Voce della Chiesa
DIALOGO TRA IL SEGRETARIATO
VATICANO PER LA PROMOZIONE
DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI ED
ALCUNI PENTECOSTALI CLASSICI
Rapporto Finale
1977 - 1982
PRIMA PARTE
Questo Rapporto è frutto della seconda serie del dialogo dal 1977 al 1982. L'oggetto del
dialogo è l'approfondimento della conoscenza
delle reciproche teologie e spiritualità dei pentecostali classici e della Chiesa cattolica romana e
non tanto l'unità organica o strutturale. A questo
scopo si cerca di individuare i punti sui quali i
pentecostali classici e i cattolici presentano diverse concezioni teologiche ed esperienze spirituali; - Parlare in lingue; - Fede ed esperienze; Scrittura e tradizione; - Esegesi; - Interpretazione biblica; - Fede e ragione; - Guarigione nella
chiesa; - Comunità, culto e comunicazione; Tradizione e tradizioni; - Prospettive su Maria; La maternità di Maria; - La venerazione di Maria; - L'intercessione di Maria; - La dottrina cattolica sui doni di grazia fatti a Maria; - La verginità di Maria; - L'immacolata concezione di Maria; - L'assunzione di Maria; - Ministero nella
chiesa; - Ordinazione; - Successione apostolica;
- Riconoscimento dei ministeri; - Temi da approfondire; - Natura del Rapporto finale; - Conclusione.
Introduzione
1. Quello che segue è un Rapporto sulla seconda serie quinquennale del dialogo internazionale, iniziato con contatti informali nel 1969 e
1970, fra il Segretariato vaticano per l'unione dei
cristiani e alcuni membri delle Chiese pentecostali classiche. I copresidenti di questo secondo
quinquennio sono stati il rev. David du Plessis di
Oakland, California (USA) e il rev. Kilian McDonnell, osb, di Collegeville, Minnesota (USA).
Le conversazioni si sono svolte secondo le direttive concordate nel 1970 fra il Segretariato per
l'unione dei cristiani e i rappresentanti pentecostali.
2. Il dialogo ha un carattere particolare. II suo
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oggetto specifico è l'approfondimento della conoscenza delle reciproche teologie e spiritualità
dei pentecostali classici e della Chiesa cattolica
romana e non tanto l'unità organica o strutturale.
3. Il dialogo si preoccupa soprattutto di individuare i punti sui quali i pentecostali classici e i
cattolici presentano diverse concezioni teologiche ed esperienze spirituali, al fine di promuovere la reciproca conoscenza e comprensione degli
aspetti specifici della controparte, nel campo, ad
esempio, dei rapporti fede-esperienza e del loro
ruolo nella vita cristiana. Senza minimizzare le
differenze, il dialogo cerca quel terreno teologico
comune nel quale si condivide «la verità del Vangelo» (Gal 2,14).
4. I partecipanti cattolici al dialogo sono stati
nominati ufficialmente dal Segretariato per l'unione dei cristiani, mentre i pentecostali classici
sono intervenuti con vari tipi di rappresentazione. Alcuni sono stati nominati dalle loro chiese
particolari, fra cui un piccolo numero di ecclesiastici; altri erano membri di chiese intervenuti con
l'approvazione delle loro rispettive chiese; altri
ancora hanno partecipato come membri in buoni
rapporti con le loro chiese.
5. Oltre ai pentecostali classici, nella prima
serie quinquennale del dialogo (1972-1976) sono intervenuti anche rappresentanti del movimento carismatico di diverse chiese protestanti.
Essendo membri delle comunioni anglicana o
protestanti, con le quali la Chiesa cattolica romana era già in contatto formale attraverso dialoghi
bilaterali, essi hanno partecipato al dialogo a motivo del loro coinvolgimento nel rinnovamento
carismatico piuttosto che come membri delle loro proprie chiese. Le conversazioni della prima
serie si sono svolte negli anni 1972-1976 e hanno
affrontato i seguenti temi: «battesimo nello Spirito Santo» nel Nuovo Testamento e sua relazione
con la penitenza, la santificazione, i carismi, i riti
di iniziazione; lo sfondo storico del movimento
pentecostale classico; il ruolo dello Spirito Santo
e dei suoi doni nella tradizione mistica; la teologia dei riti di iniziazione e la natura dell'azione sacramentale; il battesimo di bambini e degli adulti; il culto pubblico, con particolare attenzione al
culto eucaristico; il discernimento degli spiriti;
l'aspetto umano nell'esercizio dei doni spirituali;
la preghiera e la lode.
