CAPITOLO IX
I CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
SOMMARIO: 1. Nozione. – 2. Fondamento dell’autonomia negoziale delle PP.AA. – 3. Disciplina sostanziale.
– 3.1. L’influenza del diritto comunitario. – 3.2. Il codice dei contratti pubblici. – 4. L’evidenza pubblica. Procedure di selezione e criteri di aggiudicazione. – 5. Responsabilità precontrattuale della P.A. – 6.
Requisiti soggettivi, avvalimento e figure affini. – 7. L’aggiudicazione e la stipulazione del contratto: la
tutela in caso di rifiuto o ritardo nella stipulazione. – 8. Il riparto di giurisdizione. – 9. Il quadro generale
delle novità introdotte in sede di recepimento della direttiva ricorsi (D.Lgs. 53/2010 e D.Lgs. 104/2010).
1. Nozione
In via di prima approssimazione la nozione di “contratto pubblico” indica genericamente le stipulazioni negoziali della P.A. A tale ambito sono tuttavia riconducibili
fenomeni diversificati che, pertanto, meritano e necessitano separata considerazione.
In quest’ottica, è possibile distinguere tra contratti di diritto comune, contratti
di diritto speciale e contratti ad oggetto pubblico.
I contratti di diritto comune stipulati dalla P.A. in nulla differiscono rispetto ai
contratti ordinari stipulati da qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento giuridico. In tali
ipotesi il soggetto pubblico soddisfa i propri bisogni e deve porsi su di un piano di
parità rispetto alla controparte privata; per tale ragione, l’ordinamento non giustifica
alcuna deroga alla disciplina civilistica normalmente applicabile al corrispondente tipo
contrattuale. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’ipotesi in cui la P.A. stipuli un contratto
di locazione per scopi non direttamente finalizzati all’attuazione dell’interesse pubblico
cui la predetta amministrazione è deputata.
I contratti di diritto speciale, invece, sono fattispecie contrattuali che, in virtù
della qualità pubblica di uno dei contraenti, vengono assoggettati ad una disciplina
parzialmente derogatoria rispetto a quella ordinariamente applicabile. In tali casi la P.A.,
esercitando poteri autoritativi, seppur non nella forma tradizionale dei provvedimenti
amministrativi ma facendo ricorso all’alternativo strumento negoziale, si colloca su di
un piano di parità solo tendenziale con la controparte privata, che giustifica l’applicazione, accanto alle ordinarie norme privatistiche, di ulteriori norme pubblicistiche.
Esempi di tale tipologia di contratti sono gli appalti di lavori, servizi e forniture, oggi
organicamente disciplinati dal codice dei contratti pubblici (D.LGS. n. 163/2006).
Infine, i contratti ad oggetto pubblico (talvolta identificati come “contratti di di-
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Compendio di Diritto Amministrativo – Parte quarta. L’attività della pubblica amministrazione
ritto pubblico”) si sostanziano in quelle stipulazioni negoziali aventi ad oggetto beni di
cui solo la P.A., nella sua veste autoritativa, può disporre.
Normalmente queste ipotesi negoziali si caratterizzano per la stretta correlazione
che presentano rispetto ad un provvedimento amministrativo.
In tale ambito è, pertanto, possibile operare un’ulteriore classificazione tra contratti sostitutivi, ausiliari ed accessivi rispetto a provvedimenti amministrativi.
I contratti sostitutivi di provvedimenti costituiscono oggi (a seguito delle modifiche che la L. n. 15/2005
ha apportato alla legge generale sul procedimento amministrativo, L. n. 241/1990) una categoria generale:
l’art. 11 L. n. 241/1990, infatti, sebbene testualmente si riferisca agli “accordi sostitutivi” e non utilizzi
l’espressione “contratti sostitutivi”, ne consente l’applicazione a prescindere da un’espressa e puntuale
previsione normativa, essendo venuto meno l’inciso “nei casi previsti dalla legge” (v. cap.VIII).
I contratti ausiliari sono fattispecie contrattuali che possono essere stipulate nell’ambito di un procedimento amministrativo, di cui alcuni aspetti vengono quindi definiti secondo modalità consensuali.
Ne costituiscono esempio gli “accordi integrativi” di cui all’art. 11 della L. n. 241/1990.
I contratti accessivi, infine, sono quelli che accedono ad un atto amministrativo e concorrono a
disciplinarne gli effetti, instaurando così un legame di tipo unilaterale. Ne costituiscono esempio le
concessioni–contratto.
2. Fondamento dell’autonomia negoziale delle PP.AA.
L’autonomia negoziale delle pubbliche amministrazioni è un dato pacifico e acquisito, in quanto esplicazione della libertà di iniziativa economica costituzionalmente
garantita (art. 43 Cost.) a favore di tutti i soggetti dell’ordinamento, in forma singola o
associata (art. 2 Cost.).
Discutibili risultano tuttavia l’ampiezza ed i limiti di tale autonomia. In tal senso,
secondo la giurisprudenza, risultano ammissibili tutti i contratti strumentali rispetto
ai fini istituzionali dell’ente.
Il problema riguarda soprattutto la misura in cui è possibile ricorrere agli strumenti
negoziali per l’esplicazione di attività di cura concreta e diretta degli interessi pubblici
che alla P.A. siano devoluti.
Infatti, per quanto sia acquisita l’ammissibilità dell’attività amministrativa di diritto
privato, non può esservi piena fungibilità tra atto e contratto: occorre quindi riconoscere la sussistenza di limiti, connaturati alle peculiarità dell’amministrazione, la cui
funzione pubblica non consente di assimilare pienamente la sua autonomia negoziale a
quella di cui sono titolari i soggetti privati. Per questi ultimi, infatti, valgono solo i limiti
esterni di liceità dell’attività negoziale; viceversa, per l’attività contrattuale della P.A. rileva anche il vincolo di funzionalizzazione al perseguimento del pubblico interesse.
