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CIVITA CASTELLANA E IL SUO TERRITORIO RICOGNIZIONI ARCHEOLOGICHE E DATI D’ARCHIVIO   1 INDICE Premessa Prefazione Introduzione I.1. Il centro urbano: il pianoro maggiore I.1.a. Le ricerche condotte fino al 1939 I.1.b. Le scoperte archeologiche dal 1939 ai giorni nostri I.2. Il pianoro di Vignale: ricerche e scoperte dall’‘800 a oggi II. Il suburbio II.1. La topografia del suburbio II.1.a. Ricognizioni archivistiche II.2. Il settore occidentale del suburbio II.3. Il settore meridionale del suburbio II.4. Il settore settentrionale del suburbio III. Il territorio extraurbano III.1. La via Flaminia III.2. Il territorio tra la via Flaminia antica e il Tevere III.3. Il territorio ad ovest della via Flaminia antica III.4. La via Amerina e il suburbio di Falerii Novi nel territorio di Civita Castellana Abbreviazioni bibliografiche Apparato fotografico e cartografico   2 Elenco dei collaboratori: Laura Ambrosini (LA) Gilda Benedettini (GB) Maria Cristina Biella (MCB) Claudia Carlucci (CC) Maria Anna De Lucia Brolli (MADB) Marina Marcelli (MM) Maria Laura Michetti (MLM) Angela Napoletano (AN) Piero Poleggi (PP) Lucia Suaria (LS) Isabella Toffoletti (IT)   3 PREMESSA (a cura dell’Amministrazione Comunale)   4 PREFAZIONE (a cura del Soprintendente)   5 INTRODUZIONE La tutela di un sito archeologico della rilevanza di Civita Castellana, l’antica Falerii, deve avvalersi necessariamente di tutti gli apporti possibili che spaziano dalle ricerche archivistiche a quelle bibliografiche soprattutto per l’area della città antica – oggi intensamente urbanizzata – affiancandosi allo strumento delle ricognizioni nell’ampio territorio segnato dalla presenza di importanti assi viarii quali la via Flaminia e la via Amerina e da un articolato tessuto insediativo di età preromana e romana. Fin dalla seconda metà dell’800 si è avvertita l’urgenza di dotare l’Amministrazione pubblica di strumenti idonei a garantire la salvaguardia del patrimonio archeologico, in coincidenza con l’intensa attività di ricerca e di indagine topografica svolta nell’agro falisco tra il 1881 e il 1887 nell’ambito della redazione della Carta Archeologica d’Italia1. Tra i funzionari più attivi in questo settore, Adolfo Cozza ed Angelo Pasqui affrontarono il problema, fondamentale per la tutela, della cartografia archeologica, avviando la redazione di carte per l'Etruria meridionale e la Sabina, ed infine partecipando ad un più ampio progetto incentrato sul territorio falisco. Alcuni dei documenti elaborati a questo scopo rappresentano ancora oggi una base importante per la conoscenza e la tutela dell’antica Falerii, e ci permettono di percepire nelle diverse redazioni il lavoro di continuo aggiornamento dei dati che via via il sito andava restituendo. Se confrontiamo la piantina di Civita Castellana redatta da Adolfo Cozza e pubblicata nelle Notizie degli Scavi del 1887 con la grande pianta di Falerii esposta nel dicembre del 1888 nel Museo di Villa Giulia in occasione di una visita dei Sovrani, appare evidente come la ricchezza dei dati di quest’ultima ne faccia un documento di primissimo piano. Realizzata di pugno dallo stesso Conte Cozza, essa è il frutto di un paziente lavoro di ricerca sul terreno, da lui avviato fin dal 1883, e della progressiva raccolta di dati resa possibile dai risultati dei numerosi scavi che si andavano compiendo in quegli anni nelle necropoli e nei santuari2. Probabilmente basata su una pianta catastale recente, e realizzata a china, acquarello e tempera, con sfumature di colore che ben rendono l'assetto geografico dei luoghi, la Pianta, priva oggi di buona parte del margine sinistro, riproduce nel dettaglio la topografia antica nota, inserendola nel contesto moderno, indicando i nomi dei corsi d'acqua e delle principali località3. Gli ultimi anni dell’800 e i primi del ‘900 vedono impegnato soprattutto Raniero Mengarelli, alla cui attività si deve la redazione di un taccuino con appunti e disegni                                                                                                                         Sulla Carta archeologica d’Italia: COZZA 1972; CASTAGNOLI 1974 Sulla Grande Pianta di Falerii: Cozza 1985 3 In un secondo momento furono aggiunti a penna e a matita la numerazione delle tombe ed altri segni, forse in occasione della sistemazione dei corredi del Museo. 1 2   6 misurati e la preparazione di mappe a scala più ampia con i dati topografici da lui acquisiti in scavi e ricognizioni sia a Vignale sia sul pianoro maggiore. Conservata nell’Archivio storico del Museo di Villa Giulia, la documentazione prodotta dal Mengarelli è stata solo parzialmente edita, ma continua a costituire ancora una volta una base fondamentale per l’attività di tutela della Soprintendenza, che, avvertendo la necessità di un continuo aggiornamento e di adeguamento agli strumenti oggi disponibili per una più immediata consultazione e condivisione, ha ritenuto utile affiancarsi all’Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo Antico (ISCIMA) del CNR in un progetto di ricerca avviato nel 2004 dal titolo “L’abitato di Falerii Veteres dalla documentazione di archivio alla cartografia digitale” 4 . In quest’ambito, si deve a Paola Moscati la realizzazione di una nuova base cartografica digitale vettoriale, fornita dal Comune di Civita Castellana, che ha costituito il punto di partenza per la realizzazione di modelli digitali del terreno, finalizzati anche ad “analizzare la percezione visiva dello spazio circostante che può aver influenzato fin dall’antichità determinate scelte di carattere urbanistico e architettonico”. Il progetto condiviso CNR-Soprintendenza archeologica, avviato con l’intenzione di limitarsi in una prima fase alla documentazione relativa all’area urbana, è purtroppo al momento sospeso. Risale invece al 1994 l’incarico da parte della Soprintendenza agli archeologi della Cooperativa Lateres di effettuare ricognizioni del territorio comunale al fine di creare una mappatura delle aree di interesse archeologico, aggiornando i dati noti sino a quel momento anche in zone già sottoposte a vincolo, concentrate soprattutto nell’area urbana. Va sottolineato infatti che fin dagli anni venti del secolo scorso erano stati emanati una serie di decreti di vincolo in base alla legge 364/1909, la cui esatta perimetrazione non risultava confortata da planimetrie catastali. L’attività di revisione delle aree vincolate si è pertanto focalizzata soprattutto su ricerche archivistiche inerenti in particolare il settore dell’Antico Catasto Pontificio della Delegazione di Viterbo e presso l'Ufficio Tecnico Erariale (Sezione Terreni) di Viterbo, al fine di verificare e posizionare i singoli vincoli, consultando contestualmente la Conservatoria delle Ipoteche per l'aggiornamento dei titoli di proprietà. Le problematiche amministrative non potevano peraltro essere disgiunte da una verifica sul terreno che consentisse di acquisire dati anche sullo stato attuale dei beni immobili vincolati. La ricognizione territoriale si è poi estesa all'intera area comunale, facendola precedere da una attenta analisi dei dati bibliografici ottocenteschi. La scelta di prendere le mosse da una lista di presenze archeologiche segnalate alla fine dell’800 dai redattori della Carta Archeologica d’Italia, - G. F. Gamurrini, A. Cozza, A. Pasqui, R. Mengarelli5 -, non è casuale, ma risponde alla necessità di verificare quali trasformazioni avesse subito il territorio nel corso di un secolo. Non sempre è stato possibile raggiungere l’obiettivo prefissato: in qualche caso il divieto di accesso alle proprietà private, in altri l’impraticabilità dei luoghi, causato dalla presenza di una fittissima vegetazione e di terreni seminati, hanno di fatto                                                                                                                         4 5   Sul quale si veda MOSCATI 2005 Forma Italiae II, 1 7 impedito di effettuare i riscontri sui resti segnalati alla fine dell’800. Sono risultati inaccessibili, inoltre, alcuni dirupi, gole, forre, nei quali non è stato possibile verificare la presenza di eventuali emergenze archeologiche. All'interno del perimetro cittadino, invece un elemento di criticità è stato rappresentato dall’urbanizzazione che ha modificato significativamente lo stato dei luoghi rispetto alla realtà nota agli scavatori ottocenteschi e dell’inizio del ‘900. I dati raccolti nel 1994 sono confluiti in una carta topografica (la base è rappresentata dalla CTR 1:10.000) e in schede analitiche e sono rimasti sino ad oggi inediti, mentre hanno costituito la base per una più consapevole attività di tutela. Rielaborati nella forma che viene presentata in questo volume, essi si affiancano a tutte le altre informazioni che a partire da quella data sono state acquisite grazie ad interventi condotti per motivi diversi sul territorio (scavi sistematici, controllo delle opere di urbanizzazione, interventi di salvaguardia, etc.). Il quadro delineato ormai oltre un quindicennio fa appare oggi ulteriormente trasformato; soprattutto in zone agricole l’individuazione di aree di frammenti fittili non ha trovato sempre riscontro alle successive e recenti verifiche sul terreno, dovute all’attività di controllo che la Soprintendenza effettua periodicamente. Si è ritenuto opportuno annotare in calce alle schede di ricognizione del 1994 anche i cambiamenti osservati nel corso di questi sopralluoghi, frutto delle lavorazioni del terreno che hanno avuto come conseguenza sia la fluttuazione sia l’occultamento dei resti mobili visti all’epoca in superficie. (MDLB) Per fornire un’immagine più esaustiva, che tenesse presente anche l’assai consistente insieme di indagini condotte dal XIX secolo ad oggi, si è ritenuto utile integrare la documentazione fornita dalle indagini sul territorio con i ricchissimi dati archivistici, anch’essi in buona misura ancora inediti e conservati presso numerose istituzioni perlopiù italiane. Lo si è fatto, prendendo spunto da una ricerca ancora in corso, ma già ad uno stato avanzato, che prevede lo studio sistematico di queste fonti archivistiche6. Per la realizzazione di questo volume si sono utilizzati i dati raccolti sino al mese di giugno 2011, che corrispondono a circa il 65% del totale dei documenti a disposizione. Per comprendere l’importanza dei dati archivistici per la conoscenza dell’antica Falerii occorre ricordare che Civita Castellana fu oggetto nella seconda metà del XIX secolo di ampie e intense indagini archeologiche. Se si volesse trovare un punto d’inizio per quest’attività, si dovrebbe risalire al 1873, anno in cui venne alla luce il cosiddetto Ninfeo Rosa (scheda ***), che a livello locale segnò l’incipit di un rinnovato interesse                                                                                                                         Lo studio è stato avviato da chi scrive nel 1997 a seguito della stesura della tesi di laurea sulla Collezione Feroldi Antonisi De Rosa e sarà completato nel prossimo triennio nell’ambito di un secondo Dottorato di Ricerca presso l’Università di Southampton, con una ricerca dal titolo “Giving voice to an ancient preRoman city: the study case of Falerii Veteres” . Nel corso degli anni sono già stati resi noti alcuni dei risultati raggiunti su singoli contesti e porzioni di territorio: BIELLA 2003, BIELLA 2004, BIELLA 2005, BIELLA 2007, BIELLA 2007, BIELLA 2010 e BIELLA 2011. 6   8 nei confronti delle antichità presenti nel territorio7. Questo clima particolare trovò d’altro canto un supporto e un’occasione di sviluppo nella presenza nel distretto falisco degli autori della Carta Archeologica d’Italia, appassionati ricercatori, che capirono immediatamente la necessità di “irreggimentare” l’interesse e i frutti delle indagini locali con il fine di recuperare il maggior numero possibile di testimonianze, in un periodo storico in cui la neonata Italia cercava anche nel passato le giustificazioni di una sua identità culturale8. Le indagini in un primo momento interessarono soprattutto le necropoli, che furono indagate estensivamente anche grazie alla costituzione da parte dei locali di Società di Scavi Archeologici 9 . Le ricerche dettero frutti assai consistenti, che secondo la legislazione vigente all’epoca dovettero essere divisi tra gli scavatori/proprietari dei terreni e lo Stato, che tuttavia in questo caso optò per l’acquisto quasi sistematico della totalità delle quote parte, essendo questi materiali utili alla costituzione dell’erigendo Museo di Villa Giulia a Roma. Questa fortunata serie di coincidenze ha fatto sì che almeno ai materiali rinvenuti durante le ricerche dell’ultimo trentennio del XIX secolo a Civita Castellana sia toccata una sorte invidiabile, se paragonata, ad esempio, a quella degli scavi cominciati qualche anno più tardi nella vicina Narce10. Lo Stato Italiano ha infatti nel caso dell’antica Falerii conservato non solamente i reperti, ma anche a livello archivistico una documentazione estremamente dettagliata relativa alle indagini condotte11. Questo fa sì che, anche a una distanza di ben oltre un secolo noi si sia in grado di ricreare un resoconto preciso degli interventi effettuati, delle scoperte avvenute, dei materiali ritrovati e della sorte a loro toccata. Per questa prima fase i documenti utilizzati per la presente ricerca sono conservati nei seguenti archivi:Archivio Centrale dello Stato (Eur Roma), Archivio SBAEM (Villa Giulia a Roma, Museo Archeologico dell’Agro Falisco a Civita Castellana), Archivio SBAT (Museo Archeologico Nazionale Firenze e Carte Gamurrini presso Museo Archeologico Nazionale C. Mecenate di Arezzo), Archivio Nazionale di Orvieto (Carte Cozza) e BIASA, Carte Barnabei. A queste serie documentali vanno aggiunti anche nuclei più ristretti, conservati presso alcune istituzioni museali straniere, che hanno acquistato perlopiù verso la fine dell’800 nuclei di materiali provenienti da Civita Castellana12.                                                                                                                         7BIELLA 2011, pp. 10 s. e p. 15. Per un quadro della temperie culturale nel centro dell’allora provincia di Roma si vedano COZZA 1972, soprattutto p. 450 e Tamburini in TAMBURINI, BENOCCI, COZZA LUZI 2002, pp. 65 ss.. 9 Per la nascita delle Società di Scavi Archeologici BARNABEI, DELPINO1991, p. 195 e nota n. 25 p. 214 e il fascicolo ad esse dedicato all’Archivio Centrale dello Stato, AABBAA, I versamento (1860-1890), b. 138, fasc. 9. 10BAGLIONE, DE LUCIA 1998, p. ***. 11 Basti qui ricordare, ad esempio, che la pubblicazione ad oggi più esaustiva delle necropoli di Falerii Veteres è interamente basata sull’analisi dei dati archivistici prodotti al momento dello scavo e provvedendo ad un incrocio con i volumi inventariali del Museo di Villa Giulia a Roma (Forma Italiae II, 2). 12 È il caso, ad esempio, della documentazione conservata presso l’archivio della University of Pennsylvania, le brevi notizie relative ad una tomba da Monte Paglietta, oggi conservata presso il Museo dell’Università di Tübingen, o ancora quelle del complesso all’Antikensammlung di Berlino. 8   9 A questo primo periodo di particolare fervore ne seguì un secondo per noi al momento meno chiaro, il cui studio dettagliato è però destinato a portare rilevanti novità soprattutto per quanto concerne l’assetto urbano della prima Falerii. Agli inizi del ‘900 infatti, la porzione orientale del plateau di Civita Castellana, sotto la spinta dell’apertura della linea tranviaria, fu oggetto di una serie di interventi edilizi numericamente assai consistente. Fu il momento in cui si provvide all’edificazione parziale dell’area dello Scasato, precedentemente quasi del tutto priva di costruzioni, come chiaramente testimoniato anche dalle carte dell’Antico Catasto Pontificio della Delegazione di Viterbo, redatte nel 1873 e oggi conservate presso l’Archivio di Stato di Viterbo13. Quando la S.A.R.A. Nistri provvederà alla copertura aerofotografica nel 1930 dell’odierna provincia di Viterbo a fini catastali, l’area risulta essere ormai in buona parte edificata, avendo sviluppato una vocazione prevalentemente industriale, legata alle produzioni ceramiche di sanitari che avevano preso piede nel distretto civitonico14. La differenza principale tra le ricerche del primo e del secondo periodo individuati risiede fondamentalmente nel fatto che mentre le prime furono espressamente condotte con finalità archeologiche, le seconde furono invece frutto della “necessità”, venendosi ad inquadrare in quello che potremmo a buona ragione definire come “indagini d’emergenza”. D’altro canto sarà proprio questo tipo di operazioni alla base delle scoperte archeologiche effettuate a Civita Castellana dagli inizi del ‘900 ai giorni nostri, essendo le ricerche mirate e nate con finalità scientifica assai più limitate numericamente. Ad un primo periodo in cui furono attivi sul terreno personalità di spicco dell’archeologia italiana, quali, ad esempio, Enrico Stefani, al quale dobbiamo una documentazione assai dettagliata delle indagini che ebbe modo di controllare di persona, seguirono anni in cui l’attenzione all’“archeologia urbana” fu meno presente con l’inevitabile e conseguente perdita di dati. Solo dagli anni ’80 del secolo scorso si è riaccesa una forte sensibilità nei confronti dell’“archeologia urbana”, in parte anche in concomitanza con l’apertura di grandi cantieri nelle città etrusche e con il conseguente spiccato interesse nei confronti dell’urbanizzazione di età preromana. Ne consegue che anche per Civita Castellana si è dunque rinnovata l’attenzione per gli scavi condotti nel centro urbano e nell’immediato suburbio in occasione di interventi edilizi. Quest’attività di controllo e di studio delle emergenze rinvenute ci ha permesso di approfondire notevolmente le nostre conoscenze su particolari aspetti dell’assetto urbanistico dell’antica Falerii. Sono ascrivibili alla seconda fase individuata scoperte molto più limitate, indubbiamente frutto delle modalità con cui le ricerche vennero condotte. Ne consegue anche che l’immagine che noi ad oggi possiamo fornire è altamente frammentaria, ma che, contemporaneamente, se attentamente riletta, può portare a una conoscenza di alto dettaglio della struttura urbana dell’antica Falerii e del suo sviluppo nel corso dei secoli, che permetterebbe di delineare il quadro forse più                                                                                                                         Per l’Antico Catasto Pontificio della Delegazione di Viterbo si vedano AUTUNNO 1993 e AUTUNNO 1998. 14 Per un quadro delle vicende inerenti allo sviluppo delle prime industrie ceramiche si vedano DEL FRATE 1898, p. *** e DEL FRATE 2000, p. 107. 13   10 dettagliato a nostra disposizione per quanto concerne una città preromana dell’Italia centrale tirrenica. Per questa seconda fase, che, come detto, deve essere fatta giungere sino ai giorni nostri, i documenti sono conservati nei seguenti archivi: Archivio Centrale dello Stato (Eur Roma), Archivio SBAEM (Villa Giulia a Roma, Museo Archeologico dell’Agro Falisco a Civita Castellana), Biblioteca Apostolica Vaticana, Carte Stefani e Archivio Regione Lazio. (MCB)   11 I.1. IL CENTRO URBANO: IL PIANORO MAGGIORE L’odierna Civita Castellana occupa il sito che fu dell’antica Falerii, città egemone delle popolazioni falische. Il primo nucleo dell’insediamento si sviluppò, a partire dall’età del Bronzo finale, sull’altura di Vignale, andando ad occupare nel corso del VII secolo a.C. il pianoro maggiore, che offriva una maggiore disponibilità di spazi. I dati archeologici che ci sono pervenuti attestano una frequentazione costante fino al momento della conquista romana nel 241 a.C., allorché la città fu completamente rasa al suolo, e una ripresa dell’occupazione urbana nel periodo medioevale, documentata da reperti ceramici databili a partire dal X secolo rinvenuti negli scavi condotti in vari punti del settore orientale del pianoro in località Scasato. La posizione naturalmente fortificata fu ulteriormente rinforzata in antico da tratti di mura in blocchi squadrati di tufo, oggi scarsamente visibili tra la vegetazione infestante dei ripidi costoni tufacei; un breve tratto può essere ancora apprezzato all’interno del fossato del Forte Sangallo, che ha ricalcato, alla fine del 1400, il vallo difensivo della città falisca. All’interno della cinta muraria, l’organizzazione spaziale è segnalata dalla dislocazione dei collettori fognari e dei cunicoli che attraversano il pianoro in senso est-ovest e nord-sud, la cui rete, intercettata ed esplorata via via già nell’800, è stata riprodotta nella Grande Pianta acquerellata di Falerii, redatta da Adolfo Cozza nel 1888. Agli inizi del ‘900 Raniero Mengarelli, nel corso della sua attività di ispettore preposto alla tutela del sito, si dedicò ad esplorare sistematicamente il perimetro della cinta muraria, identificando in alcuni varchi porte urbiche, e a verificare pozzi e cunicoli. Di questa attività, estesa anche alla vicina altura di Vignale, rimane una preziosa testimonianza nelle planimetrie inedite conservate nell’Archivio storico del Museo di Villa Giulia. La nostra conoscenza della topografia antica dell’insediamento urbano di Falerii ha una base fondamentale in questi documenti, che hanno trovato spesso conferma in anni più vicini a noi, nel corso di interventi di scavo determinati dall’attività di tutela. La tragedia provocata dalla conquista romana – la città fu rasa al suolo – e la continuità di vita dal medioevo ad oggi hanno d’altra parte comportato, a livello strutturale, la sopravvivenza quasi esclusiva degli apprestamenti idrici (cunicoli, pozzi, cisterne), la cui conservazione è stata assicurata dalla loro natura ipogea. Solo i santuari, rispettati dai conquistatori e frequentati fino alla fine del II - inizi del I secolo a.C. allorché furono abbandonati e dismessi secondo modalità che potremmo definire ordinate, ci hanno restituito testimonianze di grande rilevanza che si affiancano a quelle dei santuari suburbani, documentando anche la profonda religiosità di questa popolazione15. L’insieme di questi dati ci consente di tentare una ricostruzione dell’assetto topografico del pianoro maggiore: ai margini dell’area urbana, probabilmente in                                                                                                                         15   Atti Perugia 12 collegamento con i principali accessi alla città, doveva esistere, almeno da un momento avanzato della prima metà del V sec. a. C., un sistema di santuari di impianto monumentale. Oltre al santuario identificato grazie alle scoperte di via Gramsci e al santuario dello Scasato II, posto ad est del pianoro maggiore, due santuari minori dovevano trovarsi a sud-est e a nord-est, uno dei quali parzialmente esplorato16. Nel contesto generale dell’area urbana, un settore nevralgico era costituito dalla località Scasato, probabilmente coincidente con il foro di Falerii17. Nel IV sec. a.C. lo Scasato si configura come il principale centro religioso della città: a breve distanza l’uno dall’altro, lungo il maggiore asse viario est-ovest, sorgono infatti due tra i più importanti santuari urbani, dedicati rispettivamente a Minerva e ad Apollo Soranus. Il monumentale tempio dedicato a Minerva, nel santuario dello Scasato II, documenta, insieme ai santuari suburbani di Vignale e Celle, la fase di rinnovamento edilizio che investe la città dall’inizio del IV sec. a.C., momento nel quale si attuano peraltro forme di regolarizzazione dell’impianto urbanistico di cui si sono riconosciuti gli effetti anche negli scavi condotti nel 1998 nell’area di via Gramsci. Alla fine del secolo, la costruzione del tempio dedicato ad Apollo Soranus non può non tenere conto del nuovo assetto e si allinea ad uno dei principali percorsi N-S18, quello collegato alla posterula sotto il giardino delle Clarisse, identificata dal Mengarelli come una delle porte urbiche settentrionali19. Pur tuttavia, nonostante una così attenta pianificazione degli spazi, il polo religioso del IV sec. a. C. risulta decentrato rispetto all’abitato quale è definito dal perimetro della cinta muraria, lasciando intuire una specifica vocazione sacrale di questo settore dell’area urbana sin dalle età precedenti, come hanno confermato le scoperte del 1924 e del 2004 nell’area del santuario dello Scasato II. Polo religioso, ma anche artigianale, come testimoniano i sistematici ritrovamenti di resti e materiali funzionali ad attività produttive, in particolare di ceramica, dislocate peraltro in prossimità delle aree santuariali20. (MDLB) I.1.A. LE RICERCHE CONDOTTE FINO AL 1939                                                                                                                         I dati sui due santuari minori sono riportati dai redattori della Carta Archeologica d’Italia ( COZZAPASQUI 1981, p. 6, e nota 15); l’edificio a sud-est è riportato anche nella Grande Pianta di Falerii (cfr. COZZA 1985) e le ricognizioni di Paola Moscati, durante le quali è stato recuperato un frammento di gamba pertinente a decorazione architettonica, sembrano confermare il dato (MOSCATI 1983, pp. 74-75, nn. 2-3, tav. XVII). 17 TORELLI 1993, p. 16 18 Probabilmente il cardo, secondo l’interpretazione di Giovanni Colonna (COLONNA 1985, p. 87) 19 Biblio 20 Non sembra senza significato, peraltro, che i settori produttivi individuabili nel tessuto urbano siano ubicati proprio in prossimità delle principali aree santuariali dell’antica Falerii. Lo stato dei rinvenimenti non consente, se non per il complesso del pozzo II di via Gramsci, di definire con certezza l’esistenza di un sistema complesso imperniato sulla produzione, vendita e circolazione di ceramiche destinate al circuito santuariale. 16   13 Il settore del pianoro di Civita Castellana che maggiormente venne interessato dai rinvenimenti di fine XIX-inizi XX secolo fu senza dubbio quello orientale. Questo perché da un lato la porzione occidentale del plateau era edificata e quindi non soggetta a particolari interventi e dall’altro perché invece proprio il settore orientale negli anni a cavallo tra la fine dell’‘800 e gli inizi del ‘900 subì profonde trasformazioni, legate perlopiù all’apertura della tranvia Roma-Civita Castellana e al conseguente sviluppo industriale dell’area21. Il periodo attorno alla fine degli anni ’80 del XIX secolo fu contraddistinto da ricerche mirate soprattutto all’indagine delle necropoli, che stavano restituendo ingenti quantità di materiali, poi venduti allo Stato Italiano. È d’altro canto ancora di là da venire l’interesse per l’indagine delle strutture urbane. Quello che però è certo è che si cercò di prestare una particolare attenzione da parte dell’Amministrazione dello Stato ogni qual volta si andasse a toccare per scopi edilizi parte del pianoro su cui sorgeva l’antica Falerii. La porzione orientale del pianoro era divisa in due zone, la località “Le Monache” a nord e “Lo Scasato” a sud. La delimitazione est-ovest di queste due aree era grossomodo costituita in entrambi i casi dagli assi viari omonimi – via delle Monache (attuale via Ferretti) da un lato e via dello Scasato dall’altro. I confini settentrionale e meridionale erano invece più netti, essendo costituiti dai limiti stessi del plateau. LOCALITÀ SCASATO I rinvenimenti di maggiore consistenza avvennero in località Scasato, ove a più riprese dal 1887 al 1924 furono portate alla luce strutture ascrivibili a vari momenti di occupazione del pianoro di Civita Castellana, dalla tarda età del Ferro sino al periodo medioevale. Tra le prime ricerche di cui rimane memoria bisogna ricordare quelle di cui si dà notizia nel volume di Notizie degli Scavi del 188722, quando “in un’area, ottenuta per mezzo di taglio nel banco di tufo, e nella quale si trovano praticati dei fori irregolari, ed una specie di sotterraneo, che probabilmente nei bassi tempi servì ad uso di cantina, si erano raccolti varî frammenti fittili” 23, che appartenevano alla decorazione di un tempio. Si trattava delle indagini condotte negli orti Morelli, Orazi e Baroni e che portarono alla luce i resti del sistema decorativo del santuario dello Scasato I (I.a.1)24. Se è ben nota la ricchezza delle decorazioni fittili recuperate in quell’occasione, assai più scarsi furono i rinvenimenti relativi alle strutture del/degli edificio/i. Coloro che condussero le indagini ricordano infatti di avere rintracciato sul terreno solamente un “piccolo tratto delle fondazioni, a due soli strati di blocchi di tufo, alti ciascuno m, 0,40 in circa”, nell’orto Morelli”. Al di sotto di questo lacerto di struttura affiorava già il banco tufaceo25. Un altro piccolo tratto murario era stato poi conservato sul confine tra gli orti Baroni e gli orti Orazi. Il rinvenimento dei frammenti statuari avvenne                                                                                                                         Si veda, a tal proposito quanto detto supra in Introduzione. Pasqui 1888, p. 137. 23 Cozza 1888, p. 414. 24 Per un posizionamento delle indagini condotte si veda di recente Biella 2004, pp. 327 ss. 25 Cozza 1888, p. 414. 21 22   14 dunque quasi esclusivamente all’interno di strutture ipogee con funzione originariamente idraulica. Nell’orto Baroni venne infatti scoperta “una grande fossa quadrata, di m. 13 di lato, e di quasi 8 m. di profondità, nelle cui pareti veggonsi canaletti ad opera muraria con intonaco, usati per regolare il corso degli stillicidi e mantenere asciutto il luogo”26. La cisterna era dotata anche di “nicchiette” praticate a varie altezze nella parete ed era fornita di due scale d’accesso, l’una con quaranta gradini – la maggiore – sul lato nord e l’altra – la minore con cinque gradini – sul lato ovest. Nell’orto Orazi venne inoltre scoperto un cunicolo, con soffitto voltato, di m 0,80 di ampiezza e alto m 2,50, che correva in direzione nord sino ad andare a trovare il suo sbocco nella rupe di Civita Castellana, attraversando, dunque anche la località Le Monache. Un’altra piccola vasca (m 1,30 x 0,60) fu rinvenuta sul confine tra l’orto Orazi e quello Baroni. Un “canaletto di scarico” partiva dalla vasca, mettendola in comunicazione con un piccolo pozzo di m 0,30 di diametro, che a sua volta era collegato con il grande cunicolo descritto. Vennero rinvenute durante le indagini anche “pozzi, fosse rettangolari, probabilmente usate per magazzini o per cantine”, di cui tuttavia non si fu in grado di stabilire una cronologia precisa e che non vennero comunque messi in relazione dagli scavatori con l’edificio templare 27 . È però interessante sottolineare come alcune di queste cavità dovevano essere anteriori alla costruzione del tempio, essendo state chiuse in occasione della sua edificazione, come testimoniato al momento dallo scavo dal tipo di riempimento riscontrato, costituito esclusivamente da “vasellame etrusco di uso domestico di età anteriore [a quella delle decorazioni fittili, NdA]” 28 . Altri però vennero assegnati da Adolfo Cozza ad età medioevale, contenendo “vasellame del X o dell’XI secolo, a copertura vitrea o di mezza maiolica come si suol dire” 29 . I resti del grande ciclo decorativo, noto in letteratura come Scasato I e inquadrabile secondo gli studi più recenti al III sec. a.C.30, vennero rinvenuti “sparsi tra la terra, o meglio rimasti occulti nelle buche naturali del tufo, sotto il piccolo strato di terreno vegetale”31. Risultò chiaro che in parte furono gettati all’interno della grande cisterna, quasi ad opera di pulizia del terreno circostante. Il Cozza propone anche di riconoscere il momento in cui avvenne quest’opera di dismissione: in epoca romana, tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero, per via del tipo di rinvenimenti presenti nello strato più superficiale della cisterna, tra i quali si distinguevano soprattutto “frammenti di vasi a vernice corallina imitanti le stoviglie di Arezzo” e che possono dunque essere riconosciuti come parti di fittili in sigillata italica32. Da questo dettaglio lo studioso propone di riconoscere in                                                                                                                         Cozza 1888, p. 414. Cozza 1888, p. 415. 28 Cozza 1888, p. 415. 29 Cozza 1888, p. 415. 30 Comella 1993, pp. 87 ss.. La studiosa propende per un inquadramento tra la fine del IV-inizi del III secolo per il nucleo più consistente delle decorazioni. Le terrecotte recuperate testimoniano tuttavia anche una fase più antica di metà IV sec. a.C. e una più recente di II-I sec. a.C. (Comella 1993, rispettivamente pp. 201 ss. e pp. 211 ss.), che suggerisce la continuità della frequentazione dell’area sacra anche dopo l’episodio bellico del 241 a.C. 31 Cozza 1888, p. 415. 32 Cozza 1888, p. 416. 26 27   15 questa porzione del plateau di Civita Castellana un’area destinata a coltura nel periodo dalla tarda Repubblica. Questa situazione dovette rimanere inalterata sino attorno all’XI secolo, età alla quale il Cozza attribuiva “un frantoio, scavato nel tufo, con orifizio di scarico a livello dello strato romano; nel quale frantoio si trovarono vasi a mezza maiolica dello stile del tempo”33. All’acribia con cui si descrissero i pochi resti strutturali rinvenuti, corrispose anche un’attenzione particolare alla raccolta dei frammenti relativi alla decorazione del tempio34 e ai materiali votivi35. Ancora alla fine dell’‘800 vanno collocate le scoperte in località Scasato, a brevissima distanza da quelle di cui si è sino ad ora detto, nei terreni di proprietà dei Signori Paolelli, in occasione della costruzione di un “grande magazzino”36 (I.a.2). In quella circostanza vennero alla luce strutture ascrivibili a due differenti periodi storici e con diverse funzioni. Sul lato orientale dell’area indagata furono infatti scoperte due tombe, l’una a fossa con loculo, destinata a ospitare due bambini e ascrivibile all’Orientalizzante Recente per via del corredo e l’altra a fossa semplice, con cassa litica rinvenuta senza corredo37. Nella porzione occidentale emersero invece parte di una platea di tegole, disposte nei pressi dell’imboccatura di un pozzo, una cisterna sotterranea e i resti di una struttura in blocchi di tufo, il rivestimento interno della quale, unitamente al tipo di reperti mobili recuperati, faceva propendere già gli scavatori, per un’interpretazione dell’area come destinata alla produzione di manufatti ceramici, con particolare riguardo alla vernice nera e al bucchero riconducibile alla cosiddetta domestic ware del Rasmussen38. Prova della costante attenzione che l’Amministrazione rivolge ai rinvenimenti, anche minimi, avvenuti a Civita Castellana è, ad esempio, quello del 1911, sempre in località Scasato, nei terreni della vedova Cossio (I.a.3), in una porzione di terreno ove era stata da poco aperta una cava di tufo. Ne dà notizia lo Stefani in uno dei suoi taccuini, conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Lo studioso infatti, alla data 27 febbraio 1911, dice: “Il Magliulo ritornò ieri a Civita da Corchiano perché chiamato per telefono dal Custode Rossi in seguito all'avvenuta scoperta di tre pozzi lungo i lavori della Tramvia, in vocabolo Pian di Catalano e pel trovamento di alcuni fittili presso la cava di tufi in contrada Lo Scasato, a 100 m circa a sud del luogo ove tornò in luce la fossa votiva del tempio omonimo. La proprietà è della sig. Elide Brunelli vedova Cossio. Il punto del trovamento è a 6 m ad ovest dal pozzo visto dal [illeggibile,                                                                                                                         Cozza 1888, p. 416. Una prima descrizione e una proposta descrittiva è contenuta in Cozza 1888, pp. 418 ss.. Un’analisi del sistema decorativo è stata presentata in anni non lontani in Comella 1993. 35 Per una trattazione sistematica dei votivi provenienti dai santuari di Falerii si veda Comella 1986. Per i pochi rinvenuti allo Scasato si veda in particolare p. 163, ai quali bisogna comunque aggiungere la pur generica notizia, contenuta in Cozza 1888, p. 415, della presenza di “mani, un piccolo torso di statua virile ed altri pezzi”. 36 Pasqui 1903, p. 453. La documentazione dello scavo è altresì conservata presso l’Archivio SBAR, Civita Castellana, 291/12 e i rinvenimenti sono stati in anni recenti riconsiderati in Biella 2004, pp. 325 ss. 37 I contesti sono stati in anni recenti rianalizzati in Baglione, De Lucia 2007-08, 878 s. Nel contributo si ricorda anche come altre sepolture sono venute alla luce altre due sepolture negli scavi SBAEM 1992 e di cui si tratterà più dettagliatamente nel prosieguo di questa trattazione. 38 Pasqui 1903, p. 456 e per il riconoscimento di una produzione di bucchero Biella 2004, p. 336. 33 34   16 NdA]. Gli oggetti sono un'aretta fittile, votiva, una gamba virile a tutto rilievo appartenuta a decorazione scultorea, poi tagliato al ginocchio forse per essere usata come voto, un fondo di una oinochoe di bucchero, una ciotoletta pure di bucchero e qualche altro frammentino insignificante. Non è improbabile che appartenessero alla fossa votiva del tempio dello Scasato vuotato a distanza”39. Deve passare una decina d’anni perché la località torni alla ribalta per via di scoperte archeologiche. Al 1921 risale infatti il rinvenimento di un assai interessante nucleo sepolcrale, costituito da quattro “tombe a pozzo”, venute alla luce durante i lavori per la costruzione della Società G.B. Percossi (I.a.4) 40. Purtroppo sembra che i materiali rinvenuti in quell’occasione non vennero acquistati dallo Stato e per tale ragione dobbiamo basare le nostre considerazione sull’analisi dei soli materiali archivistici. La tomba I era caratterizzata dalla custodia litica, all’interno della quale era presente un’urna cineraria e il corredo. La tomba II venne invece rinvenuta già vuota, ma rimaneva parte della custodia litica con il coperchio in frammenti; la III sembrò agli scavatori intatta, ma, una volta aperta, risultò vuota. I pochi dati a nostra disposizione ci portano a intessere una trama di confronti con altri nuclei sepolcrali di Falerii, e nella fattispecie con quelli rinvenuti sotto il tempio di Celle41, ma anche - e forse soprattutto – con alcune delle tombe rinvenute in località Montarano42. A brevissima distanza dalla Ditta Percossi e ancora una volta in occasione dell’edificazione di un’altra industria ceramica, la Ditta Coletta, nel 1924 venne alla luce il ricco contesto santuariale, ormai noto in letteratura con il nome di Scasato II43, la cui fase di maggiore splendore dovette corrispondere agli inizi del IV sec. a.C. (I.a.5)44. Sfortunatamente al momento abbiamo poche informazioni in merito alle indagini condotte. Rimangono però presso l’Archivio Fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale delle immagini assai eloquenti, che testimoniano le poderose strutture in blocchi di tufo, posti per testa e taglio, emerse nel 1924, che, evidentemente dovettero poi venire reinterrate. Raniero Mengarelli ricorda in occasione della pubblicazione del tempio del Manganello a Caere come fossero lì venuti alla luce pozzetti la cui funzione doveva essere legata al culto e, nel fare ciò, cita come confronto quelli scoperti nello scavo nello scavo dello Scasato II45. Maria Santangelo nel pubblicare la testa dello Zeus che a lungo è rimasta l’unico frammento edito del complesso di terrecotte, si riferisce alla struttura emersa come a un “tempio di tipo tuscanico a tre celle” 46, ipotesi questa corroborata dallo studio                                                                                                                         BAV, Carte Stefani 9, f. 43 r. Si vedano per la notizia anche Moscati 1990, p. 163 e per il posizionamento Biella 2010, nota n. 20 p. 23. 40 Per un’analisi dei documenti archivistici e di queste sepolture si veda Biella 2010. 41 Si veda, a tal proposito, infra la scheda ***. 42 Si veda, a tal proposito, infra la scheda ***. 43 Rimasto a lungo quasi del tutto inedito, il ricco insieme di terrecotte architettoniche è “riemerso” dai depositi del Museo di Villa Giulia dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso (Colonna 1992, Cristofani 1992, Cristofani-Coen 1991-92 e Carlucci 2004). 44 Carlucci 2004, p. 32. La studiosa ricorda come tra i materiali ve ne siano anche che attestano una fase precedente, databile attorno al 470 a.C. 45 Mengarelli 1935, p. 87. 46 Santangelo 1948, ***. 39   17 delle lastre di rivestimento delle porte, pertinenti ad almeno cinque angoli, che sono stati letti da Claudia Carlucci come “la prova insperata, in mancanza della struttura del tempio, della presenza di tre celle”47. LOCALITÀ LE MONACHE La località Le Monache fu invece interessata da un’unica campagna di scavo sistematica, alla quale si devono aggiungere le assai interessanti scoperte di terrecotte architettoniche avvenute durante lavori di ampliamento o di costruzione di alcuni edifici. Questi interventi, almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze, non furono sottoposti a controlli sistematici, con la conseguente perdita delle informazioni relative alle modalità di rinvenimento e delle eventuali strutture venute alla luce. Al 1909 risale la campagna di scavo del Signor Ugo Cardani, che fece eseguire alcuni scavi nei terreni di proprietà della Signora Maria Gertrude Hendrichs, in vocabolo Le Monache, nei pressi della chiesa di Santa Maria del Carmine (I.a.6) 48. Lo Stefani riconobbe, oltre ad una strada tagliata nella roccia, che doveva fungere da via d’accesso alla città sul lato settentrionale, un vano, presso il ciglio nord della rupe, identificato come una “tomba a camera”, che veniva così descritta: “la vôlta piana della tomba è sostenuta da un pilastro e da una colonnina rastremata in alto e sormontata da un capitello tuscanico, l’uno e l’altra ricavati dalla roccia stessa” 49. Sembra inoltre che su due delle pareti la tomba dovesse presentare dei loculi, la cui analisi venne resa difficile dallo stato di interro che caratterizzava la struttura al momento della visita dello Stefani, che comunque, notando anche la presenza dell’intonaco, propendeva per una datazione “al periodo tra il III e il II secolo a.C.”50. Lo studioso non escludeva la presenza di altre tombe lungo il costone settentrionale, che tuttavia non poterono essere indagate dal Cardani per via della situazione geomofologica del suolo. Lo scavatore procedette dunque per trincee. Ne aprì tre, portando alla luce nella prima un “cavo rettangolare scavato nel tufo, lungo circa m. 2,00 largo m. 1,50, discendente fino alla profondità di m. 2,30”51. Questa struttura non fu indagata sino al fondo, ma solamente per circa un metro. Nella seconda trincea venne scoperta una “calatoia” costruita in corrispondenza dell’imboccatura di un cunicolo, che, anche in questo caso venne indagato solo in modo parziale, ma per il quale si ipotizzò che si andasse a scaricare direttamente nella vicina porzione settentrionale della rupe del plateau di Civita Castellana52. Infine la terza trincea mise in luce “un vano sotterraneo scavato nel tufo, a pareti curvilinee, al quale si discendeva per mezzo di alcuni gradini ricavati nella roccia stessa”. Le indagini tuttavia interessarono anche la porzione occidentale dell’orto, annessa al Convento del Carmine. In questo frangente si poté notare in primo luogo come l’interro presente                                                                                                                         Carlucci 2004, p. 37. Una prima edizione dei rinvenimenti è contenuta in Stefani 1909, 193-196. Un’analisi maggiormente dettagliata è contenuta negli appunti dello Stefani (BAV, Carte Stefani, 5). 49 Stefani 1909, p. 194. 50 Stefani 1909, p. 194. 51 Stefani 1909, p. 193. 52 Stefani 1909, p. 195. 