nel settore ubicato tra via Gramsci e il Belvedere Falerii
Veteres e nell’area dello Scasato, tutte interessate da una serie di scoperte di grande
58
Federica Maria Chiara Santagati, Il museo nazionale etrusco di Villa Giulia, p. 32
20
impatto scientifico, alcune delle quali già portate all’attenzione del mondo
archeologico.
Ripercorriamole brevemente nel dettaglio:
PALAZZO FEROLDI
Nel 1999 sono stati condotti nella corte interna del Palazzo Feroldi De Rosa, oggi
adibito a struttura alberghiera, accertamenti di scavo preventivo finalizzati alla
realizzazione di un garage interrato.
Le indagini hanno portato parzialmente in luce un potente accumulo di materiale
archeologico databile tra il IV e il III secolo a.C., comprendente per lo più ceramica
acroma e a vernice nera, ma anche ceramica decorata. Le modalità di deposizione, la
presenza di ceramica mal cotta e di distanziatori per fornaci, fanno ritenere che sia
stata qui individuata un’area utilizzata come discarica di una fornace che doveva
trovarsi nei pressi.
AREA TRA VIA GRAMSCI E BELVEDERE FALERII VETERES
Si tratta di un settore dell’area urbana in posizione periferica, ma nel contempo
centrale rispetto al perimetro della città falisca. Già Raniero Mengarelli vi aveva
riconosciuto cisterne e cunicoli di cui ci ha lasciato documentazione nei rilievi
autografi conservati nell’archivio storico del Museo di Villa Giulia, mentre resti di un
cunicolo posto a 5 mt di profondità sono stati identificati in corrispondenza dell’area
del distributore di benzina ubicato nei pressi, lungo via del Belvedere Falerii Veteres.
VIA GRAMSCI
Un episodio particolarmente significativo è quello scaturito dalle indagini effettuate nel
1998 in un terreno adiacente alla ex Chiesa di San Giorgio, gravitante sul Belvedere
Falerii Veteres e prossimo alla moderna via Gramsci, nel quale era prevista la
costruzione di una palazzina59.
Qui è stato rinvenuto un articolato sistema ipogeo di captazione, approvvigionamento
e conservazione dell’acqua, che presenta orientamenti diversi, frutto di interventi
successivi di sistemazione e di razionalizzazione dell’area: sono state individuate, e
solo parzialmente scavate, tre cisterne di differente tipologia. Due cisterne (A e B) si
configurano come vere e proprie conserve d’acqua: si tratta di ambienti ipogei dotati
di rivestimento idraulico su tutte le pareti, ad eccezione del soffitto, e di un pozzo di
adduzione e di ispezione, munito di pedarole, collocato in entrambe sul lato
occidentale.
Una terza cisterna (C) risponde a criteri costruttivi e funzionali diversi, essendo in
diretto collegamento con un cunicolo posto sul suo lato sud, mentre il pozzo di
ispezione presenta un coronamento in blocchi di tufo, successivamente rimaneggiato
per dotare la struttura di canali di adduzione.
L’area è risultata inoltre percorsa in senso nord-sud da un cunicolo (α), a sezione
ogivale con funzione di drenaggio del terreno, che doveva smaltire le acque verso
59
Per un inquadramento generale dello scavo: DE LUCIA BROLLI 2006.
21
l’attuale via Gramsci. Analoga direzione è ricostruibile per un altro cunicolo (β), che
attraversa in senso est-ovest la porzione settentrionale del terreno indagato, in
corrispondenza dei resti di una struttura angolare in blocchi di tufo.
Ad ovest della cisterna A un pozzo a fiasco (pozzo II), scavato nel banco e privo di
impermeabilizzazione, ha restituito un complesso archeologico di grande interesse;
infatti vi erano stati scaricati in antico, in due gettate fisicamente distinte da uno strato
sterile, un gruppo di splendide terrecotte architettoniche databili intorno al 470-460
a.C. ed un consistente nucleo di ceramiche, per lo più frammentarie, inquadrabili
nell’arco del V secolo a.C., miste a tegole e coppi minutamente frammentati. La
deposizione, frutto di un intervento unitario, va ricondotta ad un contesto di tipo
santuariale ed è conseguente allo smantellamento, intorno alla fine del V o agli inizi del
IV secolo a.C., del tetto di un edificio sacro che doveva essere ubicato nei pressi.
In una fase successiva, nel III sec.a.C., anche la cisterna B, quando era già priva di
copertura, ha accolto uno scarico di elementi riconducibili allo smantellamento di un
edificio a carattere monumentale: vi sono stati rinvenuti infatti numerosi blocchi
squadrati di tufo, con incavi e riseghe per la messa in opera, resti di un pilastro,
elementi della copertura di un tetto ( tegole e soprattutto coppi), parti del rivestimento
fittile di colonne, pertinenti ad un sistema databile nella prima metà del IV secolo a.C.,
ambito cronologico al quale rinvia un frammento di antefissa a testa femminile di un
tipo già attestato a Falerii a partire dal 380 a.C. nel santuario dello Scasato II e di
Vignale60.
Nessuno dei resti rinvenuti nell’area indagata può essere messo direttamente in
rapporto con l’edificio templare al quale riferire il sistema decorativo tardo-arcaico;
infatti l’unica struttura muraria rinvenuta e della quale resta un breve tratto angolare in
blocchi di tufo è stata realizzata in un momento successivo allo scarico delle terrecotte
nel pozzo II. Non è da escludere invece che siano riferibili a questa struttura gli
elementi rinvenuti nella cisterna B.
I dati emersi dalle indagini sono molteplici:
1)
Si è individuata la presenza in questo settore dell’insediamento antico di un
nuovo santuario urbano a carattere monumentale non altrimenti conosciuto, e
frequentato almeno dalla prima metà del V al III secolo a. C. Sebbene al momento
non sia possibile identificare la divinità che vi era venerata, sussistono indizi per
pensare ad un culto di natura ctonia: nei pressi della struttura muraria è stato infatti
rinvenuto un condotto formato da una serie di grandi tubi fittili che si insinuava nel
sottosuolo e che sembra identificabile con un apprestamento atto a veicolare offerte
liquide nella terra analogo ad altri rinvenuti in diversi contesti cultuali ctoni e/o
catactoni sia in area etrusco-italica 61 , sia in Italia centro-meridionale 62 . A questo
elemento si affianca la presenza nel sistema decorativo di età tardo-arcaica della
Per le attestazioni dello Scasato II: CRISTOFANI-COEN 1991-92, p. 110 ss., fig. 38; per l’antefissa di
Vignale cfr. ANDRÉN 1940, p. 103, II: 119, tav. 34
61 Cfr. Volterra: BONAMICI 1997-98
62 Cfr. a Pontecagnano, santuario settentrionale: BATTISTA 2005, p. 583, con altri riferimenti; Locri,
Contrada Parapezza: SABBIONE, MILANESIO MACRÌ 2008, p. 251 e nota 10
57
22
iconografia del grifo, di cui è ben nota la correlazione con la figura di Apollo63. Questa
suggestione trova ulteriore credito se si considera la dislocazione di questo settore
dell’area urbana, che, lungo il perimetro della cinta muraria, domina la vallata del Rio
Filetto proprio di fronte al Soratte, luogo primario per eccellenza del culto di Apollo
Soranus64.
2)
Il rinvenimento del complesso del pozzo II ha consentito di individuare una
articolata produzione locale di ceramica fine da mensa, inquadrabile nell’arco del V
secolo a C., con forme di sperimentazione tecnica che sembrano preludere alla nascita
delle produzioni falische a vernice nera65.
3)
Si apprezzano forme di regolarizzazione urbanistica dopo la fine del V-inizi
del IV secolo a.C., che determinano un diverso orientamento sia delle strutture ipogee
sia di quelle di superficie rispetto a quelle di età precedente.
4)
L’area è stata frequentata in antico fino al III sec .a.C., allorché Falerii cade
sotto i colpi della conquista romana, ma presenta tracce di utilizzo cimiteriale in epoca
posteriore, collegabili probabilmente alla presenza della Chiesa di San Giorgio.
BELVEDERE FALERII VETERES
In contemporanea con le indagini nel terreno prossimo a via Gramsci, ai margini del
terreno stesso lungo via del Belvedere Falerii Veteres è stata rinvenuta e parzialmente
scavata nel corso dei lavori per la realizzazione del collettore fognario una fornace
rinascimentale, utilizzata per la cottura di ceramiche per lo più di forma aperta66. Lo
scavo è stato condizionato dalle esigenze del transito veicolare in sede stradale e
pertanto si è potuta riportare in luce solo una parte della struttura, ubicata proprio
sotto la carreggiata ad una quota di 90 cm di profondità.
La fornace era conservata solo nella parte inferiore, della quale rimaneva il prefurnio
posto a sud, con accesso diretto alla camera di combustione; quest’ultima, scavata in
parte nel banco di tufo e in parte costruita in blocchetti e mattoni, presentava tre archi
trasversali di sostruzione alla camera di cottura con il piano forato (mt 2 x 1,70).
L’alzato era quasi totalmente perduto, sia per la scarsa profondità dal piano stradale,
sia per la fragilità della volta che caratterizza questo tipo di manufatto.
Il rinvenimento appare di grande interesse perché è una conferma diretta che
localmente venivano prodotti manufatti ceramici; nel contempo, la dislocazione della
fornace del Belvedere sottolinea la vocazione artigianale di questo settore del pianoro
maggiore, che appare in sintonia con quanto avveniva in epoca falisca.
LOCALITÀ SCASATO
Sulla quale si veda SIMON 1998, che privilegia una lettura legata alla sfera funeraria, mentre interessanti
considerazioni sull’accostamento del grifo alla figura di Apollo in ambito urbano e santuariale sono in
CARLUCCI, Tesi di Dottorato, p. 99
61 Sul culto di Pater Soranus: COLONNA 1984-85, p. 76 s.; ID. 1991–1992, p. 95 sg.; ID. 1997, pp. 176 ss. ;
ID. 2001, p. 42 ; COMELLA 1993, pp. 147-148
65 Per le motivazioni tecniche alla base di queste considerazioni si rinvia a DE LUCIA BROLLI 2006, pp..
66 AGNENI- FERRACCI 2002
60
23
La ripresa degli scavi in questo settore è stata determinata, a partire dal 1992, da
specifiche esigenze di tutela territoriale che hanno suggerito anche l’inserimento
dell’area dello Scasato nel Progetto “Grandi santuari d’Etruria” avviato dalla
Soprintendenza nel 2002. Nel 2003 e 2004 le indagini si sono attestate nel settore
interessato dalla presenza del tempio dello Scasato II, nelle adiacenze della fabbrica
Coletta, mentre nel 2005 una breve campagna di accertamento è stata effettuata
nell’ambito dell’ex Orto Baroni in via del Fontanile (cfr. fig. ).
VIA DELLO SCASATO
Indagini estensive di scavo sono state condotte nel 1992 dalla Soprintendenza
archeologica nell’appezzamento di terreno a N di via dello Scasato, adiacente alla
chiesa di S. Chiara, dove erano in corso lavori di costruzione di una palazzina67. Il
terreno ricade in parte nell’ex-orto Morelli dove alla fine dell’800 furono rinvenuti resti
correlabili al santuario dello Scasato I ed in particolare nel settore occidentale
dell’Orto, mai indagato in precedenza.
Gli accertamenti hanno messo in luce una complessa situazione stratigrafica che indica
una frequentazione non continuativa dell’area dal VII secolo a.C. all’XI-XII secolo
d.C. 68 Le modalità di occupazione di questo settore dell’insediamento antico
richiamano da vicino quelle evidenziate dagli scavi di Angiolo Pasqui durante la
costruzione di un magazzino nella proprietà Paolelli nel 1903 (cfr. I.1.a): sono state
infatti individuate e scavate due sepolture infantili in tombe a fossa con loculo
sepolcrale entro sarcofago di tufo, che, andando ad aggiungersi ad altre due scoperte
dal Pasqui, mettono in evidenza la presenza di un piccolo, ma significativo nucleo
sepolcrale; queste sepolture, articolate in un periodo compreso tra la seconda metà del
VII sec. a.C. e la fine del VII - inizi del VI sec. a.C., rappresentano una preziosa
testimonianza residuale dell’occupazione di questo settore dell’insediamento da parte
di famiglie il cui alto livello sociale è attestato dalla qualità dei corredi funerari.
Non sono stati rinvenuti resti di edifici direttamente correlabili alle tombe, anche se lo
scavo ha restituito materiali architettonici che attestano come in questa fase l’abitato
fosse dotato già di strutture abitative in muratura sia pure disposte secondo un tessuto
rarefatto, come sembrerebbe indicare il numero e la dislocazione delle sepolture
infantili, solitamente ubicate nei pressi della casa.
La continuità di vita ha comportato successivamente l’impianto di grandi cisterne
ipogee collegate ad un sistema complesso di cunicoli, individuate nelle indagini del
1992 insieme a resti di strutture murarie e ad una platea di tegole con tracce di
combustione, forse ricollegabili allo stesso impianto produttivo di ceramica di
bucchero e a vernice nera riconosciuto dal Pasqui durante lo scavo per la costruzione
del magazzino Paolelli nel terreno prospiciente 69.
Per un inquadramento generale sui risultati delle indagini ed in particolare sulle sepolture infantili
rinvenute nell’area: BAGLIONE-DE LUCIA BROLLI 2007-2008
68 Sulle ceramiche medioevali e rinascimentali:
69 Dapprima di bucchero e poi di ceramica a vernice nera: cfr. PASQUI 1903, pp. 456- 457 e BIELLA 2004,
pp.. Sulla contiguità dell’impianto produttivo DE LUCIA BROLLI 2006, pp. 76-77, nota 30.
67
24
Le indagini condotte nel 1992 hanno consentito anche di osservare come in una fase
di dismissione si sia impiantata qui una cava, utilizzata poi in piena età imperiale
romana come area di sepolture alla cappuccina.
VIA DEL FONTANILE
Nel 2005 la Soprintendenza archeologica ha condotto indagini conoscitive su un
terreno interessato da un progetto edilizio, ricadente nell’ottocentesco Orto Baroni nel cui ambito era stato individuato il santuario dello Scasato I -, e vicina anche all’area
del secondo santuario dello Scasato.
I saggi di scavo hanno messo in evidenza una situazione molto articolata per la
presenza di ripetuti interventi antropici dall’età antica a quella moderna e resa
complessa da interventi di spoliazione delle strutture murarie di epoca falisca.
I lacerti di murature, sparse per l’intera area indagata, appartengono a fasi differenti di
frequentazione, come segnala la diversa tecnica edilizia utilizzata. Alcune di queste,
realizzate in blocchi di tufo, sono sicuramente appartenenti all’insediamento urbano
dell’antica Falerii, mentre altre, alla stessa quota delle strutture di epoca falisca ma con
un orientamento leggermente diverso, sono di età successiva e probabilmente
pertinenti al “Borgo alessandrino”, che Alessandro VI Borgia volle fosse realizzato in
contemporanea con la costruzione del Forte Sangallo alla fine del ‘400. Il quartiere fu
distrutto a seguito di ripetuti incendi in occasione del passaggio dei Lanzichenecchi nel
1527, e mai più ricostruito70.
Nelle immediate adiacenze di una possente struttura muraria di epoca falisca, segni di
cava sul piano del banco tufaceo e un blocco in tufo sbozzato, ma ancora non estratto,
indicano come i blocchi per questa costruzione siano stati cavati in situ.
AREA DELL’EX FABBRICA COLETTA
Nel 2003 la Soprintendenza archeologica ha avviato indagini di scavo preventive nei
pressi della ex fabbrica Coletta, interessata da un progetto di riqualificazione.
L’estensione e le modalità degli accertamenti sono stati fortemente condizionati dalla
situazione ambientale, che non ha consentito uno scavo in estensione che, basandosi
sui dati archivistici a disposizione, si proponeva di individuare sul terreno i resti
monumentali del tempio dello Scasato II riportati in luce nel 1924 durante la
costruzione della fabbrica. Nonostante i limiti necessariamente imposti dallo stato dei
luoghi, lo scavo ha permesso di escludere la presenza delle strutture templari nell’area
del piazzale alle spalle dell’attuale corpo di fabbrica, che è risultata invece interessata,
oltre che da tagli e fosse di difficile interpretazione, da costruzioni più recenti71, anche
queste probabilmente riferibili, almeno in parte, a quel “Borgo Alessandrino” di cui si
sono individuati i resti anche negli scavi di via del Fontanile.
Si ringrazia l’arch. Mauro Brugnoni per la preziosa informazione. Dopo la distruzione del Borgo
Alessandrino la zona rimase disabitata e l’intera località si presentava ancora in questo stato - donde
l’appellativo di Scasato -, e coltivata ad ortaggi, allorché nel 1887 furono avviati dal Cozza gli scavi che
condussero al rinvenimento del tempio dell’Apollo (PASQUI 1887, p. 187; COZZA 1888, p. 416).
71 CARLUCCI-SUARIA 2004
70
25
Le indagini non sono state comunque infruttuose in quanto hanno fornito dati utili a
ricostruire le diverse fasi di frequentazione di questo settore del pianoro, del quale
costituisce l’ultima propaggine orientale:
1)
Il sito è stato sicuramente frequentato in epoca falisca prima dell’impianto del
grande santuario urbano dello Scasato II, come attestano i materiali rinvenuti. Una
piccola fossa scavata nel tufo e dotata di battente potrebbe essere interpretata peraltro
come una tomba per una sepoltura infantile.
2)
La ceramica medioevale raccolta, tra cui una discreta quantità di ceramica a
vetrina sparsa, conferma la frequentazione dell’area tra il X e il XIII secolo.
3)
Il rinvenimento di un distanziatore ad anello per la cottura dei vasi di un tipo
analogo a quelli rinvenuti dal Pasqui durante gli scavi del magazzino Paolelli lungo via
dello Scasato72, potrebbe essere indizio della presenza di una attività artigianale anche
in quest’area.
AREA DELL’EX ORTO BELLONI
Nel 2004 la Soprintendenza archeologica ha proseguito lo scavo avviato l’anno
precedente davanti alla ex fabbrica Coletta nell’area del santuario dello Scasato II,
concentrando questa volta le indagini in uno dei terreni della proprietà Belloni, in
corrispondenza del quale erano venute alla luce, prima degli scavi Mengarelli del 1924,
la testa del cd. Zeus ed altri frammenti scultorei73, oggi esposti nel Museo di Villa
Giulia.
La presenza più rilevante emersa, al momento, nell’ex Orto Belloni, è rappresentata da
un edificio di carattere sacro, del quale si sono conservate parzialmente le fondazioni
in blocchi di tufo con orientamento N-O/S-E, e che doveva svilupparsi in direzione
del costone 74 (fig. pianta). La definizione planimetrica degli ambienti è risultata
definitivamente compromessa su questo lato da strutture medioevali e rinascimentali
che hanno tagliato le preesistenze e alterato la stratigrafia originaria, e che sono da
ritenere parte del cd. Borgo Alessandrino.
I resti di epoca falisca rinvenuti documentano l’esistenza nell’area del santuario dello
Scasato II di un edificio diverso da quello dell’inizio del IV secolo a.C., dedicato a
Minerva e identificato dal Mengarelli davanti alla fabbrica Coletta75.
Gli strati di livellamento dell’area funzionali alla realizzazione della costruzione
comprendono frammenti ceramici che dall’VIII sec. a.C. giungono ai decenni centrali
della prima metà del V sec. a.C., attestando una frequentazione dell’estremità orientale
del pianoro sin dall’età del Ferro, non documentata in precedenza. Essi hanno
restituito, tra gli altri, rivestimenti fittili databili intorno al 470 a.C., che trovano un
parallelo nelle terrecotte architettoniche coeve rinvenute negli scavi Mengarelli del
192476, documentando la dismissione di un sistema decorativo preesistente a quello
A. PASQUI, NSc 1903, p. 457, fig. 2; BIELLA 2004, p. 9 ss., fig. 6 a-c
Cfr. Archivio SBAEM, Civita Castellana, Varie, class. 12 S5, Soprintendenza Antichità Roma, n. 4, V,
Provincia di Viterbo, lettere del 12.08.1924 e 16.08.1924
74 Le indagini effettuate nell’area sono state parzialmente edite in BAGLIONE, DE LUCIA BROLLI 2007-08.
75 Resti strutturali non collegabili all’edificio in esame sotto conservati sotto le strutture post-antiche.
76 CARLUCCI 2004, p. 32
72
73
26
ben noto dell’inizio del IV secolo a.C., che comprendeva il famoso ciclo scultoreo con
la statua di culto di Giunone77.
In antico, durante gli interventi per la realizzazione di uno dei muri perimetrali
dell’edificio fu intercettata e rispettata nella costruzione una sepoltura infantile ospitata
entro un piccolo sarcofago di tufo con coperchio displuviato. Il corredo,
miniaturistico, collocato all’interno della cassa, indirizza verso una datazione
nell’ambito della seconda metà del VI secolo a.C.
LOCALITÀ LE MONACHE
Nel 1999 i lavori effettuati per l’adeguamento funzionale del complesso monastico
delle Clarisse hanno rivelato l’esistenza, al di sotto del piano pavimentale dell’ambiente
destinato a refettorio, di un antico cunicolo per il drenaggio delle acque, scavato nel
tufo.
Liberato dalla terra, frammista a pochi materiali ceramici frammentari, il tratto di
cunicolo che si sviluppa all’interno del refet torio è stato mantenuto in vista, grazie ad
un’asola trasparente ricavata nel pavimento.
Il cunicolo è a sezione ogivale, come testimonia il tratto della volta che si è conservato
ed è fornito anche di un pozzetto di ispezione. L’orientamento est-ovest non sembra
mantenersi costante, poiché il condotto, rettilineo nel breve tratto che è stato possibile
scavare nel refettorio, sembra seguire un andamento curvilineo verso il giardino del
complesso monastico.
E’ molto probabile che esso si raccordi ad uno dei cunicoli già riconosciuti da Raniero
Mengarelli tra la fine del 1800 e i primi anni del ‘900 in corrispondenza del complesso
del monastero e da lui segnalato nella mappa conservata nell’Archivio storico del
Museo di Villa Giulia.
Parte occidentale colombario sotto Duomo
(MADB)
I.2 IL PIANORO DI VIGNALE: RICERCHE E SCOPERTE DALL’800 AD OGGI
Il colle di Vignale, ubicato a nord-est del pianoro dove è la città odierna di Civita
Castellana, riveste un ruolo di primo piano nello sviluppo dell’insediamento falisco,
rappresentando il nucleo sul quale si sono rilevate le tracce più antiche di occupazione,
che ha assunto poi con il tempo la funzione di acropoli nel più ampio contesto urbano
di Falerii. Il pianoro, ancora oggi preservato dalla urbanizzazione, è in larga misura
acquisito al demanio pubblico dal Comune di Civita Castellana.
La prima frequentazione dell’altura risale all’età del Bronzo finale come prova la
presenza cospicua di frammenti ceramici recuperati nel corso di ricognizioni effettuate
negli anni ’80 e ’90 (Moscati 1983, p. 60; Di Gennaro 1988, p. 72), che mostra una
particolare concentrazione nel settore nord-est del pianoro, lungo il versante che si
affaccia sul Rio Maggiore, facendo ipotizzare uno stretto collegamento topografico tra
l’area dell’abitato e i resti di un sepolcreto protovillanoviano, rinvenuti nel fondovalle
in località Celle alla fine dell’800 durante gli scavi del tempio di Giunone Curite (vedi
77
Sul ciclo decorativo dello Scasato II, da ultimo CARLUCCI 2004 con bibliografia precedente
27
schede 68 A, B). Ugualmente ipotizzabile appare il collegamento con il Ninfeo Rosa,
sul fosso dei Cappuccini a circa 300 metri ad ovest del tempio di Celle, dove nella
grotta utilizzata in epoca storica per la deposizione di offerte votive, furono trovati
anche oggetti preistorici, facendo supporre una utilizzazione della caverna a scopo
cultuale fin da quell’epoca.
Con la fine dell’età del Bronzo, analogamente a quanto si verifica altrove nell’agro
falisco, le testimonianze archeologiche si affievoliscono per riprendere con grande
vigore solo nell’VIII secolo a.C.. Anche per questa fase non mancano per Vignale
indizi di un insediamento stabile, forniti sia da raccolte di superficie (MOSCATI 1990,
p. 142) sia dalla sua correlazione con una estesa necropoli di tombe a pozzo e a fossa
ubicata sulla prospiciente altura di Montarano. I dati forniti dalle sepolture individuate
e scavate alla fine dell’800 (COZZA, PASQUI 1981, p. 21-98) mostrano come
l’insediamento fosse piuttosto consistente almeno fino alla metà del VII secolo a.C.,
allorché il sepolcreto di Montarano sembra esaurirsi.
La presenza di tegole e di frammenti di materiale ceramico relativo a grossi contenitori
per derrate alimentari, nonché a fornelli, dunque di materiali di uso domestico,
osservata durante i sopralluoghi della fine degli anni ’90, fanno ipotizzare l’esistenza di
abitazioni ancora nella seconda metà inoltrata del VII secolo a.C., mentre
notevolmente ridotte sono le testimonianze di ambito funerario collegabili con
l’abitato di Vignale, circostanza spiegabile con lo spostamento o l’incremento
dell’insediamento da questa altura al pianoro maggiore.
Nel contempo le pochissime tombe a camera orientalizzanti ubicate sulle alture dei
Cappuccini e di Celle (COZZA, PASQUI 1981, pp. 99-144) appaiono pertinenti a nuclei
familiari gentilizi, particolarmente aperti ad influssi culturali esterni, forse addirittura
immigrati (DE LUCIA BROLLI 1998, pp. 208-209). Si tratta di gruppi certamente
emergenti sul piano sociale, come denunciano l’adozione di una nuova tipologia
funeraria a carattere monumentale - quella della tomba a camera -, la ricchezza dei
corredi funerari, il possesso della scrittura, prerogativa indiscussa della classe
aristocratica.
Per quanto riguarda le fasi successive, le tracce più consistenti attualmente note
appartengono ad età tardo-arcaica e classica, allorché la posizione emergente e quasi
isolata di Vignale, sottolineata da una autonoma cinta muraria, forse del V sec.a.C.,
sembra favorirne la funzione di acropoli con finalità religiose.
Appartengono a quest’epoca infatti le prime testimonianze archeologiche relative
all’esistenza sul colle di un importante santuario, oggetto di scavi purtroppo
incompleti alla fine dell’ottocento (CARLUCCI 1995).
I resti del santuario costituiscono la prima evidenza di tipo strutturale messa in luce sul
colle; ma di esso sono oggi visibili solo le due cisterne facenti parte del complesso
cultuale (MOSCATI 1985, CARLUCCI 1995). Presumibilmente riconducibile all’ambito
santuariale, ma con funzioni tutte da indagare, è anche un vasto ambiente sotterraneo
sorretto da pilastri e fornito di diverticoli, che sembra il risultato di un ampliamento di
una grotta naturale, che si apre non lontano dalla cisterna meridionale. Non è nota
alcuna struttura databile al periodo romano confermando il dato tramandato dalle
fonti della distruzione di Falerii dopo la conquista da parte di Roma nel 241 a.C.
28
Per il resto, a parte un settore della cinta muraria e alcuni tagli nella roccia riconducibili
probabilmente ad accessi e percorsi, le evidenze maggiori sono di epoca ormai
altomedioevale: sul costone che prospetta la strada di Braccio Treja si dispone infatti
uno degli insediamenti rupestri a carattere religioso noti a Civita Castellana, quello di
S. Cesareo, costituito da una serie di ambienti sorretti da pilastri, e talora collegati a
strutture preesistenti (RASPI SERRA 1976).
Il pianoro di Vignale è attualmente accessibile attraverso una via parzialmente tagliata
nel banco tufaceo collocata nella sua estremità occidentale e di difficile datazione (DE
LUCIA BROLLI, KEAY, MILLETT AND STRUTT 2007, p. 100). Le testimonianze
archeologiche ancora visibili sono concentrate nella fascia orientale del pianoro,
riferibili ad un complesso cultuale che sembra occupare tutta l’area in questione
probabilmente destinata ad ospitare il santuario dell’acropoli di Falerii. Le più recenti
indagini geofisiche eseguite sul pianoro con i fine di precisarne lo sviluppo urbanistico,
hanno individuato un possibile accesso antico posto circa a metà del lato orientale,
oggi in gran parte franato, interpretato come possibile “via sacra” prospiciente il
territorio sabino che immetteva direttamente all’interno del santuario e, proseguendo
verso ovest, attraversava al centro tutto il colle (DE LUCIA BROLLI, KEAY, MILLETT
AND STRUTT 2007, pp. 98-100).
Il santuario di Vignale è noto fin dalla fine dell’800 grazie alle ricerche governative,
condotte tra il luglio 1895 ed il gennaio dell’anno successivo, da R. Mengarelli e A.
Pasqui, che hanno permesso di acquisire, oltre al cospicuo gruppo di materiali, anche
preziose informazioni circa l’assetto urbano del pianoro (CARLUCCI 1995, CARLUCCI
1995, DE LUCIA BROLLI, KEAY, MILLETT AND STRUTT 2007, pp. 46-58).
Risultato di queste ricerche fu la scoperta di due grandi cisterne rettangolari orientate
entrambe a NO-SE, tipologicamente simili e con funzione idrica, scavate in parte nella
roccia ed integrate in diversi punti da muri in opera quadrata, caratterizzate da una
scala di accesso con gradini ricavati nel banco tufaceo e cunicoli di adduzione e scarico
delle acque (MOSCATI 1985, MOSCATI 1990).
Le cisterne perfettamente conservate e visibili sono collocate ad una certa distanza tra
loro. La più ampia è quella posta nel quadrante nord-est del pianoro isolata e priva di
collegamenti con edifici sia di destinazione pubblica o sacrale sia a carattere privato. A
nord del lato settentrionale venne messa in luce una platea in blocchi di tufo (oggi non
più visibile) costruita per regolarizzare l’andamento orografico del terreno. La seconda
cisterna, posta nel quadrante sud-est del pianoro, invece, era attigua alle fondazioni di
un grande edificio in blocchi di tufo (oggi non più visibile, CARLUCCI 1995, DE LUCIA
BROLLI, KEAY, MILLETT AND STRUTT 2007, p. 58, figg. 9-10) probabilmente da
identificare con il tempio disposto con parete laterale parallela al lato maggiore della
cisterna e orientato in direzione NO-SE in significativa analogia tipologica con il
complesso di più recente impianto dello Scasato I. Purtroppo le indagini vennero
interrotte prima di riuscire a mettere in luce completamente la pianta del tempio
poiché si scelse di concentrare le forze, sia economiche che umane, nello svuotamento
delle due cisterne. In suggestiva relazione con questo complesso potrebbe essere la
profonda e ampia cavità di origine naturale, nel quadrante NE del pianoro, ma con
interventi atti a regolarizzarne la forma con apertura prospiciente il monte Soratte.
29
Entrambe le cisterne furono rinvenute colme di frammenti della decorazione
architettonica, dei votivi e di abbondanti elementi di spoglio dell’edificio sacro, oggi
perduti, in particolare, rocchi di colonne, frammenti di basi di colonne, blocchi e
frammenti modanati in tufo (CARLUCCI 1995). Il cospicuo gruppo dei rivestimenti del
tempio e dei votivi sono divisi tra il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia ed il
Museo Archeologico dell’Agro Falisco di Civita Castellana.
(CC)
BIBLIOGRAFIA: PASQUI 1903, pp. 454 - 455; FREDERIKSEN, WARD PERKINS 1957,
pp. 130 - 131 -133; GAMURRINI, COZZA, PASQUI, MENGARELLI 1972, p. 169, 180,
191, 292, 370, 381, 384, figg. 121, 209, 221, 222, 230, 246; RASPI SERRA 1976, pp. 27156; COZZA, PASQUI 1981, pp. 3 - 9; MOSCATI 1983, pp. 55 - 89; MELIS, MOSCATI
1985, pp. 85 - 86; COZZA 1985, pp. 17 - 49, fig. 7; MOSCATI 1990, p. 141 ss.; DE
LUCIA BROLLI 1991, pp. 28 - 30, fig. 18; CARLUCCI 1995; CARLUCCI, DE LUCIA
BROLLI, KEAY, MILLETT AND STRUTT 2007, pp. 39-121.
Schede di ricognizione
A 83
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Vignale (Mignale)
RICOGNIZIONI: 07-11-1994
OGGETTO: Area di insediamento della città di Falerii.
LOCALIZZAZIONE: Pianoro a NE di Civita Castellana, Fosso S. Anselmo a N e a O,
torrente Treia a SE, via Flaminia a S.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Da segnalare nella zona di accesso al colle ed al centro del pianoro, nei
terreni intorno al casale, una vasta area con alta concentrazione di materiale fittile (tegole di I III fase, ceramica di varia tipologia e arco cronologico tra cui bucchero, vernice nera, impasto).
OSSERVAZIONI: L’area, al momento della ricognizione del 1994, era utilizzata a seminativo
e a pascolo.
C.C.
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella
scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione complessiva del pianoro descritta. Va
segnalato che nel corso degli anni la situazione proprietaria è mutata e che la Cisterna Nord è
stata ripulita, recintata e resa visibile dal privato. La cisterna sud è inserita nella proprietà
comunale che ha una destinazione a Parco urbano (Nota aggiunta da De Lucia da rivedere la
scheda inserendo i dati topografici visibili, quelli non visibili vanno citati su e mettiamo la planimetria Moscati)
Rivedere la scheda inserendo i dati topografici visibili, quelli non visibili vanno citati su e
mettiamo la planimetria Moscati
(PP)
30
II. IL SUBURBIO
II.1. LA TOPOGRAFIA DEL SUBURBIO
Se osserviamo oggi il suburbio del pianoro maggiore di Civita Castellana percepiamo
solo in parte le modalità di occupazione che in antico lo interessavano, dal momento
che l’urbanizzazione moderna si è spinta fino a raggiungere ampie fasce di territorio
un tempo sfruttate per scopi diversi.
Maggiormente conservato appare il paesaggio storico nell’area a nord di Vignale, che
era interessata non solo dai più antichi sepolcreti dell’insediamento protourbano
(Montarano Nord, Montarano NNE – scheda??), ma anche da quello che si configura
come uno dei principali santuari suburbani di Falerii, il santuario di Giunone Curite in
località Celle (scheda 68A???). Le informazioni che abbiamo sull’assetto archeologico
di questo lembo del territorio evidenziano una diffusa occupazione soprattutto a
settentrione dell’altura (si vedano le notizie archivistiche sulla scoperta di un’area sacra
alle pendici nord del colle), con un raccordo verso occidente ovvero verso il pianoro
maggiore rappresentato dalla Cava del Lupo e dall’area sacra del cd. Ninfeo Rosa.
Minori informazioni abbiamo dal comparto meridionale, profondamente segnato dal
passaggio della strada (l’attuale via S.Salvatore) che, staccandosi dalla via Flaminia,
immette in città. Lungo questo raccordo stradale sono stati individuati, negli anni ’90
nel corso dei lavori per la condotta fognaria???per la SIRTI???, resti relativi ad un
tracciato viario di epoca probabilmente medioevale impostatosi su uno strato di
blocchi di riutilizzo sicuramente provenienti dall’altura sovrastante. DA RIVEDERE
L’urbanizzazione ha invece cancellato in larga misura le tracce delle ampie necropoli
che si estendevano immediatamente ad ovest del pianoro maggiore fuori della cinta
muraria che presumibilmente dal V sec. a.C. cingeva su questo lato l’abitato antico: a
sud-ovest la necropoli della Penna, a nord-ovest quella di Valsiarosa, entrambe ben
note per i risultati degli scavi ottocenteschi. La ricostruzione dell’estensione di queste
due necropoli deve basarsi non solo sulle planimetrie edite relative a queste indagini,
ma anche sui dati archivistici degli anni ’60 del ‘900 che sono stati confermati per la
Penna dalle ricognizioni. Per la necropoli di Valsiarosa va invece osservato come le
tombe a camera scavate all’epoca siano state poi obliterate dall’espansione edilizia,
come è possibile vedere sovrapponendo la planimetria ottocentesca alle odierne foto
satellitari (fig..). Tuttavia la presenza di tombe a camera ancora conservate nel
sottosuolo è emersa alla fine degli anni ’80 nel giardino di casa Brunelli nel corso di
lavori di manutenzione. L’estensione della necropoli di Valsiarosa deve confrontarsi
inoltre con i dati archivistici relativi al nucleo di tombe della necropoli cd. di Ponte
Lepre (vedi sotto), che, costituisca o meno parte integrante della prima, attesta
comunque una dilatazione verso occidente del sistema dei sepolcreti urbani.
A sud-est della necropoli della Penna altre presenze di carattere funerario si fondono
con le sopravvivenze della Civita medioevale: è il caso della necropoli delle Piagge la
cui tomba con “torcularium” (scheda???), ritenuta fin dal 1928 meritevole di tutela, è
31
ubicata lungo il percorso dell’antica strada per Nepi, ricalcato dal tracciato medioevale
su cui insiste ancora oggi la Porta Lanciana. La parziale conservazione della necropoli
è stata assicurata dal fatto di essere ricavata sul ripido costone tufaceo che sovrasta la
valle del Rio Filetto, meno esposta a processi di espansione edilizia anche per la
vocazione religiosa del sito di fondovalle occupato dalla Chiesa medioevale della
Madonna delle Piagge, oggetto di una particolare devozione popolare.
A nord del pianoro maggiore si articolano una serie di necropoli, che hanno restituito
tombe monumentali, non tutte oggi visibili; a partire da nord-ovest la necropoli di
Terrano conserva lungo la via omonima i resti di alcuni sepolcri(schede???) che
costituivano in antico parte di un più ampio complesso funerario poi ricompreso in
località Castellaccio in un articolato contesto segnato da viabilità antica e da una torre
di epoca medievale (schede???).
