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R-OIVIA gcnrìaio-agosto2(X)f i r t t t t o\ . t r . l - 2 modernae contemporanea rivista interdisciplinare di storia Direttore responsabile:Carlo M. Tn,qvlcr-nt Redazione: Stefano ANDRETTA, Liliana B.qnnoeno,Olivier Boxparr, Catherine Bnrcn, Marina Carrnno, Luigi Gocln, Sergio Gunnnqo,Luigi Loxoer, Antonio Manrnn, Giuseppe MoNsl,cnert, Maria Luisa Nrnr, Maria lolanda PN,tzzoto, Maria Grazia Pesnne, PaolaPavaN,Maura Prccnr-tm, Alberto Recurt-r,Antonella Roua.No,Eugenio Somvnqo,Bruno TosrA,,Bruno TosceNo, Carlo M. Tnevncuvr. Paolo VeNhzr.cNr. Orietta Venpr, Maria AntoniettaVrscEGLrA R-OI\AA modernae contemporanea Segreteriadi Redazione:Elena Val-nnr Corrispondenti scientifici: Angela Boccr Gnmu, Philippe Boumy, Alberto Canaccrolo, Irene FosI, Saverio FneNcn, Elisabeth Knvrx, Ciro MaNca, Mario Maxmrr Elre, Paolo Mencolu, Giovanna MEnor-,q,,Roberta Moneru, Stefania Nalu.lr, Laurie Nussooren, Sergio PnceNo,Guido Pescosolno, FaustoProLACnsrlLr, Andrea RrccrRol, Domenico Roccrolo, Mario Rose, Mario Senro,Luigi Srnzzerenno, GiuseppeTalelro riv ista interdisciplinare di storia Manoscriffi, libri, proposte di contributi e recewioni vanno iwiati al prof Carlo M. Travaglini, redazionedi <Romamodema e contemporanea>presso:Centro per lo studio di Roma CROMA - Universitadegli studi RomaTre, P.zaCampitelli,3 - 0018óRoma - Tel. 066786099- Fax 066'792242- E-mul: travagli@uniroma3.it Editore: Uxnm.srrÀ DEGLrsruDr RorvraTnn, Via Ostiense,159- 00154 Roma Direzione e amministazione.' CROMA - Univenità degli studi Roma Tre, P.zaCampitelli, 3 - 0O186Roma- Tel. 066786099- Fax 066792242- E-mail: rmc@croma.uniroma3.it Abbonamentoannuoi Italia euro 41,00; Esteroeuro 55,00 - Sostenitore:euro 100,00 =a= I)istrihu:.itnc nclle librcric: EDIMOND srl - Via R. Morandi, 25- 06012 ('ittrt tli ('lstr'lkr ( l{ i I Tè1.075852 l4-5I (3 linee)- Fax 07.5t1510(X)7 - www.cdintorrrl.t onr cdimond(tledint<lnd.conr =a= UNIVERSITAI)EGLI STIJDIROMA TRE La rivista è pubblicata con il patrocinio della R.OAAA modernae contemporanea FONDAZIONEMARCO BESSO rivista inte rdisciplinare di storia Wn Anno X. n l-2 gennaio-agosto ?.N2 SON'IMARIO .CAPITi{LIA. GRUPPO BANCARIO acuradi LilianaBanoerc e Stefarc Susinno L. Bnnnosno,Introduzione pw. 7 .Aficles appearing in this journal are abstracted and indexed in: S. Fenrurnr, L'eredità culturale diWînclcelmann: Carlo Fea e la seconda ed.izione della Storia delle Arti del Disegao presso gli Antichi > 15 HISTORICAL ABSTRACTS S. Roul, Roma 1793: gli stttdi degli artisti nel Giornale di viaggío di Sofia Albenina di Svezia >> 49 AMERICA: HISTORY AND LIFE IBZ (Internationale Bibliographie der Zeitschriftenliteranr) I sommari e gli abstracts di <<Romamoderna e contemporaneo>, a partire dal primo fascicolo, sono consultabili via INTERNET all' indirizzo; http://host.uniroma3.iUcentri/croma"/rmc/rmchome. htm S.A. Meven, oUna gara lodevole>. Il sistema espositivo a Romn al tempo di > 9l ....................... Pio VI D. WnoNxowsr.!'., G/i artisti romani e la cone pol,acca aI tempo di Suníslno Augusîo Poniatowski ( I 7g- I 795) ll3 F. Lr<rNn, Tbmi antiquari e leîterari comc allegoria politica. La decorazione pittorica dclla sala delle muse del Museo Pio-Cletnentino ,...,.....,,,... > 1 3 l P Crnx. L'anività di tnercante d'arte e iI ptofilo culurale di JatnesByrcs of >) Tinky ( 1737.1817) S. Gnupr^sso, La vicenda esemplaredi un pittorc "neoclassico": Gaspare > Landi, Canota e l'ambiente erudito nomano @ 2002 Universitàdesh sordi RomaTrc - CROMA Pzr Cmpb[. Tcl. 0óó78ó099- Fax 0667V2242 I . CllS knr M. Tern. Ia tristezza> dell'esplorazione dell'antico: l'ambiguo "dolce dlsincanto di Alessandrc Verri ,.....,,,,,, t79 u 205 SOMMARI0 b)a bdl arilú ncll'etùú PIoVI a cura di Liliana Banoent e Stefano Susinno G. Buvzz;, Moda e lumi. Il ritratto della marchesa Margherita Gentili Sparapani Boccapaduli di Laurent Pécheux >, 231 S.A. Mryen-S. RoLrr, L'" Elenco dei più noti artisti viventi a Roma" di Alois Hirt >>241 Saggt,:11 . RnNcoM Gi*, Una questione di corwenienza.Pitturq politica e censura nel 1630 a Roma >> 263 hcAnu, Per una stoia del PensionatoArtistico Nazionale attraverso gli archivi >> 269 ,iu INTRODUZIONE ()ucsto lirscicolo di <Roma moderna e contemporanea>> raccoglie alcuni rlcgli irrtcrvcnti presentatialla III settimanadi studi canoviani che si è svolta trrr rl 1.5c il 28 settembre2001 a Bassanosul tema Canova e la culturafigu,,ttn'.t ( l(tt(reria dei centri italiani: Veneziae Roma. Con I'aggiunta di alcuni tcrtr rcritti lppositamenteper questo numero della rivista, sono qui pubblicaIr r t ontrrhuti inclusi nella sezione dedicata alla realtà artistica e culturale di ll,'rrrn rrcgli unni in cui Canova vi giunse e vi operò. Uincontro avevavisto tra I frfor (ìrglniz.zatoriStefano Susinno, che chiamò a parteciparvi, tra gli altri, rrltunr giovani studiosi la cui ricerca, in molti casi da lui guidata, si addentrarn rrcfl'arnbito cronologico della Roma di Pio Vl (1775-1799).Concluso il ( rlllvcgno, a Stefano e a chi scrive era stato affidato I'incarico di curare il prercrrtc f ascicolo, la cui pubblicazione si viene oggi a collocare con felice coincrtlcnza temporale tra due iniziative espositive che in diversa misura svilup;rrrrro gli argomenti qui toccati: la mostra Il Neoclassicismo in ltalia. Da lltltolo u Canova (Milano, PalazzoReale, 28 febbraio-28 luglio 2002) e quelIrr tfctficata alla Maestà di Roma. Da Napoleone all'Unità d'Italia, che avrà Iuogo a Roma (Scuderie papali al Quirinale, Galleria Nazionale d'Arte Mrxlcrna, Accademia di Francia a Villa Medici) nel periodo marzo-giugno fril.íí,iíiíiftffi,inìfrritrir'ltm,s#Éfifffffl|1",{'#'fifffiffi M.A. VrscscLtA, Tombecardinalizíe e papali. A prcposito di due tibri recenti su Michelangelo ................ >> 287 C. lvdazzep.r,rrt, Collezionismi rcmnni: dal Museo di Cassiano dal poz;o alla Galleia Giustiniani >> Zg7 Si parla dr: Italia e Spagna; Acca.demie romanei Repubblica romanai Roma borghese (a cura di A. Serio, E. Irace, C. Canonici, L. Cantatore) ......... > 3l I : ( x ì). îra.duzioni a cure di StephenSteinman l.a scomparsa,lo scorso 14 febbraio 2002, di Stefano Susinno non gli ha ( nnscntito di portare a termine personalmente queste iniziative. Ma i suoi olrut r ctl allicvi hannoraccolto questasua eredità proseguendoconcordemente tnrrcnrc i pcrcrlrsi di ricerca che nel tempo egli stesso aveva per la maggior Ir.rrtc tru('(ilto. Così, chiusa la mostra di Milano - il cui catalogo gli è stato rlcrlrtlto c rncntreè in corso di preparazionequella di Roma, costruita intorrro ltl un progetto anch'essogià da lui compiutamente definito nei concetti, rrcllc scz.ionie nelle opere,vede la luce questaomogenearaccolta di studi che rrcll:rscclta degli argomentie nella varietà dei punti di approccio ad un mede\uno c:rrrìpod'indagine si pone nella linea dei suoi (e nostri) ultimi lavori, a lrrrrtircrfalla nrostraArt in Rome in the Eighteenth Century realizzatanel 2000 <<UNAGARA LODEVOLE>. IL SISTEMA ESPOSITIVO A ROMA AL TEMPO DI PIO VII Nel 1792I'abate Michele Mallio pubblicò nei suoi <<Annalidi Romo> un accorato appello per la creazione a Roma di un <<edificio,dove a tutti dato fosse I'ingresso, e dove a ciascun artista pennesso fosse di esibire, e di collocare alla vista del pubblico le loro opere rispettive: e questo infelicemente è quello, che manca alla capitale d'Italia, la più bella, ed in questo genere la più colta parte d'Europo>2. Mallio, richiamando l'esempio dell'antica Grecia, dell'Inghiltena e della Francia, per sostenere I'idea della creazione di una Sala d'esposizione a Roma evidenziava lo stretto nesso esistente tra giudizio del pubblico, emulazione tra gli artisti e progresso delle arti; una questione che sarà successivamente molto discussa, com'è noto rimanendo fondamentalmente irrisolta, fino agli anni della seconda Restaurazione3. Nel Settecento non esisteva a Roma un'esposizione artistica istituzionale comparabile, per importanza e imponenza, ai famosi Salons di Parigi, alle mostre della Royal Academy di Londra o alle analoghe manifestazioni organizzate in altre capitali europeea.A questi importanti eventi accademici la storiografia ha spesso contrapposto alcune esperienze di esposizioni individuali svoltesi a Roma - come la presentazione del Giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David nel 1785 o la mostra di Jakob Asmus Carstens nel 1795s - ritenute indizi e spie di un nuovo e "moderno" rapporto tra pubblico e artista, anticipazioní rilevanti, seppure isolate, delle future esperienze romantiche0. In questa prospettiva storiografica il luogo in cui queste esperienze si sono svolte, Roma, è stato in genere ridotto a una specie di rarefatto sfondo neutro su cui tali "grandi occasioni" finivano quasi col galleggiare come sospese. La produzione artistica di Roma nel XVIII secolo era caratterizzata dalla presenza di artisti e committenti stranieri e dal fatto che una parte