47 48   18 fosse a tratti anche molto consistente, superando persino i 6 m di profondità, e si rintracciò poi anche un bel frammento di terracotta architettonica. Lo Stefani si spinse, in virtù di questo rinvenimento, a ipotizzare che “la presenza di questo frammento architettonico ci fa supporre che in quelle vicinanze dovesse sorgere un tempio, uno dei tanti templi di cui era ricca quell’antica città”53. D’altro canto lo studioso ricordava in un appunto del 9 febbraio 1909 come: “Mi sono recato a vedere il luogo dove fu rinvenuto il frammento decorativo portato al Msueo dal Cozza, con palmette e fiori di loto. Il Sig. Luigi Morelli nello scavare le fondazioni di un muro e di alcuni pilastri di sostegno della tettoia del suo laboratorio meccanico rinvenne altri pezzi di quel fregio, di cui egli ne conserva altri 2 pezzi. I framm.ti si trovarono alla profondità di circa 1 metro e lateralmente a quelli un cunicolo - L'officina è davanti al prospetto della stazione tramviaria” 54 (I.a.7). Oltre al rinvenimento di materiale relativo alla decorazione di un edificio a carattere sacro, dalla scarna notizia si recupera ancora una volta la presenza di una delle infrastrutture idriche della città antica. Anche se al momento non precisabile, ad anni non lontani dal 1909 deve essere fatto d’altro canto risalire, da un’area significativamente non lontana al precedente rinvenimento anche la scoperta di altri due rivestimenti architettonici, uno riconoscibile come la porzione inferiore di un’antefissa configurata a Satiro che rapisce una Menade, e l’altra invece, generalmente descrivibile come una decorazione fittile, nella quale rimane la porzione anteriore di un felino. Questi frammenti vennero rinvenuti durante l’edificazione del Nuovo Cinematografo (I.a.8)55. LA PARTE OCCIDENTALE DEL PIANORO Anche se la gran parte delle scoperte avvenne nella porzione orientale del pianoro, non dobbiamo tralasciare di ricordare che in occasione di lavori di risistemazione di strutture esistenti anche la metà occidentale di Civita Castellana restituì interessanti testimonianze antiche. È il caso, ad esempio, delle tombe di epoca romana, rivenute qualche anno prima del 1895 durante i lavori di sistemazione del piazzale del forte borgiano, che vengono descritte dal Pasqui come “quattro o cinque sepolture a fossa, coperte da tegole, alcune delle quali con avanzi di scheletri e con qualche vasetto di corredo” e datate dallo stesso al III-II sec. a.C. in un’epoca comunque successiva al 241 a.C. (I.a.9)56. Questo rinvenimento va d’altro canto a sommarsi a quello di un colombario, rinvenuto nelle immediate vicinanze del Duomo, avvenuto in anni ben più recenti e di cui si tratterà nel prossimo paragrafo57. (MCB) I.1.B. LE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE DAL 1939 AI GIORNI NOSTRI                                                                                                                         Stefani 1909, p. 197. La descrizione è contenuta in BAV, Carte Stefani 5, f. 21 e se ne dà notizia in Stefani 1909, p. 197. Per un posizionamento del rinvenimento si veda Biella 2010, pp. 553 ss. 55 Per un’analisi preliminare del rinvenimento si veda Biella 2010, p. 555. 56 Pasqui 1903, p. 455 e Archivio SBAR, pratiche di tutela, 291/12. 57 Per una notizia di questa scoperta si veda Moscati 1990, p. 170 e tav. VII c-d. 53 54   19 Il 1939 segna l’inizio di una nuova fase nella storia istituzionale del Museo di Villa Giulia, così come nella storia della tutela archeologica. E’ questo l’anno nel quale viene promulgata la legge 1089 del 1 giugno per la” tutela delle antichità e belle arti” e nel contempo istituita la Soprintendenza alle antichità dell’Etruria meridionale che di fatto ha costituito una tappa fondamentale anche per la formazione delle attuali collezioni del Museo di Villa Giulia, passate da un criterio di ordinamento cronologico ad uno di carattere topografico, espressione delle competenze della soprintendenza stessa. Dal breve excursus cronologico sulle scoperte effettuate sul pianoro prima di questa data emerge come l’ultimo importante impegno istituzionale sul pianoro di Civita Castellana risalga al 1924 e agli scavi che portarono in luce il rilevantissimo complesso santuariale dello Scasato II. Da quel momento e fino al secondo dopoguerra la politica della ricerca archeologica mostra un sostanziale calo che investe peraltro non solo l’antica Falerii58, evidenziando una lenta ripresa solo negli anni successivi. Ripercorrendo le fonti archivistiche appare comunque evidente come gli interventi della Soprintendenza archeologica nell’area di Civita Castellana si siano focalizzati fino agli anni ’80 soprattutto sul territorio e sulle necropoli, trascurando fondamentalmente il settore dell’insediamento vero e proprio sia sul pianoro maggiore sia al Vignale, quest’ultimo solo apparentemente meno esposto a situazioni di rischio data la vocazione agricola del sito. Ci sono pervenute infatti solo poche segnalazioni relative all’area urbana e nessuna tale da costituire una base innovativa per la conoscenza del centro antico. La situazione è fondamentalmente mutata a partire dalla seconda metà degli anni ’80, allorché si è sviluppata una maggiore sensibilità verso l’archeologia urbana. Sebbene in linea generale gli interventi di scavo siano stati per lo più condizionati dalla casualità delle scoperte e resi obbiettivamente difficoltosi dalla situazione ambientale, nondimeno la maggiore attenzione alle problematiche di tutela nell’area dell’insediamento ha permesso da quella data in poi di acquisire dati di un certo rilievo per la conoscenza dell’antica Falerii . Fondamentale è risultato a questo scopo il sistematico controllo dei lavori di urbanizzazione primaria - quale ad esempio il collettore fognario in via Ferretti -, degli allacci idrici, della rete elettrica e telefonica, etc., ai quali si deve l’individuazione di tratti di cunicoli, pozzi, cisterne che si sono andati ad aggiungere a quelli già noti dalla cartografia antica, redatta alla fine dell’800 da Adolfo Cozza e qualche anno dopo da Raniero Mengarelli. Risultati ancora più rilevanti sono stati raggiunti in settori nevralgici del pianoro maggiore, dove la previsione di interventi edilizi ha suggerito di mettere in atto accertamenti di scavo preventivi atti a verificare la compatibilità del progetto con la presenza di resti archeologici nel sottosuolo. In particolare vanno segnalati i rinvenimenti effettuati in via Rosa nell’area del Palazzo Feroldi De Rosa, quelli nel settore ubicato tra via Gramsci e il Belvedere Falerii Veteres e nell’area dello Scasato, tutte interessate da una serie di scoperte di grande                                                                                                                         58   Federica Maria Chiara Santagati, Il museo nazionale etrusco di Villa Giulia, p. 32 20 impatto scientifico, alcune delle quali già portate all’attenzione del mondo archeologico. Ripercorriamole brevemente nel dettaglio: PALAZZO FEROLDI Nel 1999 sono stati condotti nella corte interna del Palazzo Feroldi De Rosa, oggi adibito a struttura alberghiera, accertamenti di scavo preventivo finalizzati alla realizzazione di un garage interrato. Le indagini hanno portato parzialmente in luce un potente accumulo di materiale archeologico databile tra il IV e il III secolo a.C., comprendente per lo più ceramica acroma e a vernice nera, ma anche ceramica decorata. Le modalità di deposizione, la presenza di ceramica mal cotta e di distanziatori per fornaci, fanno ritenere che sia stata qui individuata un’area utilizzata come discarica di una fornace che doveva trovarsi nei pressi. AREA TRA VIA GRAMSCI E BELVEDERE FALERII VETERES Si tratta di un settore dell’area urbana in posizione periferica, ma nel contempo centrale rispetto al perimetro della città falisca. Già Raniero Mengarelli vi aveva riconosciuto cisterne e cunicoli di cui ci ha lasciato documentazione nei rilievi autografi conservati nell’archivio storico del Museo di Villa Giulia, mentre resti di un cunicolo posto a 5 mt di profondità sono stati identificati in corrispondenza dell’area del distributore di benzina ubicato nei pressi, lungo via del Belvedere Falerii Veteres. VIA GRAMSCI Un episodio particolarmente significativo è quello scaturito dalle indagini effettuate nel 1998 in un terreno adiacente alla ex Chiesa di San Giorgio, gravitante sul Belvedere Falerii Veteres e prossimo alla moderna via Gramsci, nel quale era prevista la costruzione di una palazzina59. Qui è stato rinvenuto un articolato sistema ipogeo di captazione, approvvigionamento e conservazione dell’acqua, che presenta orientamenti diversi, frutto di interventi successivi di sistemazione e di razionalizzazione dell’area: sono state individuate, e solo parzialmente scavate, tre cisterne di differente tipologia. Due cisterne (A e B) si configurano come vere e proprie conserve d’acqua: si tratta di ambienti ipogei dotati di rivestimento idraulico su tutte le pareti, ad eccezione del soffitto, e di un pozzo di adduzione e di ispezione, munito di pedarole, collocato in entrambe sul lato occidentale. Una terza cisterna (C) risponde a criteri costruttivi e funzionali diversi, essendo in diretto collegamento con un cunicolo posto sul suo lato sud, mentre il pozzo di ispezione presenta un coronamento in blocchi di tufo, successivamente rimaneggiato per dotare la struttura di canali di adduzione. L’area è risultata inoltre percorsa in senso nord-sud da un cunicolo (α), a sezione ogivale con funzione di drenaggio del terreno, che doveva smaltire le acque verso                                                                                                                         59   Per un inquadramento generale dello scavo: DE LUCIA BROLLI 2006. 21 l’attuale via Gramsci. Analoga direzione è ricostruibile per un altro cunicolo (β), che attraversa in senso est-ovest la porzione settentrionale del terreno indagato, in corrispondenza dei resti di una struttura angolare in blocchi di tufo. Ad ovest della cisterna A un pozzo a fiasco (pozzo II), scavato nel banco e privo di impermeabilizzazione, ha restituito un complesso archeologico di grande interesse; infatti vi erano stati scaricati in antico, in due gettate fisicamente distinte da uno strato sterile, un gruppo di splendide terrecotte architettoniche databili intorno al 470-460 a.C. ed un consistente nucleo di ceramiche, per lo più frammentarie, inquadrabili nell’arco del V secolo a.C., miste a tegole e coppi minutamente frammentati. La deposizione, frutto di un intervento unitario, va ricondotta ad un contesto di tipo santuariale ed è conseguente allo smantellamento, intorno alla fine del V o agli inizi del IV secolo a.C., del tetto di un edificio sacro che doveva essere ubicato nei pressi. In una fase successiva, nel III sec.a.C., anche la cisterna B, quando era già priva di copertura, ha accolto uno scarico di elementi riconducibili allo smantellamento di un edificio a carattere monumentale: vi sono stati rinvenuti infatti numerosi blocchi squadrati di tufo, con incavi e riseghe per la messa in opera, resti di un pilastro, elementi della copertura di un tetto ( tegole e soprattutto coppi), parti del rivestimento fittile di colonne, pertinenti ad un sistema databile nella prima metà del IV secolo a.C., ambito cronologico al quale rinvia un frammento di antefissa a testa femminile di un tipo già attestato a Falerii a partire dal 380 a.C. nel santuario dello Scasato II e di Vignale60. Nessuno dei resti rinvenuti nell’area indagata può essere messo direttamente in rapporto con l’edificio templare al quale riferire il sistema decorativo tardo-arcaico; infatti l’unica struttura muraria rinvenuta e della quale resta un breve tratto angolare in blocchi di tufo è stata realizzata in un momento successivo allo scarico delle terrecotte nel pozzo II. Non è da escludere invece che siano riferibili a questa struttura gli elementi rinvenuti nella cisterna B. I dati emersi dalle indagini sono molteplici: 1) Si è individuata la presenza in questo settore dell’insediamento antico di un nuovo santuario urbano a carattere monumentale non altrimenti conosciuto, e frequentato almeno dalla prima metà del V al III secolo a. C. Sebbene al momento non sia possibile identificare la divinità che vi era venerata, sussistono indizi per pensare ad un culto di natura ctonia: nei pressi della struttura muraria è stato infatti rinvenuto un condotto formato da una serie di grandi tubi fittili che si insinuava nel sottosuolo e che sembra identificabile con un apprestamento atto a veicolare offerte liquide nella terra analogo ad altri rinvenuti in diversi contesti cultuali ctoni e/o catactoni sia in area etrusco-italica 61 , sia in Italia centro-meridionale 62 . A questo elemento si affianca la presenza nel sistema decorativo di età tardo-arcaica della                                                                                                                         Per le attestazioni dello Scasato II: CRISTOFANI-COEN 1991-92, p. 110 ss., fig. 38; per l’antefissa di Vignale cfr. ANDRÉN 1940, p. 103, II: 119, tav. 34 61 Cfr. Volterra: BONAMICI 1997-98 62 Cfr. a Pontecagnano, santuario settentrionale: BATTISTA 2005, p. 583, con altri riferimenti; Locri, Contrada Parapezza: SABBIONE, MILANESIO MACRÌ 2008, p. 251 e nota 10 57   22 iconografia del grifo, di cui è ben nota la correlazione con la figura di Apollo63. Questa suggestione trova ulteriore credito se si considera la dislocazione di questo settore dell’area urbana, che, lungo il perimetro della cinta muraria, domina la vallata del Rio Filetto proprio di fronte al Soratte, luogo primario per eccellenza del culto di Apollo Soranus64. 2) Il rinvenimento del complesso del pozzo II ha consentito di individuare una articolata produzione locale di ceramica fine da mensa, inquadrabile nell’arco del V secolo a C., con forme di sperimentazione tecnica che sembrano preludere alla nascita delle produzioni falische a vernice nera65. 3) Si apprezzano forme di regolarizzazione urbanistica dopo la fine del V-inizi del IV secolo a.C., che determinano un diverso orientamento sia delle strutture ipogee sia di quelle di superficie rispetto a quelle di età precedente. 4) L’area è stata frequentata in antico fino al III sec .a.C., allorché Falerii cade sotto i colpi della conquista romana, ma presenta tracce di utilizzo cimiteriale in epoca posteriore, collegabili probabilmente alla presenza della Chiesa di San Giorgio. BELVEDERE FALERII VETERES In contemporanea con le indagini nel terreno prossimo a via Gramsci, ai margini del terreno stesso lungo via del Belvedere Falerii Veteres è stata rinvenuta e parzialmente scavata nel corso dei lavori per la realizzazione del collettore fognario una fornace rinascimentale, utilizzata per la cottura di ceramiche per lo più di forma aperta66. Lo scavo è stato condizionato dalle esigenze del transito veicolare in sede stradale e pertanto si è potuta riportare in luce solo una parte della struttura, ubicata proprio sotto la carreggiata ad una quota di 90 cm di profondità. La fornace era conservata solo nella parte inferiore, della quale rimaneva il prefurnio posto a sud, con accesso diretto alla camera di combustione; quest’ultima, scavata in parte nel banco di tufo e in parte costruita in blocchetti e mattoni, presentava tre archi trasversali di sostruzione alla camera di cottura con il piano forato (mt 2 x 1,70). L’alzato era quasi totalmente perduto, sia per la scarsa profondità dal piano stradale, sia per la fragilità della volta che caratterizza questo tipo di manufatto. Il rinvenimento appare di grande interesse perché è una conferma diretta che localmente venivano prodotti manufatti ceramici; nel contempo, la dislocazione della fornace del Belvedere sottolinea la vocazione artigianale di questo settore del pianoro maggiore, che appare in sintonia con quanto avveniva in epoca falisca. LOCALITÀ SCASATO                                                                                                                         Sulla quale si veda SIMON 1998, che privilegia una lettura legata alla sfera funeraria, mentre interessanti considerazioni sull’accostamento del grifo alla figura di Apollo in ambito urbano e santuariale sono in CARLUCCI, Tesi di Dottorato, p. 99 61 Sul culto di Pater Soranus: COLONNA 1984-85, p. 76 s.; ID. 1991–1992, p. 95 sg.; ID. 1997, pp. 176 ss. ; ID. 2001, p. 42 ; COMELLA 1993, pp. 147-148 65 Per le motivazioni tecniche alla base di queste considerazioni si rinvia a DE LUCIA BROLLI 2006, pp.. 66 AGNENI- FERRACCI 2002 60   23 La ripresa degli scavi in questo settore è stata determinata, a partire dal 1992, da specifiche esigenze di tutela territoriale che hanno suggerito anche l’inserimento dell’area dello Scasato nel Progetto “Grandi santuari d’Etruria” avviato dalla Soprintendenza nel 2002. Nel 2003 e 2004 le indagini si sono attestate nel settore interessato dalla presenza del tempio dello Scasato II, nelle adiacenze della fabbrica Coletta, mentre nel 2005 una breve campagna di accertamento è stata effettuata nell’ambito dell’ex Orto Baroni in via del Fontanile (cfr. fig. ). VIA DELLO SCASATO Indagini estensive di scavo sono state condotte nel 1992 dalla Soprintendenza archeologica nell’appezzamento di terreno a N di via dello Scasato, adiacente alla chiesa di S. Chiara, dove erano in corso lavori di costruzione di una palazzina67. Il terreno ricade in parte nell’ex-orto Morelli dove alla fine dell’800 furono rinvenuti resti correlabili al santuario dello Scasato I ed in particolare nel settore occidentale dell’Orto, mai indagato in precedenza. Gli accertamenti hanno messo in luce una complessa situazione stratigrafica che indica una frequentazione non continuativa dell’area dal VII secolo a.C. all’XI-XII secolo d.C. 68 Le modalità di occupazione di questo settore dell’insediamento antico richiamano da vicino quelle evidenziate dagli scavi di Angiolo Pasqui durante la costruzione di un magazzino nella proprietà Paolelli nel 1903 (cfr. I.1.a): sono state infatti individuate e scavate due sepolture infantili in tombe a fossa con loculo sepolcrale entro sarcofago di tufo, che, andando ad aggiungersi ad altre due scoperte dal Pasqui, mettono in evidenza la presenza di un piccolo, ma significativo nucleo sepolcrale; queste sepolture, articolate in un periodo compreso tra la seconda metà del VII sec. a.C. e la fine del VII - inizi del VI sec. a.C., rappresentano una preziosa testimonianza residuale dell’occupazione di questo settore dell’insediamento da parte di famiglie il cui alto livello sociale è attestato dalla qualità dei corredi funerari. Non sono stati rinvenuti resti di edifici direttamente correlabili alle tombe, anche se lo scavo ha restituito materiali architettonici che attestano come in questa fase l’abitato fosse dotato già di strutture abitative in muratura sia pure disposte secondo un tessuto rarefatto, come sembrerebbe indicare il numero e la dislocazione delle sepolture infantili, solitamente ubicate nei pressi della casa. La continuità di vita ha comportato successivamente l’impianto di grandi cisterne ipogee collegate ad un sistema complesso di cunicoli, individuate nelle indagini del 1992 insieme a resti di strutture murarie e ad una platea di tegole con tracce di combustione, forse ricollegabili allo stesso impianto produttivo di ceramica di bucchero e a vernice nera riconosciuto dal Pasqui durante lo scavo per la costruzione del magazzino Paolelli nel terreno prospiciente 69.                                                                                                                         Per un inquadramento generale sui risultati delle indagini ed in particolare sulle sepolture infantili rinvenute nell’area: BAGLIONE-DE LUCIA BROLLI 2007-2008 68 Sulle ceramiche medioevali e rinascimentali: 69 Dapprima di bucchero e poi di ceramica a vernice nera: cfr. PASQUI 1903, pp. 456- 457 e BIELLA 2004, pp.. Sulla contiguità dell’impianto produttivo DE LUCIA BROLLI 2006, pp. 76-77, nota 30. 67   24 Le indagini condotte nel 1992 hanno consentito anche di osservare come in una fase di dismissione si sia impiantata qui una cava, utilizzata poi in piena età imperiale romana come area di sepolture alla cappuccina. VIA DEL FONTANILE Nel 2005 la Soprintendenza archeologica ha condotto indagini conoscitive su un terreno interessato da un progetto edilizio, ricadente nell’ottocentesco Orto Baroni nel cui ambito era stato individuato il santuario dello Scasato I -, e vicina anche all’area del secondo santuario dello Scasato. I saggi di scavo hanno messo in evidenza una situazione molto articolata per la presenza di ripetuti interventi antropici dall’età antica a quella moderna e resa complessa da interventi di spoliazione delle strutture murarie di epoca falisca. I lacerti di murature, sparse per l’intera area indagata, appartengono a fasi differenti di frequentazione, come segnala la diversa tecnica edilizia utilizzata. Alcune di queste, realizzate in blocchi di tufo, sono sicuramente appartenenti all’insediamento urbano dell’antica Falerii, mentre altre, alla stessa quota delle strutture di epoca falisca ma con un orientamento leggermente diverso, sono di età successiva e probabilmente pertinenti al “Borgo alessandrino”, che Alessandro VI Borgia volle fosse realizzato in contemporanea con la costruzione del Forte Sangallo alla fine del ‘400. Il quartiere fu distrutto a seguito di ripetuti incendi in occasione del passaggio dei Lanzichenecchi nel 1527, e mai più ricostruito70. Nelle immediate adiacenze di una possente struttura muraria di epoca falisca, segni di cava sul piano del banco tufaceo e un blocco in tufo sbozzato, ma ancora non estratto, indicano come i blocchi per questa costruzione siano stati cavati in situ. AREA DELL’EX FABBRICA COLETTA Nel 2003 la Soprintendenza archeologica ha avviato indagini di scavo preventive nei pressi della ex fabbrica Coletta, interessata da un progetto di riqualificazione. L’estensione e le modalità degli accertamenti sono stati fortemente condizionati dalla situazione ambientale, che non ha consentito uno scavo in estensione che, basandosi sui dati archivistici a disposizione, si proponeva di individuare sul terreno i resti monumentali del tempio dello Scasato II riportati in luce nel 1924 durante la costruzione della fabbrica. Nonostante i limiti necessariamente imposti dallo stato dei luoghi, lo scavo ha permesso di escludere la presenza delle strutture templari nell’area del piazzale alle spalle dell’attuale corpo di fabbrica, che è risultata invece interessata, oltre che da tagli e fosse di difficile interpretazione, da costruzioni più recenti71, anche queste probabilmente riferibili, almeno in parte, a quel “Borgo Alessandrino” di cui si sono individuati i resti anche negli scavi di via del Fontanile.                                                                                                                         Si ringrazia l’arch. Mauro Brugnoni per la preziosa informazione. Dopo la distruzione del Borgo Alessandrino la zona rimase disabitata e l’intera località si presentava ancora in questo stato - donde l’appellativo di Scasato -, e coltivata ad ortaggi, allorché nel 1887 furono avviati dal Cozza gli scavi che condussero al rinvenimento del tempio dell’Apollo (PASQUI 1887, p. 187; COZZA 1888, p. 416). 71 CARLUCCI-SUARIA 2004 70   25 Le indagini non sono state comunque infruttuose in quanto hanno fornito dati utili a ricostruire le diverse fasi di frequentazione di questo settore del pianoro, del quale costituisce l’ultima propaggine orientale: 1) Il sito è stato sicuramente frequentato in epoca falisca prima dell’impianto del grande santuario urbano dello Scasato II, come attestano i materiali rinvenuti. Una piccola fossa scavata nel tufo e dotata di battente potrebbe essere interpretata peraltro come una tomba per una sepoltura infantile. 2) La ceramica medioevale raccolta, tra cui una discreta quantità di ceramica a vetrina sparsa, conferma la frequentazione dell’area tra il X e il XIII secolo. 3) Il rinvenimento di un distanziatore ad anello per la cottura dei vasi di un tipo analogo a quelli rinvenuti dal Pasqui durante gli scavi del magazzino Paolelli lungo via dello Scasato72, potrebbe essere indizio della presenza di una attività artigianale anche in quest’area. AREA DELL’EX ORTO BELLONI Nel 2004 la Soprintendenza archeologica ha proseguito lo scavo avviato l’anno precedente davanti alla ex fabbrica Coletta nell’area del santuario dello Scasato II, concentrando questa volta le indagini in uno dei terreni della proprietà Belloni, in corrispondenza del quale erano venute alla luce, prima degli scavi Mengarelli del 1924, la testa del cd. Zeus ed altri frammenti scultorei73, oggi esposti nel Museo di Villa Giulia. La presenza più rilevante emersa, al momento, nell’ex Orto Belloni, è rappresentata da un edificio di carattere sacro, del quale si sono conservate parzialmente le fondazioni in blocchi di tufo con orientamento N-O/S-E, e che doveva svilupparsi in direzione del costone 74 (fig. pianta). La definizione planimetrica degli ambienti è risultata definitivamente compromessa su questo lato da strutture medioevali e rinascimentali che hanno tagliato le preesistenze e alterato la stratigrafia originaria, e che sono da ritenere parte del cd. Borgo Alessandrino. I resti di epoca falisca rinvenuti documentano l’esistenza nell’area del santuario dello Scasato II di un edificio diverso da quello dell’inizio del IV secolo a.C., dedicato a Minerva e identificato dal Mengarelli davanti alla fabbrica Coletta75. Gli strati di livellamento dell’area funzionali alla realizzazione della costruzione comprendono frammenti ceramici che dall’VIII sec. a.C. giungono ai decenni centrali della prima metà del V sec. a.C., attestando una frequentazione dell’estremità orientale del pianoro sin dall’età del Ferro, non documentata in precedenza. Essi hanno restituito, tra gli altri, rivestimenti fittili databili intorno al 470 a.C., che trovano un parallelo nelle terrecotte architettoniche coeve rinvenute negli scavi Mengarelli del 192476, documentando la dismissione di un sistema decorativo preesistente a quello                                                                                                                         A. PASQUI, NSc 1903, p. 457, fig. 2; BIELLA 2004, p. 9 ss., fig. 6 a-c Cfr. Archivio SBAEM, Civita Castellana, Varie, class. 12 S5, Soprintendenza Antichità Roma, n. 4, V, Provincia di Viterbo, lettere del 12.08.1924 e 16.08.1924 74 Le indagini effettuate nell’area sono state parzialmente edite in BAGLIONE, DE LUCIA BROLLI 2007-08. 75 Resti strutturali non collegabili all’edificio in esame sotto conservati sotto le strutture post-antiche. 76 CARLUCCI 2004, p. 32 72 73   26 ben noto dell’inizio del IV secolo a.C., che comprendeva il famoso ciclo scultoreo con la statua di culto di Giunone77. In antico, durante gli interventi per la realizzazione di uno dei muri perimetrali dell’edificio fu intercettata e rispettata nella costruzione una sepoltura infantile ospitata entro un piccolo sarcofago di tufo con coperchio displuviato. Il corredo, miniaturistico, collocato all’interno della cassa, indirizza verso una datazione nell’ambito della seconda metà del VI secolo a.C. LOCALITÀ LE MONACHE Nel 1999 i lavori effettuati per l’adeguamento funzionale del complesso monastico delle Clarisse hanno rivelato l’esistenza, al di sotto del piano pavimentale dell’ambiente destinato a refettorio, di un antico cunicolo per il drenaggio delle acque, scavato nel tufo. Liberato dalla terra, frammista a pochi materiali ceramici frammentari, il tratto di cunicolo che si sviluppa all’interno del refet torio è stato mantenuto in vista, grazie ad un’asola trasparente ricavata nel pavimento. Il cunicolo è a sezione ogivale, come testimonia il tratto della volta che si è conservato ed è fornito anche di un pozzetto di ispezione. L’orientamento est-ovest non sembra mantenersi costante, poiché il condotto, rettilineo nel breve tratto che è stato possibile scavare nel refettorio, sembra seguire un andamento curvilineo verso il giardino del complesso monastico. E’ molto probabile che esso si raccordi ad uno dei cunicoli già riconosciuti da Raniero Mengarelli tra la fine del 1800 e i primi anni del ‘900 in corrispondenza del complesso del monastero e da lui segnalato nella mappa conservata nell’Archivio storico del Museo di Villa Giulia. Parte occidentale colombario sotto Duomo (MADB) I.2 IL PIANORO DI VIGNALE: RICERCHE E SCOPERTE DALL’800 AD OGGI Il colle di Vignale, ubicato a nord-est del pianoro dove è la città odierna di Civita Castellana, riveste un ruolo di primo piano nello sviluppo dell’insediamento falisco, rappresentando il nucleo sul quale si sono rilevate le tracce più antiche di occupazione, che ha assunto poi con il tempo la funzione di acropoli nel più ampio contesto urbano di Falerii. Il pianoro, ancora oggi preservato dalla urbanizzazione, è in larga misura acquisito al demanio pubblico dal Comune di Civita Castellana. La prima frequentazione dell’altura risale all’età del Bronzo finale come prova la presenza cospicua di frammenti ceramici recuperati nel corso di ricognizioni effettuate negli anni ’80 e ’90 (Moscati 1983, p. 60; Di Gennaro 1988, p. 72), che mostra una particolare concentrazione nel settore nord-est del pianoro, lungo il versante che si affaccia sul Rio Maggiore, facendo ipotizzare uno stretto collegamento topografico tra l’area dell’abitato e i resti di un sepolcreto protovillanoviano, rinvenuti nel fondovalle in località Celle alla fine dell’800 durante gli scavi del tempio di Giunone Curite (vedi                                                                                                                         77   Sul ciclo decorativo dello Scasato II, da ultimo CARLUCCI 2004 con bibliografia precedente 27 schede 68 A, B). Ugualmente ipotizzabile appare il collegamento con il Ninfeo Rosa, sul fosso dei Cappuccini a circa 300 metri ad ovest del tempio di Celle, dove nella grotta utilizzata in epoca storica per la deposizione di offerte votive, furono trovati anche oggetti preistorici, facendo supporre una utilizzazione della caverna a scopo cultuale fin da quell’epoca. Con la fine dell’età del Bronzo, analogamente a quanto si verifica altrove nell’agro falisco, le testimonianze archeologiche si affievoliscono per riprendere con grande vigore solo nell’VIII secolo a.C.. Anche per questa fase non mancano per Vignale indizi di un insediamento stabile, forniti sia da raccolte di superficie (MOSCATI 1990, p. 142) sia dalla sua correlazione con una estesa necropoli di tombe a pozzo e a fossa ubicata sulla prospiciente altura di Montarano. I dati forniti dalle sepolture individuate e scavate alla fine dell’800 (COZZA, PASQUI 1981, p. 21-98) mostrano come l’insediamento fosse piuttosto consistente almeno fino alla metà del VII secolo a.C., allorché il sepolcreto di Montarano sembra esaurirsi. La presenza di tegole e di frammenti di materiale ceramico relativo a grossi contenitori per derrate alimentari, nonché a fornelli, dunque di materiali di uso domestico, osservata durante i sopralluoghi della fine degli anni ’90, fanno ipotizzare l’esistenza di abitazioni ancora nella seconda metà inoltrata del VII secolo a.C., mentre notevolmente ridotte sono le testimonianze di ambito funerario collegabili con l’abitato di Vignale, circostanza spiegabile con lo spostamento o l’incremento dell’insediamento da questa altura al pianoro maggiore. Nel contempo le pochissime tombe a camera orientalizzanti ubicate sulle alture dei Cappuccini e di Celle (COZZA, PASQUI 1981, pp. 99-144) appaiono pertinenti a nuclei familiari gentilizi, particolarmente aperti ad influssi culturali esterni, forse addirittura immigrati (DE LUCIA BROLLI 1998, pp. 208-209). Si tratta di gruppi certamente emergenti sul piano sociale, come denunciano l’adozione di una nuova tipologia funeraria a carattere monumentale - quella della tomba a camera -, la ricchezza dei corredi funerari, il possesso della scrittura, prerogativa indiscussa della classe aristocratica. Per quanto riguarda le fasi successive, le tracce più consistenti attualmente note appartengono ad età tardo-arcaica e classica, allorché la posizione emergente e quasi isolata di Vignale, sottolineata da una autonoma cinta muraria, forse del V sec.a.C., sembra favorirne la funzione di acropoli con finalità religiose. Appartengono a quest’epoca infatti le prime testimonianze archeologiche relative all’esistenza sul colle di un importante santuario, oggetto di scavi purtroppo incompleti alla fine dell’ottocento (CARLUCCI 1995). I resti del santuario costituiscono la prima evidenza di tipo strutturale messa in luce sul colle; ma di esso sono oggi visibili solo le due cisterne facenti parte del complesso cultuale (MOSCATI 1985, CARLUCCI 1995). Presumibilmente riconducibile all’ambito santuariale, ma con funzioni tutte da indagare, è anche un vasto ambiente sotterraneo sorretto da pilastri e fornito di diverticoli, che sembra il risultato di un ampliamento di una grotta naturale, che si apre non lontano dalla cisterna meridionale. Non è nota alcuna struttura databile al periodo romano confermando il dato tramandato dalle fonti della distruzione di Falerii dopo la conquista da parte di Roma nel 241 a.C.   28 Per il resto, a parte un settore della cinta muraria e alcuni tagli nella roccia riconducibili probabilmente ad accessi e percorsi, le evidenze maggiori sono di epoca ormai altomedioevale: sul costone che prospetta la strada di Braccio Treja si dispone infatti uno degli insediamenti rupestri a carattere religioso noti a Civita Castellana, quello di S. Cesareo, costituito da una serie di ambienti sorretti da pilastri, e talora collegati a strutture preesistenti (RASPI SERRA 1976). Il pianoro di Vignale è attualmente accessibile attraverso una via parzialmente tagliata nel banco tufaceo collocata nella sua estremità occidentale e di difficile datazione (DE LUCIA BROLLI, KEAY, MILLETT AND STRUTT 2007, p. 100). Le testimonianze archeologiche ancora visibili sono concentrate nella fascia orientale del pianoro, riferibili ad un complesso cultuale che sembra occupare tutta l’area in questione probabilmente destinata ad ospitare il santuario dell’acropoli di Falerii. Le più recenti indagini geofisiche eseguite sul pianoro con i fine di precisarne lo sviluppo urbanistico, hanno individuato un possibile accesso antico posto circa a metà del lato orientale, oggi in gran parte franato, interpretato come possibile “via sacra” prospiciente il territorio sabino che immetteva direttamente all’interno del santuario e, proseguendo verso ovest, attraversava al centro tutto il colle (DE LUCIA BROLLI, KEAY, MILLETT AND STRUTT 2007, pp. 98-100). Il santuario di Vignale è noto fin dalla fine dell’800 grazie alle ricerche governative, condotte tra il luglio 1895 ed il gennaio dell’anno successivo, da R. Mengarelli e A. Pasqui, che hanno permesso di acquisire, oltre al cospicuo gruppo di materiali, anche preziose informazioni circa l’assetto urbano del pianoro (CARLUCCI 1995, CARLUCCI 1995, DE LUCIA BROLLI, KEAY, MILLETT AND STRUTT 2007, pp. 46-58). Risultato di queste ricerche fu la scoperta di due grandi cisterne rettangolari orientate entrambe a NO-SE, tipologicamente simili e con funzione idrica, scavate in parte nella roccia ed integrate in diversi punti da muri in opera quadrata, caratterizzate da una scala di accesso con gradini ricavati nel banco tufaceo e cunicoli di adduzione e scarico delle acque (MOSCATI 1985, MOSCATI 1990). Le cisterne perfettamente conservate e visibili sono collocate ad una certa distanza tra loro. La più ampia è quella posta nel quadrante nord-est del pianoro isolata e priva di collegamenti con edifici sia di destinazione pubblica o sacrale sia a carattere privato. A nord del lato settentrionale venne messa in luce una platea in blocchi di tufo (oggi non più visibile) costruita per regolarizzare l’andamento orografico del terreno. La seconda cisterna, posta nel quadrante sud-est del pianoro, invece, era attigua alle fondazioni di un grande edificio in blocchi di tufo (oggi non più visibile, CARLUCCI 1995, DE LUCIA BROLLI, KEAY, MILLETT AND STRUTT 2007, p. 58, figg. 9-10) probabilmente da identificare con il tempio disposto con parete laterale parallela al lato maggiore della cisterna e orientato in direzione NO-SE in significativa analogia tipologica con il complesso di più recente impianto dello Scasato I. Purtroppo le indagini vennero interrotte prima di riuscire a mettere in luce completamente la pianta del tempio poiché si scelse di concentrare le forze, sia economiche che umane, nello svuotamento delle due cisterne. In suggestiva relazione con questo complesso potrebbe essere la profonda e ampia cavità di origine naturale, nel quadrante NE del pianoro, ma con interventi atti a regolarizzarne la forma con apertura prospiciente il monte Soratte.   29 Entrambe le cisterne furono rinvenute colme di frammenti della decorazione architettonica, dei votivi e di abbondanti elementi di spoglio dell’edificio sacro, oggi perduti, in particolare, rocchi di colonne, frammenti di basi di colonne, blocchi e frammenti modanati in tufo (CARLUCCI 1995). Il cospicuo gruppo dei rivestimenti del tempio e dei votivi sono divisi tra il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia ed il Museo Archeologico dell’Agro Falisco di Civita Castellana. (CC) BIBLIOGRAFIA: PASQUI 1903, pp. 454 - 455; FREDERIKSEN, WARD PERKINS 1957, pp. 130 - 131 -133; GAMURRINI, COZZA, PASQUI, MENGARELLI 1972, p. 169, 180, 191, 292, 370, 381, 384, figg. 121, 209, 221, 222, 230, 246; RASPI SERRA 1976, pp. 27156; COZZA, PASQUI 1981, pp. 3 - 9; MOSCATI 1983, pp. 55 - 89; MELIS, MOSCATI 1985, pp. 85 - 86; COZZA 1985, pp. 17 - 49, fig. 7; MOSCATI 1990, p. 141 ss.; DE LUCIA BROLLI 1991, pp. 28 - 30, fig. 18; CARLUCCI 1995; CARLUCCI, DE LUCIA BROLLI, KEAY, MILLETT AND STRUTT 2007, pp. 39-121. Schede di ricognizione A 83 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Vignale (Mignale) RICOGNIZIONI: 07-11-1994 OGGETTO: Area di insediamento della città di Falerii. LOCALIZZAZIONE: Pianoro a NE di Civita Castellana, Fosso S. Anselmo a N e a O, torrente Treia a SE, via Flaminia a S. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Da segnalare nella zona di accesso al colle ed al centro del pianoro, nei terreni intorno al casale, una vasta area con alta concentrazione di materiale fittile (tegole di I III fase, ceramica di varia tipologia e arco cronologico tra cui bucchero, vernice nera, impasto). OSSERVAZIONI: L’area, al momento della ricognizione del 1994, era utilizzata a seminativo e a pascolo. C.C. RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione complessiva del pianoro descritta. Va segnalato che nel corso degli anni la situazione proprietaria è mutata e che la Cisterna Nord è stata ripulita, recintata e resa visibile dal privato. La cisterna sud è inserita nella proprietà comunale che ha una destinazione a Parco urbano (Nota aggiunta da De Lucia da rivedere la scheda inserendo i dati topografici visibili, quelli non visibili vanno citati su e mettiamo la planimetria Moscati) Rivedere la scheda inserendo i dati topografici visibili, quelli non visibili vanno citati su e mettiamo la planimetria Moscati (PP)   30 II. IL SUBURBIO II.1. LA TOPOGRAFIA DEL SUBURBIO Se osserviamo oggi il suburbio del pianoro maggiore di Civita Castellana percepiamo solo in parte le modalità di occupazione che in antico lo interessavano, dal momento che l’urbanizzazione moderna si è spinta fino a raggiungere ampie fasce di territorio un tempo sfruttate per scopi diversi. Maggiormente conservato appare il paesaggio storico nell’area a nord di Vignale, che era interessata non solo dai più antichi sepolcreti dell’insediamento protourbano (Montarano Nord, Montarano NNE – scheda??), ma anche da quello che si configura come uno dei principali santuari suburbani di Falerii, il santuario di Giunone Curite in località Celle (scheda 68A???). Le informazioni che abbiamo sull’assetto archeologico di questo lembo del territorio evidenziano una diffusa occupazione soprattutto a settentrione dell’altura (si vedano le notizie archivistiche sulla scoperta di un’area sacra alle pendici nord del colle), con un raccordo verso occidente ovvero verso il pianoro maggiore rappresentato dalla Cava del Lupo e dall’area sacra del cd. Ninfeo Rosa. Minori informazioni abbiamo dal comparto meridionale, profondamente segnato dal passaggio della strada (l’attuale via S.Salvatore) che, staccandosi dalla via Flaminia, immette in città. Lungo questo raccordo stradale sono stati individuati, negli anni ’90 nel corso dei lavori per la condotta fognaria???per la SIRTI???, resti relativi ad un tracciato viario di epoca probabilmente medioevale impostatosi su uno strato di blocchi di riutilizzo sicuramente provenienti dall’altura sovrastante. DA RIVEDERE L’urbanizzazione ha invece cancellato in larga misura le tracce delle ampie necropoli che si estendevano immediatamente ad ovest del pianoro maggiore fuori della cinta muraria che presumibilmente dal V sec. a.C. cingeva su questo lato l’abitato antico: a sud-ovest la necropoli della Penna, a nord-ovest quella di Valsiarosa, entrambe ben note per i risultati degli scavi ottocenteschi. La ricostruzione dell’estensione di queste due necropoli deve basarsi non solo sulle planimetrie edite relative a queste indagini, ma anche sui dati archivistici degli anni ’60 del ‘900 che sono stati confermati per la Penna dalle ricognizioni. Per la necropoli di Valsiarosa va invece osservato come le tombe a camera scavate all’epoca siano state poi obliterate dall’espansione edilizia, come è possibile vedere sovrapponendo la planimetria ottocentesca alle odierne foto satellitari (fig..). Tuttavia la presenza di tombe a camera ancora conservate nel sottosuolo è emersa alla fine degli anni ’80 nel giardino di casa Brunelli nel corso di lavori di manutenzione. L’estensione della necropoli di Valsiarosa deve confrontarsi inoltre con i dati archivistici relativi al nucleo di tombe della necropoli cd. di Ponte Lepre (vedi sotto), che, costituisca o meno parte integrante della prima, attesta comunque una dilatazione verso occidente del sistema dei sepolcreti urbani. A sud-est della necropoli della Penna altre presenze di carattere funerario si fondono con le sopravvivenze della Civita medioevale: è il caso della necropoli delle Piagge la cui tomba con “torcularium” (scheda???), ritenuta fin dal 1928 meritevole di tutela, è   31 ubicata lungo il percorso dell’antica strada per Nepi, ricalcato dal tracciato medioevale su cui insiste ancora oggi la Porta Lanciana. La parziale conservazione della necropoli è stata assicurata dal fatto di essere ricavata sul ripido costone tufaceo che sovrasta la valle del Rio Filetto, meno esposta a processi di espansione edilizia anche per la vocazione religiosa del sito di fondovalle occupato dalla Chiesa medioevale della Madonna delle Piagge, oggetto di una particolare devozione popolare. A nord del pianoro maggiore si articolano una serie di necropoli, che hanno restituito tombe monumentali, non tutte oggi visibili; a partire da nord-ovest la necropoli di Terrano conserva lungo la via omonima i resti di alcuni sepolcri(schede???) che costituivano in antico parte di un più ampio complesso funerario poi ricompreso in località Castellaccio in un articolato contesto segnato da viabilità antica e da una torre di epoca medievale (schede???). Come questa, anche la necropoli di Colonnette è ubicata a nord del Rio Maggiore; benché abbia restituito pochi contesti archeologici negli scavi ottocenteschi per le motivazioni che emergono dai dati archivistici relativi al sepolcreto, la necropoli è una delle più estese e, sebbene non accessibile al pubblico in quanto in proprietà privata, è certamente una delle più conservate in superficie. Se osserviamo la distribuzione dei sepolcreti settentrionali, - accanto a quello di Colonnette, quelli dei Cappuccini e di Celle, - appare evidente come l’asse fluviale costituito dal Rio Maggiore rappresenti l’elemento topografico polarizzatore anche per il tramite dei fossi confluenti, determinando un assetto a tenaglia che tende idealmente a comprendere il pianoro maggiore e l’altura di Vignale. Lungo questo percorso fluviale sono dislocati anche i santuari suburbani della città, da quello di Celle già ricordato a quello dei Sassi Caduti, ubicato anch’esso in una vallecola di fondovalle ai piedi dell’altura di Colonnette e in prossimità della sella naturale che congiungeva il pianoro maggiore con il colle di Vignale; di questo importante santuario (scheda???) i resti oggi non sono rintracciabili sul terreno a causa della situazione ambientale interessata da crolli e vegetazione altamente infestante. Le notizie sul santuario dei Sassi Caduti ci pervengono pertanto solo dalle note bibliografiche e archivistiche sugli scavi ottocenteschi. Altri dati archivistici, regalandoci preziose informazioni anche sul sito di rinvenimento dell’Andromeda incatenata alle rocce, individuabile a nord del Ponte Clementino (vedi sotto), ci consentono di intravvedere un sistema di santuari omologo alla “cintura” di edifici sacri presente nell’area dell’insediamento in stretto rapporto con accessi privilegiati all’abitato. (MADB) II.1.A - RICOGNIZIONI ARCHIVISTICHE Come si è già visto per il centro urbano, anche nel caso del suburbio vi sono rinvenimenti che sono per noi attestati grazie alle sole fonti d’archivio (inserire qui i riferimenti a tombe e tombine trovate nel territorio e non ancora localizzabili con certezza) e che al momento, o per via del processo di urbanizzazione o per questioni legate allo sfruttamento agricolo dei suoli, non sono più in alcun modo controllabili sul terreno.   