Come questa, anche la necropoli di Colonnette è ubicata a nord del Rio Maggiore;
benché abbia restituito pochi contesti archeologici negli scavi ottocenteschi per le
motivazioni che emergono dai dati archivistici relativi al sepolcreto, la necropoli è una
delle più estese e, sebbene non accessibile al pubblico in quanto in proprietà privata, è
certamente una delle più conservate in superficie. Se osserviamo la distribuzione dei
sepolcreti settentrionali, - accanto a quello di Colonnette, quelli dei Cappuccini e di
Celle, - appare evidente come l’asse fluviale costituito dal Rio Maggiore rappresenti
l’elemento topografico polarizzatore anche per il tramite dei fossi confluenti,
determinando un assetto a tenaglia che tende idealmente a comprendere il pianoro
maggiore e l’altura di Vignale.
Lungo questo percorso fluviale sono dislocati anche i santuari suburbani della città, da
quello di Celle già ricordato a quello dei Sassi Caduti, ubicato anch’esso in una
vallecola di fondovalle ai piedi dell’altura di Colonnette e in prossimità della sella
naturale che congiungeva il pianoro maggiore con il colle di Vignale; di questo
importante santuario (scheda???) i resti oggi non sono rintracciabili sul terreno a causa
della situazione ambientale interessata da crolli e vegetazione altamente infestante. Le
notizie sul santuario dei Sassi Caduti ci pervengono pertanto solo dalle note
bibliografiche e archivistiche sugli scavi ottocenteschi. Altri dati archivistici,
regalandoci preziose informazioni anche sul sito di rinvenimento dell’Andromeda
incatenata alle rocce, individuabile a nord del Ponte Clementino (vedi sotto), ci
consentono di intravvedere un sistema di santuari omologo alla “cintura” di edifici
sacri presente nell’area dell’insediamento in stretto rapporto con accessi privilegiati
all’abitato.
(MADB)
II.1.A - RICOGNIZIONI ARCHIVISTICHE
Come si è già visto per il centro urbano, anche nel caso del suburbio vi sono
rinvenimenti che sono per noi attestati grazie alle sole fonti d’archivio (inserire qui i
riferimenti a tombe e tombine trovate nel territorio e non ancora localizzabili con certezza) e che al
momento, o per via del processo di urbanizzazione o per questioni legate allo
sfruttamento agricolo dei suoli, non sono più in alcun modo controllabili sul terreno.
32
Nei casi più fortunati lo Stato Italiano ha acquistato parte, o tutti, i materiali rinvenuti
durante le indagini, ma in altri ci rimangono invece scarne notizie che attendono di
essere approfondite con ulteriori ricerche.
I rinvenimenti più rilevanti e che verranno trattati nel dettaglio in questa sede sono
quattro: nella porzione settentrionale del suburbio, da est a ovest, l’edicola rinvenuta al
di là del Rio Maggiore/Fosso di S. Anselmo davanti al santuario di Celle, il cosiddetto
Ninfeo Rosa,il luogo di culto da cui viene il noto frammento di altorilievo di
Andromeda incatenata alle rocce, oggi al Museo di Villa Giulia, e la necropoli di Ponte
Lepre, sul cui problematico posizionamento già si è accennato nella scheda relativa alla
necropoli di Valsiarosa78. LA SCHEDA DI VALSIAROSA VIENE DOPO
L’“EDICOLA E STIPE VOTIVA” LUNGO I FIANCHI DEL VERSANTE NORD DEL POGGIO
DI VIGNALE
Le notizie in merito a questo rinvenimento sono molto scarse e sono perlopiù
recuperabili grazie all’elenco inventariale del cosiddetto Museo Falisco, sorto a Civita
Castellana nella “soppressa chiesa comunale di San Giorgio” negli anni ’80 del XIX
secolo79. Il documento così come la pianificazione del Museo fu opera di Adolfo
Cozza, che aveva già alle spalle la progettazione e la realizzazione di un’altra istituzione
museale civica, quella di Orvieto, avvenuta negli anni 1874-187980. Nell’elenco sono
presenti dal n. 16 al n. 28 un insieme di materiali chiaramente riferibili a un contesto
sacro, che, stando alle annotazioni del Cozza vennero depositati al Museo “dal Sig.
Vincenzo Gori rappresentante di una società di scavo”. Essi “appartengono tutti come
evidentemente appare ad una Edicola e Stipe votiva che fu rinvenuta nel mese di
Settembre 1885 lungo i fianchi del versante Nord del poggio detto di Vignale, in
prossimità di una sorgente”. Il nucleo di materiali comprendeva, per quanto riguarda
gli elementi architettonici due antefisse a testa di Sileno con capo coperto da pelle
leonina, quattro antefisse a testa di Sileno, un’antefissa a testa di Menade, una con
Satiro e Menade a figura intera e un frammento genericamente definito come “parte di
femore”. Per quanto riguarda invece il deposito votivo esso era composto da un
consistente gruppo di votivi anatomici, tra i quali si ricordano teste femminili, una
testa maschile, piedi, due statuette, tre pesi da telaio e ceramica a vernice nera. A questi
reperti si devono aggiungere anche alcune “monete romane degli ultimi anni della
repubblica o dei primi dell’impero” e frammenti di fibule e “bronzi di nessun
valore”81. Purtroppo, a parte le scarne notizie di cui si è detto, non si sa altro in merito
alle modalità con cui le indagini vennero condotte, mentre si è più sicuri
sull’ubicazione delle stesse, perché in una lettera del 3 settembre 1885, indirizzata al
Si vedasupra, p. ***.
Per un’analisi del Museo Falisco si veda M.C. Biella, Falerii Veteres: alcune novità tra archeologia e archivistica,
in AC LV, 2004, pp. 340 ss e M.C. Biella, La collezione Feroldi Antonisi De Rosa, Tra indagini archeologiche e
ricerca di un’identità culturale nella Civita Castellana postunitaria, p. 10 per le probabili motivazioni della breve
durata dell’istituzione.
80 Si veda, a tal proposito, di recente P. Tamburini, in P. Tamburini, C. Benocci, L. Cozza Luzi, Adolfo
Cozza, Orvieto 2002, pp. 85-89.
81 Il documento è conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b.
269) e riprodotto integralmente in Biella 2004, pp. 353 ss.
78
79
33
Ministro della Pubblica Istruzione, il Gori, in qualità di rappresentante della Società di
Scavi Archeologici dichiarava: “Eccellenza, essendosi costituita in questa città una
associazione collo scopo di praticare dei scavi per rinvenire oggetti di arte antica, il
sottoscritto rappresentante della medesima fa istanza all’E.V. per la dovuta
autorizzazione e a tale effetto esibisce il permesso dei proprietari Signori Del Priore
Pietro e Giuseppe, del terreno-Vocabolo Ponte Celle, ove si vorrebbero incominciare
gli scavi; con riserva poi di produrre altri permessi qualora si dovessero intraprendere
altri scavi” 82 . Il Gori agì dunque sulla proprietà Del Priore che corrisponde alla
particella catastale n. 233 della sez. II dell’Antico Catasto Pontificio della Delegazione
di Viterbo. È questa l’area in cui un decennio più tardi, nel 1895-96, verranno ampliati
gli scavi governativi di Vignale, secondo il quadro ricostruito da Claudia Carlucci83.
IL NINFEO ROSA
Nel 1873 “alcuni artieri della città”84, dopo un temporale, trovarono in modo del tutto
fortuito in località Fosso dei Cappuccini, non lontano dal centro urbano, cinque
statuette in bronzo in un terreno di proprietà del Conte Cesare Antonisi Rosa. I
bronzetti furono immediatamente immessi nel mercato antiquario romano e vennero
venduti per una cifra all’epoca ritenuta molto redditizia. Gli scopritori cercarono di
tenere nascosto l’accaduto, ma, stando alle parole di Francesco Tarquini, un erudito
locale, “come vi sono intrigate le donne, presto si andette a scoprire”85. La notizia
giunse anche alle orecchio del proprietario del terreno, il conte Cesare Antonisi Rosa e
lo stesso si adoperò per ottenere un permesso di scavo. Gli esiti della campagna di
ricerche suscitarono un grande interesse sia nell’ambiente civitonico sia invece in
quello scientifico dell’epoca, come dimostrato dalla notizia data dall’Eroli già nel 1875
in un’adunanza dell’Instituto di Corrispondenza86. Le ricerche condotte portarono alla
luce un complesso santuariale composto da una serie di “cavernette” – secondo la
definizione degli autori contemporanei alla scoperta –di un “canale”, ricavato nel
banco tufaceo e da uno “sbarramento” delle acque, costruito in opera quadrata e
ubicato nel mezzo del Fosso87. La topografia dell’area è stata purtroppo stravolta
ALLA FINE DEGLI ANNI ’80 in anni recenti dalle gettate di cemento realizzate per
la messa in posa dei condotti dell’impianto fognario. L’accesso al Fosso sia a valle sia a
monte è oggi impossibile e l’unica possibilità d’accesso all’area rimane quella di calarsi
nel fosso direttamente dal pianoro soprastante. Le strutture sono comunque ancora
AABBAA, I versamento, b. 138.
C. Carlucci, Il santuario falisco di Vignale. Nuove acquisizioni, in AC XLVII, 1995, 69-101. La studiosa nella
stessa sede ricorda come al Museo di Villa Giulia siano conservati ai nn. inv. 2608-2621 un nucleo di
materiali che propone di riconoscere come quelli rinvenuti nelle campagne precedenti alle ricerche
governative. Necessita ora un incrocio di dati tra l’elenco inventariale Cozza e l’elenvo VG per essere
sicuri al 100%. Ma, come le accennavo questo pomeriggio per telefono, ci dovremmo essere: abbiamo
recuperato materiali e contesto… Quando posso curiosare? Non nascondo che la curiosità è alle stelle…
84 F. Tarquini, Notizie istoriche e territoriali di Civita Castellana, Castelnuovo di Porto 1874, p. 5.
85 Tarquini 1874, p. 24.
86 G. Eroli, in BullInst 1875, 133-***.
87 Per un inquadramento topografico dettagliato dell’area si veda da ultimo M.C. Biella, Nuovi dati sul
cosiddetto ‘Ninfeo Rosa’ in località Fosso dei Cappuccini a Falerii Veteres, in StEtr LXIX, 2003, pp. 118 ss.
82
83
34
nella maggior parte riconoscibili e l’unica ad avere subito forse i danni più consistenti è
lo sbarramento delle acque a cui si faceva cenno, che è comunque riconoscibile al di
sotto di uno strato d’interro. Per quanto riguarda invece i reperti architettonici e i
materiali votivi scoperti negli scavi del conte Cesare Antonisi Rosa, purtroppo la stipe
è andata dispersa ed è stato possibile ricostruirla solo in anni recenti, rintracciando le
varie parti presso musei italiani e stranieri88.In questa sede ci si limita a segnalare la
presenza di un buon numero di statuette bronzee, unitamente a materiali più consueti
nelle stipi votive dei santuari di Falerii, quali ex-voto fittili e vasellame. Interessante è la
presenza ancora una volta di monete di età romana repubblicana, tra cui un asse librale
e una moneta di Suesanum e di lucerne anch’esse ascrivibili a età romana. Questi reperti
testimoniano la prosecuzione del culto anche dopo la conquista romana della città.
Particolarmente significativi per quanto concerne invece gli aspetti del culto sono da
un lato la presenza del bacino artificiale, creato grazie allo sbarramento delle acque,
unitamente anche al rinvenimento di vasetti miniaturistici, che suggeriscono il
significato e il ruolo giocato dall’elemento “acqua”, forse in relazione anche con la
sfera della sanatio, come testimoniato anche dalla presenza dei votivi anatomici.
Un ultimo cenno merita la posizione topografica del contesto sacro in questione,
ubicato nel Fosso dei Cappuccini, affluente di sinistra del Rio Maggiore, e posto in
quel settore di fondovalle del suburbio di Falerii Veteres, contraddistinto dalla presenza
massiccia di luoghi di culto: il santuario di Celle da un lato e quello dei Sassi Caduti
dall’altro.
IL SANTUARIO DELL’ANDROMEDA INCATENATA ALLE ROCCE
Spostandosi nell’area suburbana verso occidente e risalendo dal fondovalle, “a circa
400 m dalla sponta [sic!] nord del ponte Clementino” 89 , dobbiamo collocare un
“nuovo” luogo di culto rimasto sino ad anni assai recenti “sepolto” negli archivi.
Tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio del 1911, durante i lavori di prolungamento
della linea tramviaria Roma-Civita Castellana in direzione di Viterbo, venne infatti alla
luce una cavità sotterranea, del diametro di m 4,83 e identificabile dunque come una
grande cisterna.Si provvide a scavare detta struttura sino alla profondità di m 5,30,
quando si rintracciò il terreno vergine. Il riempimento restituì materiali pertinenti sia
alla decorazione architettonica di un edificio a carattere sacro, tra i quali si ricorda il
celebre frammento di Andromeda incatenata alle rocce, inquadrabile nella prima metà
del III sec. a.C.90,sia materiali votivi91. L’Andromeda d’altro canto non fu l’unico
frammento di altorilievo rinvenuto: va infatti ricordato come nella medesima
occasione vennero alla luce almeno un “grosso frammento di terracotta
rappresentante il busto di una figura maschile a basso rilievo; molto danneggiato, con
Si veda, a tal proposito, per un’analisi aggiornata Biella 2003, pp. 124 ss.
AVG, Attualmente fuori posizione archivistica – Ex cartella n. 40 della classificazione II. Collezioni e
Scasi, C. Scavi.
90 Per un’analisi stilistica e per la datazione si vedano G. Colonna 1991, p. 122 e tav. XXIV e M. Torelli,
Fictiles fabulae, Rappresentazione e romanizzazione nei cicli figurati fittili repubblicani, in Ostraka II, 2, 1993, pp. 289
s.
91 Per un’analisi del contesto si veda M.C. Biella, A proposito del rinvenimento dell’Andromeda da Falerii
Veteres, in AC LXI, 2010, pp. 547-553.
88
89
35
un solo braccio piegato nel gomito e mancante della mano e della parte verso la
spalla” e un frammento di gamba virile, oltre che una “testina muliebre appartenente
ad un’antefissa”. In aggiunta alla cisterna, stando alla relazione a firma di Ettore
Gabrici, furono rintracciati anche “la sezione di parecchi fondi di abitazione, il cui
piano è incavato nel tufo, formando come una conca in sezione, munita alle estremità
di blocchi quadrati che sono da ritenere avanzi di muri delle case”. Lo studioso però si
spinge oltre, fornendoci un dato ancora più interessante: “E poiché l’esistenza di tali
costruzioni è stata da me riconosciuta in vari punti, non è improbabile che vi esistesse
un abitato in antico. I fondi delle abitazioni sono coperti e riempiti da uno strato di
terreno che varia in spessore da cm 50 a 1,50, contenente numerosi avanzi di ceramica,
anch’essa in massima parte dei secoli IV-III a.C. ed anche di epoca romana. […] Si
può argomentare, che vi fosse la sede di abitanti dei secoli IV-III, e che a breve
distanza sorgesse un tempio di tipo etrusco”92.
LA NECROPOLI DI PONTE LEPRE
Spostandosi ancora più verso occidente, l’ultimo complesso che si analizza e la cui
conoscenza dipende in buona sostanza dai soli dati d’archivio è la necropoli di Ponte
Lepre, che assurge agli onori della cronaca nei primissimi anni del ‘900. Sappiamo
infatti che in quella località vennero eseguiti regolari scavi ad opera del conte Ugo
Feroldi Antonisi De Rosa tra il 1904 e il 190693. In quella circostanza fu dapprima
rinvenuta fortuitamente una tomba durante i lavori per una cava di tufo e, a seguito di
questa scoperta, si provvide ad avviare una campagna sistematica di ricerche, che
portò alla scoperta di cinque tombe a camera, che restituirono un’ingente quantità di
materiali di pregio. Degna di nota è soprattutto il corredo della tb. I, che ha ospitato
sepolture dalla prima metà del VI sec. a.C.. La ricchezza è sancita anche da un
notevole corredo di vasellame bronzeo94. Tutte le tombe sono comunque inquadrabili
in un periodo che va dall’età arcaica al IV-III sec. a.C..
Il problema vero della necropoli risiede tuttavia nel suo posizionamento nell’ambito
del suburbio di Falerii: la località Ponte Lepre non è infatti nota dalle fonti
cartografiche di fine ‘800 – inizi ‘900 e l’unica notizia a oggi disponibile era la fonte
orale, che consentiva di “collocarla nei pressi di un piccolo ponte, sito tra la necropoli
della Penna e quella di Valsiarosa, in un’area oggi completamente urbanizzata, non
lontano dal Forte Sangallo”95.
Questo silenzio cartografico non ha un corrispettivo nelle fonti archivistiche, che
ricordano anche altri rinvenimenti avvenuti in località Ponte Lepre e nella fattispecie la
richiesta di permesso di scavo delle signore Giuseppina, Faustina e Maria Quatrini96e
soprattutto quello della signora Giacomina Tingani ved. Brunelli, che già nel 1895
La relazione è conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato, AABBAA, Divisione I (1908-1924), b.
19, fasc. 399.
93 Per una breve narrazione delle vicende relative alle indagini condotte e alla sorte toccata ai materiali si
veda Biella 2011, pp. 18 ss..
94M.A. De Lucia Brolli, Civita Castellana, Il Museo Archeologico dell’Agro Falisco, Roma 1991, pp. 47 ss.
95 De Lucia Brolli 1991, p. 47.
96 AABBAA, II versamento, I parte, b. 269.
92
36
faceva richiesta di potere indagare una sepoltura in un terreno di sua proprietà in
contrada Valsiarosa, località Ponte Lepre 97 . Da questa osservazione scaturisce
ovviamente la necessità di rianalizzare tutta la documentazione esistente relativa da un
lato all’estensione della necropoli di Valsiarosa e dall’altro di cercare di capire meglio la
relazione esistente tra quelli che sino ad oggi si sono considerati due nuclei sepolcrali
distinti.
(MCB)
II.2. IL SETTORE OCCIDENTALE DEL SUBURBIO
NECROPOLI DELLA PENNA
Schede A89, 12/00469830
Il sepolcreto di Penna sorge a sud-ovest del pianoro, immediatamente al di fuori del
perimetro della cinta muraria che delimitava, probabilmente dal V sec. a.C., l’area
urbana (cfr. scheda A89). La sua dislocazione è ritenuta significativa ai fini della
precisazione dei limiti occidentali dello sviluppo di Falerii nel VII sec. a.C. Nel corso
di questo secolo, infatti, l’insediamento di Vignale si estende ad occupare anche il
pianoro dell’attuale Civita Castellana, come sembra indicare proprio la distribuzione
delle necropoli di questo periodo. Scavata tra il 1887 e il 1890, la necropoli della
Penna, è oggi obliterata in gran parte dall’espansione dell’abitato moderno.
Le tombe più antiche, a fossa con uno o due loculi, si concentrano nel settore
settentrionale del sepolcreto, più vicino all’area dell’insediamento. I dati offerti dai
materiali dei corredi funerari sembrano indicare una concentrazione delle più antiche
tombe a camera (di età orientalizzante e arcaica) nell’ambito dello stesso settore.
Successivamente, sarebbe stato occupato il costone digradante a sud-est verso la gola
solcata dal Rio Filetto, dove sono localizzate le tombe più recenti, utilizzate fino al III
sec. a.C. Già all’inizio del VII sec. a.C. compaiono, seppure sporadicamente, le tombe
a camera: questa “novità” viene ritenuta un importante segnale dell’esistenza di una
comunità in rapida evoluzione, all’interno della quale i gruppi emergenti tendono
all’affermazione del proprio ruolo anche attraverso la monumentalità dell’architettura
funeraria. Non mancano gli esempi di strutture di transizione dalla tomba a fossa con
loculo sepolcrale alla tomba a camera, come la tomba 24 (XLII), a camera con accesso
verticale tramite una fossa, che si distingue anche per la presenza di due deposizioni in
sarcofago scavato entro tronco d’albero pertinenti ad individui di alto rango sepolti
nella prima metà del VII sec. a.C.
Nel corso del VI e del V sec. a.C. viene elaborata una tipologia che diventerà peculiare
dell’agro falisco, e che verrà ampiamente adottata anche nel territorio sabino: si tratta
della tomba a camera con loculi parietali chiusi da tegole. Questi ambienti presentano
inizialmente dimensioni limitate, con pochi loculi, e raramente provvisti anche di un
bancone di deposizione che corre lungo le pareti; successivamente l’ampiezza della
97
Si veda, a tal proposito, quanto sostenuto in questa sede supra, § ***.
37
camera tende ad aumentare e si assiste ad uno sfruttamento intensivo delle pareti, nelle
quali si aprono in più ordini ed in successione continua numerosi loculi. Nel IV sec.
a.C. alcune tombe si distinguono per la particolare ampiezza e la presenza di un
pilastro centrale. È evidente che siamo di fronte a tombe di famiglia utilizzate a lungo,
per più generazioni, di solito dall’età arcaica fino alla seconda metà del III sec. a.C.,
indizio di un forte conservatorismo teso a preservare la continuità gentilizia. Un
nucleo di tombe a camera databili tra l’età arcaica e il IV sec. a.C. viene realizzato in
un’area regolarizzata al centro della necropoli: anche da questo punto di vista tale
posizione è indice della pertinenza di tale spazio alle famiglie ai vertici della scala
sociale che continuano per molte generazioni ad utilizzare i medesimi ambienti
sepolcrali con il chiaro intento di evidenziare l’appartenenza ad una determinata gens.
Le iscrizioni apposte sulle tegole di chiusura dei loculi (cfr. scheda 12/00469830)
attestano la realtà di famiglie “allargate”, all’interno delle quali vengono accolti ed
integrati individui apparentemente estranei al nucleo familiare. Si potrebbero
individuare, almeno in parte, come pertinenti a questi elementi allogeni una serie di
sepolture ad incinerazione che si affiancano al prevalente rito inumatorio, per le quali
vengono utilizzati come ossuari vasi di prestigio, con una particolare predilezione per
la forma dello stamnos che dalla prima metà del V perdura per tutto il IV sec. a.C.,
attraverso l’utilizzo prima di esemplari a figure rosse della prima produzione falisca
(tomba 21/C) poi sovradipinti. La scelta di oggetti di particolare pregio indica
comunque il carattere gentilizio di queste sepolture di incinerati.
Dal punto di vista della composizione dei corredi, le tombe della necropoli di Penna
non sembrano discostarsi da quelle delle altre necropoli coeve: a differenza di quanto
accade in ambiente etrusco, il bucchero compare solo nel pieno VI sec. a.C., quando si
assiste all’avvio una produzione locale; accanto ai segni distintivi di genere (strigili e
strumenti da palestra per le deposizioni maschili, oggetti da toilette e attinenti alla sfera
muliebre in quelle femminili) compaiono oggetti allusivi ad uno status elevato, come le
pedine e i dadi da gioco. La parte più rilevante del corredo, tuttavia, è rappresentata
dal servizio da banchetto che prevede sia vasi in bronzo spesso di produzione locale,
che vasi in ceramica, soprattutto di importazione attica. Con l’inizio del IV sec. a.C., i
vasi d’importazione vengono del tutto sostituiti, all’interno dei servizi da vino dei
corredi, da produzioni di ceramiche locali talvolta di altissimo livello, siano esse
figurate, sovradipinte, argentate o semplicemente a vernice nera.
(MLM)
DATI BIBLIOGRAFICI: COZZA - PASQUI 1887a, pp. 170-176, 262-273; 307 sgg.;
FREDERIKSEN - WARD PERKINS 1957, p. 130; GIACOMELLI 1963, pp. 75-76;
GIACOMELLI 1978, p. 530, n. 7; COZZA - PASQUI 1981, pp. 145-18; MOSCATI
1990, pp. 149, 167, figg. 7, 18; DE LUCIA BROLLI 1991, pp. 28-30; M.A. DE
LUCIA BROLLI, in M.A. DE LUCIA BROLLI - L.M. MICHETTI, Cultura e società
tra IV e III sec. a.C. Falerii e Orvieto a confronto, in AnnFaina XII, 2005, p. 383, fig. 21.
DATI ARCHIVISTICI
Tralasciando in questa sede l’analisi dettagliata degli scavi condotti tra 1897 e 1890, di
38
cui si è detto sopra e che hanno trovato ampia pubblicazione, pur preliminare, nel
volume della Forma Italiae dedicato alle necropoli di Falerii98, si segnala come negli
archivi statali siano presenti notizie che ci fanno capire come le ricerche condotte nella
necropoli della Penna furono più ampie. È il caso, ad esempio, delle indagini poste in
essere a più riprese dal Sig. Fabio Petti, di cui abbiamo notizie grazie a documenti
conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b.
269 e AABBAA, III versamento, II parte, b. 63, fasc. 129). In entrambi i casi, ma in
anni diversi – il 1893 e il 1900-01 – il Petti indaga tombe in loc. Penna. Gli scavi
vennero assiduamente controllati da G. Magliulo e ci rimangono anche gli elenchi
inventariali delle suppellettili rinvenute nelle tombe.
Si tratta d’altro canto di indagini minori e discontinue che perdurano anche per gran
parte del XX secolo, come testimoniato, ad esempio, dalla ripulitura di alcune tombe e
dal recupero, condotto nel 1951, di fittili ad opera dell’Assistente A. Bracci, (AVG,
1951, nn. 977, 1152)99. E anche l’interesse dei clandestini nei confronti di questa
necropoli non andrà sopito neppure in anni relativamente recenti: è sempre il Bracci
che segnala ancora nel 1968 lo scavo di frodo di due loculi di un dromos di una tomba
in loc. Penna (AVG 1968, nn. 2238, 2448/ 3 Civita Castellana).
(MCB)
Schede di ricognizione
A 89
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Penna
RICOGNIZIONI: 03-05-1994 e 10-05-1994
OGGETTO: Necropoli.
LOCALIZZAZIONE: Lungo il costone S del pianoro di Civita Castellana, la strada Nepesina
a N, il Rio Filetto a S.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Questa sezione della necropoli inizia a partire dalla zona dei nuovi parcheggi
realizzati in concomitanza con la costruzione della circonvallazione “Belvedere Falerii
Veteres”. Tutta l’area è stata sottoposta ad urbanizzazione, che ha in parte obliterato il livello
superiore della necropoli (parte dell’area è, però, sottoposta a vincolo archeologico apposto ex
lege 1089/1939, che ha salvaguardato l’integrità di numerose tombe; per la descrizione di
quanto conservato si rimanda alla scheda n. 12/00469830), mentre il disfacimento del margine
S della rupe ha reso inaccessibili i livelli inferiori. Sotto il terzo parcheggio verso S, tuttavia,
nell’area di accesso alla discarica di materiali ceramici ed edilizi, sono conservate almeno sei
cavità, che si intravvedono oltre la fitta vegetazione, probabilmente edicole funerarie.
Una nutrita serie di documenti inerenti queste ricerche sono conservati soprattutto nelle Carte Barnabei
presso la BIASA, nel Fondo Cozza presso l’Archivio di Stato di Orvieto e nelle Carte Gamurrini,
conservate presso il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate di Arezzo.
99 La notizia è edita anche nel Repertorio degli Scavi.
98
39
OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione del 1994, la necropoli si presentava adibita
a: Discarica, ricovero di animali, cantina
(MLM)
Scheda 12/00469830
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Penna
RICOGNIZIONI: 1994
OGGETTO: Tombe a camera con dromos e tomba con iscrizioni
LOCALIZZAZIONE: Via Roma, traversa della strada statale Nepesina
IGM: 143 I NE
DESCRIZIONE: Sono accessibili quattro tombe. Le tombe nn. 1-3 si trovano sul limite SE
della proprietà, hanno dromos di accesso, pianta quadrangolare e presentano loculi su tutte le
pareti. Sono adiacenti le une alle altre ed hanno il medesimo orientamento con apertura verso il
lato S del costone tufaceo. La tomba n. 4 si trova al di sotto del casale ed aveva forse
orientamento simile alle altre. Il suo stato di conservazione, però non permette una lettura
certa. La tomba con iscrizioni dipinte n. 5 è di tipologia analoga. Il dromos è ora occupato da
una scalinata con blocchi moderni per favorire l'accesso alla tomba; l’apertura è ad arco
rastremato superiormente, che conserva tracce di decorazione. Sulla parete di fondo si trovano
nove loculi affiancati, che presentano il battente per l'inserimento delle tegole. Sulla fronte delle
pareti divisorie orizzontali di 3 loculi sono conservate 3 iscrizioni. La tomba misura m 3 x 4
circa. Questa tomba è adiacente e comunicante con un'altra (n. 6) della stessa tipologia. Nel
margine SE della proprietà sono visibili altre 2 tombe parzialmente conservate.
OSSERVAZIONI: alcune delle tombe sono accessibili, di altre si intuisce l'esistenza, a causa di
numerose depressioni presenti sui terreni, ma sono colme di terra. Le tombe nn. 1-3 hanno le
pareti comunicanti in parte abbattute per permettere l'accesso alle adiacenti. La tomba n. 4 è
quasi completamente ostruita dalle fondazioni del casale ristrutturato. La tomba con iscrizioni
presenta la parete sinistra in parte abbattuta per permettere l'accesso alla successiva. Le tombe
sono scavate nel banco naturale di tufo e le pareti sono regolarizzate con lo scalpello. Lo stato
delle iscrizioni è molto precario. Rispetto a quanto pubblicato, attualmente solo tre sono
leggibili. Al momento della ricognizione del 1994 si è constatato un utilizzo improprio a
cantina e locale caldaia.
(MLM)
RICOGNIZIONI 2010-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994 situazione invariata a
tutto il 2009.
(PP)
40
NECROPOLI DI VALSIAROSA
Si tratta di una necropoli dislocata ad Ovest della città antica, parallela alla strada che
va da Nepi a Civita Castellana. Prende nome dalla chiesetta di Madonna delle Rose e si
estende a ridosso del fossato artificiale che proteggeva le mura della città in questo
tratto pianeggiante. Costituita da tombe a fossa e soprattutto a camera ipogea a pianta
quadrangolare, o, più spesso, trapezoidale, con soffitto piano, con dromos, e con
deposizioni entro loculi parietali disposti su più ordini, chiusi da tegole di impasto. Si
articola lungo un'ampia via funeraria. Scavi nel 1886, 1887, 1888, 1889 nelle proprietà
Valori, Tarquini, Zocchi, Tincani. Nelle tombe orientalizzanti è documentata la
presenza di letti funerari mobili, in quelle di età ellenistica la presenza anche di letti
funerari disposti al centro della camera funerari costituiti da blocchi di tufo squadrati
(n. 111). La necropoli sembra in uso in base ai materiali rinvenuti dall'età
orientalizzante fino alla conquista romana (241 a.C.).
(LA)
BIBLIOGRAFIA: A. COZZA - A. PASQUI 1887b; Monumenti Antichi 1894, coll. 13-14,
fig. 2.g, 15, 357; MANCINELLI SCOTTI 1897, p. ; A. COZZA - A. PASQUI 1981, pp. 187204; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 28; CIFANI 2003, pp. 86, 95, 98.
DATI ARCHIVISTICI
Anche la necropoli di Valsiarosa fu tra quelle interessate dalle vaste campagne di
ricerche avvenute negli ultimi decenni del XIX secolo a Civita Castellana. Per
indagarla – così come avvenne anche per la necropoli della Penna – si costituì una
società di scavi archeologici, detta Società Valsiarosa, formata da Pietro e Felice
Tarquini, Mario Franci, G. Valori e Girolamo Midossi (AABBAA, I versamento, b.
138). Anche in questo caso, oltre ai fondi archivistici che trattano di queste scoperte,
poi confluite nella gran parte nell’edizione preliminare dei contesti di Falerii 100, si
devono registrare altre indagini, in questo caso anche numericamente consistenti,
successive agli anni 1889.
Intervenne nella necropoli in qualità di scavatore Francesco Mancinelli Scotti,
brillantemente definito da Guglielmo Orazi “l’eterno devastatore delle località
archeologiche” in una lettera del 29 gennaio 1906 (ASR, pratiche di tutela, 291/1)101.
Vi operò, oltre che nella campagna del 1888, anche in quella del 1898 (AABBAA, III
versamento, II parte, b. 63). Gli scavi d’altro canto continuarono anche negli anni a
cavallo tra la fine dell’‘800 e gli inizi del ‘900, come dimostrato dalle indagini di Tullio
Gazzoli e di Ulderico Mideni del 1899-1902 e ancora da quelle di Domenico Tarquini
tra il 1900 e il 1902 (AABBAA, III versamento, II parte, b. 63). Se presso l’Archivio
100Forma
ItaliaeII, 2, pp. 187 ss.
Non che l’Orazi fosse privo di colpe, venendo ricordato in una lettera del Colini come responsabile di
un illecito “commercio di vasi greci dei quali lo Stato era comproprietario” (per la citazione di gran parte
della missiva si veda M.C. Biella, La Collezione FeroldiAntonisi De Rosa, Tra indagini archeologiche e ricerca di
un’identità culturale nella Civita Castellana postunitaria, Pisa-Roma 2011, nota n. 3 p. 20.
101
41
Centrale dello Stato sono conservati perlopiù le richieste e i permessi di scavo,
all’Archivio della Soprintendenza di Roma si possono invece rintracciare, ad esempio
per gli interventi del Gazzoli, anche i diari di scavo e gli elenchi delle suppellettili
rinvenute (ASR, pratiche di tutela, 291/3).
A inizi ‘900 le vicende legate alle indagini della necropoli di Valsiarosa si intrecciano
inoltre con quelle di un’altra necropoli, di cui ci rimangono poche notizie: quella in
loc. Ponte Lepre. Non avendo ancora la piena certezza dell’ubicazione di questo
nucleo sepolcrale, si preferisce trattarla in questa sede separatamente102. Qui si vuole
tuttavia segnalare come la più che probabile unitarietà dei due nuclei sepolcrali –
quello di Valsiarosa e quello di Ponte Lepre – sembra essere in qualche modo
suggerita da un documento conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato
(AABBAA, II versamento, I parte, b. 269). Tra 1894 e 1895 la Sig.ra Giacomina
Tingani in Brunelli fa domanda per indagare terreni in sua proprietà, in contrada
Valsiarosa, vocabolo Pontelepre. Il permesso viene concesso, nonostante “in massima,
questo Ministero deve mantenere ancora il divieto per scavi di antichità in cotesto
territorio, mentre si attende a preparare il volume che illustra quanto precedentemente,
in cotesto stesso territorio, fu trovato, ed è oggi esposto nel Museo Nazionale romano
a Villa Giulia”. Questo perché la domanda riguarda una sola particella catastale, la n.
190 della sez. IV del Catasto di Civita Castellana e si stima che il lavoro sia quindi di
piccola entità e seguibile dal solo Mengarelli.
Infine,i documenti d’archivio ci ricordano come lavori di scasso ancora nel 1967
portassero alla luce in loc. Madonna delle Rose due “presumibili tombe etrusche”
(AVG 1967, n. 860 / 3 Civita Castellana)103.
(MCB)
Schede di ricognizione
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Valsiarosa
LOCALIZZAZIONE:
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
RICOGNIZIONI: 1994
OGGETTO: Necropoli.
DESCRIZIONE: OSSERVAZIONI: l’area è urbanizzata
II.3. IL SETTORE MERIDIONALE DEL SUBURBIO
102
Si veda, a tal proposito, infra pp. ***.
notizia è edita anche nel Repertorio degli Scavi.
103La
42
MADONNA DELLE PIAGGE
Il sito, che è posto in ambito urbano, si trova lungo il sentiero che s'incontra
costeggiando il lato destro della circonvallazione "Belvedere Falerii Veteres", realizzata
tra il 1978 e il 1979 (MOSCATI 1986, p. 65, nota 67). Il percorso, sicuramente già
utilizzato in epoca antica, e più tardi ripreso in età medievale, aveva lo scopo di
congiungere Falerii Veteres con Castel Sant'Elia e Nepi. Lungo la strada (MOSCATI
1986, tav. XI), che si conserva per una lunghezza di circa 150 m, ed una larghezza di
circa 3-4 metri, è conservata, in proprietà privata Feroldi Antonisi De Rosa Vittorio e
Giuseppe, a circa 100 m dall'atuale inizio del percorso viario, una tomba a camera con
semipilastro, nota già nell'Ottocento (Gamurrini - Cozza - Pasqui - Mengarelli 1972, p.
384, 221) e sottoposta a tutela con D.M. 10.11.1928. La tomba con pilastro ad 'edicola'
ed arcosolio, era parte integrante di un vasto nucleo cimiteriale che si articolava su
almeno tre livelli distinti, lungo la via funeraria che scendeva al fiume. La necropoli si
componeva di numerose tombe a camera di dimensioni notevoli. All'epoca della
ricognizione (1994) erano visibili su tutta l'altezza della rupe, i diversi ingressi delle
tombe superstiti, alcune delle quali, soprattutto quelle del secondo livello, accessibili.
La tomba soggetta a vincolo sembra essere, allo stato attuale, la più monumentale della
necropoli.