considerevole di questa produzione non era destinata a rimanere in citta ma ad essere esportata verso altre località, anche al di là delle Alpi. Un'indagine delle diverse forme, degli spazi e delle dinamiche della presentazione a Roma di 92 SUSANNEADINA MEYER opere d'arte realizzate negli anni del pontificato di Pio VI, 1775-1799, permette di conoscere meglio tale produzione e di far emergere i contorni dello "sfondo Roma" e la sua rilevanza, il suo carattere assolutamente non periferico nel generale panorama artistico europeo. L'importanza della "esposizione alla pubblica vista" di opere d'arte si rispecchia nel ruolo e nel peso attribuito da diversi autori settecenteschial giudizio del pubblico romano, indicato come quello più attento e competente in tutta Europa. In un numero del gennaio 1786 del <<Teutscher Merkur>>,rivista pubblicata a Weimar e considerata uno dei periodici tedeschi più diffusi e prestigiosi, apparve un articolo, inviato da Roma da Aloys Hirt, contenente una dettagliata descrizione e un'analisi critica del Giuramento degli Orafi esposto da David nell'estate dell'anno precedentez. L antiquario, storico dell'arte e critico Hirt, che visse a Roma dal 1782 al 1796, era diventato - insieme con Johann Friedrich Reifenstein - il "cicerone" più richiesto dai viaggiatori tedeschi, molti dei quali in quegli anni si fecero guidare da lui nelle loro visite ai monumenti antichi e moderni, nei musei, nelle gallerie nobiliari e negli studi dei più importanti artisti attivi a Roma, soprattutto di quelli nordeuropeia. Nella parte introduttiva del suo articolo, Hirt sottolineava con una certa meraviglia la grande attenzione suscitata dall'opera di David tra il pubblico romano, composto non solo da artisti, amatori e conoscitori, ma anche da gente del popolo. Va ricordato che Hirt poteva osservare bene il grande afflusso di pubblico alla visita dell'opera davidiana - confermato peraltro anche da altre fonti - visto che in quel periodo abitava nella strada del Babuino, molto vicino allo studio di David posto nella "casa Costanzi" tra la stessastrada e via Marguttae. Hirt spiegava aI lettore tedesco questa attenzione generale suscitataa Roma, <<lacapitale d'Italio>, per I'esposizione pubblica di un'opera d'arte con il particolare ruolo qui attribuito all'arte e al giudizio sull'arte; un giudizio la cui autorità era difesa con orgoglio anche da parte del popolo, quasi a stabilire una sorta di dominio, di egemonia in campo estetico sulle altre capitali europee, in sostituzione del dominio politico della Roma antica, da tempo scomparso, e di quello religioso della Roma cristiana ormai in crisi. Per spiegare meglio la sua osservazione Hirt concludeva: Per tal motivo una nuovaoperad'arte suscitaa Roma la stessaagitazioneche a Parigi suscitauna nuovamoda,a Londra il commerciocon le Indie occidentalie orientali, a Berlino una nuova rivoluzione nel campo della strategiabellica, a <UNA GARA LODEVOLE> 93 Vienna una riforma e a Pietroburgo la civihzzazione. A Roma ogni giorno le belle arti produconoqualcosadi nuovo.Non si smettemai di parlare,di elogiare e di recensirele nuoveopere:la presentazione dei tre Orazi, però, ha prodotto una sortadi tumulto al qualeognunovolevaparteciparelo. La convinzione che il pubblico romano, inclusi i ceti popolari, fosse particolarmente competente in fatto d'arte è comunque w topos che si ritrova spessonelle fonti coeve, romane e non. Di conseguenzaal giudizio romano su un'opera veniva riconosciuta una particolare autorità che gli artisti stranieri, a volte, esibivano come un trofeo al momento della presentazione della stessa opera in patria. Questa idea del valore particolare del giudizio critico dei romani era stata qualche anno prima autorevolmente registrata anche nella voce Peintre dell'Encyclopedie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Diderot e D'Alembert, dove si affermava che <<lestableaux exposés dans Rome seront plutót appréciés à leur juste valeur, que s'ils étoient exposés dans Londres & dans Paris>ll. Secondo I'autore della voce, Louis de Jaucourt, a far crescere tra i romani un <<goútnaturel> per la pittura era stata soprattutto la possibilità loro quotidianamente offerta di osservare e confrontare i tanti capolavori della pittura conservati nelle chiese e nei palazzi della città. De Jaucourt si spingeva fino a ipotizzare l'esistenza nei romani di una particolare <sensibilitò> che li rendeva capaci di giudicare le opere artistiche anche senza dover ricorrere a critici, conoscitori o amatori: Le goùt naturel des Romainspour la Peinture,les occasionsqu'ils ont de s'en nourrir, si je puis parler ainsi, leurs mcurs, leur inaction, les occasionsde voir perpétuellementdansles églises& dansles palaisdeschefs-d'auvresde peinture; peut-ètreaussila sensibilitéde leurs organesrend cette nation plus capable qu'aucuneautred'apprécierle mérite de leurspeintressansle concoursdesgens du métierl2. È chiaro che I'autore francese contrapponeva qui, polemicamente, il giudizio di una nazione basato sul suo <<goútnaturel> al giudizio dei critici, che correva sempre il rischio di essere fazioso, autoritario e, in definitiva, inaffidabile. Il popolo romano diventava così il prototipo di un pubblico ideale illuministicamente "naturale" - cui I'artista faceva bene ad af[rdarsi per migliorare la sua arte e per sviluppare il suo genio, piuttosto di obbedire pedissequamentea modelli e precetti imposti dall'accademia. Siamo chiaramente all'interno della polemica antiaccademica portata avanti dagli enciclo- 94 SUSANNEADINA MEYER pedisti e da Voltairer3. È interessante notare, a questo proposito, che nel 1777 Joseph-Marie Vien, direttore dell'Académie de France a Roma dal 1775 al 1781, introdussele esposizioniannuali delle opere degli allievi sia perchériteneva fondamentale I'emulazione tra gli studenti sia in quanto convinto che niente avesse I'autorità, e fosse tanto temuto dai giovani, quanto il giudizio espresso dai romani. Infatti Vien, in una lettera del giugno 1780, raccomandando caldamente al conte d'Angiviller, directeur des Bótimenrs a Parigi, di mantenere anche in futuro tale prassi espositiva ritenuta esperienza fondamentale nella formazione di un giovane artista, affermava: <j'etois persuadé qu'ils lgli allievi] craignoient plus, en quelque fagon, les sentiments des Romains et ceux de leur camarades que le jugement de I'Académie>, insinuando, contemporaneamente,una precisa gerarchia tra sentimenlo naturale e giudi zi o accademicora. L introduzione delle esposizioni annuali faceva parte di un più generale piano di riordinamento dell'Académie de France, fortemente voluto e sostenuto dal conte d'Angiviller e incentrato su un preciso piano didattico finalizzato alla promozione del "gusto rinnovato", vale a dire al ritorno allo studio dell'arte antica e dei grandi modelli del classicismo seicentesco,e su una più complessiva rimoralizzazione dell' artets. Alcuni decenni più tardi, in un'ottica retrospettiva, Luigi Lmrzi a conclusione del capitolo dedicato alla storia della scuola romana della sua Storia Pittorica della ltalia (Bassano, 1809) rifletteva sui fattori che avevano portato a un momento particolarmente felice nella produzione artistica romana a partire dalla metà del XVil secolo. Novità fondamentale era stata, secondo Lanzi, il forte ampliamento del pubblico interessato all'arte, incrementato dal continuo, e intenso, confronto tra scuole e artisti delle più diverse provenienze e tendenze che avevano modo d'incontrarsi a Roma. Per Lanzi le occasioni principali di questa <<gara lodevole>>erano proprio le esposizioni pubbliche, in cui le opere erano poste <<allavista di un popolo che fa giustizia alle buone [opere] e ne fa ritrarre aforza di sìbili le mal composte>>r6. Accanto alle esposizioni Lanzi indicava una serie di altri fattori che avevano pure contribuito a creare un vasto interesse per la produzione artistica, in particolare i premi assegnati pubblicamente in Campidoglio dall'Accademia di San Luca ai giovani artisti più meritevoli di tutte le nazioni e il reclutamento a Roma, da parte dei sovrani europei, di pittori di corte e direttori di Accademie. In altri termini, Lanzi individuava proprio nel complesso rap- <I,]NA GARALODEVOLE> 95 porto interconente tra esposizioni pubbliche, intervento delle istituzioni romane e azione svolta dai sovrani europei, che continuavano a considerare Roma capitale dell'arte, la ragione di quella specifica e favorevole congiuntura per I'accrescimento dell'arte che si riscontrava nella "città del papa" ancora alla fine del Settecento. Il fatto che nel caso di Roma la presentazione pubblica di nuove opere fosse solo parzialmente regolata dalle istituzioni, e la conseguente mancanza di cataloghi di mostre o di altre forme di documentazíone ufficiale, rende ovviamente difficile ogni indagine di questa modalità della promozione artistica. Le fonti più importanti per tentare una ricostruzione del mondo