32 Nei casi più fortunati lo Stato Italiano ha acquistato parte, o tutti, i materiali rinvenuti durante le indagini, ma in altri ci rimangono invece scarne notizie che attendono di essere approfondite con ulteriori ricerche. I rinvenimenti più rilevanti e che verranno trattati nel dettaglio in questa sede sono quattro: nella porzione settentrionale del suburbio, da est a ovest, l’edicola rinvenuta al di là del Rio Maggiore/Fosso di S. Anselmo davanti al santuario di Celle, il cosiddetto Ninfeo Rosa,il luogo di culto da cui viene il noto frammento di altorilievo di Andromeda incatenata alle rocce, oggi al Museo di Villa Giulia, e la necropoli di Ponte Lepre, sul cui problematico posizionamento già si è accennato nella scheda relativa alla necropoli di Valsiarosa78. LA SCHEDA DI VALSIAROSA VIENE DOPO L’“EDICOLA E STIPE VOTIVA” LUNGO I FIANCHI DEL VERSANTE NORD DEL POGGIO DI VIGNALE Le notizie in merito a questo rinvenimento sono molto scarse e sono perlopiù recuperabili grazie all’elenco inventariale del cosiddetto Museo Falisco, sorto a Civita Castellana nella “soppressa chiesa comunale di San Giorgio” negli anni ’80 del XIX secolo79. Il documento così come la pianificazione del Museo fu opera di Adolfo Cozza, che aveva già alle spalle la progettazione e la realizzazione di un’altra istituzione museale civica, quella di Orvieto, avvenuta negli anni 1874-187980. Nell’elenco sono presenti dal n. 16 al n. 28 un insieme di materiali chiaramente riferibili a un contesto sacro, che, stando alle annotazioni del Cozza vennero depositati al Museo “dal Sig. Vincenzo Gori rappresentante di una società di scavo”. Essi “appartengono tutti come evidentemente appare ad una Edicola e Stipe votiva che fu rinvenuta nel mese di Settembre 1885 lungo i fianchi del versante Nord del poggio detto di Vignale, in prossimità di una sorgente”. Il nucleo di materiali comprendeva, per quanto riguarda gli elementi architettonici due antefisse a testa di Sileno con capo coperto da pelle leonina, quattro antefisse a testa di Sileno, un’antefissa a testa di Menade, una con Satiro e Menade a figura intera e un frammento genericamente definito come “parte di femore”. Per quanto riguarda invece il deposito votivo esso era composto da un consistente gruppo di votivi anatomici, tra i quali si ricordano teste femminili, una testa maschile, piedi, due statuette, tre pesi da telaio e ceramica a vernice nera. A questi reperti si devono aggiungere anche alcune “monete romane degli ultimi anni della repubblica o dei primi dell’impero” e frammenti di fibule e “bronzi di nessun valore”81. Purtroppo, a parte le scarne notizie di cui si è detto, non si sa altro in merito alle modalità con cui le indagini vennero condotte, mentre si è più sicuri sull’ubicazione delle stesse, perché in una lettera del 3 settembre 1885, indirizzata al                                                                                                                         Si vedasupra, p. ***. Per un’analisi del Museo Falisco si veda M.C. Biella, Falerii Veteres: alcune novità tra archeologia e archivistica, in AC LV, 2004, pp. 340 ss e M.C. Biella, La collezione Feroldi Antonisi De Rosa, Tra indagini archeologiche e ricerca di un’identità culturale nella Civita Castellana postunitaria, p. 10 per le probabili motivazioni della breve durata dell’istituzione. 80 Si veda, a tal proposito, di recente P. Tamburini, in P. Tamburini, C. Benocci, L. Cozza Luzi, Adolfo Cozza, Orvieto 2002, pp. 85-89. 81 Il documento è conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269) e riprodotto integralmente in Biella 2004, pp. 353 ss. 78 79   33 Ministro della Pubblica Istruzione, il Gori, in qualità di rappresentante della Società di Scavi Archeologici dichiarava: “Eccellenza, essendosi costituita in questa città una associazione collo scopo di praticare dei scavi per rinvenire oggetti di arte antica, il sottoscritto rappresentante della medesima fa istanza all’E.V. per la dovuta autorizzazione e a tale effetto esibisce il permesso dei proprietari Signori Del Priore Pietro e Giuseppe, del terreno-Vocabolo Ponte Celle, ove si vorrebbero incominciare gli scavi; con riserva poi di produrre altri permessi qualora si dovessero intraprendere altri scavi” 82 . Il Gori agì dunque sulla proprietà Del Priore che corrisponde alla particella catastale n. 233 della sez. II dell’Antico Catasto Pontificio della Delegazione di Viterbo. È questa l’area in cui un decennio più tardi, nel 1895-96, verranno ampliati gli scavi governativi di Vignale, secondo il quadro ricostruito da Claudia Carlucci83. IL NINFEO ROSA Nel 1873 “alcuni artieri della città”84, dopo un temporale, trovarono in modo del tutto fortuito in località Fosso dei Cappuccini, non lontano dal centro urbano, cinque statuette in bronzo in un terreno di proprietà del Conte Cesare Antonisi Rosa. I bronzetti furono immediatamente immessi nel mercato antiquario romano e vennero venduti per una cifra all’epoca ritenuta molto redditizia. Gli scopritori cercarono di tenere nascosto l’accaduto, ma, stando alle parole di Francesco Tarquini, un erudito locale, “come vi sono intrigate le donne, presto si andette a scoprire”85. La notizia giunse anche alle orecchio del proprietario del terreno, il conte Cesare Antonisi Rosa e lo stesso si adoperò per ottenere un permesso di scavo. Gli esiti della campagna di ricerche suscitarono un grande interesse sia nell’ambiente civitonico sia invece in quello scientifico dell’epoca, come dimostrato dalla notizia data dall’Eroli già nel 1875 in un’adunanza dell’Instituto di Corrispondenza86. Le ricerche condotte portarono alla luce un complesso santuariale composto da una serie di “cavernette” – secondo la definizione degli autori contemporanei alla scoperta –di un “canale”, ricavato nel banco tufaceo e da uno “sbarramento” delle acque, costruito in opera quadrata e ubicato nel mezzo del Fosso87. La topografia dell’area è stata purtroppo stravolta ALLA FINE DEGLI ANNI ’80 in anni recenti dalle gettate di cemento realizzate per la messa in posa dei condotti dell’impianto fognario. L’accesso al Fosso sia a valle sia a monte è oggi impossibile e l’unica possibilità d’accesso all’area rimane quella di calarsi nel fosso direttamente dal pianoro soprastante. Le strutture sono comunque ancora                                                                                                                         AABBAA, I versamento, b. 138. C. Carlucci, Il santuario falisco di Vignale. Nuove acquisizioni, in AC XLVII, 1995, 69-101. La studiosa nella stessa sede ricorda come al Museo di Villa Giulia siano conservati ai nn. inv. 2608-2621 un nucleo di materiali che propone di riconoscere come quelli rinvenuti nelle campagne precedenti alle ricerche governative. Necessita ora un incrocio di dati tra l’elenco inventariale Cozza e l’elenvo VG per essere sicuri al 100%. Ma, come le accennavo questo pomeriggio per telefono, ci dovremmo essere: abbiamo recuperato materiali e contesto… Quando posso curiosare? Non nascondo che la curiosità è alle stelle… 84 F. Tarquini, Notizie istoriche e territoriali di Civita Castellana, Castelnuovo di Porto 1874, p. 5. 85 Tarquini 1874, p. 24. 86 G. Eroli, in BullInst 1875, 133-***. 87 Per un inquadramento topografico dettagliato dell’area si veda da ultimo M.C. Biella, Nuovi dati sul cosiddetto ‘Ninfeo Rosa’ in località Fosso dei Cappuccini a Falerii Veteres, in StEtr LXIX, 2003, pp. 118 ss. 82 83   34 nella maggior parte riconoscibili e l’unica ad avere subito forse i danni più consistenti è lo sbarramento delle acque a cui si faceva cenno, che è comunque riconoscibile al di sotto di uno strato d’interro. Per quanto riguarda invece i reperti architettonici e i materiali votivi scoperti negli scavi del conte Cesare Antonisi Rosa, purtroppo la stipe è andata dispersa ed è stato possibile ricostruirla solo in anni recenti, rintracciando le varie parti presso musei italiani e stranieri88.In questa sede ci si limita a segnalare la presenza di un buon numero di statuette bronzee, unitamente a materiali più consueti nelle stipi votive dei santuari di Falerii, quali ex-voto fittili e vasellame. Interessante è la presenza ancora una volta di monete di età romana repubblicana, tra cui un asse librale e una moneta di Suesanum e di lucerne anch’esse ascrivibili a età romana. Questi reperti testimoniano la prosecuzione del culto anche dopo la conquista romana della città. Particolarmente significativi per quanto concerne invece gli aspetti del culto sono da un lato la presenza del bacino artificiale, creato grazie allo sbarramento delle acque, unitamente anche al rinvenimento di vasetti miniaturistici, che suggeriscono il significato e il ruolo giocato dall’elemento “acqua”, forse in relazione anche con la sfera della sanatio, come testimoniato anche dalla presenza dei votivi anatomici. Un ultimo cenno merita la posizione topografica del contesto sacro in questione, ubicato nel Fosso dei Cappuccini, affluente di sinistra del Rio Maggiore, e posto in quel settore di fondovalle del suburbio di Falerii Veteres, contraddistinto dalla presenza massiccia di luoghi di culto: il santuario di Celle da un lato e quello dei Sassi Caduti dall’altro. IL SANTUARIO DELL’ANDROMEDA INCATENATA ALLE ROCCE Spostandosi nell’area suburbana verso occidente e risalendo dal fondovalle, “a circa 400 m dalla sponta [sic!] nord del ponte Clementino” 89 , dobbiamo collocare un “nuovo” luogo di culto rimasto sino ad anni assai recenti “sepolto” negli archivi. Tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio del 1911, durante i lavori di prolungamento della linea tramviaria Roma-Civita Castellana in direzione di Viterbo, venne infatti alla luce una cavità sotterranea, del diametro di m 4,83 e identificabile dunque come una grande cisterna.Si provvide a scavare detta struttura sino alla profondità di m 5,30, quando si rintracciò il terreno vergine. Il riempimento restituì materiali pertinenti sia alla decorazione architettonica di un edificio a carattere sacro, tra i quali si ricorda il celebre frammento di Andromeda incatenata alle rocce, inquadrabile nella prima metà del III sec. a.C.90,sia materiali votivi91. L’Andromeda d’altro canto non fu l’unico frammento di altorilievo rinvenuto: va infatti ricordato come nella medesima occasione vennero alla luce almeno un “grosso frammento di terracotta rappresentante il busto di una figura maschile a basso rilievo; molto danneggiato, con                                                                                                                         Si veda, a tal proposito, per un’analisi aggiornata Biella 2003, pp. 124 ss. AVG, Attualmente fuori posizione archivistica – Ex cartella n. 40 della classificazione II. Collezioni e Scasi, C. Scavi. 90 Per un’analisi stilistica e per la datazione si vedano G. Colonna 1991, p. 122 e tav. XXIV e M. Torelli, Fictiles fabulae, Rappresentazione e romanizzazione nei cicli figurati fittili repubblicani, in Ostraka II, 2, 1993, pp. 289 s. 91 Per un’analisi del contesto si veda M.C. Biella, A proposito del rinvenimento dell’Andromeda da Falerii Veteres, in AC LXI, 2010, pp. 547-553. 88 89   35 un solo braccio piegato nel gomito e mancante della mano e della parte verso la spalla” e un frammento di gamba virile, oltre che una “testina muliebre appartenente ad un’antefissa”. In aggiunta alla cisterna, stando alla relazione a firma di Ettore Gabrici, furono rintracciati anche “la sezione di parecchi fondi di abitazione, il cui piano è incavato nel tufo, formando come una conca in sezione, munita alle estremità di blocchi quadrati che sono da ritenere avanzi di muri delle case”. Lo studioso però si spinge oltre, fornendoci un dato ancora più interessante: “E poiché l’esistenza di tali costruzioni è stata da me riconosciuta in vari punti, non è improbabile che vi esistesse un abitato in antico. I fondi delle abitazioni sono coperti e riempiti da uno strato di terreno che varia in spessore da cm 50 a 1,50, contenente numerosi avanzi di ceramica, anch’essa in massima parte dei secoli IV-III a.C. ed anche di epoca romana. […] Si può argomentare, che vi fosse la sede di abitanti dei secoli IV-III, e che a breve distanza sorgesse un tempio di tipo etrusco”92. LA NECROPOLI DI PONTE LEPRE Spostandosi ancora più verso occidente, l’ultimo complesso che si analizza e la cui conoscenza dipende in buona sostanza dai soli dati d’archivio è la necropoli di Ponte Lepre, che assurge agli onori della cronaca nei primissimi anni del ‘900. Sappiamo infatti che in quella località vennero eseguiti regolari scavi ad opera del conte Ugo Feroldi Antonisi De Rosa tra il 1904 e il 190693. In quella circostanza fu dapprima rinvenuta fortuitamente una tomba durante i lavori per una cava di tufo e, a seguito di questa scoperta, si provvide ad avviare una campagna sistematica di ricerche, che portò alla scoperta di cinque tombe a camera, che restituirono un’ingente quantità di materiali di pregio. Degna di nota è soprattutto il corredo della tb. I, che ha ospitato sepolture dalla prima metà del VI sec. a.C.. La ricchezza è sancita anche da un notevole corredo di vasellame bronzeo94. Tutte le tombe sono comunque inquadrabili in un periodo che va dall’età arcaica al IV-III sec. a.C.. Il problema vero della necropoli risiede tuttavia nel suo posizionamento nell’ambito del suburbio di Falerii: la località Ponte Lepre non è infatti nota dalle fonti cartografiche di fine ‘800 – inizi ‘900 e l’unica notizia a oggi disponibile era la fonte orale, che consentiva di “collocarla nei pressi di un piccolo ponte, sito tra la necropoli della Penna e quella di Valsiarosa, in un’area oggi completamente urbanizzata, non lontano dal Forte Sangallo”95. Questo silenzio cartografico non ha un corrispettivo nelle fonti archivistiche, che ricordano anche altri rinvenimenti avvenuti in località Ponte Lepre e nella fattispecie la richiesta di permesso di scavo delle signore Giuseppina, Faustina e Maria Quatrini96e soprattutto quello della signora Giacomina Tingani ved. Brunelli, che già nel 1895                                                                                                                         La relazione è conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato, AABBAA, Divisione I (1908-1924), b. 19, fasc. 399. 93 Per una breve narrazione delle vicende relative alle indagini condotte e alla sorte toccata ai materiali si veda Biella 2011, pp. 18 ss.. 94M.A. De Lucia Brolli, Civita Castellana, Il Museo Archeologico dell’Agro Falisco, Roma 1991, pp. 47 ss. 95 De Lucia Brolli 1991, p. 47. 96 AABBAA, II versamento, I parte, b. 269. 92   36 faceva richiesta di potere indagare una sepoltura in un terreno di sua proprietà in contrada Valsiarosa, località Ponte Lepre 97 . Da questa osservazione scaturisce ovviamente la necessità di rianalizzare tutta la documentazione esistente relativa da un lato all’estensione della necropoli di Valsiarosa e dall’altro di cercare di capire meglio la relazione esistente tra quelli che sino ad oggi si sono considerati due nuclei sepolcrali distinti. (MCB) II.2. IL SETTORE OCCIDENTALE DEL SUBURBIO NECROPOLI DELLA PENNA Schede A89, 12/00469830 Il sepolcreto di Penna sorge a sud-ovest del pianoro, immediatamente al di fuori del perimetro della cinta muraria che delimitava, probabilmente dal V sec. a.C., l’area urbana (cfr. scheda A89). La sua dislocazione è ritenuta significativa ai fini della precisazione dei limiti occidentali dello sviluppo di Falerii nel VII sec. a.C. Nel corso di questo secolo, infatti, l’insediamento di Vignale si estende ad occupare anche il pianoro dell’attuale Civita Castellana, come sembra indicare proprio la distribuzione delle necropoli di questo periodo. Scavata tra il 1887 e il 1890, la necropoli della Penna, è oggi obliterata in gran parte dall’espansione dell’abitato moderno. Le tombe più antiche, a fossa con uno o due loculi, si concentrano nel settore settentrionale del sepolcreto, più vicino all’area dell’insediamento. I dati offerti dai materiali dei corredi funerari sembrano indicare una concentrazione delle più antiche tombe a camera (di età orientalizzante e arcaica) nell’ambito dello stesso settore. Successivamente, sarebbe stato occupato il costone digradante a sud-est verso la gola solcata dal Rio Filetto, dove sono localizzate le tombe più recenti, utilizzate fino al III sec. a.C. Già all’inizio del VII sec. a.C. compaiono, seppure sporadicamente, le tombe a camera: questa “novità” viene ritenuta un importante segnale dell’esistenza di una comunità in rapida evoluzione, all’interno della quale i gruppi emergenti tendono all’affermazione del proprio ruolo anche attraverso la monumentalità dell’architettura funeraria. Non mancano gli esempi di strutture di transizione dalla tomba a fossa con loculo sepolcrale alla tomba a camera, come la tomba 24 (XLII), a camera con accesso verticale tramite una fossa, che si distingue anche per la presenza di due deposizioni in sarcofago scavato entro tronco d’albero pertinenti ad individui di alto rango sepolti nella prima metà del VII sec. a.C. Nel corso del VI e del V sec. a.C. viene elaborata una tipologia che diventerà peculiare dell’agro falisco, e che verrà ampiamente adottata anche nel territorio sabino: si tratta della tomba a camera con loculi parietali chiusi da tegole. Questi ambienti presentano inizialmente dimensioni limitate, con pochi loculi, e raramente provvisti anche di un bancone di deposizione che corre lungo le pareti; successivamente l’ampiezza della                                                                                                                         97   Si veda, a tal proposito, quanto sostenuto in questa sede supra, § ***. 37 camera tende ad aumentare e si assiste ad uno sfruttamento intensivo delle pareti, nelle quali si aprono in più ordini ed in successione continua numerosi loculi. Nel IV sec. a.C. alcune tombe si distinguono per la particolare ampiezza e la presenza di un pilastro centrale. È evidente che siamo di fronte a tombe di famiglia utilizzate a lungo, per più generazioni, di solito dall’età arcaica fino alla seconda metà del III sec. a.C., indizio di un forte conservatorismo teso a preservare la continuità gentilizia. Un nucleo di tombe a camera databili tra l’età arcaica e il IV sec. a.C. viene realizzato in un’area regolarizzata al centro della necropoli: anche da questo punto di vista tale posizione è indice della pertinenza di tale spazio alle famiglie ai vertici della scala sociale che continuano per molte generazioni ad utilizzare i medesimi ambienti sepolcrali con il chiaro intento di evidenziare l’appartenenza ad una determinata gens. Le iscrizioni apposte sulle tegole di chiusura dei loculi (cfr. scheda 12/00469830) attestano la realtà di famiglie “allargate”, all’interno delle quali vengono accolti ed integrati individui apparentemente estranei al nucleo familiare. Si potrebbero individuare, almeno in parte, come pertinenti a questi elementi allogeni una serie di sepolture ad incinerazione che si affiancano al prevalente rito inumatorio, per le quali vengono utilizzati come ossuari vasi di prestigio, con una particolare predilezione per la forma dello stamnos che dalla prima metà del V perdura per tutto il IV sec. a.C., attraverso l’utilizzo prima di esemplari a figure rosse della prima produzione falisca (tomba 21/C) poi sovradipinti. La scelta di oggetti di particolare pregio indica comunque il carattere gentilizio di queste sepolture di incinerati. Dal punto di vista della composizione dei corredi, le tombe della necropoli di Penna non sembrano discostarsi da quelle delle altre necropoli coeve: a differenza di quanto accade in ambiente etrusco, il bucchero compare solo nel pieno VI sec. a.C., quando si assiste all’avvio una produzione locale; accanto ai segni distintivi di genere (strigili e strumenti da palestra per le deposizioni maschili, oggetti da toilette e attinenti alla sfera muliebre in quelle femminili) compaiono oggetti allusivi ad uno status elevato, come le pedine e i dadi da gioco. La parte più rilevante del corredo, tuttavia, è rappresentata dal servizio da banchetto che prevede sia vasi in bronzo spesso di produzione locale, che vasi in ceramica, soprattutto di importazione attica. Con l’inizio del IV sec. a.C., i vasi d’importazione vengono del tutto sostituiti, all’interno dei servizi da vino dei corredi, da produzioni di ceramiche locali talvolta di altissimo livello, siano esse figurate, sovradipinte, argentate o semplicemente a vernice nera. (MLM) DATI BIBLIOGRAFICI: COZZA - PASQUI 1887a, pp. 170-176, 262-273; 307 sgg.; FREDERIKSEN - WARD PERKINS 1957, p. 130; GIACOMELLI 1963, pp. 75-76; GIACOMELLI 1978, p. 530, n. 7; COZZA - PASQUI 1981, pp. 145-18; MOSCATI 1990, pp. 149, 167, figg. 7, 18; DE LUCIA BROLLI 1991, pp. 28-30; M.A. DE LUCIA BROLLI, in M.A. DE LUCIA BROLLI - L.M. MICHETTI, Cultura e società tra IV e III sec. a.C. Falerii e Orvieto a confronto, in AnnFaina XII, 2005, p. 383, fig. 21. DATI ARCHIVISTICI Tralasciando in questa sede l’analisi dettagliata degli scavi condotti tra 1897 e 1890, di   38 cui si è detto sopra e che hanno trovato ampia pubblicazione, pur preliminare, nel volume della Forma Italiae dedicato alle necropoli di Falerii98, si segnala come negli archivi statali siano presenti notizie che ci fanno capire come le ricerche condotte nella necropoli della Penna furono più ampie. È il caso, ad esempio, delle indagini poste in essere a più riprese dal Sig. Fabio Petti, di cui abbiamo notizie grazie a documenti conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269 e AABBAA, III versamento, II parte, b. 63, fasc. 129). In entrambi i casi, ma in anni diversi – il 1893 e il 1900-01 – il Petti indaga tombe in loc. Penna. Gli scavi vennero assiduamente controllati da G. Magliulo e ci rimangono anche gli elenchi inventariali delle suppellettili rinvenute nelle tombe. Si tratta d’altro canto di indagini minori e discontinue che perdurano anche per gran parte del XX secolo, come testimoniato, ad esempio, dalla ripulitura di alcune tombe e dal recupero, condotto nel 1951, di fittili ad opera dell’Assistente A. Bracci, (AVG, 1951, nn. 977, 1152)99. E anche l’interesse dei clandestini nei confronti di questa necropoli non andrà sopito neppure in anni relativamente recenti: è sempre il Bracci che segnala ancora nel 1968 lo scavo di frodo di due loculi di un dromos di una tomba in loc. Penna (AVG 1968, nn. 2238, 2448/ 3 Civita Castellana). (MCB) Schede di ricognizione A 89 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Penna RICOGNIZIONI: 03-05-1994 e 10-05-1994 OGGETTO: Necropoli. LOCALIZZAZIONE: Lungo il costone S del pianoro di Civita Castellana, la strada Nepesina a N, il Rio Filetto a S. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Questa sezione della necropoli inizia a partire dalla zona dei nuovi parcheggi realizzati in concomitanza con la costruzione della circonvallazione “Belvedere Falerii Veteres”. Tutta l’area è stata sottoposta ad urbanizzazione, che ha in parte obliterato il livello superiore della necropoli (parte dell’area è, però, sottoposta a vincolo archeologico apposto ex lege 1089/1939, che ha salvaguardato l’integrità di numerose tombe; per la descrizione di quanto conservato si rimanda alla scheda n. 12/00469830), mentre il disfacimento del margine S della rupe ha reso inaccessibili i livelli inferiori. Sotto il terzo parcheggio verso S, tuttavia, nell’area di accesso alla discarica di materiali ceramici ed edilizi, sono conservate almeno sei cavità, che si intravvedono oltre la fitta vegetazione, probabilmente edicole funerarie.                                                                                                                         Una nutrita serie di documenti inerenti queste ricerche sono conservati soprattutto nelle Carte Barnabei presso la BIASA, nel Fondo Cozza presso l’Archivio di Stato di Orvieto e nelle Carte Gamurrini, conservate presso il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate di Arezzo. 99 La notizia è edita anche nel Repertorio degli Scavi. 98   39 OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione del 1994, la necropoli si presentava adibita a: Discarica, ricovero di animali, cantina (MLM) Scheda 12/00469830 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Penna RICOGNIZIONI: 1994 OGGETTO: Tombe a camera con dromos e tomba con iscrizioni LOCALIZZAZIONE: Via Roma, traversa della strada statale Nepesina IGM: 143 I NE DESCRIZIONE: Sono accessibili quattro tombe. Le tombe nn. 1-3 si trovano sul limite SE della proprietà, hanno dromos di accesso, pianta quadrangolare e presentano loculi su tutte le pareti. Sono adiacenti le une alle altre ed hanno il medesimo orientamento con apertura verso il lato S del costone tufaceo. La tomba n. 4 si trova al di sotto del casale ed aveva forse orientamento simile alle altre. Il suo stato di conservazione, però non permette una lettura certa. La tomba con iscrizioni dipinte n. 5 è di tipologia analoga. Il dromos è ora occupato da una scalinata con blocchi moderni per favorire l'accesso alla tomba; l’apertura è ad arco rastremato superiormente, che conserva tracce di decorazione. Sulla parete di fondo si trovano nove loculi affiancati, che presentano il battente per l'inserimento delle tegole. Sulla fronte delle pareti divisorie orizzontali di 3 loculi sono conservate 3 iscrizioni. La tomba misura m 3 x 4 circa. Questa tomba è adiacente e comunicante con un'altra (n. 6) della stessa tipologia. Nel margine SE della proprietà sono visibili altre 2 tombe parzialmente conservate. OSSERVAZIONI: alcune delle tombe sono accessibili, di altre si intuisce l'esistenza, a causa di numerose depressioni presenti sui terreni, ma sono colme di terra. Le tombe nn. 1-3 hanno le pareti comunicanti in parte abbattute per permettere l'accesso alle adiacenti. La tomba n. 4 è quasi completamente ostruita dalle fondazioni del casale ristrutturato. La tomba con iscrizioni presenta la parete sinistra in parte abbattuta per permettere l'accesso alla successiva. Le tombe sono scavate nel banco naturale di tufo e le pareti sono regolarizzate con lo scalpello. Lo stato delle iscrizioni è molto precario. Rispetto a quanto pubblicato, attualmente solo tre sono leggibili. Al momento della ricognizione del 1994 si è constatato un utilizzo improprio a cantina e locale caldaia. (MLM) RICOGNIZIONI 2010-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994 situazione invariata a tutto il 2009. (PP)   40 NECROPOLI DI VALSIAROSA Si tratta di una necropoli dislocata ad Ovest della città antica, parallela alla strada che va da Nepi a Civita Castellana. Prende nome dalla chiesetta di Madonna delle Rose e si estende a ridosso del fossato artificiale che proteggeva le mura della città in questo tratto pianeggiante. Costituita da tombe a fossa e soprattutto a camera ipogea a pianta quadrangolare, o, più spesso, trapezoidale, con soffitto piano, con dromos, e con deposizioni entro loculi parietali disposti su più ordini, chiusi da tegole di impasto. Si articola lungo un'ampia via funeraria. Scavi nel 1886, 1887, 1888, 1889 nelle proprietà Valori, Tarquini, Zocchi, Tincani. Nelle tombe orientalizzanti è documentata la presenza di letti funerari mobili, in quelle di età ellenistica la presenza anche di letti funerari disposti al centro della camera funerari costituiti da blocchi di tufo squadrati (n. 111). La necropoli sembra in uso in base ai materiali rinvenuti dall'età orientalizzante fino alla conquista romana (241 a.C.). (LA) BIBLIOGRAFIA: A. COZZA - A. PASQUI 1887b; Monumenti Antichi 1894, coll. 13-14, fig. 2.g, 15, 357; MANCINELLI SCOTTI 1897, p. ; A. COZZA - A. PASQUI 1981, pp. 187204; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 28; CIFANI 2003, pp. 86, 95, 98. DATI ARCHIVISTICI Anche la necropoli di Valsiarosa fu tra quelle interessate dalle vaste campagne di ricerche avvenute negli ultimi decenni del XIX secolo a Civita Castellana. Per indagarla – così come avvenne anche per la necropoli della Penna – si costituì una società di scavi archeologici, detta Società Valsiarosa, formata da Pietro e Felice Tarquini, Mario Franci, G. Valori e Girolamo Midossi (AABBAA, I versamento, b. 138). Anche in questo caso, oltre ai fondi archivistici che trattano di queste scoperte, poi confluite nella gran parte nell’edizione preliminare dei contesti di Falerii 100, si devono registrare altre indagini, in questo caso anche numericamente consistenti, successive agli anni 1889. Intervenne nella necropoli in qualità di scavatore Francesco Mancinelli Scotti, brillantemente definito da Guglielmo Orazi “l’eterno devastatore delle località archeologiche” in una lettera del 29 gennaio 1906 (ASR, pratiche di tutela, 291/1)101. Vi operò, oltre che nella campagna del 1888, anche in quella del 1898 (AABBAA, III versamento, II parte, b. 63). Gli scavi d’altro canto continuarono anche negli anni a cavallo tra la fine dell’‘800 e gli inizi del ‘900, come dimostrato dalle indagini di Tullio Gazzoli e di Ulderico Mideni del 1899-1902 e ancora da quelle di Domenico Tarquini tra il 1900 e il 1902 (AABBAA, III versamento, II parte, b. 63). Se presso l’Archivio                                                                                                                         100Forma ItaliaeII, 2, pp. 187 ss. Non che l’Orazi fosse privo di colpe, venendo ricordato in una lettera del Colini come responsabile di un illecito “commercio di vasi greci dei quali lo Stato era comproprietario” (per la citazione di gran parte della missiva si veda M.C. Biella, La Collezione FeroldiAntonisi De Rosa, Tra indagini archeologiche e ricerca di un’identità culturale nella Civita Castellana postunitaria, Pisa-Roma 2011, nota n. 3 p. 20. 101   41 Centrale dello Stato sono conservati perlopiù le richieste e i permessi di scavo, all’Archivio della Soprintendenza di Roma si possono invece rintracciare, ad esempio per gli interventi del Gazzoli, anche i diari di scavo e gli elenchi delle suppellettili rinvenute (ASR, pratiche di tutela, 291/3). A inizi ‘900 le vicende legate alle indagini della necropoli di Valsiarosa si intrecciano inoltre con quelle di un’altra necropoli, di cui ci rimangono poche notizie: quella in loc. Ponte Lepre. Non avendo ancora la piena certezza dell’ubicazione di questo nucleo sepolcrale, si preferisce trattarla in questa sede separatamente102. Qui si vuole tuttavia segnalare come la più che probabile unitarietà dei due nuclei sepolcrali – quello di Valsiarosa e quello di Ponte Lepre – sembra essere in qualche modo suggerita da un documento conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269). Tra 1894 e 1895 la Sig.ra Giacomina Tingani in Brunelli fa domanda per indagare terreni in sua proprietà, in contrada Valsiarosa, vocabolo Pontelepre. Il permesso viene concesso, nonostante “in massima, questo Ministero deve mantenere ancora il divieto per scavi di antichità in cotesto territorio, mentre si attende a preparare il volume che illustra quanto precedentemente, in cotesto stesso territorio, fu trovato, ed è oggi esposto nel Museo Nazionale romano a Villa Giulia”. Questo perché la domanda riguarda una sola particella catastale, la n. 190 della sez. IV del Catasto di Civita Castellana e si stima che il lavoro sia quindi di piccola entità e seguibile dal solo Mengarelli. Infine,i documenti d’archivio ci ricordano come lavori di scasso ancora nel 1967 portassero alla luce in loc. Madonna delle Rose due “presumibili tombe etrusche” (AVG 1967, n. 860 / 3 Civita Castellana)103. (MCB) Schede di ricognizione COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Valsiarosa LOCALIZZAZIONE: I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana RICOGNIZIONI: 1994 OGGETTO: Necropoli. DESCRIZIONE: OSSERVAZIONI: l’area è urbanizzata II.3. IL SETTORE MERIDIONALE DEL SUBURBIO                                                                                                                         102 Si veda, a tal proposito, infra pp. ***. notizia è edita anche nel Repertorio degli Scavi. 103La   42 MADONNA DELLE PIAGGE Il sito, che è posto in ambito urbano, si trova lungo il sentiero che s'incontra costeggiando il lato destro della circonvallazione "Belvedere Falerii Veteres", realizzata tra il 1978 e il 1979 (MOSCATI 1986, p. 65, nota 67). Il percorso, sicuramente già utilizzato in epoca antica, e più tardi ripreso in età medievale, aveva lo scopo di congiungere Falerii Veteres con Castel Sant'Elia e Nepi. Lungo la strada (MOSCATI 1986, tav. XI), che si conserva per una lunghezza di circa 150 m, ed una larghezza di circa 3-4 metri, è conservata, in proprietà privata Feroldi Antonisi De Rosa Vittorio e Giuseppe, a circa 100 m dall'atuale inizio del percorso viario, una tomba a camera con semipilastro, nota già nell'Ottocento (Gamurrini - Cozza - Pasqui - Mengarelli 1972, p. 384, 221) e sottoposta a tutela con D.M. 10.11.1928. La tomba con pilastro ad 'edicola' ed arcosolio, era parte integrante di un vasto nucleo cimiteriale che si articolava su almeno tre livelli distinti, lungo la via funeraria che scendeva al fiume. La necropoli si componeva di numerose tombe a camera di dimensioni notevoli. All'epoca della ricognizione (1994) erano visibili su tutta l'altezza della rupe, i diversi ingressi delle tombe superstiti, alcune delle quali, soprattutto quelle del secondo livello, accessibili. La tomba soggetta a vincolo sembra essere, allo stato attuale, la più monumentale della necropoli. La tomba ha una larghezza di m 7,02, una lunghezza di m 4,80, un'altezza di m 2,20 ed orientamento NE/SO. È scavata nel banco naturale di tufo e le pareti sono regolarizzate con lo scalpello. Il semipilastro è risparmiato nel banco naturale. La camera presenta una volta testudinata, con al centro della parete di fondo un avancorpo (cosiddetto 'torcularium') rettangolare scolpito nel tufo (alt. m 2,17; larg. m 1,23; prof. m 1,18). L'avancorpo ha i fianchi lisci, mentre la faccia presenta due spallette laterali (larg. cm 35; prof. cm 50) risparmiate con una cavità rettangolare centrale. La parte superiore del pilastro è coronata su i tre lati da una modanatura composta da un toro (alt. cm 20) e da una fascia (alt. cm 35), che frontalmente forma un timpano leggermente arrotondato. Sul lato sinistro è parzialmente conservato il podio (lung. cm 65; larg. cm 40; h cm 38) modanato con plinto, toro e, al di sopra una crepidine (h cm 7); a sinistra dell'avancorpo è un arcosolio (alt. conserv. cm 60; larg. cm 145; prof. cm 20). Sulla volta restano, a m 2,50 ca di distanza dal pilastro, verso l'ingresso, tracce dell'attacco di due pilastri quadrangolari affiancati (larg. cm 60-80 ca) distanti tra loro cm 50 ca. Questo ambiente comunica, tramite una porta dal profilo ad architrave piano, realizzato in rilievo nel tufo (spess. cm 6), con un altro minore (m 8 x m 2,70) che presenta volta a botte. Nei due angoli della parete N di quest'ultimo sono presenti due cunicoli a sezione ogivale (larg. cm 50 e cm 25). La tomba, databile con ogni probabilità all'epoca ellenistica, mostra una serie di rimaneggiamenti operati in epoca moderna. Sulle pareti e sulla volta sono presenti numerosi fori quadrati per l'alloggiamento di pali. Il piano originario della tomba è stato rialzato con bozzame di tufo e cemento. Sono stati tolti i pilastri antistanti l'ingresso. Lo stato di conservazione della tomba è, nell'insieme, ottimo. La tomba si presenta, infatti, integra, anche se danneggiata da riutilizzi posteriori. Il pilastro è danneggiato, le modanature del podio erase. Manca completamente la parete di accesso originaria, che presenta una muratura in tufelli di epoca moderna. All'epoca della ricognizione (1994) la tomba era utilizzata   43 come ricovero per animali e discarica come si poté dedurre dalle numerose ossa animali, rifiuti e vegetazione in essa rinvenuti. È' possibile che l'uso come ricovero per animali abbia determinato l'abbattimento della parete d'ingresso per facilitare l'accesso alla tomba. Dopo la necessaria ripulitura ed il ripristino del pavimento originario, si ritiene indispensabile, per la tutela del monumento, la chiusura dell'accesso mediante una cancellata. Come sottolineato da P. Moscati (MOSCATI 1990, p. 167), questa tipologia tombale, oltre ad essere ampiamente diffusa nell'area falisca e capenate, si diffonde al di là del corso del Tevere, nella Sabina tiberina, in particolare a Poggio Sommavilla e a Colle del Forno. (LA) Bibliografia: GAMURRINI - COZZA - PASQUI - MENGARELLI 1972, pp. 384, 221 e 193 fig. 124; MOSCATI 1985a, p. 125, 93; MOSCATI 1986, pp. 67, fig. 1.21, 68, figg. 7-8, tav. XIIa-b-c; MOSCATI 1990, p. 167, tav. VII/b. vedi frederiksen-ward-perkins pp. 136-138 inserire la planimetria e la sezione prese da Moscati 1986, p. 68. Schede di ricognizione A?? COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Madonna delle Piagge RICOGNIZIONI: aprile 1994 OGGETTO: Percorso viario; tomba a camera LOCALIZZAZIONE: I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana FOGLIO 34 PARTICELLE 55 località Madonna delle Piagge Coordinate: 0° 12' 26'' LONGITUDINE EST 42° 17' 08'' LATITUDINE NORD DESCRIZIONE: vedi sopra OSSERVAZIONI: L a tomba a camera al momento della ricognizione del 1994 era utilizzata come ricovero di animali e discarica di rifiuti e ossa RICOGNIZIONI 2010-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994, a tutto giugno 2010, si conferma la situazione di degrado descritta. P.P. LOCALITÀ MILLECUORI La località Millecuori è ubicata a meridione del plateau di Civita Castellana ed ha restituito notizie frammentarie ancora da posizionare correttamente in pianta. Preesistenze antiche sono attestate con certezza a nord del vasto pianoro, dove sono emerse nel 2007, a seguito di lavori di disboscamento per la messa in sicurezza del costone interessato da fenomeni di frane, due cavità ben visibili a mezza costa anche   44 dalla strada provinciale di Castel Sant’Elia. L’una, posta ad una quota superiore, si configura come un grottone irregolare, parzialmente interrato; l’altra, ubicata ad una quota poco più bassa, è contraddistinta da una apertura rettangolare, mentre l’interno di forma quadrangolare mostra pareti regolari e soffitto piano. La parte antistante si presentava per la maggior parte interrata, lasciando ipotizzare una frequentazione in epoche non recenti. In ogni caso la camera posta al livello inferiore, apparentemente isolata rispetto al contesto circostante, ha avuto un utilizzo in tempi moderni, probabilmente come ricovero per attrezzi o animali, attestato dal rifacimento del vano porta, modificato e ristretto con malta cementizia per la messa in opera di una porta di chiusura104. (MCB, MDLB, PP) DATI BIBLIOGRAFICI: OSSERVAZIONI: allo stato delle conoscenze non è certo se le cavità viste nel 2007 possano essere identificate con le tombe a camera citate in bibliografia. DATI ARCHIVISTICI (M. Cristina Biella) II.4. IL SETTORE SETTENTRIONALE DEL SUBURBIO Necropoli di Terrano Schede A90, 12/00469819, 12/00469821 La necropoli di Terrano si estende sui costoni di un ripido pianoro tufaceo a NO dell’abitato delimitato dal corso del Rio del Purgatorio e del Rio Maggiore. Indagata soprattutto nei primi decenni del 900, è l’unica necropoli della città di Falerii ancora conservata pressoché integralmente. La dislocazione sullo stretto pianoro tufaceo, isolato dai corsi d’acqua, ha evitato che l’area ospitante la necropoli fosse interessata dalla successiva espansione della città, come è accaduto per le altre necropoli coeve, che sono state nel tempo parzialmente o integralmente inglobate dalla città. La sua posizione, attigua a quella di Valsiarosa, ne fa una sorta di appendice: tale continuità topografica sembra del resto avvalorata da considerazioni cronologiche: se infatti infatti il periodo di massima frequentazione del sepolcreto di Valsiarosa è il VI sec. a.C., è solo con il V secolo che si comincia a sfruttare la vicina altura di Terrano a scopi funerari, come confermato dalla tipologia delle sepolture. Viene qui adottata la tipologia tombale tipica delle necropoli di questa fase: si tratta di un cospicuo nucleo di tombe a camera a pianta quadrangolare cui da accesso un dromos scavato nel tufo, le cui porte dovevano originariamente essere chiuse con lastre di pietra (cfr. scheda A90 e successive). Frequente è la presenza, al centro dell’ambiente, di un pilastro ricavato nella roccia; sulle pareti si aprono i consueti loculi per le deposizioni, in origine chiusi da tegole fittili. In alcune tombe della necropoli si                                                                                                                         104   Archivio SBAEM, relazione di P. Poleggi del 16/10/2007 45 segnalano iscrizioni falische che, anziché essere dipinte sulle tegole di chiusura dei loculi, sono state incise al di sopra o al di sotto dei loculi stessi; talvolta il contenuto è un testo di un complesso epitaffio. (MLM) DATI BIBLIOGRAFICI: G. GATTI 1904, p. 296; M. W. FREDERIKSEN - J. B. WARD PERKINS 1957, pp. 142-144; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1957, pp. 179, 192, 292, 374, fig. 123; GIACOMELLI 1963, pp. 78-82; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39. DATI ARCHIVISTICI Assai utile per precisare meglio la notevole estensione della necropoli in loc. Terrano, sia a Est sia a Ovest del ponte omonimo, appare una fotografia di fine ‘800 di Peter Paul Mackey 105 , conservata presso l’Archivio della British School at Rome (BSR Archive – Peter Paul Mackey Collection, 0485), scattata qualche anno dopo rispetto a quella degli autori della Carta Archeologicia d’Italia106, in cui si percepisce pienamente l’articolazione della necropoli su almeno tre livelli di tombe a camera, articolati su gradoni di un unico costone tufaceo. Entrambi gli scatti mostrano chiaramente come già all’epoca le tombe fossero aperte e alcune riutilizzate a scopo agricolo-pastorale. A differenza di quanto avviene per le altre necropoli di Falerii, per quella di Terrano non abbiamo resoconti particolarmente precisi delle indagini ivi condotte. Si tratta di notizie perlopiù sparse, come quella conservata in una lettera all’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269), datata 5 maggio 1893, nella quale il Conte Ugo Feroldi De Rosa scrive a Felice Barnabei, sollecitando la possibilità di intervenire nei terreni di sua proprietà, in cui vi sono sepolture a vista. Tra le varie località, il Feroldi menziona anche Ponte Terrano. Il Barnabei invia per un controllo preliminare alla concessione del permesso il Soprastante G. Magliulo, che invece nota come, almeno al momento della sua ricognizione, nell’appezzamento di terreno di proprietà del Conte “non esistano tombe visibili”. È difficile in questa circostanza capire quanto la dichiarazione del Feroldi fosse dettata da una sincera preoccupazione di vedersi danneggiare i suoi possedimenti da scavatori di frodo, piuttosto che dalla volontà di proseguire in tutti i terreni di sua proprietà le ricerche archeologiche, che negli anni precedenti gli avevano così ben fruttato anche dal punto di vista economico, avendo ceduto allo Stato i contesti rinvenuti negli scavi delle necropoli di Montarano NNE e in quelle di Celle e Colonnette107. Infine non si può non segnalare ancora una volta come i documenti d’archivio mantengano memoria di scavi clandestini. Ce ne rimane testimonianza soprattutto per gli anni 1966-68 grazie alle segnalazioni dell’Assistente A. Bracci (AVG 1966, n. 2761;                                                                                                                         Per notizie in merito all’attività di Mackey a Roma si veda R. Coates Stephens, Immagini e memoria: Rome in the photographs of Father Peter Paul Mackey 1890-1901, Roma 2009, pp. ***. 106 Forma Italiae II, 1, fig. 211 p. 375. La recenziorità dell’immagine scattata dallo studioso inglese è deducibile dalla presenza di una villa ormai edificata, ancora non esistente invece nello scatto degli autori della Carta Archeologica d’Italia. 107 Forma Italiae II, 2, rispettivamente p. 21, p. 99 e p. 205. 