La tomba ha una larghezza di m 7,02, una lunghezza di m 4,80, un'altezza di m 2,20 ed
orientamento NE/SO. È scavata nel banco naturale di tufo e le pareti sono
regolarizzate con lo scalpello. Il semipilastro è risparmiato nel banco naturale. La
camera presenta una volta testudinata, con al centro della parete di fondo un
avancorpo (cosiddetto 'torcularium') rettangolare scolpito nel tufo (alt. m 2,17; larg. m
1,23; prof. m 1,18). L'avancorpo ha i fianchi lisci, mentre la faccia presenta due
spallette laterali (larg. cm 35; prof. cm 50) risparmiate con una cavità rettangolare
centrale. La parte superiore del pilastro è coronata su i tre lati da una modanatura
composta da un toro (alt. cm 20) e da una fascia (alt. cm 35), che frontalmente forma
un timpano leggermente arrotondato. Sul lato sinistro è parzialmente conservato il
podio (lung. cm 65; larg. cm 40; h cm 38) modanato con plinto, toro e, al di sopra una
crepidine (h cm 7); a sinistra dell'avancorpo è un arcosolio (alt. conserv. cm 60; larg.
cm 145; prof. cm 20). Sulla volta restano, a m 2,50 ca di distanza dal pilastro, verso
l'ingresso, tracce dell'attacco di due pilastri quadrangolari affiancati (larg. cm 60-80 ca)
distanti tra loro cm 50 ca. Questo ambiente comunica, tramite una porta dal profilo ad
architrave piano, realizzato in rilievo nel tufo (spess. cm 6), con un altro minore (m 8 x
m 2,70) che presenta volta a botte. Nei due angoli della parete N di quest'ultimo sono
presenti due cunicoli a sezione ogivale (larg. cm 50 e cm 25). La tomba, databile con
ogni probabilità all'epoca ellenistica, mostra una serie di rimaneggiamenti operati in
epoca moderna. Sulle pareti e sulla volta sono presenti numerosi fori quadrati per
l'alloggiamento di pali. Il piano originario della tomba è stato rialzato con bozzame di
tufo e cemento. Sono stati tolti i pilastri antistanti l'ingresso. Lo stato di conservazione
della tomba è, nell'insieme, ottimo. La tomba si presenta, infatti, integra, anche se
danneggiata da riutilizzi posteriori. Il pilastro è danneggiato, le modanature del podio
erase. Manca completamente la parete di accesso originaria, che presenta una muratura
in tufelli di epoca moderna. All'epoca della ricognizione (1994) la tomba era utilizzata
43
come ricovero per animali e discarica come si poté dedurre dalle numerose ossa
animali, rifiuti e vegetazione in essa rinvenuti. È' possibile che l'uso come ricovero per
animali abbia determinato l'abbattimento della parete d'ingresso per facilitare l'accesso
alla tomba. Dopo la necessaria ripulitura ed il ripristino del pavimento originario, si
ritiene indispensabile, per la tutela del monumento, la chiusura dell'accesso mediante
una cancellata.
Come sottolineato da P. Moscati (MOSCATI 1990, p. 167), questa tipologia tombale,
oltre ad essere ampiamente diffusa nell'area falisca e capenate, si diffonde al di là del
corso del Tevere, nella Sabina tiberina, in particolare a Poggio Sommavilla e a Colle
del Forno.
(LA)
Bibliografia: GAMURRINI - COZZA - PASQUI - MENGARELLI 1972, pp. 384, 221 e 193 fig. 124;
MOSCATI 1985a, p. 125, 93; MOSCATI 1986, pp. 67, fig. 1.21, 68, figg. 7-8, tav. XIIa-b-c;
MOSCATI 1990, p. 167, tav. VII/b. vedi frederiksen-ward-perkins pp. 136-138
inserire la planimetria e la sezione prese da Moscati 1986, p. 68.
Schede di ricognizione
A??
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Madonna delle Piagge
RICOGNIZIONI: aprile 1994
OGGETTO: Percorso viario; tomba a camera
LOCALIZZAZIONE:
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
FOGLIO 34
PARTICELLE 55 località Madonna delle Piagge
Coordinate: 0° 12' 26'' LONGITUDINE EST
42° 17' 08'' LATITUDINE NORD
DESCRIZIONE: vedi sopra
OSSERVAZIONI: L a tomba a camera al momento della ricognizione del 1994 era utilizzata
come ricovero di animali e discarica di rifiuti e ossa
RICOGNIZIONI 2010-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994, a tutto giugno
2010, si conferma la situazione di degrado descritta.
P.P.
LOCALITÀ MILLECUORI
La località Millecuori è ubicata a meridione del plateau di Civita Castellana ed ha
restituito notizie frammentarie ancora da posizionare correttamente in pianta.
Preesistenze antiche sono attestate con certezza a nord del vasto pianoro, dove sono
emerse nel 2007, a seguito di lavori di disboscamento per la messa in sicurezza del
costone interessato da fenomeni di frane, due cavità ben visibili a mezza costa anche
44
dalla strada provinciale di Castel Sant’Elia. L’una, posta ad una quota superiore, si
configura come un grottone irregolare, parzialmente interrato; l’altra, ubicata ad una
quota poco più bassa, è contraddistinta da una apertura rettangolare, mentre l’interno
di forma quadrangolare mostra pareti regolari e soffitto piano.
La parte antistante si presentava per la maggior parte interrata, lasciando ipotizzare
una frequentazione in epoche non recenti. In ogni caso la camera posta al livello
inferiore, apparentemente isolata rispetto al contesto circostante, ha avuto un utilizzo
in tempi moderni, probabilmente come ricovero per attrezzi o animali, attestato dal
rifacimento del vano porta, modificato e ristretto con malta cementizia per la messa in
opera di una porta di chiusura104.
(MCB, MDLB, PP)
DATI BIBLIOGRAFICI:
OSSERVAZIONI: allo stato delle conoscenze non è certo se le cavità viste nel 2007
possano essere identificate con le tombe a camera citate in bibliografia.
DATI ARCHIVISTICI (M. Cristina Biella)
II.4. IL SETTORE SETTENTRIONALE DEL SUBURBIO
Necropoli di Terrano
Schede A90, 12/00469819, 12/00469821
La necropoli di Terrano si estende sui costoni di un ripido pianoro tufaceo a NO
dell’abitato delimitato dal corso del Rio del Purgatorio e del Rio Maggiore. Indagata
soprattutto nei primi decenni del 900, è l’unica necropoli della città di Falerii ancora
conservata pressoché integralmente. La dislocazione sullo stretto pianoro tufaceo,
isolato dai corsi d’acqua, ha evitato che l’area ospitante la necropoli fosse interessata
dalla successiva espansione della città, come è accaduto per le altre necropoli coeve,
che sono state nel tempo parzialmente o integralmente inglobate dalla città.
La sua posizione, attigua a quella di Valsiarosa, ne fa una sorta di appendice: tale
continuità topografica sembra del resto avvalorata da considerazioni cronologiche: se
infatti infatti il periodo di massima frequentazione del sepolcreto di Valsiarosa è il VI
sec. a.C., è solo con il V secolo che si comincia a sfruttare la vicina altura di Terrano a
scopi funerari, come confermato dalla tipologia delle sepolture.
Viene qui adottata la tipologia tombale tipica delle necropoli di questa fase: si tratta di
un cospicuo nucleo di tombe a camera a pianta quadrangolare cui da accesso un dromos
scavato nel tufo, le cui porte dovevano originariamente essere chiuse con lastre di
pietra (cfr. scheda A90 e successive). Frequente è la presenza, al centro dell’ambiente,
di un pilastro ricavato nella roccia; sulle pareti si aprono i consueti loculi per le
deposizioni, in origine chiusi da tegole fittili. In alcune tombe della necropoli si
104
Archivio SBAEM, relazione di P. Poleggi del 16/10/2007
45
segnalano iscrizioni falische che, anziché essere dipinte sulle tegole di chiusura dei
loculi, sono state incise al di sopra o al di sotto dei loculi stessi; talvolta il contenuto è
un testo di un complesso epitaffio.
(MLM)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. GATTI 1904, p. 296; M. W. FREDERIKSEN - J. B.
WARD PERKINS 1957, pp. 142-144; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A.
PASQUI - R. MENGARELLI 1957, pp. 179, 192, 292, 374, fig. 123; GIACOMELLI
1963, pp. 78-82; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39.
DATI ARCHIVISTICI
Assai utile per precisare meglio la notevole estensione della necropoli in loc. Terrano,
sia a Est sia a Ovest del ponte omonimo, appare una fotografia di fine ‘800 di Peter
Paul Mackey 105 , conservata presso l’Archivio della British School at Rome (BSR
Archive – Peter Paul Mackey Collection, 0485), scattata qualche anno dopo rispetto a
quella degli autori della Carta Archeologicia d’Italia106, in cui si percepisce pienamente
l’articolazione della necropoli su almeno tre livelli di tombe a camera, articolati su
gradoni di un unico costone tufaceo. Entrambi gli scatti mostrano chiaramente come
già all’epoca le tombe fossero aperte e alcune riutilizzate a scopo agricolo-pastorale.
A differenza di quanto avviene per le altre necropoli di Falerii, per quella di Terrano
non abbiamo resoconti particolarmente precisi delle indagini ivi condotte. Si tratta di
notizie perlopiù sparse, come quella conservata in una lettera all’Archivio Centrale
dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269), datata 5 maggio 1893, nella
quale il Conte Ugo Feroldi De Rosa scrive a Felice Barnabei, sollecitando la possibilità
di intervenire nei terreni di sua proprietà, in cui vi sono sepolture a vista. Tra le varie
località, il Feroldi menziona anche Ponte Terrano. Il Barnabei invia per un controllo
preliminare alla concessione del permesso il Soprastante G. Magliulo, che invece nota
come, almeno al momento della sua ricognizione, nell’appezzamento di terreno di
proprietà del Conte “non esistano tombe visibili”. È difficile in questa circostanza
capire quanto la dichiarazione del Feroldi fosse dettata da una sincera preoccupazione
di vedersi danneggiare i suoi possedimenti da scavatori di frodo, piuttosto che dalla
volontà di proseguire in tutti i terreni di sua proprietà le ricerche archeologiche, che
negli anni precedenti gli avevano così ben fruttato anche dal punto di vista economico,
avendo ceduto allo Stato i contesti rinvenuti negli scavi delle necropoli di Montarano
NNE e in quelle di Celle e Colonnette107.
Infine non si può non segnalare ancora una volta come i documenti d’archivio
mantengano memoria di scavi clandestini. Ce ne rimane testimonianza soprattutto per
gli anni 1966-68 grazie alle segnalazioni dell’Assistente A. Bracci (AVG 1966, n. 2761;
Per notizie in merito all’attività di Mackey a Roma si veda R. Coates Stephens, Immagini e memoria: Rome
in the photographs of Father Peter Paul Mackey 1890-1901, Roma 2009, pp. ***.
106 Forma Italiae II, 1, fig. 211 p. 375. La recenziorità dell’immagine scattata dallo studioso inglese è
deducibile dalla presenza di una villa ormai edificata, ancora non esistente invece nello scatto degli autori
della Carta Archeologica d’Italia.
107 Forma Italiae II, 2, rispettivamente p. 21, p. 99 e p. 205.
105
46
1967, n. 6215: 1968, nn. 1444, 2450, 3728 / 3 Civita Castellana) e così farà anche
l’Ispettore Onorario G. Polidori nel 1973108. In quest’occasione vi sarà ancora una
volta il recupero dalle tombe depredate di materiale, tra cui spicca una tegola
sepolcrale con iscrizione (AVG 1973, nn. 501, 942/3 Fabrica di Roma e n. 1301/3
Civita Castellana).
Passando invece a una cronologia più bassa, come noto, l’organizzazione del tessuto
insediativo di epoca romana a Falerii Veteres e nel suo immediato suburbio è ancora
tutta da indagare. Pur trattandosi di un rinvenimento che necessita ancora di un
posizionamento preciso su carta catastale, riteniamo utile mettere in gioco una notizia
contenuta in una lettera del 29 ottobre 1902 di G. Magliulo, conservata del Presso
l’Archivio SBAR (Pratiche di tutela 291/5). L’allora Soprastante ricorda come “il Sig.
Vincenti Giuseppe nel fare il livellamento di un terreno in Voc. Ponte Terrano, ove
esiste una fabbrica di ceramica, ha rinvenuto un disco di travertino dello spessore di
mm 150, e del diametro di mm 680”. Il frammento lapideo, non integro in tutte le sue
parti, era ornato a bassorilievo con una scena di aratura di un campo, con due buoi
attaccati ad un aratro, guidato da una figura virile, vestita con tunica lunga sino al
ginocchio e stretta sui fianchi. Il contadino sprona i buoi con un bastone, che tiene
con la mano destra, mentre tiene nella sinistra la guida dell’aratro. Tra i solchi della
terra rappresentati si vede un’anfora “chiusa da una cornice rappresentante una corona
d’alloro con grosse bacche”. (Garrucci, Deecke… Da inserire!)
(MCB)
Schede di ricognizione
A90
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Castellaccio
RICOGNIZIONI: 13-09-1994
OGGETTO: A) Necropoli; B) Ponte.
LOCALIZZAZIONE: Lungo la via di Terrano, in corrispondenza dell'omonimo ponte, e alla
confluenza tra il Rio Purgatorio a N e il Rio Maggiore a S.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: A) Si tratta del proseguimento della necropoli di Terrano Castellaccio (cfr.
scheda n. 12/00469819), costituito da tombe a camera con loculi parietali; esse sono orientate
N-S e disposte su più livelli, di cui tre sono visibili. Tra queste si segnala una tomba con
iscrizione a sinistra dell'ingresso.
B) Sotto i resti del ponte moderno è conservata la spalletta sinistra in blocchi in opera quadrata
di tufo.
OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione 1994 si è constatato un uso improprio delle
tombe come deposito per attrezzi e pollaio
108
Le notizie sono brevemente edite anche nel Repertorio degli Scavi.
47
(MLM)
Scheda 12/00469819
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Castellaccio
RICOGNIZIONI: 1994
OGGETTO: Tomba a camera
LOCALIZZAZIONE: Ponte di Terrano. Strada provinciale per Fabrica di Roma. La tomba si
trova subito dopo il ponte di Terrano, sulla destra della strada, all'altezza dell'ingresso alla
tenuta di Terrano.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Tomba falisca a camera a pianta quadrangolare con doppio ordine di loculi
su ciascuna parete, compresa quella su cui si apre l'ingresso. La tomba è scavata nel banco
naturale di tufo e le pareti sono regolarizzate con lo scalpello. Il soffitto è a doppio spiovente
con columen centrale. All'interno sono visibili sulla parete N quattro loculi su due file, sulla
parete E sei loculi su due file, sulla parete di ingresso a sinistra di questo due loculi. L'iscrizione
falisca incisa sulla parete N è su due linee.
OSSERVAZIONI: La planimetria e l'elevato del monumento sono integri. All'interno sono
rilevabili alcuni danneggiamenti dovuti ad utilizzi posteriori. Nella parete O è stata praticata
un'apertura e alcuni loculi sono stati scalpellati. L'ingresso della tomba è stato chiuso in epoca
recente con un cancello di legno. La parete O è stata parzialmente distrutta da un'apertura che
mette in comunicazione con la proprietà adiacente. La maggior parte dei loculi è stata
scalpellata nel momento in cui la tomba era adibita a ricovero per animali.
(MLM)
RICOGNIZIONI 2010-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994 situazione invariata a
tutto giugno 2010.
(PP)
Scheda 12/00469821
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Castellaccio
RICOGNIZIONI: 1994
OGGETTO: Necropoli
LOCALIZZAZIONE: Strada provinciale per Fabrica di Roma.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
48
DESCRIZIONE: Sono visibili sia sul piano di campagna che sulla parte alta del costone alcune
tombe. Sulla parte alta del costone, in particolare, sono visibili alcuni loculi relativi ad una
tomba asportata durante il taglio del costone. Circa in corrispondenza della torre sono visibili
tre tombe a camera a circa m. 5 di distanza l'una dall'altra: hanno un breve dromos, caditoia, e
loculi sulle pareti, tutte inaccessibili per la fitta vegetazione. Procedendo verso E il costone è
tagliato per costruire ricoveri per animali, con recinti e tettoie, rimangono alcuni loculi relativi
ad una o più tombe. Si tratta della parte più meridionale della necropoli di Terrano,
prospiciente il Rio Maggiore. Le tombe a camera sono scavate nel tufo e regolarizzate con lo
scalpello.
OSSERVAZIONI: si conservano resti di tombe a camera, con interventi di epoca recente. il
costone tufaceo è stato tagliato e la parte esterna di alcune tombe è andata perduta. Alcuni
loculi sono stati scalpellati. Al momento della ricognizione 1994 si è riscontrato un uso
improprio come ricoveri per animali, recinti, cisterne.
(MLM)
RICOGNIZIONI 201-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994 non appaiono
modifiche o cambiamenti della situazione a tutto giugno 2010.
(PP)
NECROPOLI DELLE COLONNETTE
Si tratta di una necropoli dislocata a Nord della città antica, lungo il corso del Rio del
Purgatorio, costituita esclusivamente da tombe a camera ipogea a pianta
quadrangolare, o, più spesso, trapezoidale, con soffitto piano, con dromos, e con
deposizioni entro loculi parietali disposti su più ordini, chiusi da tegole di impasto. Si
estende lungo la lingua tufacea delimitata a S e a E dal Rio Maggiore, a N dal Cavone
del Lupo o Via Velata.
La tagliata viaria di Cava del Lupo è stata scavata nella zona centrale dell'esteso
pianoro tufaceo delimitato a N dal Fosso detto Carraccio di Coccione, a Sud e a Est
dal Rio Maggiore; il tratto più settentrionale della tagliata è divenuto nel tempo il letto
di un piccolo corso d'acqua che confluisce nel Fosso Carraccio di Coccione. Parte
delle tombe si apre sul versante settentrionale della tagliata e sono disposte sul costone
tufaceo ad una quota superiore a quella della tagliata; l'orientamento delle tombe è Sud
Ovest - Sud Est.
La necropoli si articola in due settori: 1) più settentrionale collocato lungo un'ampia
via sepolcrale tagliata nel tufo detta "Cava del Lupo" o "Via Velata", detta nell'800
anche "Via Furiana", che congiungeva Falerii Novi al Tempio di Giunone Curite a
Celle; 2) più meridionale e orientale prospiciente l'antico centro abitato e il colle di
Vignale. Le tombe sono dotate in due casi di un pilastro centrale a sostegno del
soffitto e in un caso di un tramezzo, situato sulla parete di fondo. Scavi diretti da A.
Cozza e A. Pasqui nel 1890 nelle proprietà Feroldi e Morelli. Tra queste si segnalano
tre tombe rinvenute presso la tagliata che recano iscrizioni incise sull'architrave della
porta, la tomba (n. 62) che ha restituito la nota olla di Cerere e quella (n. 115) che ha
restituito il celeberrimo Cratere dell'Aurora. La tomba monumentale (n. 24), che aveva
tre camere affacciate su un portico centrale caratterizzato su tre lati dalla presenza di
colonne (otto in tutto) con capitello costituito da abaco ed echino, a sostegno del
49
soffitto piano, ha dato il nome alla necropoli. Dell'antica tagliata sono visibili dei tratti
al di sotto dell'attuale passaggio della Ferrovia Roma Nord, sia ad Ovest che ad Est
della Ferrovia.
La necropoli, nonostante la presenza di tombe più antiche come quelle che hanno
restituito l'olla di Cerere della seconda metà del VII sec. a.C. e le anse di oinochoai
greco-orientali di tipo rodio (due del tipo A di Shefton e una del tipo C di Shefton,
della fine del VII-prima metà VI sec. a.C.), sembra in uso in base ai materiali rinvenuti
dagli inizi del V alla prima metà del III sec. a.C.
BIBLIOGRAFIA: Thulin 1907, pp. 273-275; Frederiksen - Ward Perkins 1957, p.
145; Cozza, Pasqui 1981, pp. 205-211; Moscati 1987; Moscati 1990, p. 167, Tav. VIIa;
De Lucia Brolli 1991, p. Cifani 2003, p.
(LA)
DATI ARCHIVISTICI
Tralasciando in questa sede l’analisi dettagliata degli scavi condotti nel 1890 nei terreni
di proprietà Feroldi e in parte Morelli e Colonnella, di cui si è detto sopra e che sono
stati pubblicati, pur preliminarmente, nel volume della Forma Italiae dedicato alle
necropoli di Falerii109, si segnala come negli archivi italiani siano presenti notizie che ci
fanno capire come le ricerche condotte sull’altopiano delle Colonnette furono più
ampie di quelle edite.
Ancora una volta l’inizio delle indagini è da riconnettere a quel periodo di diffusi scavi
archeologici promossi dai proprietari di terreni o a titolo personale od organizzati in
Società di Scavi Archeologici.
Uno dei maggiori attori sulla scena anche nel caso della necropoli delle Colonnette fu
il Conte Feroldi, che chiese permesso di scavo già nel 1887 (AABBAA, I versamento,
b. 138, fasc. 270) e reiterò la domanda nel 1893 in una lettera al Barnabei del 5 maggio,
già citata in questa sede, che portò G. Magliulo a effettuare un sopralluogo mirato con
il seguente esito in data 26 maggio 1893: “Terreno prativo ove si conservano
moltissime tombe, ma tutte esplorate in epoca in cui il conte Feroldi era munito di
permesso, ad eccezione di due soltanto, che non ho potuto precisare se siano o no
visitate, scorgendosi una parte del frontone, e la terra non dà segno di essere
recentemente smossa” (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269)110. In realtà, anche
stando al solo edito, sembrerebbe che persino le prime indagini del Feroldi
nell’altopiano delle Colonnette siano state poco fruttuose. Nonostante infatti il gran
numero di tombe presenti anche nella planimetria edita nel volume della Forma
Italiae111, sembrerebbe che la maggior parte siano state trovate già vuote112. Questo
non sarebbe imputabile solamente alla costante esposizione delle tombe nel corso dei
Una nutrita serie di documenti inerenti queste ricerche è conservata soprattutto nelle Carte Barnabei
presso la BIASA, nel Fondo Cozza presso l’Archivio di Stato di Orvieto e nelle Carte Gamurrini,
conservate presso il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate di Arezzo.
110 Sulle motivazioni che spinsero il Conte Feroldi a richiedere questo secondo permesso di intervento
nelle sue proprietà si veda quanto detto supra, p. ***.
111Forma Italiae II, 2, p. 206.
112Forma Italiae II, 2, p. 8 e per le descrizione dei pochi contesti rinvenuti pp. 205 ss.
109
50
secoli, ma piuttosto a una campagna di scavo condotta nel 1849-50 dal comandante
francese di stanza al Forte Sangallo, che pose in essere indagini nella necropoli delle
Colonnette, inviando poi i materiali rinvenuti a Parigi113.
L’interesse nei confronti delle strutture tombali in questione è d’altro canto anche in
questo caso destinato a non scemare del tutto anche nel corso del XX secolo. Ancora
una volta nell’Archivio SBAEM sono conservati documenti che attestano, ancora nel
1973, scavi clandestini avvenuti sull’altopiano delle Colonnette (AVG 1973, n. 6663 /
3 Civita Castellana). In questo caso la tomba, a pianta trapezoidale, preceduta da
dromos, presentava quindici loculi in origine chiusi da tegole e cinque nicchie di
dimensioni diverse e parrebbe che in quella circostanza il sepolcro abbia restituito
anche un ingente corredo114.
(MCB)
Schede di ricognizione
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Colonnette - Prato Lorenzone
RICOGNIZIONI: aprile 1994
OGGETTO: Necropoli.
LOCALIZZAZIONE:
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
FOGLIO CCATASTALE 19 PARTICELLE 63, 64, 106, 121, 122
FOGLIO CATASTALE 28 PARTICELLE 305, 306
DESCRIZIONE: Tombe a camera ipogea scavata nel tufo con soffitto piano: dromos della
larghezza di circa m 1 con pareti a profilo verticale, porta di accesso generalmente rettangolare
larga in media cm 80 e chiusa in origine da lastroni di tufo, camera a pianta quadrangolare o
trapezoidale; loculi rettangolari disposti su due o più ordini originariamente chiusi da tegole;
eccezionalmente sono attestati: nicchie per alloggiamento dell'olla cineraria (tb. 4 e tb. con
timpano, n.l 1); pilastro centrale (tb. 4); motivi decorativi in facciata (n. 11); apprestamenti
esterni per il culto. AMALGAMARE CON IL RESTO
Rispetto alle segnalazioni della Moscati (1987), cui si rimanda per la pianta generale della
necropoli e la descrizione dei singoli complessi tombali, la recente ricognizione ha permesso di
verificare modificazioni dell'area e di acquisire nuovi elementi. Nella zona A, l'ambiente ipogeo
1 è ancora visibile, mentre non è stato possibile verificare l'esistenza di due tombe che
venivano già indicate come "in parte crollate o rimaneggiate" e che dovevano trovarsi sul ciglio
del costone, oggi del tutto inaccessibile; l'area antistante l'ambiente 1 è attualmente adibita a
recinto per animali. Nella zona B, la tomba 4, sopra la quale si è impiantato il casale di
proprietà O. Profili (part. 64), risulta ampiamente rimaneggiata nella sua area antistante;
all'interno, si è notata la presenza, nella parete di fondo in prossimità dell'angolo destro, di una
La notizia è contenuta in A. Dottorini, La civiltà Falisca, le necropoli preromane di FaleriiVeteres (Civita
Castellana), in Annuario del R. Istituto Tecnico di Ascoli Piceno, 1927-29, p. 11 ed è commentata in M.C. Biella,
Curiosità antiquarie: la ricerca dell’antico in Civita Castellana prima dell’impresa della Carta Archeologica, in Italia
Antiqua, La formazione della città in Etruria, Atti del I Corso di Perfezionamento, Roma 2004, nota n. 80 pp. 17 s.
114 La notizia è edita anche nel Repertorio degli Scavi.
113
51
nicchia per l'alloggiamento dell'olla funeraria, e nella parete d'ingresso, a destra dell'attuale
apertura, l'esistenza di due piccoli loculi (sepolture infantili? intervento moderno?). Nella zona
C, nel complesso di tombe con decorazione scolpita in facciata (11) si segnala la presenza,
all'interno della terza nicchia con timpano da S, di un incasso per l'alloggiamento dell'olla
funeraria; addossati alle tombe suddette sono stati abbandonati due tralicci dell'E.N.E.L. e reti
di ferro. L'interno della tomba 12, visibile attraverso un'apertura praticata in epoca moderna,
risulta allagato fino al secondo ordine di loculi. La tomba x risulta oggi non visibile a causa
della folta vegetazione. L'ultima tomba segnalata dalla Moscati sul lato orientale del costone
(tomba 13) si trova a circa m. 60 dall'estrema propaggine del costone stesso; in quest'area, il
taglio della vegetazione effettuato dal proprietario del fondo a partire dal 1993, e tuttora in
corso, ha permesso invece di verificare l'esistenza di altre tredici di tombe. In questa maniera, il
settore settentrionale della necropoli risulterebbe articolato su tre file. Dieci di queste tombe
sono orientate 3 a Est e 7 a Ovest, mentre le rimanenti tre presentano delle caratteristiche
particolari. Parallela alla tomba 13, verso il ciglio orientale del costone, è stata individuata una
tomba con lunghissimo dromos (m. 4 x 1,45) orientata a Sud Ovest; si intravedono le tracce
della camera laterale destra, la cui volta sembra crollata. Ad un livello intermedio tra la tomba
13 e le tombe allineate in prossimità del costone occidentale si è riscontrata la presenza di una
tomba orientata a Nord Ovest con dromos attualmente non accessibile: al di sopra della parete
E del dromos è visibile un vano di forma trapezoidale con soffitto piano e piccola banchina
conservata su tre lati, mentre il quarto lato è conservato solo parzialmente (si tratta forse di un
vestibolo); a destra del dromos la parete tufacea si presenta tagliata regolarmente su tre lati a
costituire la base di una "terrazza" di forma approssimativamente triangolare con vertice verso
S, visibile ad un livello superiore, alla quale si accedeva tramite dei gradini, tre dei quali sono
ancora visibili. A Nord della tomba 13, si nota sul fianco orientale della rupe l'attacco della
volta di una camera e parte di due pareti d'imposta della volta stessa; la parte orientale della
tomba è franata in seguito allo sfaldamento del costone tufaceo. E’ da rilevare che su tutta
l'area sono stati notati, ma non raccolti, frammenti di ceramica a vernice nera. A Sud Ovest
della necropoli delle Colonnette, oltre un appezzamento di terreno coltivato, sul costone
tufaceo di Prato Lorenzone, la parete presenta una serie di ambienti scavati nel tufo,
attualmente utilizzati come stalle e magazzini, nei quali non sono stati riscontrati indizi di
un'utilizzazione antica, e dei quali pertanto è difficile ricostruire l'epoca di realizzazione. I due
ambienti più grandi sono scavati nel tufo e parzialmente costruiti in blocchi di tufo.
Procedendo verso Nord, si notano inoltre varie cavità rettangolari o semicircolari di piccole
dimensioni (abbeveratoi, ricoveri per animali), probabilmente ricavati in epoca moderna. La
recente ricognizione lungo la Cava del Lupo ha permesso di verificare la presenza di tutte le
tombe individuate dalla Moscati, tranne la N. 18 (indicata nell'articolo come "visibile ma
inaccessibile"), oggi probabilmente obliterata dal fitta vegetazione. Inoltre è stato possibile
identificare la presenza di due tombe non individuate dalla Moscati. La prima, della quale si è
intravisto l'invito di un dromos della larghezza di 1 m, si trova a 12 m circa dalla N. 23.
La seconda è ubicata a circa 8 m. a Nord Ovest dalla precedente, ad un livello superiore: la
porta della tomba, orientata a Est e oggi ricoperta da arbusti, sembra aprirsi ad una quota
molto bassa rispetto all'attuale piano di campagna. La tomba 24, caratterizzata dalla presenza
nella camera centrale di colonne (dalle quali probabilmente è derivato il toponimo
"Colonnette"), è visibile dal costone orientale della Cava del Lupo, ma risulta attualmente
irraggiungibile a causa della fitta vegetazione e della viscidità del pendio. A Nord della tomba
24 è visibile a tratti una serie di gradini con andamento spezzato che dovevano collegare il
livello della Cava del Lupo con la prima fila di tombe (tra cui la stessa tomba 24) e la seconda
(tombe 18-23 e tombe individuate nella presente ricognizione). Si segnala, infine, a proposito
della tomba 25, che gli accessi delle tombe scavate nel costone tufaceo al di sotto di una casa
52
moderna, risultano oggi completamente obliterati dalla vegetazione. Le tombe 20-21
presentano sopra l'architrave della porta delle iscrizioni falische: per esse, si rimanda a
Giacomelli 1963.
OSSERVAZIONI: già cava di tufo (1927). Attualmente le tombe sono in gran parte interrate o
ricoperte dalla vegetazione.
(LA)
RICOGNIZIONI 2010-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994 si segnala
l’ulteriore foltissima crescita di vegetazione che rende impossibile l’accesso alle camere tombali
e ha provocato numerosi distacchi delle pareti della via tagliata, che continua ad essere
utilizzata come discarica e fogna a cielo aperto – Situazione a tutto giugno 2010.
(PP)
SANTUARIO DI MERCURIO IN LOCALITÀ SASSI CADUTI
Scheda A60
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE:
LOCALITA'/TOPONIMO: Sassi Caduti
RICOGNIZIONI: 8-04-1994
TIPO DI UTILIZZO: Seminativo
OGGETTO: Tempio falisco.
LOCALIZZAZIONE: Fosso di S.Anselmo a NE, Rio Maggiore a S, ai piedi del
costone tufaceo di Colonnette ad O.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
FOTO: da allegare il rilievo di Stefani e le foto dell’acroterio con duellanti e di una
testina di antefissa.
DESCRIZIONE: Il santuario era situato in una profonda valle stretta tra l'altura delle
Colonnette e la riva sinistra del Rio Maggiore, lungo l’antica via che scendendo
dall'abitato lo collegava al tempio di Giunone Curite. La sua collocazione era extra
moenia, fuori dall’area urbana, in posizione tutt'altro che dominante, eppure strategica,
lungo l'asse stradale che conduceva al più importante santuario federale falisco, ha
continuato a mantenere immutata la sua rilevanza anche dopo la conquista romana e la
fondazione della colonia romana di Falerii Novi, che non avevano minimamente
intaccato il prestigio e vitalità delle due aree sacre.
Il tracciato della via, descritto sommariamente da A. Pasqui nella relazione di scavo del
tempio di Giunone (PASQUI 1887, p. 93), è indicato con puntualità da R. Mengarelli
nella relazione manoscritta conservata a Villa Giulia nell'Archivio SAEM confluita in
53
gran parte nel resoconto sulla scoperta del tempio (MENGARELLI 1911): essa usciva da
una porta secondaria di Falerii, la posterula individuata nell’orto del monastero delle
Clarisse, che affacciava di fronte ai Sassi Caduti e scendeva verso ovest con rapida
inclinazione lungo la ripa. Qui ripiegava verso est arrestandosi presso il fosso poco
sopra l’area dove sorgeva il santuario dei “Sassi Caduti” in prossimità di un ponte.
Altre evidenti tracce di un secondo ponte simile si trovavano più ad oriente, in un
punto dove la via, ritornando sulla sponda destra, cioè dalla parte della città poteva
discendere lungo il fosso fino ad un terzo ponte, al quale facevano capo alcune strade
importanti in prossimità del tempio di Giunone Curite. All’altezza del secondo ponte
saliva verso destra una breve ed erta via fino all'acropoli di Vignale. La descrizione,
così suggestiva, del percorso che univa i santuari suburbani al pianoro maggiore ed
all’acropoli di Vignale, attualmente non più visibile con tale chiarezza, consente di
comprendere quanto fosse ampia e approfondita la ricerca archeologica sull’area
dell’antica Falerii durante i primi anni del Regno d’Italia.
Il merito della scoperta di questo importante santuario falisco si deve ancora una volta
a R. Mengarelli, che nel corso delle sue ricognizioni sul territorio notò la presenza di
frammenti architettonici sparsi sul terreno e di alcuni tratti di muri affioranti.
Le operazioni di scavo, effettuate tra l’agosto del 1901 ed il febbraio del 1902, vennero
condotte non in tutta l’area ma per saggi, a causa della limitata estensione del luogo,
rendendo difficoltosa la comprensione delle strutture emerse, per le quali risultò certa
l’appartenenza ad almeno due periodi della vita del luogo, risalenti rispettivamente al
primo impianto monumentale del santuario, di epoca tardo-arcaica (metà del V secolo
a.C.), e all'epoca romana cui vennero attribuiti almeno due ambienti porticati.
Dal giornale di scavo, redatto dal soprastante G. Magliulo, emerge con chiarezza come
i materiali architettonici e votivi raccolti si fossero trovati mescolati e dispersi su tutta
l'area e soprattutto ridotti in frammenti di esigue dimensioni, a volte, difficilmente
ricomponibili, senza alcuna possibilità di collegamento tra la loro distribuzione ed i
lacerti di strutture intercettate.
Inoltre la scelta di effettuare lo scavo per trincee, per evitare la spesa del trasporto
della terra, comportò l'impossibilità di documentare compiutamente con rilievi grafici
tutte le strutture emerse nei vari saggi che rapidamente venivano richiusi, dopo aver
raccolto il materiale. Pertanto l'unico rilievo a nostra disposizione rimane quello
pubblicato da E. Stefani (STEFANI 1948), solo molti anni dopo la conclusione dello
scavo, insieme al tentativo di interpretazione di ciò che era stato rilevato.
L’area ha restituito uno dei complessi decorativi più ricchi e completi del periodo
tardo arcaico, caratterizzato da una grande qualità ed una omogeneità stilistica e
tecnica, con elementi di grande pregio come l’acroterio centrale con duello di guerrieri
tra volute (MENICHELLI 2011)
Per ciò che riguarda i modelli della plastica figurata, sono chiare le influenze attiche ed
i riferimenti alle contemporanee produzioni greche e magno-greche; si va infatti dalla
impronta eginetica dei volti dei guerrieri in duello, alle ispirazioni attiche nelle testine
delle belle antefisse a figura intera con coppia di menade e sileno.
Alla metà del IV secolo si colloca la prima ristrutturazione che riguarda sicuramente la
completa sostituzione del sistema decorativo tardo-arcaico, con rivestimenti
54
purtroppo incompleti, ma ugualmente di alto livello tecnico e artistico. Il gruppo è
rappresentato dal frammento di altorilievo con Hermes stante poggiato al tronco di un
albero nel quale è evidente il richiamo alla scultura di ispirazione prassitelica che trova
a Falerii, ambiente già profondamente ellenizzato, una particolare accoglienza.
Infine, ai decenni finali del I secolo a.C., forse proprio per diretto interessamento di
Augusto, si data l’ultimo rifacimento dell’area, con l’elevazione degli edifici porticati
che dovevano essere decorati con le lastre Campana raffiguranti, tra gli altri soggetti,
figure di geni alati suonatori di doppio flauto e lira.
Tutto il materiale raccolto durante la campagna di scavo, nelle proprietà Marinelli e
Micheli, venne acquistato da parte del Ministero e si trova diviso tra il Museo
Nazionale Etrusco di Villa Giulia ed il Museo Archeologico dell’Agro Falisco.
Per ciò che riguarda l'aspetto cultuale studi condotti in anni recenti hanno reso quasi
certa l’attribuzione del santuario dei Sassi Caduti al culto di Mercurio, basata
principalmente sulle numerose iscrizioni vascolari molto significative soprattutto, vista
l’esiguità dei materiali votivi. Alla luce infatti di una delle valenze principali di
Mercurio, dio legato alla Merx e quindi protettore del commercio e degli scambi, è
stato possibile leggere proprio in questo senso le iscrizioni vascolari, le cui
interpretazioni controverse avevano finito col falsarne la destinazione. Infatti la
possibilità di collegare gli "efiles" agli "aediles" romani nelle funzioni di controllo dei
mercati e dei commerci, posti sotto la tutela del dio Mercurio, hanno chiarito la
funzione delle coppe iscritte come offerte votive sulle multe con le quali quei
magistrati colpivano i traffici commerciali. A queste dediche si aggiungono altri
frammenti vascolari con numerali incisi che indicano le cifre 10,15,50,1000, riferibili
probabilmente al valore del denaro ricavato dalle multe inflitte dagli "efiles" offerte
anch'esse alla divinità.
