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L’ULTIMO ROMANO
SONATE D’INTAVOLATURA DI LEUTO, 1718
SIMONE VALLEROTONDA
TRACKLIST P. 2
www.simonevallerotonda.com
If according to musicological study we know that the use of the lute ceased in 1815 with the
death of the last lutenist, the German Christian Gottlieb Scheider, remembered for having played
the arias from Mozart’s Don Giovanni, we have very little information about the role the instrument
in eighteenth-century Italy.
It remains a widespread mistake today to match the production of printed works for lute with its
actual use. The circulation of the published scores undoubtedly attests to the use of the instrument
for soloistic repertoire only, but the fact that the lute was used for both solo and continuo offers a
plethora of possibilities. What has never waned, particularly in Italy, is the practice of basso continuo
in theatres and churches. Two examples: two archlutes were employed in the service of the Senate
of Bologna until the end of the eighteenth century, and two paid lutenists – Ugolini and Sarro – were
engaged at Teatro San Carlo in Naples until the middle of the century.
Unique to its kind, the publication of Sonatas for lute in tablature (Sonate d’intavolatura di leuto)
by Giovanni Zamboni Romano was published late for that period. Printed in Lucca in 1718 by
Marescandoli, without any patrons or dedication indicated on the frontispiece, these 11 sonatas by
Zamboni are the last survivors of lute tablature, a form that had grown obsolete. It would be aban-
doned from that time forward in favour of a modern approach to writing on two staves, as evidenced
in the scores for French archlute by Filippo Dalla Casa, written in 1756.
Little is known of the life of Giovanni Zamboni. Even his dates of birth and death are uncertain.
He appears as a contrabass player at the Primaziale di Pisa from 1707 to 1713 after a time at the
city’s Opera del Duomo. According to the Pisan chronicler Busoni, Zamboni was an “excellent
contrapuntist and virtuosic musician of theorbo, lute, harpsichord, chitarra sminuita, mandola, man-
dolin, and a good craftsman of oriental stones or jewels”. Another curious account by Busoni tells
of a fight with a Florentine musician named Giovanni Gelli, who when took up a duel was as quickly
1 In nature everything happens by degrees, and nothing by jumps.
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to the publisher. There are only two or three ad- some inegalités. In Sonata VI, the Kapsbergerian
ditions of notes on the back, handwritten in the influence, or use of consistent strascini in me-
same style. For the rest, the sonatas are carefully lodic function, is more evident than in the others.
presented with their ties, the vibrato, trills, and ap- The Corellian influence is very present in Sonata
poggiaturas, all lower, without a mordent on the II in search of melodic cantabile in allemanda and
last note, a characteristic that mimics the popular sarabande, written on a typical basso passeggia-
way of singing and speaking ‘Roman’! to in violinistic style. Even Sonata V shows signs
In the performance of each movement I tried of Corellian influence in the melodious allemanda
to observe all indications required by the author, that explores the instrument until the ninth fret and
respecting the ties, trills, and appoggiaturas as the graceful simplicity of the Minuet. Sonata IX of-
he had placed them. This greatly influenced and fers a prelude that I deliberately varied and played
helped me to understand the choice of perfor- in the style of prélude non mesuré, an allemanda
mance times. For every da capo I deliberately in the French style and a typically Corellian gigue
chose not to repeat the same music without with the typical Corellian Neapolitan Cadence.
variation. I think it is not only accurate to do this, The last Sonata, the XI, is a triumph of alternating
but it would be a mistake not to embellish the re- French and Roman styles, with an initial grave full
peated parts of the sonata with variations in style of modulations and progressions, the sarabande
since the art of variation and ornament is one of in tempo largo, full of melodic outbursts even in
the foundations of Baroque musical aesthetics. its rarefaction, the corrente reworked from the
The Sonata VIII with its initial arpeggio casts initial pattern in various tonalities, and the final
immediately to Kapsberger’s famous Toccata chaconne that pays homage to the great lute-
II Arpeggiata. As in the music of the German nists of the past who ventured in the variation
composer, Zamboni indicates only one chord of the dance.