6. Nel 1977 è iniziata la seconda serie quinquennale di conversazioni, che ha occupato gli
anni 1977-1982 (l'incontro del 1978 non ha avuto luogo a causa della morte del papa) e ha avuto
un carattere diverso rispetto alla prima serie. Al
fine di poter focalizzare meglio i problemi, il dialogo è stato ristretto ai rappresentanti dei pentecostali classici e della Chiesa cattolica romana,
senza un coinvolgimento sistematico dei partecipanti del rinnovamento carismatico, membri
delle chiese anglicane e protestanti.
7. Il primo incontro della seconda serie di
conversazioni ha avuto luogo a Roma, nell'ottobre del 1977, e ha trattato i temi del parlare in lingue e della relazione fra esperienza e fede. Nel
secondo incontro, avvenuto a Roma nell'ottobre
del 1979, si è discusso della relazione fra la Scrittura e la tradizione e del ministero della guarigione nella chiesa. Nell'ottobre del 1980, a Venezia
si sono affrontati i temi della chiesa come comunità di culto e di Tradizione e tradizioni. Nell'incontro di Vienna, nell'ottobre del 1981, si è discusso soprattutto del ruolo di Maria. L'ultimo
incontro della serie ha avuto luogo a Collegeville, Minnesota (USA), nell'ottobre del 1982, ed è
stato dedicato al tema del ministero.
Parlare in lingue
8. La definizione del cristiano comporta, come sua parte integrante, una relazione personale
con Gesù Cristo. I pentecostali classici non hanno mai sostenuto o insegnato che questa relazione debba necessariamente esprimersi attraverso
il parlare in lingue, nel senso che, in mancanza di
esso, non si potrebbe essere veri cristiani.
9. La manifestazione del parlare in lingue
non è mai rimasta del tutto assente nella storia
della chiesa e la si ritrova con una certa frequenza
sia fra i cattolici e altri cristiani impegnati nel rinnovamento carismatico che fra i pentecostali
classici.
10. Si concorda sul fatto che ogni discussione sulla glossolalia debba essere fondata sulla
Scrittura. Che alcuni autori del Nuovo Testamento abbiano visto nel parlare in lingue un fenomeno presente nella vita cristiana appare chiaramente in diversi libri della Bibbia: «Ed essi furo-
La prima riunione della Commissione Internazionale di Dialogo tra Vaticano e Pentecostali del 1972. Da sinistra Rev. J. Rodman Williams (International Presbyterian Charismatic
Communion), Can. Michael Harper (già Anglicano, ora sacerdote Ortodosso), Rev. Arnold Bittlinger (Luterano), S.E. Mons. Pierre Duprey (Cattolico, Vaticano), Rev. David du
Plessis (Pentecostale, Co-presidente), Sua Santità Papa Paolo VI, S.E. Mons. Basil Meeking (Cattolico, Vaticano); Rev. Justus du Plessis (Pentecostale Apostolic Faith), Rev. Robert
McAlister (Pentecostale) and Padre Kilian McDonnell osb (Cattolico,Co-presidente).
no tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a
parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il
potere di esprimersi» (At 2,4; cf. At 10,46; 19,6:
Mc 16,17; 1Cor 12,4; 10;18; 14,2.5.22; Rm
8,26).
11. La dottrina dei pentecostali classici sui
carismi cerca di essere fedele al quadro della
chiesa del Nuovo Testamento così come appare
da 1Cor 12-14. I pentecostali classici hanno reso
un servizio alle varie confessioni spingendole ad
essere aperte e ricettive nei confronti di quelle
manifestazioni spirituali alle quali essi pretendono di essere rimasti fedeli.