SCHEDA TOPOGRAFICA
La zona indagata si trova in un lembo di terreno stretto tra la rupe e il fosso orientato
in direzione nord-ovest. Le strutture emerse coprivano un'area di sessanta metri di
lunghezza e circa ventotto di larghezza, ma le condizioni discontinue dello scavo ne
hanno pregiudicato la corretta interpretazione. Lo Stefani attribuisce i diversi tratti di
muri rilevati, sulla base della tecnica costruttiva, alle varie fasi di vita dell’area. Alla fase
più antica databile intorno al 460-450 a.C. grazie ai frammenti di terrecotte
architettoniche recuperate, sono attribuibili due segmenti di muri in blocchi di tufo
regolari accostati in due file, disposti per testa in quella esterna, per taglio in quella
interna distinti con le lettere A e B, ugualmente orientati e allineati in posizione
ortogonale al torrente e verosimilmente appartenenti a due edifici coevi. Simili, per
tecnica costruttiva e dunque assegnabili allo stesso periodo, sono altri resti di muri
indicati dalle lettere C D E, il primo e il terzo paralleli fra loro e con quello in A, il
secondo disposto ortogonalmente al primo, tagliato da muri successivi, cosicché si è
perso il possibile punto di incontro. Contemporaneo a queste strutture è il pozzo
denominato F, situato presso la base della rupe a nord-ovest dalla forma rettangolare
ed imboccatura circolare, tagliato successivamente dal muro perimetrale dell'area
denominato O e da un canale parallelo a questo muro.
55
Più chiare, invece, sono le strutture assegnabili ad età romana, rappresentate dai
consistenti tratti di muri, lunghi fino a m 16,70. indicati con G e i relativi GA-GB, ed
H. Si tratta di muri intonacati, fondati su una gettata di calcestruzzo, assegnabili a due
edifici porticati dalla struttura ad elle, affrontati, disposti all'estremità sud e nord
dell'area quasi a contenerne lo spazio, non simmetrici, quello in H è spostato verso la
rupe. Lungo i lati interni si apriva il porticato con le colonne disposte ad una distanza
di tre metri, delle quali rimangono in situ rispettivamente quattro basi dell'edificio G e
cinque dell'edificio H. A ridosso delle basi di entrambi gli edifici, corrono le canalette
di scolo delle acque, scavate nel tufo. Tracce di una pavimentazione in lastre di tufo ed
in tasselli bianchi confermano la buona conservazione delle strutture indagate. La
presenza di un ricco sistema di canalizzazioni presupporrebbe una necessità di
regolare il flusso delle acque.
(CC)
BIBLIOGRAFIA: MENGARELLI 1911, STEFANI 1948, pp. 102 - 103 - 109;
FREDERIKSEN, WARD PERKINS 1957, pp. 132 - 134; MELIS, MOSCATI, in COLONNA
1985, p. 113; DE LUCIA BROLLI 1991, p. 31; MESSINEO, CARBONARA 1993, p. 148.
OSSERVAZIONI:
LOCALITÀ CELLE
Schede nn. 68 A; 68 B; 68 C1-3
L’indicazione topografica “Celle” identifica nel quadrante nord-est di Falerii uno
scosceso pianoro posto alla confluenza del Rio Maggiore e del Fosso di Celle,
prospiciente l’acropoli di Vignale. Il pianoro, a sua volta, si articola in una propaggine
allungata ad occidente e, a sud, in una profonda vallecola dove è ubicato il santuario di
Giunone Curite (scheda 68 A). In entrambi questi siti alla fine dell’800 vennero alla
luce una serie di sepolcreti che furono riuniti dagli scavatori nel toponimo
“Montarano”, appellativo questo inesistente nella cartografia antica e moderna del
luogo ma utilizzato nella letteratura archeologica.
Sulla base delle coordinate geografiche è stato dato il nome di Montarano Sud115 al
primo, e più antico, nucleo sepolcrale rinvenuto alle pendici meridionali del pianoro di
Celle tra il 1886 e il 1888 durante gli scavi delle fondazioni del santuario di Giunone.
Le quattro tombe ad incinerazione portate in luce116, datate al Bronzo Finale, facevano
Sul sepolcreto: Agro Falisco 1981, pp. 3-4 e 13-19 con riferimenti precedenti; TORELLI 1982, p. 122;
MOSCATI 1985, pp. 71-72; DI GENNARO 1986, p. 44, figg. 3-4; BAGLIONE 1986, p. 128, fig. 2; DI
GENNARO 1988, p. 72, figg. 11-12; MOSCATI 1990, p. 142; DE LUCIA BROLLI 1991A, p. 28; DE LUCIA
BROLLI 1991B, pp. 19-20; PERONI 1996, pp. 331, 413; Repertorio 2007, scheda 269, p. 283, Tav. IV (F. di
Gennaro).
116 In PASQUI 1887, p. 100, nota 1, si da notizia di “cinque pozzetti”, rinvenuti “qualche anno indietro”
sotto il tempio di Celle. Tre pozzetti, più un quarto di dubbia interpretazione, in Repertorio 2007, scheda
269, p. 283 (F. di Gennaro).
115
56
parte di una necropoli protovillanoviana il cui insediamento di riferimento è da porsi
sul colle di Vignale117.
L’utilizzo dell’area di fondovalle per scopi funerari appare breve e circoscritto 118,
abbandonato a partire dall’VIII secolo a.C. a favore della sommità del pianoro, come
indica l’impianto delle due necropoli individuate tra il 1888 ed il 1890 nella parte
settentrionale dell’altopiano. Il nucleo rinvenuto nella parte nord-orientale, e per
questo denominato dagli scavatori Montarano N.N.E., è costituito da tombe a pozzo
e a fossa la cui cronologia copre un arco di tempo compreso tra la metà dell’VIII ed il
VII secolo a.C. I corredi testimoniano il passaggio dall’età del Ferro all’Orientalizzante
di una comunità in cui sono in atto evidenti cambiamenti sociali. La completa
affermazione del rito inumatorio è attestata, invece, nella necropoli impiantata nel
pieno VII secolo a.C. sulla propaggine più settentrionale del pianoro e, per questo,
distinta col nome di “Sepolcreto a Nord di Montarano”119.
La vocazione sepolcrale del pianoro si estende anche al lato prospiciente Vignale dove,
a partire dalla seconda metà del VII secolo a.C., viene impiantata un’altra vasta area di
tombe a camera, nota col nome di necropoli di Celle120, il cui massimo sviluppo è
riferibile ad età arcaica ed ellenistica. La sua estensione sin nei pressi del romitorio di
S. Anselmo è confermata da recenti rinvenimenti (scheda 68 B). Nel fondovalle
restano monumenti funerari ipogei dalla peculiare tipologia con pilastro centrale e
banchine laterali (scheda 68 C1).
Celle, infine, è parte integrante dei sistemi idrici e viari della città, come testimoniano
lo speco ogivale individuato sulla parete nord-orientale del pianoro (scheda 68 C2) e
la tagliata perfettamente conservata per un tratto a N del ponte della Ferrovia (scheda
68 C3). Questa strada, che usciva dalla porta orientale della città, nell’ultimo tratto
verso il santuario di Celle doveva coincidere con la tagliata della Cava del Lupo
(scheda 00).
(GB)
IL SANTUARIO DI GIUNONE CURITE
Il santuario è collocato su una terrazza ai piedi dell’altura di Montarano circoscritta dal
Rio Maggiore, nel punto di incontro di alcune vie che collegavano Falerii con i centri
più importanti del territorio falisco e sabino, come dimostra la pianta topografica
dell’antica Falerii esposta nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma,
realizzata da Adolfo Cozza nel 1884 (COZZA 1985, p. 24, punto FF). Nel grande
complesso sacro, del quale dovevano far parte sia il cosiddetto Ninfeo Rosa sia il
Non è supportata da dati archeologici l’ipotesi avanzata alla fine dell’800 di un insediamento
protostorico sul pianoro di Montarano (BARNABEI 1894, coll. 15-20; Agro Falisco 1981, pp. 3, 10, 87, 101),
ripresa in COZZA 1985, p. 20.
118 Per la collocazione di fondovalle della necropoli e l’occupazione del pianoro soprastante, usuale nella
prima età del ferro: DOMANICO-MIARI 1991, pp. 61-69, 77, 79.
119 In generale, su Montarano e le sue necropoli: Agro Falisco 1981, pp. 3-5, 21-87 (per Montarano N.N.E.)
e 89-96 (per Montarano N); MOSCATI 1985, p. 72; BAGLIONE 1986, pp. 128-140; MOSCATI 1990, p. 146;
DE LUCIA BROLLI 1991B, pp. 21-27; BAGLIONE, DE LUCIA BROLLI 1997, p. 145, fig. 2 e pp. 166-171, figg.
15-18.
120 Agro Falisco 1981, pp. 99-144; CATALLI 1990, 247-248; DE LUCIA BROLLI 1991B, pp. 28-29.
117
57
tempio monumentale, sono attestate le più antiche testimonianze di pratiche cultuali
del territorio falisco.
Alcuni lavori agricoli iniziati in anni precedenti l'effettiva scoperta del tempio, avevano
messo in luce l'esistenza di un’imponente struttura in blocchi, mentre solo con il
ritrovamento di materiale fittile, avvenuto nel 1886, lo Stato intervenne dando il via ad
una campagna di scavo condotta fra l'aprile e la fine di giugno del 1886 sotto la
direzione di A. Cozza (cfr. PASQUI 1887, p. 92).
Propizio per queste indagini era stato il rinvenimento, avvenuto nel 1873, di un luogo
di culto collocato in prossimità dell’area sacra, lungo il "Fosso dei Cappuccini", detto
anche "Ninfeo Rosa". In quel luogo si era messo in luce, al centro del fiume, un
basamento, interpretato come un altare posto quasi a diga del corso d’acqua, mentre ai
lati si aprivano cavernette che restituirono una grande quantità e varietà di ex-voto che
dimostrano il lungo perdurare della frequentazione a carattere cultuale già a partire
dall’età preistorica, come le frecce di selce (KIESERITZKY 1880, pp. 108-113,
BENEDETTINI, CARLUCCI, DE LUCIA BROLLI 2005, p. 219) .
Le caratteristiche di questo luogo di culto richiamarono alla memoria degli scavatori il
punto dal quale prendeva inizio la processione sacra annuale verso il santuario di
Giunone, descritta da Ovidio (Amores III,13), consentendo da subito di individuare
nella Giunone Falisca la divinità titolare del tempio scavato più a valle.
Gli interventi susseguitisi nel tempo consentirono di recuperare un buon numero di
ex-voto e frammenti della decorazione architettonica fittile del tempio, comprese le
bellissime, ma troppo mutile statue frontonali (ANDRÉN 1940, MASSA PAIRAULT
2006), oltre ai frustuli delle lastre dipinte che dovevano ornare i muri interni del
tempio. I materiali votivi furono rinvenuti in diversi punti del complesso santuariale
deposti ritualmente al’interno delle strutture sacre.
Il materiale recuperato durante gli scavi del tempio di Celle si trovano divisi tra il
Museo di Villa Giulia a Roma e il Museo Archeologico dell'Agro falisco a Civita
Castellana.
Fin dal primo momento, la scoperta di questo tempio assunse per gli studiosi
un'importanza straordinaria determinata dal fatto tutto nuovo di avere a disposizione
una struttura templare antica con pianta di tipo etrusco-italico o tuscanico.
L’interpretazione non facile né univoca di ciò che restava delle fondazioni e la
ricostruzione del tipo di pianta, diede il via ad una disputa risolta, solo in anni recenti,
grazie all’ulteriore indagine condotta dalla S.A.E.M. tra il 1976 e il 1978, che consentì
di chiarire in via definitiva il problema. Il tempio attualmente visibile, frutto di una
completa ristrutturazione databile alla metà del IV secolo a.C., si estendeva in
posizione parallela e non ortogonale al corso del Rio Maggiore rivolto a Sud-Est,
come il tempio di Hera ad Argo, che anticamente era paragonato a quello della
Giunone di Falerii. Lo scavo del santuario di Celle ha restituito un numero piuttosto
limitato di frammenti di terrecotte architettoniche che testimoniano, seppure in modo
discontinuo, un certo numero di interventi di restauro decorativo susseguitisi durante
la lunga vita del grande tempio.
Non sono conservati frammenti della decorazione fittile risalenti alla prima fase
monumentale del santuario, da collocarsi entro la metà del VI secolo a.C. mentre si è
58
eccezionalmente recuperata, all’interno del sacello arcaico, la testa dell’antico
simulacro in tufo coronata di foglie di alloro in bronzo realizzato nell’austero stile
dedalico, insieme a due statue, sempre in tufo, di felini alati forse poste ai lati
dell’ingresso al tempietto .
Alla prima metà del V secolo a.C. risale un primo restauro del tetto dell’edificio, ma
con la metà del IV secolo si ebbe la completa ristrutturazione dell'edificio della cui
decorazione facevano parte le belle statue frontonali frammentate, tra le quali la figura
stante femminile riccamente abbigliata, pochi resti di antefisse e di lastre di
rivestimento.
Allo stesso livello artistico si pongono i frammenti di lastre dipinte che mostrano, nel
delicato profilo di giovane imberbe, come anche nel piccolo frammento con mano,
una grande capacità espressiva propria della pittura di IV secolo.
BIBLIOGRAFIA: COLONNA 1985, pp. 110-113; BENEDETTINI, CARLUCCI, DE
LUCIA BROLLI 2005, pp. 000; ALBERS 2007.
(CC)
DATI ARCHIVISTICI
Tralasciando in questa sede l’analisi dettagliata degli scavi condotti estensivamente
nelle necropoli di Montarano e di Celle alla fine del XIX secolo, di cui si è detto sopra
e che hanno trovato ampia pubblicazione, pur preliminare, nel volume della Forma
Italiae dedicato alle necropoli di Falerii121, si segnala come negli archivi statali siano
presenti notizie che ci fanno capire come le ricerche condotte in dette necropoli e più
in generale nell’area di Celle furono più ampie.
Ancora a inizi ‘900 vennero alla luce due tombe a fossa con loculo in modo
occasionale, a seguito di lavori agricoli, nei terreni di proprietà del conte Feroldi
Antonisi De Rosa in loc. Montarano. Ne si dà breve notizia nel volume del 1908 di
Notizie degli Scavi di Antichità 122 e parte della documentazione inerente le ricerche,
controllate dal Magliulo, è conservata presso l’Archivio della Soprintendenza per i
Beni Archeologici di Roma (Archivio SBAR, pratiche di tutela, 291/5).
D’altro canto soprattutto l’altopiano di Celle fu oggetto di indagini anche prima delle
ricerche estensive del 1888, come facilmente desumibile, ad esempio, dalla vicenda
narrata da Gianfrancesco Gamurrini nel 1887 in una lettera indirizzata al Ministro
della Pubblica Istruzione (AABBAA, I versamento, b. 138, fasc. 270). Lo studioso
ricorda come nei terreni del Feroldi a Celle un vignaiolo del conte si imbattè in due
tombe, vi penetrò e solo in un secondo momento avvisò il proprietario. Si trattava di
due tombe a camera “di straordinaria grandezza, ove in giro alle pareti a sette ordini
sono incavati quaranta loculi”. Il dato più interessante fu il rinvenimento di un
Una nutrita serie di documenti inerenti queste ricerche sono conservati soprattutto nelle Carte
Barnabei presso la BIASA, nel Fondo Cozza presso l’Archivio di Stato di Orvieto e nelle Carte
Gamurrini, conservate presso il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate di Arezzo.
122 NS 1908, p. 18.
121
59
cospicuo numero di epigrafi dipinte su tegole, che in origine dovevano chiudere i
loculi123.
Infine, sempre in località Celle, ma non legato all’altipiano della cosiddetta Vigna Rosa,
bensì a quello a ovest rispetto al luogo in cui sorgeva la necropoli indagata nel 1888, è
anche un altro rinvenimento di una tomba a camera, che restituì un numero
consistente di epigrafi funerarie. Agli inizi degli anni ’80 dell’‘800 risale infatti la
scoperta in un terreno di proprietà del Sig. Tommaso Lucidi “nelle rupi che guardano
la riva sinistra del torrente Purgatorio” di una tomba a camera con diciannove loculi e
due di più piccole dimensioni. Le iscrizioni entrarono a far parte del Museo Falisco a
Civita Castellana e poi confluirono nel patrimonio dello Stato Italiano 124 . Il
posizionamento di questa tomba è certo, avendo il Lucidi la sola particella catastale n.
52 nella sezione II del Catasto di Civita Castellana in una posizione corrispondente a
quella descritta dal Gamurrini.
Inutile poi dire che la documentazione archivistica conserva memoria dettagliata di
tutti gli interventi posti in essere nell’area del santuario di Celle, dagli scavi sopra citati
del 1886, passando agli interventi del 1947 di E. Stefani e di G. Ricci125, passando per
gli scavi del 1938-39 relativi alla sistemazione dell’area archeologica intorno al
tempio126.
D’altro canto la località Celle, che aveva giocato un ruolo di primissimo piano
nell’immediato suburbio di Falerii, rimase in qualche modo nevralgica anche durante il
pieno periodo romano. Così presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni
Archeologici di Roma sono conservati documenti che testimoniano alcune indagini in
una villa di età romana, nei terreni di proprietà Pistola condotte nei primi giorni di
maggio del 1906 (Archivio SBAR, Pratiche di tutela, 291/1)127. La causa scatenante
degli scavi era stata la richiesta, da parte del Pistola, proprietario del fondo, della
possibilità di abbattere un tratto di muro, perché il terreno deve essere utilizzato per
scopi agricoli (Archivio SBAR, Pratiche di tutela, 291/11). La situazione si trascinava
già da qualche tempo ed era ben conosciuta al personale preposto alla tutela. Infatti
nel medesimo fondo archivistico è conservata una relazione del 1903 a firma del
Magliulo che dichiarava come “il terreno forma in un punto una collina, cinta da un
alto muro romano, e che sul ciglio della medesima, si vedono a fior di terra dei muri a
blocchi quadrati, e qualche sepolcro scavato in tempi remoti. Giù in basso, passa una
strada romana, ancora in qualche parte visibile”. Al 1904 risale un bello schizzo
Per un’analisi dettagliata della scoperta e delle epigrafi si veda M.C. Biella, La “diligenza del vignaiolo”,
ovvero sulla ricontestualizzazione di alcune epigrafi da Falerii Veteres, in Annali della Fondazione per il Museo
«Claudio Faina», XII, 2005, pp. 337-350.
124 Per una prima notizia del rinvenimento si veda G.F. Gamurrini, XXX. Civita Castellana, in NS 1883,
pp. 165 ss., mentre per un’analisi dettagliata dei documenti d’archivio e delle epigrafi rinvenute si veda
M.C. Biella, Falerii Veteres: alcune novità tra archeologia e archivistica, in AC LV, 2004, pp. 348 ss.
125 Queste indagini, di cui rimane memoria presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, Carte Stefani, 52, sono
state edite anche in E. Stefani, Civita Castellana – Tempio di Giunone Curite. Nuove ricerche ed ulteriori
osservazioni, in NS 1947, pp. 69-74.
126 ACS, AABBAA, Divisione II, 1939/40, b. 43, fasc. 816.
127 La citazione delle particelle catastali (Sez. II, 70, 79, 80, 81 e 82) permette un posizionamento
particolarmente accurato.
123
60
misurato e una relazione dettagliata dell’Architetto De Angelis, che testimonia lo stato
di conservazione del complesso, costituito ad un livello inferiore dai resti di una via
basolata di età romana, affiancata da due sepolcri. Alle spalle di questo percorso
sorgeva su di un rialzo del terreno (artificiale?) una villa di età romana, di cui
rimanevano delle strutture murarie a vista. Il De Angelis suggeriva inoltre la presenza
di tombe di età più antica incavate nel tufo, cosa che non sorprende particolarmente,
considerando la posizione dei terreni del Pistola, confinanti con quelli del conte Ugo
Feroldi Antonisi De Rosa, in cui avvennero le scoperte relative al sepolcreto di Celle.
Gli scavi nei terreni di proprietà del Pistola ebbero luogo tra l’1 e il 4 maggio 1906.
Come prima cosa si intercettò un cunicolo e poi una serie di muri, due dei quali
intonacati “e dipinti in larghe fasce di colore rosso, giallo e verdognolo”. Anche i
reperti mobili parlarono in modo inequivocabile della presenza di un edificio di età
romana: si rinvennero infatti tegole, anfore e una moneta. A quel punto lo scavatore, il
Cardani, decise di sospendere lo scavo e il 5 maggio si procedette al reinterro, come
esplicitamente testimoniato dal diario di scavo redatto da G. Magliulo.
(MCB)
Schede di ricognizione
A 68A
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Celle / S. Anselmo
RICOGNIZIONI: 10-05-1994
OGGETTO: Tempio di Giunone Curite
LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada vicinale che costeggia il lato O del colle di Celle, Fosso
S. Anselmo a SE, Fosso dei Cappuccini a SO.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori ATT: Sezione 356090, Civita Castellana (in Repertorio 2007)
DESCRIZIONE: Le strutture oggi visibili si riferiscono ad oltre la metà del perimetro di un
ampio ed imponente basamento in blocchi di tufo lungo 50 metri e largo 28 costruito per
regolarizzare l’andamento della terrazza naturale e seguirne il profilo con uno sfalsamento su
due piani sul lato sud-orientale (COLONNA 1985, pp. 111-112). Il tempio, delle dimensioni di
metri 28x36, con il lato posteriore coincidente con il lato nord-occidentale del basamento,
doveva avere una cella centrale tra le due alae, un pronao con doppia fila di quattro colonne.
Attraverso il varco dell’intercolumnio sul lato destro si accedeva al primitivo sacello inglobato
nel nuovo complesso monumentale, sul cui lato posteriore doveva essere una vasca nella quale
confluivano le acque di due cunicoli. Il pronao in corrispondenza dell’ingresso del sacello
conservava, al momento dello scavo, un pavimento in mosaico bianco e nero con motivi
geometrici disposti in diagonale. Ampie e dolorose lacune, soprattutto sui lati nord e nordoccidentali del monumento sono il frutto dell’erosione del fiume e delle manomissioni
attribuibili all’azione della cava di ghiaia tra il 1930 ed il 1943.
Altre strutture messe in luce verso monte, di difficile interpretazione, sono riferibili in parte ad
interventi di protezione rispetto al basamento.
61
Sul lato opposto sono ancora visibili una serie di strutture in blocchi di complessa lettura, forse
ambienti annessi al santuario (all’interno di una vasca vennero recuperati alcuni ex-voto
anatomici e teste votive, BENEDETTINI, CARLUCCI, DE LUCIA BROLLI 2005, p. 219),
successivamente in parte coperte dalla chiesa medievale eretta nei pressi dell’asse stradale che
correva lungo la valle.
(CC)
OSSERVAZIONI: L’area archeologica è di proprietà demaniale.
RICOGNIZIONI 2010-2011:
A 68B
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Celle / S. Anselmo
RICOGNIZIONI: 10-05-1994
OGGETTO: Necropoli
LOCALIZZAZIONE: sulla sommità del pianoro, in prossimità del romitorio di S. Anselmo.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: OSSERVAZIONI: Non è stato possibile compiere la ricognizione in quest'area in quanto è
situata all'interno di una proprietà privata, utilizzata nel 1994 a seminativo. La necropoli è stata
oggetto di saggi di scavo da parte della Soprintendenza Archeologica per l'Etruria meridionale
(scavo SAEM 1992).
A 68C
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Celle / S. Anselmo
RICOGNIZIONI: 10-05-1994
OGGETTO: Tomba (?) (C1),Cunicolo (C2), Tagliata (C3)
LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada vicinale che costeggia il lato O del colle di Celle, Fosso
S. Anselmo a SE, Fosso dei Cappuccini a SO.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: 1) Lungo il margine SE della strada vicinale, a ca. m 400 a N del tempio,
sulla parete NO del pianoro si apre una tomba (?), ora sezionata, scavata nel banco di calcare
(?), a pianta approssimativamente circolare, con pilastro centrale e banchine laterali.
2) Poco più a N, sulla parete del pianoro a NE, si individua la presenza di uno speco ogivale
d’ispezione (dimensioni: alt. m 110; larg. m 0,50).
3) Proseguendo in direzione N, la strada ricalca una tagliata viaria antica, perfettamente
conservata per un tratto a N del ponte della Ferrovia, che scavalca la strada vicinale.
62
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella
scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione descritta, pur sussistendo la difficoltà
di accesso al pianoro di Celle a causa di recentemente rinnovate recinzioni pertinenti a
proprietà privata. Le strutture descritte in parete a Nord del Tempio hanno subito, nel corso
degli anni, numerosi distacchi e microcrolli a causa della scarsa consistenza della parete
calcarea.
(PP)
NECROPOLI DEI CAPPUCCINI
La necropoli, nota agli scavatori ottocenteschi 128, è ubicata sul versante orientale
dell’altura dei Cappuccini, altura che si frappone tra il pianoro di Celle a nord-est e
quello di Colonnette a sud, dirimpetto all’insediamento di Vignale. A causa del ripido
degradare del pendio verso il fosso omonimo, era articolata in gradoni e si componeva
esclusivamente di tombe a camera. Il sepolcreto è parte di quel nucleo omogeneo
formato dalle necropoli di Celle e Colonnette che, a partire dalla metà del VII secolo
a.C., si sviluppa a nord della città di Falerii, lungo il corso del rio Maggiore e del
confluente Fosso dei Cappuccini, attestando il compiuto sviluppo dell’area urbana nel
VII secolo a.C.
A questo orizzonte, anche cronologico, rientra la ricca tomba a camera ipogea a più
deposizioni scavata nel 1991 (Scheda 00). tomba a camera ipogea con dromos,
orientata E-NE, rinvenuta integra (Scavi SBAEM 1991). Composta di una camera
irregolare ad L, forse a causa di un ampliamento, con quattro loculi ed un lungo
dromos a scivolo con loculo sulla parete occidentale. AMALGAMARE
(GB)
BIBLIOGRAFIA: M. A. DE LUCIA BROLLI, Una tomba orientalizzante da Falerii, in
ArchClass 50, 1998, pp. 181-211.
Schede di ricognizione
A 00
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Cappuccini
RICOGNIZIONI: 1994
OGGETTO: Necropoli
LOCALIZZAZIONE:
I.G.M.:
C.T.R.:
DESCRIZIONE: tomba a camera ipogea con dromos, orientata E-NE, rinvenuta integra
(Scavi SBAEM 1991). Composta di una camera irregolare ad L, forse a causa di un
ampliamento, con quattro loculi ed un lungo dromos a scivolo con loculo sulla parete
occidentale. -
128
DE LUCIA BROLLI 1998, p. 181.
63
OSSERVAZIONI: nell’area della necropoli, oggi a pascolo, non si evidenziano tracce delle
tombe. La tomba scavata nel 1991 risulta interrata e non è più visibile. Il costone non è
ispezionabile (De Lucia) (Ricordarsi inserire tomba Lucidi in Dati archivistici e toglierlo da Celle)
64
III. IL TERRITORIO EXTRAURBANO
INSERIRE DISCORSO SULLE PRESENZE PREROMANE CTR se Monte
Paglietta è un unico nucleo inv. 15765
La conquista romana del 241 a.C. ha avuto pesanti conseguenze sul centro urbano
della falisca Falerii, della quale si percepiscono, come abbiamo visto, le tracce sia
nell’area dell’insediamento sia nelle necropoli ubicate nell’immediato suburbio.
L’avvenimento, ricordato da numerosi storici, ebbe un grande impatto non solo per la
sopravvivenza stessa della città, che fu completamente rasa al suolo, ma anche per il
netto cambiamento dell’assetto territoriale che si produsse nel tempo. Nell’immediato,
la conquista della città ebbe come conseguenza anche il rapido declino dei centri posti
sotto la sua tutela politica, quali ad esempio Corchiano, Vignanello, Grotta Porciosa,
quest’ultimo ancora oggi ubicato nel territorio comunale di Civita Castellana.
Gravi dovettero essere infatti le ripercussioni economiche, tenuto conto che
l’economia dell’antico centro egemone dell’agro falisco si basava in larga misura sulle
produzioni artigianali nel settore ceramico, nettamente orientato in senso “industriale”
e largamente esportato. La crisi dovette investire anche tutte quelle attività legate allo
sfruttamento agricolo dei suoli e all’allevamento del bestiame sicuramente praticati
negli ampi latifondi che, soprattutto nel corso del IV e della prima metà del III secolo
a.C. , sono testimoniati nel territorio da isolati nuclei di necropoli riconducibili a
famiglie emergenti della società falisca.
La necessità di assicurare rapidi collegamenti con la capitale comportò, già nella
seconda metà del III secolo a.C., la costruzione delle due principali arterie stradali, la
via Amerina (dopo il 241 a.C.) e la via Flaminia (220 a.C.), che significativamente
lasciano fuori dal loro tracciato proprio l’antica Falerii, ormai definitivamente sostituita
nel suo ruolo dalla nuova città di Falerii Novi, il cui cardo venne ad essere costituito
proprio dalla Amerina.
Per far fronte allo spopolamento delle campagne e alle conseguenze economico-sociali
degli eventi bellici, Roma dovette cercare di attuare una politica di occupazione e di
sfruttamento intensivo dei suoli, favorendo il sorgere, sin dall’età repubblicana, di
nuove ville rustiche: a queste sono probabilmente riferibili le numerose aree di
frammenti fittili rinvenute nel territorio, lungo i diverticoli delle arterie principali e, ad
est della via Flaminia, in stretto collegamento con la grande arteria fluviale
rappresentata dal Tevere.
In età graccana una colonia Iunonia, ricordata dalla fonti, sembra doversi identificare
con la stessa Falerii, ormai non più centro urbano.
III.1. LA VIA FLAMINIA
Schede nn.A1, A6, A7,A8, A29, A38
65
La Via Flaminia venne costruita alla fine del III secolo a.C. allo scopo di collegare
Roma, attraverso la Valle del Tevere, l’agro falisco, l’Umbria ed il Piceno, all’Ager
gallicus che in quegli anni i Romani andavano conquistando. La strada, secondo una
consuetudine condivisa con altre strade romane, prese il nome da Caius Flaminius ,
impegnato in prima persona nelle operazioni militari di cui si diceva sopra; inutile dire
che la realizzazione di infrastrutture di questo tipo obbediva alla necessità di
raggiungere nel minor tempo possibile le aree interessate dalla politica espansionistica
romana. Come spesso accade è verosimile che il suo tracciato abbia ricalcato percorsi
più antichi utilizzando sempre, nei casi di incertezza, la via più breve e diretta
Nel territorio di Civita Castellana le testimonianze del passaggio della Via non sono
poche, soprattutto in quei terreni che, avendo una sostanziale vocazione agricola, non
hanno subito profondi rimaneggiamenti nel corso del tempo.
Partendo dal limite meridionale del territorio comunale, la prima testimonianza della
via ci viene restituita dalla località Valle Tavola (scheda A8), dove si vedono diversi
basoli sparsi, oltre a frammenti di blocchi di tufo, presumibilmente relativi alla
crepidine della strada. Proseguendo verso nord La Via Flaminia superava il fosso di
Grassano per mezzo del Ponte Ritorto ( scheda A29). Le fondazioni del ponte
romano, in opera quadrata di tufo sono inglobate nel ponte moderno ma esistono
disegni che ci permettono di ricostruirne l’articolazione strutturale. Da qui la Via
Flaminia arrivava a Torre dei Pastori, una torre costruita in epoca medievale (XIIIXIV) proprio a guardia dell’attraversamento della strada. Lungo la mulattiera che
collega le due località, si vedono basoli sparsi relativi alla Via Flaminia.
Continuando in direzione nord, in località Campo Travagliano, la Via raggiungeva il
fiume Treia passando su sostruzioni antiche, come esplicitamente ricordato dal
toponimo “La Voltarella”. L’ antica sostruzione è costituita da due filari di blocchi di
tufo disposti di testa e di taglio, che forniscono la base di appoggio ai basoli della
Flaminia. La sostruzione si interrompe circa 120 metri a sud del torrente dove è
presente un sottopassaggio ad arco, la Voltarella per l’appunto ( scheda A7).
Sempre in località Campo Travagliano, la Via Flaminia supera il torrente Treia per
mezzo di un ponte di cui rimangono pochi resti in mezzo al roveto, costituiti da un
pilone in conglomerato cementizio e parte di un arco (scheda n. A6). Anche in questo
caso a guardia dell’attraversamento della strada una torre nota con il nome di Torre
San Giovanni.
L’ultimo tratto della Via Flaminia documentato nel territorio di Civita Castellana
riguarda la moderna Via di Gargarasi sulla quale gravita l’area industriale di Civita
Castellana e che, come hanno documentato i sondaggi archeologici eseguiti in
occasioni di lavori connessi all’area industriale, nonché i numerosi basoli sparsi ai lati
della strada, ricalca l’antica Via Flaminia (scheda A1) .
Lungo la Via di Gargarasi sono stati, inoltre, individuati alcuni diverticoli che si
staccavano dalla Via Flaminia e si addentravano verso l’interno. Due di questi sono
noti da scavi, un terzo è ipotizzabile sulla base della presenza di basoli sparsi lungo un
viottolo che conduce nella zona industriale (scheda A1, B ). Le ricognizioni hanno
portato anche all’identificazione di un possibile mausoleo situato, secondo una prassi
molto comune, lungo il lato orientale della strada. All’altezza del numero civico 11,
66
infatti, si individuano 10 blocchi di calcare di forma parallelepipeda, presumibilmente
pertinenti un mausoleo (scheda A1 C) . Ad un’area cultuale e/o funeraria, potrebbe
riferirsi la piattaforma tufacea a pianta quadrata rinvenuta lungo Via di Gargarasi
(scheda A38), con gradini di accesso e cippo piramidale.
(LS)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. MESSINEO - A. CARBONARA,VIA FLAMINIA, pp.
151-154.
BIBLIOGRAFIA: G.F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, pp. 272, 398 - 399, fig. 239; M . A. DE LUCIA BROLLI 1991,
p. 40, fig. 28;
DATI ARCHIVISTICI
Le presenze archeologiche lungo Via di Gargarasi sono state sottoposte a vincolo…
Nel 1959, come risulta dall’Archivio di Villa Giulia n. 2709 (o 2708?), nei pressi di
Ponte Ritorto venne individuata una villa romana e recuperata una base marmorea
iscritta. A Via di Gargarasi, in occasione di lavori di estrazione legati alla cava di tufo,
vennero rinvenute, nel 1965, due tombe a camera già violate. (VG 1965, n. 2942?) –
Del Frate – Da riscrivere parte scheda Lucia
Con lettera del 5 maggio 1893 il Conte Ugo Feroldi De Rosa segnalava a Felice
Barnabei la presenza in alcuni terreni di proprietà sua e della consorte di “alcune
tombe etrusche e romane” (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269). Tra le località
menzionate vi è anche quella di Valle Tavole. Il conte sosteneva come “Si tratta di
tombe le quali appariscono [sic!] allo sguardo anche di persone profane. Se il
proprietario del terreno non le esplora, esse potrebbero essere facilmente
manomesse”. In data 26 maggio 1893 Giuseppe Magliulo scrive al Barnabei, a seguito
di un sopralluogo effettuato nei possedimenti del Feroldi e, a proposito di Valle
Tavole, così scrive: “Quantunque questo terreno non sia seminato, e di facile
esplorazione, pure nulla si ravvisa che possa dare indizi di tombe, ad eccezione di un
pezzo di questo fondo, che è macchioso, in cui esiste una tomba aperta ed esplorata”
(AABBAA, II versamento, I parte, b. 269). Ciò che possiamo quindi ricavare con una
qualche certezza dalla lettura di questi documenti è che, a prescindere dal numero, dal
tipo e dalla cronologia, in loc. Valle Tavole dovevano essere visibili a fine ‘800 delle
sepolture.
Nell’Archivio Storico della SBAEM (1955, n. 644), presso i Casali di Gargarasi, sono
inoltre conservati i documenti inerenti a una scoperta casuale ad opera dell’Assistente
A. Bracci di “alcuni oggetti” e di tombe a fossa129.
In relazione alla via Flaminia i documenti d’archivio mantengono memoria didue
rinvenimenti distinti.
Da un lato presso l’ACS, fondo AABBAA, I versamento (1860-1890), b. 138, fasc. 2si
ricorda la scoperta nel 1881-1882, alle “falde del Soratte” nel territorio comunale di
129
La notizia, così come anche le precedenti, è data anche nel Repertorio degli Scavi.
67
Civita Castellana, di strutture di epoca romana. Allegato alla documentazione è anche
un rilievo di un tratto di muratura portato alla luce.
Dall’altro nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma
(Pratiche di tutela, 291/11) è conservata un’interessante relazione del 25 novembre
1904, inerente il rinvenimento di una villa di età romana, ubicata nei pressi di quello
che viene riconosciuto dall’Architetto De Angelis, firmatario del documento, come il
tracciato della via Flaminia. Tuttavia, il posizionamento della struttura in loc. Celle
sembra rendere difficile individuare il basolato come vero e proprio tratto della
Flaminia. Pur necessitando ulteriori indagini, che tendano a fornire un posizionamento
preciso delle emergenze ubicate nei terreni di proprietà a inizi ‘900 del Sig. Francesco
Pistola, sarebbe forse al momento più prudente ipotizzare che si tratti di un diverticolo
della via consolare. Per una descrizione dettagliata delle emergenze rinvenute si veda
infra/supra scheda n. ***.
(MCB)
Schede di ricognizione
A1
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITÀ/TOPONIMO: Gargarasi
RICOGNIZIONI: 13-09-1994.
Si sono rinvenute tre nuclei distinti di resti archeologici (A e B, C)
A)Resti della via Flaminia
LOCALIZZAZIONE: Via di Gargarasi, dal km 58,600 della via Flaminia ai Casali di
Gargarasi.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Ai margini della Via di Gargarasi sono stati individuati in più punti numerosi
basoli sparsi relativi al tracciato della Via Flaminia antica.
Circa 500 metri dopo il numero civico 11, al di sotto dell’asfalto moderno, per un tratto lungo
metri 40, sono visibili due filari di blocchi di tufo alti cm 40 relativi, probabilmente, al muro di
contenimento orientale della Via
B) Resti di un diverticolo della Via Flaminia
LOCALIZZAZIONE: Via di Gargarasi, dal km 58,600 della via Flaminia ai Casali di
Gargarasi.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: A ca. m 700, sulla destra della via, si diparte un viottolo che conduce alla
zona industriale, ai lati del quale, per una lunghezza di ca. m 200, sono visibili i basoli che
potrebbero appartenere ad un diverticolo della Via Flaminia antica (1a); nei campi adiacenti il
viottolo si notano rari frammenti ceramici.