In tal senso, l’art. 1 della L. n. 15/2005 ha introdotto nell’art. 1 della legge fondamentale sul procedimento amministrativo (la già citata 241/1990) il nuovo comma 1-bis, che
consacra il seguente principio: “La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non
autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente”.
In realtà, la disposizione in esame più che innovativa appare essere ricognitiva delle
varie norme che consentono alla P.A. di agire, in alternativa alle tradizionali modalità
autoritative ed unilaterali, secondo moduli privatistici e consensuali.
CAPITOLO IX – I CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
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In linea di principio, pertanto, si afferma la pari dignità degli strumenti negoziali
rispetto alle modalità provvedimentali, nei limiti in cui l’operatività di moduli privatistici sia compatibile con i principi che devono presiedere all’esercizio del potere
amministrativo, facendo comunque salve eventuali previsioni di legge espressamente
e puntualmente limitative in tal senso. Si ritiene infatti che questo sia il significato da
attribuire alla clausola di salvezza di cui all’art. 1-bis, essendo i limiti generali discendenti
dalla disciplina dell’attività amministrativa non eliminabili mediante tale fugace inciso.
Per la trattazione della soggezione dei contratti della P.A. alle regole civilistiche ove
non derogate (art. 2, comma 4, del codice dei contratti pubblici), nonché della qualificazione anche dei contratti della P.A., al pari degli altri atti di diritto comune da essa
adottati, alla stregua di atti funzionalmente amministrativi, come tali soggetti ai canoni
costituzionali scolpiti dall’art. 97 Cost., si rimanda alla parte I, cap. II, par. 3.2.
3. Disciplina sostanziale
La parte preponderante dei contratti pubblici si identifica con i contratti di diritto
speciale.
Nessun problema specifico, infatti, pongono i contratti di diritto comune stipulati dalle PP.AA.; analogamente, che i contratti ad oggetto pubblico vengono più propriamente inquadrati nell’ambito dei c.d. “accordi pubblici”, in quanto la peculiarità
dell’oggetto (e cioè la natura pubblica e indisponibile da parte di un privato contraente)
non consente per essi la piena applicazione della disciplina di diritto comune, bensì il
solo richiamo ai principi civilistici (vedi cap.VIII, par. 2.1.).
Illuminante in tal senso è la disciplina recata dall’art. 11 della L. n. 241/1990 ed,
in particolare, la diversa regolamentazione cui il legislatore assoggetta il recesso dagli
accordi pubblici ex art. 11 rispetto alla disciplina prevista per le ipotesi di recesso dai
“contratti pubblici” ex art. 21-sexies della medesima L. n. 241/1990. Nell’un caso trattasi
dell’esercizio del generale potere di autotutela spettante alla P.A.; nell’altro è necessaria
la ricorrenza di una delle ipotesi tassativamente previste dal legislatore ai fini dello scioglimento del vincolo contrattuale.
Alla luce di tali premesse, in questa sede l’attenzione va focalizzata sui contratti speciali della P.A.
3.1. L’influenza del diritto comunitario
La natura sopranazionale e non meramente intergovernativa della UE, con la conseguente devoluzione ad essa di significative potestà da parte degli Stati membri, ha sollevato,
soprattutto in passato, numerose difficoltà nella definizione dei rapporti tra ordinamento
nazionale e comunitario. Dopo diversi anni di intensi contrasti tra Corte Costituzionale
e Corte di Giustizia della CE, la contrapposizione è stata superata con l’adesione, da parte
della Consulta (con la sentenza n. 170/1984, c.d. Granital) alla ricostruzione adottata dalla
Corte di Giustizia della CE (espressa per la prima volta nella storica sentenza Costa-Enel
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Compendio di Diritto Amministrativo – Parte quarta. L’attività della pubblica amministrazione
del 1964), riconoscendo la “primazia” del diritto comunitario, con conseguente obbligo
disapplicativo della normativa nazionale con esso contrastante.
Secondo questa ricostruzione, ormai pacificamente accolta, i principi comunitari (sia
le norme precettive dei Trattati istitutivi che i principi enunciati dalla Corte di Giustizia)
sono direttamente applicabili negli ordinamenti degli Stati membri, senza necessità di
recepimento formale. Le norme dei regolamenti sono, del pari, direttamente vincolanti,
mentre la disciplina recata dalle direttive è vincolante ai fini del raggiungimento dell’obiettivo, lasciando all’autorità degli Stati membri la scelta delle modalità di adeguamento.
Fanno eccezione le c.d. direttive self-executing, ovvero quelle direttive che, per il
contenuto sufficientemente chiaro e preciso, attributivo di posizioni giuridiche di favore ai singoli, risultano, a prescindere da formale e tempestivo recepimento interno,
direttamente applicabili nei rapporti “verticali” tra autorità nazionale inadempiente
e cittadini, destinatari delle suddette posizioni di vantaggio.
3.2. Il codice dei contratti pubblici
La complessa disciplina della materia è stata recentemente ricondotta ad unità con
l’emanazione del D.LGS. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) modificato da tre
decreti legislativi correttivi (l’ultimo dei quali è il D.Lgs. n. 152/2008) e, più di recente,
da una serie di modifiche chirurgicamente disposte in decreti legge finalizzati a superare
il periodo di crisi e recessione economica iniziato nel 2008 (da ultimo, si segnala per la
portata delle modifiche il d.l. 13 maggio 2011, n. 70, c.d. “decreto sviluppo 2011”).
Tale testo normativo è stato adottato in sede di esecuzione della legge comunitaria n.