della presentazione pubblica di opere d'arte sono, innanzitutto, alcuni giornali pubblicati a Romatz. Le notizie sulle esposizioni individuali, o collettive, fornite dai periodici romani devono essere, però, integrate con informazioni desunte anche da altri periodici, sia italiani sia stranieri, e da ulteriori fonti, come carteggi, diari e memorie di artisti, eruditi e viaggiatori che avevano visitato la citta o, in alcuni casi, vi avevano a lungo dimorato. Notizie preziose sulle attività artistiche romane si trovano nel <Diario ordinario>, pubblicato dalla stamperia Chracas, un giornale che rappresenta una sorta di cronaca ufficiale della vita politica, amministrativa, religiosa, mondana e culturale della città, e che si mostra particolarmente attento a seguire le commissioni papali e I'interesse per I'arte manifestato da sovrani e principi in visita a Roma. Vi sono trattati diversi aspetti della vita artistica romana, fornendo notizie su artisti, scavi, nuove opere eseguite in chiese e palazzi e, appunto, anche annunci di opere <<esposte alla pubblica visto>. Dalla lettura del <Diario ordinario> emerge così una sorta di cronaca degli eventi artistici, in alcuni casi particolari corredata anche da annotazioni di un certo impegno criticotg. Va, tuttavia, osservato che il <Diario ordinario> non deve esseresopravvalutato come fonte, offrendoci solo un panorama parziale del mondo espositivo romano. Ben altro peso assumono i periodici romani dedicati esclusivamente all'arte che permettono, almeno per gli anni tra il 1784 e il 1788, una più capillare comprensione sia del sistema espositivo sia delle diverse posizioni della critica. In questi anni, infatti, a Roma fu pubblicato il <Giornale delle Belle Arti e della Incisione antiquaria, Musica e Poesia>>,apparso con 96 SUSANNEADINAMEYER cadenzasettimanaletralI 1784 e il 1788. Dal 1785 iniziava la sua attività un altro periodico, le <<Memorieper le Belle Arti>, che cesseràanch'essole pubblicazioni nel 1788ts.Il vivace panoramadelle riviste romanea contenuto artistico di questi anni viene completato dal periodico di Giuseppe Antonio Guattani, <<Monumentiantichi inediti ovvero Notizie sulle Antichità e Belle Arti di Roma>>(1784-1789), che però si occupavaesclusivamentedi questioni di antiquaria e dunque non appare rilevante per la questione delle esposizioni qui presa in esame. Per gli anni compresi tra il 1790 e il 1797 alcune informazioni sulla produzione artistica si possono trovare, inoltre, nei già citati <<Annalidi Romo>, opera di Michele Mallio, un periodico a carattere precipuamente politico fortemente controrivoluzionario, un orientamento che finisce col contaminare anche la descrizione e la critica delle opere d'arte. Resta dunque il fatto che per il periodo compreso tra 1l L784 e it 1789 risulta agevole ricostruire una cronologia degli eventi espositivi, mentre per gli altri anni del pontificato di Pio VI le notizie sui giornali romani sono molto più scarse e frammentarie. Ulteriori informazioni a carattere artistico sono però desumibili da diversi periodici stranieri. Hanno una particolare rilevanza, sotto questo profilo, i giornali tedeschi, come il già menzionato <<Teutscher Merkun>, il <<NeuesdeutschesMuseum>>e la <<Monats-Schriftder Akademie der Kúnste und Mechanischen Wissenschaftenzu Berlin>, tutti molto attenti al mondo artistico romano2o.Inoltre, alla fine degli anni Ottanta nascono in Germania alcuni giornali specializzati sul rapporto Italia-Germania, come, ad esempio, la rivista <<Italienund Deutschland> curata da Karl Philipp Moritz, professore di teoria delle Belle Arti a Berlino, e da Aloys Hirt, apparsa nella capitale prussiana dal 1789 al L7932t.È da notare, a questo proposito, che Hirt già nel 1785 aveva presentato ai lettori tedeschi i diversi <<scrittiperiodici [romani] dedicati alle opere delle Belle Arti eseguite da artisti ancora viventi>>:il <Giornale delle belle arti> - <<curatodall'abate Carletti>. secondo Hirt molto venduto anche se criticato per <gli elogi sperticati>>concessi senza distinzioni di merito -, le <<Memorie>antiquarie di Guattani e, infine, la nuova rivista delle <<Memorie per le Belle Afi>. Per quanto riguardava quest'ultima rivista, Hirt sottolineava, in particolare, la qualità dei contributi di Giovan Gherardo de Rossi e di Onofrio Boni. L erudito tedesco rivelava, però, che queste pubblicazioni si rivolgevano soprattutto al pubblico romano che aveva la possibilità di recarsi <<avedere di persona ['opera], arrivando, in genere, a un giudizio del tutto <UNA GARA LODEVOLE> 97 diverso rispetto a quanto ha letto sui pubblici fogli>. Secondo Hirt, per rendere utili pubblicazioni simili anche per dei lettori che vivevano lontano da Roma, la descrizione e I'analisi critica di un'opera dovevano acquistare una maggiore precisione e autoritàzz.Sembra, quindi, che I'esperienza dei giornali romani, in particolare delle <<Memorieper le Belle Arti>, abbia funzionato da modello, o almeno da catalizzatore, per f impegno critico di Hirt e forse, in qualche misura, più in generale anche per la coeva critica artistica tedesca. Come si svolgevano,dunque, le presentazioni delle opere d'arte al pubblico romano, quali erano i luoghi, le modalità, le strategie?Per awiare una prima analisi appare utile delinearne alcune tipologie e caratteristiche generali. L"unica occasione istituzionale per la presentazione di giovani artisti, romani e stranieri, erano le feste per la consegna dei premi Balestra e Clementino assegnatidall'Accademia di San Luca. Le premiazioni si svolgevano nella Grande Sala del palazzo Senatorio sul Campidoglio, in cui veniva allestito un fastoso apparato scenografico per una cerimonia che prevedeva,in un comune omaggio alle belle arti, I'esecuzione di brani musicali e la recita di orazioni e poemi da parte di membri dell'Arcadia alla presenza degli accademici di San Luca e dei giovani premiati. Durante il pontificato di Pio VI si sono svolte otto di queste premiazioni, con un ritmo all'inizio biennale e in seguito triennale23.In tali occasioni i disegni e i modelli risultati vincitori venivano esposti per qualche giorno in alcune stanze attigue alla Grande Sala, nell'appartamento nobile del Senatore di Roma, all'epoca don Abbondio Rezzonico. Come si legge nelle descrizioni a stampa dello svolgimento delle feste di premiazione, prima dell'inizio delle cerimonie gli invitati si trattenevano in queste sale a osservare le opere; i cardinali e i nobili erano guidati nella visita da alcuni dei più illustri membri dell'Accademia di San Luca. Ad esempio, nella "Relazione" del concorso Balestra del 1777, firmata dal segretario dell'Accademia Anton von Maron, si legge: [i professoridell'Accademia]che furono destinatiper riceveregli eminentissimi signori cardinaliche si degnaronodi accresceresplendorea questotrionfo delle Belle Arti, ebberoI'onore di prestarequestoservigio agli eminentissimisignori Calino, Marefoschi,Antonelli, Giov. BattistaRezzonico,Casali, Delci, ricevendoli a' pie' della scalaed accompagnandolipel Scalonefin alle cameredell'eccellentissimosignor Senatorenelle quali restavanoespostele operedei premiati in pittura, scultura, ed architettura,con le loro rispettive prove2a. 98 SUSANNEADINA MEYER Con il nuovo Statuto dell'Accademia di San Luca del 1796 si stabilì di esporre anche le opere dei partecipanti non premiati, queste però senza indicazione del nome dell'autore, forse per dare comunque agli artisti partecipanti una qualche occasione di presentarsi al pubblico e contemporaneamenteper dare la possibilità allo stesso pubblico di comprendere appieno il giudizio espressodagli accademicizs.Già in occasione della premiazione del concorso Clementino del 1795 vennero comunque esposte per quattro giorni <le opere dei giovani concorrenti, tanto di quelli premiati che degli altri non premiati>26. Un'altra occasione di esposizionepubblica legata a una istituzione accademica era la mostra degli allievi dell'Accademia di Francia che, come già si è detto, dal 1777 in poi si svolgeva ogni anno nella <Salle du trone> di Palazzo Mancini in via del Corso e che comprendeva, oltre alle opere che gli allievi dovevano inviare ogni anno in Francia per essere giudicati dall'Accademia parigina, anche disegni e copie da antichi maestri che gli studenti dovevano eseguire per il rezz.A differenza, dunque, della mostra in Campidoglio, che si svolgeva dopo la scelta dei vincitori da parte dell'Accademia e che era in qualche modo parte del premio assegnato,le esposizioni dell'Accademia di Francia precedevano il giudizio degli accademici parigini ed erano pensate, piuttosto, come parte della didattica in quanto avevano la funzione di stimolare lo spirito di emulazione tra gli allievi. A volte nella sede dell'Accademia di Francia, venivano allestite esposizioni anche in occasione dell'arrivo di viaggiatori eccellenti in città. Come, ad esempio, nel 1782, in occasione della visita del granduca e della