C) Resti di un mausoleo (?)
68
LOCALIZZAZIONE: Via di Gargarasi, dal km 58,600 della via Flaminia ai Casali di
Gargarasi.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Proseguendo lungo la via di Gargarasi, all'altezza del n.c. 11 (ca. km 1 della
via) è possibile vedere, fuori posto, dieci blocchi calcarei di forma parallelepipeda (1b), di cui
due all'ingresso e gli altri allineati all'interno della proprietà, forse pertinenti ad un mausoleo.
OSSERVAZIONI: Le varie presenze riscontrate, sebbene dislocate anche ad una certa
distanza le une dalle altre, sono da considerarsi tutte in stretta connessione con la Via Flaminia
antica.
(LS)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza di basoli erratici lungo la via di
Gargarasi.
(PP)
A6
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: S. Anna (Campo Travagliano)
RICOGNIZIONI: 16- 09-1994
OGGETTO: Ponte sul fiume Treia
LOCALIZZAZIONE: Torrente Treia a S, strada vicinale che attraversa la località S. Anna a
N, al limite S del sentiero che collega la strada vicinale al torrente.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: A ca. m 10 dalla torre medievale detta di S . Giovanni, a SO di essa, si
intravedono, al di sotto di un fitto roveto, i resti di una struttura in conglomerato cementizio
riferibili ad un pilone e a parte di un arco di un ponte sul torrente Treia.
OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione 1994 il terreno è apparso incolto
(LS)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non ha potuto confermare la presenza dei resti murari a
causa della vegetazione infestante.
(PP)
A7
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Campo Travagliano
RICOGNIZIONI: 16-09-1994
OGGETTO: Tratto sostruito della Via Flaminia
69
LOCALIZZAZIONE: Torrente Treia a N, Fosso Fornaro ad O, fattoria moderna presso il
punto altimentrico C.T.R. 75,0 ad E.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: La Via Flaminia passa in questo punto su sostruzioni antiche come
esplicitamente ricordato dal toponimo “La Voltarella”. La sostruzione è costituita da due filari
di blocchi di tufo di forma rettangolare disposti a filari alternati di testa e di taglio su cui
poggia il basolato della Via Flaminia antica. La sostruzione è interrotta a ca. m 120 a S del
torrente da un sottopassaggio ad arco, di m 3 di luce (c.d. Voltarella). Il percorso della strada è
individuabile fino al ciglio del fiume ed è in discreto stato di conservazione. Lungo tutto questo
tratto sono visibili basoli sparsi sul terreno circostante.
All'altezza della Voltarella, a livello del piano di campagna, è stato individuato un allineamento
di blocchi di tufo di forma rettangolare, di incerta funzione, con andamento parallelo a quello
della Via Flaminia.
OSSERVAZIONI: Proseguendo verso S, oltre la moderna fattoria, è segnalato un tratto di
basolato in buono stato di conservazione, che non è stato possibile raggiungere (cfr. G.
MESSINEO - A. CARBONARA, pp. 151 - 152, fig. 151). Al momento della ricognizione
1994, l’area era utilizzata a pascolo.
(LS)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha potuto confermare la presenza della struttura sostruttiva,
anche se scarsamente visibile a causa della vegetazione.
(PP)
A8
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Tavola (La Rotonda)
RICOGNIZIONI: 16-09-1994
Si sono rinvenute due aree, A e B, interessate da resti archeologici
A)Tratto della Via Flaminia Antica
LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada vicinale, tra i punti altimetrici C.T.R. 147,5 ad O e
134,2 ad E.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Con andamento parallelo alla strada che collega Torre dei Pastori al casale
sito in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 356100 Torre dei Pastori 147,4, per ca. m
200 a N di esso, sono stati individuati numerosi basoli sparsi e frammenti di blocchi di tufo,
oltre a numerose schegge calcaree.
B)Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada vicinale, tra i punti altimetrici C.T.R. 147,5 ad O e
134,2 ad E.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
70
DESCRIZIONE: Nello stesso punto sono visibili anche alcuni spezzoni di nucleo cementizio,
costituiti da scaglie di calcare legate da malta ed é inoltre presente materiale ceramico
rappresentato da frammenti di laterizi, anfore, ceramica comune. I resti sono sicuramente da
mettere in relazione con l’antica Via Flaminia e non é escluso che i resti di cementizio, seppure
radi e sporadici, possano riferirsi ad installazioni presenti lungo la strada.
OSSERVAZIONI: Nel campo immediatamente a N del casale è stata individuata, sul terreno
arato, un'altra area di frammenti ceramici di ridotte dimensioni e di estensione assai limitata. Al
momento della ricognizione del 1994 il sito era utilizzato per scopi agricoli.
(LS)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994
risulta da un sopralluogo effettuato nel Marzo 2008, a seguito di segnalazione del Corpo
Forestale dello Stato, in occasione del quale si è osservato un lungo tratto di basolato stradale,
coperto da fitta boscaglia, nel sito indicato.
(PP)
A29
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Ponte Ritorto
RICOGNIZIONI: 23-09-1994
OGGETTO: Ponte romano della via Flaminia
LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano, nel punto in cui attraversa il fosso di
Grassano
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Fondazioni del ponte romano in opera quadrata di tufo
OSSERVAZIONI: attualmente inglobate nel moderno Ponte Ritorto.
(LS)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza delle strutture di fondazione del
ponte descritte.
(PP)
A38
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Gargarasi
RICOGNIZIONI: 21-04-1994
OGGETTO: Area cultuale
LOCALIZZAZIONE: Sulla via di Gargarasi, al km 58,600 della via Flaminia, Castello Tata ad
E.
71
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Piattaforma tufacea a pianta quadrata (m 2 x 2.18) orientata NE - SO, con
accesso sul lato SO tramite quattro gradini, probabilmente di uso cultuale (IV-II secolo a.C.). A
fianco dei gradini, si nota un cippo di tufo di forma piramidale (cm 60 x 60 x 50).
OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione del 1994 l’area si configurava ad uso
agricolo
(LS)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha potuto confermare la presenza delle scalette realizzate nel
tufo e del cippo. La sommità dell’area non è stata visibile a causa della vegetazione.
(PP)
III.2. IL TERRITORIO TRA LA VIA FLAMINIA ANTICA E IL TEVERE
Appunti per la scheda madre:
LOCALITÀ PRATARONI
Scheda n. 2
In località Prataroni è stato rinvenuto un insediamento rustico, su di un’altura
prospiciente un fossato , a ridosso della Via Flaminia. Si tratta di una tipologia di
insediamento piuttosto comune non soltanto nel territorio di Civita castellana, ma più
in generale nel mondo antico
(LS)
DATI BIBLIOGRAFICI:
LOCALITÀ QUERCIA FAGOTTA
Schede nn. 3, 4
Nella località denominata Quercia Fagotta, sono state individuate due aree di
frammenti fittili, riferibili ad insediamenti di tipo rustico, piuttosto numerosi nel
territorio di Civita Castellana. Si tratta di un tipo di insediamento utilizzato sia a scopo
abitativo che produttivo, secondo un modello ampiamente rappresentato nel mondo
antico e strettamente legato allo sfruttamento del territorio. La ceramica individuata
consente di ipotizzare uno sviluppo dei due insediamenti nella piena età imperiale (I-II
secolo d.C.)
(LS)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, p. 275. CTR
72
LOCALITÀ TORRE DEI GIACANTI
Scheda n.5
L’area denominata Torre dei Giacanti è interessata dalla presenza di una necropoli e di
una tagliata viaria, in pessimo stato di conservazione e poco visibili a causa della fitta
vegetazione. Il complesso archeologico è segnalato per la prima volta da Gamurrini.
(LS)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, pp. 275 - 276.
Schede di ricognizione
A2
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: I Prataroni
RICOGNIZIONI: 13-09-1994
OGGETTO: Villa rustica
LOCALIZZAZIONE: Via di Gargarasi ad O, strada privata che conduce alla tenuta Pizzi di
Foglia a N, tracciato della doppia linea elettrica ad E.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Su un’altura situata tra due piloni della linea elettrica è stata individuata una
vasta area di materiale edilizio e di frammenti fittili, tra i quali si segnalano due frammenti di
ceramica a vernice nera, frammenti di ceramica comune, anfore, dolia, laterizi. I materiali sono
riferibili ad un insediamento rustico la cui ubicazione, a ridosso della Via Flaminia antica e
prospiciente un fossato, rientra in una tipologia già documentata nella zona (Cfr . schede nn. 3
– 5).
OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo
(LS)
A3
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Quercia Fagotta
RICOGNIZIONI: 13-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada sterrata che attraversa la tenuta Pizzi di Foglia, poco a
N del punto altimetrico C.T.R. 115,3.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Sul terreno è stata individuata una vasta area di frammenti fittili concentrati
prevalentemente su di una piccola altura e sparsi nel campo circostante. Tra questi si segnala la
presenza di frammenti di laterizi, anfore, sigillata africana A e D, ceramica comune. Si vedono
73
inoltre frammenti di blocchi di tufo e di conglomerato. Di fronte al punto altimetrico C.T.R.
115,3, dove attualmente insiste una piccola costruzione, si trovano un rocchio di colonna di
calcare, un basolo ed un blocco di pietra. I materiali
OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo
(LS)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non ne ha permesso il controllo a causa dell’esistenza di
recinzioni pertinenti a proprietà privata.
(PP)
A4
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: QUERCIA FAGOTTA/TORRE DEI GIACANTI
RICOGNIZIONI: 13-09-1994
OGGETTO: Insediamento di tipo rustico
LOCALIZZAZIONE: Tra la Torre dei Giacanti e la strada privata che attraversa la tenuta
Pizzi di Foglia.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Sulla sommità dell'altura situata a ca. m 200 a NO della Torre si evidenzia
una notevole concentrazione di frammenti fittili tra i quali una gran quantità di doli utilizzati
per la conservazione delle derrate alimentari, ceramica da fuoco e da cucina, ceramica sigillata
africana A, anfore. Si segnala inoltre la presenza di materiale edilizio tra cui un grosso
frammento lavorato di calcare. Il materiale ceramico si colloca in piena età imperiale (I-II d.C.)
e sembra suggerire la presenza di una villa rustica.
OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo. Nel cortile della proprietà Pizzi di Foglia erano visibili alcuni reperti significativi: una
soglia di marmo, un blocco di basaltina con due vaschette rettangolari sulla faccia superiore
(mensa ponderaria?) ed una macina dello stesso materiale. Si può pensare che questi materiali
provengano da uno degli insediamenti descritti nelle schede dalla n 2 alla n. 5.
(LS)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non ne ha permesso il controllo a causa dell’esistenza di
recinzioni pertinenti a proprietà privata.
(PP)
LOCALITÀ COSTE DI MANONE – I MONTI
Schede nn. 31, 32, 33, 34
Le alture che dominano ad ovest la valle del Tevere sono costituite da bancate tufacee
74
con superficie superiore pianeggiante coltivata a campi e ripide pendici boscose. Le
aree di maggiore elevazione sono caratterizzate da una fitta concentrazione di
materiale archeologico di superficie, che si ritrova in concentrazione minore lungo i
pendii e alle pendici della alture, costituito da frammenti ceramici e materiali edilizi
che coprono un arco cronologico che va dalla media età repubblicana fino a tarda età
imperiale. Scavi d'emergenza effettuati fra il 1972 e il 1975 in seguito al rinvenimento
di un pavimento a mosaico durante lavori di aratura presso la località "I Monti",
hanno consentito di riportare alla luce, oltre al mosaico a tessere bianche e nere con
fregio a motivi floreali, resti di strutture murarie e pavimento in opus spicatum pertinenti
con tutta probabilità ad una villa romana. E' probabile però, data la vastità della zona
interessata dalla presenza di materiali, che questi vadano riferiti a più ville che
sfruttavano la posizione favorevole vicino al tracciato della via Flaminia a dominio
della valle del Tevere.
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI: Repertorio degli scavi, 3 (1971-1975), p. 82.
DATI ARCHIVISTICI
Nel 1899 alcuni operai che stavano dedicandosi a lavori di cava scoprirono una tomba
nella pendice collinare presso la strada che conduce a Centocelle in contrada Coste di
Manone. Si trattava di una tomba a camera a pianta rettangolare (3x4 m) fornita di un
dromos lungo 5 m. All’interno la camera ospitava tre loculi ricavati nelle pareti, uno dei
quali venne rinvenuto intatto e sigillato con quattro tegoloni. La scoperta è per noi
nota grazie ai documenti di pugno di Francesco Mancinelli Scotti conservati presso
l’Archivio dell’University Museum a Philadelphia130. L’eccezionalità della tomba risiede
nelle modalità di conservazione dei resti umani. Il Mancinelli Scotti infatti scrive: “Lo
scheletro era nello più perfetto stato di conservazione, come fosse stato di terra cotta,
e più che mai destava meraviglia perché aveva ancora attorno il cranio tutti i capelli e
sotto un piccolo lenzuolino di lana tessuta. Di più conservava il pelame anche sul
pube” (University Musuem archives, «Etruscan Tomb Groups, file 4 of 6»). Sul
pavimento della tomba vennero rinvenuti dodici vasi. Sempre il Mancinelli Scotti
ricorda che si trattava di buccheri, di vernici nere e di figure rosse. Il materiale
recuperato venne offerto al Museo di Philadelphia, ove giunsero lo scheletro, parte dei
capelli e del tessuto e almeno due coppe a figure rosse131. Non si esclude che il resto
del corredo abbia subito la stessa sorte, ma le ricerche per appurare l’esistenza a
Philadelphia anche degli altri vasi sono in corso132. Gli studiosi americani che si sono
occupati recentemente del contesto ipotizzano un primo utilizzo della tomba nel VI
Una prima pubblicazione di questa scoperta è stata recentemente edita in M.J. Becker, J. Macintosh
Turfa, B. Algee-Hewitt, Human remains from Etruscan and Italic Tomb groups in the University of
Pennsylvania Museum, Pisa-Roma 2009, pp. 63-67.
131 Un’immagine delle due coppe è stata pubblicata in Becker, Macintosh Turfa, Algee-Hewitt 2009, tav.
III. Si può provare, almeno per la migliore, a inserirla in una delle mani riconosciute dall’Adembri – Lo
faccio per la versione definitiva del manoscritto (devo andare alla Nazionale per vedere le tavv. della Tesi
di Dottorato dell’Adembri).
132 Becker, Macintosh Turfa, Algee-Hewitt 2009, p. 65.
130
75
a.C., probabilmente per la menzione del bucchero nei documenti d’archivio, e una
successiva riapertura della sepoltura nel corso del IV sec. a.C. 133 . Tuttavia
l’impossibilità di analizzare nel dettaglio tutti i materiali recuperati ci sembra suggerire
di sospendere per ora il giudizio in merito al limite cronologico più alto indicato.
Qualche anno dopo la scoperta di cui si è sino ad ora detto, nel 1915, venne invece
alla luce sempre in località Contrada Coste di Manone una “lastra marmorea tardo
bizantina”. La notizia, conservata in un documento all’Archivio Centrale dello Stato
(AABBAA, Divisione I, 1904-1924, b. 174, fasc. 411) necessita ancora di uno studio
approfondito e di un posizionamento preciso all’interno della località.
(MCB)
Schede di ricognizione
A31
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Coste di Manone
RICOGNIZIONI: 27-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere a N, strada comunale per Ponzano a S, Fosso di Cava
Travertina a O, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 152,9
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sulla sommità del costone è stata individuata un'area con numerosissimi
frammenti laterizi (tegole, mattoni), cocciopesto, malta, spezzoni di tufo, travertino, calcare,
che fanno presupporre la presenza di strutture murarie sottostanti il terreno. Sono stati inoltre
rinvenuti numerosi frammenti di anfore africane (I-IV secolo d.C.), vernice nera, ceramica
comune, ceramica da fuoco, sigillata italica e africana e una tessera nera di mosaico. Frammenti
ceramici sono visibili anche sulle pendici dell'altura.
OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo.
(MM)
A32
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Coste di Manone
RICOGNIZIONI: 27-09-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere a N, strada comunale per Ponzano a S, Fosso di Cava
Travertina a SO, a N dei punti altimetrici C.T.R. 146,5 e 155,1
133
Becker, Macintosh Turfa, Algee-Hewitt 2009, p. 65.
76
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: A NE del Fosso di Cava Travertina è stata individuata sulla sommità del
costone una vasta area caratterizzata dalla presenza di spezzoni di tufo e laterizi (tegole,
mattoni) e da numerosi frammenti ceramici (anfore, sigillata africana, ceramica comune e da
fuoco, un frammento di lucerna a canale).
OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo.
(MM)
A33
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Coste di Manone
RICOGNIZIONI: 27-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fosso di Cava Travertina a O, strada comunale per Ponzano a S, ad O
del punto altimetrico C.T.R. 152,9
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: E’ stata individuata una vasta area caratterizzata dalla presenza di frammenti
ceramici (vernice nera, vernice rosso bruna, bucchero, impasti e sigillata), particolarmente
concentrati nei punti in cui la terra risulta smossa e con segni di scavi clandestini. Procedendo
in leggera pendenza verso il fosso, la concentrazione di materiale si mantiene alta, ma i
frammenti risultano molto fluitati e relativi ad un orizzonte cronologico più tardo (ceramica
acroma, rozza, anfore). La concentrazione diminuisce verso O.
OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo.
(MM)
A34
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: I Monti
RICOGNIZIONI: 27-09-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fosso di Cava Travertina a S, Monte Pietro Domenico a N
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sulla sommità di un'altura, ai limiti della zona arata e di quella a pascolo, è
stata individuata un'area caratterizzata dalla presenza di frammenti di tufo, calcare, tegole e
77
ceramica (anfore, ceramica comune). I frammenti sono sporadicamente presenti anche nel
pendio sottostante.
OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo.
(MM)
LOCALITÀ CAMPO DI PIGNATTA
Scheda n. 30
La località è costituita da una vasta area pianeggiante compresa fra l’autostrada e il
Tevere, all’interno della valle fluviale. La scarsità dei reperti e le caratteristiche della
zona, inclusa nella piana inondabile del Tevere, porterebbero ad escludere la presenza
di un insediamento antico e a interpretare i frammenti ceramici rinvenuti come
materiali trasportati e depositati dal fiume.
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI:
Schede di ricognizione
A30
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Campo di Pignatta / Piani di Saletto
RICOGNIZIONI: 27-09-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere a N, autostrada A1 dal km 511,300 al km 513,200 a SO
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356110 Ponzano Romano
DESCRIZIONE: Nella zona a ridosso dell'autostrada è stata individuata un'area caratterizzata
dalla presenza di sporadici frammenti fittili (laterizi, anfore, ceramica acroma, impasti)
OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo.
(MM)
LOCALITÀ CENTOCELLE
Schede nn. 39, 40
La località Centocelle è ubicata sui rilievi collinari incisi dal fosso di Grassano, a sud, e
dai fossi di Cava e della Ceppeta a nord, in un'area a destinazione prevalentemente
agricola ancora oggi caratterizzata da un contesto di notevole valore paesaggistico.
78
Al centro della zona è situato il casale di Centocelle, edificato agli inizi del XX secolo
sfruttando le strutture di una monumentale cisterna romana, ben nota nella letteratura
scientifica.
La cisterna, a pianta rettangolare (m 18 x 4), è divisa internamente da tramezzi in
quattro vani, originariamente coperti con volte a botte, riutilizzati come magazzini in
età moderna. Le murature in opera reticolata di tufo conservano evidenti tracce del
rivestimento impermeabilizzante in opus signinum. All'esterno del casale sono visibili
solo i lati lunghi e resti dei muri di contrafforte, originariamente sette sui lati lunghi e
due sui lati brevi. La cisterna, che nel suo primo impianto si data fra la fine del I secolo
a.C. e gli inizi del I secolo d.c., era alimentata da un acquedotto i cui resti sono stati
visti da Thomas Ashby alla fine del XIX secolo.
Tutta la zona circostante è caratterizzata dalla presenza di strutture interrate, segnalate
in più occasioni, e di materiale archeologico di superficie, emergente durante le arature
e le lavorazioni agricole, attestando l'esistenza di un vasto complesso insediativo, la cui
vita si articola fra gli inizi dell'età imperiale e il IV secolo d.C. Scavi effettuati negli
anni 1994-95 hanno consentito di riportare alla luce e documentare vasta parte del
complesso, identificabile come villa rustica. Questa era dotata di muro di cinta in opera
reticolata, di cui è stato messo in luce l'angolo sud-occidentale, dove probabilmente
limitava la proprietà in corrispondenza di un tracciato stradale antico, documentato
dalla presenza di basoli, forse corrispondente all'attuale strada vicinale di Centocelle. Si
ricorda che in prossimità del fosso della Ceppeta è ancora oggi il toponimo Passo
della Villa, in ricordo del ponte con cui questa via, diretta alla villa, attraversava il
fosso. Qui si riunivano due diverticoli della Flaminia, procedendo quindi in un unico
tracciato lungo il Tevere in direzione della moderna Borghetto: supponendo che nel
tardo impero questa diramazione avesse sostituito il più lungo percorso della via
Flaminia, gli autori cella Carta archeologica proposero di ubicare proprio a Centocelle
la mansio di Aquaviva, ipotesi scartata negli studi successivi.
Il complesso residenziale vero e proprio si trovava a nord del casale, sul punto di
maggior rilievo collinare, come è usuale in età romana. Nel corso degli scavi citati
sono stati rinvenuti i resti di un monumentale criptoportico a L, che costituiva la base
della villa, e di un impianto termale dotato di sistema di riscaldamento ipogeo, attivo
almeno fino al IV secolo d. C. A nord-est di questi sono venuti alla luce altri ambienti
della villa, sia a destinazione residenziale che di servizio.
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI: TH. ASHBY, La via Tiberina e i territori di Capena e del Soratte
nel periodo romano, Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, Memorie, I,
Parte II, p.17; G.D.B. JONES, Capena and Ager Capenas, parte II, Papers of the British
School at Roma, XXXI, 1963, p. 115, n. 345; G.F. Gamurrini, A.Cozza, A.Pasqui, R.
Mengarelli 1972, pp. 273 e ss., 403-404; Repertorio degli scavi, 2 (1966-1970), p. 40; G.
MESSINEO, A. CARBONARA, Via Flaminia, Roma 1993, pp. 132-133.
DATI ARCHIVISTICI
I dati archivistici recuperati per quanto riguarda la località Centocelle sono al
79
momento assai esigui. Degna di nota è però una ricognizione effettuata da G. Magliulo
nel mese di maggio del 1893. Come già ricordato in questo volume, il Soprastante fu
invitato dal Barnabei a recarsi per un controllo nei terreni di proprietà del conte
Feroldi Antonisi De Rosa, che aveva richiesto il permesso di intervenire nelle sue
proprietà al fine di potere indagare delle strutture a vista e a rischio di scavo
clandestino 134 . Tra le località segnalate vi era anche Centocelle/Malatesta, ove il
Magliulo rilevò come in “questo terreno, parte coltivato a grano, e parte incolto, non
si osserva veruna tomba, soltanto spase qua e là si vedono molte case ipogee”135. Il
posizionamento di questo appezzamento all’interno della località deve essere ancora
oggetto di studio, potendoci però ancora una volta basare, oltre che sui documenti
catastali coevi136, anche su quanto riportato sempre dal Magliulo: “Detto terreno è ai
confini con fosso di Casa Merchetti, Sorelle Andreini e strada campestre che conduce
a Ponzano”137.
(MCB)
Schede di ricognizione
A39
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Centocelle
RICOGNIZIONI: 30-09-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fosso di Grassano a S, strada comunale per Ponzano a N, in
corrispondenza del Casale di Centocelle
IGM: 144 IV NW
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Lungo il margine N del campo, a ridosso della strada comunale per
Ponzano, è stata individuata un'area di frammenti fittili sparsi, con un'estensione piuttosto
limitata, costituita da frammenti di materiali litici, tegole e anfore.
OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo.
(MM)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 23/2/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti fittili
distinguibili tra la vegetazione da coltivazione.
(PP)
Si veda, a tal proposito, infra/supra, p. ***.
AABBAA, II versamento, I parte, b. 269.
136 Il Feroldi possedeva infatti nella sez. VI le particelle nn. 155, 156, 157 e 158 ubicate in vocabolo
Malatesta.
137 AABBAA, II versamento, I parte, b. 269.
134
135
80
A40
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Centocelle / Malatesta
RICOGNIZIONI: 30-09-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano a N, strada privata per l'Azienda
Agricola di Torre Chiavello ad E
IGM: 144 IV NW
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Nel campo in prossimità del casale di Centocelle è stata individuata una
vasta area di frammenti fittili costituita da laterizi, tegole e coppi, anfore, ceramica comune e da
fuoco, un frammento di sigillata italica.
OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo
agricolo.
(MM)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 23/2/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti fittili
riferibili a tegole, distinguibili tra la vegetazione da coltivazione.
(PP)
LOCALITÀ TORRE CHIAVELLO
Scheda n. 42
La località Torre Chiavello prende il nome da una torre medievale che secondo il
Pasqui sarebbe stata edificata riutilizzando il basamento di un monumento funerario di
età romana. Posta probabilmente su un diverticolo della Via Flaminia, questa torre è
conservata nella parte inferiore costruita in scaglie di selce e travertino.
I resti rinvenuti nell’area confermano l’ipotesi della presenza di una cisterna romana,
già individuata da Messineo e Carbonara e sono da mettere in relazione con
insediamenti produttivi di epoca romana, come indicherebbero altri resti rinvenuti nel
corso di diverse ricognizioni nella macchia alle falde del monte detta Morra del
Preteto.
(IT)
DATI BIBLIOGRAFICI: G.F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, pp. 274 - 275; G. MESSINEO - A. CARBONARA 1993,
p.133; AA.VV. S. Oreste e il suo territorio, Roma 2003, pp. 76-77
Schede di ricognizione
81
42
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Torre Chiavello
RICOGNIZIONI: 30-09-1994
OGGETTO: Area di resti archeologici
LOCALIZZAZIONE: Strada privata per l'Azienda Agricola di Torre Chiavello ad E, ca. m
250 a SE della Torre medievale.
IGM: 144 IV NW
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Risparmiati dalle arature e ricoperti di rovi sono stati individuati grossi
nuclei di conglomerato cementizio costituito da scapoli irregolari di travertino e selce, legati da
malta di natura tufacea. Nell'area circostante, tra i solchi, sono visibili frammenti di calcare, di
tufo e di tegole, rari frammenti ceramici, tra cui qualche frammento di dolio.
OSSERVAZIONI: i resti di conglomerato cementizio potrebbero appartenere ad una cisterna
di epoca romana. L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
INTERPRETAZIONE: L'ipotesi del Pasqui non sembra possa essere confermata, anche se i
resti di superficie lasciano pensare alla presenza di una villa rustica .
BIBLIO GRAFIA: G.F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI
1972, pp. 274 - 275; G. MESSINEO - A. CARBONARA 1993, p.133
(IT)
LOCALITÀ PIAN PARADISO
Schede nn. 43, 44
La località Pian Paradiso è situata lungo il percorso dell’antica Via Flaminia, nel tratto
compreso tra S.Oreste e il Soratte. I rinvenimenti di materiali ceramico effettuati nei
campi arati della zona testimoniano l’esistenza di insediamenti di epoca romana a
carattere produttivo, in un territorio importante dal punto di vista viabilistico e dei
collegamenti. L’abbondanza dei rinvenimenti, come nella vicina località di Macchia
Flaminia è testimoniata anche dalla quantità dei reperti conservati nella moderna Villa
Trocchi che conserva reperti archeologici provenienti dalle zone circostanti.
(IT)
DATI BIBLIOGRAFICI: MESSINEO-CARBONARA 1993, p. 131
DATI ARCHIVISTICI
Presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria
Meridionale (AVG, 1971, n. 3249 / 3 Civita Castellana) è conservata la notizia di uno
scavo clandestino avvenuto presso il casale Santa Lucia nel terreno di proprietà di F.
82
Di Battista138. L’indagine ha portato alla luce una tomba a camera con il soffitto
crollato e con loculi alle pareti. All’interno di uno dei loculi sono state rinvenute anche
delle ossa umane. La tomba è stata poi reinterrata.
(MCB)
Schede di ricognizione
43
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Pian Paradiso
RICOGNIZIONI: 30-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Sulla strada sterrata che da Casale Grassano conduce a Pian Paradiso,
località Monte Cesali a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 178,1.
IGM: 144 IV NW
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Nei campi situati ad E e ad O della carrareccia è visibile un'area densamente
cosparsa di materiale archeologico; si riconoscono frammenti di conglomerato, pietre calcaree,
laterizi e numerosi frammenti ceramici tra cui sigillata italica, ceramica comune, dolia.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
(IT)
44
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Pian Paradiso
RICOGNIZIONI: 30-09-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Sulla strada sterrata che da Casale Grassano conduce a Pian Paradiso,
in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 173,7.
IGM: 144 IV NW
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Lungo la strada sterrata, all'altezza di un boschetto, si riscontra una rada area
di frammenti di tufo, tegole e frammenti ceramici.
OSSERVAZIONI: Queste presenze continuano proseguendo lungo la strada in direzione SO,
dove non è possibile rilevare una particolare concentrazione, essendo tali terreni adibiti a
pascolo. L’area, al momento delle ricognizioni 1994, era utilizzata a pascolo.
(IT)
138
La notizia è pubblicata anche nel Repertorio degli Scavi.
83
LOCALITÀ MACCHIA FLAMINIA
Schede nn. 45, 46
La località Macchia Flaminia indica un territorio pianeggiante compreso tra il fosso
dell’Osteriola e il Fosso Paradiso, ad est della moderna via Flaminia. La cospicua
presenza di materiale archeologico è da considerarsi un sicuro indizio dell'esistenza di
un insediamento di una certa consistenza. La presenza di numerosi frammenti
architettonici nella vicina Villa Trocchi, oggi centro religioso, confermano questa
ipotesi.
OSSERVAZIONI: Rari frammenti ceramici sparsi sono individuabili su tutta l’area di
Macchia Flaminia.
DATI BIBLIOGRAFICI: G. MESSINEO - A. CARBONARA 1993, pp.130 – 131
(IT)
Schede di ricognizione
45
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Macchia Flaminia
RICOGNIZIONI: 4-10-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Fosso dell'Ostariola ad O, Fosso Paradiso ad E, strada che dalla via
Flaminia conduce a Casa Marchetti a S.
IGM: 144 IV NW
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sulla sommità dell'altura è stata individuata un'area di frammenti fittili molto
sparsi. Tra questi si segnala la presenza di ceramica a vernice nera e di sigillata, oltre a
frammenti di tegole, anfore, dolia, ceramica comune e da fuoco.
OSSERVAZIONI: Rari frammenti sparsi dello stesso materiale interessano tutta l'area di
Macchia Flaminia.
L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
(IT)
46
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Macchia Flaminia
RICOGNIZIONI: 30-09- 1994 e 4-10-1994
E' stata individuata una vasta area caratterizzata da una notevolissima quantità di resti
archeologici interpretabile come resti di villa rustica
LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria ad O, Fosso dell'Ostariola ad E.
IGM: 144 IV NW
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
84
DESCRIZIONE: Oltre a lacerti di conglomerato, è presente una grande quantità di materiale
ceramico: anfore, ceramica comune e da fuoco, vetri, sigillata italica, vernice nera e resti di
materiale edilizio. Sul terreno, alle spalle della Fermata di Stabia, inoltre, sono stati individuati
basoli frantumati.
INTERPRETAZIONE: La cospicua presenza di materiale archeologico è da considerarsi un
sicuro indizio dell'esistenza di un insediamento di una certa consistenza. La presenza di
numerosi frammenti architettonici nella vicina Villa Trocchi, oggi centro religioso, confermano
questa ipotesi.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
e a pascolo
(IT)
LOCALITÀ VALLE TAVOLA – TORRE DEI PASTORI
Schede nn. 9, 10, 11, 12, 13
La località Valle Tavola/Torre dei Pastori è situata sui rilievi collinari delimitati ad est
e ad ovest rispettivamente dal Fosso di Fornaro e dal Fosso della Ceppeta, in un'area
prevalentemente agricola, che ancora oggi conserva un notevole valore paesaggistico.
La zona prende il nome dalla bella Torre dei Pastori, alta m. 13, a base rettangolare,
realizzata in blocchi squadrati di tufo, edificata nel Medioevo (XII-XIII secolo) a
guardia della via Flaminia e del vicino Ponte Ritorto. Tutta l'area intorno alla torre,
scavata nel 1981, è caratterizzata dalla presenza di strutture murarie e di materiale
archeologico di superficie, affiorante durante le arature e le lavorazioni agricole, già
segnalate nella Forma Italiae. Nella Carta Archeologica d'Italia nella zona è stata
segnalata anche la presenza di un ponticello intorno al quale furono rinvenuti
numerosi sifoni in piombo. Nell'area immediatamente ad est della torre le ricognizioni,
effettuate nel 1994, hanno evidenziato strutture murarie di epoca romana e medievale
e una notevole concentrazione di frammenti di tegole, anfore, olle di ceramica
comune, ceramica sigillata africana A, C, D, oltre ad un frammento di vaso in bronzo
e una moneta, che indicano una frequentazione nella piena età imperiale. Questi
materiali possono essere collegati con quelli pubblicati da H. Stiensdal, provenienti
dalla medesima zona.
Le strutture intercettate dalle arature non costituiscono un elemento isolato ma si
inseriscono in un quadro più complesso relativo al popolamento dell'area dopo la
conquista romana del territorio falisco, che vede sorgere ville a carattere rustico e
residenziale lungo l'asse della via Flaminia, costruita nel 220 a.C. Tutta la località è
infatti nota per la presenza di strutture di epoca romana, già sottoposte a vincolo con i
D.D.M.M. 30/1/1962 e 12/3/1963. Tali vincoli interessano la zona a sud della torre,
oltre quelle ad ovest e a est della via Flaminia dove sono state rinvenute
rispettivamente strutture relative ad una villa rustica e alla villa dei Giunii Bassi (scavi
del 1958-59).
Le numerose torri sorte ai margini del tracciato della via Flaminia, tra cui la Torre dei
85
Pastori con le strutture murarie a nord di essa, dimostrano che la strada continuò ad
essere frequentata anche in età medievale.
(AN)
DATI BIBLIOGRAFICI: G . F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI, Carta archeologica d'Italia (1881-1897). Materiali per l'Etruria e per la
Sabina. Serie II. Documenti 1, Firenze 1972, p. 272; H. STIESDAL, Two Medieval
Towers in the Roman Campagna, in Analecta Romana Instituti Danici, XIII, 1984, pp.
113-121; G. MESSINEO – A. CARBONARA, Via Flaminia, Roma 1993, p. 132, fig.
133.
DATI ARCHIVISTICI
È ancora una volta la già citata relazione del Magliulo a seguito della ricognizione
sistematica in alcune proprietà del conte Feroldi Antonisi De Rosa a darci
informazioni in merito alla presenza di “una tomba aperta ed esplorata” (AABBAA, II
versamento, I parte, b. 269)139. Necessita ancora uno studio di dettaglio dell’emergenza
in loc. Valle Tavola140.
(MCB)
Schede di ricognizione
A9
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Tavola
RICOGNIZIONI: 16-09-1994
OGGETTO: Resti di murature e materiale ceramico
LOCALIZZAZIONE: Fosso di Fornaro ad E, strada vicinale che attraversa Valle Tavola ad
O, in prossimità del casale sito in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 147,4.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sulla sommità dell'altura ad E del Fosso di Fornaro, a ca. m 500 a SO del
casale sito in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 147,4, è stata individuata un'area di
forma approssimativamente circolare, con una superficie di ca. mq. 300. Sono visibili numerosi
lacerti di muratura in scapoli di calcare legati da malta molto consistente di colore grigio,
frammenti di tegole e coppi ed una notevole concentrazione di frammenti ceramici, in
particolare anfore, ceramica comune, dolia. Si segnala, inoltre, la presenza di due grossi
frammenti di conglomerato cementizio (ca. m 1,00 x 0,80) non in situ.
OSSERVAZIONI: Il materiale ceramico è presente anche sulle pendici dell'altura, in direzione
del Fosso di Fornaro, trasportato probabilmente dalle arature e dal dilavamento. Al momento
delle ricognizioni del 1994, l’area aveva un utilizzo agricolo.
Si veda infra/supra, pp. ***.
In questa sede ci si limita per ora a segnalare con il conte Feroldi possedesse nella sez. V del Catasto di
Civita Castellana le particelle nn. 52, 53, 54 e 55 ubicate in località Valle Tavola.
139
140
86
(AN)
A10
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Torre dei Pastori
RICOGNIZIONI: 16-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fosso di Fornaro ad O, strada vicinale che attraversa Valle Tavola ad
E, strada vicinale di Valle Lepre a S.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sulla sommità di un'altura è stata individuata un'area caratterizzata dalla
presenza di scaglie di calcare frammiste ad un terreno ricco di frammenti tufacei. Sono inoltre
presenti frammenti di tegole, laterizi, intonaco, malta, ceramica comune, un frammento di
ceramica a pareti sottili, un frammento di sigillata.
OSSERVAZIONI: Ad E dell'area, sulle pendici dell'altura, sono stati individuati due basoli
sparsi probabilmente relativi alla Via Flaminia antica. L’area, al momento delle ricognizioni del
1994, aveva un utilizzo agricolo.
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha permesso di confermare la presenza di frammenti fittili in
giacitura sulla superficie del fondo agricolo, nonostante la presenza di vegetazione da
coltivazione.