62/2005, che delegava il governo a recepire le direttive comunitarie nn. 2004/17 (in tema
di concessioni e appalti pubblici nei settori speciali) e 2004/18 (in tema di concessioni e
appalti pubblici nei settori ordinari); con l’occasione, il legislatore nazionale ha provveduto
a regolamentare in modo uniforme tutto il settore dei contratti pubblici, introducendo
anche disposizioni che non costituiscono attuazione della normativa comunitaria. Pertanto,
accanto a norme chiaramente introdotte per adeguare l’ordinamento nazionale alla normativa comunitaria (si pensi alla disciplina in tema di avvalimento, funzionale alla massima
esplicazione del canone comunitario della concorrenza), il codice contiene disposizioni di
non necessaria derivazione comunitaria (come quelle relative all’Autorità di vigilanza sui
contratti pubblici, la cui istituzione è resa solo facoltativa dalla normativa sovranazionale), e
norme, quali quelle relative ai contratti “sotto soglia comunitaria”, per i quali l’obbligo di
conformarsi alla normativa europea è circoscritto al rispetto dei principi comunitari.
Si è in tal modo raccolta in un unico corpus normativo l’intera disciplina relativa alle
concessioni ed agli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, sia nei settori ordinari
che nei settori speciali, sia di importo comunitario che di importo inferiore alle soglie
comunitarie. In tal guisa si è semplificato il quadro normativo esistente, abrogando la
complessa normativa che si era stratificata nel tempo (a partire dalla legge di contabilità
generale dello Stato, che tuttavia si ritiene non abrogata per quanto attiene alla disciplina dei c.d. contratti attivi della P.A., cui il codice dei contratti non è applicabile se non
nei principi generali).
CAPITOLO IX – I CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
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I c.d. settori speciali sono, ai sensi del comma 5 dell’art. 3 del codice, “i settori del gas, energia termica,
elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica”, trattasi cioè di settori che per la
peculiarità e delicatezza degli interessi coinvolti, nonché per le caratteristiche soggettive degli enti
aggiudicatori (aziende di servizi operanti nel settore delle public utilities) si ritiene opportuno sottrarre
all’integrale applicazione della normativa comunitaria, consentendo un’applicazione temperata dei
relativi principi.Tali settori erano infatti, in base alla previdente terminologia, qualificati come “esclusi”, cioè sottratti all’applicazione della disciplina ordinariamente dettata in tema di contratti pubblici.
Attualmente sono regolati dalla parte III del codice che prevede, tra l’altro, per essi la determinazione
di una diversa soglia comunitaria, il richiamo solo parziale alla disciplina generale in tema di requisiti
e norme specifiche in tema di qualificazione.
L’altra rilevante distinzione in tema di disciplina applicabile ai contratti pubblici è quella afferente alla
dicotomia tra contratti “sopra” e “sotto la soglia di rilevanza comunitaria”. Criterio discretivo rilevante a tal fine è l’importo stimato del contratto al netto dell’imposta sul valore aggiunto. La
suddetta distinzione rileva ai fini della disciplina applicabile, infatti l’art. 121 del codice prevede per i
contratti sotto soglia comunitaria l’applicazione della parte II del medesimo testo legislativo solo in
quanto non derogata dalla specifica disciplina dettata dal titolo II della stessa parte II. Così tanto per
i lavori, quanto per i servizi e le forniture sotto soglia è prevista una semplificazione delle procedure
che attiene a diversi profili: non trova applicazione la disciplina sovranazionale in tema di obblighi
di pubblicità e comunicazioni; sono previsti termini più brevi per la presentazione delle domande di
partecipazione e delle offerte; è riconosciuto maggior spazio applicativo alle procedure negoziate.
Ai sensi dello stesso art. 3, comma 3 del codice per “contratti pubblici” devono
intendersi “i contratti d’appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di
servizi o di forniture o l’esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti,
dagli enti aggiudicatori e dai soggetti aggiudicatori”.
In primo luogo, quindi, il contratto d’appalto va distinto dalla contigua figura della
concessione pubblica.
Come si evince dalle definizioni contenute nei commi 11 e 12 dell’art. 3 del codice
dei contratti pubblici, le concessioni di lavori e di servizi si differenziano dalle corrispondenti figure di appalto in quanto nel primo caso il corrispettivo è costituito, in
tutto o in parte, dal diritto di gestione dell’opera o del servizio, con la conseguenza che
almeno parte della remunerazione viene corrisposta non direttamente dalla P.A. committente, bensì dai singoli fruitori dell’opera o del servizio oggetto di concessione, con
relativa assunzione del c.d. “rischio di gestione” da parte del privato concessionario
(in questo senso ex multis Cons. Stato, sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4890; TAR Sardegna, sez. I, 10 marzo 2011, n. 213. Cons. Stato, sez.V, 5 dicembre 2008, n. 6049, e in
ambito comunitario Corte Giust. CE, sez. III, 25 marzo 2010, n. C-451/08; Corte Gius.
CE, sez. III, 10 settembre 2009, n. C-206/08;). È dunque l’aleatorietà il tratto distintivo
tra concessioni e appalti: è infatti ormai acquisita la natura negoziale anche delle prime,
essendo superata l’impostazione tradizionale che riconnetteva alle concessioni natura di
provvedimenti traslativi di potestà e funzioni pubblicistiche.
L’appalto pubblico va inoltre anche differenziato dal contratto d’appalto di diritto privato.
