UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA
CHIESE E INSEDIAMENTI
nei secoli di formazione dei paesaggi
medievali della Toscana (V-X secolo)
a cura di
Stefano Campana, Cristina Felici,
Riccardo Francovich, Fabio Gabbrielli
Atti del Seminario
San Giovanni d’Asso - Montisi, 10-11 novembre 2006
ESTRATTI
All’Insegna del Giglio
Indice
Introduzione, di Stefano Campana, Cristina Felici, Fabio Gabbrielli
5
Progetto Valle dell’Asso. Resoconto di otto anni di indagini,
di Stefano Campana, Cristina Felici, Lorenzo Marasco
7
Il Ripostiglio di monete ostrogote e bizantine di Pava,
di Ermanno A. Arslan, Cristiano Viglietti
37
“Pieve di Pava”, primi dati antropologici e paleopatologici (XI-XII secolo),
di Valeria Mongelli, Sara Giusiani, Angelica Vitiello, Gino Fornaciari
47
La chiesa e il borgo di San Genesio: primi risultati dello scavo di una grande
pieve della Toscana altomedievale (campagne di scavo 2001-2007),
di Federico Cantini
65
Vie e pievi, pievi e castelli. Storie parallele di due plebes baptismales
del territorio di Lucca, di Giulio Ciampoltrini
95
Gli scavi nel “Castrum Sancti Donati”: l’area del Duomo vecchio di Arezzo
dalla Tardantichità al Medioevo, di Alessandra Molinari
117
La chiesa della Rocca a Scarlino: dalla curtis al castello, di Lorenzo Marasco
147
“Le chiese” nel villaggio: la formazione dell’abitato medievale
di Poggio Cavolo (GR), di Roberto Farinelli, Emanuele Vaccaro,
Hermann Salvadori
169
Famiglie signorili, cappelle private e insediamenti forti�cati in Val di Sieve
tra X e XII secolo: i casi di Monte di Croce e Monte�esole (Pontassieve, Firenze),
di Carlo Tronti
199
S. Maria a Monte (PI): una chiesa, un castello, una pieve, una canonica
nella media valle dell’Arno. Documenti ed evidenze archeologiche a confronto,
di Fabio Redi
225
“Ecclesia infra castellum de Montemasso constructa”: la chiesa
di S. Maria, S. Andrea e S. Genziano a Montemassi, di Jacopo Bruttini
245
Gli edi�ci religiosi tardoantichi e altomedievali nelle diocesi di Roselle e Sovana:
un aggiornamento, di Carlo Citter (con Appendice di Giada Valdambrini)
259
Le chiese di Poggiobonizio tra XII e XIII secolo, di Marie-Ange Causarano
273
Chiese e popolamento nella Tuscia dell’alto Medioevo. Un approccio
quantitativo alla documentazione diplomatica altomedievale del monastero
di S. Salvatore al Monte Amiata, di Roberto Farinelli, Michela Corti,
Luigi Marchese, José Carlos Sánchez Pardo
297
La cappella di Sant’Antimo e le tecniche murarie nelle chiese altomedievali
rurali della Toscana (sec. VII - inizi sec. XI), di Fabio Gabbrielli
337
Gli edi�ci religiosi tardo antichi e altomedievali nella diocesi
di Populonia-Massa: il caso della Val di Cornia e bassa Val di Cecina,
di Giovanna Bianchi
369
Il monastero di Santa Maria e l’insediamento medievale nel territorio
di Montescudaio (PI), di Monica Baldassarri
391
Tavola Rotonda
Chiese e insediamenti: prospettive di ricerca dopo il convegno di Pava,
di Gian Pietro Brogiolo
423
L’elefante nel salotto, di Richard Hodges (traduzione di Alessandro Sebastiani)
435
Chiese e insediamenti nei secoli di formazione dei paesaggi medievali
della Toscana, di Chris Wickham (traduzione di Alessandro Sebastiani)
443
La vita di una chiesa dalla fase paleocristiana a quella basso medievale. Scavo
archeologico della pieve e del cimitero di Pava (�ne V-inizio XIII secolo) (�g. 7)
Lo scavo del complesso archeologico di Pava iniziato nel 2004, è giunto alla
quinta campagna, ed è parte integrante del progetto di ampio respiro che coinvolge la
Val d’Asso. Il complesso archeologico emerso per il momento è composto dalla struttura
religiosa della pieve verosimilmente di S. Pietro in Pava, ricordata per la prima volta in
un documento del 714 relativo alla disputa fra il vescovo di Siena e quello di Arezzo78.