Fede ed esperienza
12. Con il termine esperienza si intende qui il
processo o dato attraverso il quale la persona
giunge a rendersi conto in modo personale di
Dio. L'esperienza della «presenza» o «assenza»
di Dio può diventare consapevolezza conscia. Al
tempo stesso, a un livello più profondo, si trova la
costante persistente convinzione-fede che l'amorosa presenza di Dio si rivela nella persona del
Figlio, attraverso lo Spirito Santo.
13. Cristiano è colui che sperimenta non solo
la pasqua e la pentecoste ma anche la croce. L'esperienza dell'«assenza» di Dio può condurre il
cristiano alla sensazione di essere abbandonato,
alla stessa esperienza che Gesù fece sulla croce.
Nel cuore della nostra esperienza cristiana si trova la morte di Cristo, per cui anche noi sperimentiamo la morte: «Sono stato crocifisso con Cristo
e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me»
(Gal 2,20).
14. Non ci siamo trovati d'accordo, quando
ci siamo chiesti se i non cristiani possano ricevere la vita dello Spirito Santo. Secondo l'attuale
concezione cattolica, espressa in modo autoritativo dal Concilio Vaticano II, «è necessario che
tutti si convertano a lui [Gesù Cristo, conosciuto
attraverso la predicazione della chiesa] (Ad gentes, n. 7). «Ha insieme confermata la necessità
della chiesa... per la salvezza» (Lumen gentium,
n. 14). Ma il Concilio Vaticano II afferma anche
che tutti senza eccezione sono chiamati da Dio
alla fede in Cristo e alla salvezza (Lumen gentium, nn. 1.16: Nostra aetate, nn. 1.2). Questo si
compie «invisibilmente ... nel modo che Dio conosce» (Gaudium et spes, n. 22; Ad gentes, n. 7).
La Chiesa cattolica romana considera questa teologia un legittimo sviluppo della dottrina globale
del Nuovo Testamento a proposito dell'amore
salvifico di Dio in Cristo. I pentecostali classici
non accettano questo sviluppo e restano fedeli alla loro interpretazione della Scrittura, secondo la
quale i non cristiani sono esclusi dalla vita dello
Spirito: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce dall'alto non può vedere il regno di Dio» (Gv
3,3).
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Voce della Chiesa
15. Nella sua manifestazione nelle persone,
lo Spirito Santo impegna le facoltà naturali. Nell'esercizio dei carismi, le facoltà umane non vengono trascurate, ma utilizzate. L'azione dello Spirito non si identifica con le forze inerenti nella natura. 16. L'esperienza spirituale individuale viene
intesa come parte della dimensione comunitaria
del Vangelo. Le persone vivono in comunità e la
chiesa dovrebbe essere un'esperienza comunitaria vissuta. La chiesa presenta una ricca storia di
esperienze comunitarie.
17. Per quanto vivida o potente possa essere,
l'esperienza spirituale dell'individuo richiede il discernimento e il giudizio della comunità. L'amore, che costituisce il vincolo normativo della vita
comunitaria, è il criterio biblico di tutta l'esperienza spirituale (cf. 1Cor 13).
Scrittura e tradizione
18. Sia i pentecostali che i cattolici affermano
che la chiesa primitiva ha accettato come ispirati i
libri dell'Antico Testamento. Essa è esistita per un
certo periodo di tempo senza le sue Scritture cristiane. Dei primi scritti cristiani, la chiesa, alla luce dello Spirito Santo, ne ha accettato un certo numero come ispirato.
19. I cattolici credono che queste Scritture sono state trasmesse lungo i secoli da una tradizione
di fede viva, una tradizione che è stata sperimentata da tutta la chiesa, è stata guidata dai capi della
chiesa, ha operato in tutti gli aspetti della vita cristiana e, all'occasione, è stata messa per iscritto
nei simboli di fede, nei concili, ecc. Questa tradizione non costituisce una fonte di rivelazione indipendentemente dalla Scrittura, ma la Scrittura
ha risposto alla tradizione vivente della chiesa e si
è attualizzata in essa (cf. nn. 26 e 52).
20. I pentecostali affermano che non esistono
due autorità (la Scrittura e la Tradizione della
chiesa) ma una sola autorità, cioè la Scrittura, la
quale però deve essere letta e compresa con l'illuminazione dello Spirito Santo. I pentecostali credono che il vero discernimento nell'interpretazione della Scrittura può essere opera unicamente
dello Spirito Santo. I movimenti pentecostali concordano ampiamente sugli elementi fondamentali della fede cristiana, ma sono riluttanti ad attribuire a questo consenso il carattere di tradizione,
perché temono che la tradizione religiosa possa
operare contro il Vangelo.