Lo schema negoziale delineato dall’art. 1655 c.c. si caratterizza certamente per un
contenuto più limitato, essendo utilizzabile per il compimento di un’opera o di un
servizio, ma non per l’esecuzione di una fornitura: esso, quindi, implica sempre un facere
e non può mai ridursi ad un mero dare. Altri significativi elementi differenziali sono la
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natura pubblica del committente (salve le ipotesi, delineate nelle lett. d) ed e) dell’art. 32 del
codice dei contratti, che prevedono l’applicazione della disciplina degli appalti pubblici
anche nel caso di lavori e servizi di pubblica rilevanza tuttavia affidati da soggetti privati)
e la rilevanza pubblica dell’opera, che connotano la fattispecie pubblicistica. Infine, mentre
nella fattispecie negoziale privatistica l’appaltatore è sempre un imprenditore (colui
che assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il
compimento dell’opera o del servizio), nella più ampia figura pubblicistica, che di fatto
ricomprende tutti i contratti passivi della P.A., la natura imprenditoriale dell’appaltatore
è richiesta per il solo appalto di lavori.
Va soggiunto, peraltro, che l’art. 44 del recentissimo d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, (cd. Manovra Monti)
ha inserito nel novero dei contratti stipulabili dalla P.A. per l’acquisizione di beni o servizi, il cd.
“contratto di disponibilità”, ovvero il contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spesa
dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice
di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. L’affidatario si impegna ad assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità
dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la
perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti; il contratto, inoltre, può eventualmente prevedere che l’opera venga trasferita in proprietà all’amministrazione.
L’affidatario del contratto di disponibilità ha diritto ad un “canone di disponibilità”, che retribuisce
l’effettiva disponibilità dell’opera, nonché ad un “eventuale prezzo” di trasferimento, ove la titolarità
del bene venga trasferita all’amministrazione aggiudicatrice. Fino a che l’opera non viene trasferita
alla P.A. (ove tale trasferimento abbia effettivamente luogo), il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell’opera per il periodo di messa a disposizione alla P.A. è assunto dall’affidatario
Come accennato, i tipi di appalti pubblici configurabili sono tre: lavori, servizi e forniture, oggi accomunati nella disciplina applicabile, contenuta nel codice dei contratti,
che, come anticipato, ha sostanzialmente esteso l’applicazione della normativa dettata
in tema di lavori anche ai servizi e alle forniture, ove non sia per essi prevista una più
specifica disciplina.
Le definizioni di queste tipologie di appalti sono anch’esse rinvenibili nell’art. 3 del
codice.
In particolare, l’appalto di lavori ha per oggetto la realizzazione di un’opera pubblica che soddisfi in modo diretto ed immediato un interesse pubblico. L’appalto di servizi ha per oggetto un facere, ovvero la prestazione di un’attività, consistendo nell’obbligo dell’appaltatore di fornire un servizio a fronte di un corrispettivo predeterminato.
L’appalto di fornitura di beni, infine, consente alla P.A. di approvvigionarsi di beni,
di diversa natura merceologica, necessari per il proprio funzionamento. Trattasi di una
categoria ampia che può avere ad oggetto “l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione
o l’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti” (art. 3, comma 9, codice
dei contratti).
Sono qualificati come “misti” quei contratti che hanno per oggetto prestazioni non
riconducibili ad una sola categoria di appalto. In tali casi, peraltro, si pone il problema
di individuare la tipologia prevalente onde individuare la disciplina conseguentemente
applicabile.
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L’art. 14 del codice dei contratti detta in proposito due differenti criteri: quello della
prevalenza economica e quello dell’accessorietà.
Il criterio della prevalenza economica è di applicazione esclusiva nel caso di concorrenza di prestazioni di servizi e forniture, mentre trova applicazione solo sussidiaria e residuale nel caso di compresenza di prestazioni afferenti ai lavori. In questo ultimo caso, infatti, innovando rispetto al passato
e in particolare rispetto alla previsione della Legge Merloni (L. n. 109/1994), nonché in adesione ai
rilievi della Commissione Europea, contraria ad un uso esclusivo del criterio del valore economico,
il codice dei contratti prevede l’applicazione prioritaria del criterio della accessorietà e solo in via
secondaria consente di impiegare il criterio del valore economico per individuare la disciplina applicabile agli appalti misti in cui siano coinvolte prestazioni di lavori.
Sebbene l’oggetto specifico del codice dei contratti siano i c.d. contratti passivi della
P.A., ovvero quelli che per essa comportano una spesa, i principi fondamentali in esso
espressi (che sono peraltro spesso riaffermazione dei precetti contenuti nel Trattato, nonché
dei principi enunciati dalla giurisprudenza comunitaria) sono destinati a trovare applicazione anche ai contratti c.d. attivi, cioè fonte di un introito, o anche solo di un risparmio di
spesa, per l’amministrazione (si pensi a quanto espressamente previsto sul punto dal codice
dei contratti agli artt. 26 e 199-bis, introdotto dal Decreto di Semplificazione 2012, riguardo
ad un classico esempio di contratto attivo, quale è quello di sponsorizzazione).
4. L’evidenza pubblica. Procedure di selezione e criteri di aggiudicazione
Data la funzionalizzazione della P.A. al perseguimento di interessi pubblici, che ne
fonda e limita l’autonomia negoziale, alla stipulazione dei contratti di appalto si perviene in esito all’esplicazione di un procedimento pubblicistico di evidenza pubblica
nel corso del quale sono evidenziate ed esplicitate le ragioni di pubblico interesse che
muovono la stazione appaltante, orientandone la discrezionalità.
Merita essere evidenziato che, mentre alla luce della disciplina tradizionale in
materia, recata dalla legge di contabilità dello Stato (R.D. n. 2440/1923) e dal relativo
regolamento attuativo (R.D. n. 827/1924), la sola funzione dell’evidenza pubblica era
quella di garantire una corretta, ponderata e legittima formazione della volontà pubblica, ben più ampio appare lo scopo oggi assegnato a siffatta sequenza procedimentale: alla
luce dei principi comunitari in tema di tutela e promozione della concorrenza, l’imposizione di obblighi procedimentali e di trasparenza all’agire amministrativo, quand’anche destinato a svolgersi nelle forme negoziali, risponde, infatti, anche all’esigenza di
garantire un corretto svolgimento delle dinamiche concorrenziali di mercato.