granduchessa di Russia o per la visita di Luigi Filippo d'Orléans, duca di Chartres. A Palazzo Mancini erano inoltre presentate, prima della loro partenza,le opere eseguite dai direttori dell'Accademia per i Salons di Parigi e, in singoli casi, questo accadeva anche per opere di allievi, come per il quadro San Rocco intercede presso la Vergineper Ia guarigione degli appestati dipinto da David ed espostonell'aprile del 1780 ricevendo I'applauso del pubblicozs. Ma ciò che caratterizza maggiormente il sistema espositivo romano è la presentazione di singole opere prima di essere esportate fuori città: analizzando queste esposizioni individuali ed estemporanee emerge un mondo cosmopolita che coinvolge artisti, committenti e acquirenti provenienti da tutta Europa e anche dall'America. Un primo dato che risulta è che venivano esposte non solo le opere delle "arti maggiori", come le statue e i dipinti, ma I'intera produzione di manufatti artistici. Nel dicembre L777, ad esempio, nello <UNA GARALODEVOLE> 99 si potestudio dello scalpellino Antonio Blasi, a <<Piazza della Consolazione>>, va ammirare un altare eseguito per un committente inglese dallo stesso Blasi in collaborazione con I'architetto Giacomo Quarenghi: Dal sig. Antonio Blasi scarpellinosulla piazzadella Consolaziore,con il disegno, e direzionedel sig. GiacomoGuarenghi[sic], si è terminatoun ricco, e bellissimo altareformato di tutte pietre rare, con un tempio sopra,ed un colonnato di cristal di monte,e sotto al medesimoun superbovaso di alabastroantico da riporvi corpi santi, adomatoil tutto di vaghi metalli dorati. Il detto altare è stato ordinato da un sig. abateinglese, e prima di trasmetterloin Inghilterra,resterà per qualchetempoeretto,nello studiodel suddettoscarpellino,per soddisfare,e piacerede' signori dilettantize. Particolarmente attento a presentare al pubblico le sue opere era Luigi Valadier. Le fonti più volte riportano notizie di esposizioni nel suo studio in via del Babuino, molto frequentato dai viaggiatori stranieri, di lavori eseguiti da Valadier e dalla sua bottega prima del loro invio ai committenti. Nel 1778, egli presentò per più di dodici giorni il grandioso Dessert eseguito per il balì dell'ordine dei Cavalieri di Malta, Jacques-Laure de Breteuil. Secondo quanto riferito dal <Diario ordinario>>: Nella casadel virtuoso,e rinomatoargentieresig. Luigi Valadier,passatopíazza di Spagnaper andareal Babuino,per lo spaziodr 12, e più giorni si è vedutoin una sala parata,ed illuminata la sera,un Deserda tavola magnificamenteornato, e lavoratoin pietre dure legatepartein oro, in argento,e in bronzi dorati [...] A vederesì magnificoparticolareDeservi si sonoportati molti e.mi sigg.cardinali, quasitutta questaprimaria nobiltà, ed il concorsodi civili persone,ed intendenti è stato semprecontinuo, ammirandotutti, e lodandoil vago disegno,e la frnezzadel lavoro3o. Nel maggio del 1787 sia il <Diario di Romo> che il <Giornale delle Belle Arti> elogiano il lavoro dell'ebanista milanese Francesco Abbiati, <<commorante in Roma in Campo Marzio presso alpalazzo di Firenze>, che aveva eseguito due preziosi cornò con decoro raffaellesco3l. L'anno seguente le <<Memorieper le Belle Arti> menzionano un tavolo con piano a mosaico eseguito da Pompeo Savini, su disegno del pittore boemo Wenzel Peter, destinato ad esseretrasportato a Varsavia32.Quest'attenzione da parte dei giornali per le opere di argentieri, ebanisti, scalpellini, mosaicisti, intagliatori rispecchia una caratteristica del mercato d'arte romano, interessato non solo alla pittura e alla scultura ma all'intera gamma delle cosiddette "arti utili" e dell'artigianato di lusso33. 100 SUSANNEADINA MEYER Un'altra riflessione va dedicata agli spazi in cui venivano espostele opere. Come luogo per presentarle <<allapubblica visto> prima della loro partenza dalla città, a volte erano scelte le chiese. Negli anni che vanno dall'elezione di Pio VI, nel febbraio 1775, alla proclamazione della Repubblica romana, nel febbraio 1798, ho finora incontrato nel corso della ricerca circa trenta casi riportati dai periodici romani, che però con ogni probabilità non forniscono un quadro esaustivo per le ragioni sopra accennate. Particolarmente coinvolte in questa attività espositiva sembrano esserestate le chiese di Santa Maria sopra Minerva, Santa Maria ad Martyres (Pantheon), San Lorenzo in Lucina e San Carlo al Corso, in cui si svolsero complessivamente diciotto presentazioni. Si tratta dunque di determinate chiese, con una collocazione molto centrale nel tessuto urbano, situate nella zona di piazza della Rotonda o in quella di via del Corso3a.In altre occasioni la scelta di una determinata chiesa sembra spiegabi le più facilmente dalle circostanze. Non sarà un caso, ad esempio, che proprio nel 1787 vengano esposte due opere, a distanza di qualche mese, nella chiesa dei SS. XII Apostoli, vale a dire la tela San Clemente, sant'Innocenzo, san Carlo Borromeo, san Francesco, sant'Antonio e la Vergine di Giuseppe Cades e un dipinto con soggetto allegorico di Francesco Manno3s.Infatti, dopo la collocazione al suo interno del monumento funebre di Clemente XIV, opera di Antonio Canova nell'aprile del 1787, questa chiesa era diventata meta obbligatoria di artisti, amatori e viaggiatori. Le opere presentatenelle chiese romane erano ovviamente sempre a soggetto religioso e per la maggior parte destinate a chiese italiane, anche se esistono delle eccezioni, come ad esempio nel caso della presentazione delle due tele di Domenico Corvi - ln Pentecoste e L'incredulità di san Tbmmaso destinate al duomo di Sant'Orso a Solothurn in Svizzera, che furono esposte nell'agosto del 1778 nella sala del Convitto di San Carlo al Corso36.Inoltre sembra che soprattutto artisti giovani, o comunque non ancora molto noti, abbiano scelto di esporre all'interno di luoghi sacri. Queste osservazioni appaiono confermate dal fatto che nelle riviste straniere (almeno in quelle tedesche) e nelle memorie e lettere di viaggiatori interessati ai grandi eventi siano, viceversa, molto rari gli accenni a queste esposizioni. In alcuni casi la scelta di eseguire,e poi presentare,un'opera"alla pubblica vista" in uno spazio ecclesiastico era determinato anche da problemi di spazio, in particolare per I'esposizione, e talvolta anche per I'esecuzione, di grandi tele come la pala di Antonio Cavallucci San Mauro e san Placido si presentano a san <<UNAGARALODEVOLE> 101 Benedetto, destinata alla chiesa del monastero di San Nicolò all'Arena di Catania, presentata nella Grande Sala dei padri pii operai di Santa Maria ai Monti secondo una notizia contenuta nel <Diario ordinario>>: Stantel'altezza del quadroè statodipinto nella gran saladei padri operari della Madonnade'Monti doveprima che fosseterminatoconcorsemolta gentedilettante ed intelligente ad ammirarela bellezzadel medesimoa segnoche poi fu obbligatoil professorea speseproprie mantenereun portinaro.Il concorsoquindi crebbe compito che fu in guisa che anchevarie principesse,dame ed altre signoredi varie nazioni,che si trovaronoin questadominante,entraronoin quel luogo pio con le debite licenze37. Oltre alle chiese, anche i grandi palazzi romani, in particolare quelli che erano sede di ambasciatori come Palazzo Venezia ePalazzo De Carolis in via del Corso, residenza del cardinale de Bernis ambasciatore di Francia, erano coinvolti nelle attività espositive. Quasi sempre in questi casi risulta evidente che la scelta della sede per presentare le opere era determinata dal fatto che o I'artista o il committente era un connazionale del signore che risiedeva nel palazzo. Si adombra qui, in nuce, una consuetudine di promozione delle arti per gruppi nazionali che tanta fortuna avrà a Roma nel secolo successivo quando si organizzeranno le grandi mostre nazionali collettive. Più volte vengono presentate opere a Palazzo Venezia, sede degli ambasciatori della Serenissima, soprattutto di artisti veneti o di quadri destinati a Venezia o al territorio della Repubblica. Particolarmente attivo era il pittore bresciano, e allievo di Batoni, Giuseppe Pirovani, che espose ripetutamente nel <<Palazzodella Serenissimu opere destinate a essere spedite fuori città. I giornali romani riportano infatti notizie della presentazione aPalazzo Venezia di una Assunzione di Maria e i Xil apostoli (1777) per la chiesa di Montechiaro-Brescia; una Inpidazione di santo Stefano (1782) per la chiesa di Bedizzole; una Deposizione della croce (1785) per la chiesa della Certosa di Torino; un Ritratto del cardinal Archeni (1786) dipinto per la <Sala del Palazzo della città>>di Brescia e vn Battesimo di Cristo (1788), pala d'altare per la chiesa dei benedettini della stessa cittàrs. Non sempre, però, risulta facile intuire il nesso che legava un'opera al luogo in cui veniva presentata, come nel caso del pittore romano Francesco Pascucci che dipinse, e poi espose, nella <<grandesala dell'ambasciatore> veneto una tela raffigurante 