(PP)
A11
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Torre dei Pastori
RICOGNIZIONI: 16-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Strada vicinale che attraversa Valle Tavola a N, strada comunale per
Ponzano a S, a SE del punto altimetrico C.T.R. 160,5.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: A ca. m 300 ad E della Torre dei Pastori, è stata individuata una rada area di
frammenti fittili, concentrati sulla sommità dell'altura: laterizi, anfore, preparazione di intonaco,
marmo, vernice nera, un frammento di intonaco. Da segnalare, lungo la macera che segna il
confine con il campo situato ad E, la presenza di una grossa soglia di travertino. Sulle pendici è
visibile inoltre un blocco di travertino squadrato (sotto una quercia).
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
87
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha permesso di confermare la presenza di frammenti fittili in
giacitura sulla superficie del fondo agricolo, nonostante la presenza di vegetazione da
coltivazione.
P.P.
A12
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Torre dei Pastori
RICOGNIZIONI: 16-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fosso della Ceppeta ad E, strada comunale per Ponzano a S, strada
vicinale che attraversa la località Torre dei Pastori a NE, a NE del punto altimetrico C.T.R.
165,3.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: A ca. m 800 dal fosso della Ceppeta, su un'altura digradante verso un fosso
ormai prosciugato, e' stata individuata una piccola area di frammenti fittili piuttosto sparsi
(frammenti di anfore e di ceramica da cucina). Nei campi adiacenti, prevalentemente a SE del
punto descritto nella scheda n. 13, sono individuabili sul terreno rari frammenti, senza una
particolare concentrazione. Appare evidente che tutta la zona é stata frequentata in epoca
romana.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 22/2/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di lacerti di travertino
giacenti in superficie peraltro a suo tempo non descritti in scheda.
P.P.
A13
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/ TOPONIMO: Torre dei Pastori
RICOGNIZIONI: 16-09-1994
OGGETTO: Strutture murarie e materiale ceramico
LOCALIZZAZIONE: Campo immediatamente ad E della Torre dei Pastori.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sul terreno, a ca. m 5 di distanza dal lato E della Torre dei Pastori, le
profonde arature (almeno cm 50) hanno intaccato pesantemente murature romane o medievali
costituite da frammenti di calcare irregolarmente sbozzati e legati da malta. Nella parte N
88
dell'area sembra potersi individuare una struttura di forma quadrangolare da cui si dipartono
altri muri verso S e verso O.
Notevolissima è la quantità di materiale ceramico presente: frammenti di tegole, di anfore, di
olle di ceramica comune, di sigillata. Lungo il limite E dell'area sono stati raccolti una piccola
moneta di bronzo ed un frammento di orlo di un vaso in bronzo.
A ca. m 10 di distanza dal lato S della Torre sono inoltre visibili un basolo e un blocco di tufo.
Gli elementi descritti, pur nella loro frammentarietà, permettono di ipotizzare, con una certa
sicurezza, la presenza di una villa. Le fratture osservate sul materiale ceramico e sulle murature
indicano che i danni sono stati causati molto recentemente; è stata quindi effettuata la
segnalazione per i provvedimenti del caso.
OSSERVAZIONI: L’area è stata oggetto di saggi di scavo nel 1981 (G. MESSINEO - A.
CARBONARA, p. 132). L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo
agricolo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato quando descritto, pur se le continuate
coltivazioni del fondo hanno disperso e rarefatto i materiali da costruzione e ceramici allora
osservati e considerato anche il fatto che sul limitare Est del tracciato viario di Torre dei
Pastori si è sviluppata negli anni una fitta boscaglia.
(PP)
LOCALITÀ STAZIONE DI PONZANO
Schede nn. 16, 26
La località Stazione di Ponzano è situata in una zona pianeggiante attraversata dalla
linea ferroviaria, dalla Via di Ponte Ritorto e dalla Strada Comunale di Ponzano. Le
ricognizioni del 1994 hanno individuato nell'area un ponte sul Fosso di Grassano,
rimaneggiato in epoca moderna, e due aree caratterizzate dalla presenza di materiale
edilizio e ceramico di superficie, affiorante durante le arature e le lavorazioni agricole,
che farebbero presupporre la presenza di un impianto a carattere abitativo.
(AN)
DATI ARCHIVISTICI
Legata a questa località e contemporaneamente al toponimo Monte Paglietta è il
rinvenimento di un nucleo di materiali assai interessante. Presso la Biblioteca
Apostolica Vaticana (Carte Stefani, 8, f. 32 r.) è conservato un elenco di un “Gruppo
di oggetti posseduti dal Sig. F. Pistola in Civita Castellana, provenienti dagli scavi
1887-88 di M.te Paglietta a sud di Vignale, presso la stazione tramviaria Ponzanocave”. L’elenco, che comprende materiali di piena età orientalizzante, corrisponde al
nucleo di materiali acquistati dallo Stato e oggi conservati presso il Forte Sangallo a
Civita Castellana141. Sono ancora tutti da inquadrare gli scavi a cui si fa riferimento nel
documento archivistico citato, ma è forse interessante notare come
Sino a pochi anni fa i materiali in questione erano esposti presso il Museo dell’Agro Falisco (DE LUCIA
1991, pp. 33 s.)
141
89
all’Antikensammlung der Archäologischen Institut der Universität a Tübingen sia
conservata un’assai interessante oinochoe in impasto con decorazione ad incisione, con il
collo conformato a doppia protome equina, il cui luogo di rinvenimento è, stando ai
documenti archivistici conservati presso l’istituzione museale tedesca, “Monte
Paglietto bei Civita Castellana”142. Il toponimo deve essere ovviamente emendato in
Monte Paglietta.
D’altro canto a riprova dell’interesse archeologico dell’area, presso l’Archivio Centrale
dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269) è conservata la richiesta, del 4
giugno 1894, del permesso “di eseguire scavi di oggetti antichi nella località delle
suddette, posta in questo territorio Contrada oltre Treja, Vocabolo Monte Paglietta in
Catasto Sez. V nn. 68, 210 a 213, 216 a 223, 229 a 237, 469, 470, 523 a 525”.
Infine è notizia ancora del 1973, su segnalazione dell’Ispettore Onorario G. Polidori,
dell’affioramento di un “pavimento a mosaico in ottimo stato di conservazione,
affiorante a circa 40 cm di profondità dalla superficie del terreno”143 e del “saccheggio
clandestino di una necropoli di piccole «tombe a tumulo»” presso le Cave di Ponzano
(AVG, 1973, n. 1656/ 3 Ponzano Romano)144.
(MCB)
Schede di ricognizione
A16
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Stazione di Ponzano
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Via Flaminia, tra il km 49,000 e il km 50,000 ad O, strada comunale per
Ponzano ad E.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Concentrati sulla sommità di una collinetta e sparsi per una vasta area
circostante, sono stati individuati resti di materiale ceramico ed edilizio tra cui un frammento di
vernice nera, sigillata italica, ceramica da fuoco, anfore, lacerti di muratura costituiti da
conglomerato di malta e scaglie di calcare. Grossi pezzi di muratura, inoltre, si trovano sotto i
due alberi presenti nel campo dove sono stati accatastati, in quanto di intralcio ai lavori agricoli.
E’ certa la pertinenza dei resti ad un impianto a carattere abitativo e, presumibilmente
lavorativo.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
CVA Tübingen, p. 19, tav. 7.
Il pavimento venne poi indagato nel 1975 (AVG, n. 5489 / 6 Civita Castellana).
144 La notizia è presente anche nel Repertorio degli Scavi.
142
143
90
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto
segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dall’esistenza di
recinzioni pertinenti a proprietà privata.
(PP)
A26
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Stazione di Ponzano
RICOGNIZIONI: 23-09-1994
Sono state individuate due aree, A e B, interessate da resti archeologici
A) Ponte ATTENZIONE EVIDENZIARE IL SEGNO DEL PONTE SULLA CARTA
LOCALIZZAZIONE: A) Strada comunale per Ponzano a S, linea ferroviaria ad O; B) strada
comunale per Ponzano a NE, linea ferroviaria ad O, a ca. m 200 a N della cava.
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sul lato N della strada, dopo aver percorso un viottolo diretto a N, in
direzione del Fosso di Grassano, sono visibili i resti di un ponte rimaneggiato; di epoca antica
sembra solo il fornice centrale in blocchi di tufo.
B) Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano a NE, linea ferroviaria ad O, a ca. m 200
a N della cava.
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sulla sommità della collina, in prossimità di due grosse querce, è stata
individuata un'area di frammenti fittili costituiti da frammenti di anfore, ceramica comune,
vernice nera, pareti sottili; sono inoltre presenti alcuni frammenti di dolio, tra cui un orlo.
Numerosi i frammenti di tegole di argilla rossastra piuttosto grossolani. Si segnalano inoltre
frammenti di materiale calcareo relativi a strutture murarie.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti ceramici
giacenti in superficie così come ubicati al punto B della scheda. Non è stato possibile invece
raggiungere e verificare le strutture descritte al punto A a causa di recinzione pertinente alla
privata attività di allevamento esistente nel sito.
(PP)
LOCALITÀ MALATESTA
91
Schede nn. 14, 15
La località Malatesta è costituita da un ampio pianoro delimitato a nord dalla località
Torre dei Pastori, a est dal Fosso della Ceppeta, a sud dalla strada comunale per
Ponzano e a ovest dalla via Flaminia. Le ricognizioni del 1994 hanno evidenziato
nell'area la presenza di materiale edilizio e i resti di un ponte romano costruito sul
Fosso della Ceppeta, relativo ad una diramazione che si staccava dalla via Flaminia
antica ad Osteria di Stabia e che, passando per Casale Marchetto, si riuniva in loc.
Passo della Villa (presso la villa di Centocelle) con un secondo diverticolo proveniente
da Torre Chiavello per proseguire poi lungo il Tevere fino a Borghetto. Il materiale
edilizio di superficie, affiorante durante le arature e le lavorazioni agricole, farebbe
presupporre la presenza di un insediamento gravitante sulla citata diramazione.
(AN)
DATI BIBLIOGRAFICI: Sul ponte romano si hanno notizie in G . F. GAMURRINI
- A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 273 - 274, G. MESSINEO
– A. CARBONARA, Via Flaminia, Roma 1993, pp. 132 - 133.
DATI ARCHIVISTICI
Presso l’Archivio Centrale dello Stato sono conservati due documenti di cui si è già
avuto modo di dire in questa sede (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269)145. Si
tratta di una lettera scritta dal conte Ugo Feroldi Antonisi De Rosa in data 5 maggio
1893, che sollecitava la possibilità di indagare alcune strutture antiche a vista in un
gruppo di terreni di sua proprietà e di una relazione di ricognizione a firma G.
Magliulo, che aveva provveduto al ricontrollo sistematico di dette località su invito di
F. Barnabei. Tra le località c’era anche quella denominata “Casa Filippetto Malatesta”.
Così il Magliulo descrive il suo sopralluogo: “Questo terreno, parte coltivato a grano e
parte incolto, non si osserva veruna tomba, soltanto sparsa qua e là si vedono molte
case ipogee”. Il Magliulo fornisce anche i dettagli utili per procedere al
posizionamento in pianta: “Detto terreno è ai confini con fosso di Casa Marchetti,
Sorelle Andreini e strada campestre che conduce a Ponzano”146.
La località Malatesta è menzionata anche in alcuni documenti conservati presso
l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale
(AVG 1974, nn. 1357, 1492, 2804, 2916 / 3 Civita Castellana e n. 1954 / 3 Fabrica di
Roma)147. Essi consistono nella segnalazione dell’Ispettore Onorario Polidori nel 1974
di scavi clandestini in due tombe a camera con dromos. Le descrizioni dei materiali
recuperati, depositati presso il Forte Sangallo a Civita Castellana, suggeriscono una
cronologia recente (IV-III sec. a.C.) per queste tombe.
Si veda infra, supra pp. ***.
In attesa di uno studio più dettagliato in questa sede ci si limita a segnalare come il conte Feroldi
possedesse nella sez. III del Catasto di Civita Castellana le sole particelle nn. 44 e 47 registrate sotto il
vocabolo “Casa Filippetto”. È altamente probabile che si tratti della medesima località, che nella lettera al
Barnabei viene citata dal conte stesso come “Casa Filippetto Malatesta”.
147 La notizia è pubblicata anche nel Repertorio degli Scavi.
145
146
92
(MCB)
Schede di ricognizione
A14
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Passo della Villa
RICOGNIZIONI: 3-05-1994
Resti di un ponte di epoca romana
LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano a S, sul diverticolo che si diparte in
località Passo della Villa, in direzione Monte Pietro Domenico, attraversando il Fosso della
Ceppeta.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Resti di ponte romano, di cui rimane parte di una spalletta in blocchi di tufo
disposti in maniera irregolare. La parte superiore della struttura è di epoca moderna.
(AN)
A15
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Ponte Ritorto
RICOGNIZIONI: 16-09-1994
OGGETTO: Area con presenza di materiale edilizio.
LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano, tra i punti altimetrici C.T.R. 147,8 ad O
e 157,3 ad E.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: A ca. m 800 ad E di Ponte Ritorto, sulla destra della strada, in prossimità del
pilone della doppia linea elettrica, si vedono numerose scaglie di calcare, frammenti di malta,
tegole e coppi. E' stato anche individuato un frammento di conglomerato, costituito da malta e
dalle stesse scaglie calcaree rinvenute sulla superficie.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
LOCALITÀ CULIANO
Schede nn. 23, 24, 25
La località Culiano è situata lungo la sponda occidentale del fiume Tevere, a nord della
confluenza con il torrente Treia ed è delimitata a N dalla via di Colle Rosetta. Le
ricognizioni effettuate nel 1994 hanno evidenziato nell'area la presenza di materiali
93
archeologici di superficie e di alcuni materiali sparsi (basoli, laterizi e blocchi di tufo),
emergenti durante le arature e le lavorazioni agricole.
(AN)
Schede di ricognizione
A23
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Culiano
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere ad E, via di Colle Rosetta a N, via vicinale che attraversa
la località Culiano ad O, tra i punti altimetrici C.T.R. 39,0 ad O e 36,0 ad E.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Al centro del campo è stata individuata una notevole concentrazione di
frammenti laterizi (tegole, mattoni e rari coppi). Lungo la via vicinale sono ancora visibili basoli
sparsi.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti fittili in
superficie.
(PP)
A24
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Culiano
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
OGGETTO: Resti di materiali vari.
LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere ad E, torrente Treia a S, via di Colle Rosetta a N.
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Sulla via di Colle Rosetta, a NE del casale, verso il Tevere si diparte un
viottolo in direzione del punto altimetrico C.T.R. 37,9 lungo il quale sono visibili blocchi di
tufo, un frammento di blocco di marmo, rari frammenti di basoli e di laterizi. Basoli e blocchi
di tufo sono inoltre accatastati in quantità notevole sul lato S della via vicinale.
OSSERVAZIONI: Il muretto di delimitazione della via vicinale è costruito in blocchi di tufo a
secco, alcuni dei quali probabilmente sono antichi. L’area, al momento delle ricognizioni del
1994, aveva un utilizzo agricolo.
94
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari spezzoni tufacei in
superficie.
(PP)
A25
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Culiano
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere ad E, torrente Treia a S, via di Colle Rosetta a N, in
prossimità del punto altimetrico C.T.R. 36,8
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Nel campo situato lungo il lato S della via vicinale, affiorano sporadici
frammenti laterizi (tegole e mattoni) e ceramici (anfore e ceramica comune), più concentrati
nella zona adiacente la via.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo a
seminativo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti fittili in
superficie.
(PP)
LOCALITÀ CUCCHIETO
Scheda n. 22
La località Cucchieto è situata all'interno dell'ansa formata in questo punto dal fiume
Tevere ed è delimitata ad ovest dalla linea ferroviaria. Dalle ricognizioni del 1994
risulta che l'area, prevalentemente agricola, è caratterizzata dalla presenza di numerosi
basoli sparsi che potrebbero appartenere al tracciato della Tiberina antica.
(AN)
Schede di ricognizione
A22
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Cucchieto
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
95
Resti di basolato stradale
LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere a N, E e S, Linea ferroviaria a O
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Lungo la via di Cucchieto e nel campo adiacente sono stati individuati rari
frammenti laterizi e numerosi basoli sparsi, sia interi che frammentati, forse appartenenti al
tracciato antico della via Tiberina.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
LOCALITÀ CAGNANELLO
Schede nn. 17, 18, 19, 20, 21
La località Cagnanello è ubicata sui rilievi collinari delimitati a nord e ad est dalla
ferrovia Roma nord, ad ovest dalla strada statale Flaminia e a sud dalla strada
comunale per Ponzano. Le ricognizioni del 1994 hanno evidenziato che tutta l'area è
caratterizzata dalla presenza di strutture murarie e di una fitta concentrazione di
materiale archeologico di superficie, emergente durante le arature e le lavorazioni
agricole, che farebbero presupporre l'esistenza di un complesso insediativo, la cui vita
si articola in età imperiale.
(AN)
Schede di ricognizione
A17
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
OGGETTO: Resti di strutture murarie e area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria a N e ad E, strada comunale per Ponzano a S.
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Su un’altura è stata individuata una vasta area di macerie, costituita da
spezzoni di murature in malta e tufo, da tegole e frammenti ceramici (vernice nera, anfore e
ceramica comune). Da segnalare, inoltre, poco più a S, la presenza di un'ampia area di forma
circolare ricoperta di rovi che farebbe presupporre, ad di sotto di essa, l'esistenza di strutture
murarie pertinenti allo stesso complesso. Il tipo di materiale rinvenuto permette di ipotizzare la
presenza di una villa rustica.
OSSERVAZIONI: E' possibile che la zona sia da collegare con i siti descritti nelle schede nn.
18 e 19. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
96
(AN)
A18
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
OGGETTO: Resti di villa rustica.
LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria a N e ad E, strada comunale per Ponzano a S.
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Vasta area (ca. mq 5000) caratterizzata da una fittissima concentrazione di
materiale ceramico ed edilizio. Sono stati individuati numerosissimi frammenti laterizi (tegole,
coppi, mattoni) e malta; tra il materiale ceramico si segnalano numerosi dolia, anfore,
frammenti di ceramica da mensa sigillata africana C e D, vernice nera, ceramica comune e da
fuoco. La quantità e la tipologia dei frammenti fanno pensare alla presenza di una villa rustica.
OSSERVAZIONI E' possibile che la zona sia da collegare con i siti descritti nelle schede nn.
17 e 19. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
A19
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
OGGETTO: Resti di strutture murarie e frammenti di tegole
LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria a N, strada comunale per Ponzano a S.
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sull'estremità N del pianoro di Cagnanello sono stati individuati resti di
malta calcificata e frammenti di tegole, che fanno presupporre l'esistenza di strutture murarie
antiche relative ad una villa rustica.
OSSERVAZIONI: E’ possibile che la zona sia da collegare con i siti descritti nelle schede nn.
17 e 18. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
A20
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello
97
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria ad E, strada comunale per Ponzano a S, via Flaminia
ad O, a N del punto altimetrico C.T.R. 144,7
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Su un'altura è stata individuata un'area con frammenti di tufo, laterizi (tegole
e mattoni), anfore e ceramica comune.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza di materiali fittili relativi a tegole e
a ceramica d’impasto, giacenti in superficie.
(PP)
A21
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Ponzano
LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello
RICOGNIZIONI: 21-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria ad E, strada comunale per Ponzano a S, in prossimità
del casale in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 158,3
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sono stati rinvenuti frammenti di tegole ed anfore. Inoltre, in prossimità del
casale, sono state individuate sul terreno tracce evidenti che fanno presupporre l'esistenza di
strutture murarie al di sotto del terreno.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza di materiali fittili relativi a tegole e
a ceramica d’impasto, giacenti in superficie.
(PP)
LOCALITÀ VALLE FELICIOSA
Schede nn. 35, 36, 37, 41.
Con il nome di valle Feliciosa è indicata un'ampia zona pianeggiante compresa tra la
98
via Flaminia e la valle del Tevere. La valle e le alture prospicienti sono caratterizzate da
una consistente presenza di materiale sparso di superficie, riferibile a uno o più
insediamenti di età romana.
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI: G.D. B Jones, Capena and the Ager Capenas, part II, in PBSR,
31 (1963), p. 114; Sant'Oreste e il suo territorio, Rubbettino Editore, 2003, p. 81
Schede di ricognizione
A35
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Feliciosa / Monte Cipriano
RICOGNIZIONI: 27-09-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fosso di Monte Cipriano a NE, strada privata verso S. Oreste in
proprietà Versano-Riccioni a SO
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356110 Ponzano Romano
DESCRIZIONE: Circa m 100 a NO della strada privata che segna il confine comunale è stato
individuato un’area (ca. m 3 x 5) caratterizzata dalla presenza di frammenti di malta e a scaglie
di calcare, numerosi laterizi (tegole ed anfore e ceramica comune. In prossimità del casale, a
ridosso della strada, è stato individuato un altro nucleo più esteso ma con minore
concentrazione di materiale, costituito da laterizi, scaglie di calcare e frammenti ceramici
(ceramica comune e acroma).
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(MM)
A36
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Feliciosa
RICOGNIZIONI: 27-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano a N, Fosso di Valle Feliciosa ad E
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: A circa m 50 dalla strada, nei pressi di una grande quercia, è visibile un'area
concentrata di frammenti fittili, costituiti da laterizi, anfore, ceramica comune e acroma.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
M.M.
99
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 23/2/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti di tegole
fittili e di lacerti di travertino raggruppati intorno a una quercia.
(PP)
A37
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Feliciosa
RICOGNIZIONI: 27-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Via vicinale per S . Oreste a S, Fosso di Valle Feliciosa a N
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sulla sommità di un'altura, lungo il lato meridionale di Valle Feliciosa, è stata
individuata un'area di frammenti fittili piuttosto vasta ma senza una notevole concentrazione.
Sono stati rinvenuti frammenti laterizi (tegole), ceramica sigillata, ceramica comune, anfore.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(MM)
A41
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Feliciosa
RICOGNIZIONI: 30-09-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fosso di Chiavello ad O, strada privata per l'Azienda Agricola di Torre
Chiavello ad E, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 173,3
IGM: 144 IV NW
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Ad O del punto altimetrico C.T.R. 173,3 è stata individuata un’area di
sporadici frammenti fittili, tra i quali anfore, ceramica comune, sigillata tarda e laterizi.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(MM)
III.3. IL TERRITORIO AD OVEST DELLA VIA FLAMINIA ANTICA
100
LOCALITÀ SAN FRANCESCO
Schede nn. 52, 53, 54
La località San Francesco è caratterizzata da un territorio prevalentemente
pianeggiante situato lungo il percorso che da Faleri si congiungeva alla viabilità
Corchiano- Gallese. Come il limitrofo pagus di Macchia Frullani, in questa località è
descritto un insediamento fortificato da Pasqui e Cozza, identificato con il pagus di S.
Felicissima. L ’intensa trasformazione della zona ha reso impossibile la verifica dei dati
rilevati da A. Cozza e A. Pasqui nel secolo scorso, che descrivono a partire dal ponte
sul Rio Cruè, un tracciato che in linea retta portava al pagus di S. Felicissima. Questa
piccola località abitata fino dai tempi falisci era difesa da tre ordini di mura parallele e
collegate da sproni. A capo di quei tratti conservati si riconoscono tuttora i limiti del
luogo abitato per alcuni parallelepipedi disposti quasi ad angolo retto, i quali si trovano
sul posto delle antiche mura, e per la fondazione di uno stipite di porta, la quale
risponde sul lato nordovest della cinta, in mezzo al piano. Oltre questo lato sembra
che si estendesse la necropoli per le molte tombe che in questi ultimi tempi sono state
disordinatamente spogliate. Da alcuni frammenti della loro suppellettile lasciati sul
terreno rilevasi che la maggior parte delle medesime tombe, le quali sono più vicine
all’abitato, appartenevano al III sec. a.C.. Il rimanente del perimetro di questo pagus è
molto incerto, poiché perdesi nel sovrastante piano"
Potrebbero appartenere ai resti di questo insediamento o alle sue successive
occupazioni di epoca romana i rinvenimenti di materiale archeologico sparso nei
campi arati limitrofi.
(IT)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, pp. 378 - 379, fig. 215; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p.
39; CENTRO DI CATALOGAZIONE DEI BENI CULTURALI, Contributi allo
studio di fattibilità della direttrice viaria Civita Castellana - Viterbo, Viterbo, 1985
DATI ARCHIVISTICI
Nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale è
conservata una relazione dell’Assistente A. Bracci (AVG, 1972, n. 6832)148, che ricorda
come nel 1972 in località San Francesco, durante i lavori per il tracciato del
metanodotto Terni-Civita Castellana sia venuto alla luce nel foglio catastale 12,
particella n. 8 un tratto di muro a blocchi di tufo e due cunicoli, uno dei quali scavato
nel banco di pozzolana e l’altro invece costruito in blocchi di tufo.
(MCB)
Schede di ricognizione
52
148
La notizia è pubblicata anche nel Repertorio degli scavi.
101
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: S. Francesco (S. Felicissima)
RICOGNIZIONI: 5-10-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a NE, Rio Cruè a S, limite del comune a
NO; in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 176,2.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: Nel campo si vedono, prevalentemente sulla sommità, tritume di tufo e
qualche raro frammento di tufo lavorato misto a frammenti di basaltina. Intorno, rari
frammenti di ceramica comune e tegole.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
BIBLIOGRAFIA: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI
1972, pp. 378 - 379, fig. 215; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39.
(IT)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella
scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di sbarre di chiusura e di
perimetrazioni pertinenti a proprietà privata.
(PP)
53
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: S. Francesco
RICOGNIZIONI: 5-10-1994
OGGETTO:Strada.
LOCALIZZAZIONE: Rio Cruè a N, sul margine N della strada vicinale, presso l’incrocio con
la Strada Provinciale Cenciano (punto altimetrico C.T.R. 167,1).
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: Nel campo arato, a N della via vicinale, in prossimità del punto altimetrico
C.T.R. 167,1, si rinvengono, lungo il margine della strada, tre basoli ed alcuni spezzoni di
basaltina. In prossimità della recinzione lungo la strada, una fascia di terra di circa m 10 si
presenta di colore nettamente più chiaro e presenta una concentrazione di ghiaia ed altri
spezzoni di basaltina. Si notano anche alcuni frammenti di ceramica comune. Proseguendo
lungo la strada vicinale, sono visibili grossi massi di basaltina, due dei quali sono sicuramente
dei basoli, oltre ad alcuni spezzoni, accatastati a ridosso di una quercia, lungo il margine S della
strada.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
(IT)
102
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella
scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di sbarre di chiusura e di
perimetrazioni pertinenti a proprietà privata.
(PP)
54
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: S. Francesco
RICOGNIZIONI: 5-10-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a E, Rio Cruè a N, Fosso di Monte delle
Pescine a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 175,0.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: In tutto il campo si rinvengono frammenti sparsi di ceramica a vernice nera,
ceramica comune, tegole, senza che sia possibile notare addensamenti particolari di materiali se
non nel calanco che taglia il campo in senso EO, dove sono visibili alcuni spezzoni di basaltina
in direzione di quelli descritti nella scheda di sito n. 53.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
(IT)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella
scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di sbarre di chiusura e di
perimetrazioni pertinenti a proprietà privata.
(PP)
LOCALITÀ SANT’AGATA
Schede nn. 47, 48, 49, 28
Il toponimo S. Agata comprende un territorio limitrofo alla odierna via Flaminia, alle
pendici di Monte Codino a nord ovest e del colle il Quarto ad est. La zona si
caratterizza per il rinvenimento di resti ceramici di superficie, particolarmente
concentrati in zone di alture che ben si prestavano ad insediamenti residenziali. La
presenza in alcuni casi di frammenti di dolio e di resti pavimentali in opera spicata,
lascia supporre la presenza di attività produttive accanto a impianti di natura
esclusivamente residenziale.
(IT)
DATI ARCHIVISTICI
Presso l’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269) è
conservata una lettera al Barnabei del 19 marzo 1893, scritta dal conte Ugo Feroldi
103
Antonisi De Rosa, che ricorda come “nella tenuta di Sant’Agata in questo territorio di
proprietà di Casa Rosa nel fare le fondazioni per alcuni lavori murari, si scoprì una rete
di gallerie della larghezza media di più di un metro, alte quasi due metri, rivestite di un
intonaco bianco il quale sembra composto di argilla bianca mista ad altre sostanze”. Si
aggiungeva inoltre che non si erano rinvenuti reperti mobili e che comunque si forniva
questa notizia nel caso “Ella avesse da ritenere che la scoperta possa interessare le
indagini archeologiche di questa regione”. Al momento non si è ancora proceduto a
fornire un posizionamento preciso nell’ambito della tenuta Sant’Agata di questa “rete
di gallerie”. Essi devono essere verosimilmente interpretati come cunicoli, rivestiti da
malta idraulica.
Quello che è certo è che negli antiquari locali si ha notizia anche di iscrizioni rinvenute
nell’ambito della tenuta di Sant’Agata, come testimoniato dal Tarquini e dal Del
Frate149. Il primo così la descrive: “Ivi [nel cosiddetto “castello di Sant’Agata”, NdA]
rinvenni una lapide di marmo, e credetti di trascriverla, e di poi evasa, non si è più
ritrovata, ed averà passata l’istessa sventura succeduta a tutte le altre vendute, e
spezzate per macinarle, per uso delle vernici alli majolicari”. Il Tarquini annota come
già il Garrucci ne desse notizia, ricordando come fosse già stata notata dal Mazzocchi,
che aveva fatto un’aggiunta manoscritta al suo Vejo difeso conservato nella biblioteca
del Collegio Romano. In questo breve appunto la notizia è molto chiara: “Nel 1672 in
occasione che fu riedificato il Casale Sant’Agata, nel detto Castello diruto, furono
ritrovati molti cementi marmorei con diverse iscrizioni, quali con poca accuratezza
furono posti in opera dagli artefici […] fra le altre iscrizioni una se ne conserva al
presente intatta in una grande base di marmo”. Il Mazzocchi poi la registra
fedelmente. L’iscrizione è riconoscibile con la CIL XI, 3156. Essa tuttavia non andò
distrutta, come credeva il Tarquini, perché nel 1907 il Boarmann la vide nella
collezione di Giacomo di Veroli, commerciante di Caprarola150. L’analisi dell’epigrafe,
unitamente ai “resti che ancora oggi affiorano nei pressi della cascina Sant’Agata”
hanno portato il Di Stefano Manzella a ipotizzare che ivi sorgesse la villa rustica del
noto banchiere Q. Fulvius Chares151.
(MCB)
Schede di ricognizione
28
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Il Colle
RICOGNIZIONI: 23-09-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Via Flaminia ad E, all'altezza del km 48,300, linea ferroviaria ad E, via
vicinale che porta a Casale S. Giorgio a N.
TARQUINI 1874, pp. 106 s., DEL FRATE 1898, p. 81.
DI STEFANO MANZELLA 1981, p. ***.
151 DI STEFANO MANZELLA 1981, p. 122.
149
150
104
IGM: 143 I NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sull'altura è stata individuata un'area molto vasta interessata dalla presenza
di dolia, anfore, sigillata, ceramica da fuoco ed un frammento di pavimento in spicato; inoltre è
riconoscibile un'area limitata in cui si vedono frammenti di muratura e calcare frammisti a
frammenti di tegole e vari frammenti ceramici. E’ altamente probabile che i resti si riferiscano
ad un impianto abitativo utilizzato anche per la lavorazione di prodotti agricoli.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
(IT)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 22/2/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di folta vegetazione
infestante.
(PP)
47
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Seccatore
RICOGNIZIONI: 4-10-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Strada che porta a Casale S.Agata a N, Fosso di Stabia (fosso confine)
a S, in corrispondenza del km 48,300 della via Flaminia.
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Nell'area in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 172,9 sono stati
individuati frammenti fittili sparsi, tra cui tegole, ceramica comune, dolia e qualche frammento
di malta.
OSSERVAZIONI: All'altezza dell'essiccatoio si notano altre zone con una concentrazione di
materiale apparentemente maggiore, che però non è stato possibile controllare a causa della
presenza di cani. L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
(IT)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non ha confermato le presenze di frammenti fittili descritte.
(PP)
48
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Monte Codino
RICOGNIZIONI: 4-10-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
105
LOCALIZZAZIONE: Strada vicinale che dal Km 48,300 della via Flaminia conduce alla
Cascina S. Agata ad O.
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Immediatamente a N della strada vicinale che conduce alla Cascina S.Agata è
stata individuata un'area di frammenti fittili molto sparsi e fluitati: laterizi, ceramica a vernice
nera, impasto, acroma, anfore.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
(IT)
49
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Monte Codino
RICOGNIZIONI: 4-10-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Strada vicinale che dal Km 48,300 della via Flaminia conduce alla
Cascina di S. Agata a S, Fosso del Seccatore a N.
IGM: 143 I NE
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Su un'altura è stata individuata una forte concentrazione di frammenti fittili,
tra cui tegole, anfore, ceramica a vernice nera, ceramica a pareti sottili, ceramica da fuoco.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a seminativo
(IT)
LOCALITÀ SAN SILVESTRO
Schede n., 59
La località San Silvestro è situata nell’area occidentale del comune, ed è compresa tra il
Fosso Salerco a sud e il Fosso Selva di Mezzo a Nord. Sul pianoro, naturalmente
difeso dai due fossati, sono stati rinvenuti resti che testimoniano la sua frequentazione
in epoca romana.
(IT)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, p. 208, fig. 140; p. 377, fig. 213; V. FIOCCHI NICOLAI 1988;
M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39
Schede di ricognizione
59
106
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Borghetto
LOCALITA'/TOPONIMO: Pontone del Cavallaro
RICOGNIZIONI: 7-10-1994
OGGETTO:Resti di murature.
LOCALIZZAZIONE: Nella proprietà privata delimitata a N dal fosso Selva di Mezzo e a SE
dal fosso Salerco.
IGM: 143 II SE
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Sono visibili, in un'area di ridotte dimensioni, frammenti fittili e resti
murature in mattoni e tegole, con letti di malta di natura tufacea piuttosto alti.
BIBLIOGRAFIA: G.F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972,
pp. 46 - 47.
OSSERVAZIONI: La ricognizione dei campi in questa proprietà privata non è stata effettuata
in quanto non consentita dai proprietari. L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era
utilizzata a scopo agricolo
(IT)
LOCALITÀ PIANO DI LUCCIANO
Schede nn. 85
La località prende il nome da uno dei pagi del territorio, disposti lungo i percorsi che
si dirigevano a Falleri. Il pagus di Lucciano era forse uno dei più notevoli, munito di
cinta e di vallo. E’ evidente il valore agricolo di questi centri che misuravano i percorsi
tra i poli maggiori (Castel S. Elia, Sutri, Nepi, Corchiano), ma notevole anche la loro
funzione di raccordo e di difesa.
L’estensione ipotizzata è quella compresa tra il Rio Fratta a Nord e il Sorcello a sud.
Sembra fosse attraversato da una strada antica che si dirigeva verso San Silvestro.
I resti di cunicoli rinvenuti nella ricognizione potrebbero essere legati alle sistemazioni
idrauliche legate alla vita del pagus.
(IT)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A.PASQUI R.MENGARELLI 1972, p. 50
Schede di ricognizione
85
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Borghetto
LOCALITA'/TOPONIMO:
107
RICOGNIZIONI: 14-11-1994
OGGETTO:Cunicolo idraulico
LOCALIZZAZIONE: Fosso di Lucciano a NO, Strada Statale 315 ad E.
I.G.M.: 138 III SO
C.T.R.: 356060 Magliano Sabina
DESCRIZIONE: Percorrendo il diverticolo di accesso alla cava FIOMAR, si nota a sinistra
sulla parete del pianoro di Piano di Lucciano, un doppio cunicolo sovrapposto, con medesima
direzione, orientato S-SE/N-NO, verso il Fosso di Lucciano (dimensioni: alt. tot. m 1,60; larg.
m 0,50).
(IT)
LOCALITÀ MACCHIA FRULLANI
Scheda nn. 56
La località Macchia Frullani prende il nome da un antico Pagus, situato sul percorso
che conduceva da Falerii Novi a Corchiano e “controllava” il passaggio sul rio Cruè.
Nella zona immediatamente a S del km. 9 della S.P. Quartaccio, sulla riva sinistra del
Rio Crué, Cozza e Pasqui notavano ancora in situ resti di un ponte che, scavalcando il
fosso, raccordava un percorso viario proveniente da Falerii Novi, alla antica via
Corchiano-Gallese. In connessione con tale ponte, veniva dagli stessi Autori segnalata
la presenza di altre strutture, quali un "lastricato di tufi" cui era sovrapposta una
"gettata di calcestruzzo", resti di un "acquedotto" e la "fondazione di una fontana".
Un diverticolo a E del ponte saliva, al piano che Cozza e Pasqui menzionano come
comunemente denominato "Macchia Frullani", sito di un antico insediamento. Già alla
fine del secolo scorso rimaneva soltanto qualche traccia dell’abitato, testimoniato da
resti di opere difensive a blocchi di tufo sovrapposti e dal taglio artificiale della rupe.
I resti individuati nella ricongnizione confermano l’importanza di questo insediamento
sul percorso che da Falerii si congiungeva alla viabilità Corchiano Gallese -. L’arco
cronologico di vita è sicuramente ampio, come attesta il probabile riuso di tombe a
camere in epoca cristiana, adattati a luoghi di culto e raccolta dei fedeli.
(IT)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, p. 208, fig. 140; p. 377, fig. 213; V. FIOCCHI NICOLAI 1988;
M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39. CENTRO DI CATALOGAZIONE DEI
BENI CULTURALI, Contributi allo studio di fattibilità della direttrice viaria Civita
Castellana - Viterbo, Viterbo, 1985.