105   46 1967, n. 6215: 1968, nn. 1444, 2450, 3728 / 3 Civita Castellana) e così farà anche l’Ispettore Onorario G. Polidori nel 1973108. In quest’occasione vi sarà ancora una volta il recupero dalle tombe depredate di materiale, tra cui spicca una tegola sepolcrale con iscrizione (AVG 1973, nn. 501, 942/3 Fabrica di Roma e n. 1301/3 Civita Castellana). Passando invece a una cronologia più bassa, come noto, l’organizzazione del tessuto insediativo di epoca romana a Falerii Veteres e nel suo immediato suburbio è ancora tutta da indagare. Pur trattandosi di un rinvenimento che necessita ancora di un posizionamento preciso su carta catastale, riteniamo utile mettere in gioco una notizia contenuta in una lettera del 29 ottobre 1902 di G. Magliulo, conservata del Presso l’Archivio SBAR (Pratiche di tutela 291/5). L’allora Soprastante ricorda come “il Sig. Vincenti Giuseppe nel fare il livellamento di un terreno in Voc. Ponte Terrano, ove esiste una fabbrica di ceramica, ha rinvenuto un disco di travertino dello spessore di mm 150, e del diametro di mm 680”. Il frammento lapideo, non integro in tutte le sue parti, era ornato a bassorilievo con una scena di aratura di un campo, con due buoi attaccati ad un aratro, guidato da una figura virile, vestita con tunica lunga sino al ginocchio e stretta sui fianchi. Il contadino sprona i buoi con un bastone, che tiene con la mano destra, mentre tiene nella sinistra la guida dell’aratro. Tra i solchi della terra rappresentati si vede un’anfora “chiusa da una cornice rappresentante una corona d’alloro con grosse bacche”. (Garrucci, Deecke… Da inserire!) (MCB) Schede di ricognizione A90 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Castellaccio RICOGNIZIONI: 13-09-1994 OGGETTO: A) Necropoli; B) Ponte. LOCALIZZAZIONE: Lungo la via di Terrano, in corrispondenza dell'omonimo ponte, e alla confluenza tra il Rio Purgatorio a N e il Rio Maggiore a S. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: A) Si tratta del proseguimento della necropoli di Terrano Castellaccio (cfr. scheda n. 12/00469819), costituito da tombe a camera con loculi parietali; esse sono orientate N-S e disposte su più livelli, di cui tre sono visibili. Tra queste si segnala una tomba con iscrizione a sinistra dell'ingresso. B) Sotto i resti del ponte moderno è conservata la spalletta sinistra in blocchi in opera quadrata di tufo. OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione 1994 si è constatato un uso improprio delle tombe come deposito per attrezzi e pollaio                                                                                                                         108   Le notizie sono brevemente edite anche nel Repertorio degli Scavi. 47 (MLM) Scheda 12/00469819 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Castellaccio RICOGNIZIONI: 1994 OGGETTO: Tomba a camera LOCALIZZAZIONE: Ponte di Terrano. Strada provinciale per Fabrica di Roma. La tomba si trova subito dopo il ponte di Terrano, sulla destra della strada, all'altezza dell'ingresso alla tenuta di Terrano. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Tomba falisca a camera a pianta quadrangolare con doppio ordine di loculi su ciascuna parete, compresa quella su cui si apre l'ingresso. La tomba è scavata nel banco naturale di tufo e le pareti sono regolarizzate con lo scalpello. Il soffitto è a doppio spiovente con columen centrale. All'interno sono visibili sulla parete N quattro loculi su due file, sulla parete E sei loculi su due file, sulla parete di ingresso a sinistra di questo due loculi. L'iscrizione falisca incisa sulla parete N è su due linee. OSSERVAZIONI: La planimetria e l'elevato del monumento sono integri. All'interno sono rilevabili alcuni danneggiamenti dovuti ad utilizzi posteriori. Nella parete O è stata praticata un'apertura e alcuni loculi sono stati scalpellati. L'ingresso della tomba è stato chiuso in epoca recente con un cancello di legno. La parete O è stata parzialmente distrutta da un'apertura che mette in comunicazione con la proprietà adiacente. La maggior parte dei loculi è stata scalpellata nel momento in cui la tomba era adibita a ricovero per animali. (MLM) RICOGNIZIONI 2010-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994 situazione invariata a tutto giugno 2010. (PP) Scheda 12/00469821 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Castellaccio RICOGNIZIONI: 1994 OGGETTO: Necropoli LOCALIZZAZIONE: Strada provinciale per Fabrica di Roma. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana   48 DESCRIZIONE: Sono visibili sia sul piano di campagna che sulla parte alta del costone alcune tombe. Sulla parte alta del costone, in particolare, sono visibili alcuni loculi relativi ad una tomba asportata durante il taglio del costone. Circa in corrispondenza della torre sono visibili tre tombe a camera a circa m. 5 di distanza l'una dall'altra: hanno un breve dromos, caditoia, e loculi sulle pareti, tutte inaccessibili per la fitta vegetazione. Procedendo verso E il costone è tagliato per costruire ricoveri per animali, con recinti e tettoie, rimangono alcuni loculi relativi ad una o più tombe. Si tratta della parte più meridionale della necropoli di Terrano, prospiciente il Rio Maggiore. Le tombe a camera sono scavate nel tufo e regolarizzate con lo scalpello. OSSERVAZIONI: si conservano resti di tombe a camera, con interventi di epoca recente. il costone tufaceo è stato tagliato e la parte esterna di alcune tombe è andata perduta. Alcuni loculi sono stati scalpellati. Al momento della ricognizione 1994 si è riscontrato un uso improprio come ricoveri per animali, recinti, cisterne. (MLM) RICOGNIZIONI 201-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994 non appaiono modifiche o cambiamenti della situazione a tutto giugno 2010. (PP) NECROPOLI DELLE COLONNETTE Si tratta di una necropoli dislocata a Nord della città antica, lungo il corso del Rio del Purgatorio, costituita esclusivamente da tombe a camera ipogea a pianta quadrangolare, o, più spesso, trapezoidale, con soffitto piano, con dromos, e con deposizioni entro loculi parietali disposti su più ordini, chiusi da tegole di impasto. Si estende lungo la lingua tufacea delimitata a S e a E dal Rio Maggiore, a N dal Cavone del Lupo o Via Velata. La tagliata viaria di Cava del Lupo è stata scavata nella zona centrale dell'esteso pianoro tufaceo delimitato a N dal Fosso detto Carraccio di Coccione, a Sud e a Est dal Rio Maggiore; il tratto più settentrionale della tagliata è divenuto nel tempo il letto di un piccolo corso d'acqua che confluisce nel Fosso Carraccio di Coccione. Parte delle tombe si apre sul versante settentrionale della tagliata e sono disposte sul costone tufaceo ad una quota superiore a quella della tagliata; l'orientamento delle tombe è Sud Ovest - Sud Est. La necropoli si articola in due settori: 1) più settentrionale collocato lungo un'ampia via sepolcrale tagliata nel tufo detta "Cava del Lupo" o "Via Velata", detta nell'800 anche "Via Furiana", che congiungeva Falerii Novi al Tempio di Giunone Curite a Celle; 2) più meridionale e orientale prospiciente l'antico centro abitato e il colle di Vignale. Le tombe sono dotate in due casi di un pilastro centrale a sostegno del soffitto e in un caso di un tramezzo, situato sulla parete di fondo. Scavi diretti da A. Cozza e A. Pasqui nel 1890 nelle proprietà Feroldi e Morelli. Tra queste si segnalano tre tombe rinvenute presso la tagliata che recano iscrizioni incise sull'architrave della porta, la tomba (n. 62) che ha restituito la nota olla di Cerere e quella (n. 115) che ha restituito il celeberrimo Cratere dell'Aurora. La tomba monumentale (n. 24), che aveva tre camere affacciate su un portico centrale caratterizzato su tre lati dalla presenza di colonne (otto in tutto) con capitello costituito da abaco ed echino, a sostegno del   49 soffitto piano, ha dato il nome alla necropoli. Dell'antica tagliata sono visibili dei tratti al di sotto dell'attuale passaggio della Ferrovia Roma Nord, sia ad Ovest che ad Est della Ferrovia. La necropoli, nonostante la presenza di tombe più antiche come quelle che hanno restituito l'olla di Cerere della seconda metà del VII sec. a.C. e le anse di oinochoai greco-orientali di tipo rodio (due del tipo A di Shefton e una del tipo C di Shefton, della fine del VII-prima metà VI sec. a.C.), sembra in uso in base ai materiali rinvenuti dagli inizi del V alla prima metà del III sec. a.C. BIBLIOGRAFIA: Thulin 1907, pp. 273-275; Frederiksen - Ward Perkins 1957, p. 145; Cozza, Pasqui 1981, pp. 205-211; Moscati 1987; Moscati 1990, p. 167, Tav. VIIa; De Lucia Brolli 1991, p. Cifani 2003, p. (LA) DATI ARCHIVISTICI Tralasciando in questa sede l’analisi dettagliata degli scavi condotti nel 1890 nei terreni di proprietà Feroldi e in parte Morelli e Colonnella, di cui si è detto sopra e che sono stati pubblicati, pur preliminarmente, nel volume della Forma Italiae dedicato alle necropoli di Falerii109, si segnala come negli archivi italiani siano presenti notizie che ci fanno capire come le ricerche condotte sull’altopiano delle Colonnette furono più ampie di quelle edite. Ancora una volta l’inizio delle indagini è da riconnettere a quel periodo di diffusi scavi archeologici promossi dai proprietari di terreni o a titolo personale od organizzati in Società di Scavi Archeologici. Uno dei maggiori attori sulla scena anche nel caso della necropoli delle Colonnette fu il Conte Feroldi, che chiese permesso di scavo già nel 1887 (AABBAA, I versamento, b. 138, fasc. 270) e reiterò la domanda nel 1893 in una lettera al Barnabei del 5 maggio, già citata in questa sede, che portò G. Magliulo a effettuare un sopralluogo mirato con il seguente esito in data 26 maggio 1893: “Terreno prativo ove si conservano moltissime tombe, ma tutte esplorate in epoca in cui il conte Feroldi era munito di permesso, ad eccezione di due soltanto, che non ho potuto precisare se siano o no visitate, scorgendosi una parte del frontone, e la terra non dà segno di essere recentemente smossa” (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269)110. In realtà, anche stando al solo edito, sembrerebbe che persino le prime indagini del Feroldi nell’altopiano delle Colonnette siano state poco fruttuose. Nonostante infatti il gran numero di tombe presenti anche nella planimetria edita nel volume della Forma Italiae111, sembrerebbe che la maggior parte siano state trovate già vuote112. Questo non sarebbe imputabile solamente alla costante esposizione delle tombe nel corso dei                                                                                                                         Una nutrita serie di documenti inerenti queste ricerche è conservata soprattutto nelle Carte Barnabei presso la BIASA, nel Fondo Cozza presso l’Archivio di Stato di Orvieto e nelle Carte Gamurrini, conservate presso il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate di Arezzo. 110 Sulle motivazioni che spinsero il Conte Feroldi a richiedere questo secondo permesso di intervento nelle sue proprietà si veda quanto detto supra, p. ***. 111Forma Italiae II, 2, p. 206. 112Forma Italiae II, 2, p. 8 e per le descrizione dei pochi contesti rinvenuti pp. 205 ss. 109   50 secoli, ma piuttosto a una campagna di scavo condotta nel 1849-50 dal comandante francese di stanza al Forte Sangallo, che pose in essere indagini nella necropoli delle Colonnette, inviando poi i materiali rinvenuti a Parigi113. L’interesse nei confronti delle strutture tombali in questione è d’altro canto anche in questo caso destinato a non scemare del tutto anche nel corso del XX secolo. Ancora una volta nell’Archivio SBAEM sono conservati documenti che attestano, ancora nel 1973, scavi clandestini avvenuti sull’altopiano delle Colonnette (AVG 1973, n. 6663 / 3 Civita Castellana). In questo caso la tomba, a pianta trapezoidale, preceduta da dromos, presentava quindici loculi in origine chiusi da tegole e cinque nicchie di dimensioni diverse e parrebbe che in quella circostanza il sepolcro abbia restituito anche un ingente corredo114. (MCB) Schede di ricognizione COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Colonnette - Prato Lorenzone RICOGNIZIONI: aprile 1994 OGGETTO: Necropoli. LOCALIZZAZIONE: I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana FOGLIO CCATASTALE 19 PARTICELLE 63, 64, 106, 121, 122 FOGLIO CATASTALE 28 PARTICELLE 305, 306 DESCRIZIONE: Tombe a camera ipogea scavata nel tufo con soffitto piano: dromos della larghezza di circa m 1 con pareti a profilo verticale, porta di accesso generalmente rettangolare larga in media cm 80 e chiusa in origine da lastroni di tufo, camera a pianta quadrangolare o trapezoidale; loculi rettangolari disposti su due o più ordini originariamente chiusi da tegole; eccezionalmente sono attestati: nicchie per alloggiamento dell'olla cineraria (tb. 4 e tb. con timpano, n.l 1); pilastro centrale (tb. 4); motivi decorativi in facciata (n. 11); apprestamenti esterni per il culto. AMALGAMARE CON IL RESTO Rispetto alle segnalazioni della Moscati (1987), cui si rimanda per la pianta generale della necropoli e la descrizione dei singoli complessi tombali, la recente ricognizione ha permesso di verificare modificazioni dell'area e di acquisire nuovi elementi. Nella zona A, l'ambiente ipogeo 1 è ancora visibile, mentre non è stato possibile verificare l'esistenza di due tombe che venivano già indicate come "in parte crollate o rimaneggiate" e che dovevano trovarsi sul ciglio del costone, oggi del tutto inaccessibile; l'area antistante l'ambiente 1 è attualmente adibita a recinto per animali. Nella zona B, la tomba 4, sopra la quale si è impiantato il casale di proprietà O. Profili (part. 64), risulta ampiamente rimaneggiata nella sua area antistante; all'interno, si è notata la presenza, nella parete di fondo in prossimità dell'angolo destro, di una                                                                                                                         La notizia è contenuta in A. Dottorini, La civiltà Falisca, le necropoli preromane di FaleriiVeteres (Civita Castellana), in Annuario del R. Istituto Tecnico di Ascoli Piceno, 1927-29, p. 11 ed è commentata in M.C. Biella, Curiosità antiquarie: la ricerca dell’antico in Civita Castellana prima dell’impresa della Carta Archeologica, in Italia Antiqua, La formazione della città in Etruria, Atti del I Corso di Perfezionamento, Roma 2004, nota n. 80 pp. 17 s. 114 La notizia è edita anche nel Repertorio degli Scavi. 113   51 nicchia per l'alloggiamento dell'olla funeraria, e nella parete d'ingresso, a destra dell'attuale apertura, l'esistenza di due piccoli loculi (sepolture infantili? intervento moderno?). Nella zona C, nel complesso di tombe con decorazione scolpita in facciata (11) si segnala la presenza, all'interno della terza nicchia con timpano da S, di un incasso per l'alloggiamento dell'olla funeraria; addossati alle tombe suddette sono stati abbandonati due tralicci dell'E.N.E.L. e reti di ferro. L'interno della tomba 12, visibile attraverso un'apertura praticata in epoca moderna, risulta allagato fino al secondo ordine di loculi. La tomba x risulta oggi non visibile a causa della folta vegetazione. L'ultima tomba segnalata dalla Moscati sul lato orientale del costone (tomba 13) si trova a circa m. 60 dall'estrema propaggine del costone stesso; in quest'area, il taglio della vegetazione effettuato dal proprietario del fondo a partire dal 1993, e tuttora in corso, ha permesso invece di verificare l'esistenza di altre tredici di tombe. In questa maniera, il settore settentrionale della necropoli risulterebbe articolato su tre file. Dieci di queste tombe sono orientate 3 a Est e 7 a Ovest, mentre le rimanenti tre presentano delle caratteristiche particolari. Parallela alla tomba 13, verso il ciglio orientale del costone, è stata individuata una tomba con lunghissimo dromos (m. 4 x 1,45) orientata a Sud Ovest; si intravedono le tracce della camera laterale destra, la cui volta sembra crollata. Ad un livello intermedio tra la tomba 13 e le tombe allineate in prossimità del costone occidentale si è riscontrata la presenza di una tomba orientata a Nord Ovest con dromos attualmente non accessibile: al di sopra della parete E del dromos è visibile un vano di forma trapezoidale con soffitto piano e piccola banchina conservata su tre lati, mentre il quarto lato è conservato solo parzialmente (si tratta forse di un vestibolo); a destra del dromos la parete tufacea si presenta tagliata regolarmente su tre lati a costituire la base di una "terrazza" di forma approssimativamente triangolare con vertice verso S, visibile ad un livello superiore, alla quale si accedeva tramite dei gradini, tre dei quali sono ancora visibili. A Nord della tomba 13, si nota sul fianco orientale della rupe l'attacco della volta di una camera e parte di due pareti d'imposta della volta stessa; la parte orientale della tomba è franata in seguito allo sfaldamento del costone tufaceo. E’ da rilevare che su tutta l'area sono stati notati, ma non raccolti, frammenti di ceramica a vernice nera. A Sud Ovest della necropoli delle Colonnette, oltre un appezzamento di terreno coltivato, sul costone tufaceo di Prato Lorenzone, la parete presenta una serie di ambienti scavati nel tufo, attualmente utilizzati come stalle e magazzini, nei quali non sono stati riscontrati indizi di un'utilizzazione antica, e dei quali pertanto è difficile ricostruire l'epoca di realizzazione. I due ambienti più grandi sono scavati nel tufo e parzialmente costruiti in blocchi di tufo. Procedendo verso Nord, si notano inoltre varie cavità rettangolari o semicircolari di piccole dimensioni (abbeveratoi, ricoveri per animali), probabilmente ricavati in epoca moderna. La recente ricognizione lungo la Cava del Lupo ha permesso di verificare la presenza di tutte le tombe individuate dalla Moscati, tranne la N. 18 (indicata nell'articolo come "visibile ma inaccessibile"), oggi probabilmente obliterata dal fitta vegetazione. Inoltre è stato possibile identificare la presenza di due tombe non individuate dalla Moscati. La prima, della quale si è intravisto l'invito di un dromos della larghezza di 1 m, si trova a 12 m circa dalla N. 23. La seconda è ubicata a circa 8 m. a Nord Ovest dalla precedente, ad un livello superiore: la porta della tomba, orientata a Est e oggi ricoperta da arbusti, sembra aprirsi ad una quota molto bassa rispetto all'attuale piano di campagna. La tomba 24, caratterizzata dalla presenza nella camera centrale di colonne (dalle quali probabilmente è derivato il toponimo "Colonnette"), è visibile dal costone orientale della Cava del Lupo, ma risulta attualmente irraggiungibile a causa della fitta vegetazione e della viscidità del pendio. A Nord della tomba 24 è visibile a tratti una serie di gradini con andamento spezzato che dovevano collegare il livello della Cava del Lupo con la prima fila di tombe (tra cui la stessa tomba 24) e la seconda (tombe 18-23 e tombe individuate nella presente ricognizione). Si segnala, infine, a proposito della tomba 25, che gli accessi delle tombe scavate nel costone tufaceo al di sotto di una casa   52 moderna, risultano oggi completamente obliterati dalla vegetazione. Le tombe 20-21 presentano sopra l'architrave della porta delle iscrizioni falische: per esse, si rimanda a Giacomelli 1963. OSSERVAZIONI: già cava di tufo (1927). Attualmente le tombe sono in gran parte interrate o ricoperte dalla vegetazione. (LA) RICOGNIZIONI 2010-2011: Rispetto alle osservazioni effettuate nel 1994 si segnala l’ulteriore foltissima crescita di vegetazione che rende impossibile l’accesso alle camere tombali e ha provocato numerosi distacchi delle pareti della via tagliata, che continua ad essere utilizzata come discarica e fogna a cielo aperto – Situazione a tutto giugno 2010. (PP) SANTUARIO DI MERCURIO IN LOCALITÀ SASSI CADUTI Scheda A60 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: LOCALITA'/TOPONIMO: Sassi Caduti RICOGNIZIONI: 8-04-1994 TIPO DI UTILIZZO: Seminativo OGGETTO: Tempio falisco. LOCALIZZAZIONE: Fosso di S.Anselmo a NE, Rio Maggiore a S, ai piedi del costone tufaceo di Colonnette ad O. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori FOTO: da allegare il rilievo di Stefani e le foto dell’acroterio con duellanti e di una testina di antefissa. DESCRIZIONE: Il santuario era situato in una profonda valle stretta tra l'altura delle Colonnette e la riva sinistra del Rio Maggiore, lungo l’antica via che scendendo dall'abitato lo collegava al tempio di Giunone Curite. La sua collocazione era extra moenia, fuori dall’area urbana, in posizione tutt'altro che dominante, eppure strategica, lungo l'asse stradale che conduceva al più importante santuario federale falisco, ha continuato a mantenere immutata la sua rilevanza anche dopo la conquista romana e la fondazione della colonia romana di Falerii Novi, che non avevano minimamente intaccato il prestigio e vitalità delle due aree sacre. Il tracciato della via, descritto sommariamente da A. Pasqui nella relazione di scavo del tempio di Giunone (PASQUI 1887, p. 93), è indicato con puntualità da R. Mengarelli nella relazione manoscritta conservata a Villa Giulia nell'Archivio SAEM confluita in   53 gran parte nel resoconto sulla scoperta del tempio (MENGARELLI 1911): essa usciva da una porta secondaria di Falerii, la posterula individuata nell’orto del monastero delle Clarisse, che affacciava di fronte ai Sassi Caduti e scendeva verso ovest con rapida inclinazione lungo la ripa. Qui ripiegava verso est arrestandosi presso il fosso poco sopra l’area dove sorgeva il santuario dei “Sassi Caduti” in prossimità di un ponte. Altre evidenti tracce di un secondo ponte simile si trovavano più ad oriente, in un punto dove la via, ritornando sulla sponda destra, cioè dalla parte della città poteva discendere lungo il fosso fino ad un terzo ponte, al quale facevano capo alcune strade importanti in prossimità del tempio di Giunone Curite. All’altezza del secondo ponte saliva verso destra una breve ed erta via fino all'acropoli di Vignale. La descrizione, così suggestiva, del percorso che univa i santuari suburbani al pianoro maggiore ed all’acropoli di Vignale, attualmente non più visibile con tale chiarezza, consente di comprendere quanto fosse ampia e approfondita la ricerca archeologica sull’area dell’antica Falerii durante i primi anni del Regno d’Italia. Il merito della scoperta di questo importante santuario falisco si deve ancora una volta a R. Mengarelli, che nel corso delle sue ricognizioni sul territorio notò la presenza di frammenti architettonici sparsi sul terreno e di alcuni tratti di muri affioranti. Le operazioni di scavo, effettuate tra l’agosto del 1901 ed il febbraio del 1902, vennero condotte non in tutta l’area ma per saggi, a causa della limitata estensione del luogo, rendendo difficoltosa la comprensione delle strutture emerse, per le quali risultò certa l’appartenenza ad almeno due periodi della vita del luogo, risalenti rispettivamente al primo impianto monumentale del santuario, di epoca tardo-arcaica (metà del V secolo a.C.), e all'epoca romana cui vennero attribuiti almeno due ambienti porticati. Dal giornale di scavo, redatto dal soprastante G. Magliulo, emerge con chiarezza come i materiali architettonici e votivi raccolti si fossero trovati mescolati e dispersi su tutta l'area e soprattutto ridotti in frammenti di esigue dimensioni, a volte, difficilmente ricomponibili, senza alcuna possibilità di collegamento tra la loro distribuzione ed i lacerti di strutture intercettate. Inoltre la scelta di effettuare lo scavo per trincee, per evitare la spesa del trasporto della terra, comportò l'impossibilità di documentare compiutamente con rilievi grafici tutte le strutture emerse nei vari saggi che rapidamente venivano richiusi, dopo aver raccolto il materiale. Pertanto l'unico rilievo a nostra disposizione rimane quello pubblicato da E. Stefani (STEFANI 1948), solo molti anni dopo la conclusione dello scavo, insieme al tentativo di interpretazione di ciò che era stato rilevato. L’area ha restituito uno dei complessi decorativi più ricchi e completi del periodo tardo arcaico, caratterizzato da una grande qualità ed una omogeneità stilistica e tecnica, con elementi di grande pregio come l’acroterio centrale con duello di guerrieri tra volute (MENICHELLI 2011) Per ciò che riguarda i modelli della plastica figurata, sono chiare le influenze attiche ed i riferimenti alle contemporanee produzioni greche e magno-greche; si va infatti dalla impronta eginetica dei volti dei guerrieri in duello, alle ispirazioni attiche nelle testine delle belle antefisse a figura intera con coppia di menade e sileno. Alla metà del IV secolo si colloca la prima ristrutturazione che riguarda sicuramente la completa sostituzione del sistema decorativo tardo-arcaico, con rivestimenti   54 purtroppo incompleti, ma ugualmente di alto livello tecnico e artistico. Il gruppo è rappresentato dal frammento di altorilievo con Hermes stante poggiato al tronco di un albero nel quale è evidente il richiamo alla scultura di ispirazione prassitelica che trova a Falerii, ambiente già profondamente ellenizzato, una particolare accoglienza. Infine, ai decenni finali del I secolo a.C., forse proprio per diretto interessamento di Augusto, si data l’ultimo rifacimento dell’area, con l’elevazione degli edifici porticati che dovevano essere decorati con le lastre Campana raffiguranti, tra gli altri soggetti, figure di geni alati suonatori di doppio flauto e lira. Tutto il materiale raccolto durante la campagna di scavo, nelle proprietà Marinelli e Micheli, venne acquistato da parte del Ministero e si trova diviso tra il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia ed il Museo Archeologico dell’Agro Falisco. Per ciò che riguarda l'aspetto cultuale studi condotti in anni recenti hanno reso quasi certa l’attribuzione del santuario dei Sassi Caduti al culto di Mercurio, basata principalmente sulle numerose iscrizioni vascolari molto significative soprattutto, vista l’esiguità dei materiali votivi. Alla luce infatti di una delle valenze principali di Mercurio, dio legato alla Merx e quindi protettore del commercio e degli scambi, è stato possibile leggere proprio in questo senso le iscrizioni vascolari, le cui interpretazioni controverse avevano finito col falsarne la destinazione. Infatti la possibilità di collegare gli "efiles" agli "aediles" romani nelle funzioni di controllo dei mercati e dei commerci, posti sotto la tutela del dio Mercurio, hanno chiarito la funzione delle coppe iscritte come offerte votive sulle multe con le quali quei magistrati colpivano i traffici commerciali. A queste dediche si aggiungono altri frammenti vascolari con numerali incisi che indicano le cifre 10,15,50,1000, riferibili probabilmente al valore del denaro ricavato dalle multe inflitte dagli "efiles" offerte anch'esse alla divinità. SCHEDA TOPOGRAFICA La zona indagata si trova in un lembo di terreno stretto tra la rupe e il fosso orientato in direzione nord-ovest. Le strutture emerse coprivano un'area di sessanta metri di lunghezza e circa ventotto di larghezza, ma le condizioni discontinue dello scavo ne hanno pregiudicato la corretta interpretazione. Lo Stefani attribuisce i diversi tratti di muri rilevati, sulla base della tecnica costruttiva, alle varie fasi di vita dell’area. Alla fase più antica databile intorno al 460-450 a.C. grazie ai frammenti di terrecotte architettoniche recuperate, sono attribuibili due segmenti di muri in blocchi di tufo regolari accostati in due file, disposti per testa in quella esterna, per taglio in quella interna distinti con le lettere A e B, ugualmente orientati e allineati in posizione ortogonale al torrente e verosimilmente appartenenti a due edifici coevi. Simili, per tecnica costruttiva e dunque assegnabili allo stesso periodo, sono altri resti di muri indicati dalle lettere C D E, il primo e il terzo paralleli fra loro e con quello in A, il secondo disposto ortogonalmente al primo, tagliato da muri successivi, cosicché si è perso il possibile punto di incontro. Contemporaneo a queste strutture è il pozzo denominato F, situato presso la base della rupe a nord-ovest dalla forma rettangolare ed imboccatura circolare, tagliato successivamente dal muro perimetrale dell'area denominato O e da un canale parallelo a questo muro.   55 Più chiare, invece, sono le strutture assegnabili ad età romana, rappresentate dai consistenti tratti di muri, lunghi fino a m 16,70. indicati con G e i relativi GA-GB, ed H. Si tratta di muri intonacati, fondati su una gettata di calcestruzzo, assegnabili a due edifici porticati dalla struttura ad elle, affrontati, disposti all'estremità sud e nord dell'area quasi a contenerne lo spazio, non simmetrici, quello in H è spostato verso la rupe. Lungo i lati interni si apriva il porticato con le colonne disposte ad una distanza di tre metri, delle quali rimangono in situ rispettivamente quattro basi dell'edificio G e cinque dell'edificio H. A ridosso delle basi di entrambi gli edifici, corrono le canalette di scolo delle acque, scavate nel tufo. Tracce di una pavimentazione in lastre di tufo ed in tasselli bianchi confermano la buona conservazione delle strutture indagate. La presenza di un ricco sistema di canalizzazioni presupporrebbe una necessità di regolare il flusso delle acque. (CC) BIBLIOGRAFIA: MENGARELLI 1911, STEFANI 1948, pp. 102 - 103 - 109; FREDERIKSEN, WARD PERKINS 1957, pp. 132 - 134; MELIS, MOSCATI, in COLONNA 1985, p. 113; DE LUCIA BROLLI 1991, p. 31; MESSINEO, CARBONARA 1993, p. 148. OSSERVAZIONI: LOCALITÀ CELLE Schede nn. 68 A; 68 B; 68 C1-3 L’indicazione topografica “Celle” identifica nel quadrante nord-est di Falerii uno scosceso pianoro posto alla confluenza del Rio Maggiore e del Fosso di Celle, prospiciente l’acropoli di Vignale. Il pianoro, a sua volta, si articola in una propaggine allungata ad occidente e, a sud, in una profonda vallecola dove è ubicato il santuario di Giunone Curite (scheda 68 A). In entrambi questi siti alla fine dell’800 vennero alla luce una serie di sepolcreti che furono riuniti dagli scavatori nel toponimo “Montarano”, appellativo questo inesistente nella cartografia antica e moderna del luogo ma utilizzato nella letteratura archeologica. Sulla base delle coordinate geografiche è stato dato il nome di Montarano Sud115 al primo, e più antico, nucleo sepolcrale rinvenuto alle pendici meridionali del pianoro di Celle tra il 1886 e il 1888 durante gli scavi delle fondazioni del santuario di Giunone. Le quattro tombe ad incinerazione portate in luce116, datate al Bronzo Finale, facevano                                                                                                                         Sul sepolcreto: Agro Falisco 1981, pp. 3-4 e 13-19 con riferimenti precedenti; TORELLI 1982, p. 122; MOSCATI 1985, pp. 71-72; DI GENNARO 1986, p. 44, figg. 3-4; BAGLIONE 1986, p. 128, fig. 2; DI GENNARO 1988, p. 72, figg. 11-12; MOSCATI 1990, p. 142; DE LUCIA BROLLI 1991A, p. 28; DE LUCIA BROLLI 1991B, pp. 19-20; PERONI 1996, pp. 331, 413; Repertorio 2007, scheda 269, p. 283, Tav. IV (F. di Gennaro). 116 In PASQUI 1887, p. 100, nota 1, si da notizia di “cinque pozzetti”, rinvenuti “qualche anno indietro” sotto il tempio di Celle. Tre pozzetti, più un quarto di dubbia interpretazione, in Repertorio 2007, scheda 269, p. 283 (F. di Gennaro). 115   56 parte di una necropoli protovillanoviana il cui insediamento di riferimento è da porsi sul colle di Vignale117. L’utilizzo dell’area di fondovalle per scopi funerari appare breve e circoscritto 118, abbandonato a partire dall’VIII secolo a.C. a favore della sommità del pianoro, come indica l’impianto delle due necropoli individuate tra il 1888 ed il 1890 nella parte settentrionale dell’altopiano. Il nucleo rinvenuto nella parte nord-orientale, e per questo denominato dagli scavatori Montarano N.N.E., è costituito da tombe a pozzo e a fossa la cui cronologia copre un arco di tempo compreso tra la metà dell’VIII ed il VII secolo a.C. I corredi testimoniano il passaggio dall’età del Ferro all’Orientalizzante di una comunità in cui sono in atto evidenti cambiamenti sociali. La completa affermazione del rito inumatorio è attestata, invece, nella necropoli impiantata nel pieno VII secolo a.C. sulla propaggine più settentrionale del pianoro e, per questo, distinta col nome di “Sepolcreto a Nord di Montarano”119. La vocazione sepolcrale del pianoro si estende anche al lato prospiciente Vignale dove, a partire dalla seconda metà del VII secolo a.C., viene impiantata un’altra vasta area di tombe a camera, nota col nome di necropoli di Celle120, il cui massimo sviluppo è riferibile ad età arcaica ed ellenistica. La sua estensione sin nei pressi del romitorio di S. Anselmo è confermata da recenti rinvenimenti (scheda 68 B). Nel fondovalle restano monumenti funerari ipogei dalla peculiare tipologia con pilastro centrale e banchine laterali (scheda 68 C1). Celle, infine, è parte integrante dei sistemi idrici e viari della città, come testimoniano lo speco ogivale individuato sulla parete nord-orientale del pianoro (scheda 68 C2) e la tagliata perfettamente conservata per un tratto a N del ponte della Ferrovia (scheda 68 C3). Questa strada, che usciva dalla porta orientale della città, nell’ultimo tratto verso il santuario di Celle doveva coincidere con la tagliata della Cava del Lupo (scheda 00). (GB) IL SANTUARIO DI GIUNONE CURITE Il santuario è collocato su una terrazza ai piedi dell’altura di Montarano circoscritta dal Rio Maggiore, nel punto di incontro di alcune vie che collegavano Falerii con i centri più importanti del territorio falisco e sabino, come dimostra la pianta topografica dell’antica Falerii esposta nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, realizzata da Adolfo Cozza nel 1884 (COZZA 1985, p. 24, punto FF). Nel grande complesso sacro, del quale dovevano far parte sia il cosiddetto Ninfeo Rosa sia il                                                                                                                         Non è supportata da dati archeologici l’ipotesi avanzata alla fine dell’800 di un insediamento protostorico sul pianoro di Montarano (BARNABEI 1894, coll. 15-20; Agro Falisco 1981, pp. 3, 10, 87, 101), ripresa in COZZA 1985, p. 20. 118 Per la collocazione di fondovalle della necropoli e l’occupazione del pianoro soprastante, usuale nella prima età del ferro: DOMANICO-MIARI 1991, pp. 61-69, 77, 79. 119 In generale, su Montarano e le sue necropoli: Agro Falisco 1981, pp. 3-5, 21-87 (per Montarano N.N.E.) e 89-96 (per Montarano N); MOSCATI 1985, p. 72; BAGLIONE 1986, pp. 128-140; MOSCATI 1990, p. 146; DE LUCIA BROLLI 1991B, pp. 21-27; BAGLIONE, DE LUCIA BROLLI 1997, p. 145, fig. 2 e pp. 166-171, figg. 15-18. 120 Agro Falisco 1981, pp. 99-144; CATALLI 1990, 247-248; DE LUCIA BROLLI 1991B, pp. 28-29. 117   57 tempio monumentale, sono attestate le più antiche testimonianze di pratiche cultuali del territorio falisco. Alcuni lavori agricoli iniziati in anni precedenti l'effettiva scoperta del tempio, avevano messo in luce l'esistenza di un’imponente struttura in blocchi, mentre solo con il ritrovamento di materiale fittile, avvenuto nel 1886, lo Stato intervenne dando il via ad una campagna di scavo condotta fra l'aprile e la fine di giugno del 1886 sotto la direzione di A. Cozza (cfr. PASQUI 1887, p. 92). Propizio per queste indagini era stato il rinvenimento, avvenuto nel 1873, di un luogo di culto collocato in prossimità dell’area sacra, lungo il "Fosso dei Cappuccini", detto anche "Ninfeo Rosa". In quel luogo si era messo in luce, al centro del fiume, un basamento, interpretato come un altare posto quasi a diga del corso d’acqua, mentre ai lati si aprivano cavernette che restituirono una grande quantità e varietà di ex-voto che dimostrano il lungo perdurare della frequentazione a carattere cultuale già a partire dall’età preistorica, come le frecce di selce (KIESERITZKY 1880, pp. 108-113, BENEDETTINI, CARLUCCI, DE LUCIA BROLLI 2005, p. 219) . Le caratteristiche di questo luogo di culto richiamarono alla memoria degli scavatori il punto dal quale prendeva inizio la processione sacra annuale verso il santuario di Giunone, descritta da Ovidio (Amores III,13), consentendo da subito di individuare nella Giunone Falisca la divinità titolare del tempio scavato più a valle. Gli interventi susseguitisi nel tempo consentirono di recuperare un buon numero di ex-voto e frammenti della decorazione architettonica fittile del tempio, comprese le bellissime, ma troppo mutile statue frontonali (ANDRÉN 1940, MASSA PAIRAULT 2006), oltre ai frustuli delle lastre dipinte che dovevano ornare i muri interni del tempio. I materiali votivi furono rinvenuti in diversi punti del complesso santuariale deposti ritualmente al’interno delle strutture sacre. Il materiale recuperato durante gli scavi del tempio di Celle si trovano divisi tra il Museo di Villa Giulia a Roma e il Museo Archeologico dell'Agro falisco a Civita Castellana. Fin dal primo momento, la scoperta di questo tempio assunse per gli studiosi un'importanza straordinaria determinata dal fatto tutto nuovo di avere a disposizione una struttura templare antica con pianta di tipo etrusco-italico o tuscanico. L’interpretazione non facile né univoca di ciò che restava delle fondazioni e la ricostruzione del tipo di pianta, diede il via ad una disputa risolta, solo in anni recenti, grazie all’ulteriore indagine condotta dalla S.A.E.M. tra il 1976 e il 1978, che consentì di chiarire in via definitiva il problema. Il tempio attualmente visibile, frutto di una completa ristrutturazione databile alla metà del IV secolo a.C., si estendeva in posizione parallela e non ortogonale al corso del Rio Maggiore rivolto a Sud-Est, come il tempio di Hera ad Argo, che anticamente era paragonato a quello della Giunone di Falerii. Lo scavo del santuario di Celle ha restituito un numero piuttosto limitato di frammenti di terrecotte architettoniche che testimoniano, seppure in modo discontinuo, un certo numero di interventi di restauro decorativo susseguitisi durante la lunga vita del grande tempio. Non sono conservati frammenti della decorazione fittile risalenti alla prima fase monumentale del santuario, da collocarsi entro la metà del VI secolo a.C. mentre si è   58 eccezionalmente recuperata, all’interno del sacello arcaico, la testa dell’antico simulacro in tufo coronata di foglie di alloro in bronzo realizzato nell’austero stile dedalico, insieme a due statue, sempre in tufo, di felini alati forse poste ai lati dell’ingresso al tempietto . Alla prima metà del V secolo a.C. risale un primo restauro del tetto dell’edificio, ma con la metà del IV secolo si ebbe la completa ristrutturazione dell'edificio della cui decorazione facevano parte le belle statue frontonali frammentate, tra le quali la figura stante femminile riccamente abbigliata, pochi resti di antefisse e di lastre di rivestimento. Allo stesso livello artistico si pongono i frammenti di lastre dipinte che mostrano, nel delicato profilo di giovane imberbe, come anche nel piccolo frammento con mano, una grande capacità espressiva propria della pittura di IV secolo. BIBLIOGRAFIA: COLONNA 1985, pp. 110-113; BENEDETTINI, CARLUCCI, DE LUCIA BROLLI 2005, pp. 000; ALBERS 2007. (CC) DATI ARCHIVISTICI Tralasciando in questa sede l’analisi dettagliata degli scavi condotti estensivamente nelle necropoli di Montarano e di Celle alla fine del XIX secolo, di cui si è detto sopra e che hanno trovato ampia pubblicazione, pur preliminare, nel volume della Forma Italiae dedicato alle necropoli di Falerii121, si segnala come negli archivi statali siano presenti notizie che ci fanno capire come le ricerche condotte in dette necropoli e più in generale nell’area di Celle furono più ampie. Ancora a inizi ‘900 vennero alla luce due tombe a fossa con loculo in modo occasionale, a seguito di lavori agricoli, nei terreni di proprietà del conte Feroldi Antonisi De Rosa in loc. Montarano. Ne si dà breve notizia nel volume del 1908 di Notizie degli Scavi di Antichità 122 e parte della documentazione inerente le ricerche, controllate dal Magliulo, è conservata presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma (Archivio SBAR, pratiche di tutela, 291/5). D’altro canto soprattutto l’altopiano di Celle fu oggetto di indagini anche prima delle ricerche estensive del 1888, come facilmente desumibile, ad esempio, dalla vicenda narrata da Gianfrancesco Gamurrini nel 1887 in una lettera indirizzata al Ministro della Pubblica Istruzione (AABBAA, I versamento, b. 138, fasc. 270). Lo studioso ricorda come nei terreni del Feroldi a Celle un vignaiolo del conte si imbattè in due tombe, vi penetrò e solo in un secondo momento avvisò il proprietario. Si trattava di due tombe a camera “di straordinaria grandezza, ove in giro alle pareti a sette ordini sono incavati quaranta loculi”. Il dato più interessante fu il rinvenimento di un                                                                                                                         Una nutrita serie di documenti inerenti queste ricerche sono conservati soprattutto nelle Carte Barnabei presso la BIASA, nel Fondo Cozza presso l’Archivio di Stato di Orvieto e nelle Carte Gamurrini, conservate presso il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate di Arezzo. 122 NS 1908, p. 18. 121   59 cospicuo numero di epigrafi dipinte su tegole, che in origine dovevano chiudere i loculi123. Infine, sempre in località Celle, ma non legato all’altipiano della cosiddetta Vigna Rosa, bensì a quello a ovest rispetto al luogo in cui sorgeva la necropoli indagata nel 1888, è anche un altro rinvenimento di una tomba a camera, che restituì un numero consistente di epigrafi funerarie. Agli inizi degli anni ’80 dell’‘800 risale infatti la scoperta in un terreno di proprietà del Sig. Tommaso Lucidi “nelle rupi che guardano la riva sinistra del torrente Purgatorio” di una tomba a camera con diciannove loculi e due di più piccole dimensioni. Le iscrizioni entrarono a far parte del Museo Falisco a Civita Castellana e poi confluirono nel patrimonio dello Stato Italiano 124 . Il posizionamento di questa tomba è certo, avendo il Lucidi la sola particella catastale n. 52 nella sezione II del Catasto di Civita Castellana in una posizione corrispondente a quella descritta dal Gamurrini. Inutile poi dire che la documentazione archivistica conserva memoria dettagliata di tutti gli interventi posti in essere nell’area del santuario di Celle, dagli scavi sopra citati del 1886, passando agli interventi del 1947 di E. Stefani e di G. Ricci125, passando per gli scavi del 1938-39 relativi alla sistemazione dell’area archeologica intorno al tempio126. D’altro canto la località Celle, che aveva giocato un ruolo di primissimo piano nell’immediato suburbio di Falerii, rimase in qualche modo nevralgica anche durante il pieno periodo romano. Così presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma sono conservati documenti che testimoniano alcune indagini in una villa di età romana, nei terreni di proprietà Pistola condotte nei primi giorni di maggio del 1906 (Archivio SBAR, Pratiche di tutela, 291/1)127. La causa scatenante degli scavi era stata la richiesta, da parte del Pistola, proprietario del fondo, della possibilità di abbattere un tratto di muro, perché il terreno deve essere utilizzato per scopi agricoli (Archivio SBAR, Pratiche di tutela, 291/11). La situazione si trascinava già da qualche tempo ed era ben conosciuta al personale preposto alla tutela. Infatti nel medesimo fondo archivistico è conservata una relazione del 1903 a firma del Magliulo che dichiarava come “il terreno forma in un punto una collina, cinta da un alto muro romano, e che sul ciglio della medesima, si vedono a fior di terra dei muri a blocchi quadrati, e qualche sepolcro scavato in tempi remoti. Giù in basso, passa una strada romana, ancora in qualche parte visibile”. Al 1904 risale un bello schizzo                                                                                                                         Per un’analisi dettagliata della scoperta e delle epigrafi si veda M.C. Biella, La “diligenza del vignaiolo”, ovvero sulla ricontestualizzazione di alcune epigrafi da Falerii Veteres, in Annali della Fondazione per il Museo «Claudio Faina», XII, 2005, pp. 337-350. 124 Per una prima notizia del rinvenimento si veda G.F. Gamurrini, XXX. Civita Castellana, in NS 1883, pp. 165 ss., mentre per un’analisi dettagliata dei documenti d’archivio e delle epigrafi rinvenute si veda M.C. Biella, Falerii Veteres: alcune novità tra archeologia e archivistica, in AC LV, 2004, pp. 348 ss. 125 Queste indagini, di cui rimane memoria presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, Carte Stefani, 52, sono state edite anche in E. Stefani, Civita Castellana – Tempio di Giunone Curite. Nuove ricerche ed ulteriori osservazioni, in NS 1947, pp. 69-74. 126 ACS, AABBAA, Divisione II, 1939/40, b. 43, fasc. 816. 127 La citazione delle particelle catastali (Sez. II, 70, 79, 80, 81 e 82) permette un posizionamento particolarmente accurato. 