1l Martirio di san Bartolorneo destinata all'altare maggiore della chiesa di San Matteo a Scicli in Sicilia:s. ro2 SUSANNEADINA MEYER Un ruolo leggermente diverso sembra aver avuto Villa Medici, allora ancora in possesso del granduca di Toscanaao.Già nel 1772 Mengs vi aveva presentato il suo quadro Noli rne tangere e nel 1774 Corvi espose qui L'UItima Cena. Negli anni successivi vi presentano loro opere Friedrich Miiller, pensionato dell'Elettore di Baviera, Domenico de Angelis, per due volte, Johann Philipp Hackert, Giacomo Berger, che in questa occasione viene scoperto da Frederick Hervey, vescovo di Derry ed Earl of Bristol, Giuseppe Mazzoli, pittore stipendiato dalla corte sabauda,e Teodoro Tonnerini. Risulta evidente il prestigio del luogo, tappa obbligatoria dei visitatori della città e abituale luogo di passeggiodei romani, anche dopo I'avvio dello spostamento della famosissima raccolta di statue antiche a Firenze, ma non appare altrettanto evidente un nesso tra questi artisti e il granduca di Toscana, che del resto nelle notizie di queste esposizioni non viene mai chiamato direttamente in causa,come invece accade in altri casi dove il nome di chi risiedeva nelpalaz-zo viene sempre sottolineato. I principali luoghi espositivi di Roma erano però gli studi degli stessi artisti. Infatti, alla conclusione di un'opera importante spesso I'artista la "presentava al pubblico" direttamente nel suo studio, a volte creando intorno a ciò un vero e proprio evento. Si deve ricordare a questo proposito anche il fatto che, prima di poter essere imballati per il trasporto, i quadri ad olio dovevano necessariamenterimanere per qualche tempo negli studi, in modo da permettere al colore di asciugarsi. Intorno a queste occasioni, in alcuni casi, si addensano giudizi critici riportati dai periodici o nelle corrispondenze private e, talvolta, ricordati anche nei resoconti di viaggiatori. Tra i molti esempi possibili vorrei soffermarmi sul caso di alcune opere esposte nella prima parte del pontificato di Pio VI, più precisamente tra la fine del 1777 e I'inizio del 1778. Nel settembre del 1777, Pompeo Batoni presentò nel suo studio la Sacra Famiglia+r (fig. 8), <<madefor his own keeping>>come racconta un osservatore inglese, il padre gesuita John Thorpe, in una lettera del 10 dicembre 1777 inviata al barone Arundell in cui sottolinea iI grande successodell'opera che era diventata il <<favoritepiece> di tutto il pubblico romano4z.Un'altra fonte, le lettere che un giovane allievo di Batoni, il pittore tedesco Johann Gottlieb Puhlmann, scrisse ai genitori, conferma questo successo della Sacra Famiglia. In una lettera del 30 settembre 1777 Puhlmann annunciava ai suoi familiari la partenza da Roma del suo primo quadro romano, Selene e Endimione, inviato a Berlino come prova dei progressi artistici raggiunti e con la speranzadi otte- <UNA GARA LODEVOLE> 103 nere in questo modo un aiuto economico da parte del re (fig. l0). In questa lettera Puhlmann scriveva inoltre: Speroche I'opera piaccia da noi così comeè piaciuta qui, dove è stataammirata da tutti i pittori: esponendoBatoni attualmenteuno dei suoi dipinti più belli (cherappresentala SacraFamiglia),ha voluto cheio lasciassinello studioanche il mio quadro,per dimostrareche egli è capaceanchedi insegnaread altria3. La Sacra Famiglia di Batoni rimase nello studio per ben cinque anni e fu ammirata da diversi viaggiatori fino al 1782, quando fu acquistata dal granduca Paolo di Russia come dono per sua madre, la zarina Caterina II, al considerevole prezzo di 1.500 zecchini. Solo qualche mese dopo I'inizio dell'esposizione di Batoni, verso la fine di gennaio del 1778, Mengs espose nel suo studio aPalazzo Barberini, presso San Pietro, la tela Perseo e Andromedat4 (frg.9), la sua prima opera presentata a Roma dopo il ritorno dalla Spagna avvenuto nel marzo dell'anno precedente. Anche in questo caso diverse fonti raccontano di un notevole successo presso il pubblico romano. Dalle memorie del pittore Thomas Jones sappiamo che la tela fu presentata al pubblico creando un allestimento sapientemente organizzato: This Picture madea Stir in Romein proportion to the Celebrity of the Painter& the Exhibition was conducted with the utmost Pomp - All the Grand Apartments of the Palacebeing thrown open - in most of which were groupesof Pupils making Studies after drawings pictures or Statues, according to their respectiveClasses- In the room where this famouspiece was placedfor public Admiration, decorated with a Superb frame & green silk curtain, the Senior Pupils attended in form, ready to explain the Subject, point out the different beautiesof the Performance& expatiateon the transcendentexcellenciesof their great Master - The Ceremonywas indeed striking and did honor to the Arts - but after all - the principal Merit of the piececonsistedin its laborioushigh Finishing - The result of German flegmatic Industry+s. Si può notare come in questa occasione Mengs, oltre a presentare con una evidente enfasi la tela creando un vero e proprio allestimento, sottolineasseanche il suo ruolo di maestro, con un atteggiamento simile a quello che aveva indotto Batoni ad affiancare I'opera dell'allievo Puhlmann alla propria tela. Evidenziare la propria funzione di "caposcuola" aumentava di certo il prestigio di un maestro, una strategia autopromozionale, questa, che deve esserecollegata anche al fatto che I'insegnamento ai giovani allievi nello stu- t04 SUSANNEADINA MEYER dio rappresentava una parte non secondaria delle entrate degli artisti più affermati. Tra la fine del 1778 e I'inizio del l779,le due opere di Batoni e di Mengs erano dunque visibili contemporaneamente,fatto che sicuramente ha ulteriormente rafforzato il confronto critico tra i più celebri artisti allora presenti a Roma, awiato da tempo e più tardi codificato da Onofrio Boni nella famosa contrapposizione tra Mengs, pittore <fatto dalla filosofio>, e Batoni, pittore fatto <dalla naturo>'16.Come ha sottolineato Stefano Susinno questo confronto tra Batoni e Mengs alla fine degli anni Settanta del XVtrI secolo apre <<unospiraglio, anzi molto più di uno spiraglio, sulle diversità di posizione, sulle lotte più o meno apeîte, sulle rivalità vere o presuntema utili alla promozione del dibattito sull'arte nel suo insieme, sul significato ideologico attribuibile alle opzioni stilistiche nella Roma del secondoSettecento>a7. Un confronto che spinse Pio VI portare a farsi entrambe le opere in Vaticano, risolvendo il confronto a favore di Batoni+8.Anche Puhlmann, abbastanza ovviamente, giudicò l'opera del suo maestro superiore a quella di Mengs, il cui dipinto, arrzi,lo spinse a <<stimare ancora di più i meriti di Batonil>as.Altri osservatori,invece, esaltarono la tela di Mengs. Fu il caso dello scultore svizzero Alexander Trippel, che malgrado alcune puntuali critiche la definì <<das vollkomste Bild von dieser Zeio, il quadro più perfetto di questi tempiso,o il principe August von Sachsen-Gothache durante il suo soggiorno romano avevavisitato più volte gli studi di Batoni e di Mengs. A proposito della Sacra farniglia e del Giovanni Battista predicatore di Batoni, il principe osservavanel proprio diario di viaggio: <<nonsono prive di meriti, ma non si devono confrontare con i dipinti del cavaliere Mengs se si vuole esprimere un giudizio positivo>sr. Seguendole orme di questo colto e sensibile viaggiatore, giunto a Roma in compagnia di Lord Bristol, si scopre che negli stessimesi, a pafire dalla fine di dicembre L777, il nuovo direttore dell'Accademia di Francia, Vien, presentava a palazzo Mancini la sua prima opera romana, La Toilette d'une jeune mnriée greque, (fig. 11) ricevendo lavisita di una serie di personaggi illustri - il cardinal de Bernis, <<M.et Mm. de Tesseet le comte de Mun>>,il principe di Sachsen-Gotha- e I'applauso generale del pubblicos2.Va qui ricordato che alcuni anni più tardi, nel 1781, il pittore francese avrebbe espresso un giudizio stilla Andromeda mengsiana in parte positivo ma su alcuni aspetti dell'opera molto severo: <<avoitdes parties de la plus grande beauté,quoiqu'elles ne fussent pas d'accord entre elles et que I'armonie ni I'intérest entre ce deux figures n'essent pas totalment satisfait les connaisseurs>>53. <TJNAGARA LODEVOLE> 105 La presentazionea Roma, negli stessi mesi, con le opere di Mengs, Batoni e Vien, di tre testi figurativi fondamentali per la ricerca di un linguaggio rinnovato dimostra che il mondo delle esposizioni romane non occupava affatto un posto marginale nel panorama della produzione artistica europea e che le discussioni suscitate dalle opere esposte a Roma non sono assolutamente riducibili a una dimensione aneddotica. Inoltre, la complessità delle reazioni critiche fa intuire quanto una lettura che riduca il fenomeno espositivo romano a una mera funzione del mercato artistico appaia troppo riduttiva e incapace di sondarne tutti gli aspetti. Solo tenendo conto anche delle differenti posizioni stilistiche e delle dispute ideologiche, religiose, sociali, politiche del tempo si può arrivare a una comprensione più completa delle varie forme di presentazione di nuove opere al pubblico romano - anzi proprio le esposizioni possono essere uno strumento in più per indagare le dinamiche che caratterizzano il complesso mondo artistico-culturale della Roma di fine Settecento. Susanne Adína Meyer Università Roma Tre I Questo contributo presenta i primi risultati di una mia ricerca, svolta presso I'Universita Roma Tre nell'ambito del Dottorato di ricerca in Storia e conservazíone dell'oggetto d'arte e d'architenura, di cui è tutor la prof.ssa Liliana Barroero. Voglio qui ricordare con vera gratitudine le discussioni con Stefano Susinno, i cui illuminanti consigli e incoraggiamenti sono stati, e saranno, per me guida preziosa. 