I ritrovamenti hanno contribuito a de�nire parte della planimetria dell’edi�cio religioso principale e ne hanno messo in luce un’articolazione che contribuisce a delineare
l’aspetto di un complesso ecclesiastico piuttosto consistente. La struttura religiosa si
completa di una grande area cimiteriale che al momento ha superato i 750 individui.
Seppur in modo incerto, la prima frequentazione attualmente attestata, a livello
stratigra�co, è riferibile ad un’età romana che ha il suo termine ante quem al più tardi
nel terzo decennio del VI secolo79. Per quanto i dati in nostro possesso siano ancora
ridotti, i materiali residui rinvenuti sia durante lo scavo che in ricognizione, sembrano
attestare una frequentazione tardo romana piuttosto complessa80. Sulla rasatura di
queste strutture sono stati recuperati alcuni lacerti di terreno carbonioso contenente
reperti vitrei, ossei e ceramici. Questi ultimi databili tra IV e VI secolo81. A supporto
di questa generica datazione è stata effettuata l’analisi radiocarbonica di un campione
organico, recuperato nello stesso strato, che ha fornito una datazione assoluta compresa
tra la metà del V e i primi decenni del VI82. Si somma alle preesistenze il rinvenimento
di un’abside rasata orientata ad ovest all’interno della navata.
La chiesa paleocristiana (fine V-inizio VI secolo)
Al di sopra della frequentazione genericamente tardo antica sono state individuate
una serie di attività riferibili alla costruzione dell’edi�cio religioso. La struttura emersa
�no ad ora risulta a navata unica anche se dall’ultima campagna di scavo nuove murature
parallele ai perimetrali sono emerse a nord e a sud della struttura, dalle dimensioni approssimative di 32×10 m e caratterizzata dalla presenza di due absidi, una ad est ed una a ovest.
Questo dato risulta di estremo interesse e di eccezionale valore, soprattutto per i legami
con planimetrie tipiche dell’area mediterranea (in particolare spagnola e nord-africana).
L’elemento curvilineo ovest pare appartenuto ad una fase precedente. Tra gli elementi certi
vi è il rapporto di appoggio della pavimentazione interna dell’abside ovest, a cui è giunto
lo scavo (in cocciopesto su preparazione in laterizi di taglio) ai pilastri di separazione degli
ambienti interni della chiesa nonché l’appoggio dei perimetrali (tra l’altro in una tecnica
costruttiva diversa da quella dell’abside) alla porzione più occidentale della struttura. Sia
che questo elemento curvilineo occidentale si riveli una preesistenza o meno, è certo che,
Schiaparelli 1929, n. 17.
Si tratta di elementi murari individuati a livello delle sole creste, da uno strato di laterizi da copertura (tegole), posti in piano e sovrapposti da elemento curvilineo che sembra costituire un’abside orientata
ad ovest; tutti rinvenuti sotto le murature delle prime fasi della chiesa.
80
Moltissima ceramica, numerosi reperti numismatici, tubuli per volte. La presenza di molti tubuli per
la realizzazione delle così dette “volte leggere”, per il momento in giacitura secondaria, come livellamento per
un piano su cui è stata realizzata la fornace di VII-inizi VIII secolo, presuppone in precedenza una struttura
piuttosto complessa. Sui tubuli �ttili per le volte, Storz, 1997, pp. 23-42.