Anzi, deve rilevarsi come proprio la preoccupazione di impedire lesioni della concorrenzialità del mercato, attraverso la violazione dei principi di par condicio, imparzialità
e non discriminazione, è all’origine della nozione comunitaria di organismo di diritto
pubblico e della dimensione funzionale e dinamica della nozione di P.A. (parte I, cap.
I), volta a snidare la pubblicità reale e, quindi, ad imporre l’obbligo di gara ogni qual
volta si sia in presenza di un soggetto che, nonostante l’eventuale veste societaria, abbia natura pubblica e possa pertanto sussistere il rischio di una deviazione dai principi
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di economicità ed efficienza che sono invece di norma spontaneamente osservati dai
soggetti privati.
Le medesime preoccupazioni di salvaguardia e promozione della concorrenza sono
ad esempio all’origine anche della disciplina limitativa della possibilità di ricorrere
all’autoproduzione (c.d. in house providing ex art. 113, comma 5, lett. c) TUEL, disciplina
più volte modificata e poi definitivamente superata dall’art. 23-bis del d.l. 25 giugno
2008, n. 112 e dall’art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138) e della disciplina che pone il
divieto di rinnovo dei contratti pubblici (parte VII, cap. II).
Dalla più ampia nozione di evidenza pubblica, così acquisita, conseguono indubbiamente rilevanti effetti in ordine alla valutazione delle conseguenze che la violazione
delle predette regole può produrre, ed in particolare sulla tematica relativa alla sorte del
contratto in caso di annullamento (sia in sede giurisdizionale che in sede di autotutela
amministrativa) dell’atto di aggiudicazione (sul tema v. infra).
Peraltro le medesime preoccupazioni di promuovere la massima concorrenzialità
del mercato, unitamente all’esigenza di garantire un livello qualitativo minimo dei contraenti pubblici, sono sottese ad altri due settori disciplinati dal codice, vale a dire alla
normativa relativa ai requisiti soggettivi (particolarmente articolata in caso di appalti
di lavori) ed alla disciplina in tema di avvalimento e di forme varie di partecipazione
associata alle procedure selettive di cui infra.
Atto iniziale di tale iter procedimentale è la delibera a contrarre attraverso la quale
la P.A. manifesta la volontà di addivenire alla futura stipulazione e ne espone le ragioni
giustificative.
La regolamentazione della procedura selettiva trova le proprie fonti oltre che nella
disciplina legislativa e regolamentare, nelle prescrizioni particolari contenute nel bando
di gara (ed eventualmente nella lettera di invito a seconda della procedura prescelta dalla
stazione appaltante), che appunto si qualifica quale lex specialis della gara (sulla natura e
sulla disciplina dei bandi, v. parte I, cap. III).
È nel bando (o nel caso in cui esso manchi, nella delibera a contrarre) che la P.A. indica
il sistema di selezione prescelto tra i diversi astrattamente previsti dal legislatore. La P.A.
può, infatti, pervenire all’individuazione della propria controparte contrattuale utilizzando
diverse modalità procedurali, che il codice definisce come “modalità di affidamento”.
Si distinguono in proposito procedure aperte (secondo il modulo della “vecchia” asta
pubblica), in cui ogni operatore economico interessato può presentare offerta, procedure
ristrette (secondo il modello della licitazione privata), in cui sono ammesse solo le offerte degli operatori previamente invitati dalla stazione appaltante, procedure negoziate
con o senza previa pubblicazione del bando di gara (secondo lo schema della trattativa
privata), in cui la stazione appaltante contratta direttamente le condizioni dell’appalto
con uno o più operatori economici da essa prescelti. Si precisa che l’art. 55, comma 6,
del codice dei contratti ha fortemente ridimensionato le differenze tra procedure aperte
e procedure ristretta. In effetti, si prevede che anche a queste ultime, al pari delle prime,
devono essere ammessi (rectius invitati) “tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che
siano in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal bando”.
Per quanto concerne la scelta della procedura da seguire, mentre è rimessa alla di-
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screzionalità dell’amministrazione la scelta tra procedure aperte e ristrette, potendo la
P.A. orientarsi tra l’una e l’altra in base alle esigenze del caso concreto, maggiori limiti
si pongono al ricorso alla procedura negoziata, richiedendosi, in tal caso, la ricorrenza
di precisi presupposti e condizioni che siano in grado di giustificare una limitazione
rispetto all’obiettivo della massima concorrenzialità del mercato.
Il codice dei contratti ha, poi, introdotto una innovativa procedura, quella del dialogo
competitivo (che ha ”smussato” la tripartizione classica delle procedure di affidamento).
Tale strumento è utilizzabile dalla P.A. nei casi di appalti di particolare complessità, la
cui definizione richiede competenze tecniche e specialistiche che normalmente difettano alla stazione appaltante, che così si rivolge al mercato illustrando il proprio obiettivo
e avviando appunto un “dialogo” tra i diversi operatori economici interessati, attraverso
il quale si giunge a definire più dettagliatamente il contenuto dell’appalto da realizzare.
Sempre nell’ambito della procedura di scelta del contraente, meritano di essere segnalate le norme del
codice che prevedono l’operatività di nuovi istituti quali, ad esempio, l’accordo quadro (art. 59) e
i sistemi dinamici di acquisizione (art. 60). Tali formule, tuttavia, non sono enumerate espressamente
tra le procedure di aggiudicazione previste dal codice dei contratti.