2 ..Annali di Roma>, 1792,vol. VI, pp. 76-82,p.78. M. Mallio (Sant'Elpidio 1756 - Roma 1831) dalla Marca si era spostato a Roma per completare gli studi di legge; segretario di mons. Tiberio Soderini e membro dell'Arcadia, scrisse la tragedia 7aira, rappresentata a Roma nel 1784 sembra con esito non fortunato. Tra il l79O e n n97 pubblicò il periodico controrivoluzionario, in 23 volumi, <Annali di Romo di cui viene considerato I'unico estensore. Durante il periodo della Repubblica Romana si convertì alle idee rivoluzionarie che trovarono espressione nel <Banditore della Veritb da lui curato. Cfr. D. SpnooNr, Alle ortgini del Rísorgimento. Un poeta, cospiratore, confidente 1756-1831, Macerata, Mancini, 1902; sugli <Annali>>,in particolare, cfr.: L. FnrrcI, Giornali rotnani del Sette e dell'Ottocento: VII Annali di Roma (1790-1797), <<Palatino>,n.s, VI, 1962, pp.3l-33 e C. Veruuccr, M. Mallio tra conservazione e rtvohzione, <<Rassegna storica del Risorgimento>>,LXIV 1977, 4, pp. 4O9417. 106 SUSANNEADINA MEYER 3 Per la discussione intorno a una sala romana d'esposizione nell'Ottocento, cfr. S. Susnno, La pittura a Roma nella prima metà dell'Ottocento, in La pittura in ltalia. L'Onocento,2 voll., Milano, Electa, 1991, vol. I, pp. 399-430, in particolarep.429; Scrtni d'arte del Primo Ottocento, a.cuÍa di F. Mazzocca, Milano-Napoli, Ricciardi, 1998, p. 324; sul primo tentativo di realizzare una tale istituzione negli anni della prima Restaurazione vedi anche S.A. Mnven, "Scuole mute" e "scuole parlanti". Il trasfeimento dell'Accademia del Nudo alle Convertite, in Le "Scuole mute" e le "Scuole parlanti". Studi e documenrt suil'Accademia di San Luca nell'Ottocento, a cura di P. Picardi e P.P. Racioppi, con il coordinamento scientifico di A. Cipriani e M. Dalai Emiliani, Roma, De Luca, in corso di strimpa. 4 Alla fornrna in quasi tutte le capitali europee delle esposizioni accademiche, oîganizzate a intervalli regolari, di chiara derivazione francese, accenna N. PevsNEn,Le Accademie d'arte, Torino, Einaudi, 1982 (ed. oig., Academíes of Arts. Past and Present, Cambridge, Cambridge University Press, 1940), p. 183; cfr. inoltre J. Wrrsruv, Exhibítion of Contemporary Painting in London and Paris 1760-1860, in Saloni, gallerie, musei e loro influenza sullo sviluppo delI'arte dei secoli XIX e XX, a cura di F. Haskell, atti del XXIV Congresso Internazionale di Storia dell'Arte, Bologra, CLtlEB, 1979, pp. 69-87; Tu.E. Cnlov'r,Painters and Public Life in Eighteenth-Century Paris, New Haven & London, Yale University Press, 1985; R.W. Brncen, Publíc Access to Art ín Paris. A Documentary History from the Míddle Ages to 1800, Pennsylvania, Pennsylvania State University Press, 1999. 5 Carstens aveva affittato lo studio dalla vedova di Pompeo Batoni in via Bocca di Leone. A partire dall'aprile 1795 vi espose per due mesi undici opere, tra disegni e acquerelli. In questa occasione Carstens pubblicò un breve catalogo intitolato <<Awiso al Pubblico. Si fa sapere a questo rispettabilissimo Pubblico qualmentre nella Casa del Celebre defonto Sig. Pompeo Battoni al secondo piano trovasi esposte al comun Giudizio le qui indicate opere)>.Lo scritto, in traduzione tedesca, fu inserito da C.L. Fernow nella biografia dell'amico: Leben des Kiinstlers A.J. Carstens, ein Beitrag zur Kunstgeschichte des achtzehnten Jahrhunderts, Leipzig, bei Johann Friedrich Hartknoch, 180ó, pp. 169-177. Fernow riferisce di un giudizio positivo sulle opere esposte da Carstens espresso da artisti inglesi e italiani, in particolare da <Camoccini, Benvenuti e il milanese Bossi>; ivi, p. 178. 6 Per una visione d'insieme della storia delle esposizioni d'arte cfr.: G.F. Kocu, Die Kunstausstellung. Ihre Geschichte von den Anfdngen bis zum Ausgang des 18. Jahrhunderts, Berlin, De Gruyter, 1967; E.G. Horr, The Tríumph of Art for the Public. The Emerging Role of Exhibitions and Crítics, Washington D.C., Decatur House hess, 1980; M. Dnscnsr-en, Zwischen Kunst und Kommerz. Zur Geschíchte des Ausstellungswesens zwischen 1775 und 1905, Miinchen-Berlin, Deutscher Kunswerlag, 1996; O. BATScHMANN, Ausstellungskiinstlen Kult und Karríere im modemen Kunstsystem, Kóln, DuMont, 1997, testo che offre un panorama dello sviluppo dell'esposizione di opere d'arte contemporanee a partire dalla seconda meta del Settecento.T L articolo, intitolato Briefe aus Rom, íiber neue Kunstwerke jetztlebender Kíinstler, Rom, den 16. August 1785, apparve in <<DerTeutsche Merkun>, L786, l, pp. 169-186, in forma anonima. E.G. Holt (The Tiumph of Art, cit., pp. 16-24) riporta questo articolo in traduzione inglese atribuendolo a J.H. Wilhelm Tischbein, che nel l78l aveva inviato alla rivista due contributi dedicati a Raffaello e a Michelangelo. L attribuzione dell'articolo a Hirt sembra però più convincente; cfr. Ttt.C. Srnnxrs, Der Teutsche Merkun Ein Repenorium, Sigmaringen, Jan Thorbecke Verlag, 1994: I. Znar"mn, Nachrichten iiber Aloys Hirt und Bibliographìe seiner gedruckten Schriften, <Jahrbuch der Berliner Museen>>,XLI, 1999, pp. 133-194, in particolare p. 168, dove per I'attribuzione si rimanda a un elenco di scritti di Hirt pubblicato nel 1826, e autorizzato dall'autore, in cui appare anche questo articolo. 8 Notizie biografiche su Aloys Hirt (Behla bei Donaueschingen 1759-Berlino 1837) e un elenco dei suoi scritti in J. Zttrrymn, Nachrichten iiber Aloys Hirt, cit. <<UNAGARA LODEVOLE> to7 9 Cfr. David e Roma, catalogo della mostra (Roma, dicembre 1981-febbraio 1982), Roma, De Luca, 1981, p. 222. Si tratta della casa gia appartenuta a Placido Costanzi e da questi lasciata in eredita all'Accademia di San Luca e alla Compagnia dei Virtuosi al Pantheon. Lo studio era stato affittato a David dall'Accademia di San Luca. l0 A. tftnr, Briefe aus Rom, cit., p. 170. Secondo la testimonianza di Hirt, David aveva esposto insieme al Gìuramento degli Orazi anche due disegni di opere eseguite aParigi:. Il dolore di Andromaca e il Belisarius. ll L. or Je,ucounr, voce Peinte, rn Encyclopédíe ou Díctíonnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, t. XII, Neufchastel, chez Samuel Faulche, 1765, nouvelle impression en facsimilé, Stuttgart-Bad Connstatt, Friedrich Frommann, 1967, pp. 252-253. t2 L. oy Jeucounr, Peintre, cit., p. 253. Questo brano fu riportato da Michelangelo Prunetti come incipit polemico di un suo scritto intitolato Saggio pittorico, pubblicato daZempel a Roma nel 1786. Prunetti, infatti, contrapponeva al <gusto naturale del popolo> la necessitàdi un giudizio elaborato da critici e amatori istruiti in campo artistico. Contemporaneamente contestava duramente i principi e le massime che Francesco Milizia aveva precedentemente espresso nel suo Dell'arte di vedere nelle Belle Arti del Dísegno secondo i principii di Sulzer e di Mengs, Yenezia, Pasquali, 1781. Secondo una presentazione dello scritto di Prunetti, apparsa nel <Giornale delle Belle Artil, III, L786,41, pp.223-224, anche G.G. De Rossi awebbe collaborato alla stesura del testo; tale responsabilita fu poi però decisamente rifiutata dallo stesso De Rossi in una recensione, peraltro molto critica, del saggio di Prunetti, pubblicata nelle <Memorie per le Belle Arti>>,II, settembre 1786, pp. CCXXII-CCXXN. 13A conclusione dell'articolo si legge, infatti, riprendendo un'affermazione di Voltaire, <presque aucune ouvrage qu'on appelle académique, n'a été encore dans aucun genre un ouvrage de génie>, L. pe Jnucount, voce Peíntre, cit., p.253. Per la polemica antiaccademica degli enciclopedisti, cfr. N. Pnvsrnn, Accademie, cit., p.2ll. 14l*ttera del 2l giugno 1780 di J.-M. Vien al conte d'Angiviller in Correspondance des dírecteurs de I'Académie de France a Rome avec les surtntendants des batiments publiée d'après les manuscrits des Archives Natíonales par M.M. Anatole de Montaiglon et Jules Guiffrey, t. XIV (1791-1797), Paris, Jean Schemit, 1905, p. 30. Sulle riforme introdotte durante il direttorato di Vien vedi H. Lepeuzr, Histoire de l'Académie de France a Rome,2 voll., Paris, PlonNourrit, 1924,vol. I, pp.348-381. 