for each bar, without specifying a way to break The fugue from Sonata VII, is in Roman
them. This is what made me opt for a regular and Corellian style, which favours lyricism over struc-
cyclical melodic wave, in the manner of Prelude tural rigor. To be closer to the Roman sound of
I of the Well-Tempered Clavier by J. S. Bach (of that time, I recorded these sonatas at the pitch
which, interestingly, anticipates the sequence of of 390 Hz, as can be heard from the many his-
the first four chords!). torical organs still in use, and played with gut
In the allemanda of the same sonata, as in and covered strings.
many others, the author almost always chooses a Simone Vallerotonda
Rome, 12 April 2016
dotted rhythm in the French style, which suggests
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Se la musicologia dichiara ufficialmente l’uscita di scena del liuto nel 1815, ovvero quando muore
l’ultimo liutista tedesco di nome Christian Gottlieb Scheider, il quale si suonava sul liuto le arie del
Don Giovanni di Mozart, poco ci dice riguardo il ruolo del liuto nel Settecento in Italia.
L’errore ancora oggi diffuso è quello di far combaciare la produzione di opere stampate per liuto,
con il suo effettivo uso. Certo la diffusione della musica pubblicata attesta senza dubbio l’uso soli-
stico dello strumento, ma, nel caso del liuto, la sua duplice veste di solista e di continuista, ci offre
più prospettive. Ciò che, specialmente in Italia, non è mai tramontata, è la pratica del basso continuo
nei teatri e nelle chiese. Solo per citar alcuni esempi, sappiamo che due arciliuti erano al servizio del
Senato di Bologna fino alla fine del Settecento, e che a Napoli al Teatro San Carlo erano stipendiati
i due liutisti Ugolini e Sarro fino alla metà del secolo.
Solitaria e tarda nel suo tempo è la pubblicazione delle Sonate d’Intavolatura di Leuto di Giovanni
Zamboni Romano. Stampate a Lucca nel 1718 presso i Marescandoli, prive di dediche e committen-
ti nel frontespizio, le 11 sonate di Zamboni sono l’ultima testimonianza di musica per liuto stampata
in forma d’intavolatura. Quest’ultima era ormai una forma desueta di scrivere per quegli anni. Da lì
a breve sarà definitivamente abbandonata per la moderna maniera di scrivere su due pentagrammi,
come testimonia l’opera per Arcileuto francese del 1756 di Filippo Dalla Casa.
Della vita di Giovanni Zamboni sappiamo poco. Incerte sono perfino le date di nascita e morte.
Figura come «contrabbassista» della Primaziale di Pisa dal 1707 al 1713 dopo essere stato al
servizio dell›Opera del Duomo di quella città. Secondo il cronista pisano Busoni era «bravissimo
contrappuntista di musica e virtuosissimo sonatore di tiorba, liuto, cimbalo, chitarra sminuita, man-
dola e mandolino, e bravo arrotatore di pietre orientali ovvero gioielli». Una curiosa cronaca sempre
raccolta dal Busoni, ci racconta di una lite con un musico di nome Giovanni Gelli fiorentino, che
sfiorò il duello, ma che fu presto sedata, facendo ritornare i duellanti più amici di prima.