L’accordo quadro, in particolare, è una figura inizialmente introdotta dal legislatore comunitario limitatamente agli appalti nei settori speciali ed attualmente esteso anche ai settori cd. “ordinari”. Esso è
particolarmente utile nei casi in cui occorra una certa flessibilità nella procedura d’appalto, rinviando
ad un momento successivo l’individuazione di alcuni aspetti del contratto. Ciò accade, ad esempio,
in caso di forniture periodiche di beni soggetti a rapida obsolescenza tecnica o nel caso di fornitura
di beni soggetti a forti oscillazioni di prezzo. Il ricorso all’accordo quadro consente di superare questi
inconvenienti, in quanto l’appalto viene aggiudicato sulla base di un precedente accordo quadro,
concluso comunque applicando le regole di procedura fissate dalla parte II del codice.
Mediante i sistemi dinamici di acquisizione, invece, le PP.AA. possono utilizzare procedura di
scelta dei contraenti totalmente informatizzate.Tale strumento è tuttavia utilizzabile solo per acquisire
beni e servizi tipizzati e standardizzati, che possono cioè essere valutati tramite il predetto sistema,
senza richiedere l’elaborazione di specifiche tecniche da parte del committente. Sempre in tale ambito merita di essere segnalata l’ulteriore figura del project financing, sistema di finanziamento di opere
di pubblico interesse, capaci di autosostenersi.
Sempre nel bando viene indicato il criterio di selezione della migliore offerta.
L’aggiudicazione dell’appalto, e quindi la scelta concreta del contraente, può infatti
essere affidata al criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, a seconda che si utilizzi un parametro meramente quantitativo o anche
qualitativo di selezione.
L’art. 81, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006, coerentemente con la normativa e la
giurisprudenza comunitaria, laddove dispone che “Nei contratti pubblici, fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative alla remunerazione di servizi specifici,
la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa”, lascia chiaramente intendere che esiste una perfetta e sostanziale equivalenza ed equipollenza tra i due sistemi e che, pertanto, la scelta dell’uno
o dell’altro è rimessa alla libera determinazione dell’amministrazione, con l’unico limite
di far ricadere tale scelta su “quello più adeguato in relazione alle caratteristiche dell’oggetto del
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Compendio di Diritto Amministrativo – Parte quarta. L’attività della pubblica amministrazione
contratto”, al fine di “selezionare la migliore offerta”, conformemente al comma 2 del medesimo articolo, e di garantire la qualità delle prestazioni e il rispetto dei principi di libera
concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità,
nonché quello di pubblicità (cfr. TAR Piemonte, sez. II, 4 gennaio 2011, n. 1, Cons.
Stato, sez.V, 11 agosto 2010, n. 5624, TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 26 giugno 2008, n.
853 e TAR Campania, Napoli, sez. I, 1 agosto 2007, n. 7172).
A livello teorico, quello del prezzo più basso è un parametro di selezione semplice
e rapido, che meglio realizza i principi di immediatezza e trasparenza delle operazioni
di gara. Invece l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa
consente di dare maggior risalto all’aspetto qualitativo dell’offerta, sebbene a scapito di
una maggior complessità delle operazioni di gara e minor definitezza nell’analisi delle
offerte (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 29 ottobre 2008, n. 1480). A livello pratico, la
differenza, nell’operazione di valutazione del prezzo, che intercorre tra criterio del prezzo più basso e criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è che nel primo
criterio l’offerta più bassa è aggiudicataria, senza necessità di attribuzione di un punteggio, dovendosi solo redigere la graduatoria delle offerte; invece, nel secondo criterio, il
punteggio complessivamente previsto per l’elemento prezzo può essere variamente distribuito, per cui alle varie offerte economiche va attribuito un punteggio, che si somma
con il punteggio previsto per le offerte tecniche. In ogni caso, i criteri di distribuzione
del punteggio per l’offerta economica, previa suddivisione di essa in vari sub-elementi,
devono comunque essere strutturati in modo tale da condurre al risultato per cui l’offerta economica complessivamente inferiore deve riportare un punteggio, per il prezzo,
complessivamente superiore (cfr. Cons. Stato, sez.VI, 3 giugno 2009, n. 3404).
Nell’ambito dei criteri di selezione delle offerte, merita segnalare la previsione delle aste elettroniche
(art. 85). La P.A. può farvi ricorso nel caso in cui le specifiche dell’appalto possono essere fissate in maniera
precisa e la valutazione delle offerte può avvenire automaticamente in modo elettronico. È possibile ricorrere a questa modalità in caso di procedure aperte, ristrette o negoziate previa pubblicazione del bando
di gara, nonché in caso di rilancio del confronto competitivo nell’ambito di un accordo quadro o in caso
di indizione di gare per appalti da aggiudicare nell’ambito del sistema dinamico di acquisizione.
Atto terminale della procedura selettiva è l’aggiudicazione, atto che il codice dei contratti si premura di tener ben distinto dalla successiva fase di stipulazione. Sul punto, peraltro,
è alquanto articolata la disciplina introdotta dagli artt. 11 e 12 del codice dei contratti, i
quali prevedono che l’aggiudicazione diviene definitiva solo dopo l’approvazione dell’organo competente ed efficace solo “a valle” della comprova dei requisiti di partecipazione,
generali e speciali, da parte del concorrente affidatario (per questi temi v. meglio par. 7).
5. Responsabilità precontrattuale della P.A.
Per lungo tempo la giurisprudenza ha negato la configurabilità di una responsabilità
di tipo precontrattuale in capo alla P.A., in base all’asserita insindacabilità da parte del
G.O. delle scelte discrezionali da essa compiute, nonché alla inammissibilità di posizioni
meritevoli di tutela in capo ai privati aspiranti a contrarre con la P.A.