15Cfr. O. Rossr Pnmu-r, Il secolo della ragíone e delle rivoluzioni, In cultura visiva nel Settecento europ eo, Torino, UTET, 2000, pp. 249-253. 16L. Lerzr, Storia pittorica della halia. Dal rtsorgimento delle belle arti fi.n presso al fine del XVIII secolo, 3, Bassano, Remondini, 1809, cito dalla edizione critica a cura di M. Capucci, 3, Firenze, Sansoni, 1968-1974, I, pp. 431432. 17Sulla storia della stampa in Italia nel Settecento, in generale: G. Rrcupen r^r'r,Gíornalí e socíetà nell'Italia dell'Ancien Régime (1668-1789), in La stampa italiana dal Cinquecento all'Ottocento, a cura di V. Castronovo, G. Ricuperati, C. Capra Roma-Bari, Laterza, 1976, irr particolare ll cap. Giornalismo, relígione e polítìca nello Stato della Chiesa, pp. 307-321; G. Pnrum, Nuove fonti per la Kunstlitteratur settecentesca in ltalia: i Giornalí Letterart, <Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofio>, serie III, XIY 1984, 2, pp. 797-827. l8 Suila storia del <Diario ordinario>>cfr. G. MonoNr, Dizionario di erudizione storicoecclesiastíca, vol. XX, Venezia, Tipografia Emiliana, 1843, pp. L3-L7;O. Maroro Momqenr, Zc stampa periodica romana dell'Ottocento. 2, Roma, Istituto di Studi Romani, 1963, I, pp.296297; M. Fonurcn, Mutamenti politici e continuità editoriali: le gazzette della tipografia Chracas, in Dall'erudízíone alla politica. Giornalisti ed edítori a Roma ta XVII e XX secolo, a cura di M. Caffiero e G. Monsagrati, Milano, Angeli, 1997, pp. 103-126. Per le notizie artisti- 108 SUSANNEADINA MEYER che cfr. V. Hvpe Mnqon, Reference to Artists andWorks of Art in Cracas Diario Ordinario 17601785, (Storia dell'arte>, XLVI, 1982, pp.217-277. Uno spoglio - che però risulta non del tutto affidabile ed esaustivo - dei fatti artistici riportati dal <Diario ordinario> rn Diario Ordinario d'Ungheria. Sunto di notizie e indici a cura dell'Associazione Culturale Alma Roma,3, Roma, s.e..1997-1999. 19Per un'analisi delle diverse posizioni critiche di questi periodici e una presentazione dei diversi <protagonisti di queste imprese editoriali> (Giuseppe Antonio Guattani, Giovanni Gherardo De Rossi, Onofrio Boni, Leonardo De Vegni, Giuseppe Carletti, Raimondo Ghelli, Francesco Becattini), cfr. L. Bnnnoeno, G.G. De Rossi biografo, Un esempio: la <Vta> di Gaetano Zapls, <Roma moderna e contemporaneD, IV 1996, 3, pp. 677-69O;Eto., Pertodici storico-artistici romani in etò neoclassica: Le <Memorie per le belle arti> e il <Gíornale delle belle arti>, in Roma "Il Tempio del vero gusto". La pittura del Settecento romano e la sua diffusíone a Veneziae a Napolí, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Salerno-Ravello,26-27 giugno 1997), a cura di E. Borsellino e V. Casale, Firenze, Edifu, 2001, pp. 9l-99. 20 Sul crescente interesse nel corso del Settecento per le notizie a carattere artistico nei periodici tedeschi, e la nascita delle prime riviste dedicate alla Belle Arti, è ancora fondamentale lo studio di E.H. Leuuerw, Die Anfdnge der Kunstzeitschrift in Deutschland, Leipzig, Hiersemann, 1932. 2l Il titolo completo della rivista è <Italien und Deutschland in Rùcksicht auf Sitten, Gebràuche, Litteratur und Kunst. Eine Zeitschrift>; i contributi di Hirt per questo periodico riguardano I'architettura delle prime chiese cristiane, gli affreschi di Beato Angelico nel Vaticano, i monumenti funebri dell'antichita, le paludi pontine, gli scavi pompeiani, Paestum e I'attività degli artisti a Roma come ad esempio di Germain-Jean Drouais (necrologio), Johann Heinrich Dannecker e Philipp Jakob Scheffauer, Alexander Trippel, I'esposizione del 1789 nell'Accademia di Francia, i pittori Johann Kaspar Pitz e Johann Heinrich Schmidt. Per una prima valutazione di questo periodico, cfr. J. Znawn , " An H. u G. in W" . Anmerkungen 7u einer wenig belannten berliner Kunstzeitschrift der GoetheTeit, <Jahrbuch der Berliner Museeo>, XL, 1998,pp. ll7-125. 22 Biek aus Rom, hauptsiichlich neue Werl<cjetzt daselbst lebender Kiinstler betrefrend, <Der Teutsche Merkuo, 4, 1785, pp. 251-267, cito da p. 253 (per I'attribuzione dell'articolo a Hirt cfr. J. Znavrn, Nachrtchten íiber Aloys Hirt, cit., p. 168). Il contributo è dedicato alla descrizione di alcune nuove opere di Angelica Kauffmann - Ia morte dí Vrgílio, Comelia madre dei Gracchí e La nascita di Servío Tullio - a partire dai giudizi espressi da G.G. de Rossi nelle <Memorie per le Belle Arti> di cui Hirt riporta ampi brani in traduzione tedesca. 23I*premiazioni si sono svolte nei seguenti anrut 1773 concorso Balestra; 1775 concorso Clementino; 1777 concorso Balestra; 1779 concorso Clementino; 1783 concorso Clementino; 1786 concorso Balestra; 1789 concorso Clementino; 1792 concorso Balestra; 1795 concorso Clementino. Dopo lo svolgimento della premiazione venivano pubblicate relazioni a stampa che comprendevano la descrizione della festa e l'elenco dei personaggi intervenuti, i testi delle orazioni e dei sonetti recitati dai membri dell'Accademia dell'Arcadia, i soggetti proposti per ciascuna classe delle tre arti, i nomi dei giudici e dei premiati e un elenco degli accademici di merito e d'onore. La serie completa delle relazioni è conservata nell'Archivio dell'Accademia di San Luca ed è elencata in Aequa Potestas. Le arti in gara a Roma nel Settecento, a cura di A. Cipriani, catalogo della mostra (Roma, 22 settembre-3l onobre 2000), Roma, De Luca, 2000, pp. 153-154. Per una prima analisi di alcuni aspetti critico-ideologici delle orazioni tenute in occasione delle premiazioni cfr. S. Susnnqo, Artisîi gentiluotnini nella Repubblica delle lznere, ivi, pp. 14-18. 24In lode delle belle arti. Orazione e cornponimenti poetìcí. Relazione del concorso e de' premi dístribuiti ín Campidoglio dall'insigne Accademia del Dísegno dí S. Luca il dì 19 maggio <UNA GARA LODEVOLE> 109 1777, secondo I'istituzione del nobil uomo Carlo Pio Balesta, essendoprincipe dell'Accademia il signor don Francesco Preziado pittore, ln Roma, pel Casaletú, [s. a.], p. 9. Anche il giovane pittore Johann Georg Puhlmann, presente alla premiazione in Campidoglio del 19 maggio 1775, racconta di aver osservato i disegni e modelli esposti per otto giorni in una sala contigua alla Grande Sala; cfr. Ein Potsdamer Maler in Rom. Briefe des Batoní-Schiilers Johann Gottlieb Puhlmann aus den Jahren 1774-1787, hrsg. und kommentiert von G. Eckardt, Berlin, Henschelverlag, 1979,p.58, notizia del 19 maggio 1775. 25 Lo Statuto del 1796, infatti, al paragrafo 128 recitava: <Dopo la funzione restino esposte al pubblico per tre giorni o per altro tempo a piacere della congregazione, le opere, e prove tanto dei premiati, che dei non premiati, ma senza il nome di questi ultimi, ai quali infine verranno restituite le loro opere; restando in proprieta del'Accademia quelle sole dei premiati, e le prove anche degli esclusi in giustifrcazione del suo retto giudicato>; cito da Statuti dell'insigne Accademia del disegno di Roma detta di San Luca Evangelísta, in Roma, per Arcangelo Casaletti, 1796, p. 38. 26 II Centesimo Secondo dell'anno MDCCXCV co'pregi delle Belle Artí celebrato tanto in S, Luca, che nel Campidoglio in occasione del solenne concorso Clementino tenuto dalI'Insigne Accademia del Dísegno di San Luca nel dì 2 Giugno di detto anno essendoprincipe il Cavaliere Tomrnaso Maria Conca, descrttto da Francesco Navone architeno e segretario accademico, in Roma, pel Casaletti, [s. a.], p. XV. 27 Dal 1778la mostra annuale dell'Accademia di Francia sara aperta il 25 agosto, festa di San Luigi. 28 Cfr. lettera di Vien a d'Angiviller del l0 maggio 1780, in Conespondance des directeurs, cit., vol. XIV p. 19 e David e Rorna, cit., p. 106. A Parigi I'opera fu esposta al Salon del 1781 prima di esserespedita agli Intendenti dell'Ufftcio di Sanita di Marsiglia, committenti delI'opera. 29<Diario ordinario>>,20 dicembre 1777, 3lO, pp. 23-24. Giacomo Quarenghi aveva disegnato, su commissione di Lord Arundell, un altare destinato alla cappella cattolica del castello di Wardour, Wiltshire; cfr. Giacomo Quarenghi a Pietoburgo. Lettere e ahrt scrtni, a cura di V. Zanella, Venezia, Abizzi,1988, p. 73,frg.23, dove però si afferma che l'altare fu spedito gia nel 1776. 30 <Diario ordinario>, 20 giugno 1778,362, pp. 18-21. Alla morte del balì de Breteuil, il Dessert fu venduto al re di Spagna e oggi è conservato a Madrid nel Palazza Reale; cfr. A. GoNzu-es-Per"lcros, L'oro di Valndier: un genio nella Roma del Settecento, Roma, Palombi, 1997,pp. 209-22/+. 3l ,.Giornaledelle Belle Artilr, IV 1787, 18, 5 maggio,pp. 136-137;<<Diarioordinario>, 12 maggio 1787,1290,p. 20. Su FrancescoAbbiati vedi A. GoNzarez-PAlecros,Il gusto dei Principi. Arte di Cortedel WII e WIII secolo,2, Milano, Longanesi,1993,I, pp. 350-359;Ip., Open Queries: Shon Notus about the Decorative Arts in Rome,rn Art ín Romeín the Eighteenth Century, catalogo della mostra (Philadelphia 16 marzo-28maggio 2000 e Houston 25 giugno17 settembre2000),a cura di E.P.Bowron e J.J. Rishel,Philadelphia,PhiladelphiaMuseumof Art,2000, pp. 157-ló3,in particolarepp. 