81
Tra i reperti datanti alcune forme aperte ingobbiate di rosso imitanti prodotti in sigillata africana
(tipo Hayes 61).
82
I risultati in dettaglio sono i seguenti: 427-442 (19%); 453-461 (9%); 484-533 (72%).
78
79
23
�g. 7 – Veduta aerea e panoramica dello scavo della pieve di Pava (campagna 2007).
successivamente quantomeno al 484 si viene a costituire una planimetria ad absidi contrapposte, con banco presbiteriale e recinto presbiteriale colonnato. Tutte le strutture di
arredo interno come le murature principali dell’edi�cio, mostrano un’elevata percentuale
di riuso di materiale da costruzione più antico, in particolare laterizi da copertura di età
romana. La tecnica costruttiva dei perimetrali risulta regolarizzata, sulla faccia interna,
da uno pesante strato di malta di calce lievemente lisciata e a composizione grossolana
(che rivela certamente almeno due diverse mani). All’interno della navata, e con probabile
funzione di divisione dello spazio dei fedeli, sono posti con allineamento est-ovest due
basamenti per pilastri, caratterizzati dalla stessa tecnica costruttiva del banco presbiteriale.
24
Questi basamenti risultano disegnare un ambiente probabilmente funzionale alla distribuzione dei fedeli (possibile endonartece), immettendo ad est verso la navata, ad ovest verso
l’ambiente absidato, la cui funzione non è ancora de�nita. Questa sorta di ingresso doveva
essere decorato da una serie non quanti�cabile di lesene, delle quali si sono conservati due
esemplari non simmetrici, posti a ridosso della parte settentrionale e meridionale.
Per quanto riguarda l’inquadramento cronologico di questa prima fase, gli indicatori di cronologia assoluta possono essere ricavati principalmente dallo studio architettonico dell’edi�cio principale, da una cronologia radiocarbonica (vedi nota 81) e da un
ripostiglio monetale rinvenuto addossato al muro dell’abside ovest. Ci soffermiamo, a
questo punto, brevemente sul tesoretto, data la sua eccezionalità. Durante la campagna
2006, entro un rifacimento in terra o un’assenza intenzionale (il contesto è ancora in
corso di scavo) del pavimento in cocciopesto dell’abside occidentale, è stato scoperto
un ripostiglio costituito da 26 monete di età gota. Nello speci�co si tratta di 6 monete
d’oro e 20 d’argento contenute in un vasetto in ceramica83. Per il suo occultamento è
stato identi�cato come termine post quem il periodo compreso tra il 537 ed il 541. Il
tesoro si ipotizza seppellito da un «proprietario con discrete possibilità economiche,
con redditi forse non legati agli stipendi militari. Probabilmente un “romanzo” (…)»84.
Un personaggio che aveva la possibilità di accedere ad un’area sacra della chiesa e che
la riteneva sicura. I dati raccolti �n’ora non hanno evidenziato strati che denunciano
abbandono o crollo della struttura in questa fase. Non abbiamo quindi elementi per
sostenere che la chiesa non fosse in funzione. Le considerazioni di Arslan85, sul presunto
abbandono della chiesa nel momento della deposizione delle monete, ad oggi non trovano riscontro archeologico. Non possiamo però escludere un abbandono temporaneo
(alcuni giorni, settimane o mesi?) che non ha lasciato alcuna evidenza materiale.
La pianta della chiesa paleocristiana ha una planimetria molto particolare, ha due
absidi, è dotata di banco presbiteriale, ipoteticamente cattedra vescovile connessa al banco
di fronte all’altare, recinto presbiteriale colonnato, un probabile endonartece di separazione
tra la navata e l’ambiente absidato ovest, ingressi laterali sui perimetrali nord e sud.