123   60 misurato e una relazione dettagliata dell’Architetto De Angelis, che testimonia lo stato di conservazione del complesso, costituito ad un livello inferiore dai resti di una via basolata di età romana, affiancata da due sepolcri. Alle spalle di questo percorso sorgeva su di un rialzo del terreno (artificiale?) una villa di età romana, di cui rimanevano delle strutture murarie a vista. Il De Angelis suggeriva inoltre la presenza di tombe di età più antica incavate nel tufo, cosa che non sorprende particolarmente, considerando la posizione dei terreni del Pistola, confinanti con quelli del conte Ugo Feroldi Antonisi De Rosa, in cui avvennero le scoperte relative al sepolcreto di Celle. Gli scavi nei terreni di proprietà del Pistola ebbero luogo tra l’1 e il 4 maggio 1906. Come prima cosa si intercettò un cunicolo e poi una serie di muri, due dei quali intonacati “e dipinti in larghe fasce di colore rosso, giallo e verdognolo”. Anche i reperti mobili parlarono in modo inequivocabile della presenza di un edificio di età romana: si rinvennero infatti tegole, anfore e una moneta. A quel punto lo scavatore, il Cardani, decise di sospendere lo scavo e il 5 maggio si procedette al reinterro, come esplicitamente testimoniato dal diario di scavo redatto da G. Magliulo. (MCB) Schede di ricognizione A 68A COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Celle / S. Anselmo RICOGNIZIONI: 10-05-1994 OGGETTO: Tempio di Giunone Curite LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada vicinale che costeggia il lato O del colle di Celle, Fosso S. Anselmo a SE, Fosso dei Cappuccini a SO. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori ATT: Sezione 356090, Civita Castellana (in Repertorio 2007) DESCRIZIONE: Le strutture oggi visibili si riferiscono ad oltre la metà del perimetro di un ampio ed imponente basamento in blocchi di tufo lungo 50 metri e largo 28 costruito per regolarizzare l’andamento della terrazza naturale e seguirne il profilo con uno sfalsamento su due piani sul lato sud-orientale (COLONNA 1985, pp. 111-112). Il tempio, delle dimensioni di metri 28x36, con il lato posteriore coincidente con il lato nord-occidentale del basamento, doveva avere una cella centrale tra le due alae, un pronao con doppia fila di quattro colonne. Attraverso il varco dell’intercolumnio sul lato destro si accedeva al primitivo sacello inglobato nel nuovo complesso monumentale, sul cui lato posteriore doveva essere una vasca nella quale confluivano le acque di due cunicoli. Il pronao in corrispondenza dell’ingresso del sacello conservava, al momento dello scavo, un pavimento in mosaico bianco e nero con motivi geometrici disposti in diagonale. Ampie e dolorose lacune, soprattutto sui lati nord e nordoccidentali del monumento sono il frutto dell’erosione del fiume e delle manomissioni attribuibili all’azione della cava di ghiaia tra il 1930 ed il 1943. Altre strutture messe in luce verso monte, di difficile interpretazione, sono riferibili in parte ad interventi di protezione rispetto al basamento.   61 Sul lato opposto sono ancora visibili una serie di strutture in blocchi di complessa lettura, forse ambienti annessi al santuario (all’interno di una vasca vennero recuperati alcuni ex-voto anatomici e teste votive, BENEDETTINI, CARLUCCI, DE LUCIA BROLLI 2005, p. 219), successivamente in parte coperte dalla chiesa medievale eretta nei pressi dell’asse stradale che correva lungo la valle. (CC) OSSERVAZIONI: L’area archeologica è di proprietà demaniale. RICOGNIZIONI 2010-2011: A 68B COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Celle / S. Anselmo RICOGNIZIONI: 10-05-1994 OGGETTO: Necropoli LOCALIZZAZIONE: sulla sommità del pianoro, in prossimità del romitorio di S. Anselmo. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: OSSERVAZIONI: Non è stato possibile compiere la ricognizione in quest'area in quanto è situata all'interno di una proprietà privata, utilizzata nel 1994 a seminativo. La necropoli è stata oggetto di saggi di scavo da parte della Soprintendenza Archeologica per l'Etruria meridionale (scavo SAEM 1992). A 68C COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Celle / S. Anselmo RICOGNIZIONI: 10-05-1994 OGGETTO: Tomba (?) (C1),Cunicolo (C2), Tagliata (C3) LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada vicinale che costeggia il lato O del colle di Celle, Fosso S. Anselmo a SE, Fosso dei Cappuccini a SO. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: 1) Lungo il margine SE della strada vicinale, a ca. m 400 a N del tempio, sulla parete NO del pianoro si apre una tomba (?), ora sezionata, scavata nel banco di calcare (?), a pianta approssimativamente circolare, con pilastro centrale e banchine laterali. 2) Poco più a N, sulla parete del pianoro a NE, si individua la presenza di uno speco ogivale d’ispezione (dimensioni: alt. m 110; larg. m 0,50). 3) Proseguendo in direzione N, la strada ricalca una tagliata viaria antica, perfettamente conservata per un tratto a N del ponte della Ferrovia, che scavalca la strada vicinale.   62 RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione descritta, pur sussistendo la difficoltà di accesso al pianoro di Celle a causa di recentemente rinnovate recinzioni pertinenti a proprietà privata. Le strutture descritte in parete a Nord del Tempio hanno subito, nel corso degli anni, numerosi distacchi e microcrolli a causa della scarsa consistenza della parete calcarea. (PP) NECROPOLI DEI CAPPUCCINI La necropoli, nota agli scavatori ottocenteschi 128, è ubicata sul versante orientale dell’altura dei Cappuccini, altura che si frappone tra il pianoro di Celle a nord-est e quello di Colonnette a sud, dirimpetto all’insediamento di Vignale. A causa del ripido degradare del pendio verso il fosso omonimo, era articolata in gradoni e si componeva esclusivamente di tombe a camera. Il sepolcreto è parte di quel nucleo omogeneo formato dalle necropoli di Celle e Colonnette che, a partire dalla metà del VII secolo a.C., si sviluppa a nord della città di Falerii, lungo il corso del rio Maggiore e del confluente Fosso dei Cappuccini, attestando il compiuto sviluppo dell’area urbana nel VII secolo a.C. A questo orizzonte, anche cronologico, rientra la ricca tomba a camera ipogea a più deposizioni scavata nel 1991 (Scheda 00). tomba a camera ipogea con dromos, orientata E-NE, rinvenuta integra (Scavi SBAEM 1991). Composta di una camera irregolare ad L, forse a causa di un ampliamento, con quattro loculi ed un lungo dromos a scivolo con loculo sulla parete occidentale. AMALGAMARE (GB) BIBLIOGRAFIA: M. A. DE LUCIA BROLLI, Una tomba orientalizzante da Falerii, in ArchClass 50, 1998, pp. 181-211. Schede di ricognizione A 00 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Cappuccini RICOGNIZIONI: 1994 OGGETTO: Necropoli LOCALIZZAZIONE: I.G.M.: C.T.R.: DESCRIZIONE: tomba a camera ipogea con dromos, orientata E-NE, rinvenuta integra (Scavi SBAEM 1991). Composta di una camera irregolare ad L, forse a causa di un ampliamento, con quattro loculi ed un lungo dromos a scivolo con loculo sulla parete occidentale. -                                                                                                                         128   DE LUCIA BROLLI 1998, p. 181. 63 OSSERVAZIONI: nell’area della necropoli, oggi a pascolo, non si evidenziano tracce delle tombe. La tomba scavata nel 1991 risulta interrata e non è più visibile. Il costone non è ispezionabile (De Lucia) (Ricordarsi inserire tomba Lucidi in Dati archivistici e toglierlo da Celle)   64 III. IL TERRITORIO EXTRAURBANO INSERIRE DISCORSO SULLE PRESENZE PREROMANE CTR se Monte Paglietta è un unico nucleo inv. 15765 La conquista romana del 241 a.C. ha avuto pesanti conseguenze sul centro urbano della falisca Falerii, della quale si percepiscono, come abbiamo visto, le tracce sia nell’area dell’insediamento sia nelle necropoli ubicate nell’immediato suburbio. L’avvenimento, ricordato da numerosi storici, ebbe un grande impatto non solo per la sopravvivenza stessa della città, che fu completamente rasa al suolo, ma anche per il netto cambiamento dell’assetto territoriale che si produsse nel tempo. Nell’immediato, la conquista della città ebbe come conseguenza anche il rapido declino dei centri posti sotto la sua tutela politica, quali ad esempio Corchiano, Vignanello, Grotta Porciosa, quest’ultimo ancora oggi ubicato nel territorio comunale di Civita Castellana. Gravi dovettero essere infatti le ripercussioni economiche, tenuto conto che l’economia dell’antico centro egemone dell’agro falisco si basava in larga misura sulle produzioni artigianali nel settore ceramico, nettamente orientato in senso “industriale” e largamente esportato. La crisi dovette investire anche tutte quelle attività legate allo sfruttamento agricolo dei suoli e all’allevamento del bestiame sicuramente praticati negli ampi latifondi che, soprattutto nel corso del IV e della prima metà del III secolo a.C. , sono testimoniati nel territorio da isolati nuclei di necropoli riconducibili a famiglie emergenti della società falisca. La necessità di assicurare rapidi collegamenti con la capitale comportò, già nella seconda metà del III secolo a.C., la costruzione delle due principali arterie stradali, la via Amerina (dopo il 241 a.C.) e la via Flaminia (220 a.C.), che significativamente lasciano fuori dal loro tracciato proprio l’antica Falerii, ormai definitivamente sostituita nel suo ruolo dalla nuova città di Falerii Novi, il cui cardo venne ad essere costituito proprio dalla Amerina. Per far fronte allo spopolamento delle campagne e alle conseguenze economico-sociali degli eventi bellici, Roma dovette cercare di attuare una politica di occupazione e di sfruttamento intensivo dei suoli, favorendo il sorgere, sin dall’età repubblicana, di nuove ville rustiche: a queste sono probabilmente riferibili le numerose aree di frammenti fittili rinvenute nel territorio, lungo i diverticoli delle arterie principali e, ad est della via Flaminia, in stretto collegamento con la grande arteria fluviale rappresentata dal Tevere. In età graccana una colonia Iunonia, ricordata dalla fonti, sembra doversi identificare con la stessa Falerii, ormai non più centro urbano. III.1. LA VIA FLAMINIA Schede nn.A1, A6, A7,A8, A29, A38   65 La Via Flaminia venne costruita alla fine del III secolo a.C. allo scopo di collegare Roma, attraverso la Valle del Tevere, l’agro falisco, l’Umbria ed il Piceno, all’Ager gallicus che in quegli anni i Romani andavano conquistando. La strada, secondo una consuetudine condivisa con altre strade romane, prese il nome da Caius Flaminius , impegnato in prima persona nelle operazioni militari di cui si diceva sopra; inutile dire che la realizzazione di infrastrutture di questo tipo obbediva alla necessità di raggiungere nel minor tempo possibile le aree interessate dalla politica espansionistica romana. Come spesso accade è verosimile che il suo tracciato abbia ricalcato percorsi più antichi utilizzando sempre, nei casi di incertezza, la via più breve e diretta Nel territorio di Civita Castellana le testimonianze del passaggio della Via non sono poche, soprattutto in quei terreni che, avendo una sostanziale vocazione agricola, non hanno subito profondi rimaneggiamenti nel corso del tempo. Partendo dal limite meridionale del territorio comunale, la prima testimonianza della via ci viene restituita dalla località Valle Tavola (scheda A8), dove si vedono diversi basoli sparsi, oltre a frammenti di blocchi di tufo, presumibilmente relativi alla crepidine della strada. Proseguendo verso nord La Via Flaminia superava il fosso di Grassano per mezzo del Ponte Ritorto ( scheda A29). Le fondazioni del ponte romano, in opera quadrata di tufo sono inglobate nel ponte moderno ma esistono disegni che ci permettono di ricostruirne l’articolazione strutturale. Da qui la Via Flaminia arrivava a Torre dei Pastori, una torre costruita in epoca medievale (XIIIXIV) proprio a guardia dell’attraversamento della strada. Lungo la mulattiera che collega le due località, si vedono basoli sparsi relativi alla Via Flaminia. Continuando in direzione nord, in località Campo Travagliano, la Via raggiungeva il fiume Treia passando su sostruzioni antiche, come esplicitamente ricordato dal toponimo “La Voltarella”. L’ antica sostruzione è costituita da due filari di blocchi di tufo disposti di testa e di taglio, che forniscono la base di appoggio ai basoli della Flaminia. La sostruzione si interrompe circa 120 metri a sud del torrente dove è presente un sottopassaggio ad arco, la Voltarella per l’appunto ( scheda A7). Sempre in località Campo Travagliano, la Via Flaminia supera il torrente Treia per mezzo di un ponte di cui rimangono pochi resti in mezzo al roveto, costituiti da un pilone in conglomerato cementizio e parte di un arco (scheda n. A6). Anche in questo caso a guardia dell’attraversamento della strada una torre nota con il nome di Torre San Giovanni. L’ultimo tratto della Via Flaminia documentato nel territorio di Civita Castellana riguarda la moderna Via di Gargarasi sulla quale gravita l’area industriale di Civita Castellana e che, come hanno documentato i sondaggi archeologici eseguiti in occasioni di lavori connessi all’area industriale, nonché i numerosi basoli sparsi ai lati della strada, ricalca l’antica Via Flaminia (scheda A1) . Lungo la Via di Gargarasi sono stati, inoltre, individuati alcuni diverticoli che si staccavano dalla Via Flaminia e si addentravano verso l’interno. Due di questi sono noti da scavi, un terzo è ipotizzabile sulla base della presenza di basoli sparsi lungo un viottolo che conduce nella zona industriale (scheda A1, B ). Le ricognizioni hanno portato anche all’identificazione di un possibile mausoleo situato, secondo una prassi molto comune, lungo il lato orientale della strada. All’altezza del numero civico 11,   66 infatti, si individuano 10 blocchi di calcare di forma parallelepipeda, presumibilmente pertinenti un mausoleo (scheda A1 C) . Ad un’area cultuale e/o funeraria, potrebbe riferirsi la piattaforma tufacea a pianta quadrata rinvenuta lungo Via di Gargarasi (scheda A38), con gradini di accesso e cippo piramidale. (LS) DATI BIBLIOGRAFICI: G. MESSINEO - A. CARBONARA,VIA FLAMINIA, pp. 151-154. BIBLIOGRAFIA: G.F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 272, 398 - 399, fig. 239; M . A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 40, fig. 28; DATI ARCHIVISTICI Le presenze archeologiche lungo Via di Gargarasi sono state sottoposte a vincolo… Nel 1959, come risulta dall’Archivio di Villa Giulia n. 2709 (o 2708?), nei pressi di Ponte Ritorto venne individuata una villa romana e recuperata una base marmorea iscritta. A Via di Gargarasi, in occasione di lavori di estrazione legati alla cava di tufo, vennero rinvenute, nel 1965, due tombe a camera già violate. (VG 1965, n. 2942?) – Del Frate – Da riscrivere parte scheda Lucia Con lettera del 5 maggio 1893 il Conte Ugo Feroldi De Rosa segnalava a Felice Barnabei la presenza in alcuni terreni di proprietà sua e della consorte di “alcune tombe etrusche e romane” (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269). Tra le località menzionate vi è anche quella di Valle Tavole. Il conte sosteneva come “Si tratta di tombe le quali appariscono [sic!] allo sguardo anche di persone profane. Se il proprietario del terreno non le esplora, esse potrebbero essere facilmente manomesse”. In data 26 maggio 1893 Giuseppe Magliulo scrive al Barnabei, a seguito di un sopralluogo effettuato nei possedimenti del Feroldi e, a proposito di Valle Tavole, così scrive: “Quantunque questo terreno non sia seminato, e di facile esplorazione, pure nulla si ravvisa che possa dare indizi di tombe, ad eccezione di un pezzo di questo fondo, che è macchioso, in cui esiste una tomba aperta ed esplorata” (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269). Ciò che possiamo quindi ricavare con una qualche certezza dalla lettura di questi documenti è che, a prescindere dal numero, dal tipo e dalla cronologia, in loc. Valle Tavole dovevano essere visibili a fine ‘800 delle sepolture. Nell’Archivio Storico della SBAEM (1955, n. 644), presso i Casali di Gargarasi, sono inoltre conservati i documenti inerenti a una scoperta casuale ad opera dell’Assistente A. Bracci di “alcuni oggetti” e di tombe a fossa129. In relazione alla via Flaminia i documenti d’archivio mantengono memoria didue rinvenimenti distinti. Da un lato presso l’ACS, fondo AABBAA, I versamento (1860-1890), b. 138, fasc. 2si ricorda la scoperta nel 1881-1882, alle “falde del Soratte” nel territorio comunale di                                                                                                                         129   La notizia, così come anche le precedenti, è data anche nel Repertorio degli Scavi. 67 Civita Castellana, di strutture di epoca romana. Allegato alla documentazione è anche un rilievo di un tratto di muratura portato alla luce. Dall’altro nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma (Pratiche di tutela, 291/11) è conservata un’interessante relazione del 25 novembre 1904, inerente il rinvenimento di una villa di età romana, ubicata nei pressi di quello che viene riconosciuto dall’Architetto De Angelis, firmatario del documento, come il tracciato della via Flaminia. Tuttavia, il posizionamento della struttura in loc. Celle sembra rendere difficile individuare il basolato come vero e proprio tratto della Flaminia. Pur necessitando ulteriori indagini, che tendano a fornire un posizionamento preciso delle emergenze ubicate nei terreni di proprietà a inizi ‘900 del Sig. Francesco Pistola, sarebbe forse al momento più prudente ipotizzare che si tratti di un diverticolo della via consolare. Per una descrizione dettagliata delle emergenze rinvenute si veda infra/supra scheda n. ***. (MCB) Schede di ricognizione A1 COMUNE: Civita Castellana LOCALITÀ/TOPONIMO: Gargarasi RICOGNIZIONI: 13-09-1994. Si sono rinvenute tre nuclei distinti di resti archeologici (A e B, C) A)Resti della via Flaminia LOCALIZZAZIONE: Via di Gargarasi, dal km 58,600 della via Flaminia ai Casali di Gargarasi. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Ai margini della Via di Gargarasi sono stati individuati in più punti numerosi basoli sparsi relativi al tracciato della Via Flaminia antica. Circa 500 metri dopo il numero civico 11, al di sotto dell’asfalto moderno, per un tratto lungo metri 40, sono visibili due filari di blocchi di tufo alti cm 40 relativi, probabilmente, al muro di contenimento orientale della Via B) Resti di un diverticolo della Via Flaminia LOCALIZZAZIONE: Via di Gargarasi, dal km 58,600 della via Flaminia ai Casali di Gargarasi. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: A ca. m 700, sulla destra della via, si diparte un viottolo che conduce alla zona industriale, ai lati del quale, per una lunghezza di ca. m 200, sono visibili i basoli che potrebbero appartenere ad un diverticolo della Via Flaminia antica (1a); nei campi adiacenti il viottolo si notano rari frammenti ceramici. C) Resti di un mausoleo (?)   68 LOCALIZZAZIONE: Via di Gargarasi, dal km 58,600 della via Flaminia ai Casali di Gargarasi. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Proseguendo lungo la via di Gargarasi, all'altezza del n.c. 11 (ca. km 1 della via) è possibile vedere, fuori posto, dieci blocchi calcarei di forma parallelepipeda (1b), di cui due all'ingresso e gli altri allineati all'interno della proprietà, forse pertinenti ad un mausoleo. OSSERVAZIONI: Le varie presenze riscontrate, sebbene dislocate anche ad una certa distanza le une dalle altre, sono da considerarsi tutte in stretta connessione con la Via Flaminia antica. (LS) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza di basoli erratici lungo la via di Gargarasi. (PP) A6 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: S. Anna (Campo Travagliano) RICOGNIZIONI: 16- 09-1994 OGGETTO: Ponte sul fiume Treia LOCALIZZAZIONE: Torrente Treia a S, strada vicinale che attraversa la località S. Anna a N, al limite S del sentiero che collega la strada vicinale al torrente. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: A ca. m 10 dalla torre medievale detta di S . Giovanni, a SO di essa, si intravedono, al di sotto di un fitto roveto, i resti di una struttura in conglomerato cementizio riferibili ad un pilone e a parte di un arco di un ponte sul torrente Treia. OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione 1994 il terreno è apparso incolto (LS) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non ha potuto confermare la presenza dei resti murari a causa della vegetazione infestante. (PP) A7 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Campo Travagliano RICOGNIZIONI: 16-09-1994 OGGETTO: Tratto sostruito della Via Flaminia   69 LOCALIZZAZIONE: Torrente Treia a N, Fosso Fornaro ad O, fattoria moderna presso il punto altimentrico C.T.R. 75,0 ad E. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: La Via Flaminia passa in questo punto su sostruzioni antiche come esplicitamente ricordato dal toponimo “La Voltarella”. La sostruzione è costituita da due filari di blocchi di tufo di forma rettangolare disposti a filari alternati di testa e di taglio su cui poggia il basolato della Via Flaminia antica. La sostruzione è interrotta a ca. m 120 a S del torrente da un sottopassaggio ad arco, di m 3 di luce (c.d. Voltarella). Il percorso della strada è individuabile fino al ciglio del fiume ed è in discreto stato di conservazione. Lungo tutto questo tratto sono visibili basoli sparsi sul terreno circostante. All'altezza della Voltarella, a livello del piano di campagna, è stato individuato un allineamento di blocchi di tufo di forma rettangolare, di incerta funzione, con andamento parallelo a quello della Via Flaminia. OSSERVAZIONI: Proseguendo verso S, oltre la moderna fattoria, è segnalato un tratto di basolato in buono stato di conservazione, che non è stato possibile raggiungere (cfr. G. MESSINEO - A. CARBONARA, pp. 151 - 152, fig. 151). Al momento della ricognizione 1994, l’area era utilizzata a pascolo. (LS) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha potuto confermare la presenza della struttura sostruttiva, anche se scarsamente visibile a causa della vegetazione. (PP) A8 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Tavola (La Rotonda) RICOGNIZIONI: 16-09-1994 Si sono rinvenute due aree, A e B, interessate da resti archeologici A)Tratto della Via Flaminia Antica LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada vicinale, tra i punti altimetrici C.T.R. 147,5 ad O e 134,2 ad E. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Con andamento parallelo alla strada che collega Torre dei Pastori al casale sito in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 356100 Torre dei Pastori 147,4, per ca. m 200 a N di esso, sono stati individuati numerosi basoli sparsi e frammenti di blocchi di tufo, oltre a numerose schegge calcaree. B)Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada vicinale, tra i punti altimetrici C.T.R. 147,5 ad O e 134,2 ad E. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto   70 DESCRIZIONE: Nello stesso punto sono visibili anche alcuni spezzoni di nucleo cementizio, costituiti da scaglie di calcare legate da malta ed é inoltre presente materiale ceramico rappresentato da frammenti di laterizi, anfore, ceramica comune. I resti sono sicuramente da mettere in relazione con l’antica Via Flaminia e non é escluso che i resti di cementizio, seppure radi e sporadici, possano riferirsi ad installazioni presenti lungo la strada. OSSERVAZIONI: Nel campo immediatamente a N del casale è stata individuata, sul terreno arato, un'altra area di frammenti ceramici di ridotte dimensioni e di estensione assai limitata. Al momento della ricognizione del 1994 il sito era utilizzato per scopi agricoli. (LS) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994 risulta da un sopralluogo effettuato nel Marzo 2008, a seguito di segnalazione del Corpo Forestale dello Stato, in occasione del quale si è osservato un lungo tratto di basolato stradale, coperto da fitta boscaglia, nel sito indicato. (PP) A29 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Ponte Ritorto RICOGNIZIONI: 23-09-1994 OGGETTO: Ponte romano della via Flaminia LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano, nel punto in cui attraversa il fosso di Grassano IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Fondazioni del ponte romano in opera quadrata di tufo OSSERVAZIONI: attualmente inglobate nel moderno Ponte Ritorto. (LS) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza delle strutture di fondazione del ponte descritte. (PP) A38 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Gargarasi RICOGNIZIONI: 21-04-1994 OGGETTO: Area cultuale LOCALIZZAZIONE: Sulla via di Gargarasi, al km 58,600 della via Flaminia, Castello Tata ad E.   71 IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Piattaforma tufacea a pianta quadrata (m 2 x 2.18) orientata NE - SO, con accesso sul lato SO tramite quattro gradini, probabilmente di uso cultuale (IV-II secolo a.C.). A fianco dei gradini, si nota un cippo di tufo di forma piramidale (cm 60 x 60 x 50). OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione del 1994 l’area si configurava ad uso agricolo (LS) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha potuto confermare la presenza delle scalette realizzate nel tufo e del cippo. La sommità dell’area non è stata visibile a causa della vegetazione. (PP) III.2. IL TERRITORIO TRA LA VIA FLAMINIA ANTICA E IL TEVERE Appunti per la scheda madre: LOCALITÀ PRATARONI Scheda n. 2 In località Prataroni è stato rinvenuto un insediamento rustico, su di un’altura prospiciente un fossato , a ridosso della Via Flaminia. Si tratta di una tipologia di insediamento piuttosto comune non soltanto nel territorio di Civita castellana, ma più in generale nel mondo antico (LS) DATI BIBLIOGRAFICI: LOCALITÀ QUERCIA FAGOTTA Schede nn. 3, 4 Nella località denominata Quercia Fagotta, sono state individuate due aree di frammenti fittili, riferibili ad insediamenti di tipo rustico, piuttosto numerosi nel territorio di Civita Castellana. Si tratta di un tipo di insediamento utilizzato sia a scopo abitativo che produttivo, secondo un modello ampiamente rappresentato nel mondo antico e strettamente legato allo sfruttamento del territorio. La ceramica individuata consente di ipotizzare uno sviluppo dei due insediamenti nella piena età imperiale (I-II secolo d.C.) (LS) DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, p. 275. CTR   72 LOCALITÀ TORRE DEI GIACANTI Scheda n.5 L’area denominata Torre dei Giacanti è interessata dalla presenza di una necropoli e di una tagliata viaria, in pessimo stato di conservazione e poco visibili a causa della fitta vegetazione. Il complesso archeologico è segnalato per la prima volta da Gamurrini. (LS) DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 275 - 276. Schede di ricognizione A2 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: I Prataroni RICOGNIZIONI: 13-09-1994 OGGETTO: Villa rustica LOCALIZZAZIONE: Via di Gargarasi ad O, strada privata che conduce alla tenuta Pizzi di Foglia a N, tracciato della doppia linea elettrica ad E. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Su un’altura situata tra due piloni della linea elettrica è stata individuata una vasta area di materiale edilizio e di frammenti fittili, tra i quali si segnalano due frammenti di ceramica a vernice nera, frammenti di ceramica comune, anfore, dolia, laterizi. I materiali sono riferibili ad un insediamento rustico la cui ubicazione, a ridosso della Via Flaminia antica e prospiciente un fossato, rientra in una tipologia già documentata nella zona (Cfr . schede nn. 3 – 5). OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo (LS) A3 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Quercia Fagotta RICOGNIZIONI: 13-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada sterrata che attraversa la tenuta Pizzi di Foglia, poco a N del punto altimetrico C.T.R. 115,3. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Sul terreno è stata individuata una vasta area di frammenti fittili concentrati prevalentemente su di una piccola altura e sparsi nel campo circostante. Tra questi si segnala la presenza di frammenti di laterizi, anfore, sigillata africana A e D, ceramica comune. Si vedono   73 inoltre frammenti di blocchi di tufo e di conglomerato. Di fronte al punto altimetrico C.T.R. 115,3, dove attualmente insiste una piccola costruzione, si trovano un rocchio di colonna di calcare, un basolo ed un blocco di pietra. I materiali OSSERVAZIONI: al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo (LS) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non ne ha permesso il controllo a causa dell’esistenza di recinzioni pertinenti a proprietà privata. (PP) A4 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: QUERCIA FAGOTTA/TORRE DEI GIACANTI RICOGNIZIONI: 13-09-1994 OGGETTO: Insediamento di tipo rustico LOCALIZZAZIONE: Tra la Torre dei Giacanti e la strada privata che attraversa la tenuta Pizzi di Foglia. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Sulla sommità dell'altura situata a ca. m 200 a NO della Torre si evidenzia una notevole concentrazione di frammenti fittili tra i quali una gran quantità di doli utilizzati per la conservazione delle derrate alimentari, ceramica da fuoco e da cucina, ceramica sigillata africana A, anfore. Si segnala inoltre la presenza di materiale edilizio tra cui un grosso frammento lavorato di calcare. Il materiale ceramico si colloca in piena età imperiale (I-II d.C.) e sembra suggerire la presenza di una villa rustica. OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo. Nel cortile della proprietà Pizzi di Foglia erano visibili alcuni reperti significativi: una soglia di marmo, un blocco di basaltina con due vaschette rettangolari sulla faccia superiore (mensa ponderaria?) ed una macina dello stesso materiale. Si può pensare che questi materiali provengano da uno degli insediamenti descritti nelle schede dalla n 2 alla n. 5. (LS) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non ne ha permesso il controllo a causa dell’esistenza di recinzioni pertinenti a proprietà privata. (PP) LOCALITÀ COSTE DI MANONE – I MONTI Schede nn. 31, 32, 33, 34 Le alture che dominano ad ovest la valle del Tevere sono costituite da bancate tufacee   74 con superficie superiore pianeggiante coltivata a campi e ripide pendici boscose. Le aree di maggiore elevazione sono caratterizzate da una fitta concentrazione di materiale archeologico di superficie, che si ritrova in concentrazione minore lungo i pendii e alle pendici della alture, costituito da frammenti ceramici e materiali edilizi che coprono un arco cronologico che va dalla media età repubblicana fino a tarda età imperiale. Scavi d'emergenza effettuati fra il 1972 e il 1975 in seguito al rinvenimento di un pavimento a mosaico durante lavori di aratura presso la località "I Monti", hanno consentito di riportare alla luce, oltre al mosaico a tessere bianche e nere con fregio a motivi floreali, resti di strutture murarie e pavimento in opus spicatum pertinenti con tutta probabilità ad una villa romana. E' probabile però, data la vastità della zona interessata dalla presenza di materiali, che questi vadano riferiti a più ville che sfruttavano la posizione favorevole vicino al tracciato della via Flaminia a dominio della valle del Tevere. (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: Repertorio degli scavi, 3 (1971-1975), p. 82. DATI ARCHIVISTICI Nel 1899 alcuni operai che stavano dedicandosi a lavori di cava scoprirono una tomba nella pendice collinare presso la strada che conduce a Centocelle in contrada Coste di Manone. Si trattava di una tomba a camera a pianta rettangolare (3x4 m) fornita di un dromos lungo 5 m. All’interno la camera ospitava tre loculi ricavati nelle pareti, uno dei quali venne rinvenuto intatto e sigillato con quattro tegoloni. La scoperta è per noi nota grazie ai documenti di pugno di Francesco Mancinelli Scotti conservati presso l’Archivio dell’University Museum a Philadelphia130. L’eccezionalità della tomba risiede nelle modalità di conservazione dei resti umani. Il Mancinelli Scotti infatti scrive: “Lo scheletro era nello più perfetto stato di conservazione, come fosse stato di terra cotta, e più che mai destava meraviglia perché aveva ancora attorno il cranio tutti i capelli e sotto un piccolo lenzuolino di lana tessuta. Di più conservava il pelame anche sul pube” (University Musuem archives, «Etruscan Tomb Groups, file 4 of 6»). Sul pavimento della tomba vennero rinvenuti dodici vasi. Sempre il Mancinelli Scotti ricorda che si trattava di buccheri, di vernici nere e di figure rosse. Il materiale recuperato venne offerto al Museo di Philadelphia, ove giunsero lo scheletro, parte dei capelli e del tessuto e almeno due coppe a figure rosse131. Non si esclude che il resto del corredo abbia subito la stessa sorte, ma le ricerche per appurare l’esistenza a Philadelphia anche degli altri vasi sono in corso132. Gli studiosi americani che si sono occupati recentemente del contesto ipotizzano un primo utilizzo della tomba nel VI                                                                                                                         Una prima pubblicazione di questa scoperta è stata recentemente edita in M.J. Becker, J. Macintosh Turfa, B. Algee-Hewitt, Human remains from Etruscan and Italic Tomb groups in the University of Pennsylvania Museum, Pisa-Roma 2009, pp. 63-67. 131 Un’immagine delle due coppe è stata pubblicata in Becker, Macintosh Turfa, Algee-Hewitt 2009, tav. III. Si può provare, almeno per la migliore, a inserirla in una delle mani riconosciute dall’Adembri – Lo faccio per la versione definitiva del manoscritto (devo andare alla Nazionale per vedere le tavv. della Tesi di Dottorato dell’Adembri). 132 Becker, Macintosh Turfa, Algee-Hewitt 2009, p. 65. 130   75 a.C., probabilmente per la menzione del bucchero nei documenti d’archivio, e una successiva riapertura della sepoltura nel corso del IV sec. a.C. 133 . Tuttavia l’impossibilità di analizzare nel dettaglio tutti i materiali recuperati ci sembra suggerire di sospendere per ora il giudizio in merito al limite cronologico più alto indicato. Qualche anno dopo la scoperta di cui si è sino ad ora detto, nel 1915, venne invece alla luce sempre in località Contrada Coste di Manone una “lastra marmorea tardo bizantina”. La notizia, conservata in un documento all’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, Divisione I, 1904-1924, b. 174, fasc. 411) necessita ancora di uno studio approfondito e di un posizionamento preciso all’interno della località. (MCB) Schede di ricognizione A31 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Coste di Manone RICOGNIZIONI: 27-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere a N, strada comunale per Ponzano a S, Fosso di Cava Travertina a O, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 152,9 IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sulla sommità del costone è stata individuata un'area con numerosissimi frammenti laterizi (tegole, mattoni), cocciopesto, malta, spezzoni di tufo, travertino, calcare, che fanno presupporre la presenza di strutture murarie sottostanti il terreno. Sono stati inoltre rinvenuti numerosi frammenti di anfore africane (I-IV secolo d.C.), vernice nera, ceramica comune, ceramica da fuoco, sigillata italica e africana e una tessera nera di mosaico. Frammenti ceramici sono visibili anche sulle pendici dell'altura. OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo. (MM) A32 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Coste di Manone RICOGNIZIONI: 27-09-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere a N, strada comunale per Ponzano a S, Fosso di Cava Travertina a SO, a N dei punti altimetrici C.T.R. 146,5 e 155,1                                                                                                                         133   Becker, Macintosh Turfa, Algee-Hewitt 2009, p. 65. 76 IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: A NE del Fosso di Cava Travertina è stata individuata sulla sommità del costone una vasta area caratterizzata dalla presenza di spezzoni di tufo e laterizi (tegole, mattoni) e da numerosi frammenti ceramici (anfore, sigillata africana, ceramica comune e da fuoco, un frammento di lucerna a canale). OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo. (MM) A33 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Coste di Manone RICOGNIZIONI: 27-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fosso di Cava Travertina a O, strada comunale per Ponzano a S, ad O del punto altimetrico C.T.R. 152,9 IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: E’ stata individuata una vasta area caratterizzata dalla presenza di frammenti ceramici (vernice nera, vernice rosso bruna, bucchero, impasti e sigillata), particolarmente concentrati nei punti in cui la terra risulta smossa e con segni di scavi clandestini. Procedendo in leggera pendenza verso il fosso, la concentrazione di materiale si mantiene alta, ma i frammenti risultano molto fluitati e relativi ad un orizzonte cronologico più tardo (ceramica acroma, rozza, anfore). La concentrazione diminuisce verso O. OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo. (MM) A34 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: I Monti RICOGNIZIONI: 27-09-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fosso di Cava Travertina a S, Monte Pietro Domenico a N IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sulla sommità di un'altura, ai limiti della zona arata e di quella a pascolo, è stata individuata un'area caratterizzata dalla presenza di frammenti di tufo, calcare, tegole e   77 ceramica (anfore, ceramica comune). I frammenti sono sporadicamente presenti anche nel pendio sottostante. OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo. (MM) LOCALITÀ CAMPO DI PIGNATTA Scheda n. 30 La località è costituita da una vasta area pianeggiante compresa fra l’autostrada e il Tevere, all’interno della valle fluviale. La scarsità dei reperti e le caratteristiche della zona, inclusa nella piana inondabile del Tevere, porterebbero ad escludere la presenza di un insediamento antico e a interpretare i frammenti ceramici rinvenuti come materiali trasportati e depositati dal fiume. (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: Schede di ricognizione A30 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Campo di Pignatta / Piani di Saletto RICOGNIZIONI: 27-09-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere a N, autostrada A1 dal km 511,300 al km 513,200 a SO IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356110 Ponzano Romano DESCRIZIONE: Nella zona a ridosso dell'autostrada è stata individuata un'area caratterizzata dalla presenza di sporadici frammenti fittili (laterizi, anfore, ceramica acroma, impasti) OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo. (MM) LOCALITÀ CENTOCELLE Schede nn. 39, 40 La località Centocelle è ubicata sui rilievi collinari incisi dal fosso di Grassano, a sud, e dai fossi di Cava e della Ceppeta a nord, in un'area a destinazione prevalentemente agricola ancora oggi caratterizzata da un contesto di notevole valore paesaggistico.   78 Al centro della zona è situato il casale di Centocelle, edificato agli inizi del XX secolo sfruttando le strutture di una monumentale cisterna romana, ben nota nella letteratura scientifica. La cisterna, a pianta rettangolare (m 18 x 4), è divisa internamente da tramezzi in quattro vani, originariamente coperti con volte a botte, riutilizzati come magazzini in età moderna. Le murature in opera reticolata di tufo conservano evidenti tracce del rivestimento impermeabilizzante in opus signinum. All'esterno del casale sono visibili solo i lati lunghi e resti dei muri di contrafforte, originariamente sette sui lati lunghi e due sui lati brevi. La cisterna, che nel suo primo impianto si data fra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.c., era alimentata da un acquedotto i cui resti sono stati visti da Thomas Ashby alla fine del XIX secolo. Tutta la zona circostante è caratterizzata dalla presenza di strutture interrate, segnalate in più occasioni, e di materiale archeologico di superficie, emergente durante le arature e le lavorazioni agricole, attestando l'esistenza di un vasto complesso insediativo, la cui vita si articola fra gli inizi dell'età imperiale e il IV secolo d.C. Scavi effettuati negli anni 1994-95 hanno consentito di riportare alla luce e documentare vasta parte del complesso, identificabile come villa rustica. Questa era dotata di muro di cinta in opera reticolata, di cui è stato messo in luce l'angolo sud-occidentale, dove probabilmente limitava la proprietà in corrispondenza di un tracciato stradale antico, documentato dalla presenza di basoli, forse corrispondente all'attuale strada vicinale di Centocelle. Si ricorda che in prossimità del fosso della Ceppeta è ancora oggi il toponimo Passo della Villa, in ricordo del ponte con cui questa via, diretta alla villa, attraversava il fosso. Qui si riunivano due diverticoli della Flaminia, procedendo quindi in un unico tracciato lungo il Tevere in direzione della moderna Borghetto: supponendo che nel tardo impero questa diramazione avesse sostituito il più lungo percorso della via Flaminia, gli autori cella Carta archeologica proposero di ubicare proprio a Centocelle la mansio di Aquaviva, ipotesi scartata negli studi successivi. Il complesso residenziale vero e proprio si trovava a nord del casale, sul punto di maggior rilievo collinare, come è usuale in età romana. Nel corso degli scavi citati sono stati rinvenuti i resti di un monumentale criptoportico a L, che costituiva la base della villa, e di un impianto termale dotato di sistema di riscaldamento ipogeo, attivo almeno fino al IV secolo d. C. A nord-est di questi sono venuti alla luce altri ambienti della villa, sia a destinazione residenziale che di servizio. (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: TH. ASHBY, La via Tiberina e i territori di Capena e del Soratte nel periodo romano, Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, Memorie, I, Parte II, p.17; G.D.B. JONES, Capena and Ager Capenas, parte II, Papers of the British School at Roma, XXXI, 1963, p. 115, n. 345; G.F. Gamurrini, A.Cozza, A.Pasqui, R. Mengarelli 1972, pp. 273 e ss., 403-404; Repertorio degli scavi, 2 (1966-1970), p. 40; G. MESSINEO, A. CARBONARA, Via Flaminia, Roma 1993, pp. 132-133. DATI ARCHIVISTICI I dati archivistici recuperati per quanto riguarda la località Centocelle sono al   79 momento assai esigui. Degna di nota è però una ricognizione effettuata da G. Magliulo nel mese di maggio del 1893. Come già ricordato in questo volume, il Soprastante fu invitato dal Barnabei a recarsi per un controllo nei terreni di proprietà del conte Feroldi Antonisi De Rosa, che aveva richiesto il permesso di intervenire nelle sue proprietà al fine di potere indagare delle strutture a vista e a rischio di scavo clandestino 134 . Tra le località segnalate vi era anche Centocelle/Malatesta, ove il Magliulo rilevò come in “questo terreno, parte coltivato a grano, e parte incolto, non si osserva veruna tomba, soltanto spase qua e là si vedono molte case ipogee”135. Il posizionamento di questo appezzamento all’interno della località deve essere ancora oggetto di studio, potendoci però ancora una volta basare, oltre che sui documenti catastali coevi136, anche su quanto riportato sempre dal Magliulo: “Detto terreno è ai confini con fosso di Casa Merchetti, Sorelle Andreini e strada campestre che conduce a Ponzano”137. (MCB) Schede di ricognizione A39 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Centocelle RICOGNIZIONI: 30-09-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fosso di Grassano a S, strada comunale per Ponzano a N, in corrispondenza del Casale di Centocelle IGM: 144 IV NW C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Lungo il margine N del campo, a ridosso della strada comunale per Ponzano, è stata individuata un'area di frammenti fittili sparsi, con un'estensione piuttosto limitata, costituita da frammenti di materiali litici, tegole e anfore. OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo. (MM) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 23/2/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti fittili distinguibili tra la vegetazione da coltivazione. (PP)                                                                                                                         Si veda, a tal proposito, infra/supra, p. ***. AABBAA, II versamento, I parte, b. 269. 136 Il Feroldi possedeva infatti nella sez. VI le particelle nn. 155, 156, 157 e 158 ubicate in vocabolo Malatesta. 137 AABBAA, II versamento, I parte, b. 269. 