1 Tutto procede per gradi nella natura, e niente per salti.
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a mano con la stessa grafia della stampa. Per il l’influsso kapsbergeriano nell’uso consistente di
resto, le sonate presentano con meticolosa cura strascini in funzione melodica. Nella Sonata II inve-
i tratti delle legature, i vibrati, i trilli e le appog- ce l’ombra di Corelli è molto presente nella ricerca
giature tutte inferiori senza mordente sull’ultima della cantabilità melodica dell’allemanda e nella
nota, elemento che imita molto il popolare modo sarabanda scritta su un tipico basso passeggiato
di cantare e parlare ‘romano’! in stile violinistico. Anche la Sonata V risente degli
Nell’esecuzione di ogni movimento ho cercato influssi corelliani nella melodiosa allemanda che
di osservare tutte le indicazioni volute dall’autore, esplora lo strumento fino al nono tasto e nella gra-
rispettando le legature solo dove lui le ha messe, ziosa semplicità del minuetto. La Sonata IX offre
i trilli e le appoggiature. Tutto ciò ha considere- un Preludio che volutamente ho variato e suonato
volmente influito e aiutato a capire la scelta dei alla maniera dei préludes non mesuré, un’Alleman-
tempi di esecuzione. Per ogni ‘da capo’ ho scelto da tutta puntata anch’essa in stile francese, e una
volutamente di non rieseguire la stessa musica Giga tipicamente corelliana con la caratteristica
senza variarla. Credo sia impensabile oltre che sesta napoletana in cadenza conclusiva. L’ultima
scorretto, non ornare con variazioni in stile, le Sonata, la XI, è un tripudio di stili francese e roma-
parti ripetute di una sonata, poiché l’arte della no alternati tra loro, col suo grave iniziale ricco di
variazione e dell’ornamento è uno dei fondamenti modulazioni e progressioni, la sarabanda in tempo
dell’estetica musicale del Barocco. largo, ricca di slanci melodici pur nella sua rarefa-
La Sonata VIII con il suo Arpeggio iniziale, zione, la corrente che rielabora il motivo iniziale in
mi rimanda subito la mente alla famosa Toccata varie tonalità e la ciaccona finale che omaggia ai
II Arpeggiata di Kapsberger. Come in quella del grandi liutisti del passato che si son cimentati nella
tedesco, Zamboni indica solamente un accordo a variazione di questa danza eterna.
battuta, senza specificare la maniera di spezzarli. La Fuga, estratta dalla Sonata VII, è in perfetto
Ciò mi ha fatto optare per una regolare e ciclica stile romano corelliano, il quale privilegia la canta-
onda melodica, alla maniera del primo preludio del bilità al rigore strutturale delle entrate.
Clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Per esser più vicino allo spirito del suono ro-
Bach (di cui anticipa curiosamente la sequenza mano dell’epoca, ho registrato queste sonate al
dei primi quattro accordi!). Nell’Allemanda della diapason di 390 Hertz come testimoniato ancora
stessa sonata, come in molte altre, quasi sempre oggi dai numerosi organi storici della città, tuttora
l’autore sceglie un ritmo puntato in stile france- funzionanti e ho usato corde in budello e filate.
se, il che mi ha suggerito qualche inégalité. Nella Simone Vallerotonda
Roma, 12 aprile 2016
Sonata VI possiamo notare più che nelle altre
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The graphic design of this album was concei- La veste grafica di questo disco nasce dalla
ved in collaboration with 5+1AA Architecture collaborazione di Arcana con 5+1AA Agenzia
Agency. The cover is the projection in scale of di Architettura. La copertina è la proiezione in
different design elements which allow the iden- scala di alcuni elementi strutturali che permet-
tification of some of their major projects such as tono l’identificazione di alcuni dei loro proget-
the Marseilles Docks (2015) where the words ti principali come i Docks di Marsiglia (2015)
and the choice of the texts transform the north dove le parole e la scelta dei testi trasformano
façade of the building in a work of art dedicated la facciata Nord dell’edificio in un’opera d’arte
to the city and the identity of the location. dedicata alla città e all’identità del luogo.
This recording owes its existance to Giorgio Foschi, who before taking his leave imagined the beauty
of the place where this music would find its voice.
I wish to thank Maura Riacci for coordinating the project, the engineer Giuseppe Canio Famularo,
Damiano Rosa for photos, Fondazione Carivit, the Dioces of Viterbo, Gianluca Schingo for direction,
the artist Carlo Bernardini for his confidence, Il Labirinto restaurant for so many generous meals,
Gabriella Martellacci for translation, and all those who believed in the completion of this work.
GUTENBERG AL
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Greci, Via di San Giovanni in Cucina romana e non solo
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