21. I pentecostali ritengono che sia necessario un supplemento di dialogo sulle motivazioni
che hanno spinto la Chiesa cattolica romana a
proporre, come materia di fede, dottrine, quali ad
esempio l'assunzione di Maria, che vanno oltre il
dettato scritturistico e che i pentecostali ritengono
24
n. 10). Pur credendo che non vi è contraddizione
fra la Scrittura e la Tradizione e che perciò esse
trasmettono la parola di Dio, i cattolici accordano
una priorità alla Scrittura.
27. In caso di conflitto nell'interpretazione del
testi scritturistici, i pentecostali si fondano sulla
guida dello Spirito Santo, senza la complessa
struttura dogmatica presente nella Chiesa cattolica romana. Anche se può esservi qualche rischio
di soggettivismo, si ha fiducia nel fatto che Dio
offre la guida dello Spirito in seno alla comunità
cristiana locale (Gv 14,26; 16,13; 2Gv 2,27).
tradizioni inaccettabili.
Il Pastore David du Plessis
Esegesi
22. Gli studiosi cattolici contemporanei vedono nel metodo storico-critico lo strumento adeguato per l’esegesi biblica. Il metodo cerca di
comprendere un autore antico, basandosi sulla
sua lingua, sul suo contesto culturale e sul suo
sfondo religioso.
23. I pentecostali rifiutano i principi filosofici
e teologici della critica delle forme e della critica
redazionale come principi che contraddicono la
piena ispirazione della Scrittura. Essi insistono
sulla necessaria illuminazione dello Spirito Santo
perché il lettore possa rispondere con fede alla parola di Dio e comprenderla. I partecipanti sono
stati concordi nell'affermare che questa discussione ha offerto un prezioso contributo al nostro dialogo.
24 I cattolici credono che la luce dello Spirito
Santo, offerta nella chiesa e attraverso di essa, è il
principio ultimo dell'interpretazione della Scrittura. Essi rifiutano, di conseguenza, ogni metodo
esegetico che neghi questo e tuttavia ritengono
che i metodi critici sono compatibili con un'esegesi ispirata dallo Spirito e li considerano necessari per un'adeguata comprensione del testo.
25. La forma esegetica pentecostale, pur
affondando le sue radici nell'evangelicanesimo,
non è specificamente definita. I pentecostali riconoscono che essa è ancora in formazione. L'esegesi che essi praticano attualmente tende ad essere un'interpretazione letterale pneumatica della
Scrittura.
Interpretazione biblica
26. In caso di conflitto nell'interpretazione dei
testi scritturistici, i cattolici accettano la guida dello Spirito quale appare nella tradizione viva. Da
una parte, l'insegnamento della chiesa è sotto il
giudizio della parola di Dio e, dall'altra, esso è al
servizio della comunicazione autoritativa e autentica della parola di Dio al popolo (cf. Dei verbum,
Fede e ragione
28. Quanto alla determinazione dei limiti e
della validità della conoscenza religiosa, cattolici
e pentecostali classici si sono trovati d'accordo sul
fatto che fede e ragione non possono essere in
conflitto. Ma per stabilire i limiti e la validità della
conoscenza religiosa, i pentecostali pongono l'accento, più che sulla ragione, sull'ispirazione pneumatica e sulle manifestazioni soprannaturali.
29. Nonostante le differenze di cui sopra, i
pentecostali classici e i cattolici concordano sugli
elementi fondamentali della fede cristiana: Trinità, incarnazione, risurrezione, ispirazione della
Scrittura, predicazione del Vangelo come parte
integrante del ministero della chiesa e guida del
corpo di Cristo da parte dello Spirito Santo.