CAPITOLO IX – I CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
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Al contrario, la giurisprudenza più recente, anche alla luce del conforto dei dati normativi recati dall’art. 33 del D.LGS. n. 80/98 e dall’art. 6 della L. n. 205/2000, è orientata
a riconoscere gli estremi di una responsabilità precontrattuale della P.A. ove quest’ultima,
a prescindere dalla eventuale illegittimità degli atti adottati, si sia comportata da scorretto contraente (si pensi ai casi di ritardo ingiustificato con cui la P.A. procede al ritiro,
sia pur legittimo, dell’atto di indizione di una procedura selettiva). Rilevano ad esempio
in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 5 settembre 2011, n. 5002; Cons. Stato, sez. VI,
12 luglio 2011, n. 4196; Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2009, n. 5245; nonché la
decisione dell’Adunanza Plenaria 30 luglio 2008, n. 9, che ha affermato in proposito la
sussistenza della giurisdizione amministrativa esclusiva. Recentemente si veda anche la
sentenza del TAR Puglia, Lecce, sez. III, 29 settembre 2011, n. 1693, secondo cui, pur non
essendovi dubbi sull’astratta possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale a
carico della P.A., in concreto, una pronuncia affermativa di tale responsabilità postula un
positivo riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo alla medesima,
tenendo comunque presente che il potere della stazione appaltante di non dare corso
all’aggiudicazione con la stipula del contratto incontra un limite insuperabile -a tutela
dell’affidamento del privato- nei principi di buona fede e correttezza.
Peraltro il riconoscimento di tale forma di responsabilità si pone in linea con la
tendenza della più recente giurisprudenza a riconoscere l’applicazione anche all’attività
contrattuale della P.A. di una serie di norme del codice civile, come l’art. 1341 c.c. in
tema di condizioni generali di contratto.
Sulla responsabilità precontrattuale della P.A. vedi anche parte V, cap. I, par. 3.3.
6. Requisiti soggettivi, avvalimento e igure afini
Dovendo l’agire amministrativo, anche quando trovi espressione nelle forme privatistiche, essere sempre funzionalizzato al perseguimento del pubblico interesse, il legislatore si
preoccupa di fissare criteri per orientare le scelte della P.A. in materia contrattuale.
In questo contesto vanno inquadrate le norme legislative ed i regolamentari che prescrivono, in capo ai partecipanti alle procedure selettive, la ricorrenza di determinati requisiti.
Trattasi di requisiti di ordine generale (art. 38), di idoneità professionale (art. 39), di
capacità economica e finanziaria, nonché tecnica e professionale (artt. 41 e 42) e di requisiti specifici di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici (art. 40), previsti dal
codice dei contratti e più dettagliatamente definiti dal relativo regolamento esecutivo.
Sul punto, va dato conto della recentissima istituzione della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici,
oggi consacrata e disciplinata dall’art. 6-bis del codice dei contratti pubblici. Detta norma, introdotta nel
corpo del codice dal recentissimo (Decreto di Semplificazione 2012, art. 21), dispone che, a decorrere dal 1
gennaio 2013, la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle procedure di gara viene acquisita presso
la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici.Viene in tal modo velocizzata la procedura di verifica del possesso dei requisiti richiesti dalle
stazioni appaltanti per la partecipazione alla gara, mediante la consultazione di un sistema informativo, la
cui collazione ed aggiornamento sono curati dal Garante, con proprio regolamento.
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Compendio di Diritto Amministrativo – Parte quarta. L’attività della pubblica amministrazione
È comunque possibile fissare nel bando di gara requisiti ulteriori e più rigorosi di
quelli prescritti dalla normativa legislativa e regolamentare (in tal senso v., da ultimo,
Cons. Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 56; Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2009, n.
5653; Cons. Stato, sez.VI, 23 luglio 2008, n. 3655) purché però l’esercizio di tale potere
discrezionale sia funzionale alla realizzazione dei principi di imparzialità, buon andamento, logicità, pertinenza e ragionevolezza, con il limite che gli ulteriori requisiti non
violino la concorrenza e non restringano - oltre lo stretto indispensabile - la platea dei
potenziali concorrenti così da non precostituire situazioni di assoluto privilegio. In ogni
caso, per contemperare le esigenze, qualitativa da un lato e di promozione concorrenziale dall’altro, il legislatore ha introdotto, in attuazione della normativa comunitaria, previsioni varie che consentono di sopperire all’eventuale carenza in capo ad un soggetto dei
requisiti legalmente richiesti. Si inserisce in tale ambito l’istituto dell’avvalimento.
La disciplina positiva dell’istituto è contenuta negli artt. 49 e 50 del codice dei contratti, così come
modificato dal decreto correttivo n. 6/2007. Ampio è il relativo ambito di applicazione, essendo
l’avvalimento utilizzabile per sopperire alla mancanza di uno qualsiasi dei requisiti prescritti (tranne
quelli di ordine generale, così recentemente TAR Campania, Salerno, sez. I, 29 aprile 2011, n. 813)
per partecipare alle procedure di affidamento: e cioè requisiti economici, finanziari, tecnici, organizzativi o attestazioni di certificazioni SOA. Presupposto imprescindibile per l’impiego dell’istituto è
il possesso, da parte dell’impresa ausiliaria, di tutti i requisiti prescritti dal legislatore per la partecipazione alla procedura selettiva interessata. Presupposti e limiti dell’avvalimento sono disciplinati, per
lavori, servizi e forniture, nell’art. 49 del codice dei contratti, mentre regole ulteriori sono dettate
per i lavori (e, limitatamente all’applicazione delle attestazioni SOA, ai servizi) dal successivo art. 50.
Effetto peculiare dell’avvalimento è la responsabilità solidale tra impresa ausiliaria e impresa ausiliata in
relazione alle prestazioni oggetto del contratto.