Le in�uenze che convivono in questa struttura seguono percorsi diversi dei quali
uno sembra essere quello proveniente dal bacino del Mediterraneo. I maggiori confronti
con strutture paleocristiane dotate di absidi contrapposte provengono dalla penisola
iberica86, dall’Africa settentrionale87 e da alcune aree del vicino e medio Oriente.
La presenza del banco presbiteriale staccato dalla parete sembra invece un elemento proveniente dall’area alto adriatica, in particolare aquileiese.
Banchi presbiteriali di questa foggia, simili anche come tecnica costruttiva e
decorazione in bianco e rosso, sono stati rinvenuti durante lo scavo di alcune chiese
paleocristiane nella diocesi di Novara e Vercelli, dove sono stati riconosciuti come frutto
di in�ussi aquileiesi, ed in connessione con precise funzioni liturgiche88. Una ben circo83
Dal contenitore è stato prelevato un campione di parete per sottoporlo, da parte della dott.ssa Alessandra Pecci del Laboratorio di Archeometria dell’Università di Siena, ad analisi speci�che per l’individuazione
di grassi relativi ad oli, resine o vino. I primi risultati delle analisi si sono rivelati negativi, nel senso che il vaso
non sembra aver contenuto mai grassi vegetali. Ringraziamo per queste prime informazioni la dott.ssa Pecci.
84
Arslan 2007. p. 195.
85
Ibidem, pp. 194-195; Arslan, in questo volume.
86
Ulbert 1978.
87
Duval 1973.
88
Presso la chiesa di S. Lorenzo a Gozzano e all’interno della Basilica di San Vittore a Sizzano per
Novara Pejrani Baricco 2003, pp. 63-73, a S. Stefano di Lenta per Vercelli, Pantò 2003, pp. 88-91.
25
scritta area di diffusione di questa tradizione costruttiva è rappresentata dalla fascia tra
l’alto-adriatico e l’area della Carinzia/Tirolo orientale, dove edi�ci paleocristiani dotati
di banco presbiteriale staccato e avanzato rispetto alla parete absidale, con conseguente
ambulacro circostante e sedile inserito nello spessore del banco stesso, risultano molto
diffusi89. Elementi interni analoghi a quelli analizzati sono attestati anche in altre aree
dell’arco alpino orientale, con presenze archeologiche ad esempio in Trentino90 o in Slovenia91 Sembra che all’area di Aquileia si possa riconoscere una funzione di elaborazione
e diffusione di queste tradizioni, essendo proprio qui che si attestano interessanti in�ussi
di area mediterranea, in particolar modo orientale, forse giunti dall’Adriatico92.
La chiesa altomedievale (VII-X secolo)
I dati riferibili alla vita e alla frequentazione della chiesa di Pava, durante i secoli
dell’Altomedioevo, si possono interpretare soprattutto come interventi di ristrutturazione interna. L’attività più antica è rappresentata dal rifacimento della pavimentazione,
ottenuta con un piano di laterizi e pietre, per il quale non sembra potersi escludere uno
scopo funzionale, come rialzo del piano. Su questo piano hanno camminato, lo dimostra
l’usura delle parti più elevate. Per il suo uso ipotiziamo un livellamento in terra battuta.
Nell’area dell’abside ovest si abbandona la curva absidale che viene sostituita da un
muro diritto costruito in grosse pietre piuttosto irregolari. Se ne osserva solo lo spigolo
nord. Non sappiamo con precisione quando collocare questo intervento che datiamo ad
un generico altomedievo su base stratigra�ca e per la similitudine con altri interventi di
questa fase realizzati all’interno della struttura. Forse in fase con questo intervento si
può collocare la realizzazione di una fornace rinvenuta a poche decine di metri a nord
della chiesa. Il suo scavo ne ha messo in evidenza una struttura di tipo rettangolare,
con camera di combustione allungata e coperta a volta, e camera di cottura, di forma
rettangolare con muretto assiale per il sostegno del piano di cottura93. Probabilmente,
dai pochi scarti rinvenuti, ha effettuato cotture sia di laterizi che di ceramica. La tipologia richiama direttamente la tradizione romana di età imperiale e tardo antica, ma
le datazioni radiocarboniche di carboni rinvenuti nel crollo della fornace stessa e dei
carboni del piano di cottura, hanno restituito datazioni rispettivamente comprese fra
il 708 e il 747 d.C. e fra il 663 e il 723 d.C.