30. La relazione fra Scrittura e Tradizione richiede di essere maggiormente chiarita. In questa
relazione i cattolici riconoscono una priorità alla
Scrittura, ma il Concilio Vaticano II afferma: «La
sacra tradizione e la sacra scrittura costituiscono
un solo sacro deposito della parola di Dio affidato
alla chiesa... Perciò l'una e l'altra devono essere
accettate e venerate con pari sentimento di pietà e
rispetto» (Dei verbum, nn. 10 e 9). Allo stesso
modo richiede di essere maggiormente chiarito se
i vari metodi esegetici, per esempio il metodo storico-critico e delle forme usato dagli esegeti cattolici, siano compatibili con i principi dei pentecostali classici.
Guarigione nella chiesa
31. II ministero della guarigione nella chiesa
è praticato sia dalla Chiesa cattolica romana che
dalle chiese pentecostali come parte del loro ministero globale. Pentecostali e cattolici concordano sul fatto che, attraverso le loro petizioni nella
preghiera, essi mirano a guarire tutte le necessità
della persona: fisiche, spirituali e affettive. I cattolici considerano l'«unzione dei malati» un sacramento, mentre i pentecostali accettano l'unzione
con l'olio come parte del comando di dispensare
la guarigione attraverso la predicazione del Van-
gelo. (Nella Chiesa cattolica romana, il sacramento dell'unzione dei malati veniva chiamato fino a non molto tempo fa «estrema unzione»).
32. Nella Chiesa cattolica romana vi sono
stati, e vi sono tuttora, persone che consacrano la
loro vita alla cura e al ministero dei malati. I pentecostali si lasciano sempre più coinvolgere in
questo importante aspetto del ministero rivolto a
malati e sofferenti.
33. Nei riguardi della guarigione cattolici e
pentecostali hanno un diverso atteggiamento. I
cattolici considerano la guarigione del corpo come una conseguenza del ministero dei malati nella chiesa. I pentecostali sottolineano maggiormente l'attesa della guarigione da parte della persona afflitta attraverso la predicazione e la preghiera. Esiste una differenza fondamentale nell'approccio alla guarigione da parte delle due tradizioni. I cattolici cercano la guarigione nei riti sacramentali, nelle celebrazioni di guarigione, nelle
novene e forme simili di devozione, nei pellegrinaggi a santuari, dove possono avvenire delle
guarigioni e dove molti effettivamente sperimentano un approfondimento della loro fede e una
guarigione spirituale. I pentecostali insegnano alle persone ad aspettarsi la guarigione ovunque e
in qualsiasi momento.
34. Nella loro dottrina ufficiale, sia i cattolici
che i pentecostali riconoscono e accettano che
Gesù è il guaritore e che la fede guarda a lui per ottenere la grazia della guarigione. Sia i pentecostali
che i cattolici sono cauti nell'esprimere giudizi
sulle manifestazioni e guarigioni miracolose.
35. A proposito della guarigione esiste fra
cattolici e pentecostali anche una differenza riguardo alle aspettative. I cattolici sono più passivi, i pentecostali più attivi. Vi è, senza dubbio, una
nuova coscienza della realtà della guarigione nella Chiesa cattolica romana, sia dentro che fuori
delle strutture sacramentali. D'altra parte, siamo
coscienti dell'esistenza di alcune espressioni religiose popolari che probabilmente mancano di
una sufficiente concezione teologica.
36. Le sofferenze terrene sono considerate
dai cattolici e da alcuni pentecostali un mezzo di
grazia, una purificazione dell'anima, uno strumento attraverso il quale aprirsi alla forza spirituale di Dio che sostiene la persona e le permette
di gioire nell'afflizione. Sia i cattolici che i pentecostali credono che la sofferenza può condurre a
comprendere e a conformarsi (Fil 3,10) alla sofferenza redentrice di Gesù, ma i pentecostali continuano ad aspettarsi la guarigione, a meno che Dio
non mostri chiaramente i voler perseguire, attraverso la sofferenza di una determinata persona,
qualche altro scopo. Sia i cattolici che i pentecostali riconoscono e accettano il primato della vo-
Padre Kilian McDonnell osb
lontà di Dio in materia di guarigione.