134 135   80 A40 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Centocelle / Malatesta RICOGNIZIONI: 30-09-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano a N, strada privata per l'Azienda Agricola di Torre Chiavello ad E IGM: 144 IV NW C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Nel campo in prossimità del casale di Centocelle è stata individuata una vasta area di frammenti fittili costituita da laterizi, tegole e coppi, anfore, ceramica comune e da fuoco, un frammento di sigillata italica. OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994, l’area aveva un utilizzo di tipo agricolo. (MM) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 23/2/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti fittili riferibili a tegole, distinguibili tra la vegetazione da coltivazione. (PP) LOCALITÀ TORRE CHIAVELLO Scheda n. 42 La località Torre Chiavello prende il nome da una torre medievale che secondo il Pasqui sarebbe stata edificata riutilizzando il basamento di un monumento funerario di età romana. Posta probabilmente su un diverticolo della Via Flaminia, questa torre è conservata nella parte inferiore costruita in scaglie di selce e travertino. I resti rinvenuti nell’area confermano l’ipotesi della presenza di una cisterna romana, già individuata da Messineo e Carbonara e sono da mettere in relazione con insediamenti produttivi di epoca romana, come indicherebbero altri resti rinvenuti nel corso di diverse ricognizioni nella macchia alle falde del monte detta Morra del Preteto. (IT) DATI BIBLIOGRAFICI: G.F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 274 - 275; G. MESSINEO - A. CARBONARA 1993, p.133; AA.VV. S. Oreste e il suo territorio, Roma 2003, pp. 76-77 Schede di ricognizione   81 42 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Torre Chiavello RICOGNIZIONI: 30-09-1994 OGGETTO: Area di resti archeologici LOCALIZZAZIONE: Strada privata per l'Azienda Agricola di Torre Chiavello ad E, ca. m 250 a SE della Torre medievale. IGM: 144 IV NW C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Risparmiati dalle arature e ricoperti di rovi sono stati individuati grossi nuclei di conglomerato cementizio costituito da scapoli irregolari di travertino e selce, legati da malta di natura tufacea. Nell'area circostante, tra i solchi, sono visibili frammenti di calcare, di tufo e di tegole, rari frammenti ceramici, tra cui qualche frammento di dolio. OSSERVAZIONI: i resti di conglomerato cementizio potrebbero appartenere ad una cisterna di epoca romana. L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo INTERPRETAZIONE: L'ipotesi del Pasqui non sembra possa essere confermata, anche se i resti di superficie lasciano pensare alla presenza di una villa rustica . BIBLIO GRAFIA: G.F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 274 - 275; G. MESSINEO - A. CARBONARA 1993, p.133 (IT) LOCALITÀ PIAN PARADISO Schede nn. 43, 44 La località Pian Paradiso è situata lungo il percorso dell’antica Via Flaminia, nel tratto compreso tra S.Oreste e il Soratte. I rinvenimenti di materiali ceramico effettuati nei campi arati della zona testimoniano l’esistenza di insediamenti di epoca romana a carattere produttivo, in un territorio importante dal punto di vista viabilistico e dei collegamenti. L’abbondanza dei rinvenimenti, come nella vicina località di Macchia Flaminia è testimoniata anche dalla quantità dei reperti conservati nella moderna Villa Trocchi che conserva reperti archeologici provenienti dalle zone circostanti. (IT) DATI BIBLIOGRAFICI: MESSINEO-CARBONARA 1993, p. 131 DATI ARCHIVISTICI Presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale (AVG, 1971, n. 3249 / 3 Civita Castellana) è conservata la notizia di uno scavo clandestino avvenuto presso il casale Santa Lucia nel terreno di proprietà di F.   82 Di Battista138. L’indagine ha portato alla luce una tomba a camera con il soffitto crollato e con loculi alle pareti. All’interno di uno dei loculi sono state rinvenute anche delle ossa umane. La tomba è stata poi reinterrata. (MCB) Schede di ricognizione 43 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Pian Paradiso RICOGNIZIONI: 30-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Sulla strada sterrata che da Casale Grassano conduce a Pian Paradiso, località Monte Cesali a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 178,1. IGM: 144 IV NW C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Nei campi situati ad E e ad O della carrareccia è visibile un'area densamente cosparsa di materiale archeologico; si riconoscono frammenti di conglomerato, pietre calcaree, laterizi e numerosi frammenti ceramici tra cui sigillata italica, ceramica comune, dolia. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo (IT) 44 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Pian Paradiso RICOGNIZIONI: 30-09-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Sulla strada sterrata che da Casale Grassano conduce a Pian Paradiso, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 173,7. IGM: 144 IV NW C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Lungo la strada sterrata, all'altezza di un boschetto, si riscontra una rada area di frammenti di tufo, tegole e frammenti ceramici. OSSERVAZIONI: Queste presenze continuano proseguendo lungo la strada in direzione SO, dove non è possibile rilevare una particolare concentrazione, essendo tali terreni adibiti a pascolo. L’area, al momento delle ricognizioni 1994, era utilizzata a pascolo. (IT)                                                                                                                         138   La notizia è pubblicata anche nel Repertorio degli Scavi. 83 LOCALITÀ MACCHIA FLAMINIA Schede nn. 45, 46 La località Macchia Flaminia indica un territorio pianeggiante compreso tra il fosso dell’Osteriola e il Fosso Paradiso, ad est della moderna via Flaminia. La cospicua presenza di materiale archeologico è da considerarsi un sicuro indizio dell'esistenza di un insediamento di una certa consistenza. La presenza di numerosi frammenti architettonici nella vicina Villa Trocchi, oggi centro religioso, confermano questa ipotesi. OSSERVAZIONI: Rari frammenti ceramici sparsi sono individuabili su tutta l’area di Macchia Flaminia. DATI BIBLIOGRAFICI: G. MESSINEO - A. CARBONARA 1993, pp.130 – 131 (IT) Schede di ricognizione 45 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Macchia Flaminia RICOGNIZIONI: 4-10-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Fosso dell'Ostariola ad O, Fosso Paradiso ad E, strada che dalla via Flaminia conduce a Casa Marchetti a S. IGM: 144 IV NW C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sulla sommità dell'altura è stata individuata un'area di frammenti fittili molto sparsi. Tra questi si segnala la presenza di ceramica a vernice nera e di sigillata, oltre a frammenti di tegole, anfore, dolia, ceramica comune e da fuoco. OSSERVAZIONI: Rari frammenti sparsi dello stesso materiale interessano tutta l'area di Macchia Flaminia. L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo (IT) 46 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Macchia Flaminia RICOGNIZIONI: 30-09- 1994 e 4-10-1994 E' stata individuata una vasta area caratterizzata da una notevolissima quantità di resti archeologici interpretabile come resti di villa rustica LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria ad O, Fosso dell'Ostariola ad E. IGM: 144 IV NW C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori   84 DESCRIZIONE: Oltre a lacerti di conglomerato, è presente una grande quantità di materiale ceramico: anfore, ceramica comune e da fuoco, vetri, sigillata italica, vernice nera e resti di materiale edilizio. Sul terreno, alle spalle della Fermata di Stabia, inoltre, sono stati individuati basoli frantumati. INTERPRETAZIONE: La cospicua presenza di materiale archeologico è da considerarsi un sicuro indizio dell'esistenza di un insediamento di una certa consistenza. La presenza di numerosi frammenti architettonici nella vicina Villa Trocchi, oggi centro religioso, confermano questa ipotesi. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo e a pascolo (IT) LOCALITÀ VALLE TAVOLA – TORRE DEI PASTORI Schede nn. 9, 10, 11, 12, 13 La località Valle Tavola/Torre dei Pastori è situata sui rilievi collinari delimitati ad est e ad ovest rispettivamente dal Fosso di Fornaro e dal Fosso della Ceppeta, in un'area prevalentemente agricola, che ancora oggi conserva un notevole valore paesaggistico. La zona prende il nome dalla bella Torre dei Pastori, alta m. 13, a base rettangolare, realizzata in blocchi squadrati di tufo, edificata nel Medioevo (XII-XIII secolo) a guardia della via Flaminia e del vicino Ponte Ritorto. Tutta l'area intorno alla torre, scavata nel 1981, è caratterizzata dalla presenza di strutture murarie e di materiale archeologico di superficie, affiorante durante le arature e le lavorazioni agricole, già segnalate nella Forma Italiae. Nella Carta Archeologica d'Italia nella zona è stata segnalata anche la presenza di un ponticello intorno al quale furono rinvenuti numerosi sifoni in piombo. Nell'area immediatamente ad est della torre le ricognizioni, effettuate nel 1994, hanno evidenziato strutture murarie di epoca romana e medievale e una notevole concentrazione di frammenti di tegole, anfore, olle di ceramica comune, ceramica sigillata africana A, C, D, oltre ad un frammento di vaso in bronzo e una moneta, che indicano una frequentazione nella piena età imperiale. Questi materiali possono essere collegati con quelli pubblicati da H. Stiensdal, provenienti dalla medesima zona. Le strutture intercettate dalle arature non costituiscono un elemento isolato ma si inseriscono in un quadro più complesso relativo al popolamento dell'area dopo la conquista romana del territorio falisco, che vede sorgere ville a carattere rustico e residenziale lungo l'asse della via Flaminia, costruita nel 220 a.C. Tutta la località è infatti nota per la presenza di strutture di epoca romana, già sottoposte a vincolo con i D.D.M.M. 30/1/1962 e 12/3/1963. Tali vincoli interessano la zona a sud della torre, oltre quelle ad ovest e a est della via Flaminia dove sono state rinvenute rispettivamente strutture relative ad una villa rustica e alla villa dei Giunii Bassi (scavi del 1958-59). Le numerose torri sorte ai margini del tracciato della via Flaminia, tra cui la Torre dei   85 Pastori con le strutture murarie a nord di essa, dimostrano che la strada continuò ad essere frequentata anche in età medievale. (AN) DATI BIBLIOGRAFICI: G . F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI, Carta archeologica d'Italia (1881-1897). Materiali per l'Etruria e per la Sabina. Serie II. Documenti 1, Firenze 1972, p. 272; H. STIESDAL, Two Medieval Towers in the Roman Campagna, in Analecta Romana Instituti Danici, XIII, 1984, pp. 113-121; G. MESSINEO – A. CARBONARA, Via Flaminia, Roma 1993, p. 132, fig. 133. DATI ARCHIVISTICI È ancora una volta la già citata relazione del Magliulo a seguito della ricognizione sistematica in alcune proprietà del conte Feroldi Antonisi De Rosa a darci informazioni in merito alla presenza di “una tomba aperta ed esplorata” (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269)139. Necessita ancora uno studio di dettaglio dell’emergenza in loc. Valle Tavola140. (MCB) Schede di ricognizione A9 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Tavola RICOGNIZIONI: 16-09-1994 OGGETTO: Resti di murature e materiale ceramico LOCALIZZAZIONE: Fosso di Fornaro ad E, strada vicinale che attraversa Valle Tavola ad O, in prossimità del casale sito in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 147,4. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sulla sommità dell'altura ad E del Fosso di Fornaro, a ca. m 500 a SO del casale sito in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 147,4, è stata individuata un'area di forma approssimativamente circolare, con una superficie di ca. mq. 300. Sono visibili numerosi lacerti di muratura in scapoli di calcare legati da malta molto consistente di colore grigio, frammenti di tegole e coppi ed una notevole concentrazione di frammenti ceramici, in particolare anfore, ceramica comune, dolia. Si segnala, inoltre, la presenza di due grossi frammenti di conglomerato cementizio (ca. m 1,00 x 0,80) non in situ. OSSERVAZIONI: Il materiale ceramico è presente anche sulle pendici dell'altura, in direzione del Fosso di Fornaro, trasportato probabilmente dalle arature e dal dilavamento. Al momento delle ricognizioni del 1994, l’area aveva un utilizzo agricolo.                                                                                                                         Si veda infra/supra, pp. ***. In questa sede ci si limita per ora a segnalare con il conte Feroldi possedesse nella sez. V del Catasto di Civita Castellana le particelle nn. 52, 53, 54 e 55 ubicate in località Valle Tavola. 139 140   86 (AN) A10 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Torre dei Pastori RICOGNIZIONI: 16-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fosso di Fornaro ad O, strada vicinale che attraversa Valle Tavola ad E, strada vicinale di Valle Lepre a S. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sulla sommità di un'altura è stata individuata un'area caratterizzata dalla presenza di scaglie di calcare frammiste ad un terreno ricco di frammenti tufacei. Sono inoltre presenti frammenti di tegole, laterizi, intonaco, malta, ceramica comune, un frammento di ceramica a pareti sottili, un frammento di sigillata. OSSERVAZIONI: Ad E dell'area, sulle pendici dell'altura, sono stati individuati due basoli sparsi probabilmente relativi alla Via Flaminia antica. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha permesso di confermare la presenza di frammenti fittili in giacitura sulla superficie del fondo agricolo, nonostante la presenza di vegetazione da coltivazione. (PP) A11 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Torre dei Pastori RICOGNIZIONI: 16-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Strada vicinale che attraversa Valle Tavola a N, strada comunale per Ponzano a S, a SE del punto altimetrico C.T.R. 160,5. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: A ca. m 300 ad E della Torre dei Pastori, è stata individuata una rada area di frammenti fittili, concentrati sulla sommità dell'altura: laterizi, anfore, preparazione di intonaco, marmo, vernice nera, un frammento di intonaco. Da segnalare, lungo la macera che segna il confine con il campo situato ad E, la presenza di una grossa soglia di travertino. Sulle pendici è visibile inoltre un blocco di travertino squadrato (sotto una quercia). OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN)   87 RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha permesso di confermare la presenza di frammenti fittili in giacitura sulla superficie del fondo agricolo, nonostante la presenza di vegetazione da coltivazione. P.P. A12 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Torre dei Pastori RICOGNIZIONI: 16-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fosso della Ceppeta ad E, strada comunale per Ponzano a S, strada vicinale che attraversa la località Torre dei Pastori a NE, a NE del punto altimetrico C.T.R. 165,3. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: A ca. m 800 dal fosso della Ceppeta, su un'altura digradante verso un fosso ormai prosciugato, e' stata individuata una piccola area di frammenti fittili piuttosto sparsi (frammenti di anfore e di ceramica da cucina). Nei campi adiacenti, prevalentemente a SE del punto descritto nella scheda n. 13, sono individuabili sul terreno rari frammenti, senza una particolare concentrazione. Appare evidente che tutta la zona é stata frequentata in epoca romana. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 22/2/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di lacerti di travertino giacenti in superficie peraltro a suo tempo non descritti in scheda. P.P. A13 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/ TOPONIMO: Torre dei Pastori RICOGNIZIONI: 16-09-1994 OGGETTO: Strutture murarie e materiale ceramico LOCALIZZAZIONE: Campo immediatamente ad E della Torre dei Pastori. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sul terreno, a ca. m 5 di distanza dal lato E della Torre dei Pastori, le profonde arature (almeno cm 50) hanno intaccato pesantemente murature romane o medievali costituite da frammenti di calcare irregolarmente sbozzati e legati da malta. Nella parte N   88 dell'area sembra potersi individuare una struttura di forma quadrangolare da cui si dipartono altri muri verso S e verso O. Notevolissima è la quantità di materiale ceramico presente: frammenti di tegole, di anfore, di olle di ceramica comune, di sigillata. Lungo il limite E dell'area sono stati raccolti una piccola moneta di bronzo ed un frammento di orlo di un vaso in bronzo. A ca. m 10 di distanza dal lato S della Torre sono inoltre visibili un basolo e un blocco di tufo. Gli elementi descritti, pur nella loro frammentarietà, permettono di ipotizzare, con una certa sicurezza, la presenza di una villa. Le fratture osservate sul materiale ceramico e sulle murature indicano che i danni sono stati causati molto recentemente; è stata quindi effettuata la segnalazione per i provvedimenti del caso. OSSERVAZIONI: L’area è stata oggetto di saggi di scavo nel 1981 (G. MESSINEO - A. CARBONARA, p. 132). L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato quando descritto, pur se le continuate coltivazioni del fondo hanno disperso e rarefatto i materiali da costruzione e ceramici allora osservati e considerato anche il fatto che sul limitare Est del tracciato viario di Torre dei Pastori si è sviluppata negli anni una fitta boscaglia. (PP) LOCALITÀ STAZIONE DI PONZANO Schede nn. 16, 26 La località Stazione di Ponzano è situata in una zona pianeggiante attraversata dalla linea ferroviaria, dalla Via di Ponte Ritorto e dalla Strada Comunale di Ponzano. Le ricognizioni del 1994 hanno individuato nell'area un ponte sul Fosso di Grassano, rimaneggiato in epoca moderna, e due aree caratterizzate dalla presenza di materiale edilizio e ceramico di superficie, affiorante durante le arature e le lavorazioni agricole, che farebbero presupporre la presenza di un impianto a carattere abitativo. (AN) DATI ARCHIVISTICI Legata a questa località e contemporaneamente al toponimo Monte Paglietta è il rinvenimento di un nucleo di materiali assai interessante. Presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (Carte Stefani, 8, f. 32 r.) è conservato un elenco di un “Gruppo di oggetti posseduti dal Sig. F. Pistola in Civita Castellana, provenienti dagli scavi 1887-88 di M.te Paglietta a sud di Vignale, presso la stazione tramviaria Ponzanocave”. L’elenco, che comprende materiali di piena età orientalizzante, corrisponde al nucleo di materiali acquistati dallo Stato e oggi conservati presso il Forte Sangallo a Civita Castellana141. Sono ancora tutti da inquadrare gli scavi a cui si fa riferimento nel documento archivistico citato, ma è forse interessante notare come                                                                                                                         Sino a pochi anni fa i materiali in questione erano esposti presso il Museo dell’Agro Falisco (DE LUCIA 1991, pp. 33 s.) 141   89 all’Antikensammlung der Archäologischen Institut der Universität a Tübingen sia conservata un’assai interessante oinochoe in impasto con decorazione ad incisione, con il collo conformato a doppia protome equina, il cui luogo di rinvenimento è, stando ai documenti archivistici conservati presso l’istituzione museale tedesca, “Monte Paglietto bei Civita Castellana”142. Il toponimo deve essere ovviamente emendato in Monte Paglietta. D’altro canto a riprova dell’interesse archeologico dell’area, presso l’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269) è conservata la richiesta, del 4 giugno 1894, del permesso “di eseguire scavi di oggetti antichi nella località delle suddette, posta in questo territorio Contrada oltre Treja, Vocabolo Monte Paglietta in Catasto Sez. V nn. 68, 210 a 213, 216 a 223, 229 a 237, 469, 470, 523 a 525”. Infine è notizia ancora del 1973, su segnalazione dell’Ispettore Onorario G. Polidori, dell’affioramento di un “pavimento a mosaico in ottimo stato di conservazione, affiorante a circa 40 cm di profondità dalla superficie del terreno”143 e del “saccheggio clandestino di una necropoli di piccole «tombe a tumulo»” presso le Cave di Ponzano (AVG, 1973, n. 1656/ 3 Ponzano Romano)144. (MCB) Schede di ricognizione A16 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Stazione di Ponzano RICOGNIZIONI: 21-09-1994 Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Via Flaminia, tra il km 49,000 e il km 50,000 ad O, strada comunale per Ponzano ad E. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Concentrati sulla sommità di una collinetta e sparsi per una vasta area circostante, sono stati individuati resti di materiale ceramico ed edilizio tra cui un frammento di vernice nera, sigillata italica, ceramica da fuoco, anfore, lacerti di muratura costituiti da conglomerato di malta e scaglie di calcare. Grossi pezzi di muratura, inoltre, si trovano sotto i due alberi presenti nel campo dove sono stati accatastati, in quanto di intralcio ai lavori agricoli. E’ certa la pertinenza dei resti ad un impianto a carattere abitativo e, presumibilmente lavorativo. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN)                                                                                                                         CVA Tübingen, p. 19, tav. 7. Il pavimento venne poi indagato nel 1975 (AVG, n. 5489 / 6 Civita Castellana). 144 La notizia è presente anche nel Repertorio degli Scavi. 142 143   90 RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dall’esistenza di recinzioni pertinenti a proprietà privata. (PP) A26 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Stazione di Ponzano RICOGNIZIONI: 23-09-1994 Sono state individuate due aree, A e B, interessate da resti archeologici A) Ponte ATTENZIONE EVIDENZIARE IL SEGNO DEL PONTE SULLA CARTA LOCALIZZAZIONE: A) Strada comunale per Ponzano a S, linea ferroviaria ad O; B) strada comunale per Ponzano a NE, linea ferroviaria ad O, a ca. m 200 a N della cava. IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sul lato N della strada, dopo aver percorso un viottolo diretto a N, in direzione del Fosso di Grassano, sono visibili i resti di un ponte rimaneggiato; di epoca antica sembra solo il fornice centrale in blocchi di tufo. B) Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano a NE, linea ferroviaria ad O, a ca. m 200 a N della cava. IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sulla sommità della collina, in prossimità di due grosse querce, è stata individuata un'area di frammenti fittili costituiti da frammenti di anfore, ceramica comune, vernice nera, pareti sottili; sono inoltre presenti alcuni frammenti di dolio, tra cui un orlo. Numerosi i frammenti di tegole di argilla rossastra piuttosto grossolani. Si segnalano inoltre frammenti di materiale calcareo relativi a strutture murarie. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti ceramici giacenti in superficie così come ubicati al punto B della scheda. Non è stato possibile invece raggiungere e verificare le strutture descritte al punto A a causa di recinzione pertinente alla privata attività di allevamento esistente nel sito. (PP) LOCALITÀ MALATESTA   91 Schede nn. 14, 15 La località Malatesta è costituita da un ampio pianoro delimitato a nord dalla località Torre dei Pastori, a est dal Fosso della Ceppeta, a sud dalla strada comunale per Ponzano e a ovest dalla via Flaminia. Le ricognizioni del 1994 hanno evidenziato nell'area la presenza di materiale edilizio e i resti di un ponte romano costruito sul Fosso della Ceppeta, relativo ad una diramazione che si staccava dalla via Flaminia antica ad Osteria di Stabia e che, passando per Casale Marchetto, si riuniva in loc. Passo della Villa (presso la villa di Centocelle) con un secondo diverticolo proveniente da Torre Chiavello per proseguire poi lungo il Tevere fino a Borghetto. Il materiale edilizio di superficie, affiorante durante le arature e le lavorazioni agricole, farebbe presupporre la presenza di un insediamento gravitante sulla citata diramazione. (AN) DATI BIBLIOGRAFICI: Sul ponte romano si hanno notizie in G . F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 273 - 274, G. MESSINEO – A. CARBONARA, Via Flaminia, Roma 1993, pp. 132 - 133. DATI ARCHIVISTICI Presso l’Archivio Centrale dello Stato sono conservati due documenti di cui si è già avuto modo di dire in questa sede (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269)145. Si tratta di una lettera scritta dal conte Ugo Feroldi Antonisi De Rosa in data 5 maggio 1893, che sollecitava la possibilità di indagare alcune strutture antiche a vista in un gruppo di terreni di sua proprietà e di una relazione di ricognizione a firma G. Magliulo, che aveva provveduto al ricontrollo sistematico di dette località su invito di F. Barnabei. Tra le località c’era anche quella denominata “Casa Filippetto Malatesta”. Così il Magliulo descrive il suo sopralluogo: “Questo terreno, parte coltivato a grano e parte incolto, non si osserva veruna tomba, soltanto sparsa qua e là si vedono molte case ipogee”. Il Magliulo fornisce anche i dettagli utili per procedere al posizionamento in pianta: “Detto terreno è ai confini con fosso di Casa Marchetti, Sorelle Andreini e strada campestre che conduce a Ponzano”146. La località Malatesta è menzionata anche in alcuni documenti conservati presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale (AVG 1974, nn. 1357, 1492, 2804, 2916 / 3 Civita Castellana e n. 1954 / 3 Fabrica di Roma)147. Essi consistono nella segnalazione dell’Ispettore Onorario Polidori nel 1974 di scavi clandestini in due tombe a camera con dromos. Le descrizioni dei materiali recuperati, depositati presso il Forte Sangallo a Civita Castellana, suggeriscono una cronologia recente (IV-III sec. a.C.) per queste tombe.                                                                                                                         Si veda infra, supra pp. ***. In attesa di uno studio più dettagliato in questa sede ci si limita a segnalare come il conte Feroldi possedesse nella sez. III del Catasto di Civita Castellana le sole particelle nn. 44 e 47 registrate sotto il vocabolo “Casa Filippetto”. È altamente probabile che si tratti della medesima località, che nella lettera al Barnabei viene citata dal conte stesso come “Casa Filippetto Malatesta”. 147 La notizia è pubblicata anche nel Repertorio degli Scavi. 145 146   92 (MCB) Schede di ricognizione A14 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Passo della Villa RICOGNIZIONI: 3-05-1994 Resti di un ponte di epoca romana LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano a S, sul diverticolo che si diparte in località Passo della Villa, in direzione Monte Pietro Domenico, attraversando il Fosso della Ceppeta. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Resti di ponte romano, di cui rimane parte di una spalletta in blocchi di tufo disposti in maniera irregolare. La parte superiore della struttura è di epoca moderna. (AN) A15 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Ponte Ritorto RICOGNIZIONI: 16-09-1994 OGGETTO: Area con presenza di materiale edilizio. LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano, tra i punti altimetrici C.T.R. 147,8 ad O e 157,3 ad E. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: A ca. m 800 ad E di Ponte Ritorto, sulla destra della strada, in prossimità del pilone della doppia linea elettrica, si vedono numerose scaglie di calcare, frammenti di malta, tegole e coppi. E' stato anche individuato un frammento di conglomerato, costituito da malta e dalle stesse scaglie calcaree rinvenute sulla superficie. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) LOCALITÀ CULIANO Schede nn. 23, 24, 25 La località Culiano è situata lungo la sponda occidentale del fiume Tevere, a nord della confluenza con il torrente Treia ed è delimitata a N dalla via di Colle Rosetta. Le ricognizioni effettuate nel 1994 hanno evidenziato nell'area la presenza di materiali   93 archeologici di superficie e di alcuni materiali sparsi (basoli, laterizi e blocchi di tufo), emergenti durante le arature e le lavorazioni agricole. (AN) Schede di ricognizione A23 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Culiano RICOGNIZIONI: 21-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere ad E, via di Colle Rosetta a N, via vicinale che attraversa la località Culiano ad O, tra i punti altimetrici C.T.R. 39,0 ad O e 36,0 ad E. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Al centro del campo è stata individuata una notevole concentrazione di frammenti laterizi (tegole, mattoni e rari coppi). Lungo la via vicinale sono ancora visibili basoli sparsi. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti fittili in superficie. (PP) A24 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Culiano RICOGNIZIONI: 21-09-1994 OGGETTO: Resti di materiali vari. LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere ad E, torrente Treia a S, via di Colle Rosetta a N. IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Sulla via di Colle Rosetta, a NE del casale, verso il Tevere si diparte un viottolo in direzione del punto altimetrico C.T.R. 37,9 lungo il quale sono visibili blocchi di tufo, un frammento di blocco di marmo, rari frammenti di basoli e di laterizi. Basoli e blocchi di tufo sono inoltre accatastati in quantità notevole sul lato S della via vicinale. OSSERVAZIONI: Il muretto di delimitazione della via vicinale è costruito in blocchi di tufo a secco, alcuni dei quali probabilmente sono antichi. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.   94 (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari spezzoni tufacei in superficie. (PP) A25 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Culiano RICOGNIZIONI: 21-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere ad E, torrente Treia a S, via di Colle Rosetta a N, in prossimità del punto altimetrico C.T.R. 36,8 IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Nel campo situato lungo il lato S della via vicinale, affiorano sporadici frammenti laterizi (tegole e mattoni) e ceramici (anfore e ceramica comune), più concentrati nella zona adiacente la via. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo a seminativo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti fittili in superficie. (PP) LOCALITÀ CUCCHIETO Scheda n. 22 La località Cucchieto è situata all'interno dell'ansa formata in questo punto dal fiume Tevere ed è delimitata ad ovest dalla linea ferroviaria. Dalle ricognizioni del 1994 risulta che l'area, prevalentemente agricola, è caratterizzata dalla presenza di numerosi basoli sparsi che potrebbero appartenere al tracciato della Tiberina antica. (AN) Schede di ricognizione A22 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Cucchieto RICOGNIZIONI: 21-09-1994   95 Resti di basolato stradale LOCALIZZAZIONE: Fiume Tevere a N, E e S, Linea ferroviaria a O IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Lungo la via di Cucchieto e nel campo adiacente sono stati individuati rari frammenti laterizi e numerosi basoli sparsi, sia interi che frammentati, forse appartenenti al tracciato antico della via Tiberina. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) LOCALITÀ CAGNANELLO Schede nn. 17, 18, 19, 20, 21 La località Cagnanello è ubicata sui rilievi collinari delimitati a nord e ad est dalla ferrovia Roma nord, ad ovest dalla strada statale Flaminia e a sud dalla strada comunale per Ponzano. Le ricognizioni del 1994 hanno evidenziato che tutta l'area è caratterizzata dalla presenza di strutture murarie e di una fitta concentrazione di materiale archeologico di superficie, emergente durante le arature e le lavorazioni agricole, che farebbero presupporre l'esistenza di un complesso insediativo, la cui vita si articola in età imperiale. (AN) Schede di ricognizione A17 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello RICOGNIZIONI: 21-09-1994 OGGETTO: Resti di strutture murarie e area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria a N e ad E, strada comunale per Ponzano a S. IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Su un’altura è stata individuata una vasta area di macerie, costituita da spezzoni di murature in malta e tufo, da tegole e frammenti ceramici (vernice nera, anfore e ceramica comune). Da segnalare, inoltre, poco più a S, la presenza di un'ampia area di forma circolare ricoperta di rovi che farebbe presupporre, ad di sotto di essa, l'esistenza di strutture murarie pertinenti allo stesso complesso. Il tipo di materiale rinvenuto permette di ipotizzare la presenza di una villa rustica. OSSERVAZIONI: E' possibile che la zona sia da collegare con i siti descritti nelle schede nn. 18 e 19. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo.   96 (AN) A18 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello RICOGNIZIONI: 21-09-1994 OGGETTO: Resti di villa rustica. LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria a N e ad E, strada comunale per Ponzano a S. IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Vasta area (ca. mq 5000) caratterizzata da una fittissima concentrazione di materiale ceramico ed edilizio. Sono stati individuati numerosissimi frammenti laterizi (tegole, coppi, mattoni) e malta; tra il materiale ceramico si segnalano numerosi dolia, anfore, frammenti di ceramica da mensa sigillata africana C e D, vernice nera, ceramica comune e da fuoco. La quantità e la tipologia dei frammenti fanno pensare alla presenza di una villa rustica. OSSERVAZIONI E' possibile che la zona sia da collegare con i siti descritti nelle schede nn. 17 e 19. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) A19 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello RICOGNIZIONI: 21-09-1994 OGGETTO: Resti di strutture murarie e frammenti di tegole LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria a N, strada comunale per Ponzano a S. IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sull'estremità N del pianoro di Cagnanello sono stati individuati resti di malta calcificata e frammenti di tegole, che fanno presupporre l'esistenza di strutture murarie antiche relative ad una villa rustica. OSSERVAZIONI: E’ possibile che la zona sia da collegare con i siti descritti nelle schede nn. 17 e 18. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) A20 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello   97 RICOGNIZIONI: 21-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria ad E, strada comunale per Ponzano a S, via Flaminia ad O, a N del punto altimetrico C.T.R. 144,7 IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Su un'altura è stata individuata un'area con frammenti di tufo, laterizi (tegole e mattoni), anfore e ceramica comune. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza di materiali fittili relativi a tegole e a ceramica d’impasto, giacenti in superficie. (PP) A21 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Ponzano LOCALITA'/TOPONIMO: Cagnanello RICOGNIZIONI: 21-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Linea ferroviaria ad E, strada comunale per Ponzano a S, in prossimità del casale in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 158,3 IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sono stati rinvenuti frammenti di tegole ed anfore. Inoltre, in prossimità del casale, sono state individuate sul terreno tracce evidenti che fanno presupporre l'esistenza di strutture murarie al di sotto del terreno. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza di materiali fittili relativi a tegole e a ceramica d’impasto, giacenti in superficie. (PP) LOCALITÀ VALLE FELICIOSA Schede nn. 35, 36, 37, 41. Con il nome di valle Feliciosa è indicata un'ampia zona pianeggiante compresa tra la   98 via Flaminia e la valle del Tevere. La valle e le alture prospicienti sono caratterizzate da una consistente presenza di materiale sparso di superficie, riferibile a uno o più insediamenti di età romana. (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: G.D. B Jones, Capena and the Ager Capenas, part II, in PBSR, 31 (1963), p. 114; Sant'Oreste e il suo territorio, Rubbettino Editore, 2003, p. 81 Schede di ricognizione A35 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Feliciosa / Monte Cipriano RICOGNIZIONI: 27-09-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fosso di Monte Cipriano a NE, strada privata verso S. Oreste in proprietà Versano-Riccioni a SO IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356110 Ponzano Romano DESCRIZIONE: Circa m 100 a NO della strada privata che segna il confine comunale è stato individuato un’area (ca. m 3 x 5) caratterizzata dalla presenza di frammenti di malta e a scaglie di calcare, numerosi laterizi (tegole ed anfore e ceramica comune. In prossimità del casale, a ridosso della strada, è stato individuato un altro nucleo più esteso ma con minore concentrazione di materiale, costituito da laterizi, scaglie di calcare e frammenti ceramici (ceramica comune e acroma). OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (MM) A36 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Feliciosa RICOGNIZIONI: 27-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Strada comunale per Ponzano a N, Fosso di Valle Feliciosa ad E IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: A circa m 50 dalla strada, nei pressi di una grande quercia, è visibile un'area concentrata di frammenti fittili, costituiti da laterizi, anfore, ceramica comune e acroma. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. M.M.   99 RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 23/2/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di rari frammenti di tegole fittili e di lacerti di travertino raggruppati intorno a una quercia. (PP) A37 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Feliciosa RICOGNIZIONI: 27-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Via vicinale per S . Oreste a S, Fosso di Valle Feliciosa a N IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sulla sommità di un'altura, lungo il lato meridionale di Valle Feliciosa, è stata individuata un'area di frammenti fittili piuttosto vasta ma senza una notevole concentrazione. Sono stati rinvenuti frammenti laterizi (tegole), ceramica sigillata, ceramica comune, anfore. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (MM) A41 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Valle Feliciosa RICOGNIZIONI: 30-09-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fosso di Chiavello ad O, strada privata per l'Azienda Agricola di Torre Chiavello ad E, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 173,3 IGM: 144 IV NW C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Ad O del punto altimetrico C.T.R. 173,3 è stata individuata un’area di sporadici frammenti fittili, tra i quali anfore, ceramica comune, sigillata tarda e laterizi. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (MM) III.3. IL TERRITORIO AD OVEST DELLA VIA FLAMINIA ANTICA   100 LOCALITÀ SAN FRANCESCO Schede nn. 52, 53, 54 La località San Francesco è caratterizzata da un territorio prevalentemente pianeggiante situato lungo il percorso che da Faleri si congiungeva alla viabilità Corchiano- Gallese. Come il limitrofo pagus di Macchia Frullani, in questa località è descritto un insediamento fortificato da Pasqui e Cozza, identificato con il pagus di S. Felicissima. L ’intensa trasformazione della zona ha reso impossibile la verifica dei dati rilevati da A. Cozza e A. Pasqui nel secolo scorso, che descrivono a partire dal ponte sul Rio Cruè, un tracciato che in linea retta portava al pagus di S. Felicissima. Questa piccola località abitata fino dai tempi falisci era difesa da tre ordini di mura parallele e collegate da sproni. A capo di quei tratti conservati si riconoscono tuttora i limiti del luogo abitato per alcuni parallelepipedi disposti quasi ad angolo retto, i quali si trovano sul posto delle antiche mura, e per la fondazione di uno stipite di porta, la quale risponde sul lato nordovest della cinta, in mezzo al piano. Oltre questo lato sembra che si estendesse la necropoli per le molte tombe che in questi ultimi tempi sono state disordinatamente spogliate. Da alcuni frammenti della loro suppellettile lasciati sul terreno rilevasi che la maggior parte delle medesime tombe, le quali sono più vicine all’abitato, appartenevano al III sec. a.C.. Il rimanente del perimetro di questo pagus è molto incerto, poiché perdesi nel sovrastante piano" Potrebbero appartenere ai resti di questo insediamento o alle sue successive occupazioni di epoca romana i rinvenimenti di materiale archeologico sparso nei campi arati limitrofi. (IT) DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 378 - 379, fig. 215; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39; CENTRO DI CATALOGAZIONE DEI BENI CULTURALI, Contributi allo studio di fattibilità della direttrice viaria Civita Castellana - Viterbo, Viterbo, 1985 DATI ARCHIVISTICI Nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale è conservata una relazione dell’Assistente A. Bracci (AVG, 1972, n. 6832)148, che ricorda come nel 1972 in località San Francesco, durante i lavori per il tracciato del metanodotto Terni-Civita Castellana sia venuto alla luce nel foglio catastale 12, particella n. 8 un tratto di muro a blocchi di tufo e due cunicoli, uno dei quali scavato nel banco di pozzolana e l’altro invece costruito in blocchi di tufo. (MCB) Schede di ricognizione 52                                                                                                                         148   La notizia è pubblicata anche nel Repertorio degli scavi. 101 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: S. Francesco (S. Felicissima) RICOGNIZIONI: 5-10-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a NE, Rio Cruè a S, limite del comune a NO; in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 176,2. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: Nel campo si vedono, prevalentemente sulla sommità, tritume di tufo e qualche raro frammento di tufo lavorato misto a frammenti di basaltina. Intorno, rari frammenti di ceramica comune e tegole. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo BIBLIOGRAFIA: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 378 - 379, fig. 215; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39. (IT) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di sbarre di chiusura e di perimetrazioni pertinenti a proprietà privata. (PP) 53 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: S. Francesco RICOGNIZIONI: 5-10-1994 OGGETTO:Strada. LOCALIZZAZIONE: Rio Cruè a N, sul margine N della strada vicinale, presso l’incrocio con la Strada Provinciale Cenciano (punto altimetrico C.T.R. 167,1). I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: Nel campo arato, a N della via vicinale, in prossimità del punto altimetrico C.T.R. 167,1, si rinvengono, lungo il margine della strada, tre basoli ed alcuni spezzoni di basaltina. In prossimità della recinzione lungo la strada, una fascia di terra di circa m 10 si presenta di colore nettamente più chiaro e presenta una concentrazione di ghiaia ed altri spezzoni di basaltina. Si notano anche alcuni frammenti di ceramica comune. Proseguendo lungo la strada vicinale, sono visibili grossi massi di basaltina, due dei quali sono sicuramente dei basoli, oltre ad alcuni spezzoni, accatastati a ridosso di una quercia, lungo il margine S della strada. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo (IT)   102 RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di sbarre di chiusura e di perimetrazioni pertinenti a proprietà privata. (PP) 54 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: S. Francesco RICOGNIZIONI: 5-10-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a E, Rio Cruè a N, Fosso di Monte delle Pescine a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 175,0. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: In tutto il campo si rinvengono frammenti sparsi di ceramica a vernice nera, ceramica comune, tegole, senza che sia possibile notare addensamenti particolari di materiali se non nel calanco che taglia il campo in senso EO, dove sono visibili alcuni spezzoni di basaltina in direzione di quelli descritti nella scheda di sito n. 53. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo (IT) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di sbarre di chiusura e di perimetrazioni pertinenti a proprietà privata. (PP) LOCALITÀ SANT’AGATA Schede nn. 47, 48, 49, 28 Il toponimo S. Agata comprende un territorio limitrofo alla odierna via Flaminia, alle pendici di Monte Codino a nord ovest e del colle il Quarto ad est. La zona si caratterizza per il rinvenimento di resti ceramici di superficie, particolarmente concentrati in zone di alture che ben si prestavano ad insediamenti residenziali. La presenza in alcuni casi di frammenti di dolio e di resti pavimentali in opera spicata, lascia supporre la presenza di attività produttive accanto a impianti di natura esclusivamente residenziale. (IT) DATI ARCHIVISTICI Presso l’Archivio Centrale dello Stato (AABBAA, II versamento, I parte, b. 269) è conservata una lettera al Barnabei del 19 marzo 1893, scritta dal conte Ugo Feroldi   103 Antonisi De Rosa, che ricorda come “nella tenuta di Sant’Agata in questo territorio di proprietà di Casa Rosa nel fare le fondazioni per alcuni lavori murari, si scoprì una rete di gallerie della larghezza media di più di un metro, alte quasi due metri, rivestite di un intonaco bianco il quale sembra composto di argilla bianca mista ad altre sostanze”. Si aggiungeva inoltre che non si erano rinvenuti reperti mobili e che comunque si forniva questa notizia nel caso “Ella avesse da ritenere che la scoperta possa interessare le indagini archeologiche di questa regione”. Al momento non si è ancora proceduto a fornire un posizionamento preciso nell’ambito della tenuta Sant’Agata di questa “rete di gallerie”. Essi devono essere verosimilmente interpretati come cunicoli, rivestiti da malta idraulica. Quello che è certo è che negli antiquari locali si ha notizia anche di iscrizioni rinvenute nell’ambito della tenuta di Sant’Agata, come testimoniato dal Tarquini e dal Del Frate149. Il primo così la descrive: “Ivi [nel cosiddetto “castello di Sant’Agata”, NdA] rinvenni una lapide di marmo, e credetti di trascriverla, e di poi evasa, non si è più ritrovata, ed averà passata l’istessa sventura succeduta a tutte le altre vendute, e spezzate per macinarle, per uso delle vernici alli majolicari”. Il Tarquini annota come già il Garrucci ne desse notizia, ricordando come fosse già stata notata dal Mazzocchi, che aveva fatto un’aggiunta manoscritta al suo Vejo difeso conservato nella biblioteca del Collegio Romano. In questo breve appunto la notizia è molto chiara: “Nel 1672 in occasione che fu riedificato il Casale Sant’Agata, nel detto Castello diruto, furono ritrovati molti cementi marmorei con diverse iscrizioni, quali con poca accuratezza furono posti in opera dagli artefici […] fra le altre iscrizioni una se ne conserva al presente intatta in una grande base di marmo”. Il Mazzocchi poi la registra fedelmente. L’iscrizione è riconoscibile con la CIL XI, 3156. Essa tuttavia non andò distrutta, come credeva il Tarquini, perché nel 1907 il Boarmann la vide nella collezione di Giacomo di Veroli, commerciante di Caprarola150. L’analisi dell’epigrafe, unitamente ai “resti che ancora oggi affiorano nei pressi della cascina Sant’Agata” hanno portato il Di Stefano Manzella a ipotizzare che ivi sorgesse la villa rustica del noto banchiere Q. Fulvius Chares151. (MCB) Schede di ricognizione 28 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Il Colle RICOGNIZIONI: 23-09-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Via Flaminia ad E, all'altezza del km 48,300, linea ferroviaria ad E, via vicinale che porta a Casale S. Giorgio a N.                                                                                                                         TARQUINI 1874, pp. 106 s., DEL FRATE 1898, p. 81. DI STEFANO MANZELLA 1981, p. ***. 151 DI STEFANO MANZELLA 1981, p. 122. 149 150   104 IGM: 143 I NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sull'altura è stata individuata un'area molto vasta interessata dalla presenza di dolia, anfore, sigillata, ceramica da fuoco ed un frammento di pavimento in spicato; inoltre è riconoscibile un'area limitata in cui si vedono frammenti di muratura e calcare frammisti a frammenti di tegole e vari frammenti ceramici. E’ altamente probabile che i resti si riferiscano ad un impianto abitativo utilizzato anche per la lavorazione di prodotti agricoli. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo (IT) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 22/2/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di folta vegetazione infestante. (PP) 47 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Seccatore RICOGNIZIONI: 4-10-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Strada che porta a Casale S.Agata a N, Fosso di Stabia (fosso confine) a S, in corrispondenza del km 48,300 della via Flaminia. IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Nell'area in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 172,9 sono stati individuati frammenti fittili sparsi, tra cui tegole, ceramica comune, dolia e qualche frammento di malta. OSSERVAZIONI: All'altezza dell'essiccatoio si notano altre zone con una concentrazione di materiale apparentemente maggiore, che però non è stato possibile controllare a causa della presenza di cani. L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo (IT) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non ha confermato le presenze di frammenti fittili descritte. (PP) 48 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Monte Codino RICOGNIZIONI: 4-10-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili   105 LOCALIZZAZIONE: Strada vicinale che dal Km 48,300 della via Flaminia conduce alla Cascina S. Agata ad O. IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Immediatamente a N della strada vicinale che conduce alla Cascina S.Agata è stata individuata un'area di frammenti fittili molto sparsi e fluitati: laterizi, ceramica a vernice nera, impasto, acroma, anfore. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo (IT) 49 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Monte Codino RICOGNIZIONI: 4-10-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Strada vicinale che dal Km 48,300 della via Flaminia conduce alla Cascina di S. Agata a S, Fosso del Seccatore a N. IGM: 143 I NE C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Su un'altura è stata individuata una forte concentrazione di frammenti fittili, tra cui tegole, anfore, ceramica a vernice nera, ceramica a pareti sottili, ceramica da fuoco. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a seminativo (IT) LOCALITÀ SAN SILVESTRO Schede n., 59 La località San Silvestro è situata nell’area occidentale del comune, ed è compresa tra il Fosso Salerco a sud e il Fosso Selva di Mezzo a Nord. Sul pianoro, naturalmente difeso dai due fossati, sono stati rinvenuti resti che testimoniano la sua frequentazione in epoca romana. (IT) DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, p. 208, fig. 140; p. 377, fig. 213; V. FIOCCHI NICOLAI 1988; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39 Schede di ricognizione 59   106 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Borghetto LOCALITA'/TOPONIMO: Pontone del Cavallaro RICOGNIZIONI: 7-10-1994 OGGETTO:Resti di murature. LOCALIZZAZIONE: Nella proprietà privata delimitata a N dal fosso Selva di Mezzo e a SE dal fosso Salerco. IGM: 143 II SE C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Sono visibili, in un'area di ridotte dimensioni, frammenti fittili e resti murature in mattoni e tegole, con letti di malta di natura tufacea piuttosto alti. BIBLIOGRAFIA: G.F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 46 - 47. OSSERVAZIONI: La ricognizione dei campi in questa proprietà privata non è stata effettuata in quanto non consentita dai proprietari. L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo (IT) LOCALITÀ PIANO DI LUCCIANO Schede nn. 85 La località prende il nome da uno dei pagi del territorio, disposti lungo i percorsi che si dirigevano a Falleri. Il pagus di Lucciano era forse uno dei più notevoli, munito di cinta e di vallo. E’ evidente il valore agricolo di questi centri che misuravano i percorsi tra i poli maggiori (Castel S. Elia, Sutri, Nepi, Corchiano), ma notevole anche la loro funzione di raccordo e di difesa. L’estensione ipotizzata è quella compresa tra il Rio Fratta a Nord e il Sorcello a sud. Sembra fosse attraversato da una strada antica che si dirigeva verso San Silvestro. I resti di cunicoli rinvenuti nella ricognizione potrebbero essere legati alle sistemazioni idrauliche legate alla vita del pagus. (IT) DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A.PASQUI R.MENGARELLI 1972, p. 50 Schede di ricognizione 85 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Borghetto LOCALITA'/TOPONIMO:   107 RICOGNIZIONI: 14-11-1994 OGGETTO:Cunicolo idraulico LOCALIZZAZIONE: Fosso di Lucciano a NO, Strada Statale 315 ad E. I.G.M.: 138 III SO C.T.R.: 356060 Magliano Sabina DESCRIZIONE: Percorrendo il diverticolo di accesso alla cava FIOMAR, si nota a sinistra sulla parete del pianoro di Piano di Lucciano, un doppio cunicolo sovrapposto, con medesima direzione, orientato S-SE/N-NO, verso il Fosso di Lucciano (dimensioni: alt. tot. m 1,60; larg. m 0,50). (IT) LOCALITÀ MACCHIA FRULLANI Scheda nn. 56 La località Macchia Frullani prende il nome da un antico Pagus, situato sul percorso che conduceva da Falerii Novi a Corchiano e “controllava” il passaggio sul rio Cruè. Nella zona immediatamente a S del km. 9 della S.P. Quartaccio, sulla riva sinistra del Rio Crué, Cozza e Pasqui notavano ancora in situ resti di un ponte che, scavalcando il fosso, raccordava un percorso viario proveniente da Falerii Novi, alla antica via Corchiano-Gallese. In connessione con tale ponte, veniva dagli stessi Autori segnalata la presenza di altre strutture, quali un "lastricato di tufi" cui era sovrapposta una "gettata di calcestruzzo", resti di un "acquedotto" e la "fondazione di una fontana". Un diverticolo a E del ponte saliva, al piano che Cozza e Pasqui menzionano come comunemente denominato "Macchia Frullani", sito di un antico insediamento. Già alla fine del secolo scorso rimaneva soltanto qualche traccia dell’abitato, testimoniato da resti di opere difensive a blocchi di tufo sovrapposti e dal taglio artificiale della rupe. I resti individuati nella ricongnizione confermano l’importanza di questo insediamento sul percorso che da Falerii si congiungeva alla viabilità Corchiano Gallese -. L’arco cronologico di vita è sicuramente ampio, come attesta il probabile riuso di tombe a camere in epoca cristiana, adattati a luoghi di culto e raccolta dei fedeli. (IT) DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, p. 208, fig. 140; p. 377, fig. 213; V. FIOCCHI NICOLAI 1988; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39. CENTRO DI CATALOGAZIONE DEI BENI CULTURALI, Contributi allo studio di fattibilità della direttrice viaria Civita Castellana - Viterbo, Viterbo, 1985. Schede di ricognizione 56 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: S. Francesco (Macchia Frullani)   108 RICOGNIZIONI: 11-10-1994 Si sono individuare 4 nuclei (A,B,C,D) di resti archeologici A) Ponte LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a SO, Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Crué a S, sul diverticolo della Strada Provinciale Cenciano in prossimità del ponte che scavalca il Rio, sulla sponda N del Rio Cruè. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: Sulla sponda N del Rio Crué è conservata la spalla sinistra di un ponte in blocchi squadrati di tufo, in parte inglobata nella costruzione del ponte moderno; sono visibili almeno quattro filari di blocchi. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata come ricovero di attrezzi agricoli B) Muro in opera quadrata LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a SO, Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Crué a S, sul diverticolo della Strada Provinciale Cenciano in prossimità del ponte che scavalca il Rio, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 162,0 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: Sul lato E della Strada Provinciale di Cenciano è visibile un tratto di muro costituito da un’unica assise di quattro grossi blocchi (cm 90 x 70 circa ciascuno) di tufo alloggiati sul banco naturale tagliato a piano inclinato. INTERPRETAZIONE: Si tratta dei resti delle mura di difesa dell'antico pagus di Macchia Frullani OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata come ricovero di attrezzi agricoli C) Ambienti scavati nel costone tufaceo. LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a SO, Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Crué a S, sul diverticolo della Strada Provinciale Cenciano in prossimità del ponte che scavalca il Rio. Lungo il costone N del Rio Crué, attraversato il ponte, si dipartono verso O due viottoli. Sul viottolo a S, a ca. m 60 dall’incrocio. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: Qui ha inizio il costone tufaceo che presenta da E a O una facciata a portico con pilastro centrale, in gran parte perduto, sotto la quale la parete sembra lavorata (accesso?); piccola edicola ogivale; tracce di lavorazione sulla parete; grande piazzale quadrangolare ricavato nella rupe con, a destra, serie di gradini che salgono verso la sommità del costone; sul piazzale si aprono gli accessi di due grandi ambienti "a galleria", il primo con pianta a Y (ca. m   109 10 x 4) ed il secondo con pianta rettangolare (ca. m 18 x 7), coperti con volta a botte e tra loro comunicanti. INTERPRETAZIONE: La tipologia degli ambienti e la presenza dell'arcosolio scavato nel costone richiamano gli impianti delle catacombe (cfr. ad esempio le catacombe di Falerii Novi in V. FIOCCHI NICOLAI 1988), in questo caso forse installate in tombe a camera di epoca precedente (A. Ciarrocchi, Da Falerii Novi a Civita Castellana: Storia altomedievale di un recupero insediativo, p. 21 nota 116) OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata come ricovero di attrezzi agricoli D) Tomba e altri 3 ambienti LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Cenciano a SO, Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Crué a S, sul diverticolo della Strada Provinciale Cenciano in prossimità del ponte che scavalca il Rio. Lungo il costone N del Rio Crué, attraversato il ponte, si dipartono verso O due viottoli. Il viottolo a N.. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: Proseguendo in direzione OE si individuano una tomba a camera con loculi sezionata (inaccessibile) lunga ca. m 7; tre ambienti "a galleria" di grandi dimensioni scavati nel tufo, a pianta rettangolare e volta a botte, disposti in sequenza con andamento NO/SE, di cui quello centrale (m 25 x 3,5), l'unico accessibile, mostra al centro della parete di fondo un'apertura attualmente chiusa da una piccola porta. Il margine meridionale del viottolo a N e parte del lato occidentale del diverticolo della Strada Provinciale Cenciano sono delimitati da muri costituiti da blocchi di tufo di grandi dimensioni, di reimpiego. INTERPRETAZIONE: L'area sembra avere avuto una destinazione funeraria, tranne i tre grandi ambienti "a galleria" indicati al punto E, che potrebbero avere avuto la funzione di cisterne, vista la presenza di un'apertura, forse un cunicolo, sulla parete di fondo di quello centrale. BIBLIOGRAFIA: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, p. 208, fig. 140; p. 377, fig. 213; V. FIOCCHI NICOLAI 1988; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39. OSSERVAZIONI: : L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata come ricovero di attrezzi agricoli Proseguendo sul viottolo settentrionale, si raggiunge un pianoro dove era ubicato il pagus segnalato in G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, p. 208, fig. 140, che non è stato possibile raggiungere, dato che l'area è compromessa da una villa di recente costruzione. Si veda anche M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 39. (IT) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione descritta limitatamente ai punti A, C e D. Non è risultato accessibile il punto E a causa di vegetazione infestante la quale ha limitato la visibilità e quindi l’individuazione anche del punto B. (PP)   110 LOCALITÀ GROTTA PORCIOSA Schede nn. 58 In località Grotta Porciosa è stato identificato uno degli insediamenti falisci minori, nel territorio di Falerii, che avevano la funzione di avamposto e di controllo del territorio. In particolare Grotta Porciosa, situato a Sud del Rio Fratta, tra Falerii e Corchiano presidiava il nodo viario nevralgico in questa zona. Da qui, infatti, avevano origine tre strade: una si dirigeva ad est verso il Tevere, mentre le altre due erano dirette ad ovest e si connettevano con la strada Falerii Veteres -Gallese e Falerii Veteres- Corchiano. L’oppidum, avamposto fortificato di Falerii, declina dopo la conquista romana della città. Individuata nell’800 e poi descritta nella Carta Archeologica d’Italia e indagata topograficamente dalla scuola britannica negli anni 50, l’area attesta una frequentazione dall’epoca tardo falisca in base ai frammenti ceramici rinvenuti nelle ricognizioni. Naturalmente fortificato nei lati nord e sud, l’insediamento era delimitato sui versanti est e ovest da un fossato e muri in opera quadrata, dei quali sono visibili solo alcuni resti di blocchi di tufo Un’accurata indagine archeologica condotta nel 2007 in vista di un ampliamento di una cava di tufo nella zona ha portato alla luce una complessa area sacra legata al culto di divinità infere, che conferma nel range cronologico individuato la cronologia dell’insediamento. DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A.PASQUI R.MENGARELLI 1972, pp. 50-51, fig. 43 , 276; M. W. FREDERIKSEN - J. B. WARD PERKINS 1957, p. 172; MOSCATI 1985, p. 94; DE LUCIA BROLLI – E. Cirelli, Un culto ctonio nell’hinterland di Falerii, in H. di Giuseppe – M. Serlorenzi, I riti del costruire nelle acque violate, Atti del Convegno, Roma 2010, pp. 343-58. OSSERVAZIONI: Al momento della ricognizione del 1994 l’area è in stato di abbandono e di degrado. La tagliata e le tombe sono rimaneggiate e adibite ad altro uso, si vedono tracce di scavi clandestini. L’area di frammenti fittili rinvenuta è riferibile ai resti di queste frequentazione. (IT) DATI ARCHIVISTICI Presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale è conservata la notizia del rinvenimento nel 1972 di due tombe a camera con loculi parietali, in origine sigillati da iscrizioni falische, già note nel Corpus Inscritptionum Etruscarum, ma considerate perse e pertinenti alla gens Aratia152.                                                                                                                         Si veda a tal proposito StEtr XLI, 1973, pp. 541 s. e S. Renzetti Marra in StEtr 1974, pp. 355-357, tav. LVIII-LIX. La notizia è pubblicata anche nel Repertorio degli scavi. 152   111 (MCB) Schede di ricognizione 58 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Borghetto LOCALITA'/TOPONIMO: Grotta Porciosa (Le Monache) RICOGNIZIONI: 7-10-1994 Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Strada comunale Borghetto - Corchiano a N, Fosso Pian di Luca a S. IGM: 137 II SE C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Subito a N del fosso è stata individuata un'area cosparsa di una modesta quantità di frammenti fittili, in prevalenza frammenti di tegole e di anfore. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo OSSERVAZIONI: Cfr. scheda di vincolo n. 12/00469833 (IT) LOCALITÀ CASALE CIOTTI Schede nn. 50, 63 La località Casale Ciotti prende il nome dal casale costruito sull’antico tracciato della via Flaminia, che fino al XVIII secolo è stato una stazione di posta e cambio cavalli. Sulle antiche mura una meridiana di fine ‘600, ancora visibile lungo la parete sud della costruzione, stava ad indicare la chiusura delle porte mezz´ora dopo il tramonto. Attualmente la zona è un quartiere artigianale, dove i rinvenimenti di frammenti ceramici sparsi, senza particolare concentrazione, testimoniano l’antica frequentazione di epoca romana. Schede di ricognizione 50 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Zona artigianale (Casale Ciotti) RICOGNIZIONI: 4-10-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Casale Ciotti a N.   112 IGM: 143 I NE C.T.R.. 356060 Borghetto DESCRIZIONE: E' stata individuata un'area caratterizzata da una forte concentrazione di anfore e di frammenti di laterizi (tegole, mattoni), oltre a qualche frammento di dolio. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo I.T. 63 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: LOCALITA'/TOPONIMO: Gabelletta (Casale Fontana Matuccia) RICOGNIZIONI: 11-10-1994 Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Via Flaminia ad E, Strada Provinciale Quartaccio a N, Strada Provinciale Cenciano ad O, la nuova Superstrada a S, in corrispondenza dell’indicazione del punto altimetrico C.T.R. 145,1. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano UTILIZZO ATTUALE: Agricolo DESCRIZIONE: Sul crinale O della collina si nota un’area caratterizzata dalla presenza di numerosi frammenti di laterizi e ceramica d’uso comune; non si rinvengono frammenti di ceramica fine nè tracce di strutture murarie. (IT) BIBLIOGRAFIA: A. PASQUI 1887a, pp. 92 - 100; M. W. FREDERIKSEN - J. B. WARD PERKINS 1957, p. 150; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 66 - 68. LOCALITÀ BORGHETTO Schede nn. 84, 86, 87 La località Borghetto è una frazione di Civita Castellana compresa tra la ferrovia Roma-Viterbo, l’autostrada del Sole e il tracciato della statale Flaminia. L’area è dominata dal Castello di Borghetto, risalente probabilmente al sec. XII, edificato ad opera degli abati di S. Maria in Falleri, a presidio e controllo dell’importante tracciato viario della Via Flaminia, che passava in questa zona provenendo da Civita Castellana e proseguiva poi attraversando il Tevere secondo un percorso che ricalcava in questo punto la via Tiberina. I rinvenimenti nell’area ne attestano la frequentazione fin da epoca antica, ma non consentono una interpretazione della loro origine. (IT)   113 DATI BIBLIOGRAFICI: G. MESSINEO – A. CARBONARA 1993, pp. 154-156 DATI ARCHIVISTICI Più che non ai dati archivistici, dobbiamo appoggiarci in questo caso alle osservazioni fatte dagli antiquari locali. Il Del Frate ricorda infatti come: “lasciato il castello [di Borghetto, NdA], a destra, troveremo un sentiero che sale ripido per campi conducenti ai Comunali di Borghetto, località ove pochi anni addietro si scoprì un’antica tomba ben conservata, scavata nel tufo, sulle cui pareti appariscono incise otto lunghe iscrizioni in lingua etrusca”153. Purtroppo al momento non si hanno altre notizie in merito a questa scoperta e solo ulteriori approfondimenti potranno forse esserci d’aiuto nel posizionare ed inquadrare storicamente meglio questo rinvenimento. (MCB) Schede di ricognizione 84 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Borghetto LOCALITA'/TOPONIMO: RICOGNIZIONI: 14-11-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Lungo la Strada Statale 315, al Km 0,500, Stazione Ferroviaria F.S. ad E. I.G.M.: 138 III SO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Ad E e ad O della strada Statale, si rinviene un’area di radi frammenti fittili, costituiti da laterizi e ceramica d’impasto; nel campo ad O si nota una prevalenza di frammenti di periodo arcaico. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a seminativo (IT) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza di frammenti fittili solo sul lato Ovest della S.S.315 (PP) 86 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Borghetto LOCALITA'/TOPONIMO: Antica Stazione di Posta.                                                                                                                         153   DEL FRATE 1898, p. 72. 114 RICOGNIZIONI: 14-11-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Ferrovia Direttissima Roma - Firenze ad E, casale dell' antica Stazione di Posta ad O, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 43,7. I.G.M.: 138 III SO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Si rinviene un’area circoscritta di frammenti fittili, per la maggior parte costituiti da laterizi, anche di grandi dimensioni, e ceramica d’impasto. L’assenza di ceramica verniciata e la presenza di ceramica invetriata, pongono il dubbio che il sito possa avere avuto una frequentazione anche in epoca molto antica. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a seminativo. (IT) 87 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Borghetto LOCALITA'/TOPONIMO: RICOGNIZIONI: 14-11-1994 OGGETTO:Area con frammenti di basoli sparsi. LOCALIZZAZIONE: Ferrovia Direttissima Roma - Firenze ad E, vecchia linea ferroviaria F.S. ad O, lungo il lato E della strada vicinale che costeggia la vecchia linea ferroviaria. I.G.M.: 138 III SO C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: A ca. m 200 in direzione S dal punto in cui la strada vicinale è scavalcata dalla Ferrovia Direttissima, si evidenziano una serie di frammenti di basoli di leucite, adossati lungo il margine E della strada ed accatastati accanto ai piloni della Ferrovia Direttissima, senza peraltro individuare altri elementi di rilievo che siano utili per una interpretazione certa di questa presenza. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a seminativo (IT) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la sola presenza di 3 frammenti di basoli raggruppati intorno ad uno dei piloni della sopraelevata ferroviaria. (PP) LOCALITÀ PIANOTENTO – GAETUFO Schede nn. 51, 55, 61, 62 La località Pianotento è situata su una vasta area pianeggiante delimitata a N dalla Via Quartaccio, a E e a S dalla Strada Statale 311, a O dalla Via di Corchiano.   115 La località è nota per i ritrovamenti archeologici sin dai primi del '900. Infatti durante gli scavi effettuati nel 1907 da D. Vagleri nel terreno di proprietà delle Sorelle Andreini in Vanni, fu rinvenuta una tomba databile al III sec. a.C.. Le ricognizioni effettuate nel 1994 nell'area a ridosso della Via Quartaccio hanno evidenziato la presenza di strutture murarie e di materiale archeologico di superficie, emergente durante le arature e le lavorazioni agricole, che fanno presupporre la presenza di una villa rustica la cui frequentazione si articola in età imperiale. A poca distanza sono stati inoltre individuati alcuni ambienti scavati nel tufo, la cui originaria destinazione non è ipotizzabile in quanto profondamente rimaneggiati e utilizzati attualmente come deposito. Allontanandosi dalla via Quartaccio in direzione S sono stati notati numerosi frammenti di basoli. (AN) DATI BIBLIOGRAFICI: Sul ritrovamento di questa tomba si hanno brevi notizie edite da D. VAGLIERI, in Notizie degli Scavi di Antichità 1907, pp. 731 - 732 e da E. STEFANI nel volume del 1911, p. 253, che ipotizza che il sepolcro faccia parte di nuclei di necropoli dislocati lungo il collegamento tra Falerii (Civita Castellana) e Corchiano. OSSERVAZIONI: La tomba scavata dal Vaglieri non è attualmente visibile. DATI ARCHIVISTICI (M. Cristina Biella) Presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma (Pratiche di tutela – 291/5) sono conservati alcuni documenti redatti da D. Vaglieri e relativi allo scavo nel 1907 di una tomba a camera con 13 loculi, databile, sulla base dei materiali rinvenuti, nel III sec.a.C. Oltre all'elenco dei reperti la documentazione comprende anche la planimetria della struttura sepolcrale indagata (Allegato archivistico n. 01). Lo scavo fu eseguito nel terreno di proprietà delle Sorelle Andreini in Vanni. (MCB) Schede di ricognizione A51 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Pianotento (La Vaccareccia) RICOGNIZIONI: 4-10-1994 OGGETTO: Lacerti di basolato LOCALIZZAZIONE: Campi compresi tra la strada provinciale Quartaccio a N, la tangenziale di Civita Castellana a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 153,2. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: Nella zona sono presenti numerosi frammenti di basoli.   116 OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non ha confermato la presenza dei lacerti di basolato descritti. (PP) A55 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: S. Silvestro RICOGNIZIONI: 5-10-1994 OGGETTO: Strada (?) LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Quartaccio a S, Fosso delle Sorcelle a N, Strada Provinciale Cenciano a O; presso il Fosso Passo Rosario a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 143,5. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: In corrispondenza dei due casali a valle del pendio, si osserva una fascia lunga ca. m 100 che, a partire dal fosso dove si allarga a formare una "piazzola", si protende verso O. Si tratta di una striscia composta di arenaria, tufo biancastro e malta bianca (?). Si rinvengono inoltre rarissimi frammenti di ceramica comune, un'ansa di anfora ed un frammento di tegola di impasto del tipo II fase. Circa m 100 più a O sono visibili altre due chiazze dello stesso tipo. In prossimità di un piccolo ponte che scavalca il Fosso Passo Rosario sul suo lato N, si nota un accumulo di blocchetti di tufo addossati alla recinzione di confine in direzione NS. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) A61 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Gaetufo RICOGNIZIONI: 11-10-1994 OGGETTO: Resti di strutture murarie di età romana con area di frammenti fittili (villa?) LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Cruè a S, strada vicinale a O, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 150,4. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: In corrispondenza dei pali della vecchia linea elettrica, a ca. m 65 dalla cabina elettrica, sono visibili resti di strutture murarie intercettate e distrutte dalle arature e dalle lavorazioni agricole in tempi recenti. Si tratta forse di fondazioni, costituite da scaglie di tufo e tegole unite da malta. Intorno, in tutta l'area, sono visibili molti laterizi (frammenti di tegole, mattoni di spicatum, frammenti di dolia, un frammento di fistula fittile) e ceramica in quantità   117 minore (ceramica fine: un frammento di vernice nera, frammenti a pareti sottili, sigillata italica; ceramica comune). In particolare è visibile un grosso conglomerato di malta e tufi, nel quale è inglobato un frammento di parete di sigillata italica. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 6/5/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza sulla superficie del fondo solo di rari frammenti fittili relativi a tegole e di frammenti di tufo. (PP) A62 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Pianotento (Macchia Frullani) RICOGNIZIONI: 11-10-1994 Si sono individuate due aree A e B, interessate da resti archeologici: A) Ambienti scavati nel tufo LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Cruè a SE, Strada Provinciale Cenciano a O, a circa m 150 ad E del punto altimetrico C.T.R. 160,1 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: A O del casale, si osserva, fittamente ricoperto di rovi, un ambiente scavato nel tufo, di pianta pressoché ovale (m 5 x 2), con soffitto piano ribassato in prossimità delle pareti, che si presentano lavorate in maniera irregolare e prive di loculi. All'esterno, la parete sinistra presenta due incassi rettangolari sovrapposti, disposti orizzontalmente, ed un terzo incasso rettangolare disposto verticalmente a sinistra dei precedenti. A destra di questo ambiente, a ca. m 1,50, sulla parete tufacea si apre, ad una quota leggermente inferiore, un secondo ambiente di forma quadrangolare con porta arcuata a tutto sesto, soffitto piano e pareti accuratamente lavorate, prive di loculi; sulla parete di fondo, all'angolo con la parete sinistra, si apre una "semiporta" arcuata che sembra portare ad un altro ambiente, attualmente inaccessibile. OSSERVAZIONI: gli ambienti, al momento delle ricognizioni del 1994, erano utilizzati come deposito di attrezzi agricoli B) Area di frammenti fittili. LOCALIZZAZIONE: Strada Provinciale Quartaccio a N, Rio Cruè a SE, Strada Provinciale Cenciano a O, lungo il Rio, a N del punto altimetrico C.T.R. 154,5. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: Area di frammenti fittili sparsi soprattutto nella fascia N dell'area, mentre la   118 zona lungo il Rio Cruè restituisce pochissimo materiale. Si rinvengono frammenti di tegolame, di bacili di impasto e grossi contenitori in ceramica comune, un frammento di balsamario di invetriata. La quantità dei frammenti è comunque modesta e non si osservano resti di strutture. OSSERVAZIONI: gli ambienti scavati nel tufo non sono identificabili con la tomba rinvenuta nel 1907. L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo di tipo agricolo. (AN) LOC GABELLETTA Scheda n. 63 Al toponimo Gabelletta corrisponde un'ampia zona pianeggiante, ancora a destinazione prevalentemente agricola anche se situata a breve distanza dalla via Flaminia moderna e dalla zona artigianale. Durante le arature affiorano consistenti frammenti fittili riferibili con tutta probabilità ad una villa rustica di età imperiale in collegamento con la via Flaminia. (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: A. PASQUI 1887a, pp. 92 - 100; M. W. FREDERIKSEN J. B. WARD PERKINS 1957, p. 150; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 66 - 68. Schede di ricognizione A63 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Gabelletta (Casale Fontana Matuccia) RICOGNIZIONI: 11-10-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Via Flaminia ad E, Strada Provinciale Quartaccio a N, Strada Provinciale Cenciano ad O, la nuova Superstrada a S, in corrispondenza dell’indicazione del punto altimetrico C.T.R. 145,1. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: Sul crinale O della collina si nota un’area caratterizzata dalla presenza di numerosi frammenti di laterizi e ceramica d’uso comune; non si rinvengono frammenti di ceramica fine nè tracce di strutture murarie. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (MM)   119 LOCALITÀ MONTE COCCIOLO – VIA NEPESINA Schede nn. 79, 80 La località Monte Cocciolo è una modesta altura situata poco fuori il centro di Civita Castellana, immediatamente a nord della via Nepesina. Questa coincide in parte con un antico tracciato stradale, probabilmente di origine falisca ma riutilizzato dai romani, che da Falerii Veteres si dirigeva verso sud-ovest in direzione di Nepi. Attraversato il Rio Maggiore forse in corrispondenza del moderno ponte di Terrano, proseguiva attraverso le alture oggi comprese nella tenuta di Terrano, con una tagliata viaria incisa nel tufo e orientata NE-SO, lungo le pareti della quale si aprivano tombe a camera e a loculo. Nonostante gli stravolgimenti apportati in età moderna, alcune di queste tombe, riutilizzate come cantine e ricoveri per animali, sono ancora parzialmente conservate sotto un gruppo di casali a nord della via Nepesina. Poco distante un’area di frammenti fittili fra cui si evidenziano resti di laterizi romani è forse da mettere in relazione ad un nucleo di sepolcro in calcestruzzo visto da Pasqui alla fine del XIX secolo. (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 266 – 267,. 374 - 375, fig. 211; P. MOSCATI 1985a, p. 95. Schede di ricognizione A79 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Via Nepesina RICOGNIZIONI: 07-11-1994 OGGETTO: Necropoli rupestre LOCALIZZAZIONE: Al Km 14,900 della strada Statale Nepesina, n.c. 24a, m 260 a N dall’ingresso sulla via I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Nel banco tufaceo sono state individuate alcune tombe a camera con loculi scavati nelle pareti, di cui solo tre risultano accessibili. La presenza, lungo la parete tufacea, di accessi forniti di porte, consente di ipotizzare l’esistenza di altre tombe, allineate con le precedenti. OSSERVAZIONI: Utilizzo al momento della ricognizione del 1994: Abitazione, rimessa, ricovero per animali, cantina. (MM) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione descritta. Non si osservano cambiamenti strutturali nell’immobile edificato sopra le tombe, i cui ingressi visibili sono però 2 e non 3. (PP)   120 A80 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Monte Cocciolo RICOGNIZIONI: 07-11-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Strada Statale Nepesina Km 14,300, numero civico 30, a m 140 a SE dall’ingresso sulla via I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Nei campi sul lato destro del casale si rinviene un’area di sporadici frammenti fittili costituiti da laterizi, ceramica d’uso comune e d’impasto. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo a seminativo. (MM) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non ha confermato le presenze descritte nel sito, tenendo comunque conto della presenza di bassa vegetazione da coltivazione al momento del sopralluogo. (PP) LOCALITÀ SELVA DI MEZZO Schede nn. 57, 66 La località Selva di Mezzo, come rivela il toponimo, è costituita da un ripido plateau tufaceo, probabilmente un tempo di natura boschiva, delimitato dai fossi Pian di Luca (a nord) e delle Sorcelle e Selva di Mezzo (a sud-est). Sull’altura alla confluenza dei fossi, numerosi rinvenimenti attestati nel tempo sembrerebbero provare l’esistenza di un pagus, risalente ad età preromana (come sostenuto dagli autori della Forma Italiae) ed abitato fino al medievo inoltrato, come testimonia la presenza di una torre e resti di difese murarie oltre ai piloni di un ponte medievale presso il c.d. Pontone del Cavallaro. Antico sembrerebbe invece un fossato, largo m 8 e profondo 6, che difendeva l’abitato verso E, congiungendo le rive dei due torrenti, delimitato da una muratura a piccoli blocchi di tufo messi di testa. Resti della stessa opera muraria difensiva si trovano lungo gli altri lati del pianoro, che doveva essere cinto interamente, e in corrispondenza di due imponenti strutture (bastioni?) a picco sui fossi Sorcello e Paciano, conservate per un alzato di 6 filari, fra i quali si ipotizza fosse la porta d’accesso al villaggio. Sul pianoro di tufo furono visti alla fine dell’Ottocento i resti di un tracciato stradale su rialzo tufaceo, con ai lati file di abitazioni in parte scavate nella roccia e in parte costruite. Il pagus era probabilmente accessibile solo dal lato del fossato per mezzo di un diverticolo proveniente dalla Flaminia. Infatti lungo la forra   121 presso il rio Sorcello si conservano tratti di una tagliata viaria che costeggiava il fosso, che potrebbe costituire il tratto di questa strada più vicino all’insediamento, ai lati della quale si aprivano numerose tombe a camera scavate nel tufo e cunicoli idraulici. Dell'insediamento d’età romana, resta oggi visibile solo una vasta area di frammenti fittili. Sono comunque attestati sporadici rinvenimenti di murature romane e di frammenti di una fistula plumbea sul pianoro di Selva di Mezzo (1954) e dei resti di una villa romana con mosaici nella vicina località Piani di Luca (1955). (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 46, fig. 42; 52; 378, fig. 214; M.W. FREDERIKSEN - J.B. WARD PERKINS 1957, p. 154; Repertorio degli scavi, 1 (1939-1965), pp. 35-36. Schede di ricognizione A57 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: Borghetto LOCALITA'/TOPONIMO: S. Silvestro (Pontone del Cavallaro) RICOGNIZIONI: 7-10-1994 Si sono individuate tre aree A, B, C interessate da resti archeologici A) Ponti sul fosso Selva di Mezzo (1?) ponti LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Fosso di Selva di Mezzo e il Fosso di Valle Cocomerina. IGM: 137 II SE C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Lungo il margine N del fosso Selva di Mezzo, poco dopo la grande ansa del fosso, è visibile un ponte in conglomerato cementizio con fornice in conci di tufo, probabilmente medievale, da ricollegare alla vicina torre. OSSERVAZIONI: nel 1994 area Boschiva B) Tratti di tagliata viaria LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Fosso di Selva di Mezzo e il Fosso di Valle Cocomerina. IGM: 137 II SE C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Lungo il fosso Selva di Mezzo sono visibili su entrambi i costoni, tracce di tagliate su più livelli, probabilmente da ricollegare a necropoli. OSSERVAZIONI: nel 1994 area Boschiva   122 C) Cunicolo idraulico LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Fosso di Selva di Mezzo e il Fosso di Valle Cocomerina. IGM: 137 II SE C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Lungo una delle tagliate sopra descritte, è stato individuato un cunicolo idraulico tagliato. OSSERVAZIONI: nel 1994 area Boschiva (MM) A66 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Selva di Mezzo RICOGNIZIONI: 19-10-1994 Si sono individuate due aree A e B interessate da resti archeologici: A) Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fosso Pian di Luca a N, Fosso delle Sorcelle a S ed a E, confine del Comune a O, nell’area circostante il casaletto situato sul pianoro di Selva di Mezzo, in corrispondenza del punto altimetrico C.R.T. 152,1. I.G.M.: 137 II SE C.T.R.: 356050 Corchiano DESCRIZIONE: All’estremità NE del pianoro è stata individuata un’area piuttosto ampia caratterizzata dalla presenza di frammenti sparsi di laterizi, anfore, ceramica d’impasto ed acroma, sigillata italica e ceramica a vernice nera. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo a Seminativo B) Necropoli rupestre LOCALIZZAZIONE: Sul costone prospiciente il Fosso delle Sorcelle, in corrispondenza della torre medievale e del punto altimetrico C.R.T. 134,7. I.G.M.: 137 II SE C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Nel costone di tufo sono scavate alcune tombe a camera, attualmente irraggiungibili; due di queste presentano una apertura di forma rettangolare. OSSERVAZIONI: l’area al momento della ricognizione del 1994 era incolta (MM)   123 LOCALITÀ TENUTA SANTA LUCIA Scheda n. 27 La tenuta si trova a ovest della della via Flaminia, in un contesto prevalentemente agricolo. Nella località sono segnalate presenze archeologiche superficiali relative ad un insediamento romano che sembra perdurare dall'età repubblicana fino a quella imperiale, con sporadiche attestazioni di materiali di età arcaica. Nel 1971 presso il casale della tenuta è stata rinvenuta una piccola tomba a camera con loculi parietali, successivamente reinterrata. Il sito è prossimo all'antico tracciato della via Flaminia e non lontano dal monte dell'Osteriola dove recenti studi localizzano la statio di Aquaviva, menzionata dall'Itinerario Gerosolimitano 12 miglia dopo la statio ad vicesimum, cioè intorno al km 46,5 della via Flaminia. (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: Repertorio degli scavi (1971-1975), p. 84; Messineo – Carbonara, p. 131. Schede di ricognizione A27 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta S. Lucia (Scuola rurale) RICOGNIZIONI: 23-09-1994 Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Casali della tenuta a NO, Fosso di Stabia ad O, via per Faleria a S-SO, all'altezza del km 47,000 della via Flaminia IGM: 144 IV NO C.T.R.: 356100 Torre dei Pastori DESCRIZIONE: Sull'altura più occidentale, prospiciente il fosso, è stata individuata un'area di frammenti costituita da numerosi laterizi (tegole e mattoni), malta, tessere musive e ceramica comune. Nelle pendici tra le due alture sono visibili frammenti sparsi di anfore, ceramica comune, sigillata, dolia, laterizi; oltre alla ceramica di età romana si notano rari frammenti di impasti più antichi. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (MM) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 17/6/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non ha confermato le presenze di frammenti fittili descritte. (PP)   124 III.4. LA VIA AMERINA E IL SUBURBIO DI FALERII NOVI NEL TERRITORIO DI CIVITA CASTELLANA VIA AMERINA Schede nn. 71, 72, 81, 82. La via Amerina, ultimata nella seconda metà del III secolo a.C. in seguito alla progressiva conquista romana del territorio falisco, con un tracciato di sole 56 miglia, come evidenzia Cicerone nella orazione in difesa di Sestio Roscio, venne a costituire il più rapido asse di penetrazione verso l’Umbria. Il suo percorso è tracciato nella Tabula Peutingeriana: diramandosi dalla via Cassia in prossimità della mansio di Baccano, passava per Nepi, Falerii Novi, Castellum Amerinum, in prossimità di Orte e giungeva fino ad Ameria (odierna Amelia), da cui prendeva il nome, e successivamente proseguiva per Perusia. Utilizzando e regolarizzando tracciati stradali preesistenti, la via, interamente pavimentata con lastricato in leucitite o trachite, univa i principali centri con tratti rettilinei avvalendosi di importanti opere di ingeneria come tagliate stradali e ponti, dove lo richiedeva la morfologia del territorio. Una serie di diverticoli laterali collegavano l’Amerina alle principali vie del territorio, Cassia, Flaminia e Tiberina. Ancora in piena attività nel V-VI secolo d.C., come hanno dimostrato recenti scavi nel Cavo degli Zucchi, l’Amerina acquistò rinnovata importanza nell'alto medioevo, quando, ricaduto il tratto centrale della via Flaminia nei territori occupati dai Longobardi, rimase l'unica strada percorribile per raggiungere l'esarcato bizantino di Ravenna. I numerosi scontri di frontiera avvenuti presso l’asse viario tra Longobardi e Bizantini si conclusero con il mantenimento del controllo della strada da parte di questi ultimi e la fondazione di una serie di capisaldi difensivi, come Ponte Nepesino, cui seguirono nel medioevo torri e fortificazioni di vedetta alla strada. A sud di Falerii Novi, lungo il confine fra i comuni di Civita Castellana, Castel Sant’Elia, Nepi e Fabbrica di Roma, si conserva un lungo e monumentale tratto dell’antica via Amerina, in parte corrispondente al tracciato della strada comunale dei Tre Ponti. In questa zona, caratterizzata da rilievi vulcanici profondamente incisi da fossi con andamento E-O, la via procede rettilinea con orientamento N-S, tagliando con viae cavae le alture e superando i fossi con imponenti ponti per mantenere andamento e livello costanti, dal fosso dell’Isola fino a Falerii Novi, dove penetra nella città costituendone il cardine principale. Nel tratto ricadente nel comune di Civita Castellana la via, che conserva in alcuni tratti il lastricato stradale, largo in media m 2.45, con le sue crepidini e le piazzole di sosta, corre entro una serie di tagliatee supera tre corsi d'acqua (fosso Maggiore, Rio Calello e Rio del Purgatorio) per mezzo di ponti ben conservati, costruiti in blocchi di tufo disposti a secco e databili, insieme a questo tratto dell’Amerina, al periodo successivo alla distruzione di Falerii Veteres (241 a. C.) e alla fondazione di Falerii Novi (terzo   125 quarto del III secolo a.C.). Le pareti di tufo ai lati della strada vengono sfruttate ad uso funerario a partire dalla seconda metà del III secolo a.C. per l'insediamento delle necropoli di Falerii Novi, con una progressiva espansione ed occupazione degli spazi liberi e delle tagliate lungo i fossi e con un’articolazione di diverse tipologie di tombe scavate nel tufo (a camera con vestibolo e caditoia, loculi semplici e ad arcosolio, colombari), affiancate in alcuni punti da sepolcri a dado, costruiti in blocchi di tufo a secco, e mausolei, talvolta entro recinti funerari ben delimitati e dotati di cippi ed iscrizioni funerarie. La vita della necropoli è attestata almento fino al III secolo d.C. Lungo la via Amerina dovevano gravitare numerosi insediamenti minori e ville rustiche, collegati ad essa da diverticoli, come dimostra l’individuazione durante le ricognizioni di numerosi siti caratterizzati da fitta presenza di materiali fittili superficiali di età romana nei campi prossimi al tracciato stradale. (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: G. GATTI 1904, p. 151; G. GIACOMELLI 1963, pp. 69 71; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, p. 214, fig. 145 (tav. II, fig. 2), pp. 416-422, figg. 267– 269, 271; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, pp. 58 - 63, figg. 49 – 52; M. MUNZI, Nuovi dati sulla via Amerina e note prosopografiche sugli Egnatii di Falerii Novi, in Archeologia Uomo Territorio, 13, 1994, pp. 5163; G. CIFANI - M. MUNZI, Considerazioni sugli insediamenti in Area Falisca: I periodi arcaico e tardontico, in Settlement and Economy in Italy 1500 BC to AD 1500, Papers of the Fifth Conference of Italian Archaelogy, Oxford 1995, pp. 387-394; M. A. DE LUCIA BROLLI - M. L. MICHETTI, in Annali della Fondazione per il Museo «Claudio Faina», XII, 2005, p. 381 ss.; L. CARETTA, Via Amerina e necropoli di Falerii Novi: i risultati delle ricerche in corso, in Atti delle Giornate di studio in ricordo di Mario Moretti (Civita Castellana 2003), Roma 2006, pp. 91-105. OSSERVAZIONI: Gran parte dell’area è stata negli ultimi anni oggetto di scavo e ripristino da parte del G.A.R., in collaborazione con la S.A.E.M, costituendo oggi un parco archeologico – naturalistico. Schede di ricognizione A71 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: LOCALITA'/TOPONIMO: Mezzano Vecchio (Casa De Feno) RICOGNIZIONI: 27-10-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Costone prospiciente il Rio del Purgatorio a N, via Amerina (confine del Comune) ad O, Ruscello Calello a S, in prossimità del casale e del punto altimetrico C.T.R. 200,7. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana   126 DESCRIZIONE: Nei campi attorno al casale De Feno si è riscontrata una concentrazione di materiale fittile (frammenti a vernice nera, anfore, impasto e ceramica acroma). OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. M.M. RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla vegetazione da coltivazione presente nel sito. (PP) A72 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Mezzano Vecchio RICOGNIZIONI: 27-10-1994 Sono stati individuati due nuclei di resti A e B A) Mausolei e ponte della via Amerina sul Rio del Purgatorio LOCALIZZAZIONE: Lungo la Via Amerina, in corrispondenza dell’estremo angolo NO del Comune formato dalla Via Amerina con la forra del Rio del Purgatorio. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: In prossimità del punto in cui la via Amerina attraversa il Rio del Purgatorio, sulla sua riva S, si conservano i resti monumentali di due mausolei in opera cementizia di forma parallelepipeda (altezza conservata oltre m 10), originariamente rivestiti con lastre di travertino (resti in situ e sparsi nell’area circostante). Il più settentrionale presenta un pozzo centrale, l’altro conserva una nicchia in facciata. L’area è interessata dalla presenza di numerosi basoli della via Amerina. Adiacente al mausoleo settentrionale si conservano i resti della spalletta s del ponte della via Amerina realizzato in blocchi di tufo in opera quadrata a secco; resti dell’altra spalletta erano ancora visibili alla fine dell’800 presso l’altra sponda del rio Purgatorio (forma italiae p. 422). Più a N, nel costone tufaceo, si individuano alcune tombe a camera. UTILIZZO NEL 1994: Boschivo B) Necropoli LOCALIZZAZIONE: Sul lato N del costone prospiciente il Rio del Purgatorio, in prossimità del confine del Comune ed in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 179,8. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Seguendo il corso del Rio del Purgatorio in direzione E, lungo la riva meridionale del fiume, si conserva una necropoli con diverse tombe a camera a pianta complessa. In particolare se ne segnalano una di dimensioni monumentali con volta a botte e loculi ed un’altra con arcosolio e loculi.   127 UTILIZZO NEL 1994: Boschivo M.M. RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza dei mausolei e delle strutture tombali, sia pure scarsamente visibili a causa della vegetazione infestante, la quale ha reso quasi invisibile e difficoltosamente raggiungibile soprattutto la necropoli descritta su tutto il versante orientato a Nord che guarda alle mura di Falerii Novi. (PP) A81 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Mezzano Vecchio - via Amerina RICOGNIZIONI: 07-11-1994 Si sono individuate tre aree A, B e C interessate da resti archeologici: A) Tratto della via Amerina LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Parco Falisco ad E, a ridosso della via dei Tirreni, poco a N del punto altimetrico C.T.R. 196,8 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Si conserva un breve tratto della via Amerina, che presenta ancora i basoli in situ oltre a molti altri divelti. UTILIZZO 1994: Boschivo B) Necropoli LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Parco Falisco ad E, a ridosso della via dei Tirreni, poco a N del punto altimetrico C.T.R. 196,8 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Lungo i lati della via Amerina si aprono numerose tombe a camera con loculi e nicchie scavate nel banco tufaceo. UTILIZZO 1994: Boschivo C) Ponte della via Amerina sul ruscello Calello LOCALIZZAZIONE: ruscello Calello a S, poco a N del punto altimetrico C.T.R. 196,8 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana   128 DESCRIZIONE Sulla riva N del ruscello Calello, si conservano i resti della spalletta di un ponte della via Amerina in opera quadrata di blocchi di tufo. UTILIZZO 1994: Boschivo OSSERVAZIONI: A) Alcuni basoli sono precipitati nel torrente. B) Le tombe accessibili sono utilizzate come discarica. C) Alla fine dell’Ottocento del ponte si conservava ancora parte del fornice, formato da 15 filari cuneati, come documentato dalla Forma Italiae. In base a quanto visibile allora si ricostruì una luce di m. 3,60, e, in base ai piloni, la larghezza della via a m 6. (MM) A82 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Cavo degli Zucchi - Via Amerina RICOGNIZIONI: 07-11-1994 Si sono individuate quattro aree A, B, C e D interessate da resti archeologici: A) Tratto di basolato della via Amerina LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Casale Mesano ad E, Rio Maggiore a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 206,4 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: A nord del rio Maggiore si conserva, all’interno della tagliata nel tufo segnata in cartografia come Cavo degli Zucchi, un tratto ben conservato di strada basolata, orientato N-S, lungo circa m 30 e largo di media m 2.40-2.45, con crepidini ben conservate su ambo i lati. UTILIZZO 1994: Parco archeologico B) Ponte della via Amerina sul rio Maggiore LOCALIZZAZIONE: Rio Maggiore, Casale Mesano ad E, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 205,7 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Sulle due sponde del rio Maggiore si conservano i piloni e parte della struttura arcuata di un monumentale ponte in opera quadrata di tufo, con blocchi disposti a secco alternativamente di testa e di taglio, parzialmente sommerso dalla vegetazione. UTILIZZO 1994: Parco archeologico C) Necropoli   129 LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Casale Mesano ad E, Rio Maggiore a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 206,4 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Su entrambi i lati della via Amerina e lungo la sponda settentrionale del rio Maggiore le pareti tufacee sono intensamente sfruttate per lo scavo di vani sepolcrali di varie tipologie (loculi arcuati chiusi da tegole, tombe a camera, talvolta con vestibolo e caditoia, con loculi semplici o ad arcosolio, colombari), fra cui risaltano due monumentali tombe a camera prospicienti il rio Maggiore, dotate di vestibolo con prospetto a tre archi, e cella quadrangolare con pilastro centrale. La più notevole delle due, nota come tomba della Regina, presenta ai lati della porta una decorazione a rilievo raffigurante due scudi. Per la descrizione puntuale si rimanda da ultimo a: M. A. DE LUCIA 1991, p. 63, figg. 48, 52, 60, 63. UTILIZZO 1994: Parco archeologico D) Mausoleo LOCALIZZAZIONE: Ruscello Calello a N, Casale Mesano ad E, Rio Maggiore a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 206,4 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: alla fine del cavo degli zucchi, ad est della via, si trovano i resti del nucleo in calcestruzzo e schegge di tufo di un sepolcro a parallelepipedo a base quadrata di m 2.90 per lato, originariamente con copertura piramidale mentre sull’altro lato della strada area funeraria con cippo di peperino con iscrizione di lucius Numisius e resti di un altro sepolcro. Per la descrizione puntuale si rimanda da ultimo a: M. A. DE LUCIA 1991, p. 63, figg. 48, 52, 60, 63. UTILIZZO 1994: Parco archeologco (MM) NECROPOLI DI TRE CAMINI Schede 70, 70 bis La necropoli di Tre Camini è dislocata lungo la strada provinciale Fabrica-Civita Castellana ed è la necropoli orientale di Falerii Novi, la città di fondazione romana sorta dopo il 241 a.C. in seguito alla distruzione del vecchio centro falisco. È costituita da più nuclei di tombe a camera, dei quali i principali sono rappresentati dal gruppo di sepolcri prospicienti la strada di Terrano – tra i quali spicca la tomba del Peccato – e da quelli che insistono sulla strada provinciale come la tomba scavata negli anni ’90 da parte dell’allora Soprintendenza Archeologica per l’Etruria meridionale. Nota invece fin dai primi decenni dell’800, la Tomba del Peccato (cfr. scheda A70) è considerata, accanto alle due tombe cd. della Regina sul Fosso Maggiore, alla testa della serie dei sepolcri rupestri del tipo cd. di Falleri, secondo la classificazione di G. Colonna che ha proposto per queste strutture una datazione non oltre la fine del III sec. a.C. I tre monumenti presentano infatti una serie di caratteri comuni, come la   130 cornice della porta e i sedili ai lati di essa. Dal punto di vista della dislocazione topografica, la tomba del Peccato, pur essendo ubicata nelle vicinanze dell’area urbana, sembra in realtà essere sorta non tanto in collegamento con la città di nuova fondazione, quanto su un antico percorso proveniente da Falerii Veteres, ricalcato successivamente da un tracciato di età romana. La monumentalità della tomba e la presenza delle sculture fanno pensare che appartenesse ad una famiglia facente parte degli strati sociali più elevati della nuova città. Anche la scelta della collocazione della tomba di fronte a Falerii Novi, lungo il percorso che dalla porta orientale conduceva fino al sito della vecchia città falisca, non sembra casuale: possiamo infatti interpretare la scelta del sito come espressione della volontà della gens titolare del sepolcro di evidenziare il proprio prestigio sociale anche attraverso la sontuosità del suo monumento funebre. Il pianoro soprastante la tomba è stato forse sede di complessi abitativi di età romana: le ricognizioni del 1994 (v. scheda A70 C).) sembrerebbero infatti confermare la presenza di un “oppidum diruto ai tempi della fondazione della colonia falisca”, ipotizzata alla fine dell’800 dagli autori della Carta Archeologica. Negli anni 90 è stata invece scavata Tomba di Tre Camini (cfr. scheda A70bis), purtroppo più volte violata dagli scavatori clandestini: in cattivo stato di conservazione, presenta un vestibolo che, tramite una stretta caditoia, dà accesso mediante una ripida gradinata alla camera funeraria, di ampie dimensioni, divisa in due ali da uno spesso tramezzo e provvista di più ordini di loculi sepolcrali ricavati fino al soffitto. La tomba è certamente appartenuta a membri di famiglie illustri di Falerii Novi: i settanta loculi e le sette fosse ricavate sul piano pavimentale nel vestibolo e coperte da tegole indicano uno sfruttamento intensivo dell’ambiente dalla seconda metà del III sec. a.C. all’età imperiale romana. Le fosse sepolcrali non hanno restituito alcun oggetto di corredo e dovrebbero appartenere all’ultima fase di utilizzazione della tomba, forse riferibile al III-IV sec. d.C., come indiziato da due lucerne rinvenute nella camera. Le sepolture più antiche presentano il corredo più ricco; risultano di particolare interesse i materiali che, di tipologia analoga a quelli attestati anche nei corredi di Falerii Veteres, costituiscono un elemento di unione tra le due realtà urbane. In particolare, spicca la presenza di un servizio di vasi da banchetto in ceramica argentata con decorazione figurata a rilievo, confrontabili con quelli diffusi nelle tombe di Falerii Veteres. Anche la ceramica a vernice nera di produzione locale costituisce un elemento di continuità tra le due città. Alcune iscrizioni lacunose dipinte in rosso sulle tegole di chiusura dei loculi documenterebbero del resto la presenza di gentilizi già attestati nella vecchia Falerii. Un altro motivo di interesse di questo corredo deriva dalla presenza nella tomba di un gruppo di anfore vinarie importate da Rodi e da Kos e che si datano tra il 220 e il 100 a.C. Questa attestazione ha fatto pensare che Falerii Novi rappresenti la punta avanzata di un’intensa rotta commerciale attraverso gli scali tiberini, nella quale la famiglia titolare della tomba è stata forse coinvolta. Dal punto di vista del rituale funerario, interessante la presenza sullo stipite della porta di una nicchia chiusa da una tegola che accoglieva solo i resti di un incinerato deposti senza alcuna protezione: la collocazione periferica di incinerazioni come questa all’interno della camera è stata interpretata come espressione di una   131 precisa volontà di distinzione, quasi di emarginazione, piuttosto che una tarda forma di riutilizzazione del sepolcro. In conclusione, la continuità d’uso della tomba sembra testimoniare l’appartenenza ad una famiglia che non doveva aver subito gravi contraccolpi dalla distruzione della città falisca. L’interesse di queste tombe deriva dunque dal fatto che esse documentano forme di occupazione del territorio precedenti l’impianto della città romana. Sembra infatti possibile riferirle a famiglie di spicco della vecchia città che, avendo certamente coltivato buoni rapporti con i conquistatori romani, sembrano avere svolto un ruolo di primo piano nella realizzazione del processo di romanizzazione. Si è dunque ipotizzato che le famiglie titolari di questi sepolcri si siano insediate sul territorio in una fase di passaggio, quando la nuova città non si presentava ancora definitivamente strutturata e la via Amerina non aveva ancora ricevuto la sistemazione organica sulla quale si è successivamente impiantata la necropoli del Cavo degli Zucchi. (MLM) DATI BIBLIOGRAFICI: G. GATTI 1904, p. 296; M. W. FREDERIKSEN - J. B. WARD PERKINS 1957, p. 140, 142 - 144; G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI 1972, pp. 204-205, 207, figg. 137-138, 235; M. A. DE LUCIA BROLLI 1991, p. 57, fig. 44; M.A. De Lucia Brolli, Falerii Novi: novità dall’area urbana e dalle necropoli, in RendPontAcc LXVIII, 1995-96, pp. 42-68, con bibl. prec.; M.A. De Lucia Brolli, in M.A. De Lucia Brolli - L.M. Michetti, Cultura e società tra IV e III sec. a.C. Falerii e Orvieto a confronto, in AnnFaina XII, 2005, p. 385, nota 57; p. 392, figg. 4041. DATI ARCHIVISTICI I documenti archivistici per quanto riguarda la necropoli dei Tre Camini sembrano essere, almeno in base alle nostre attuali conoscenze, piuttosto scarsi. Infatti, dopo una prima notazione, ancora del 1883-1884, che sancisce l’assegnazione al Ministero della Pubblica Istruzione da parte del Demanio dell’area interessata dalla tomba cosiddetta del Peccato (ACS, AABBAA, I versamento, b. 138, fasc. 270), sembra scendere il silenzio sulla necropoli sino al momento in cui, ancora una volta a cura di A. Bracci, negli anni 1967-68 vengono segnalati scavi clandestini (AVG, 1967, n. 5094; 1968, n. 3751 / 3 Civita Castellana)154. (MCB) Schede di ricognizione A70 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Tre Camini RICOGNIZIONI: 27-10-1994 Si sono individuati due nuclei di interesse archeologico denominati A- B e C                                                                                                                         154   La notizia è brevemente edita anche nel Repertorio degli Scavi. 132 A-B) Necropoli LOCALIZZAZIONE: A) Primo nucleo all’incrocio della Strada Provinciale Faleriense con la via del Terrano e la cinta muraria di Falerii Novi a O, in prossimità del punto altimetrico C.T.R. 191,5; B) secondo nucleo sul lato S del costone lungo la via del Terrano, a SE del punto altimetrico C.T.R. 185,3. C.T.R.: 356050 Corchiano - 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: A) La necropoli è suddivisa in due distinti nuclei a causa della configurazione del terreno ed è composta da tombe a camera con loculi di varia tipologia. Spicca la tomba monumentale a portico detta "tomba del Peccato", scavata nel costone lungo la via del Terrano, lungo il quale si aprono gli accessi di alcune tombe a camera e, in prossimità del ponte sul Rio Purgatorio, sulla riva NO, sono visibili i resti di un colombario (B). A proposito della tomba del Peccato, lo scavo ha messo in luce due sculture monumentali in peperino di età ellenistica e di derivazione magnogreca, un leone e una protome di Medusa, che dovevano essere interrati in corrispondenza del terrazzamento del vestibolo. OSSERVAZIONI: Attualmente le tombe sono in gran parte interrate o ricoperte dalla vegetazione. Di recente, il costone nel quale era ricavata la tomba del Peccato è in parte franato arrecando gravi danni alla struttura della tomba stessa. Nella zona sono stati compiuti saggi di scavo da parte della Soprintendenza archeologica per l'Etruria meridionale (scavi SAEM maggio - giugno 1990, novembre 1991, febbraio 1992), che si sono resi necessari in seguito al crollo del vestibolo provocato dalle piogge del 1991. C) Pagus LOCALIZZAZIONE: Sulla riva NO del Rio del Purgatorio, poco a NE del punto altimetrico C.T.R. 163,5. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356050 Corchiano - 356090 Civita Castellana. DESCRIZIONE: Sul pianoro sovrastante la Tomba del Peccato è stata individuata un'area con frammenti di laterizi, ceramica comune, dolia, anfore, frammenti di tufo e spezzoni di murature, probabilmente relativa ad un complesso abitativo di età romana. (MLM) RICOGNIZIONI 2010-2011: Le verifiche effettuate in data 13/4/2010 e in data 6/9/2011 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, hanno confermato la presenza delle strutture descritte, sia pure con l’estrema difficoltà di riconoscimento indotta dalla presenza di foltissima vegetazione infestante e boschiva, soprattutto in relazione al nucleo necropolare comprendente la c.d. Tomba del Peccato, interamente obliterato dai rovi, ed al pianoro soprastante, su cui è cresciuta negli anni una fitta boscaglia. La zona funeraria oltre la Via di Terrano è invece risultata più libera e visibile e ne è stato possibile verificare le condizione che confermano le descrizioni di scheda. (PP) A70 bis COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Tre Camini RICOGNIZIONI:   133 OGGETTO: Tomba a camera LOCALIZZAZIONE: Lungo la strada provinciale Fabrica-Civita Castellana, a SO del gruppo di tombe prospicienti la strada di Terrano. C.T.R.: 356050 Corchiano - 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Tramite una stretta caditoia, un vestibolo con una ripida gradinata conduce alla camera funeraria, di ampie dimensioni, divisa in due ali da uno spesso tramezzo e provvista di circa settanta loculi disposti su più ricavati fino al soffitto. Sette fosse sono ricavate sul piano pavimentale nel vestibolo e coperte da tegole. OSSERVAZIONI: La tomba è in cattivo stato di conservazione, essendo stata violata più volte dagli scavatori clandestini. (MLM) LOCALITÀ CASALE MESANO Schede nn. 73, 74 Il toponimo Casale Mesano è riferito ad un pianoro tufaceo compreso tra il Ruscello Calello a Nord, il Rio Maggiore a Sud, la confluenza tra i due fossi all’estremità est. La posizione favorevole del luogo è confermata dalla presenza di insediamenti databili fin dall’età arcaica (dalla fine del VII a tutto il VI sec. a.C.) all’epoca romana fino al periodo tardo-antico. L’abbandono della zona è riconducibile al IV-VI sec. d.C. L’uso agricolo dell’area ha consentito il ritrovamento di numeroso materiale ceramico sparso, che conferma la presenza di una fattoria di epoca arcaica e poi di una villa romana sul pianoro. Alle pendici orientali del pianoro, proprio alla confluenza dei due ruscelli, sono stati riconosciuti i resti di una importante tagliata viaria detta Cava dei “Fantibassi”, dal nome della famiglia proprietaria del posto intorno al XVI secolo d.C. Si tratta di una delle più importanti vie cave del territorio falisco, che evidenzia una continuità d’uso fino all’epoca romana, come indicano anche le numerose iscrizioni sulle pareti, e le diverse fasi costruttive individuate. La tagliata è orientata in direzione nord-ovest/sudest, misura circa 4 metri di larghezza e fino a 15 metri in altezza. Considerato il suo orientamento e la continuità d’uso fin all’epoca romana, questa tagliata doveva costituire un diverticolo del percorso che andava ad ovest di civita Castellana e che in epoca romana doveva costituire il collegamento tra Falerii Veteres e Falerii Novi. Falerii veteres, infatti, anche dopo l’abbandono a favore di Falerii Novi, continuò ad essere frequentata per i suoi santuari. (IT) DATI BIBLIOGRAFICI: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI, 1972, pp. 375 - 376, fig. 212; P. MOSCATI 1985a pp. 127 - 132, figg. 95 - 98, p. 135, fig. 101; M. A. FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 49; L. QUILICI 1990, pp. 197 – 222; I. Di Stefano Manzella, “Furcula falisca”. Una soluzione per l’enigmatica epigrafe latina rupestre CIL XI 361, in Zeitschrift fur Papyrologie und Epigraphik, 11, 1996, pp. 218-225.   134 S. Nardi Combescure, Paesaggi d’Etruria Meridionale. L’entroterra di Civitavecchia dal II al XV sec. d.C., Firenze 2002, p. 4 Schede di ricognizione 73 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Casale Mesano RICOGNIZIONI: 27-10-1994 OGGETTO:Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Nella lingua compresa tra il punto di confluenza del Ruscello Calello a N e il Fosso Rio Maggiore a SE, ad E del punto altimetrico C.T.R. 198,8. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Al centro del pianoro si rinviene una concentrazione di frammenti ceramici (anse di anfore, acroma, impasto, vernice nera). OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era utilizzata a scopo agricolo (IT) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla presenza di recinzioni pertinenti a proprietà privata. (PP) 74 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Casale Mesano RICOGNIZIONI: 27-10-1994 Si sono individuate due aree A e B interessate da resti archeologici: A) Tagliata viaria detta di Fantibassi LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Ruscello Calello a N e il Fosso Rio Maggiore a SE, a N del punto altimetrico C.T.R. 157,1 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Sul punto estremo della rupe tufacea del Casale Mesano, si individua una tagliata viaria che dal fondovalle risale serpeggiando sulla sommità del pianoro; se ne conserva un tratto percorribile per circa m 80, interrotto a N da un interro e a S da un crollo. A m 130 oltre la confluenza del Ruscello Calello è visibile un secondo tratto della tagliata, che scende nel fondovalle per poi risalire il versante opposto. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era a bosco   135 B) Tomba a camera LOCALIZZAZIONE: Alla confluenza fra il Ruscello Calello a N e il Fosso Rio Maggiore a SE, a N del punto altimetrico C.T.R. 157,1 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: A S della tagliata, sulla parete S del pianoro prospiciente il fiume si apre una tomba a camera scavata nella roccia. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni 1994 , era a bosco. Le pareti della tagliata erano interessate da consistenti fessurazioni del tufo con distacchi e lesioni. BIBLIOGRAFIA: G. F. GAMURRINI - A. COZZA - A. PASQUI - R. MENGARELLI, 1972, pp. 375 - 376, fig. 212; P. MOSCATI 1985a pp. 127 - 132, figg. 95 - 98, p. 135, fig. 101; M. A. FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 49; L. QUILICI 1990, pp. 197 – 222 (IT) RICOGNIZIONI 2010-2011: La verifica effettuata in data 3/8/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato lo stato dei luoghi descritto, sia per quanto riguarda il tracciato viario che le situazioni di distacco e crollo delle pareti tufacee. (PP) LOCALITÀ TENUTA TERRANO Schede nn. 75, 76, 77, 78 La località Tenuta Terrano è situata su un vasto pianoro tufaceo inciso a N dal Rio Purgatorio e a S dal Rio Maggiore e delimitato a E dalla Strada Statale 311 (Nuova Superstrada). Durante le ricognizioni del 1994 nella parte centrale della tenuta sono state individuate due aree di sporadico materiale archeologico di superficie e un' architrave modanata marmorea mentre nei campi arati, a nord della Strada di Terrano, in loc. Piazza d'Armi, sono state notate alcune cavità ipogee relative forse ad un sistema idrico sotterraneo. (AN) Schede di ricognizione A75 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta Terrano RICOGNIZIONI: 27-10-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Via di Terrano a N, S.S. 311 (Nuova Superstrada) ad E, Fosso Rio Maggiore a S, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R 183,5 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana   136 DESCRIZIONE: Nei campi arati, interessati dall’impianto di ulivi, si individua un’area con rari frammenti di ceramica di uso comune. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) A76 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta Terrano RICOGNIZIONI: 27-10-1994 OGGETTO: Materiale archeologico erratico LOCALIZZAZIONE: Via di Terrano a N, S.S. 311 (Nuova Superstrada) ad E, Fosso Rio Maggiore a S, davanti al Casale S. Antonio, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R 179,3 I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Sono stati rinvenuti due frammenti di un’unica architrave di marmo modanato (lung. m 2,30; alt. m 0,50), con toro, gola dritta, piccolo toro, listello e breve gola dritta. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la presenza dei 2 spezzoni di architrave marmoreo deposti accanto al casale. (PP) A77 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta Terrano RICOGNIZIONI: 07-11-1994 Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Via di Terrano a N, S.S. 311 (Nuova Superstrada) ad E, Fosso Rio Maggiore a S, Casale S. Maria a O (punto altimetrico C.T.R. 171,6) I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Nei campi a SE del casale, si rinvengono sporadici frammenti fittili di minute dimensioni (laterizi, ceramica fine sigillata, impasto, ceramica medievale). OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo a seminativo.   137 (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non è stata resa possibile dalla vegetazione da coltivazione presente nel sito. (PP) A78 COMUNE: Civita Castellana FRAZIONE: LOCALITA'/TOPONIMO: Tenuta Terrano RICOGNIZIONI: 07-11-1994 OGGETTO: Cavità ipogee LOCALIZZAZIONE: Rio Purgatorio a N, via di Terrano a S, tra i punti altimerici C.T.R. 177,9 ad O e 174,6 ad E. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: Nei campi arati a N della via di Terrano, nel punto in cui la via compie un’ampia curva, sono parzialmente visibili alcune cavità ipogee allineate lungo la direttrice EO, probabilmente relative ad un sistema idrico sotterraneo (cisterne o pozzi?). OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo a seminativo (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 13/4/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, ha confermato la situazione descritta. Non si osservano cambiamenti strutturali nell’immobile edificato sopra le tombe, i cui ingressi visibili sono però 2 e non 3. (PP) LOCALITÀ MACCHIA DEL BORGO Scheda n. 67 La località Macchia del Borgo è situata su un ampio pianoro delimitato a nord dal Fosso Salerco, a est dal Fosso della Madonnella, a sud dalla strada provinciale Quartaccio e a ovest dal Rio Cruè. Durante le ricognizioni del 1994 nell'area occidentale, a ridosso della sponda meridionale del Fosso Salerco, è stata notata una fitta concentrazione di materiale archeologico di superficie, emergente durante le arature e le lavorazioni agricole, che farebbe presupporre la presenza di un complesso insediativo. (AN) Schede di ricognizione A67 COMUNE: Civita Castellana   138 LOCALITA'/TOPONIMO: Macchia del Borgo RICOGNIZIONI: 19-10-1994 OGGETTO: Area di frammenti fittili LOCALIZZAZIONE: Fosso Salerco a N, Fosso della Madonnella a E, Strada Provinciale Quartaccio a S, Rio Cruè ad O, in corrispondenza del punto altimetrico C.T.R. 115,8. I.G.M.: 137 II SE C.T.R.: 356060 Borghetto DESCRIZIONE: Nei campi prospicienti il lato meridionale del Fosso Salerco è visibile un’area caratterizzata da un’elevata concentrazione di frammenti fittili, in gran parte costituiti da tegole e ceramica d’uso comune. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo a seminativo. (AN) RICOGNIZIONI 2010-2011:La verifica effettuata in data 11/3/2010 di quanto segnalato nella scheda di ricognizione 1994, non ha confermato la presenza di frammenti fittili in superficie. (PP) LOCALITÀ FABBRECE Schede n. 65 La zona, urbanizzata e prossima al centro abitato, conserva solo sporadiche tracce di presenze archeologiche. Nel 1965 durante i lavori di scavo per una cava di tufo fu casualmente rinvenuta una tomba a camera, con loculi chiusi da tegoloni ed elementi di corredo. (MM) DATI BIBLIOGRAFICI: Repertorio degli scavi, 2 (1966-1970), pp. 118-119. Schede di ricognizione A65 COMUNE: Civita Castellana LOCALITA'/TOPONIMO: Fabbrece (Fabbrecce) RICOGNIZIONI: 15-10-1994 Si sono individuate due aree A e B interessate da resti archeologici: A) Area di frammenti fittili sparsi LOCALIZZAZIONE: All’altezza del Km 12,900 circa della strada Statale Nepesina, a E della Via Fabbrece, limite del Comune, a N del punto altimetrico C.T.R. 204,6. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana   139 DESCRIZIONE: Nel campo arato si rinvengono frammenti di laterizi, anfore e sigillata italica. B) Area concentrata di frammenti fittili e blocchi di tufo di reimpiego. LOCALIZZAZIONE: All’altezza del Km 12,900 circa della strada Statale Nepesina, a E della Via Fabbrece, limite del Comune, ad O del punto altimetrico C.T.R.198,0. I.G.M.: 143 I NE C.T.R.: 356090 Civita Castellana DESCRIZIONE: A SE del punto A, nel campo arato, si nota una particolare concentrazione di frammenti fittili (molti frammenti di laterizi, frammenti di anfore, ceramica d’impasto, ceramica a vernice nera e sigillata italica). Lungo il margine O della strada vicinale, nel tratto compreso tra i punti altimetrici C.T.R. 195,1 e 198,0 sono visibili numerosi blocchi parallelepipedi di tufo di grandi dimensioni, riutilizzati come macere di confine. OSSERVAZIONI: L’area, al momento delle ricognizioni del 1994, aveva un utilizzo agricolo. (MM) CAVERNETTE FALISCHE CAVERNETTE DI FANTIBASSI Lungo i corsi del Treia e del Rio Filetto, nelle vicinanze delle caverne sul Fabbrece. Segnalate dal Mancinelli Scotti, hanno restituito abbondante industria litica e “frammenti di coccio molto rozzo e di colore nerastro, denti di cavallo, di cinghiale, questi bucati, conchiglie bucate ed altro per uso di ornamento” oltre a “piccoli pezzi di bronzo e di stagno” (dagli strati superiori)155. Secondo il Rellini, sembra ipotizzabile una loro frequentazione anche in epoca neolitica. CAVERNE SUL RIO MAGGIORE “Esplorata in parte dal Cozza, dette scarsi frammenti litici. Sulla sinistra del Rio Maggiore... si vedono due caverne una delle quali, ... dette qualche nucleo di selce bianca”. “Sulla sinistra del Rio Maggiore, di fronte al massiccio di Vignale sbocca il breve Fosso dei Cappuccini. Sopra alla “Serra” stanno tre cavernette in una delle quali si trovò nel 1874 un ricco strato di bronzo che lo fece considerare come una stipe votiva. Sarebbero anche uscite delle selci dallo strato inferiore, ma il cenno dato dall’Eroli, è troppo vago per comprendere bene di che si tratti”. “Presso alle «Grotte di S. Anselmo», ora profondamente trasformate, si nota un’ampia caverna ne fondo Gemma... La presenza dell’acqua e le tracce di oggetti di pietra apparsi in quei dintorni, inducono nell’idea che cotesto gruppo di antri dovesse con frequenza essere visitato”. “In località Torrette della Ceppetta il manoscritto Pasqui nomina due caverne, una delle quali sarebbe assai grande… In una delle due indicate per cotesta                                                                                                                         155 MANCINELLI SCOTTI 1917;   RELLINI 1920, col. 106; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 49. 140 località, secondi il Pasqui, il Costanzi da lui incaricato, avrebbe incontrato frammenti di selce lavorata, e all’esterno, presso la bocca delle caverne due focolari”156. CAVERNE SUL FOSSO DEL PURGATORIO “Sui piani di Catalano... a sinistra del Fosso... ivi il Pasqui pone due caverne.. In una di esse il Costanzi avrebbe trovato pochissimi avanzi di selci lavorate”157. CAVERNE SUL FOSSO DI FABBRECE Il Pasqui vi fece un saggio al principio del 1891, dal luglio al novembre dello stesso anno, salvo un’interruzione estiva, vennero eseguiti scavi dal Pasqui e dal Mengarelli. Il gruppo di caverne, almeno nove, erano poste sul fosso di Fabbrece “ov’esso confluisce col Rio Filetto”. PRIMA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE158 Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli159. “…il piano interno di questa caverna, come di quasi tutte le altre, è affatto spogliato di terrapieno”; all’esterno (estendendo lo scavo anche verso la cavità indicata come II bis) si rintracciarono resti dello strato antropico con industria litica, che si ritenne asportato quasi completamente dalle acque”. “…al piede del forte declivio che costituisce il davanti dell’antro” era un livello compatto di terreno di riporto antichissimo, sotto al quale, presso l’imboccatura, si trovarono due o tre frammenti silicei poggianti sulla roccia; presso la grotti cella II bis si rinvennero schegge e nuclei “in uno strato facile a rimuoversi e aderente alle pareti esterne della grotta. Non sono documentati resti ceramici. Nella caverna il Cozza “in ripetuti saggi, non vi aveva raccolto che alcuni frammenti di silice”. Secondo F. di Gennaro, considerato che all’interno della caverna non esisteva riempimento, si deve intendere che i saggi del Cozza avevano riguardato punti esterni all’imboccatura, come peraltro esplicitamente dichiarato per i successivi scavi. La caverna viene datata ipoteticamente al Bronzo medio (F. di Gennaro). SECONDA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE160 Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli161. Grande caverna con imboccatura larga 9,5 m e allargantesi verso il fondo caratterizzato da due insenature. All’interno vi era uno stillicidio. I reperti litici e fittili rinvenuti furono riferiti dal Rellini ad epoca neolitica162. Dinanzi all’apertura della caverna fu notato “un focolare, ossia un vano di circa 40 cm di profondità e di un                                                                                                                         156 RELLINI 1920, coll. 82-86. 86. 158 RELLINI 1920, col. 87; DI GENNARO 2007, p. 281, n. 263 tav. IV. 159 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48. 160 RELLINI 1920, coll. 87-92; DI GENNARO 2007, pp. 281-282, n.264, tav. IV. 161 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48. 162 RELLINI 1920, coll. 87-92; FUGAZZOLA DELPINO 1976; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48. 157 RELLINI 1920, col.   141 metro quadrato di superficie, ripieno di ceneri, di carboni e di ossa bruciate” e accanto “un banco esteso per circa quattro metri di profondità e tre di larghezza, posato nella parte più depressa del pavimento, e formato di frammenti di tufo e di ciottoli piccoli del fosso”. Sono menzionati anche “frammenti fittili che appartenevano ad utensili di uso domestico”. Il Pasqui interpretò questo insieme come un riempimento artificiale creato per rendere pianeggiante il fondo di tufo della grotta che originariamente doveva essere inclinato e per fungere da vespaio di isolamento rispetto al fondo velato d’acqua; il Rellini, invece, come un prodotto naturale dello sfaldamento della volta163. Il Pasqui ipotizza una localizzazione dell’area di attività di scheggiatura della selce, in rapporto alla struttura sopradescritta, definita “una specie di fondo di capanna”. La caverna viene datata ipoteticamente al Bronzo medio (F. di Gennaro). E’ omessa la scheda della 3° Caverna che non restituì tracce archeologiche di sorta164. QUARTA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE165 Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli166. Caverna non molto grande posta su di un ripido pendio di tufo litoide; all’interno scaturisce un abbondante vena d’acqua. All’interno si rinvenne un solo livello, al di sotto del quale era probabile riempimento di drenaggio di età preistorica e, a destra, uno scarico di fornace etrusco-romana. Davanti all’imboccatura, alla profondità di 65 cm si rinvenne un ripiano di piccoli frammenti di tufo in relazione al quale si rinvenne esclusivamente industria litica. I fittili rinvenuti sono relativi ad una fornace di epoca etrusco-romana. La caverna viene datata ipoteticamente al Bronzo medio (F. di Gennaro). Sono omesse le schede delle 5° e 6° Caverna che non restituirono tracce archeologiche di sorta167. SETTIMA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE168 Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli169. Caverna posta sullo stesso piano delle precedenti sopra un pendio di tufo litoide. Dal fondo della caverna scaturisce una vena d’acqua. Lungo la parete destra era “un piccolo avvallamento ripieno di terra” che “quasi a superficie aveva uno strato molto compatto” con selci e frammenti ceramici, poggiante su un vespaio grosse schegge tufacee che isolava il sottostante livello di scorrimento idrico. Secondo il Pasqui lo                                                                                                                         163 FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 49; l’A. ritiene che, se l’interpretazione del Pasqui dovesse essere giusta, questo manufatto potrebbe essere accostato all’acciottolato dello strato 10 della Grotta del Vannaro a Corchiano. 164 DI GENNARO 2007, p. 281. 165 RELLINI 1920, coll. 91-95; DI GENNARO 2007, p. 282, n.265, tav. IV. 166 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48. 167 DI GENNARO 2007, p. 281. 168 RELLINI 1920, coll. 95-99; DI GENNARO 2007, p. 282, n.266, tav. IV. 169 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48.   142 strato con materiali preistorici, che riteneva “parte di scarico di fornace” era stato posto a riempimento della depressione per livellare il fondo della grotta. La caverna viene datata al Bronzo medio 3 (F. di Gennaro). OTTAVA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE170 Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli171. E’ la caverna più grande del gruppo, larga all’imboccatura 20 m e profonda 23 m. La caverna viene datata ipoteticamente al Bronzo medio (F. di Gennaro). NONA CAVERNA SUL FOSSO DI FABBRECE172 Fu esplorata da A. Cozza, A. Pasqui e R. Mengarelli173. Più bassa ed avanzata verso il fosso rispetto alle altre caverne del medesimo gruppo. “E’ raffigurata da una sola corsia molto alta ed un poco aperta verso l’esterno”. Sul fondo presenta un piccolo antro con pareti leggermente richiuse sul davanti, da cui stilla acqua convogliata con un canaletto al di sotto del vespaio di tufi. Presso l’imboccatura, franata, erano due livelli sovrapposti riferibili ad attività di fornace ceramica (conservati per una lunghezza di 2,80 m) apprestati su un riempimento di grossi spezzoni tufacei. I due livelli di fornace distavano tra loro 20 cm e erano “nettamente delineati da due platee di lastre fittili e di grandi frammenti di doli, sotto i quali la terra dura e rossiccia manifesta tracce evidenti dell’azione del fuoco a lungo subita”. “Lo scarico dei vasi rotti e bruciati, e lo spurgo di terra e di cenere si trovò riversato sul pendio del masso aderente alla parete sinistra dello speco”. La caverna viene datata al Bronzo medio 1-2 e Bronzo medio 3 (F. di Gennaro). GROTTA DEL CATALANO “A manca della grotta presso un piccolo antro e sul dinanzi di questo si raccolsero abbondanti avanzi di nuclei e piccoli raschiatoi o coltelli interi o frammenti del tipo usuale”174.                                                                                                                         RELLINI 1920, col. 99; DI GENNARO 2007, p. 282, n. 267, tav. IV. PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48. 172 RELLINI 1920, coll. 99-103; DI GENNARO 2007, pp. 282-283, n.268, tav. IV. 173 FREDERIKSEN-WARD PERKINS 1957, p. 95, nota 4; GAMURRINI et al. 1972, pp. 370-372, fig. 207; FUGAZZOLA DELPINO 1990, p. 48. 174 RELLINI 1920, col. 86. 170 171 FREDERIKSEN-WARD   143 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE Le abbreviazioni utilizzate sono quelle della Archäologische Bibliographie AGNENI- FERRACCI 2002: M.L. AGNENI, E. FERRACCI, Una fornace rinascimentale da Civita Castellana. Notizie preliminari, in E. 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