Una successiva fase di restauri è costituita da una serie di muretti posti all’interno
della chiesa, perlopiù appoggiati ai perimetrali antichi e ai pilastri interni, con l’apparente
scopo di tamponare alcuni dei passaggi esistenti. In particolare, è signi�cativa in questa
fase la chiusura della conca absidale occidentale con un muretto trasversale ed un elemento
curvilineo formante una piccola abside interna alla navata, ricavando un ambiente più
isolato pavimentato in laterizi. Nell’area presbiteriale opposta, invece, di fronte all’altare
antico, viene allestito un tramezzo murario costituito da grossi blocchi non lavorati legati
da terra e usati come base per un probabile alzato in materiale deperibile. L’allineamento
è interrotto da una soluzione di continuità corrispondente ad una probabile apertura di
passaggio e contrassegnata da due colonne, di cui una certamente di riuso.
In un momento ancora successivo, si assiste al disfacimento di parte della curva absidale orientale. Tale evento, documentato dal rinvenimento di ingenti strati di
Glaser 2003, pp. 413-438. In particolare si veda la cartina distributiva a p. 414.
Bombonato, Ravagnan 2003, pp. 601-604.
91
CigleneCki 2003, pp. 581-595.
92
Villa 2003, pp. 502-527.
93
Fornace tipo II/a della tipologia Cuomo di Caprio, Cuomo di Caprio 1985, pp. 138-141.
89
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accumulo di pietrame e laterizi fuori e dentro l’area absidale, nonché da una fossa di
spoliazione che ne asporta i resti, può essere datato dal taglio di una sepoltura effettuato sulla cresta del muro e sulla spoliazione. La datazione radiocarbonica dei resti
scheletrici ha permesso di de�nire con il 94% di probabilità una datazione assoluta tra
l’899 e il 98894. Nel corso quindi del X secolo è plausibile collocare il crollo dell’abside
e l’accumulo in tutta l’area presbiteriale del materiale di risulta. In questo stesso periodo
si realizza nel mezzo della navata una fornace, verosimilmente per campane. Si realizza
tagliando lo strato di livellamento in pietre e laterizi. La datazione radiocarbonica la
colloca tra 878 e 991.
Il riassestamento dell’area prevede il tamponamento dell’accesso all’ambulacro
con un muretto costituito da grosse pietre legate da terra, disposto con funzione di nuovo
limite orientale della struttura (l’ambiente è ancora in corso di scavo). È ipotizzabile che
in questo rifacimento sia stato inglobato anche il banco presbiteriale, forse con parziale
funzione di nuovo abside esterno (lo spessore del muro che costituisce il banco è di circa
0,75 m). Contestuale a questi interventi risulta essere anche un rifacimento del recinto
presbiteriale, con muri in pietra e terra ed alzato in materiale deperibile (terra e cubetti
in laterizio ricavati dalla frantumazione regolare di laterizi di età romana).
La chiesa proto romanica (XI-XII secolo)
In connessione diretta con i primi segni di crollo e cambio di funzione di una parte
delle strutture dell’antica pieve si sono rinvenuti nella porzione orientale dell’edi�cio
religioso numerosi indizi di profondi interventi di ristrutturazione. A ovest del muro
presbiteriale aggiunto in età altomedievale viene costruito un nuovo muro con abbondante uso di malta e pietre squadrate (spessore del muro ca. 0,60 m) e un’apertura
centrale (largh. 1,10 m). Questa muratura risulta intonacata sulla sua faccia occidentale
da un intonaco bianco decorato, almeno in un tratto, da piccoli motivi �oreali disposti
con regolarità.