37. Nonostante possa sembrare esservi qualche somiglianza nella partecipazione laicale al
ministero della guarigione in campo cattolico e
pentecostale, le discussioni hanno mostrato il persistere di una grande differenza fra le nostre due
tradizioni. I cattolici, individualmente e in comunità, pregano per il malato e con il malato, ma solo
il sacerdote può amministrare l'«unzione dei malati», considerata un sacramento. I pentecostali
ungono con olio (Gc 5,14-15) ma non riservano
l'unzione al ministro ordinato. Essi praticano comunemente il ministero dei malati, con l'imposizione delle mani da parte di tutti i credenti (Mc
16,17-18).
38. Nella teologia cattolica contemporanea,
la necessità della guarigione riguarda un più ampio ventaglio di malattie sociali. Circa l'applicazione della guarigione ai problemi dell'ingiustizia
sociale i cattolici e i pentecostali classici hanno
opinioni molto diverse. A causa dello sfruttamento economico e culturale, molte persone vivono
in condizioni economiche subumane, con grave
danno per la loro salute. I cattolici e i pentecostali
affrontano diversamente il mandato di guarire le
condizioni sociali che impediscono alle persone
di godere di una buona salute.
39. I pentecostali classici sono riluttanti ad
applicare la guarigione divina a questo ampio
ventaglio di ingiustizie sociali. Pur ritenendo che
le situazioni di sfruttamento debbano essere eliminate, essi pongono l'accento sulla priorità dell'evangelizzazione diretta come il miglior modo
per produrre il cambiamento sociale.
40. Circa la guarigione, vi sono molti punti
sui quali i cattolici e i pentecostali si trovano in
perfetto accordo: necessità della croce; guarigione come segno del Regno; guarigione di tutta la
persona; coinvolgimento dei laici nella preghiera
per la guarigione; l'aspettativa della guarigione attraverso l'eucaristia/cena del Signore; Cristo come guaritore.
Comunità, culto e
comunicazione
41. I pentecostali pongono l'accento sulla confessione personale della fede in Gesù Cristo come
fondamento della comunità cristiana, piuttosto che
sull'approccio sacramentale ed ecclesiale all'opera
mediatrice di Cristo. Essi ritengono che il credente
sperimenti Cristo in ogni elemento della comunità
cultuale: canto, preghiera, testimonianza, predicazione, rito del battesimo, celebrazione della santa
comunione e anche vita quotidiana.
42. I cattolici pongono l'accento sulla conversione al Dio vivente attraverso un incontro personale con il Cristo vivo. Spesso questa conversione
avviene gradualmente. Per i cattolici, la chiesa, il
suo ministero e i suoi sacramenti sono i normali
strumenti e le normali manifestazioni dell'azione e
della presenza di Cristo e del dono del Suo Spirito.
I sacramenti sono azioni di Cristo che rendono presente e attivo il potere salvifico del mistero pasquale.
43. L'appartenenza alla Chiesa pentecostale
richiede che l'individuo abbia sperimentato una
confessione di fede personale in Gesù Cristo, partecipi alla vita della chiesa, segua i suoi responsabili e sia disposto ad accettare delle responsabilità in
essa. In alcune chiese pentecostali, l'appartenenza
alla chiesa coincide con il battesimo d'acqua per
immersione. L'appartenenza alla Chiesa cattolica
romana richiede il Battesimo, la professione della
fede cattolica romana, la comunione attiva con la
comunità locale, i vescovi e il successore di Pietro.
44. Sia presso i pentecostali che presso i cattolici i membri possono perdere la loro comunione
con la comunità a causa di gravi deviazioni in campo dottrinale o pratico. Questa punizione della separazione dalla chiesa viene intesa come correzione, come memoria della propria colpa davanti a
Dio e della necessità del pentimento.
45. Sia i pentecostali che i cattolici celebrano
la cena del Signore/eucaristia con notevoli differenze nella dottrina e nella pratica. I cattolici considerano l'eucaristia come un memoriale sacramentale del sacrificio di Cristo sul calvario nel senso biblico del termine anamnesis. Per la potenza di Dio,
nella celebrazione eucaristica Gesù si rende presente nella sua morte e risurrezione. Questo sacro
rito è per i cattolici un mezzo privilegiato della grazia e l'atto centrale del culto. Viene celebrato spesso, anche quotidianamente. Nella vita cultuale dei
pentecostali, la cena del Signore non occupa un
posto così preponderante. Molti pentecostali la celebrano come rito in ossequio al comando del Signore. Altre chiese pentecostali credono che questo memoriale sia più di un semplice ricordo della
morte e risurrezione di Gesù e lo considerano un
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Voce della Chiesa
mezzo di grazia.