Schede di ricognizione
56
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: S. Francesco (Macchia Frullani)
108
RICOGNIZIONI: 11-10-1994
Si sono individuare 4 nuclei (A,B,C,D) di resti archeologici
A) Ponte
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a SO, Strada Provinciale Quartaccio a N,
Rio Crué a S, sul diverticolo della Strada Provinciale Cenciano in prossimità del ponte che
scavalca il Rio, sulla sponda N del Rio Cruè.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: Sulla sponda N del Rio Crué è conservata la spalla sinistra di un ponte in
blocchi squadrati di tufo, in parte inglobata nella costruzione del ponte moderno; sono visibili
almeno quattro filari di blocchi.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata come ricovero di
attrezzi agricoli
B) Muro in opera quadrata
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a SO, Strada Provinciale Quartaccio a N,
Rio Crué a S, sul diverticolo della Strada Provinciale Cenciano in prossimità del ponte che
scavalca il Rio, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 162,0
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: Sul lato E della Strada Provinciale di Cenciano è visibile un tratto di muro
costituito da un’unica assise di quattro grossi blocchi (cm 90 x 70 circa ciascuno) di tufo
alloggiati sul banco naturale tagliato a piano inclinato.
INTERPRETAZIONE: Si tratta dei resti delle mura di difesa dell'antico pagus di Macchia
Frullani
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata come ricovero di
attrezzi agricoli
C) Ambienti scavati nel costone tufaceo.
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a SO, Strada Provinciale Quartaccio a N,
Rio Crué a S, sul diverticolo della Strada Provinciale Cenciano in prossimità del ponte che
scavalca il Rio. Lungo il costone N del Rio Crué, attraversato il ponte, si dipartono verso O
due viottoli.
Sul viottolo a S, a ca. m 60 dall’incrocio.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: Qui ha inizio il costone tufaceo che presenta da E a O una facciata a portico
con pilastro centrale, in gran parte perduto, sotto la quale la parete sembra lavorata (accesso?);
piccola edicola ogivale; tracce di lavorazione sulla parete; grande piazzale quadrangolare
ricavato nella rupe con, a destra, serie di gradini che salgono verso la sommità del costone; sul
piazzale si aprono gli accessi di due grandi ambienti "a galleria", il primo con pianta a Y (ca. m
109
10 x 4) ed il secondo con pianta rettangolare (ca. m 18 x 7), coperti con volta a botte e tra loro
comunicanti.
INTERPRETAZIONE: La tipologia degli ambienti e la presenza dell'arcosolio scavato nel
costone richiamano gli impianti delle catacombe (cfr. ad esempio le catacombe di Falerii Novi
in V. FIOCCHI NICOLAI 1988), in questo caso forse installate in tombe a camera di epoca
precedente (A. Ciarrocchi, Da Falerii Novi a Civita Castellana: Storia altomedievale di un
recupero insediativo, p. 21 nota 116)
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata come ricovero di
attrezzi agricoli
D) Tomba e altri 3 ambienti
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a SO, Strada Provinciale Quartaccio a N,
Rio Crué a S, sul diverticolo della Strada Provinciale Cenciano in prossimità del ponte che
scavalca il Rio. Lungo il costone N del Rio Crué, attraversato il ponte, si dipartono verso O
due viottoli. Il viottolo a N..
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: Proseguendo in direzione OE si individuano una tomba a camera con loculi
sezionata (inaccessibile) lunga ca. m 7; tre ambienti "a galleria" di grandi dimensioni scavati nel
tufo, a pianta rettangolare e volta a botte, disposti in sequenza con andamento NO/SE, di cui
quello centrale (m 25 x 3,5), l'unico accessibile, mostra al centro della parete di fondo
un'apertura attualmente chiusa da una piccola porta. Il margine meridionale del viottolo a N e
parte del lato occidentale del diverticolo della Strada Provinciale Cenciano sono delimitati da
muri costituiti da blocchi di tufo di grandi dimensioni, di reimpiego.
INTERPRETAZIONE: L'area sembra avere avuto una destinazione funeraria, tranne i tre
grandi ambienti "a galleria" indicati al punto E, che potrebbero avere avuto la funzione di
cisterne, vista la presenza di un'apertura, forse un cunicolo, sulla parete di fondo di quello
centrale.
BIBLIOGRAFIA: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI
1972, p. 208, fig. 140; p. 377, fig. 213; V. FIOCCHI NICOLAI 1988; M. A. DE LUCIA
BROLLI 1991, p. 39.
OSSERVAZIONI: : L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata come ricovero
di attrezzi agricoli Proseguendo sul viottolo settentrionale, si raggiunge un pianoro dove era
ubicato il pagus segnalato in G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, p. 208, fig. 140, che non è stato possibile raggiungere, dato che l'area è
compromessa da una villa di recente costruzione. Si veda anche M. A. DE LUCIA BROLLI
1991, p. 39.
(IT)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella
scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione descritta limitatamente ai punti A, C e
D. Non è risultato accessibile il punto E a causa di vegetazione infestante la quale ha limitato la
visibilità e quindi l’individuazione anche del punto B.
(PP)
110
LOCALITÀ GROTTA PORCIOSA
Schede nn. 58
In località Grotta Porciosa è stato identificato uno degli insediamenti falisci minori,
nel territorio di Falerii, che avevano la funzione di avamposto e di controllo del
territorio. In particolare Grotta Porciosa, situato a Sud del Rio Fratta, tra Falerii e
Corchiano presidiava il nodo viario nevralgico in questa zona. Da qui, infatti,
avevano origine tre strade: una si dirigeva ad est verso il Tevere, mentre le altre due
erano dirette ad ovest e si connettevano con la strada Falerii Veteres -Gallese e Falerii
Veteres- Corchiano.
L’oppidum, avamposto fortificato di Falerii, declina dopo la conquista romana della
città. Individuata nell’800 e poi descritta nella Carta Archeologica d’Italia e indagata
topograficamente dalla scuola britannica negli anni 50,
l’area attesta una
frequentazione dall’epoca tardo falisca in base ai frammenti ceramici rinvenuti nelle
ricognizioni.
Naturalmente fortificato nei lati nord e sud, l’insediamento era delimitato sui versanti
est e ovest da un fossato e muri in opera quadrata, dei quali sono visibili solo alcuni
resti di blocchi di tufo
Un’accurata indagine archeologica condotta nel 2007 in vista di un ampliamento di
una cava di tufo nella zona ha portato alla luce una complessa area sacra legata al culto
di divinità infere, che conferma nel range cronologico individuato la cronologia
dell’insediamento.
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A.PASQUI R.MENGARELLI 1972, pp. 50-51, fig. 43 , 276; M. W. FREDERIKSEN - J. B.
WARD PERKINS 1957, p. 172; MOSCATI 1985, p. 94; DE LUCIA BROLLI – E.
Cirelli, Un culto ctonio nell’hinterland di Falerii, in H. di Giuseppe – M. Serlorenzi, I
riti del costruire nelle acque violate, Atti del Convegno, Roma 2010, pp. 343-58.
OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994 l’area è in stato di
abbandono e di degrado. La tagliata e le tombe sono rimaneggiate e adibite ad altro
uso, si vedono tracce di scavi clandestini. L’area di frammenti fittili rinvenuta è
riferibile ai resti di queste frequentazione.
(IT)
DATI ARCHIVISTICI
Presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria
Meridionale è conservata la notizia del rinvenimento nel 1972 di due tombe a camera
con loculi parietali, in origine sigillati da iscrizioni falische, già note nel Corpus
Inscritptionum Etruscarum, ma considerate perse e pertinenti alla gens Aratia152.
Si veda a tal proposito StEtr XLI, 1973, pp. 541 s. e S. Renzetti Marra in StEtr 1974, pp. 355-357, tav.
LVIII-LIX. La notizia è pubblicata anche nel Repertorio degli scavi.
152
111
(MCB)
Schede di ricognizione
58
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Borghetto
LOCALITA'/TOPONIMO: Grotta Porciosa (Le Monache)
RICOGNIZIONI: 7-10-1994
Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Strada comunale Borghetto - Corchiano a N, Fosso Pian di Luca a S.
IGM: 137 II SE
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Subito a N del fosso è stata individuata un'area cosparsa di una modesta
quantità di frammenti fittili, in prevalenza frammenti di tegole e di anfore.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
OSSERVAZIONI: Cfr. scheda di vincolo n. 12/00469833
(IT)
LOCALITÀ CASALE CIOTTI
Schede nn. 50, 63
La località Casale Ciotti prende il nome dal casale costruito sull’antico tracciato della
via Flaminia, che fino al XVIII secolo è stato una stazione di posta e cambio cavalli.
Sulle antiche mura una meridiana di fine ‘600, ancora visibile lungo la parete sud della
costruzione, stava ad indicare la chiusura delle porte mezz´ora dopo il tramonto.
Attualmente la zona è un quartiere artigianale, dove i rinvenimenti di frammenti
ceramici sparsi, senza particolare concentrazione, testimoniano l’antica frequentazione
di epoca romana.
Schede di ricognizione
50
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Zona artigianale (Casale Ciotti)
RICOGNIZIONI: 4-10-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Casale Ciotti a N.
112
IGM: 143 I NE
C.T.R.. 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: E' stata individuata un'area caratterizzata da una forte
concentrazione di anfore e di frammenti di laterizi (tegole, mattoni), oltre a qualche
frammento di dolio.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo
agricolo
I.T.
63
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE:
LOCALITA'/TOPONIMO: Gabelletta (Casale Fontana Matuccia)
RICOGNIZIONI: 11-10-1994
Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Via Flaminia ad E, Strada Provinciale Quartaccio a N, Strada
Provinciale Cenciano ad O, la nuova Superstrada a S, in corrispondenza dell’indicazione del
punto altimetrico C.T.R. 145,1.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
UTILIZZO ATTUALE: Agricolo
DESCRIZIONE: Sul crinale O della collina si nota un’area caratterizzata dalla presenza di
numerosi frammenti di laterizi e ceramica d’uso comune; non si rinvengono frammenti di
ceramica fine nè tracce di strutture murarie.
(IT)
BIBLIOGRAFIA: A. PASQUI 1887a, pp. 92 - 100; M. W. FREDERIKSEN - J. B. WARD
PERKINS 1957, p. 150; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, pp. 66 - 68.
LOCALITÀ BORGHETTO
Schede nn. 84, 86, 87
La località Borghetto è una frazione di Civita Castellana compresa tra la ferrovia
Roma-Viterbo, l’autostrada del Sole e il tracciato della statale Flaminia. L’area è
dominata dal Castello di Borghetto, risalente probabilmente al sec. XII, edificato ad
opera degli abati di S. Maria in Falleri, a presidio e controllo dell’importante tracciato
viario della Via Flaminia, che passava in questa zona provenendo da Civita Castellana
e proseguiva poi attraversando il Tevere secondo un percorso che ricalcava in questo
punto la via Tiberina.
I rinvenimenti nell’area ne attestano la frequentazione fin da epoca antica, ma non
consentono una interpretazione della loro origine.
(IT)
113
DATI BIBLIOGRAFICI: G. MESSINEO – A. CARBONARA 1993, pp. 154-156
DATI ARCHIVISTICI
Più che non ai dati archivistici, dobbiamo appoggiarci in questo caso alle osservazioni
fatte dagli antiquari locali. Il Del Frate ricorda infatti come: “lasciato il castello [di
Borghetto, NdA], a destra, troveremo un sentiero che sale ripido per campi conducenti
ai Comunali di Borghetto, località ove pochi anni addietro si scoprì un’antica tomba
ben conservata, scavata nel tufo, sulle cui pareti appariscono incise otto lunghe
iscrizioni in lingua etrusca”153. Purtroppo al momento non si hanno altre notizie in
merito a questa scoperta e solo ulteriori approfondimenti potranno forse esserci
d’aiuto nel posizionare ed inquadrare storicamente meglio questo rinvenimento.
(MCB)
Schede di ricognizione
84
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Borghetto
LOCALITA'/TOPONIMO:
RICOGNIZIONI: 14-11-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Lungo la Strada Statale 315, al Km 0,500, Stazione Ferroviaria F.S. ad
E.
I.G.M.: 138 III SO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Ad E e ad O della strada Statale, si rinviene un’area di radi frammenti fittili,
costituiti da laterizi e ceramica d’impasto; nel campo ad O si nota una prevalenza di frammenti
di periodo arcaico.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a seminativo
(IT)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza di frammenti fittili solo sul lato
Ovest della S.S.315
(PP)
86
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Borghetto
LOCALITA'/TOPONIMO: Antica Stazione di Posta.
153
DEL FRATE 1898, p. 72.
114
RICOGNIZIONI: 14-11-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Ferrovia Direttissima Roma - Firenze ad E, casale dell' antica Stazione
di Posta ad O, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 43,7.
I.G.M.: 138 III SO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Si rinviene un’area circoscritta di frammenti fittili, per la maggior parte
costituiti da laterizi, anche di grandi dimensioni, e ceramica d’impasto. L’assenza di ceramica
verniciata e la presenza di ceramica invetriata, pongono il dubbio che il sito possa avere avuto
una frequentazione anche in epoca molto antica.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a seminativo.
(IT)
87
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Borghetto
LOCALITA'/TOPONIMO:
RICOGNIZIONI: 14-11-1994
OGGETTO:Area con frammenti di basoli sparsi.
LOCALIZZAZIONE: Ferrovia Direttissima Roma - Firenze ad E, vecchia linea ferroviaria
F.S. ad O, lungo il lato E della strada vicinale che costeggia la vecchia linea ferroviaria.
I.G.M.: 138 III SO
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: A ca. m 200 in direzione S dal punto in cui la strada vicinale è scavalcata
dalla Ferrovia Direttissima, si evidenziano una serie di frammenti di basoli di leucite, adossati
lungo il margine E della strada ed accatastati accanto ai piloni della Ferrovia Direttissima, senza
peraltro individuare altri elementi di rilievo che siano utili per una interpretazione certa di
questa presenza.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a seminativo
(IT)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di 3 frammenti di basoli
raggruppati intorno ad uno dei piloni della sopraelevata ferroviaria.
(PP)
LOCALITÀ PIANOTENTO – GAETUFO
Schede nn. 51, 55, 61, 62
La località Pianotento è situata su una vasta area pianeggiante delimitata a N dalla Via
Quartaccio, a E e a S dalla Strada Statale 311, a O dalla Via di Corchiano.
115
La località è nota per i ritrovamenti archeologici sin dai primi del '900. Infatti durante
gli scavi effettuati nel 1907 da D. Vagleri nel terreno di proprietà delle Sorelle Andreini
in Vanni, fu rinvenuta una tomba databile al III sec. a.C.. Le ricognizioni effettuate nel
1994 nell'area a ridosso della Via Quartaccio hanno evidenziato la presenza di strutture
murarie e di materiale archeologico di superficie, emergente durante le arature e le
lavorazioni agricole, che fanno presupporre la presenza di una villa rustica la cui
frequentazione si articola in età imperiale. A poca distanza sono stati inoltre
individuati alcuni ambienti scavati nel tufo, la cui originaria destinazione non è
ipotizzabile in quanto profondamente rimaneggiati e utilizzati attualmente come
deposito. Allontanandosi dalla via Quartaccio in direzione S sono stati notati numerosi
frammenti di basoli.
(AN)
DATI BIBLIOGRAFICI: Sul ritrovamento di questa tomba si hanno brevi notizie
edite da D. VAGLIERI, in Notizie degli Scavi di Antichità 1907, pp. 731 - 732 e da E.
STEFANI nel volume del 1911, p. 253, che ipotizza che il sepolcro faccia parte di
nuclei di necropoli dislocati lungo il collegamento tra Falerii (Civita Castellana) e
Corchiano.
OSSERVAZIONI: La tomba scavata dal Vaglieri non è attualmente visibile.
DATI ARCHIVISTICI (M. Cristina Biella)
Presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma (Pratiche di
tutela – 291/5) sono conservati alcuni documenti redatti da D. Vaglieri e relativi allo
scavo nel 1907 di una tomba a camera con 13 loculi, databile, sulla base dei materiali
rinvenuti, nel III sec.a.C. Oltre all'elenco dei reperti la documentazione comprende
anche la planimetria della struttura sepolcrale indagata (Allegato archivistico n. 01). Lo
scavo fu eseguito nel terreno di proprietà delle Sorelle Andreini in Vanni.
(MCB)
Schede di ricognizione
A51
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Pianotento (La Vaccareccia)
RICOGNIZIONI: 4-10-1994
OGGETTO: Lacerti di basolato
LOCALIZZAZIONE: Campi compresi tra la strada provinciale Quartaccio a N, la tangenziale
di Civita Castellana a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 153,2.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: Nella zona sono presenti numerosi frammenti di basoli.
116
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella
scheda di ricognizione 1994, non ha confermato la presenza dei lacerti di basolato descritti.
(PP)
A55
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: S. Silvestro
RICOGNIZIONI: 5-10-1994
OGGETTO: Strada (?)
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Quartaccio a S, Fosso delle Sorcelle a N, Strada
Provinciale Cenciano a O; presso il Fosso Passo Rosario a S, in corrispondenza del punto
altimetrico C.T.R. 143,5.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: In corrispondenza dei due casali a valle del pendio, si osserva una fascia
lunga ca. m 100 che, a partire dal fosso dove si allarga a formare una "piazzola", si protende
verso O. Si tratta di una striscia composta di arenaria, tufo biancastro e malta bianca (?). Si
rinvengono inoltre rarissimi frammenti di ceramica comune, un'ansa di anfora ed un
frammento di tegola di impasto del tipo II fase. Circa m 100 più a O sono visibili altre due
chiazze dello stesso tipo. In prossimità di un piccolo ponte che scavalca il Fosso Passo Rosario
sul suo lato N, si nota un accumulo di blocchetti di tufo addossati alla recinzione di confine in
direzione NS.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
A61
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Gaetufo
RICOGNIZIONI: 11-10-1994
OGGETTO: Resti di strutture murarie di età romana con area di frammenti fittili (villa?)
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Cruè a S, strada vicinale a O, in
corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 150,4.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: In corrispondenza dei pali della vecchia linea elettrica, a ca. m 65 dalla
cabina elettrica, sono visibili resti di strutture murarie intercettate e distrutte dalle arature e dalle
lavorazioni agricole in tempi recenti. Si tratta forse di fondazioni, costituite da scaglie di tufo e
tegole unite da malta. Intorno, in tutta l'area, sono visibili molti laterizi (frammenti di tegole,
mattoni di spicatum, frammenti di dolia, un frammento di fistula fittile) e ceramica in quantità
117
minore (ceramica fine: un frammento di vernice nera, frammenti a pareti sottili, sigillata italica;
ceramica comune). In particolare è visibile un grosso conglomerato di malta e tufi, nel quale è
inglobato un frammento di parete di sigillata italica.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella
scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza sulla superficie del fondo solo di rari
frammenti fittili relativi a tegole e di frammenti di tufo.
(PP)
A62
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Pianotento (Macchia Frullani)
RICOGNIZIONI: 11-10-1994
Si sono individuate due aree A e B, interessate da resti archeologici:
A) Ambienti scavati nel tufo
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Cruè a SE, Strada Provinciale
Cenciano a O, a circa m 150 ad E del punto altimetrico C.T.R. 160,1
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: A O del casale, si osserva, fittamente ricoperto di rovi, un ambiente scavato
nel tufo, di pianta pressoché ovale (m 5 x 2), con soffitto piano ribassato in prossimità delle
pareti, che si presentano lavorate in maniera irregolare e prive di loculi. All'esterno, la parete
sinistra presenta due incassi rettangolari sovrapposti, disposti orizzontalmente, ed un terzo
incasso rettangolare disposto verticalmente a sinistra dei precedenti. A destra di questo
ambiente, a ca. m 1,50, sulla parete tufacea si apre, ad una quota leggermente inferiore, un
secondo ambiente di forma quadrangolare con porta arcuata a tutto sesto, soffitto piano e
pareti accuratamente lavorate, prive di loculi; sulla parete di fondo, all'angolo con la parete
sinistra, si apre una "semiporta" arcuata che sembra portare ad un altro ambiente, attualmente
inaccessibile.
OSSERVAZIONI: gli ambienti, al momento delle ricognizioni del 1994, erano utilizzati come
deposito di attrezzi agricoli
B) Area di frammenti fittili.
LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Cruè a SE, Strada Provinciale
Cenciano a O, lungo il Rio, a N del punto altimetrico C.T.R. 154,5.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: Area di frammenti fittili sparsi soprattutto nella fascia N dell'area, mentre la
118
zona lungo il Rio Cruè restituisce pochissimo materiale. Si rinvengono frammenti di tegolame,
di bacili di impasto e grossi contenitori in ceramica comune, un frammento di balsamario di
invetriata. La quantità dei frammenti è comunque modesta e non si osservano resti di strutture.
OSSERVAZIONI: gli ambienti scavati nel tufo non sono identificabili con la tomba rinvenuta
nel 1907. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo di tipo agricolo.
(AN)
LOC GABELLETTA
Scheda n. 63
Al toponimo Gabelletta corrisponde un'ampia zona pianeggiante, ancora a
destinazione prevalentemente agricola anche se situata a breve distanza dalla via
Flaminia moderna e dalla zona artigianale. Durante le arature affiorano consistenti
frammenti fittili riferibili con tutta probabilità ad una villa rustica di età imperiale in
collegamento con la via Flaminia.
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI: A. PASQUI 1887a, pp. 92 - 100; M. W. FREDERIKSEN J. B. WARD PERKINS 1957, p. 150; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A.
PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 66 - 68.
Schede di ricognizione
A63
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Gabelletta (Casale Fontana Matuccia)
RICOGNIZIONI: 11-10-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Via Flaminia ad E, Strada Provinciale Quartaccio a N, Strada
Provinciale Cenciano ad O, la nuova Superstrada a S, in corrispondenza
dell’indicazione del punto altimetrico C.T.R. 145,1.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: Sul crinale O della collina si nota un’area caratterizzata dalla
presenza di numerosi frammenti di laterizi e ceramica d’uso comune; non si
rinvengono frammenti di ceramica fine nè tracce di strutture murarie.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo
agricolo.
(MM)
119
LOCALITÀ MONTE COCCIOLO – VIA NEPESINA
Schede nn. 79, 80
La località Monte Cocciolo è una modesta altura situata poco fuori il centro di Civita
Castellana, immediatamente a nord della via Nepesina. Questa coincide in parte con
un antico tracciato stradale, probabilmente di origine falisca ma riutilizzato dai romani,
che da Falerii Veteres si dirigeva verso sud-ovest in direzione di Nepi.
Attraversato il Rio Maggiore forse in corrispondenza del moderno ponte di Terrano,
proseguiva attraverso le alture oggi comprese nella tenuta di Terrano, con una tagliata
viaria incisa nel tufo e orientata NE-SO, lungo le pareti della quale si aprivano tombe a
camera e a loculo. Nonostante gli stravolgimenti apportati in età moderna, alcune di
queste tombe, riutilizzate come cantine e ricoveri per animali, sono ancora
parzialmente conservate sotto un gruppo di casali a nord della via Nepesina.
Poco distante un’area di frammenti fittili fra cui si evidenziano resti di laterizi romani è
forse da mettere in relazione ad un nucleo di sepolcro in calcestruzzo visto da Pasqui
alla fine del XIX secolo.
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, pp. 266 – 267,. 374 - 375, fig. 211; P. MOSCATI 1985a, p. 95.
Schede di ricognizione
A79
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Via Nepesina
RICOGNIZIONI: 07-11-1994
OGGETTO: Necropoli rupestre
LOCALIZZAZIONE: Al Km 14,900 della strada Statale Nepesina, n.c. 24a, m 260 a N
dall’ingresso sulla via
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Nel banco tufaceo sono state individuate alcune tombe a camera con loculi
scavati nelle pareti, di cui solo tre risultano accessibili. La presenza, lungo la parete tufacea, di
accessi forniti di porte, consente di ipotizzare l’esistenza di altre tombe, allineate con le
precedenti.
OSSERVAZIONI: Utilizzo al momento della ricognizione del 1994: Abitazione, rimessa,
ricovero per animali, cantina.
(MM)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione descritta. Non si osservano
cambiamenti strutturali nell’immobile edificato sopra le tombe, i cui ingressi visibili sono però
2 e non 3.
(PP)
120
A80
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Monte Cocciolo
RICOGNIZIONI: 07-11-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Strada Statale Nepesina Km 14,300, numero civico 30, a m 140 a SE
dall’ingresso sulla via
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Nei campi sul lato destro del casale si rinviene un’area di sporadici
frammenti fittili costituiti da laterizi, ceramica d’uso comune e d’impasto.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo a
seminativo.
(MM)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non ha confermato le presenze descritte nel sito, tenendo
comunque conto della presenza di bassa vegetazione da coltivazione al momento del
sopralluogo.
(PP)
LOCALITÀ SELVA DI MEZZO
Schede nn. 57, 66
La località Selva di Mezzo, come rivela il toponimo, è costituita da un ripido plateau
tufaceo, probabilmente un tempo di natura boschiva, delimitato dai fossi Pian di Luca
(a nord) e delle Sorcelle e Selva di Mezzo (a sud-est).
Sull’altura alla confluenza dei fossi, numerosi rinvenimenti attestati nel tempo
sembrerebbero provare l’esistenza di un pagus, risalente ad età preromana (come
sostenuto dagli autori della Forma Italiae) ed abitato fino al medievo inoltrato, come
testimonia la presenza di una torre e resti di difese murarie oltre ai piloni di un ponte
medievale presso il c.d. Pontone del Cavallaro.
Antico sembrerebbe invece un fossato, largo m 8 e profondo 6, che difendeva
l’abitato verso E, congiungendo le rive dei due torrenti, delimitato da una muratura a
piccoli blocchi di tufo messi di testa. Resti della stessa opera muraria difensiva si
trovano lungo gli altri lati del pianoro, che doveva essere cinto interamente, e in
corrispondenza di due imponenti strutture (bastioni?) a picco sui fossi Sorcello e
Paciano, conservate per un alzato di 6 filari, fra i quali si ipotizza fosse la porta
d’accesso al villaggio. Sul pianoro di tufo furono visti alla fine dell’Ottocento i resti di
un tracciato stradale su rialzo tufaceo, con ai lati file di abitazioni in parte scavate nella
roccia e in parte costruite. Il pagus era probabilmente accessibile solo dal lato del
fossato per mezzo di un diverticolo proveniente dalla Flaminia. Infatti lungo la forra
121
presso il rio Sorcello si conservano tratti di una tagliata viaria che costeggiava il fosso,
che potrebbe costituire il tratto di questa strada più vicino all’insediamento, ai lati della
quale si aprivano numerose tombe a camera scavate nel tufo e cunicoli idraulici.
Dell'insediamento d’età romana, resta oggi visibile solo una vasta area di frammenti
fittili. Sono comunque attestati sporadici rinvenimenti di murature romane e di
frammenti di una fistula plumbea sul pianoro di Selva di Mezzo (1954) e dei resti di
una villa romana con mosaici nella vicina località Piani di Luca (1955).
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI 1972, pp. 46, fig. 42; 52; 378, fig. 214; M.W. FREDERIKSEN - J.B.
WARD PERKINS 1957, p. 154; Repertorio degli scavi, 1 (1939-1965), pp. 35-36.
Schede di ricognizione
A57
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE: Borghetto
LOCALITA'/TOPONIMO: S. Silvestro (Pontone del Cavallaro)
RICOGNIZIONI: 7-10-1994
Si sono individuate tre aree A, B, C interessate da resti archeologici
A) Ponti sul fosso Selva di Mezzo (1?) ponti
LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Fosso di Selva di Mezzo e il Fosso di Valle
Cocomerina.
IGM: 137 II SE
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Lungo il margine N del fosso Selva di Mezzo, poco dopo la grande ansa del
fosso, è visibile un ponte in conglomerato cementizio con fornice in conci di tufo,
probabilmente medievale, da ricollegare alla vicina torre.
OSSERVAZIONI: nel 1994 area Boschiva
B) Tratti di tagliata viaria
LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Fosso di Selva di Mezzo e il Fosso di Valle
Cocomerina.
IGM: 137 II SE
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Lungo il fosso Selva di Mezzo sono visibili su entrambi i costoni, tracce di
tagliate su più livelli, probabilmente da ricollegare a necropoli.
OSSERVAZIONI: nel 1994 area Boschiva
122
C) Cunicolo idraulico
LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Fosso di Selva di Mezzo e il Fosso di Valle
Cocomerina.
IGM: 137 II SE
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Lungo una delle tagliate sopra descritte, è stato individuato un cunicolo
idraulico tagliato.
OSSERVAZIONI: nel 1994 area Boschiva
(MM)
A66
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Selva di Mezzo
RICOGNIZIONI: 19-10-1994
Si sono individuate due aree A e B interessate da resti archeologici:
A) Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fosso Pian di Luca a N, Fosso delle Sorcelle a S ed a E, confine del
Comune a O, nell’area circostante il casaletto situato sul pianoro di Selva di Mezzo, in
corrispondenza del punto altimetrico C.R.T. 152,1.
I.G.M.: 137 II SE
C.T.R.: 356050 Corchiano
DESCRIZIONE: All’estremità NE del pianoro è stata individuata un’area piuttosto ampia
caratterizzata dalla presenza di frammenti sparsi di laterizi, anfore, ceramica d’impasto ed
acroma, sigillata italica e ceramica a vernice nera.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo a
Seminativo
B) Necropoli rupestre
LOCALIZZAZIONE: Sul costone prospiciente il Fosso delle Sorcelle, in corrispondenza della
torre medievale e del punto altimetrico C.R.T. 134,7.
I.G.M.: 137 II SE
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Nel costone di tufo sono scavate alcune tombe a camera, attualmente
irraggiungibili; due di queste presentano una apertura di forma rettangolare.
OSSERVAZIONI: l’area al momento della ricognizione del 1994 era incolta
(MM)
123
LOCALITÀ TENUTA SANTA LUCIA
Scheda n. 27
La tenuta si trova a ovest della della via Flaminia, in un contesto prevalentemente
agricolo.
Nella località sono segnalate presenze archeologiche superficiali relative ad un
insediamento romano che sembra perdurare dall'età repubblicana fino a quella
imperiale, con sporadiche attestazioni di materiali di età arcaica. Nel 1971 presso il
casale della tenuta è stata rinvenuta una piccola tomba a camera con loculi parietali,
successivamente reinterrata.
Il sito è prossimo all'antico tracciato della via Flaminia e non lontano dal monte
dell'Osteriola dove recenti studi localizzano la statio di Aquaviva, menzionata
dall'Itinerario Gerosolimitano 12 miglia dopo la statio ad vicesimum, cioè intorno al km
46,5 della via Flaminia.
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI: Repertorio degli scavi (1971-1975), p. 84; Messineo –
Carbonara, p. 131.
Schede di ricognizione
A27
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE:
LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta S. Lucia (Scuola rurale)
RICOGNIZIONI: 23-09-1994
Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Casali della tenuta a NO, Fosso di Stabia ad O, via per Faleria a S-SO,
all'altezza del km 47,000 della via Flaminia
IGM: 144 IV NO
C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori
DESCRIZIONE: Sull'altura più occidentale, prospiciente il fosso, è stata individuata un'area di
frammenti costituita da numerosi laterizi (tegole e mattoni), malta, tessere musive e ceramica
comune. Nelle pendici tra le due alture sono visibili frammenti sparsi di anfore, ceramica
comune, sigillata, dolia, laterizi; oltre alla ceramica di età romana si notano rari frammenti di
impasti più antichi.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(MM)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non ha confermato le presenze di frammenti fittili descritte.
(PP)
124
III.4. LA VIA AMERINA E IL SUBURBIO DI FALERII NOVI NEL TERRITORIO DI CIVITA
CASTELLANA
VIA AMERINA
Schede nn. 71, 72, 81, 82.
La via Amerina, ultimata nella seconda metà del III secolo a.C. in seguito alla
progressiva conquista romana del territorio falisco, con un tracciato di sole 56 miglia,
come evidenzia Cicerone nella orazione in difesa di Sestio Roscio, venne a costituire il
più rapido asse di penetrazione verso l’Umbria.
Il suo percorso è tracciato nella Tabula Peutingeriana: diramandosi dalla via Cassia in
prossimità della mansio di Baccano, passava per Nepi, Falerii Novi, Castellum Amerinum,
in prossimità di Orte e giungeva fino ad Ameria (odierna Amelia), da cui prendeva il
nome, e successivamente proseguiva per Perusia. Utilizzando e regolarizzando tracciati
stradali preesistenti, la via, interamente pavimentata con lastricato in leucitite o
trachite, univa i principali centri con tratti rettilinei avvalendosi di importanti opere di
ingeneria come tagliate stradali e ponti, dove lo richiedeva la morfologia del territorio.
Una serie di diverticoli laterali collegavano l’Amerina alle principali vie del territorio,
Cassia, Flaminia e Tiberina. Ancora in piena attività nel V-VI secolo d.C., come hanno
dimostrato recenti scavi nel Cavo degli Zucchi, l’Amerina acquistò rinnovata
importanza nell'alto medioevo, quando, ricaduto il tratto centrale della via Flaminia nei
territori occupati dai Longobardi, rimase l'unica strada percorribile per raggiungere
l'esarcato bizantino di Ravenna. I numerosi scontri di frontiera avvenuti presso l’asse
viario tra Longobardi e Bizantini si conclusero con il mantenimento del controllo della
strada da parte di questi ultimi e la fondazione di una serie di capisaldi difensivi, come
Ponte Nepesino, cui seguirono nel medioevo torri e fortificazioni di vedetta alla
strada.
A sud di Falerii Novi, lungo il confine fra i comuni di Civita Castellana, Castel
Sant’Elia, Nepi e Fabbrica di Roma, si conserva un lungo e monumentale tratto
dell’antica via Amerina, in parte corrispondente al tracciato della strada comunale dei
Tre Ponti. In questa zona, caratterizzata da rilievi vulcanici profondamente incisi da
fossi con andamento E-O, la via procede rettilinea con orientamento N-S, tagliando
con viae cavae le alture e superando i fossi con imponenti ponti per mantenere
andamento e livello costanti, dal fosso dell’Isola fino a Falerii Novi, dove penetra nella
città costituendone il cardine principale.
Nel tratto ricadente nel comune di Civita Castellana la via, che conserva in alcuni tratti
il lastricato stradale, largo in media m 2.45, con le sue crepidini e le piazzole di sosta,
corre entro una serie di tagliatee supera tre corsi d'acqua (fosso Maggiore, Rio Calello
e Rio del Purgatorio) per mezzo di ponti ben conservati, costruiti in blocchi di tufo
disposti a secco e databili, insieme a questo tratto dell’Amerina, al periodo successivo
alla distruzione di Falerii Veteres (241 a. C.) e alla fondazione di Falerii Novi (terzo
125
quarto del III secolo a.C.).
Le pareti di tufo ai lati della strada vengono sfruttate ad uso funerario a partire dalla
seconda metà del III secolo a.C. per l'insediamento delle necropoli di Falerii Novi, con
una progressiva espansione ed occupazione degli spazi liberi e delle tagliate lungo i
fossi e con un’articolazione di diverse tipologie di tombe scavate nel tufo (a camera
con vestibolo e caditoia, loculi semplici e ad arcosolio, colombari), affiancate in alcuni
punti da sepolcri a dado, costruiti in blocchi di tufo a secco, e mausolei, talvolta entro
recinti funerari ben delimitati e dotati di cippi ed iscrizioni funerarie. La vita della
necropoli è attestata almento fino al III secolo d.C.
Lungo la via Amerina dovevano gravitare numerosi insediamenti minori e ville
rustiche, collegati ad essa da diverticoli, come dimostra l’individuazione durante le
ricognizioni di numerosi siti caratterizzati da fitta presenza di materiali fittili
superficiali di età romana nei campi prossimi al tracciato stradale.
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. GATTI 1904, p. 151; G. GIACOMELLI 1963, pp. 69 71; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, p.
214, fig. 145 (tav. II, fig. 2), pp. 416-422, figg. 267– 269, 271; M. A. DE LUCIA
BROLLI 1991, pp. 58 - 63, figg. 49 – 52; M. MUNZI, Nuovi dati sulla via Amerina e note
prosopografiche sugli Egnatii di Falerii Novi, in Archeologia Uomo Territorio, 13, 1994, pp. 5163; G. CIFANI - M. MUNZI, Considerazioni sugli insediamenti in Area Falisca: I periodi
arcaico e tardontico, in Settlement and Economy in Italy 1500 BC to AD 1500, Papers of the
Fifth Conference of Italian Archaelogy, Oxford 1995, pp. 387-394; M. A. DE LUCIA
BROLLI - M. L. MICHETTI, in Annali della Fondazione per il Museo «Claudio Faina»,
XII, 2005, p. 381 ss.; L. CARETTA, Via Amerina e necropoli di Falerii Novi: i risultati delle
ricerche in corso, in Atti delle Giornate di studio in ricordo di Mario Moretti (Civita Castellana
2003), Roma 2006, pp. 91-105.
OSSERVAZIONI: Gran parte dell’area è stata negli ultimi anni oggetto di scavo e
ripristino da parte del G.A.R., in collaborazione con la S.A.E.M, costituendo oggi un
parco archeologico – naturalistico.
Schede di ricognizione
A71
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE:
LOCALITA'/TOPONIMO: Mezzano Vecchio (Casa De Feno)
RICOGNIZIONI: 27-10-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Costone prospiciente il Rio del Purgatorio a N, via Amerina (confine
del Comune) ad O, Ruscello Calello a S, in prossimità del casale e del punto altimetrico C.T.R.
200,7.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
126
DESCRIZIONE: Nei campi attorno al casale De Feno si è riscontrata una concentrazione di
materiale fittile (frammenti a vernice nera, anfore, impasto e ceramica acroma).
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
M.M.
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla vegetazione da coltivazione
presente nel sito.