Allo stesso momento costruttivo sembra rimandare un rifacimento, almeno
parziale, della precedente abside occidentale, sul cui muro, in parte rasato, si è rinvenuto un nuovo tratto murario, con uso di pietre sbozzate e malta, dotato di spessore
leggermente più ampio del precedente e con una curvatura lievemente diversa. Sopra
il precedente ambiente con piccola abside interna viene costruito invece un nuovo
basamento in pietra, di forma rettangolare, allineato est-ovest, interpretabile, data la
posizione, come base di un nuovo altare.
All’interno dell’edi�cio, vengono costruiti un probabile fonte battesimale, di cui
si è rinvenuto il basamento circolare a lastre di pietra, legate con ottima malta di calce,
ed almeno un basamento con pietre squadrate (un secondo basamento con tecnica
costruttiva differente, rimanderebbe per confronto al periodo precedente, sebbene se
ne possa attestare un riuso anche in questa fase).
Questa nuova fase costruttiva, inquadrabile tra XI e XII secolo, comporta certamente la creazione di un nuovo edi�cio religioso, che riusa, in parte restaurandoli, i
perimetrali dell’edi�cio antico. È invece incerta al momento la de�nizione della planimetria della nuova chiesa, per la quale è ipotizzato un capovolgimento di orientamento.
94
A conferma della nuova forma di utilizzo di quest’area con funzione cimiteriale, una seconda sepoltura è stata rinvenuta a breve distanza dalla prima, tagliata nello strato di crollo delle murature, e databile
con il 91,5% di probabilità tra �ne X e prima metà XI secolo d.C. (993-1041 AD).
27
�g. 8 – Principali fasi riconosciute durante lo scavo archeologico della pieve di Pava: A, le preesistenze di
generica “età romana”; B, il primo edi�cio religioso paleocristiano; C, la struttura nella fase altomedievale;
D, la struttura tra X e XII secolo.
A supporto di tale ipotesi è stata raccolta una serie consistente di dati95, sebbene non
si possa escludere un mantenimento della pianta originaria ed un’interpretazione con
il nuovo muro trasversale come chiusura dell’area presbiteriale.
Questa fase risulta avere avuto breve durata. La chiesa infatti risulta abbandonata
e crollata entro del XII secolo. All’interno della navata sono stati recuperati diversi
strati sterili di terra sabbiosa estesi su tutto l’edi�cio, che sembrano interpretabili
come dilavamento dal terreno esterno. Al di sopra di questi strati, che già indicano
un probabile abbandono, si accumulano quelli di crollo vero e proprio, composti da
abbondante pietrame di varie dimensioni e laterizi. Non si è rinvenuto invece il crollo
della copertura del tetto, forse asportato prima dell’abbandono. All’interno di questi
strati sono stati recuperati numerosi indicatori archeologici, numismatici e ceramici,
che contribuiscono a delineare con chiarezza una datazione entro il XII secolo. Sembra plausibile immaginare che dopo il tentativo di recupero della pieve in fase proto
romanica, questa sia stata de�nitivamente abbandonata e lasciata crollare. Solo più
tardi, in un momento successivo non meglio de�nibile, si collocano numerose attività
95
Assenza del crollo dei nuovi muri con malta nell’antica zona presbiteriale, presenza di un pianerottolo
di ingresso di fronte all’apertura del muro 1028, presenza di intonaco decorato esclusivamente sulla sua faccia
ovest, recupero di reperti databili all’XI-XII secolo esclusivamente in quella che sarebbe la nuova navata.
28
�g. 9 – Rassegna di elementi appartenenti alla macroperiodizzazione.
di spoliazione e recupero del materiale costruttivo, sia con buche scavate sul crollo che
con fosse di spoliazione tagliate lungo i muri perimetrali.