46. Generalmente, i pentecostali praticano la
«comunione aperta», nel senso che ognuno può
partecipare alla cena del Signore, a patto che riconosca la signoria di Cristo e abbia esaminato le
proprie disposizioni (1Cor 11,28). La Chiesa cattolica romana invece, eccetto casi particolari di
necessità spirituale definiti dalla chiesa, ammette
alla comunione solo i propri membri, a condizione che non siano in stato di peccato grave. La cosa non viene intesa come un rifiuto di comunione
con gli altri cristiani quanto piuttosto come
espressione della concezione cattolica della relazione fra chiesa ed eucaristia.
47. I pentecostali hanno contestato la giustificazione addotta dai cattolici per una tale pratica,
con notevole sofferenza da entrambe le parti. I
partecipanti al dialogo concordano sul fatto che il
tema dell'ammissione alla comunione richiede
ulteriori approfondite discussioni.
48. Sia i pentecostali che i cattolici concordano sul fatto che la fede comune è il fondamento
della comunione al corpo di Cristo. Per i cattolici,
la comunione piena comporta l'unità collegiale
dei capi delle chiese locali, cioè dei vescovi, con
il vescovo di Roma che esercita il primato. I pentecostali non attribuiscono la stessa importanza
ai legami strutturali fra le chiese. La Chiesa cattolica romana riconosce che, nelle chiese che non
sono in piena comunione con essa, Cristo opera
attraverso la Parola predicata e creduta, i sacramenti celebrati e il ministero esercitato. Trovando che questi doni non si trovano nella loro pienezza in una chiesa particolare, essa non emette
perciò stesso alcun giudizio sulla santità di fatto
dei membri di quella chiesa. La Chiesa cattolica
romana presenta la relazione degli altri cristiani
con i cattolici come una relazione di fratelli e sorelle in stato di comunione incompleta (Unitatis
redintegratio).
Tradizione e tradizioni
49. Il nostro punto di vista riguardo alla sacralità e all'importanza della sacra Scrittura ci ha permesso di renderci subito conto che vi sono fra di
noi molte più cose che ci uniscono che non cose
che ci dividono. Concordiamo sulla natura ispirata sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, conferendo in tal modo alla Scrittura un posto privilegiato nelle nostre due tradizioni.
50. Concordiamo sulla canonicità del Nuovo
Testamento, intendendola come selezione e processo di confermazione da parte della chiesa. Sia i
pentecostali che i cattolici riconoscono il ruolo
della chiesa nella redazione dei libri del Nuovo
Testamento e nella formazione del canone e riconoscono altresì che la chiesa ha preceduto il Nuo-
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vo Testamento scritto.
51. I pentecostali pongono l'accento sul fatto
che la stessa chiesa è stata creata dalla chiamata
(elezione) di Cristo e formata dai detti del Signore
Gesù e dall'interpretazione messianica delle Scritture da parte dello stesso Gesù (Lc 24,45ss). In
questo senso, secondo i pentecostali, la stessa
chiesa è stata formata dalla parola di Dio. Il ruolo
della chiesa nella formazione del Nuovo Testamento è dunque essenzialmente il ruolo di chi trasmette, interpreta e applica il messaggio salvifico
di Gesù Cristo. I cattolici sottolineano maggiormente il ruolo della chiesa in quanto autorità che
riconosce ed enuncia la verità del Vangelo attraverso pronunciamenti dottrinali.
52. Entrambe le parti riconoscono che la
Scrittura è necessariamente legata all'interpretazione e concordano sul fatto che lo stesso contenuto scritturistico comprende l'interpretazione, richiede l'interpretazione e dunque un interprete autoritativo. Esistono notevoli differenze fra di noi
riguardo al grado di interpretazione all'interno della Scrittura e al tipo di interpretazione necessario
da parte della chiesa per poter comprendere adeguatamente la Scrittura. Il disaccordo ruota attorno a che cosa o chi è un interprete autoritativo. Per
i pentecostali, è la giusta interpretazione sotto l'illuminazione dello Spirito Santo che porta al consenso. Per i cattolici, è la chiesa che interpreta la
Scrittura come viene compresa dal popolo di Dio
e valutata dal magistero della chiesa. Sia i pentecostali che i cattolici vedono nell'autorità interpretativa un'espressione dell'azione dello Spirito nella chiesa.