(PP)
A72
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Mezzano Vecchio
RICOGNIZIONI: 27-10-1994
Sono stati individuati due nuclei di resti A e B
A) Mausolei e ponte della via Amerina sul Rio del Purgatorio
LOCALIZZAZIONE: Lungo la Via Amerina, in corrispondenza dell’estremo angolo NO del
Comune formato dalla Via Amerina con la forra del Rio del Purgatorio.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: In prossimità del punto in cui la via Amerina attraversa il Rio del Purgatorio,
sulla sua riva S, si conservano i resti monumentali di due mausolei in opera cementizia di forma
parallelepipeda (altezza conservata oltre m 10), originariamente rivestiti con lastre di travertino
(resti in situ e sparsi nell’area circostante). Il più settentrionale presenta un pozzo centrale,
l’altro conserva una nicchia in facciata. L’area è interessata dalla presenza di numerosi basoli
della via Amerina. Adiacente al mausoleo settentrionale si conservano i resti della spalletta s del
ponte della via Amerina realizzato in blocchi di tufo in opera quadrata a secco; resti dell’altra
spalletta erano ancora visibili alla fine dell’800 presso l’altra sponda del rio Purgatorio (forma
italiae p. 422).
Più a N, nel costone tufaceo, si individuano alcune tombe a camera.
UTILIZZO NEL 1994: Boschivo
B) Necropoli
LOCALIZZAZIONE: Sul lato N del costone prospiciente il Rio del Purgatorio, in prossimità
del confine del Comune ed in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 179,8.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Seguendo il corso del Rio del Purgatorio in direzione E, lungo la riva
meridionale del fiume, si conserva una necropoli con diverse tombe a camera a pianta
complessa. In particolare se ne segnalano una di dimensioni monumentali con volta a botte e
loculi ed un’altra con arcosolio e loculi.
127
UTILIZZO NEL 1994: Boschivo
M.M.
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza dei mausolei e delle strutture
tombali, sia pure scarsamente visibili a causa della vegetazione infestante, la quale ha reso quasi
invisibile e difficoltosamente raggiungibile soprattutto la necropoli descritta su tutto il versante
orientato a Nord che guarda alle mura di Falerii Novi.
(PP)
A81
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Mezzano Vecchio - via Amerina
RICOGNIZIONI: 07-11-1994
Si sono individuate tre aree A, B e C interessate da resti archeologici:
A) Tratto della via Amerina
LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Parco Falisco ad E, a ridosso della via dei Tirreni,
poco a N del punto altimetrico C.T.R. 196,8
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Si conserva un breve tratto della via Amerina, che presenta ancora i basoli in
situ oltre a molti altri divelti.
UTILIZZO 1994: Boschivo
B) Necropoli
LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Parco Falisco ad E, a ridosso della via dei Tirreni,
poco a N del punto altimetrico C.T.R. 196,8
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Lungo i lati della via Amerina si aprono numerose tombe a camera con
loculi e nicchie scavate nel banco tufaceo.
UTILIZZO 1994: Boschivo
C) Ponte della via Amerina sul ruscello Calello
LOCALIZZAZIONE: ruscello Calello a S, poco a N del punto altimetrico C.T.R. 196,8
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
128
DESCRIZIONE Sulla riva N del ruscello Calello, si conservano i resti della spalletta di un
ponte della via Amerina in opera quadrata di blocchi di tufo.
UTILIZZO 1994: Boschivo
OSSERVAZIONI: A) Alcuni basoli sono precipitati nel torrente. B) Le tombe accessibili
sono utilizzate come discarica. C) Alla fine dell’Ottocento del ponte si conservava ancora parte
del fornice, formato da 15 filari cuneati, come documentato dalla Forma Italiae. In base a quanto
visibile allora si ricostruì una luce di m. 3,60, e, in base ai piloni, la larghezza della via a m 6.
(MM)
A82
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Cavo degli Zucchi - Via Amerina
RICOGNIZIONI: 07-11-1994
Si sono individuate quattro aree A, B, C e D interessate da resti archeologici:
A) Tratto di basolato della via Amerina
LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Casale Mesano ad E, Rio Maggiore a S, in
corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 206,4
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: A nord del rio Maggiore si conserva, all’interno della tagliata nel tufo segnata
in cartografia come Cavo degli Zucchi, un tratto ben conservato di strada basolata, orientato
N-S, lungo circa m 30 e largo di media m 2.40-2.45, con crepidini ben conservate su ambo i
lati.
UTILIZZO 1994: Parco archeologico
B) Ponte della via Amerina sul rio Maggiore
LOCALIZZAZIONE: Rio Maggiore, Casale Mesano ad E, in corrispondenza del punto
altimetrico C.T.R. 205,7
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Sulle due sponde del rio Maggiore si conservano i piloni e parte della
struttura arcuata di un monumentale ponte in opera quadrata di tufo, con blocchi disposti a
secco alternativamente di testa e di taglio, parzialmente sommerso dalla vegetazione.
UTILIZZO 1994: Parco archeologico
C) Necropoli
129
LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Casale Mesano ad E, Rio Maggiore a S, in
corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 206,4
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Su entrambi i lati della via Amerina e lungo la sponda settentrionale del rio
Maggiore le pareti tufacee sono intensamente sfruttate per lo scavo di vani sepolcrali di varie
tipologie (loculi arcuati chiusi da tegole, tombe a camera, talvolta con vestibolo e caditoia, con
loculi semplici o ad arcosolio, colombari), fra cui risaltano due monumentali tombe a camera
prospicienti il rio Maggiore, dotate di vestibolo con prospetto a tre archi, e cella quadrangolare
con pilastro centrale. La più notevole delle due, nota come tomba della Regina, presenta ai lati
della porta una decorazione a rilievo raffigurante due scudi.
Per la descrizione puntuale si rimanda da ultimo a: M. A. DE LUCIA 1991, p. 63, figg. 48, 52,
60, 63.
UTILIZZO 1994: Parco archeologico
D) Mausoleo
LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Casale Mesano ad E, Rio Maggiore a S, in
corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 206,4
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: alla fine del cavo degli zucchi, ad est della via, si trovano i resti del nucleo in
calcestruzzo e schegge di tufo di un sepolcro a parallelepipedo a base quadrata di m 2.90 per
lato, originariamente con copertura piramidale mentre sull’altro lato della strada area funeraria
con cippo di peperino con iscrizione di lucius Numisius e resti di un altro sepolcro.
Per la descrizione puntuale si rimanda da ultimo a: M. A. DE LUCIA 1991, p. 63, figg. 48, 52,
60, 63.
UTILIZZO 1994: Parco archeologco
(MM)
NECROPOLI DI TRE CAMINI
Schede 70, 70 bis
La necropoli di Tre Camini è dislocata lungo la strada provinciale Fabrica-Civita
Castellana ed è la necropoli orientale di Falerii Novi, la città di fondazione romana
sorta dopo il 241 a.C. in seguito alla distruzione del vecchio centro falisco. È costituita
da più nuclei di tombe a camera, dei quali i principali sono rappresentati dal gruppo di
sepolcri prospicienti la strada di Terrano – tra i quali spicca la tomba del Peccato – e
da quelli che insistono sulla strada provinciale come la tomba scavata negli anni ’90 da
parte dell’allora Soprintendenza Archeologica per l’Etruria meridionale.
Nota invece fin dai primi decenni dell’800, la Tomba del Peccato (cfr. scheda A70) è
considerata, accanto alle due tombe cd. della Regina sul Fosso Maggiore, alla testa
della serie dei sepolcri rupestri del tipo cd. di Falleri, secondo la classificazione di G.
Colonna che ha proposto per queste strutture una datazione non oltre la fine del III
sec. a.C. I tre monumenti presentano infatti una serie di caratteri comuni, come la
130
cornice della porta e i sedili ai lati di essa.
Dal punto di vista della dislocazione topografica, la tomba del Peccato, pur essendo
ubicata nelle vicinanze dell’area urbana, sembra in realtà essere sorta non tanto in
collegamento con la città di nuova fondazione, quanto su un antico percorso
proveniente da Falerii Veteres, ricalcato successivamente da un tracciato di età
romana. La monumentalità della tomba e la presenza delle sculture fanno pensare che
appartenesse ad una famiglia facente parte degli strati sociali più elevati della nuova
città. Anche la scelta della collocazione della tomba di fronte a Falerii Novi, lungo il
percorso che dalla porta orientale conduceva fino al sito della vecchia città falisca, non
sembra casuale: possiamo infatti interpretare la scelta del sito come espressione della
volontà della gens titolare del sepolcro di evidenziare il proprio prestigio sociale anche
attraverso la sontuosità del suo monumento funebre. Il pianoro soprastante la tomba è
stato forse sede di complessi abitativi di età romana: le ricognizioni del 1994 (v. scheda
A70 C).) sembrerebbero infatti confermare la presenza di un “oppidum diruto ai
tempi della fondazione della colonia falisca”, ipotizzata alla fine dell’800 dagli autori
della Carta Archeologica.
Negli anni 90 è stata invece scavata Tomba di Tre Camini (cfr. scheda A70bis),
purtroppo più volte violata dagli scavatori clandestini: in cattivo stato di
conservazione, presenta un vestibolo che, tramite una stretta caditoia, dà accesso
mediante una ripida gradinata alla camera funeraria, di ampie dimensioni, divisa in due
ali da uno spesso tramezzo e provvista di più ordini di loculi sepolcrali ricavati fino al
soffitto. La tomba è certamente appartenuta a membri di famiglie illustri di Falerii
Novi: i settanta loculi e le sette fosse ricavate sul piano pavimentale nel vestibolo e
coperte da tegole indicano uno sfruttamento intensivo dell’ambiente dalla seconda
metà del III sec. a.C. all’età imperiale romana. Le fosse sepolcrali non hanno restituito
alcun oggetto di corredo e dovrebbero appartenere all’ultima fase di utilizzazione della
tomba, forse riferibile al III-IV sec. d.C., come indiziato da due lucerne rinvenute nella
camera. Le sepolture più antiche presentano il corredo più ricco; risultano di
particolare interesse i materiali che, di tipologia analoga a quelli attestati anche nei
corredi di Falerii Veteres, costituiscono un elemento di unione tra le due realtà urbane.
In particolare, spicca la presenza di un servizio di vasi da banchetto in ceramica
argentata con decorazione figurata a rilievo, confrontabili con quelli diffusi nelle
tombe di Falerii Veteres. Anche la ceramica a vernice nera di produzione locale
costituisce un elemento di continuità tra le due città. Alcune iscrizioni lacunose dipinte
in rosso sulle tegole di chiusura dei loculi documenterebbero del resto la presenza di
gentilizi già attestati nella vecchia Falerii. Un altro motivo di interesse di questo
corredo deriva dalla presenza nella tomba di un gruppo di anfore vinarie importate da
Rodi e da Kos e che si datano tra il 220 e il 100 a.C. Questa attestazione ha fatto
pensare che Falerii Novi rappresenti la punta avanzata di un’intensa rotta commerciale
attraverso gli scali tiberini, nella quale la famiglia titolare della tomba è stata forse
coinvolta. Dal punto di vista del rituale funerario, interessante la presenza sullo stipite
della porta di una nicchia chiusa da una tegola che accoglieva solo i resti di un
incinerato deposti senza alcuna protezione: la collocazione periferica di incinerazioni
come questa all’interno della camera è stata interpretata come espressione di una
131
precisa volontà di distinzione, quasi di emarginazione, piuttosto che una tarda forma
di riutilizzazione del sepolcro. In conclusione, la continuità d’uso della tomba sembra
testimoniare l’appartenenza ad una famiglia che non doveva aver subito gravi
contraccolpi dalla distruzione della città falisca.
L’interesse di queste tombe deriva dunque dal fatto che esse documentano forme di
occupazione del territorio precedenti l’impianto della città romana. Sembra infatti
possibile riferirle a famiglie di spicco della vecchia città che, avendo certamente
coltivato buoni rapporti con i conquistatori romani, sembrano avere svolto un ruolo di
primo piano nella realizzazione del processo di romanizzazione. Si è dunque
ipotizzato che le famiglie titolari di questi sepolcri si siano insediate sul territorio in
una fase di passaggio, quando la nuova città non si presentava ancora definitivamente
strutturata e la via Amerina non aveva ancora ricevuto la sistemazione organica sulla
quale si è successivamente impiantata la necropoli del Cavo degli Zucchi.
(MLM)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. GATTI 1904, p. 296; M. W. FREDERIKSEN - J. B.
WARD PERKINS 1957, p. 140, 142 - 144; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A.
PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 204-205, 207, figg. 137-138, 235; M. A. DE
LUCIA BROLLI 1991, p. 57, fig. 44; M.A. De Lucia Brolli, Falerii Novi: novità dall’area
urbana e dalle necropoli, in RendPontAcc LXVIII, 1995-96, pp. 42-68, con bibl. prec.; M.A.
De Lucia Brolli, in M.A. De Lucia Brolli - L.M. Michetti, Cultura e società tra IV e III sec.
a.C. Falerii e Orvieto a confronto, in AnnFaina XII, 2005, p. 385, nota 57; p. 392, figg. 4041.
DATI ARCHIVISTICI
I documenti archivistici per quanto riguarda la necropoli dei Tre Camini sembrano
essere, almeno in base alle nostre attuali conoscenze, piuttosto scarsi. Infatti, dopo una
prima notazione, ancora del 1883-1884, che sancisce l’assegnazione al Ministero della
Pubblica Istruzione da parte del Demanio dell’area interessata dalla tomba cosiddetta
del Peccato (ACS, AABBAA, I versamento, b. 138, fasc. 270), sembra scendere il
silenzio sulla necropoli sino al momento in cui, ancora una volta a cura di A. Bracci,
negli anni 1967-68 vengono segnalati scavi clandestini (AVG, 1967, n. 5094; 1968, n.
3751 / 3 Civita Castellana)154.
(MCB)
Schede di ricognizione
A70
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Tre Camini
RICOGNIZIONI: 27-10-1994
Si sono individuati due nuclei di interesse archeologico denominati A- B e C
154
La notizia è brevemente edita anche nel Repertorio degli Scavi.
132
A-B) Necropoli
LOCALIZZAZIONE: A) Primo nucleo all’incrocio della Strada Provinciale Faleriense con la
via del Terrano e la cinta muraria di Falerii Novi a O, in prossimità del punto altimetrico
C.T.R. 191,5; B) secondo nucleo sul lato S del costone lungo la via del Terrano, a SE del punto
altimetrico C.T.R. 185,3.
C.T.R.: 356050 Corchiano - 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: A) La necropoli è suddivisa in due distinti nuclei a causa della
configurazione del terreno ed è composta da tombe a camera con loculi di varia tipologia.
Spicca la tomba monumentale a portico detta "tomba del Peccato", scavata nel costone lungo
la via del Terrano, lungo il quale si aprono gli accessi di alcune tombe a camera e, in prossimità
del ponte sul Rio Purgatorio, sulla riva NO, sono visibili i resti di un colombario (B). A
proposito della tomba del Peccato, lo scavo ha messo in luce due sculture monumentali in
peperino di età ellenistica e di derivazione magnogreca, un leone e una protome di Medusa, che
dovevano essere interrati in corrispondenza del terrazzamento del vestibolo.
OSSERVAZIONI: Attualmente le tombe sono in gran parte interrate o ricoperte dalla
vegetazione. Di recente, il costone nel quale era ricavata la tomba del Peccato è in parte franato
arrecando gravi danni alla struttura della tomba stessa. Nella zona sono stati compiuti saggi di
scavo da parte della Soprintendenza archeologica per l'Etruria meridionale (scavi SAEM
maggio - giugno 1990, novembre 1991, febbraio 1992), che si sono resi necessari in seguito al
crollo del vestibolo provocato dalle piogge del 1991.
C) Pagus
LOCALIZZAZIONE: Sulla riva NO del Rio del Purgatorio, poco a NE del punto altimetrico
C.T.R. 163,5.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356050 Corchiano - 356090 Civita Castellana.
DESCRIZIONE: Sul pianoro sovrastante la Tomba del Peccato è stata individuata un'area con
frammenti di laterizi, ceramica comune, dolia, anfore, frammenti di tufo e spezzoni di
murature, probabilmente relativa ad un complesso abitativo di età romana.
(MLM)
RICOGNIZIONI 2010-2011: Le verifiche effettuate in data 13/4/2010 e in data 6/9/2011 di
quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, hanno confermato la presenza delle
strutture descritte, sia pure con l’estrema difficoltà di riconoscimento indotta dalla presenza di
foltissima vegetazione infestante e boschiva, soprattutto in relazione al nucleo necropolare
comprendente la c.d. Tomba del Peccato, interamente obliterato dai rovi, ed al pianoro
soprastante, su cui è cresciuta negli anni una fitta boscaglia. La zona funeraria oltre la Via di
Terrano è invece risultata più libera e visibile e ne è stato possibile verificare le condizione che
confermano le descrizioni di scheda.
(PP)
A70 bis
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Tre Camini
RICOGNIZIONI:
133
OGGETTO: Tomba a camera
LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada provinciale Fabrica-Civita Castellana, a SO del gruppo
di tombe prospicienti la strada di Terrano.
C.T.R.: 356050 Corchiano - 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Tramite una stretta caditoia, un vestibolo con una ripida gradinata conduce
alla camera funeraria, di ampie dimensioni, divisa in due ali da uno spesso tramezzo e provvista
di circa settanta loculi disposti su più ricavati fino al soffitto. Sette fosse sono ricavate sul piano
pavimentale nel vestibolo e coperte da tegole.
OSSERVAZIONI: La tomba è in cattivo stato di conservazione, essendo stata violata più volte
dagli scavatori clandestini.
(MLM)
LOCALITÀ CASALE MESANO
Schede nn. 73, 74
Il toponimo Casale Mesano è riferito ad un pianoro tufaceo compreso tra il Ruscello
Calello a Nord, il Rio Maggiore a Sud, la confluenza tra i due fossi all’estremità est.
La posizione favorevole del luogo è confermata dalla presenza di insediamenti databili
fin dall’età arcaica (dalla fine del VII a tutto il VI sec. a.C.) all’epoca romana fino al
periodo tardo-antico. L’abbandono della zona è riconducibile al IV-VI sec. d.C.
L’uso agricolo dell’area ha consentito il ritrovamento di numeroso materiale ceramico
sparso, che conferma la presenza di una fattoria di epoca arcaica e poi di una villa
romana sul pianoro.
Alle pendici orientali del pianoro, proprio alla confluenza dei due ruscelli, sono stati
riconosciuti i resti di una importante tagliata viaria detta Cava dei “Fantibassi”, dal
nome della famiglia proprietaria del posto intorno al XVI secolo d.C. Si tratta di una
delle più importanti vie cave del territorio falisco, che evidenzia una continuità d’uso
fino all’epoca romana, come indicano anche le numerose iscrizioni sulle pareti, e le
diverse fasi costruttive individuate. La tagliata è orientata in direzione nord-ovest/sudest, misura circa 4 metri di larghezza e fino a 15 metri in altezza. Considerato il suo
orientamento e la continuità d’uso fin all’epoca romana, questa tagliata doveva
costituire un diverticolo del percorso che andava ad ovest di civita Castellana e che in
epoca romana doveva costituire il collegamento tra Falerii Veteres e Falerii Novi.
Falerii veteres, infatti, anche dopo l’abbandono a favore di Falerii Novi, continuò ad
essere frequentata per i suoi santuari.
(IT)
DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R.
MENGARELLI, 1972, pp. 375 - 376, fig. 212; P. MOSCATI 1985a pp. 127 - 132,
figg. 95 - 98, p. 135, fig. 101; M. A. FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 49; L.
QUILICI 1990, pp. 197 – 222;
I. Di Stefano Manzella, “Furcula falisca”. Una soluzione per l’enigmatica epigrafe
latina rupestre CIL XI 361, in Zeitschrift fur Papyrologie und Epigraphik, 11, 1996,
pp. 218-225.
134
S. Nardi Combescure, Paesaggi d’Etruria Meridionale. L’entroterra di Civitavecchia dal
II al XV sec. d.C., Firenze 2002, p. 4
Schede di ricognizione
73
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Casale Mesano
RICOGNIZIONI: 27-10-1994
OGGETTO:Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Nella lingua compresa tra il punto di confluenza del Ruscello Calello a
N e il Fosso Rio Maggiore a SE, ad E del punto altimetrico C.T.R. 198,8.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Al centro del pianoro si rinviene una concentrazione di frammenti ceramici
(anse di anfore, acroma, impasto, vernice nera).
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo
(IT)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di recinzioni
pertinenti a proprietà privata.
(PP)
74
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Casale Mesano
RICOGNIZIONI: 27-10-1994
Si sono individuate due aree A e B interessate da resti archeologici:
A) Tagliata viaria detta di Fantibassi
LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Ruscello Calello a N e il Fosso Rio Maggiore a
SE, a N del punto altimetrico C.T.R. 157,1
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Sul punto estremo della rupe tufacea del Casale Mesano, si individua una
tagliata viaria che dal fondovalle risale serpeggiando sulla sommità del pianoro; se ne conserva
un tratto percorribile per circa m 80, interrotto a N da un interro e a S da un crollo. A m 130
oltre la confluenza del Ruscello Calello è visibile un secondo tratto della tagliata, che scende nel
fondovalle per poi risalire il versante opposto.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era a bosco
135
B) Tomba a camera
LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Ruscello Calello a N e il Fosso Rio Maggiore a
SE, a N del punto altimetrico C.T.R. 157,1
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: A S della tagliata, sulla parete S del pianoro prospiciente il fiume si apre una
tomba a camera scavata nella roccia.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era a bosco. Le pareti della
tagliata erano interessate da consistenti fessurazioni del tufo con distacchi e lesioni.
BIBLIOGRAFIA: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI,
1972, pp. 375 - 376, fig. 212; P. MOSCATI 1985a pp. 127 - 132, figg. 95 - 98, p. 135, fig. 101;
M. A. FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 49; L. QUILICI 1990, pp. 197 – 222
(IT)
RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 3/8/2010 di quanto segnalato nella
scheda di ricognizione 1994, ha confermato lo stato dei luoghi descritto, sia per quanto
riguarda il tracciato viario che le situazioni di distacco e crollo delle pareti tufacee.
(PP)
LOCALITÀ TENUTA TERRANO
Schede nn. 75, 76, 77, 78
La località Tenuta Terrano è situata su un vasto pianoro tufaceo inciso a N dal Rio
Purgatorio e a S dal Rio Maggiore e delimitato a E dalla Strada Statale 311 (Nuova
Superstrada). Durante le ricognizioni del 1994 nella parte centrale della tenuta sono
state individuate due aree di sporadico materiale archeologico di superficie e un'
architrave modanata marmorea mentre nei campi arati, a nord della Strada di Terrano,
in loc. Piazza d'Armi, sono state notate alcune cavità ipogee relative forse ad un
sistema idrico sotterraneo.
(AN)
Schede di ricognizione
A75
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta Terrano
RICOGNIZIONI: 27-10-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Via di Terrano a N, S.S. 311 (Nuova Superstrada) ad E, Fosso Rio
Maggiore a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R 183,5
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
136
DESCRIZIONE: Nei campi arati, interessati dall’impianto di ulivi, si individua un’area con rari
frammenti di ceramica di uso comune.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
A76
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta Terrano
RICOGNIZIONI: 27-10-1994
OGGETTO: Materiale archeologico erratico
LOCALIZZAZIONE: Via di Terrano a N, S.S. 311 (Nuova Superstrada) ad E, Fosso Rio
Maggiore a S, davanti al Casale S. Antonio, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R
179,3
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Sono stati rinvenuti due frammenti di un’unica architrave di marmo
modanato (lung. m 2,30; alt. m 0,50), con toro, gola dritta, piccolo toro, listello e breve gola
dritta.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza dei 2 spezzoni di architrave
marmoreo deposti accanto al casale.
(PP)
A77
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta Terrano
RICOGNIZIONI: 07-11-1994
Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Via di Terrano a N, S.S. 311 (Nuova Superstrada) ad E, Fosso Rio
Maggiore a S, Casale S. Maria a O (punto altimetrico C.T.R. 171,6)
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Nei campi a SE del casale, si rinvengono sporadici frammenti fittili di
minute dimensioni (laterizi, ceramica fine sigillata, impasto, ceramica medievale).
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo a
seminativo.
137
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla vegetazione da coltivazione
presente nel sito.
(PP)
A78
COMUNE: Civita Castellana
FRAZIONE:
LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta Terrano
RICOGNIZIONI: 07-11-1994
OGGETTO: Cavità ipogee
LOCALIZZAZIONE: Rio Purgatorio a N, via di Terrano a S, tra i punti altimerici C.T.R.
177,9 ad O e 174,6 ad E.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: Nei campi arati a N della via di Terrano, nel punto in cui la via compie
un’ampia curva, sono parzialmente visibili alcune cavità ipogee allineate lungo la direttrice EO,
probabilmente relative ad un sistema idrico sotterraneo (cisterne o pozzi?).
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo a
seminativo
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione descritta. Non si osservano
cambiamenti strutturali nell’immobile edificato sopra le tombe, i cui ingressi visibili sono però
2 e non 3.
(PP)
LOCALITÀ MACCHIA DEL BORGO
Scheda n. 67
La località Macchia del Borgo è situata su un ampio pianoro delimitato a nord dal
Fosso Salerco, a est dal Fosso della Madonnella, a sud dalla strada provinciale
Quartaccio e a ovest dal Rio Cruè. Durante le ricognizioni del 1994 nell'area
occidentale, a ridosso della sponda meridionale del Fosso Salerco, è stata notata una
fitta concentrazione di materiale archeologico di superficie, emergente durante le
arature e le lavorazioni agricole, che farebbe presupporre la presenza di un complesso
insediativo.
(AN)
Schede di ricognizione
A67
COMUNE: Civita Castellana
138
LOCALITA'/TOPONIMO: Macchia del Borgo
RICOGNIZIONI: 19-10-1994
OGGETTO: Area di frammenti fittili
LOCALIZZAZIONE: Fosso Salerco a N, Fosso della Madonnella a E, Strada Provinciale
Quartaccio a S, Rio Cruè ad O, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 115,8.
I.G.M.: 137 II SE
C.T.R.: 356060 Borghetto
DESCRIZIONE: Nei campi prospicienti il lato meridionale del Fosso Salerco è visibile un’area
caratterizzata da un’elevata concentrazione di frammenti fittili, in gran parte costituiti da tegole
e ceramica d’uso comune.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo a
seminativo.
(AN)
RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato
nella scheda di ricognizione 1994, non ha confermato la presenza di frammenti fittili in
superficie.
(PP)
LOCALITÀ FABBRECE
Schede n. 65
La zona, urbanizzata e prossima al centro abitato, conserva solo sporadiche tracce di
presenze archeologiche. Nel 1965 durante i lavori di scavo per una cava di tufo fu
casualmente rinvenuta una tomba a camera, con loculi chiusi da tegoloni ed elementi
di corredo.
(MM)
DATI BIBLIOGRAFICI: Repertorio degli scavi, 2 (1966-1970), pp. 118-119.
Schede di ricognizione
A65
COMUNE: Civita Castellana
LOCALITA'/TOPONIMO: Fabbrece (Fabbrecce)
RICOGNIZIONI: 15-10-1994
Si sono individuate due aree A e B interessate da resti archeologici:
A) Area di frammenti fittili sparsi
LOCALIZZAZIONE: All’altezza del Km 12,900 circa della strada Statale Nepesina, a E della
Via Fabbrece, limite del Comune, a N del punto altimetrico C.T.R. 204,6.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
139
DESCRIZIONE: Nel campo arato si rinvengono frammenti di laterizi, anfore e sigillata italica.
B) Area concentrata di frammenti fittili e blocchi di tufo di reimpiego.
LOCALIZZAZIONE: All’altezza del Km 12,900 circa della strada Statale Nepesina, a E della
Via Fabbrece, limite del Comune, ad O del punto altimetrico C.T.R.198,0.
I.G.M.: 143 I NE
C.T.R.: 356090 Civita Castellana
DESCRIZIONE: A SE del punto A, nel campo arato, si nota una particolare concentrazione
di frammenti fittili (molti frammenti di laterizi, frammenti di anfore, ceramica d’impasto,
ceramica a vernice nera e sigillata italica). Lungo il margine O della strada vicinale, nel tratto
compreso tra i punti altimetrici C.T.R. 195,1 e 198,0 sono visibili numerosi blocchi
parallelepipedi di tufo di grandi dimensioni, riutilizzati come macere di confine.
OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.
(MM)
CAVERNETTE FALISCHE
CAVERNETTE DI FANTIBASSI
Lungo i corsi del Treia e del Rio Filetto, nelle vicinanze delle caverne sul Fabbrece.
Segnalate dal Mancinelli Scotti, hanno restituito abbondante industria litica e
“frammenti di coccio molto rozzo e di colore nerastro, denti di cavallo, di cinghiale,
questi bucati, conchiglie bucate ed altro per uso di ornamento” oltre a “piccoli pezzi di
bronzo e di stagno” (dagli strati superiori)155. Secondo il Rellini, sembra ipotizzabile
una loro frequentazione anche in epoca neolitica.
CAVERNE SUL RIO MAGGIORE
“Esplorata in parte dal Cozza, dette scarsi frammenti litici. Sulla sinistra del Rio
Maggiore... si vedono due caverne una delle quali, ... dette qualche nucleo di selce
bianca”. “Sulla sinistra del Rio Maggiore, di fronte al massiccio di Vignale sbocca il
breve Fosso dei Cappuccini. Sopra alla “Serra” stanno tre cavernette in una delle quali
si trovò nel 1874 un ricco strato di bronzo che lo fece considerare come una stipe
votiva. Sarebbero anche uscite delle selci dallo strato inferiore, ma il cenno dato
dall’Eroli, è troppo vago per comprendere bene di che si tratti”. “Presso alle «Grotte
di S. Anselmo», ora profondamente trasformate, si nota un’ampia caverna ne fondo
Gemma... La presenza dell’acqua e le tracce di oggetti di pietra apparsi in quei
dintorni, inducono nell’idea che cotesto gruppo di antri dovesse con frequenza essere
visitato”. “In località Torrette della Ceppetta il manoscritto Pasqui nomina due
caverne, una delle quali sarebbe assai grande… In una delle due indicate per cotesta
155 MANCINELLI SCOTTI 1917;
RELLINI 1920, col. 106; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 49.
140
località, secondi il Pasqui, il Costanzi da lui incaricato, avrebbe incontrato frammenti
di selce lavorata, e all’esterno, presso la bocca delle caverne due focolari”156.
CAVERNE SUL FOSSO DEL PURGATORIO
“Sui piani di Catalano... a sinistra del Fosso... ivi il Pasqui pone due caverne.. In una di
esse il Costanzi avrebbe trovato pochissimi avanzi di selci lavorate”157.
CAVERNE SUL FOSSO DI FABBRECE
Il Pasqui vi fece un saggio al principio del 1891, dal luglio al novembre dello stesso
anno, salvo un’interruzione estiva, vennero eseguiti scavi dal Pasqui e dal Mengarelli. Il
gruppo di caverne, almeno nove, erano poste sul fosso di Fabbrece “ov’esso
confluisce col Rio Filetto”.
PRIMA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE158
Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli159.
“…il piano interno di questa caverna, come di quasi tutte le altre, è affatto spogliato
di terrapieno”; all’esterno (estendendo lo scavo anche verso la cavità indicata come II
bis) si rintracciarono resti dello strato antropico con industria litica, che si ritenne
asportato quasi completamente dalle acque”. “…al piede del forte declivio che
costituisce il davanti dell’antro” era un livello compatto di terreno di riporto
antichissimo, sotto al quale, presso l’imboccatura, si trovarono due o tre frammenti
silicei poggianti sulla roccia; presso la grotti cella II bis si rinvennero schegge e nuclei
“in uno strato facile a rimuoversi e aderente alle pareti esterne della grotta. Non sono
documentati resti ceramici. Nella caverna il Cozza “in ripetuti saggi, non vi aveva
raccolto che alcuni frammenti di silice”. Secondo F. di Gennaro, considerato che
all’interno della caverna non esisteva riempimento, si deve intendere che i saggi del
Cozza avevano riguardato punti esterni all’imboccatura, come peraltro esplicitamente
dichiarato per i successivi scavi.
La caverna viene datata ipoteticamente al Bronzo medio (F. di Gennaro).
SECONDA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE160
Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli161.
Grande caverna con imboccatura larga 9,5 m e allargantesi verso il fondo
caratterizzato da due insenature. All’interno vi era uno stillicidio. I reperti litici e fittili
rinvenuti furono riferiti dal Rellini ad epoca neolitica162. Dinanzi all’apertura della
caverna fu notato “un focolare, ossia un vano di circa 40 cm di profondità e di un
156 RELLINI 1920, coll.
82-86.
86.
158 RELLINI 1920, col. 87; DI GENNARO 2007, p. 281, n. 263 tav. IV.
159 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207;
FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48.
160 RELLINI 1920, coll. 87-92; DI GENNARO 2007, pp. 281-282, n.264, tav. IV.
161 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207;
FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48.
162 RELLINI 1920, coll. 87-92; FUGAZZOLA DELPINO 1976; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48.
157 RELLINI 1920, col.
141
metro quadrato di superficie, ripieno di ceneri, di carboni e di ossa bruciate” e accanto
“un banco esteso per circa quattro metri di profondità e tre di larghezza, posato nella
parte più depressa del pavimento, e formato di frammenti di tufo e di ciottoli piccoli
del fosso”. Sono menzionati anche “frammenti fittili che appartenevano ad utensili di
uso domestico”. Il Pasqui interpretò questo insieme come un riempimento artificiale
creato per rendere pianeggiante il fondo di tufo della grotta che originariamente
doveva essere inclinato e per fungere da vespaio di isolamento rispetto al fondo velato
d’acqua; il Rellini, invece, come un prodotto naturale dello sfaldamento della volta163.
Il Pasqui ipotizza una localizzazione dell’area di attività di scheggiatura della selce, in
rapporto alla struttura sopradescritta, definita “una specie di fondo di capanna”.
La caverna viene datata ipoteticamente al Bronzo medio (F. di Gennaro).
E’ omessa la scheda della 3° Caverna che non restituì tracce archeologiche di sorta164.
QUARTA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE165
Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli166.
Caverna non molto grande posta su di un ripido pendio di tufo litoide; all’interno
scaturisce un abbondante vena d’acqua. All’interno si rinvenne un solo livello, al di
sotto del quale era probabile riempimento di drenaggio di età preistorica e, a destra,
uno scarico di fornace etrusco-romana. Davanti all’imboccatura, alla profondità di 65
cm si rinvenne un ripiano di piccoli frammenti di tufo in relazione al quale si rinvenne
esclusivamente industria litica. I fittili rinvenuti sono relativi ad una fornace di epoca
etrusco-romana.
La caverna viene datata ipoteticamente al Bronzo medio (F. di Gennaro).
Sono omesse le schede delle 5° e 6° Caverna che non restituirono tracce archeologiche
di sorta167.
SETTIMA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE168
Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli169.
Caverna posta sullo stesso piano delle precedenti sopra un pendio di tufo litoide. Dal
fondo della caverna scaturisce una vena d’acqua. Lungo la parete destra era “un
piccolo avvallamento ripieno di terra” che “quasi a superficie aveva uno strato molto
compatto” con selci e frammenti ceramici, poggiante su un vespaio grosse schegge
tufacee che isolava il sottostante livello di scorrimento idrico. Secondo il Pasqui lo
163 FUGAZZOLA DELPINO 1990,
p. 49; l’A. ritiene che, se l’interpretazione del Pasqui dovesse essere giusta,
questo manufatto potrebbe essere accostato all’acciottolato dello strato 10 della Grotta del Vannaro a
Corchiano.
164 DI GENNARO 2007, p. 281.
165 RELLINI 1920, coll. 91-95; DI GENNARO 2007, p. 282, n.265, tav. IV.
166 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207;
FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48.
167 DI GENNARO 2007, p. 281.
168 RELLINI 1920, coll. 95-99; DI GENNARO 2007, p. 282, n.266, tav. IV.
169 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207;
FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48.
142
strato con materiali preistorici, che riteneva “parte di scarico di fornace” era stato
posto a riempimento della depressione per livellare il fondo della grotta.
La caverna viene datata al Bronzo medio 3 (F. di Gennaro).
OTTAVA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE170
Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli171.
E’ la caverna più grande del gruppo, larga all’imboccatura 20 m e profonda 23 m.
La caverna viene datata ipoteticamente al Bronzo medio (F. di Gennaro).
NONA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE172
Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli173.
Più bassa ed avanzata verso il fosso rispetto alle altre caverne del medesimo gruppo.
“E’ raffigurata da una sola corsia molto alta ed un poco aperta verso l’esterno”. Sul
fondo presenta un piccolo antro con pareti leggermente richiuse sul davanti, da cui
stilla acqua convogliata con un canaletto al di sotto del vespaio di tufi. Presso
l’imboccatura, franata, erano due livelli sovrapposti riferibili ad attività di fornace
ceramica (conservati per una lunghezza di 2,80 m) apprestati su un riempimento di
grossi spezzoni tufacei. I due livelli di fornace distavano tra loro 20 cm e erano
“nettamente delineati da due platee di lastre fittili e di grandi frammenti di doli, sotto i
quali la terra dura e rossiccia manifesta tracce evidenti dell’azione del fuoco a lungo
subita”. “Lo scarico dei vasi rotti e bruciati, e lo spurgo di terra e di cenere si trovò
riversato sul pendio del masso aderente alla parete sinistra dello speco”.
La caverna viene datata al Bronzo medio 1-2 e Bronzo medio 3 (F. di Gennaro).
GROTTA DEL CATALANO
“A manca della grotta presso un piccolo antro e sul dinanzi di questo si raccolsero
abbondanti avanzi di nuclei e piccoli raschiatoi o coltelli interi o frammenti del tipo
usuale”174.
RELLINI 1920, col. 99; DI GENNARO 2007, p. 282, n. 267, tav. IV.
PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207;
FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48.
172 RELLINI 1920, coll. 99-103; DI GENNARO 2007, pp. 282-283, n.268, tav. IV.
173 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207;
FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48.
174 RELLINI 1920, col. 86.
170
171 FREDERIKSEN-WARD
143
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Le abbreviazioni utilizzate sono quelle della Archäologische Bibliographie
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