È interessante notare la concordanza fra i dati stratigra�ci e quelli archivistici in
merito al prevalere, dall’XI secolo, della pieve di S. Maria in Pava a discapito di quella
di S. Pietro. Il primo documento relativo alla secolare contesa, nel quale �gura la sola
sancta Maria in Pava è il giudicato del 1057. Ciò suggerisce che da quel momento forse
esisteva la sola chiesa sulla collina, mentre quella ai suoi piedi era crollata o in fase di
abbandono, come in effetti i dati di scavo confermano96 (�gg. 8-9).
L’area cimiteriale (?-inizi XIII secolo)
L’area cimiteriale, a �ne campagna 2008, ha raggiunto il numero complessivo di
circa 750 sepolture (�g. 10). La maggioranza di esse risulta tagliata negli strati di terra
che coprono il crollo della chiesa proto romanica. La cronologia di questa massiccia
fase di utilizzo funerario dell’area circostante la chiesa si data perlomeno dall’XI al XIII
secolo97. Le sepolture si collocano sistematicamente all’esterno della chiesa, rispettando
l’ingombro dell’antico edi�cio, evidentemente ancora ben leggibile per la presenza di
ruderi e accumuli di pietrame.
Il cimitero è di tipo comune, le fosse sono terragne, in alcuni casi con presenza di
assi o altri elementi lignei a contenere il corpo dell’inumato. Per il momento non sono
emersi elementi di corredo o altri indizi signi�cativi riferibili ad elementi di distinzione
sociale dei defunti.
Il giudicato del 1057 è pubblicato da Pasqui, Pasqui 1899-1904, n. 181.
Sulla base di alcune datazioni al 14C effettuate su campioni ossei di tre sepolture. Le datazioni al
nello speci�co sono: 1161-1222; 1044-1098; 993-1041.
96
97
29
30
�g. 10 – Pianta generale della chiesa e del cimitero; esempio di sepoltura della fase compresa fra XI e XII secolo.
�g. 11 – Due dei manufatti rinvenuti fuori contesto forse appartenenti a sepolture di fasi non ancora individuate. Parte di �bula a testa di rapace, probabilmente del tipo a corpo centrale e serie di teste di rapaci a
vortice, età gota. Fibbia a testa di cavallo, produzione di età longobarda (VII secolo).
Importanti valutazioni si stanno ricavando dallo studio antropologico e paleo patologico delle sepolture98. Alcune considerazioni di carattere generale che si possono anticipare
riguardano la sfera tafonomica, quella antropologica e quella patologica. In ordine possiamo
per esempio suggerire che in base alla ricorrente posizione delle ossa, vi è una forte probabilità che gli inumati fossero avvolti in un sudario. Si registra inoltre la penuria di spazio
e quindi il taglio di sepolture da parte di altre, in sequenze relative che arrivano a contare
più di sei fosse sulla stessa area, in particolare nelle zone più prossime alla chiesa. Non vi
sono differenziazioni nella dislocazione delle sepolture, uomini, donne e bambini nelle stesse
aree. A livello antropologico possiamo dire che la buona conservazione dei resti scheletrici
permette di ipotizzare che le attività quotidiane svolte dagli esponenti della “popolazione
di Pava” vi fosse una forte differenziazione tra i sessi. I resti scheletrici maschili riportano
forti marcatori muscolari a livello soprattutto degli arti inferiori. Ciò indica lo svolgersi di
attività molto intense a carico di questa parte del corpo (più attività agricole). Diverso il
caso degli scheletri femminili che non presentano questi marcatori a favore invece di ossa
più fragili che indicano un’alimentazione più carente (più attività domestiche). Considerazioni importanti a livello delle patologie provengono dalla registrazione della diffusione
di ernie spinali anche in età giovanile e addirittura infantile. Ciò rivela la precocità con la
quale in questa società si iniziavano le pesanti attività lavorative quotidiane99.
Al momento poco possiamo dire, invece, a proposito della fase di vita iniziale del
cimitero, sebbene si possa considerare già esistente almeno a partire dal X secolo100.