53. Sia i cattolici che i pentecostali riconoscono l'esistenza di un processo di discernimento teologico nello sviluppo della vita della chiesa. I cattolici affermano che questo ministero del discernimento viene esercitato dal magistero della chiesa
e riconoscono che un ministero di discernimento
può esistere anche al di fuori della Chiesa cattolica
romana. I maggiori disaccordi si sono registrati a
proposito del carattere irreformabile di alcuni di
questi discernimenti. I cattolici sostengono che il
fedele non è indotto in errore quando l'autorità della chiesa è pienamente impegnata nell'enunciazione della fede. I pentecostali non avanzano una
simile pretesa.
54. I pentecostali riconoscono il valore della
concezione cattolica dell'interpretazione comunitaria e collegiale della Scrittura, ma vorrebbero
che i cattolici condividessero la loro tipica esperienza della diretta dipendenza dallo Spirito Santo
riguardo l'illuminazione e l'interpretazione della
Scrittura.
55. Una notevole differenza fra cattolici e
pentecostali è emersa a proposito della concezio-
ne del ruolo della tradizione. I cattolici che hanno
partecipato al dialogo hanno spiegato la tradizione
in due sensi fra loro correlati. La Tradizione (con
la maiuscola) riguarda tutto ciò che che è avvenuto e che è stato trasmesso: la rivelazione di Dio fatta una volta per tutte in Gesù Cristo; la Parola di
Dio proclamata in forma scritta e orale e la risposta globale della comunità, investita dallo Spirito,
alla verità del Vangelo. Come tale, la Tradizione
contiene sia l'elemento attivo del trasmettere da
parte della chiesa che l'elemento passivo del materiale trasmesso. Nella Tradizione intesa in questo
senso, la Parola di Dio come Scrittura ha una specie di primato. Concepita in questo modo, la Tradizione è un processo continuo.
56. La Tradizione intesa in questo senso non
deve essere confusa con le tradizioni. Esistono vari modi, dottrinali e pratici, attraverso i quali viene
trasmessa la Tradizione. Queste tradizioni diventano vincolanti solo quando vengono fatte oggetto
di una speciale decisione da parte dell'autorità della chiesa.
57. I pentecostali classici non riconoscono lo
stesso valore dei cattolici alla Tradizione (o tradizione), a meno che essa non si fondi su una testimonianza espressa della Scrittura. Mentre riconoscono l'accumularsi delle tradizioni nella loro
stessa storia, i pentecostali affermano che queste
tradizioni, indipendentemente dalla Scrittura,
hanno ben poca autorità nella chiesa.
9 maggio 1984
Segretariato per l’unità dei Cristiani della Chiesa Cattolica
Romana ed alcuni membri delle Chiese Pentecostali:
CO-PRESIDENTI:
Rev. Dr. David du Plessis
Oakland, California USA, Pentecostale
Mons. Pierre Duprey, M. Afr.,
Città del Vaticano (1977-1978), Cattolico
Rev. Killian Mc Donnell, osb
Collegeville, Minnesota USA (1979 -1982) Cattolico
CO-SEGRETARI:
Rev. W. Robert McAlister
New Life Pentecostal Church (1977-1979), Pentecostale
Rev. William Cormichael
(1980-1982), Pentecostale
Rev. Basil Meeking
Città del Vaticano (1977-1979), Cattolico
Rev. Jerome Vereb, cp
Città del Vaticano (1980-1982), Cattolico
Rapporto del secondo quinquennio 1977 - 1982, 9 maggio
1984. – Originale inglese: Final Report of the Dialogue between
the Secretariat for Promoting Christian Unity of lhe Roman
Catholic Church and Some Classical Pentecostals, 1977-1982,
in lnformation Service I8 (1984) 55AI-III, 72-80. – Versione italiana di Romeo Fabbri. Pubblicato in ENCHIRIDION OECUMENI-