Alquanto problematici appaiono i rapporti tra avvalimento e subappalto alla luce delle modifiche introdotte dal D.LGS. n. 6/2007 (c.d. secondo decreto correttivo) al codice dei contratti. Quest’ultimo,
nella sua versione originaria, poneva all’impresa ausiliaria il divieto di rivestire altresì il ruolo di subappaltatrice nell’appalto per il quale aveva fornito l’avvalimento. Con il decreto correttivo summenzionato tale limite è venuto meno, creando non pochi problemi di coordinamento e determinando
una sovrapposizione tra i due istituti che finisce per far scolorire le peculiarità del nuovo istituto
dell’avvalimento. È infatti attualmente consentito all’impresa ausiliaria di essere subappaltatrice nei
limiti della percentuale dei requisiti forniti.
Un primo nodo problematico attiene alle diverse forme di responsabilità che si connettono ai due
istituti: essendo prevista la solidarietà solo nel caso dell’avvalimento, mentre regola del subappalto è
che nei confronti del committente risponda direttamente il solo subappaltante. In merito si è espresso
il TAR Lazio Roma, sez. III-ter, con pronuncia del 27 dicembre 2007, n. 14081, affermando la responsabilità solidale dell’ausiliaria–subappaltatrice, nei limiti della prestazione subappaltata. Altra questione di non facile soluzione attiene ai limiti in cui è possibile ricorrere al subappalto secondo le due
diverse previsioni contenute nell’art. 118, comma 2, e 49, comma 10. Quest’ultima infatti consente
all’impresa ausiliaria di essere subappaltatrice nei limiti della percentuale in cui fornisce il requisito
mancante, viceversa l’art. 118, comma 2, limita il subappalto alla misura del 30%, limite che va riferito
all’importo dell’appalto nel caso di servizi e forniture e al valore della categoria prevalente nel caso di
lavori (sulla netta distinzione tra le due figure v. Cons. Stato, sez.V, 12 giugno 2009, n. 3791).
Altro profilo che merita di essere valutato è quello attinente alla natura giuridica del contratto
di avvalimento. Trattasi di un contratto in senso tecnico, con cui l’impresa ausiliaria si obbliga verso
l’ausiliata “a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto”.
CAPITOLO IX – I CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
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Si è quindi in presenza di un contratto consensuale ad effetti obbligatori di diritto privato.
L’effetto più circoscritto dell’avvalimento, che dà luogo ad un rapporto giuridico di contenuto più
limitato, ne costituisce il più evidente tratto distintivo dalle figure del consorzio, del raggruppamento
temporaneo di imprese e del gruppo societario. Il contratto di avvalimento è accostabile al contratto
di noleggio (in cui però manca, da parte del noleggiatore, l’assunzione di obblighi e la responsabilità
solidale verso la P.A.), al contratto a favore di terzo (da cui però si distingue perché non sussiste un
diritto alla prestazione promessa in capo alla P.A.), nonché alla promessa del fatto del terzo (rispetto
a cui però, al momento della mera partecipazione alla gara, manca un vero e proprio contratto tra
partecipante e P.A.). In merito, cfr. Tar Veneto, sez. I, 6 novembre 2008, n. 3451.
Sempre nella medesima ottica di promozione della dimensione concorrenziale del
mercato, il legislatore consente che affidatari di contratti pubblici possano essere consorzi o raggruppamenti temporanei di imprese.
La partecipazione congiunta alle procedure selettive, dunque, può avvenire tanto in
forma stabile, come nel caso dei consorzi c.d. stabili (art. 36 del codice dei contratti), in
cui si da vita ad una nuova figura soggettiva, quanto in forma occasionale e transitoria,
come accade nel caso di R.T.I. (art. 37 del codice dei contratti), in cui più imprese
conferiscono mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile ad una di esse che
funge da capogruppo, così dando luogo ad un’organizzazione comune finalizzata alla
sola partecipazione alla singola gara per cui è stata costituita. Figura analoga agli RTI
sono i consorzi c.d. ordinari, per i quali il codice dei contratti prevede l’applicazione
delle medesime disposizioni in materia di raggruppamenti temporanei.
7. L’aggiudicazione e la stipulazione del contratto: la tutela in caso di
riiuto o ritardo nella stipulazione
Il momento terminale della procedura ad evidenza pubblica è contrassegnato dall’aggiudicazione del contratto al miglior offerente, mediante la quale la stazione appaltante,
selezionate le offerte mediante il criterio indicato nel bando, individua la propria controparte negoziale.
L’aggiudicazione ha carattere provvisorio (art. 11, comma 4, del codice) ed è soggetta all’approvazione da parte dell’organo competente, secondo l’ordinamento delle
singole amministrazioni aggiudicatrici e nei termini ivi previsti (o, in mancanza di previsione, nel termine di trenta giorni), decorrenti dal ricevimento dell’aggiudicazione
provvisoria da parte dell’organo di controllo, tenuto alla verifica della regolarità e della
legittimità dell’intero iter procedimentale (art. 12, comma 1).
A sua volta, l’aggiudicazione definitiva (art. 11, comma 5), che interviene a seguito
del riscontro della legittimità di quella provvisoria e degli atti che l’hanno preceduta,
come esplicitato dall’art. 11, comma 7, del codice dei contratti, non equivale ad accettazione dell’offerta, sicché il rapporto contrattuale tra amministrazione aggiudicatrice e
miglior offerente deve intendersi non ancora instaurato: l’efficacia dell’aggiudicazione
definitiva, inoltre, è a sua volta subordinata alla verifica del possesso, da parte del miglior
offerente, dei requisiti prescritti dal bando (art. 11, comma 8). Divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, la stipulazione del contratto ha luogo entro il termine (ordinatorio)