98
Gli studi sono condotti dal Laboratorio di Paleopatologia dell’Università di Pisa, diretto dal prof.
G. Fornaciari.
99
Queste considerazioni provengono dalla tesi di laurea è di Valeria Mongelli dal titolo: Archeologia
funerarie nelle Crete senesi: studio del cimitero medievale della pieve di Pava (XI-XII secolo), AA 2005/2006,
relatore prof. G. Fornaciari, controrelatore C. Felici. Il lavoro ha preso in considerazione le prime 50 sepolture
emerse durante le campagne di scavo 2004 e 2005.
100
Due sepolture sono datate con il radiocarbonio ai seguenti intervalli: 970-1019; 961-988.
31
Una notevole serie di oggetti rinvenuti non in situ fa immaginare la presenza
di fasi di utilizzo del cimitero anche più antiche. Tra gli oggetti di maggior interesse
una parte di �bula a testa d’acquila di età gota101 e una �bbia a testa di cavallo di età
longobarda102 (�g. 11).
Ringraziamenti
Il nostro primo riconoscimento va naturalmente al nostro Maestro il prof. Riccardo
Francovich.
Il progetto non potrebbe essere stato realizzato senza l’apporto dell’amministrazione
comunale di San Giovanni d’Asso. Un sentito ringraziamento anche alla gentile proprietaria del
fondo agricolo sig.ra A. Lea Ricci e agli “amici di Pava”, Sheppard Craige, Carol Von Wonterghem, Russel Wilkinson.
Senza l’apporto dei numerosi partners scienti�ci qualità e risultati del progetto Pava
sarebbero inevitabilmente compromessi. Siamo quindi grati al contributo di Antonia Arnoldus
(Università di Siena), Gaetano Di Pasquale (Università di Siena), Gino Fornaciari (Università di
Pisa), Carmine Lubritto (Seconda Università di Napoli), Alessandra Pecci (Università di Siena),
Salvatore Piro (ITABC-CNR), Aereo Club di Firenze, società di ricerche geo�siche Geostudi
Astier, Iacopo Nicolosi, Leica Geosystems di Firenze, Fabio Remondino ETH Zurigo, società
Zetit, società Art Test di Firenze.
Consigli e pareri scienti�ci indispensabili sono stati espressi dai proff. Gian Pietro Brogiolo, Chris Wichkam, Richard Hodges, Vincenzo Fiocchi Nicolai, Letizia Pani Ermini, Roberto
Farinelli, Fabio Gabbrielli ai quali va la nostra gratitudine.
In�ne un ringraziamento speciale è rivolto a Chris Musson per la straordinaria energia
dedicata a Pava e per i preziosi consigli indispensabili per sciogliere le contorte stratigra�e del
sito.
Stefano Campana, Cristina Felici, Lorenzo Marasco
Bibliogra�a
Arslan E., 2007, Ripostiglio di Pava, in Brogiolo, Chavarría Arnau 2007, pp. 194-195.
Azzara C., 2002, L’Italia dei barbari, Bologna.
Bombonato G., Ravagnan G.L.(†), 2003, Due chiese paleocristiane: Castelvecchio/Altenburg
(C7) e Fiera di Primiero (Trentino). Mit einem Beitrag von Hans Nothdurfter, in H.R.
Sennhauser (a cura di), Frühe Kirchen im östlichen Alpengebiet. Von der Spätantike bis
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La tipologia della �bula pare essere quella a corpo centrale e teste di rapaci disposte a vortice e
trova confronti con l’esemplare di Rocca di Garda (�ne V - inizi VI) e Straubing-Baviera (tardo V - metà VI).
Rispettivamente: Micheletto 2007, �g. 53 nn. 2 e 7.
102
Tra i confronti più diretti per la �bbia in bronzo uno proviene dalla necropoli Cella di Cividale
datata alla prima metà del VII secolo (I Longobardi, X 149).
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