157-163. 32 oMemorie per le Belle Artb, IY 1788, settembre,p.224. Il tavolo fu eseguitoper StanislaoAugusto Poniatowski,re di Polonia; cfr. A. GoNzru-ns-Perecros, schedain Art in Romein the EighteenthCentury,cit., cat. 64, p. 17933Cfr. A. Pnwrrr, L'ínlotto delGrandTovr settecentesco: l'índustia dell'antíco e del souvenitr<Ricerchedi Storiadell'arte>,2W0,72, pp. 85-101. 3aNegli anni qui in esameabbiamo notizia di opere presentatea SantaMaria sopra Minerva da Pietro Tedeschi(1777,1779, l78l); nel Pantheonda FrancescoCaccianiga(1778), FrancescoPascucci(1784),GiuseppeiÙlazzoli(1785),PietroTedeschi(1785),Verscè[sic! forse ll0 SUSANNEADINA MEYER Bergerl (1796); a SanLorenzoin Lucina da FrancescoPascucci(178L, 1782,1786),Giuseppe Errante(1785), FrancescoManno (1788); a San Carlo al Corso da Domenico Corvi (1778), GiuseppeCades(1785),GiovanniPirri (1787). 3s Sul quadrodi Cadesvedi <Giornaledelle Belle Arti>, lV, 1787,n. 16, pp. 122-123; <Diario ordinario>,21 aprile 1787,1286, pp. l0-ll; <Memorieper le Belle Artilr, ru, 1787, aprile,pp. LXXVII-LXXVII. L'operaera destinataalla nuovachiesadei padri minori conventuali di Fabriano (forse era stata commissionatadal maestro dell'ordine padre Innocenzo Bontempio dal fratello di questi,superioredel conventofabrianese);oggi si trova nella chiesa di S. Caterinadella stessacitta; cfr. M.T. CenaccroLo,GiuseppeCades,1750-1799,et la Rome de sontemps,Paris,Arthena,1992,p. 92. Il dipinto di F. Manno descrittocomeLa munificenza dí una sígnoranellafabbica di un tempio(<Giornaledelle Belle Artb, IV 1787,45, pp. 353, alla datadel l0 novembre1787)oggi è perduto;F. Manno,pittore palermitanoallievodi Batoni l'anno precedenteavevavinto il primo premio nel concorsoBalestra dell'Accademiadi San Luca, cfr. C. Srnacuselro,In pinura del Settecentoin Sicilía, Roma, De Luca, 1986,pp. 399405 e la schedain G. Sesrmm,Repertortodella pittura romanadella fine del Seicentoe del Senecento,3, Torino,Allemandi, 1994,l, p. I14. 36<Diario ordinario>,29 agosto1778,382, pp. 12-13;sul contestogeneralein cui si inserisce la committenza svizzr,radi diverseoperedi Corvi cfr. V. Cunz, Commínenti,intermediari e collezíonisti: fortuna di DomenicoCorvi e sistemídi dffisione dellesueoperefuori Roma,'rn DomenicoCorvi, catalogodella mostra(Viterbo, l2 dicembre1998-28febbraio 1999),a curadi V. Curzi e A. Lo Bianco,Roma,Viviani, 1998,pp. 35-49,pp. 3941. 37<Diario ordinario>,19 settembre1789, 1536,pp. 18-20;il quadroera statospeditoa Cataniai primi giorni del mesedi settembre. 38Cfr. ordinario>,6settembre1777,280,pp. 13-14;<Diario ordinario>,19 otto"Diario bre 1782,814,pp. 18-19;<GiornaledelleBelleArti>, II, 1785,17,30 aprile,p,129; <Giornale delle Belle Artb, III, 1786,I I marzo,p. 73; <Giornaledelle Belle Artb, V 1788,21, 24 maggio, pp. 16l-162. Pirovani, nato a Pavia intorno al 1759, vinse la gara per la decorazionedel palazzacomunaledi Filadelfia ma sembrache I'afista non raggiunsemai I'America risultando disperso durante il viaggio; cfr. U. Trmlre-F. Bncrrn, Allgemeínes lzxikon der bildenden Kiinstler vol. XXVI, Leipzig, S.A. Seemann,1933,p. 89. 3e<Diario di Romo, 29 gennaio1780,530, pp. l0-l l. Antonio Canova,che vide I'opera apalazzo Veneziail 3 dicembre 1779- senzaperaltro apptezzula molto -, la descrissecome di <<una grandezzafuori dall'ordinario>>,aggiungendoche il pinore la stavaancoradipingendo;cfr. I Quaderni di Víaggio 1779-1780,rn EdízioneNazíonaledelle opere di Antonío Canova.Scrttti, vol. I, a curadi H. Honour,Roma,Istituto Poligraficoe7*cca dello Stato,1994,pp.35-162,pp. 67 e 92. Su FrancescoPascuccivedi B. Kvttt, FrancescoPascucci,<RómischHistorische Mitteilungen>, XXVIIL 1986, pp. 388425 (con ill. del quadro); A. Cnau-F. Moxern, Contributoper il pittore FrancescoPascucci,<Paragone. Arte>, XLIII, 1992,pp.47-50. 40Su Villa Medici prima di diventare sededell'Accademia di Francia, cfr. E. Fuuaceur, I-avilla sousles dernièresMédicis et les Lorraíne,inVlla Medicí, directionA. Chastel,coordinationPh. Morel, Il, Études,Rome,Académiede Francea Rome, 1991,pp. 587-600;M. MolI Fnrcore, Le séjourde la famille impérial à la villa Medicì, ivi, pp. 618-622. 4l Oggi conservatoa San Pietroburgo,Museo dell'Ermitage; cfr. A.M. Crnnx, Pompeo Batoni: A Complete Catalogue of His Works, edited by E.P. Bowron, New York, New York University hess, 1985, cat. 398, pp. 342-343;E.P. BownoN, schedain Art in Rome in the EighteenthCentury, cit., cat. 175, p. 32O1' T. Busmmu, Eighteenthltalian painting of the RomanSchoolín the Hermitagecollection,in Roma " Il Tempiodel verogusto", cit., pp. 13-29, in particolarepp. 27-29. 42([Pompeo's]Holy Family is his own & everyone'sfavoritepiece.It is indeeda fine pic- <UNA GARA LODEVOLE> nl ture, & at his great age to be done with so much freedom of pencelling & brilliancy of colour, is a surprising performance: All the figures are as large as life & composed with more dignity than is observed in most paintings of this subject by the greatest masters. This picture is, as he says, made for his own keeping ...>, cit. in A.M. Cle.nr, Pompeo Batoni, cit., p. 343. a3 Ein Potsdamer Maler in Rom, cit., p. 137; il quadro Selene e Endimione era stato completato da Puhlmann il 30 agosto e fu imballato per la spedizione il22 settembre 1777. L) opra oggi è conservata a Halle, Staatliche Galerie Moritzburg. aOggi conservata a San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage. L'opera era stata commissionata da Sir Watkin Williams-Wynn nel 1768, insieme a un dipinto di Pompeo Batoni, Bacco e Arianna, completato gia nel 1773. Nell'aprile 1777, in seguito alla morte della moglie del pittore, Margherita Mengs, 7l Perseo e Andromeda fu esposto nello studio di Anton von Maron, cognato di Mengs (cft. Das italíenische Reísetagebuch des Prinzen August von Gotha 17771778, herawgegeben und kommentiert von G. Eckardt, Schriften der WinckelmannGesellschaft, vol. IX, Stendal, Winckelmann-Gesellschaft, 1985, p. 94) e poi spedito in Inghilterra. Sull'opera cfr. s. RontrceN, Anton Raphael Mengs 1728-1779, vol.r, Das malertsche und zeichnerische werk, Miinchen, Hirmeq 1999, n. 78, pp. 169-172, dove sono raccolti giudizi critici espressi dai contemponnei; Mengs. La Scoperta del Neoclassico, catalogo della mostra (Padova, 3 marzn - I I giugno 2001), a cura di S. Roettgen, n. 78, pp. 2M-247. per I'avventurosa storia della tela dopo la sua partenza da Roma (la nave inglese su cui viaggiava fu catturata da un bastimento francese e I'opera finì sul mercato parigino dove, su consiglio di J.F. Reifenstein, venne acquistata da F.M. Grimm per caterina \l nel 1779): cfr. c. FnaNr , il "plus y en aura, mieux ce sera>. Caterina II di Russia e Anton Raphael Mengs. Sul ruolo degli agentí <<cesarei>Grimm e Reifensteín, ivi, pp.87-95, in particolare pp. 87-90. a5 Nodzia del 2 febbraio L778, ín Memoirs of Thomas Jones, <<T\eThirty-Second Volume of the Walpole Society>, 1951, pp. l-142, cito da p. 68. a6 O. Bom, Elogío di Pompeo Girolamo Batoni, Roma, stamperia Pagliarini, 1787, pp. XVIII-XIX. a7 S. Susryxo, Anton Raphael Mengs, in Arcadía Dinia Sípítio, in Mengs, cit., pp. 57-69, p. 66. Vedi ora anche lo., Alle origini della pittura neoclassica: la competízíone per il primato tra Battoni e Mengs, <Bollettino dei Musei comunali di Romo>, n.s., XV 20OI,pp.5-24. 48 Su questo punto cfr. S. Susnwo, Anton Raphael Mengs, cit., pp. 65-66. 49 Eín Potsdamer Maler in Rom, cit., p. 145. s0 Trippel in una lettera a Christian Mechel del 4 t?l febbraio 1778 atrerma di aver visto il quadro la domenica precedente. Le critiche di Trippel riguardavano la scarsa espressivita del volto di Andromeda. il disegno e il colore delle gambe di Perseo, il braccio destro di Perseo e la figura di Amor <che fa dondolare I'occhio [macht das Aug wippend]>; la lettera è conservata nel KuNsrsnus Zup.rcs, M 29,Tnppl 17. sr Das ítalienische Reisetagebuch, cit., p.32. s2 Oggi Parigi, collezione privata; I'opera, dipinta per d'Angiviller, fu esposta a Parigi nel Salon del 1779 dove fu molto discussa diventando subito famosa. cfr. Tn.W. GeBrHceNs-J. Lucarsp, Joseph-MarieWen 1716-1809,Paris,Arthena, 1988,n.238,p. 194. Sull'operadiVien era entusiasta il giudizio di Vernet, presente al momento dell'apertura a Parigi della cassain cui era stata imballata; tl24 agosto 1779 Vernet scrisse a Vien <vous avez guerchinisé, guidisé, carlo maratisé etc. etc., et enfin vous avez fait un beau Vien. Bravo, bravo, bravissimo!>; cit. ibidem. Per la presentazione dell'opera a Roma, cfr. Correspondance des directeurs, cit., vol. X[I, 1904, p. 351, lettera di J.M. Vien a d'Angiviller del 14 gennaio 1778, e Das italienische Reisetagebuch, cit., p. 36. Anche Puhlmann, nel febbraio, visitò Palazzo Mancini per vedere il sc) 0< .E * 9 'l € f: È ,8 \]> F> d; .( rsl c € d 9k tJl ^g JC) 'ó à r1) z z z ( cò o00 or '6tn a {' EX cq> EO o. j .i ? Fì Eù ,1 È 'F :: ;q. 'F. \ co ( J = € ( ) YÈ* . F Dfoo pF È ó,\; 5Svó im O Ò{ .h -yh. È oo do É É ru e.l